Tesina La Comunicazione 2002/2003 - Digilander

annuncio pubblicitario
_____________L i c e o S c i e n t i f i c o “ E . F e r m i ” C o s e n z a
LA COMUNICAZIONE
“Evoluzione e importanza”
Esami di Stato
2002/2003
Studentessa
Cognome e Nome
Classe
Rossi Lyda
VC
_________________________________S O M M A R I O
Premessa
“L’uomo e la Comunicazione: un binomio indivisibile”
La Comunicazione
“Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione”
Geografia Astronomica
“La composizione chimica e la partizione verticale dell’atmosfera”
Fisica
“Il campo magnetico”
Matematica
“Le equazioni di Maxwell”
Letteratura
“L. Pirandello: la comunicazione attraverso il cinema e il teatro”
Storia
“La I Guerra Mondiale: cause e mezzi di comunicazione”
Storia dell’arte
“La cultura metafisica: Giorgio De Chirico"
English
“Samuel Beckett and the absurd”
Français
“Albert Camus entre l’absurde et la rèvolte”
Filosofia
“Karl Marx: La teoria sull’alienazione dell’uomo”
Lett. Latina
“Quintiliano”
_________________________________P R E M E S S A
L’uomo e la comunicazione: un binomio indivisibile
La necessità di comunicare è una caratteristica propria dell’uomo, perché noi siamo, come
qualche studioso ci ha definiti, “animali sociali”. E’ sin dall’età della pietra che l’uomo ha
cercato l’approccio con i suoi simili, prima con gesti poi con parole, così è nata la
comunicazione. Da quel momento il sistema comunicativo è stato migliorato sempre di più:
dapprima le lettere, poi i libri con l’invenzione della stampa, che ha consentito ad alcuni di
diffondere le loro idee a più persone; successivamente l’invenzione del telegrafo e del
telefono; la radio e la televisione; fino a giungere ai giorni nostri con l’avvento di Internet,
questa rete multimediale che collega persone distanti migliaia di chilometri e permette loro
anche di vedersi, tramite le web-cam. Sicuramente i modi di comunicare sono cambiati
molto e cambieranno ancora. La voglia degli uomini di comunicare sarà sempre la stessa
e non si esaurirà mai. Il comunicare ora più che mai è diventato un bisogno al quale non si
può rinunciare, anche grazie al progresso tecnologico. Con l’era multimediale si ha una
svolta nel mondo non solo delle comunicazioni, ma anche nella diffusione e, soprattutto,
nell’archiviazione dei dati. Il culmine del processo di velocizzazione e di aumento nella
diffusione delle informazioni, che l’uomo ha sempre cercato, sembra essere stato ormai
raggiunto. Basti pensare ai servizi di posta elettronica, che consentono di inviare messaggi
e documenti in tempi minimi, o ai motori di ricerca, guide indispensabili nel calderone della
rete per attività di studio e ricerca. Questa voglia di comunicare, migliorerà la nostra vita
sociale o ci renderà schiavi delle nuove tecnologie? Sicuramente i nuovi mezzi di
comunicazione come la televisione ed il computer, sono stati di vitale importanza per
l’umanità, ci hanno permesso di realizzare un sogno. Tutto questo però potrebbe
comportare conseguenze negative, e dipenderà solo da come noi useremo le nuove
tecnologie. La televisione può provocare dipendenza, può rendere l’uomo un animale
vedente e non più pensante, sta proprio all’uomo decidere se diventarlo o no. Non bisogna
dimenticare che l’uomo possiede la forza di volontà, che è più forte di ogni altro istinto ed è
proprio l’unica, in grado di controllare le passioni umane. E’ chiaro, quindi, che il progresso
conta sulla nostra capacità di porre un limite al consumo di tecnologia. Pertanto, anziché
osservare solamente gli aspetti negativi del progresso nel campo della comunicazione,
come spesso accade, bisogna analizzare soprattutto quelli positivi. Persone costrette dai
casi della vita a vivere lontane, grazie al telefono prima ed al computer oggi, possono
comunicare tra di loro come se si trovassero nella stessa stanza; gli anziani, spesso
costretti a trascorrere da soli gran parte delle ore giornaliere, trovano nella televisione un
mezzo per trascorrere il tempo in maniera divertente; e poi non bisogna sottovalutare il
ruolo informativo e culturale della televisione. Se poi tutto ciò costituisce un ostacolo alla
vita sociale dell’individuo, il problema va ricercato nella persona e non nel televisore o nel
computer. Senza dubbio la comunicazione pura e semplice, fatta di parole e gesti, non
deve mancare assolutamente, ma non per questo bisogna condannare lo sviluppo
tecnologico.
_________________________L A C O M U N I C A Z I O N E
Lo Sviluppo dei Mezzi di Comunicazione
Alla fine del XIX secolo lo sviluppo dei mezzi di comunicazione seguiva due vie parallele: il
telegrafo elettrico e il telefono.
L'invenzione del telegrafo risale al 1837 ed è attribuita allo statunitense Samuel Morse, il
quale ideò anche il codice Morse, un sistema di punti e linee che rappresentavano
lettere e cifre e che fu universalmente adottato per questo tipo di strumento. Anche se la
telegrafia rappresentò un grande progresso nelle comunicazioni rapide a distanza, i primi
telegrafi potevano trasmettere i messaggi solo lettera per lettera. Allora gli studi si
concentrarono sulla ricerca di un mezzo di comunicazione vocale che sfruttasse l'elettricità.
Il primo dispositivo fu proprio il telefono. Inventato nel 1870 dall'italiano Antonio Meucci,
ma poi brevettato dall’americano A. G. Bell. Nel telefono la voce viene direttamente
trasformata dal microfono in una serie di impulsi elettrici che, giunti a destinazione,
vengono ritrasformati in voce da un altro microfono.
I primi sistemi telegrafici e telefonici dipendevano dalla presenza fisica di fili per la
trasmissione di messaggi, ma le successive scoperte scientifiche mostrarono altre
possibilità. Guglielmo Marconi, infatti, intuì la possibilità di trasmettere segnali con le
onde elettromagnetiche, segnando così l'inizio dell'era delle telecomunicazioni senza filo.
A lui, nel 1909, si deve l'invenzione della radio, strumento che consente la trasmissione a
distanza di messaggi parlati, di suoni, mediante le onde elettromagnetiche.
Il passo decisivo nella trasmissione e nella ricezione di immagini a distanza per mezzo di
segnali elettromagnetici, avvenne grazie al russo V. K. Zvorykin che inventò l'iconoscopio e
il cinescopio, segnando, nel 1923, una tappa fondamentale nello sviluppo della
televisione.
Uno dei maggiori progressi nel campo delle comunicazioni fu l'avvento del computer a
partire dal 1940; oggi i computer vengono usati quasi ovunque: nelle industrie, nelle scuole,
negli uffici, negli ospedali, nelle abitazioni private e, attualmente, il mezzo di comunicazione
più rapido, economico ed efficiente è la posta elettronica.
Altri mezzi di comunicazione di massa sono considerati il cinema e il teatro.
___________________G E O G R A F I A A S T R O N O M I C A
L’atmosfera:
“Composizione chimica e partizione verticale”
Gli studi riguardanti la composizione dell’atmosfera hanno permesso la scoperta di due
elementi chimici fondamentali: l’ossigeno e l’azoto. Nel 1772 D. Rutherford scoprì l’azoto,
nel 1775 J. Priestley isolò l’ossigeno e A.L. Lavoisier dichiarò che l’aria è composta da un
gas che partecipa alla combustione e da un gas inerte. L’ossigeno e l’azoto da soli
costituiscono il 99% dell’atmosfera. L’ossigeno, dunque, è l’elemento più abbondante in
natura. È presente nell’aria allo stato molecolare ( O 2 ), ma anche atomico ( O ) e
triatomico, il cosiddetto ozono ( O3 ), nell’acqua combinato con l’idrogeno.
L’azoto costituisce i 4/5 dell’aria ed entra nella composizione dei composti organici azotati
( per esempio le proteine), viene fissato da microrganismi ( batteri ) che producono sali
minerali utili per la fotosintesi.
L’anidride carbonica, prelevata dall’aria per lo svolgimento della fotosintesi, viene
prodotta dai fenomeni respiratori, nonché dalla combustione, dalle eruzioni vulcaniche.
Nell’ultimo secolo, la percentuale di anidride carbonica è aumentata per la combustione di
quantità eccessive di carbonio e petrolio, per la distruzione delle foreste.
L’ozono ( O + O2 = O3 ) presente solo in tracce,aumenta in corrispondenza dei fenomeni
temporaleschi, perché i fulmini forniscono l’energia necessaria per la dissociazione
dell’ossigeno biatomico; invece negli strati più alti dell’atmosfera ( stratosfera ) si forma in
quantità notevoli per effetto dei raggi ultravioletti del Sole.
Altri componenti sono:
Il vapore acqueo atmosferico prodotto dall’evaporazione delle acque continentali, dalle
sorgenti termali, geyser, soffioni boraciferi e dalle piante e dagli animali attraverso la
respirazione.
L’aria contiene, inoltre, varie impurità, di natura solida, liquida e aeriforme, che sono
responsabili del colore del cielo. Tra le particelle solide sono da citare i nuclei di
condensazione, attorno ai quali appunto si condensa il vapore acqueo formando piccole
gocce. L’atmosfera contiene anche una certa quantità di radioattività. Notevole è la
radioattività artificiale prodotta dalle esplosioni nucleari; particolarmente pericoloso è
l’arricchimento di stronzio-90 ( quando ebbero inizio gli esperimenti termonucleari ); la
pericolosità è legata al fatto che si tratta di una radioattività persistente, poiché lo stronzio
resta attivo per almeno venticinque anni.
La partizione verticale dell’atmosfera
Volendo suddividere l’atmosfera in più strati si possono utilizzare vari criteri, tra i quali la
variazione di temperatura con l’altezza e la variazione della composizione chimica. Vi sono
una serie di fasce dette " sfere " (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera, esosfera)
separate tra loro da pause ( tropopausa, stratopausa, mesopausa ).
La troposfera è caratterizzata da una temperatura irregolare; in essa si verificano tutti
quei fenomeni atmosferici ( venti, precipitazioni ) che determinano il clima; vi è una
composizione chimica costante, dalla rarefazione con l’aumentare dell’altitudine e dalla
presenza di acqua. Nella troposfera si trova quasi tutta l’acqua dell’atmosfera, in forma sia
liquida, sia solida, sia aeriforme, che dà luogo a vari tipi di precipitazioni. La variazione
della temperatura viene definita come il rapporto tra la diminuzione di temperatura e il
dislivello: si ottiene così il gradiente termico verticale. Quando questo gradiente scende a
0,2 °C si localizza la tropopausa, l’altezza della pausa varia con le stagioni e con la
latitudine. La troposfera è caratterizzata da due fenomeni particolari: l’inversione termica e
il surriscaldamento al suolo. L’inversione termica si verifica quando gli strati più lontani dal
suolo risultano più caldi ( per esempio durante la notte ). Quando l’inversione si verifica
sopra la città, in giornate di nebbia, il fumo delle fabbriche e delle abitazioni si mescola con
la nebbia producendo lo " smog ". Il fenomeno del surriscaldamento al suolo provoca una
variazione del gradiente.
Alla troposfera segue la stratosfera dove inizialmente la temperatura è costante, poi
aumenta lentamente e infine velocemente; l’aumento della temperatura è dovuto
all’ozono
( che assorbe le radiazioni ultraviolette); è detto ozonosfera lo strato dove si
localizza l’ozono. Dopo la stratopausa si trova la mesosfera dove la temperatura scende
progressivamente fino a -75 °C. Poi inizia la termosfera dove la temperatura aumenta . La
mesosfera superiore e la termosfera costituiscono la ionosfera chiamata così perché
consta di ioni ed elettroni liberi. Quando Guglielmo Marconi ricevette a Terranova le onde
radio inviate dalla Cornovaglia, si ipotizzò che esistesse nell’atmosfera uno strato capace
di rifletterle. In realtà gli strati sono quattro: dal basso verso l’alto s’incontrano gli strati D,
E, F1 che riflettono le onde lunghe, e lo strato F2 che riflette le onde corte ( le onde
televisive non vengono riflesse ). A mano a mano che ci si allontana dalla superficie
terrestre, l’aria si fa più rarefatta; qui l’atmosfera terrestre sfuma nello spazio costituendo
la cosiddetta esosfera o " frangia ". Al di là di una certa quota, si trova la magnetosfera,
composta di elettroni e protoni che restano vincolati alla Terra per induzione magnetica.
______________________________
_F I S I C A
Il campo magnetico
La scienza del magnetismo ebbe origine dall’ osservazione che certe ‹‹pietre›› (magnetite)
attraggono pezzetti di ferro.
La parola “magnetismo” ha origine dalla zona di Magnesia dell’Asia Minore, una delle
località nelle quali furono trovate tali pietre. Un ‹‹magnete naturale›› è la Terra stessa la
cui azione orientatrice su un ago magnetico è nota fin dai tempi remoti.
Nel 1820 Oersted scoprì che una corrente in un filo può produrre effetti magnetici,
sostanzialmente può cambiare l’orientamento di un ago magnetico. L’effetto magnetico di
una corrente in un filo può essere aumentato avvolgendo il filo in una bobina di diverse
spire attorno ad un nucleo di ferro. Diciamo che lo spazio attorno ad un magnete o ad un
conduttore percorso da corrente è sede di un campo magnetico, così come lo spazio nelle
vicinanze di una bacchetta carica è sede di un campo elettrico.
Il vettore fondamentale B del campo magnetico, é chiamato induzione magnetica:esso
può essere rappresentato mediante linee d’induzione così come il campo elettrico è
rappresentato con linee di forza. Come per il campo elettrico, il vettore campo magnetico è
legato nel modo seguente alle sue linee d’induzione:
1. La tangente ad una linea d’induzione in ogni punto, dà la direzione di B in quel
punto.
2. Le linee d’induzione sono disegnate in modo che il numero di linee per unità di
superficie, normale alle linee stesse, è proporzionale all’intensità del vettore B.
Dove le linee sono fitte B è grande, dove sono lontane le une dalle altre B è
piccolo. Come nel caso del campo elettrico, il vettore campo magnetico B è di
fondamentale importanza e le linee d’induzione danno semplicemente una
rappresentazione grafica di come B varia in una certa regione dello spazi
Il flusso Φ per un campo magnetico può essere definito in esatta analogia con il flusso Φ
del campo elettrico, come
Φ = ∫ B ∙ dS
Dove l’integrale è esteso alla superficie ( chiusa o aperta ) per la quale Φ è definito.
Per definire il vettore induzione magnetica B in modulo e in direzione faremo ricorso ad
una carica elettrica di prova q0 che viene lanciata in una regione nella quale esiste un
campo magnetico. Mettiamo il corpo di prova fermo nei pressi di un magnete permanente.
Troveremo sperimentalmente che su q0 non agisce alcuna forza ( dovuta solo alla
presenza o all’assenza di un magnete ). Se però lanciamo la carica di prova q 0 attraverso
il punto P con velocità v, scopriamo che su essa agisce una forza trasversale F se c’è il
magnete; per forza trasversale intendiamo una forza perpendicolare a v. Definiremo B nel
punto P in funzione di F, v e q0. Se cambiamo la direzione di v nel punto P , lasciando
invariato il modulo di v, troveremo che F sarà sempre perpendicolare a v, ma che il
modulo di F cambia. In generale possiamo dire che:
Se una carica di prova positiva q0 passa per il punto P con una velocità v e si constata
che una forza F agisce sulla carica in movimento, nel punto P esiste un’induzione
magnetica B, dove B è un vettore che soddisfa l’equazione:
F = q0 v Λ B
v, q0 e F essendo quantità misurate. Il modulo della forza deflettente F, in base alle regole
del prodotto vettoriale,
è data da:
F = q0 v B senα
Essendo α l’angolo fra v e B.
Occorre osservare che F , essendo perpendicolare al piano formato da v e B, sarà
sempre perpendicolare a v ( e anche a B) e sarà quindi sempre una forza trasversale. In
particolare, la forza magnetica tende ad annullarsi quando v
0.
L’unità di misura di B è il ( N/C ) ( m/s ), alla quale si dà nel SI il nome si Tesla (simbolo
T). Ricordando che un C/s è un ampère:
1 Tesla = 1 Newton/ ( ampère ∙ metro )
cioè
1 T = N / A∙ m
Tra il campo elettrico e il campo magnetico esiste una certa analogia: entrambi sono
definiti da un vettore (E vettore campo elettrico e B vettore induzione magnetica); entrambi
sono rappresentati attraverso linee (linee di forza per il campo elettrico e linee d’induzione
magnetica per il campo magnetico); l’uno, il campo magnetico può essere generato dal
campo elettrico, (è noto che un filo percorso da corrente genera nello spazio circostante
un campo magnetico), anche se non vale in viceversa. In conclusione possiamo dire che
campo elettrico e campo magnetico interagiscono tra di loro. Il campo elettrico genera un
campo magnetico intorno ad un filo percorso da corrente; il campo magnetico è in grado di
esercitare una forza deflettente sulle cariche in moto in un campo elettrico. Da qui ha
avuto origine l’elettromagnetismo.
_______________________________M A T E M A T I C A
Le equazioni di Maxwell
Le equazioni di Maxwell rappresentano le equazioni fondamentali dell'elettromagnetismo. Come tutte le equazioni della fisica che servono a correlare numerosi
esperimenti e a prevedere nuovi risultati, anche queste hanno una certa eleganza
intrinseca. Questo è vero per le leggi del moto di Newton, per i principi della
Termodinamica, per la teoria della relatività e per la teoria della fisica quantistica. Lo
scopo di queste equazioni è notevole, comprendendo in pratica i principi fondamentali
operativi di tutti i dispositivi elettromagnetici su vasta scala.
Le equazioni di Maxwell possono essere ricavate a partire da semplici considerazioni di
simmetria. Consideriamo innanzitutto il teorema di Gauss in elettricità e magnetismo, la
legge d'induzione di Faraday e il teorema di Ampère e riportiamoli in una tabella
riassuntiva.
Sappiamo che la fisica è permeata dal principio di simmetria. Ad esempio se il corpo A
attrae il corpo B con una forza F, il corpo B attrae il corpo A con una forza - F; se esiste un
elettrone negativo, esiste anche un «elettrone» positivo cioè il protone. A parte i simboli ε0
e µ0 che compaiono nella tabella possiamo osservare che i primi membri delle equazioni
riportate sono completamente simmetrici a coppie. Le prime due equazioni sono integrali
di superficie di E e di B calcolati su superfici chiuse. Le restanti equazioni sono integrali di
linea di E e di B calcolati lungo linee chiuse. I secondi membri delle equazioni, invece, non
sono simmetrici. In particolare vi sono due tipi di asimmetrie.
La prima riguarda il fatto evidente che pur essendovi centri isolati di carica (per esempio
elettroni e protoni), pare non esistano centri isolati di magnetismo (monopoli magnetici).
Questo spiega la presenza del termine « q » nella prima equazione e del termine " 0 " al
secondo membro della seconda equazione. Allo stesso modo possiamo dire che mentre al
secondo membro della quarta equazione compare il termine " i " (intensità di corrente
che deriva da dq/dt), nessun termine del genere compare al secondo membro della terza
equazione (non esiste una corrente di monopoli magnetici, almeno fino a questo
momento).
La seconda asimmetria e relativa alla legge di induzione di Faraday, in cui troviamo il
termine "- dФB/dt" e lo interpretiamo in questo modo:
Se si varia in campo magnetico (dФB/dt) si produce un campo elettrico (∫E • dl ). agli
esperimenti di Faraday relativi all'induzione elettromagnetica, sappiamo che se si trascina
una sbarra magnetica attraverso una spira conduttrice chiusa, in tale spira si induce un
campo elettrico e quindi una corrente. Per il principio di simmetria siamo portati a
sospettare che valga la relazione simmetrica, cioè:
Se si varia un campo elettrico (dФE/dt) si produce un campo magnetico (∫B • dl ).
In realtà si dimostra che ciò è vero a meno delle costanti ε0 e µ0 , ossia :
∫B • dl = µ0 • ε0 • dФE
Questo vuol dire che vi sono almeno due modi per creare un campo magnetico.
Un primo modo è quello di far variare un campo elettrico, e quindi di creare un flusso
variabile nel tempo. Infatti, affinché si possa avere variazione di ФE, esso non deve essere
costante (perché la derivata di una costante é nulla). Poiché ФE = E • S, dove S è una
superficie ed essendo questa costante, l'unica cosa che può variare è E.
L'altro modo è quello che passa attraverso una corrente, cioè dq/dt.
Possiamo così generalizzare il teorema di Ampère e riscriverlo in questi termini:
∫B • dl = µ0 • ε0 • dФE
+
µ0 • i
Generalizzazione dovuta a Maxwell.
In particolare mettendo in evidenza µ0 si ha:
∫B • dl = µ0 ( ε0 • dФE
+
i)
Quanto scritto farebbe pensare che in parentesi vi sia la somma di due correnti:
i e ε0 • dФE
In realtà si dimostra che il termine ε0 • dФE ha le dimensioni di una corrente, anche se non
è alcun moto di cariche. Per questo motivo tale termine viene detto "corrente di
spostamento" ed indicato con il simbolo is. Possiamo così riscrivere il teorema di Ampère
generalizzato nella forma:
∫B • dl = µ0 ( is + i )
Se nelle equazioni riportate in precedenza sostituiamo il teorema di Ampère con quello
generalizzato da Maxwell otteniamo le equazioni fondamentali dell'elettromagnetismo,
dette anche equazioni di Maxwell.
Esse vengono riassunte nella seguente tabella.
Numero
I
Nome
Teorema di Gauss
per l'elettricità
Equazione
ε0 ∫E • dS = q
Descrizione
Esper. Decisivo
Carica e campo
elettrico
1. Le cariche eguali si
respingono e quelle di
segno opposto si
attraggono, con una forza
inversamente
proporzionale al quadrato
della loro distanza.
1. In un condensatore
isolato, le cariche si
portano sulla superficie.
II
III
IV
Teorema di Gauss
per il magnetismo
Teorema di
Ampère (
generalizzato da
Maxwell )
Legge dell'induzione
di Faraday
∫B • dS = o
∫B • dl =
Il campo magnetico
2. E' finora risultato
impossibile verificare
l'esistenza di un
monopolo magnetico
4. La velocità della luce si
può calcolare da misure
Gli effetti magnetici
puramente
di un campo elettrico elettromagnetiche.
variabile o di una
corrente
4. Una corrente in un filo
genera un campo
magnetico vicino al filo
Gli effetti elettrici in 3. Un magnete, avvicinato
ad una spira, vi fa
un campo magnetico
circolare una corrente
variabile
______________________________L E T T E R A T U R A
L. Pirandello:
“La comunicazione attraverso il cinema e il teatro”
Fra gli scrittori italiani del Novecento, colui che ha saputo sfruttare al meglio i mezzi di
comunicazione di massa, per diffondere le proprie idee, fu Luigi Pirandello, dapprima con il
cinema e poi con il teatro.
Pirandello incominciò a scrivere per il cinema nel 1913, mettendo in scena una commedia
in tre atti, Se non così. L’esperienza cinematografica si rifletterà nel romanzo Si gira, più
tardi intitolato Quaderni di Serafino Gubbio operatore, la storia di un operatore
cinematografico che, dopo aver assistito a un terribile incidente di scena, rimane muto.
Serafino è il tipico eroe “filosofo”, estraniato dalla vita; il suo finale mutismo è denso di
significati. E’ il “silenzio” dell’artista che può soltanto passare in rassegna gli avvenimenti,
ma non può più interpretarli. Il romanzo rappresenta, così, la condanna della civiltà di
massa e di tutti i suoi miti tecnologici, come il cinema, che rendono meccanico il vivere
degli uomini.
La vocazione teatrale di Pirandello fu precocissima, ma i suoi drammi non furono subito
accettati dalle compagnie che mettevano in scena principalmente commedie borghesi, per
questo il suo esordio teatrale fu rimandato di circa 20 anni. Trascorsi questi anni, alcuni
capocomici cominciarono a chiedere a Pirandello testi da mettere in scena. La prima
opera composta per il teatro fu l‘atto unico intitolato L’Epilogo, rappresentato solo nel
1910 con il titolo La Morsa.
Sempre in quegli anni, il nostro poeta, aveva trascritto per il teatro una novella di ambiente
siciliano, Lumie di Sicilia. A partire dal 1916 scrisse testi teatrali in dialetto siciliano,
nacquero così: Pensaci, Giacomino! , Liolà, La giara, Il Berretto a sonagli. Nel 1917 fece
rappresentare Cosi è (Se vi pare), immergendo gli spettatori nel cuore del relativismo
conoscitivo, ed è proprio in questa commedia che è rappresentata l’impossibilità di
giungere ad una verità che sia uguale per tutti (poiché esistono tante verità quanti sono i
punti di vista).
Continuava intanto il successo di Pirandello commediografo, che aveva a disposizione le
più grandi compagnie, gli attori più brillanti tra i quali Virgilio Talli e Ruggero Ruggeri. Nel
1921 Pirandello fa rappresentare i Sei personaggi in cerca d’autore;i sei personaggi, a cui
allude il titolo, sono nati dalla mente di un autore che si è rifiutato, però, di scrivere il loro
dramma borghese. Pirandello, invece del dramma dei personaggi, mette in scena
l’impossibilità di rappresentarlo. I Sei personaggi costituiscono la trilogia del metateatro o
del «teatro nel teatro»( cioè di un teatro in cui viene messo in scena il teatro stesso con i
suoi problemi ) . Quest’opera è incentrata sul conflitto tra gli attori e i personaggi, Ciascuno
a suo modo analizza il conflitto tra attori e spettatori, Questa sera si recita a soggetto
quello tra gli attori diventati personaggi e il regista: sono tre opere in cui il teatro mette in
scena se stesso e riflette su se stesso.
Nel 1922 ecco un altro grande capolavoro Enrico IV, moderna tragedia della follia.
Quest’ultima è vista ora come un pericolo, ora come soluzione di ogni conflitto, condizione
di vera autenticità.
Ma l’autore cerca anche vie nuove, giungendo a quello che chiamerà «teatro dei miti»,
una trilogia in cui si chiede se la vita comunitaria, la religione, l’arte siano valori capaci di
offrire soluzioni ai problemi dell’uomo. Le opere sono: La nuova colonia (1928), Lazzaro
(1929) e I giganti della montagna (incompiuta); ma il poeta non ambienta più le vicende
nel consueto mondo borghese, bensì nel mondo primitivo (mitico) dei contadini e dei
pastori.
Nel 1926 ecco il suo ultimo romanzo Uno, nessuno, centomila che poi si trasformerà in
una specie di diario, dove vengono raccontati gli aspetti più dolorosi della sua concezione
del mondo (Il relativismo conoscitivo, la famiglia come trappola, la follia come tregua al
rovello della ragione).
Fin da giovane aveva scritto alla sorella che la vita si presentava ai suoi occhi come «una
grande pupazzata», cioè come una grande recita, in cui tutti hanno la loro parte.
Questa intuizione si trasformò in Pirandello in una vera e propria visione del mondo. La
necessità di vivere nelle forme della vita associata costringe ciascuno ad indossare una
maschera; ognuno recita la sua commedia ben consapevole di essere falso e ipocrita; ma
ogni tentativo di strapparsi la maschera finisce in un fallimento. Oltre ad indossarla per noi
stessi, molte ci sono messe addosso dagli altri, poiché ciascuno di coloro che vivono in
relazione con noi ci vede e ci giudica secondo criteri suoi propri. Pirandello si ammalerà
gravemente di polmonite e morirà il 10 dicembre del 1936 mentre assisteva alle riprese del
film tratto da “Il Fu Mattia Pascal”.
Il vero debutto di Pirandello sulla scena avvenne negli anni della Prima Guerra Mondiale.
___________________________________ _S T O R I A
La Prima Guerra Mondiale:
“Cause del conflitto e Mezzi di comunicazione”
Il pretesto che fece scatenare la Prima Guerra Mondiale, fu l’uccisione di Francesco
Ferdinando, erede al trono d’Austria, avvenuta il 28 giugno del 1914 da parte di un
nazionalista serbo. Ma alla base vi erano perlopiù, alcuni fattori intersecatesi tra di loro:
cause storico-politiche, le cause economiche, le cause militari e le cause socio-culturali.
L’Austria, allora, intenzionata a sradicare una volta per sempre il nazionalismo slavo,
dichiarò guerra alla Serbia, ritenendola responsabile del tragico evento. In pochi giorni il
conflitto diventò generale in Europa, creando due blocchi contrapposti: quello degli Imperi
Centrali (Germania e Austria) e quello degli Alleati (Francia, Inghilterra e Russia).
Gli ufficiali dell’esercito tedesco erano convinti che la Germania avrebbe annientato
l’esercito francese in brevissimo tempo, ma l’avanzata tedesca venne fermata nella
battaglia della Marna (5-12 settembre 1914). Ben presto francesi e tedeschi si
posizionarono nelle trincee, e quella che si pensava sarebbe stata una guerra lampo più
tardi si trasformò in una guerra di posizione.
L’Italia non prese parte alla guerra, poiché la Triplice Alleanza prevedeva l’intervento
militare solo in caso di aggressione verso uno degli stati firmatari; così, l’opinione pubblica
si divise in due partiti contrapposti: i neutralisti e gli interventisti, quest’ultimi favorevoli
all’entrata in guerra dell’Italia.
Più tardi, il governo italiano, dopo aver tentato invano di raggiungere un’intesa con
l’Austria, stipulò un accordo segreto con gli Alleati, il Patto di Londra, che prevedeva
l’entrata in guerra dell’Italia, e in caso di vittoria avrebbe ottenuto il Trentino, l’Alto Adige e
il Venezia Giulia.
Il 24 maggio 1915, l’Italia scese in guerra contro l’Austria.
L’anno successivo i Tedeschi sferrarono un poderoso attacco sul fronte francese a
Verdun, ma gli alleati passarono al contrattacco sul fiume Somme.
Alla guerra terrestre si aggiunse ben presto anche quella sui mari. L’Inghilterra sottopose,
così, la Germania ad un rigoroso blocco marittimo, al quale l’ammiraglio tedesco rispose
con una guerra sottomarina.
Fu proprio un attacco sferrato dai sommergibili tedeschi, che portò il presidente americano
Wilson a dichiarare guerra agli Imperi Centrali (6 aprile 1917).
Il 1917 fu un anno decisivo per le sorti del regime zarista. A marzo gli operai e i soldati di
Pietroburgo insorsero e costrinsero lo zar Nicola II ad abdicare.
Proclamata la repubblica, il nuovo governo guidato da A. Kerensky si dimostrò incapace
di soddisfare la popolazione, che voleva la fine della guerra. Ci fu così una seconda
rivolta, la Rivoluzione di Ottobre, al termine della quale presero il potere i bolscevichi di
Lenin che con la pace di Brest-Litovsk sancirono l’uscita della Russia dalla guerra.
Il ritiro della Russia permise ai Tedeschi e agli Austriaci di scatenare un’offensiva sul
fronte occidentale. L’esercito italiano, attestatosi sul Piave, riuscì a contenere l’urto
nemico e le truppe austriache furono costrette ad indietreggiare.
Il 24 ottobre 1918, le truppe italiane annientavano le forze austro-ungariche a Vittorio
Veneto e il 4 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia.
Più tardi anche la Germania dovette chiedere la pace segnando così la fine della prima
guerra mondiale.
Quando iniziò la prima guerra mondiale, uno dei mezzi di comunicazione più utilizzati, che
attrasse completamente l’interesse della gente, fu la stampa, data l’assenza della radio,
strumento ancora in fase sperimentale.
Il flusso di notizie favorì il dispiegamento di corrispondenti e di fotografi, anche se nello
stesso tempo venne imposta la censura informativa, per evitare la diffusione di notizie utili
al nemico. La guerra delle comunicazioni iniziò sin dalle prime settimane della contesa. Il 4
agosto 1914, la nave inglese Telconia distrusse i cavi che collegavano Amburgo e New
York, creando così serie difficoltà ai tedeschi per la trasmissione di messaggi attraverso
l’Atlantico. Essi dovettero, infatti, ricorrere a trasmissioni radio, che erano facili da
intercettare, mentre gli inglesi conservavano i propri collegamenti sottomarini con gli Stati
Uniti. Le autorità utilizzarono questi mezzi di comunicazione sia per alzare il morale dei
propri concittadini sia per abbattere quello del nemico. La stampa, quindi, oltre ad essere
un importante mezzo di comunicazione in guerra, venne anche utilizzata per riportare le
liste dei caduti al fronte e informare continuamente sull’andamento delle battaglie.
___________________________STORIA DELL’ARTE
La cultura Metafisica: “Giorgio De Chirico”
Nel periodo fra le due guerre nel mondo occidentale, la comunicazione pubblicitaria inizia
a svilupparsi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo con lo sfruttamento di vari
mezzi tra i quali il manifesto (che ancora oggi resta il modo più semplice e immediato di
trasmissione di messaggi), la radio, il cinema e gli annunci sui giornali e le riviste.
Sono gli anni in cui le esperienze artistiche e le avanguardie vengono mediate dalla
pubblicità e dalla grafica che sfrutta tutte le tecniche espressive, dal disegno figurativo a
quello umoristico, dall'immagine stilizzata alla fotografia, al fotomontaggio. E queste stesse
tecniche saranno poi esasperate nella comunicazione propagandistica che negli anni della
seconda guerra mondiale occuperanno i muri delle città europee.
La comunicazione visiva come sistema di linguaggio è quindi il campo di intervento della
progettazione, che deve tenere conto delle nuove tecnologie e del complesso di
comunicazioni che interagiscono sia all'interno che all'esterno delle aziende.
La nascita della pittura metafisica è stata fissata tra il 1915 e il 1920. Il termine metafisica
vuol dire trasformazione della natura, al di là della natura, la scienza che trascende le cose
naturali. Nella cultura artistica vuole indicare un mondo d’irrealtà,di allucinazione, di lucido
sogno. Il maggiore esponente di questa corrente artistica è Giorgio de Chirico.
Giorgio de Chirico (1888- 1978) nacque in Grecia da genitori italiani, registrò dunque
fanciullo,le impressioni. Gli impianti delle sue immagini sono, pertanto, classiche,
ottocentesche, seppure calate in atmosfere di solitudini profonde. Di qui l’inizio delle
cosiddette “fughe prospettiche”, illusioni spaziali ombre nitide stampe su lisci, cieli antichi,
volumi netti, statue solitarie.
In quegli anni dipinse molti dei suoi quadri più celebri che vanno sotto il nome di «Piazze
d’Italia». Si tratta di immagini architettoniche che definiscono spazi vuoti e silenziosi. Vi è
la presenza di qualche statua in lontananza.
Fu proprio nel 1916 che De Chirico elaborò la teoria della pittura metafisica. Il termine
metafisica nasce come illusione ad una realtà diversa che va oltre ciò che vediamo
allorché gli oggetti sembrano rivelare un nuovo aspetto che ci sorprende.
Tra le opere giovanili quelle che ci consentono di collocare il maestro nella poetica
metafisica sono: Il grande metafisico, Ettore e Andromaca, la statua che si è mossa,
L’enigma dell’ora, La grande torre, che immisero già il De Chirico in alcuni aspetti della
corrente metafisica. In seguito la sua pittura si rivolse sempre più ad una classicità di tipo
archeologico, anche se alla pittura metafisica fece costantemente ritorno negli anni
successivi, fino a quando morì a Roma nel 1978, all’età di novanta anni.
Egli resta il maestro della metafisica, alla quale verranno ad immettersi un po’ il novecento
italiano, gli artisti più grandi come Magritte, Dalì.
G.De Chirico: "Le muse inquietanti"
1917
A Ferrara è ispirato uno dei quadri più emblematici dell'arte di De Chirico: Le muse
inquietanti. Anche qui i colori sono caldi ma fermi e privi di vibrazioni atmosferiche, la luce
è bassa, le ombre lunghe e definite nettamente; la prospettiva accentuata dalle linee
convergenti in profondità, su una specie di palco ligneo rialzato, crea un vasto spazio
allucinante, mentre sullo sfondo il castello estense ci richiama al grande passato della
città, mentre le ciminiere, al suo presente. Ma la città è deserta, le ciminiere non fumano,
tutto è statico e sospeso. In questo luogo sognato, solo apparentemente reale, dove tutto
è immobilizzato, non possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che hanno
solamente l'aspetto dell'uomo, non l'essenza . Il questo quadro i manichini hanno corpi in
foggia di statue classiche, dalle pieghe ricadenti parallelamente, in quello di sinistra simili
alle scanalature di una colonna dorica, come in una scultura greca arcaica. Il richiamo alla
Grecia giustifica il titolo: le muse sono inquietanti perchè inserite in un contesto urbano
tanto posteriore, inquietanti come lo sono certi sogni, certi incubi, dove tutto sembra reale
ma non lo è perchè è dato dal nostro inconscio. I motivi tratti dalla realtà quotidiana sono
riuniti senza un motivo giustificabile sul piano razionale. E' questa la forza di De Chirico.
_______________________________
ENGLISH
Samuel Beckett and the Absurd.
It is clear to see that theatre has come a long way since, Shakespeare’s time. The ideas,
language and characters have changed to meet the fast modern life. Themes of alienation
and questions about the nature of truth and reality have come to the forefront of drama.
Since the dawn of the industrial age.
Samuel Beckett was born in Dublin in 1906 of an original French Huguenots family. He
was sent off at the age of 14 to attend the same school which Oscar Wilde had attended.
The unhappy boy soon grew into an unhappy young man, often so depressed. In 1928 he
moved to Paris and here a mutual friend, introduced him to James Joyce, and Beckett
quickly became an apostle of the older writer. During World War II, he stayed in Paris; he
joined the underground movement and fought for the resistance until 1942. He was forced
to flee with his French-born wife to unoccupied zone. In 1945 he returned to Paris and
began his most prolific period as a writer. The greater part of his work as a poet, playwright
and fiction-writer, was written in Paris. He was initially associated with the European
avant-garde and the experiments of the Dadaists and Surrealists. His works was written
both in English and French ( Murphy, 1938, Watt, 1953; Molloy, 1951; Malone meurt,
1951; L’Innomable, 1953), he first came to general notice in 1952 with his play En
attendant Godot ( translated into English as Waiting for Godot, 1954).
On first seeing - and also reading - Waiting for Godot, one realises that it is not an ordinary
play, it is not the play of XIX century tradition. First of all the setting is a desert country
road with a barren tree; this choice is allusive of the desolate condition of mankind. The
protagonist are two vagabonds, they are bored by a long day of nothingness and
purposelessness. They have an appointment with Mr Godot who will not arrive that day,
nor the next day, nor probably on any day in the future. But this appointment at least gives
a reason to their lives: waiting.The two characters are busy with their only possessions;
they talk saying nothing relevant , just to fill the silence and to kill the time.
The two vagabonds, Vladimir and Estragon, remain the same from beginning to end, just
as the plot has no beginning, noe development nor resolution. They are two
complementary personalities, they are the two sides of human personality: the
subconscious ( Estragon ) and the rational side ( Vladimir ). They are almost defenceless
but they never give up. Even when they contemplate suicide, it is only another way to
escape boredom and pass the time. The only event I the play is the arrival of Pozzo and
Lucky, their relationship could be compared that of the capitalist and the proletariat. In any
case, they illustrate the negative aspect of a human condition. The two other characters of
this play are the Boy and Godot, who actually never appears. But who is Godot?
The name suggests the idea of God with the addition of the French final ot, it resemble
Charlot, Pierrot. The only description we have of him is the one the Boy gives: a man with
a white beard; just like the traditional image of God the Creator? We don’t have a certain
answer for this question. The main theme of the play is not Godot but it is the waiting for
him. Waiting means the experience of the flow of time; the object of all thoughts and
attention, while we are waiting for someone or something happen is the time we spent to
waiting for.
The main idea presented in the play is that man is waiting all is life for something which will
never happen, because nothing ever happens, all change being illusory.Connected with
this idea is the idea of the casualness or absurdity of man’s destiny, which is the second
important theme of the play. We are what we are by mere chance, I the techniques
adopted by Beckett to convey ashocking and desperate message are those traditionally
used by professional entertainers of the farce, the music-hall, the circus. From the circus
he takes the idea of the two clowns- the vagabonds-. From the music-hall he has exploited
the typical gags, codifying some of the “lazzi” of the “commedia dell’arte”. Finally he has
manipulated the language from the simplest form of dialogue, to lyrical passages based on
the alternation of words and pauses. An important feature of the language of this play
derives from the fact that Waiting for Godot was first written in French, then translated into
English. Beckett explained that he wrote in French because this language compelled him
to think simply, because it was foreign language for him, and he had to reduce speech to
essentiality. The first real triumph of this play cane on 1957 when a company of actors
from the San Francisco Actor’s Workshop presented the play at the San Quentin
penitentiary for an audience of over fourteen hundred convicts. Surprisingly, the production
was a great success. The prisoners understood as well as Vladimir and Estragon that life
means waiting, killing time and clinging to the hope that relief may be just around the
corner. If not today, then perhaps tomorrow.
_______________________________
FRANÇAISE
Albert Camus entre l’absurde et la rèvolte
Albert Camus naît en 1913, dans une famille pouvre de l’ Algérie.Un an plus tard, il perd
son père à la guerre de 14. L’absence du pére et les dures conditions de vie marqueront le
caractère du jeune homme qui se forge une philosophie de la vie fondée sur la volonté et
le dépouillement. Etudiant en philosophie à la faculté de l’Alger, Camus commence à
systématiser ses intuitions sur l’absurdité de la vie et la solitude de l’ homme en affirmant
parallèlement le besoin de donner sens à la vie et de communier avec le monde. La pièce
la plus caractéristique est Noces, recueil d’essais lyriques, chantent à la fois la beauté du
monde et l’ impossibilité d’ en découvrir le sens puisque la mort existe. La dualité de
Camus, partagé entre le sentiment de l’ absurde et la révolte active le conduit à collaborer
pendant la guerre à un journal clandestin, "Combat ", dont il devient rédacteur en chef
après la Libération. Car il raisonnet sur son paganisme lyrique et il découvre l’angoisse de
vivre : l’homme pourrait d’ être heureux à un istant, mais s’il reflechir il s’aperçois que la vie
est courte, le bonheur minaccé. L’homme aboutit alors à une contradicition de la condition
humaine telle que l’ a décrit Camus. La contradicition existe entre son désir de bonheur et
le fait que la vie humaine n’est pas fait pour le bonheur. C’est cette contradicition qui
porterà le nom de « sentiment de l’absurde ». La Peste fait de Camus le prophète de la
révolte. Ce roman symbolique où la peste est une métaphore du nazisme. En 1942 paraît
L’Etranger ; le roman incarne ce sentiment de l’absurde que Camus explique dans son
essai philosophique paru la même année, Le Mythe de Sisyphe. Ici, Camus se pose le
probléme le plus important : la vie a été un sens ?et il mérit d’ être veçu ?
Le suicide n’est pas un remède à ce mal metaphisique : il suprime un existence mais ne
suprime pas le problème qui pose cette existence. Une seul solution :sauvegarder notre
dignité ; elle exige que nous luttiones des toutes nos forces pour favoriser l’événement de
un ordre humaine dans un desordre inhumaine. Dans la dernière page du livre, Camus
nous révéle sa pensée prédominante sous la forme du mythe. Sisyphe a été condamné
par les dies d’ ériger, au sommet d’une montagne, un énorme rocher, mais le bloc de
pierre retombe tiutes les fois qu’ il arrive près du sommet et Sisyphe doit recommencer et
infiniment sa ascension. Camus mettre en évidence la force d’âme de l’hero. On voit la
condition de l’homme à ce moment de la pensée de Camus : malheureux dans le monde
qui ne corresponde pas à ses désires mais courageux devant ce monde il a trouvé la
dignité que ce monde il refuse.
_______________________________
FILOSOFIA
Karl Marx : “La teoria sull’alienazione dell’uomo”
Karl Marx, nella società ottocentesca, ritrova un uomo alienato. L’uomo non alienato è un
uomo che si realizza trasformando o umanizzando la natura, per soddisfare i suoi bisogni.
Quello, però, che Marx vede è un uomo alienato, cioè altro da sé, espropriato del proprio
valore di uomo. L’uomo non lavora per realizzare i propri progetti,egli lavora per la pura
sussistenza. Marx descrive, innanzitutto, un primo aspetto dell’alienazione economica. Il
lavoratore è alienato rispetto al prodotto del proprio lavoro che si è tradotto in merci che
non appartengono a lui, ma al capitalista. L’alienazione dell’operaio nel suo oggetto si
esprime, secondo le leggi dell’economia politica, in modo che, quanto più l’operaio
produce, tanto meno ha da consumare, e quanto più crea dei valori più egli è senza valore
e senza dignità. Il capitalista sostituisce il lavoro con le macchine, costringendo i lavoratori
ad un lavoro barbarico, e riduce a macchine l’altra parte di lavoratori. Un secondo aspetto
dell’alienazione riguarda lo svolgimento stesso dell’attività lavorativa. Marx osserva che
nell’ economia capitalistica l’operaio non trae soddisfazioni dal suo lavoro, ma anzi esso gli
produce soltanto fatica ed infelicità: “ il lavoro resta esterno all’operaio, cioè non
appartiene al suo essere, e l’operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensì si nega,
non si sente appagato ma infelice, non svolge nessuna libera energia fisica e spirituale,
bensì mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito “. Il suo lavoro non è volontario, bensì è
forzato, costrittivo. Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, bensì è soltanto
un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni ad esso. Un terzo aspetto dell’alienazione
consiste nella perdita da parte del lavoratore della sua essenza che lo differenzia
dall’animale. Mentre l’animale produce sempre allo stesso modo e mosso dal bisogno,
l’uomo sa produrre nei modi più diversi, anche indipendentemente dal bisogno.
L’alienazione analizzata da Marx è dunque un’alienazione “coatta” , in quanto la classe
meno abbiente, quella operaia, non ha nessun tipo di sostentamento dalla società ed è
costretta a lavorare e di conseguenza a subire qualsiasi tipo di sfruttamento e
mortificazione, non capendo che tutto quello che le è imposto è frutto di un programma
ben definito di arricchimento alle loro spalle da parte di una classe imprenditoriale così
disonesta e vile. Ma com’è possibile uscire da una situazione così? Ed ecco la concezione
marxiana della storia, incentrata sull’idea di materialismo storico e su quella di
materialismo dialettico. Il materialismo storico è la teoria secondo cui la struttura
economica di un’epoca determina la sovrastruttura ideologica. Ma le idee mutano, mutano
le sovrastrutture perché mutano le strutture economiche e queste mutano in forza di una
legge dialettica, nel senso che la storia umana si sviluppa per contrasti, per contraddizioni.
Così, per esempio, è dalla società feudale che è sorta la borghesia, che si sviluppa e
cresce alimentando in se stessa il proletariato, cioè gli uomini che impugneranno le armi
contro di essa. L’alienazione marxiana analizza l’alienazione concretamente, giungendo a
formulare una soluzione: una rivoluzione proletaria, mirata alla sconfitta e alla demolizione
della società comunista e all’avvento di una società egualitaria senza più soprusi e
discriminazioni sociali.
Si tratta di una crisi sociale che a mio parere difficilmente potrà aver termine. Ci saranno
sempre coloro che penseranno ad arricchirsi e non si cureranno delle condizioni di quanti
permettono tale arricchimento cioè i proletari, e ci sarà sempre chi con il solo pensiero di
sopravvivere e mandare avanti una famiglia continuerà a lavorare senza però mai
manifestare pubblicamente un disagio, causa ala paura di perdere il lavoro e con esso la
propria fonte di sussistenza, a costo che gli venga espropriata l’anima.
_______________________________L E T T . L A T I N A
Quintiliano.
“La comunicazione tra insegnate e studente”
La comunicazione non è qualcosa che qualcuno fa a qualcun altro, ma piuttosto
qualcosa che le due parti fanno insieme.
Ad esempio, un insegnante e uno studente, entrano in rapporto di comunicazione con
aspettative diverse per ciascuno dei due. Lo studente vi entra attendendosi che
l’insegnante sia preciso e interessante, e l’insegnante si aspetta dallo studente attenzione
e rispetto.
Quintiliano, maestro di retorica, nella sua opera più importante “La Institutio Oratoria”
affronta la complessa questione dell’educazione e dell’istruzione dai primi insegnamenti
che si possono impartire ad un bambino dalla culla fino a farne un intellettuale completo.
Ecco perché l’Institutio oratoria appare tutta protesa verso un fine pedagogico (il verbo
“instituere” significa “educare”). Quintiliano affronta il tema della prima educazione del
bambino considera le varie tappe che conducono il discente ad acquisire le capacità di
parlare e scrivere correttamente. I primi due libri dell’Institutio sviluppano una serie di idee
e di teorie pedagogiche che hanno importanza sia perché fanno luce su prospettive
didattiche del mondo romano, sia perché sembrano anticipare certe teorie pedagogiche
dei tempi moderni. Il punto di partenza è l’impegno nello studio, infatti, sa bene che i
fanciulli hanno bisogno anche del gioco, che risulti utile oltre che piacevole.
Altra questione è l’analisi del rapporto maestro-scolaro.
Il maestro deve mostrare verso il discente l’atteggiamento proprio del padre, evitando il
pericoloso permissivismo, ma anche l’autoritarismo. Interessante risulta la posizione di
Quintiliano sul delicato problema della scuola. È preferibile la scuola privata o un
insegnamento di tipo domestico, o è meglio studiare insieme ad altri giovani? Quintiliano
propende per la seconda ipotesi
Brano:
“Il buon maestro”.
I
l buon maestro dev’essere indubbiamente preparato e moralmente esemplare: tuttavia
a queste doti deve associarsi la capacità di saper far rigare dritto gli studenti. Insomma,
per Quintiliano un maestro valido è quello che deve comportarsi come un padre
accorto: deve saper stimolare, elogiare, ma senza mai mortificare o offendere gli allievi.
Quanto più equilibrato e umano sarà il comportamento del maestro, tanto più sicuro e
felice sarà l’esito del suo insegnamento.
Assuma sentimenti paterni nei confronti dei suoi scolari. Sia egli austero, ma non rigido,sia
benevolo ma non privo di energia perché non si faccia odiare per la rigidezza e
disprezzare per la mancanza di energia. Il suo discorso verta su ciò che è buono ed
onesto; non passi sopra a ciò che meriterà di essere biasimato; sia semplice nella sua
maniera di insegnare, tollerante la fatica. Risponda volentieri a coloro che lo interpretano.
Nel lodare le risposte dei discepoli non sia né scarso, né prodigo, perché il primo
atteggiamento genera l’avversione al lavoro, il secondo una fiducia dannosa. Nel
correggere gli errori non sia aspro e per niente offensivo (certi maestri sgridano come se
odiassero).Non si deve poi affatto permettere la liberta degli scolari di levarsi su e di
lanciarsi in una lode eccessiva; questo viziosissimo atteggiamento di lodarsi a vicenda da
un lato e indecoroso e teatrale e disdicevole alle scuole bene regolate dall’altro il nemico,
e il più dannoso, degli studi. Infatti sembrano inutili l’applicazione e la fatica poiché e
pronta la lode per tutto ciò che diranno gli scolari.
Scarica