PSICHIATRIA 22-11-07 ore 15:00-17:00 Prof. Conte RAPPORTI

PSICHIATRIA
22-11-07 ore 15:00-17:00
Prof. Conte
RAPPORTI TRA PSICHIATRIA DINAMICA E PSICHIATRIA BIOLOGICA
“Gli psichiatri clinici si sentono frustrati quando certi pazienti non rispondono ai farmaci o alla terapia
elettroconvulsiva.
I pazienti si sentono frustrati quando i farmaci sopprimono le allucinazioni ma la loro esistenza continua ad
essere infelice a causa di numerosi problemi interpersonali” (Gabbard)
E’ possibile che la neuroscienza risolva il problema della mente? Attualmente, i progressi delle neuroscienze
hanno spostato l’attenzione della ricerca dalla mente al cervello, ossia ad un approccio più medicobiologico dei disturbi psichici ma a livello clinico poche di queste scoperte hanno trovato piena
applicazione, ed i modelli psicologici continuano a fornire la base per la cura dei disturbi mentali (approccio
integrato).
Approccio integrato:


psicoanalisi: maggiormente esplicativa dei contenuti mentali.
neuroscienze: maggiormente esplicativa del funzionamento mentale.
E’ probabile che i due aspetti, dinamico e biologico, non siano poi contrapposti se non come modelli
concettuali. Hanno a che fare con un’unica entità che è la riflessione che la mente fa su se stessa. Noi
diamo farmaci che qualche volta, non sempre, funzionano. Tant’è che la cura dei disturbi mentali continua
ad essere formulata su dei livelli psicologici. La psicoanalisi, nel senso della psicoterapia (che è esplicativa
dei contenuti), la neuroscienza è esplicativa del funzionamento. E’evidente che se la mente non funziona
non abbiamo neanche i contenuti. Questo fa pensare che il contenuto sia sempre secondario alla funzione
cerebrale, ciò è parzialmente vero, però è possibile che i contenuti stessi siano in grado di cambiare la
nostra struttura cerebrale. Stiamo parlando di una serie di informazioni straordinarie che noi abbiamo sul
sistema nervoso centrale, che vengono da varie scienze: neuroimaging, anatomia… Tutto questo ha un
senso se noi diamo una chiave di lettura, vi proporrò dei modelli di studio del sistema cervello-mente.
Uno è il cervello come uno strumento informatico.
I circa 10 miliardi di neuroni presenti nella sostanza grigia del SNC funzionano come microprocessori che
integrano segnali in entrata (mediati dai racettori sulla membrana cellulare) per generare segnali in uscita
(mediati dalle terminazioni assoniche o dendritiche). L’intero cervello può essere pensato come un pc in
cui si distinguono:
1. HARDWARE = struttura neuronale, sinaptica e recettoriale
2. SOFTWARE = ‘programmi’ che guidano la gestione delle informazioni (sequenze di
attivazione neuronale). Questi possono essere geneticamente determinati (es. schemi
motori per il mantenimento della stazione eretta o per la deambulazione), oppure appresi
con l’esperienza (es. apprendimento del linguaggio).
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CARATTERISTICHE DEL SOFTWARE CEREBRALE

Può funzionare solo con una struttura fisica (neuronale) adeguata.
 È possibile il funzionamento anche in presenza di lesioni, data la ‘ridondanza’ neurale nel
SNC
 Se la struttura neurale è insufficiente si attua una riprogrammazione compatibile con la
struttura residua


La struttura neuronale può modificarsi (entro certi limiti) in funzione della maggiore o minore
utilizzazione di determinati programmi.
Il ‘linguaggio’ della programmazione cerebrale è rappresentato da sequenze di
facilitazione/inibizione della trasmissione sinaptica in aree neuronali più o meno estese ed
integrate fra loro.
Le principali funzioni del cervello sono: l’elaborazione delle informazioni, la memorizzazione delle
informazioni e l’utilizzazione delle informazioni a breve e a lungo termine. Il nostro strumento mentale ci
consente un cambiamento comportamentale rapidissimo in termini biologici, cioè di ottimizzare le capacità
di sopravvivenza, sia dell’individuo che della specie, in termini molto rapidi. L’uomo, a differenza delle altre
specie, ha sviluppato un organo, la mente (l’organo funzionale del cervello), che è capace di elaborare
informazioni, memorizzarle, modificarle a tal punto che il singolo individuo è capace di modificarsi in
funzione dell’ambiente. I miliardi di neuroni contenuti nella sostanza grigia sono considerati dei
microprocessori, captano segnali in entrata e generano segnali in uscita. Quindi il cervello è letto come un
pc: distinguiamo un hardware, rappresentato dalla struttura neuronale (sinapsi,recettori), ed un software
che sono i programmi, la sequenze di attivazione neuronale. Noi abbiamo una parte di quel software che è
geneticamente determinata, non dobbiamo starci a pensare quando stiamo in piedi, quando camminiamo,
quando parliamo. Ovviamente non c’è software che funzioni se non c’è una struttura fisica adeguata,
tuttavia anche in presenza di lesioni noi riusciamo a far funzionare il nostro cervello. Tempo fa si è scoperta
una persona che aveva avuto una lesione cerebrale per cui la massa di sostanza grigia era minima, e fino a
che non ha avuto crisi epilettiche, in età abbastanza avanzata, era una persona di cui nessuno sospettava
una patologia così grave. D’altra parte anche quando la struttura neurale è sufficiente c’è un adattamento
cerebrale, il cervello può modificarsi entro certi limiti in funzione della maggiore o minore utilizzazione. Ci
sono delle teorie sul linguaggio che ci dicono che in realtà noi non apprendiamo la nostra lingua madre, ma
disapprendiamo le altre lingue, nel senso che l’uso costante e ripetuto di determinati sistemi fonetici, di
determinate strutture sintattiche di fatto tende a privilegiare dei percorsi neuronali per cui quelli non utili
vengono dimenticati.
Un disturbo psichiatrico può essere conseguenza di un danno dell’hardware (una lesione) o di un danno del
software, a sua volta il software danneggiato può dipendere da un danno dell’hardware, o da altri fattori,
come un eccesso di richiesta di prestazioni o un uso errato di un certo programma, nel senso che noi
potremmo essere perfettamente adattati ad un certo ambiente fin tanto che questo ambiente non ci
sollecita particolarmente. Un esempio drammatico è rappresentato dalla schizofrenia, voi sapete che la
schizofrenia classicamente nei paesi occidentali ha una diffusione più o meno costante nel tempo, nelle
classi sociali, nei due sessi, con una divergenza nei due sessi di età di esordio: nel maschio era intorno ai 18
anni, nella donna intorno ai 25 anni; questo perché a 18 anni i ragazzi facevano il servizio militare e a 25
anni le femmine si sposavano, terminava l’elemento protettivo della famiglia. Questo non vuol dire che non
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fossero già malati da prima, ma fenotipicamente la malattia non emergeva. Un eccesso di richieste può far
si che i meccanismi di compenso siano insufficienti.
L’altro aspetto importante è rappresentato dalle basi molecolari dell’attività psichica. Dal punto di vista
della ricerca scientifica sappiamo che esistono tre livelli di interazione tra informazione e risposta della
cellula nervosa:



Il livello dell’interazione ligando (NT) -recettore
Il livello della trasduzione post-sinaptica
Il livello della traduzione genica
Abbiamo sistemi di trasduzione lenti (le monoammine) e sistemi più rapidi come il glutammato. Il
neurotrasmettitore modifica il recettore sulla cellula neuronale, c’è il rilascio di un secondo messaggero che
attiva una proteinchinasi, questa una volta attivata entra nel nucleo cellulare ed attiva dei fattori di
trascrizione con modificazione della trascrizione genica. Tutte le cellule dell’organismo contengono lo
stesso DNA, siamo unici a noi stessi, però ogni cellula esprime solo alcuni specifici geni del DNA totale, che
caratterizzano la struttura funzionale di questa cellula. L’espressione genica è perciò controllata da
determinanti ambientali (ad esempio: la concentrazione di neurotrasmettitore) in cui viene a trovarsi il
neurone, istante per istante. Questi determinanti possono essere:
 biologici (virus, tossine, sostanze psicoattive come i farmaci)
 psicologici (tali da indurre modificazioni dell’ambiente extracellulare)
Una delle teorie più coraggiose della capacità mutativa della psicoterapia analitica è che funzioni in quanto
capace di modifiche strutturali. Il paziente può rivivere delle situazioni emotive del passato in maniera
correttiva, così da ricreare un ambiente che invece era stato creato in maniera malsana. Qualche estremista
darwiniano sostiene che certe fobie, come la paura dei serpenti, siano un ricordo di strutture psichiche
adattative all’ambiente, è possibile che si siano selezionati degli individui che normalmente avevano paura
dei ragni o dei serpenti perché questo permetteva la sopravvivenza della specie.
Un disturbo psichiatrico può perciò riconoscere cause sia biologiche che psicologiche (di natura fisica,
chimica, esperienziale, intrapsichica o una combinazione di tutti questi fattori)
In ogni caso il meccanismo finale è identico (la trascrizione genica selettiva)
Quindi la distinzione tra “psicogenesi” e “biogenesi”, così come tra “psicoterapie” e “terapie biologiche”
assume quindi un significato puramente classificativo. Potrei dirvi anche che non esiste terapia
farmacologica che non sia anche una psicoterapia, qualunque atto di interazione tra due persone che sia
finalizzato al trattamento è anche una psicoterapia. Di conseguenza dare farmaci senza pensare alla
comunicazione può essere un rischio perché significa fare una cattiva psicoterapia.
Il cervello si adatta, entro certi limiti, alle richieste dell’ambiente esterno (plasticità neuronale).Si possono
verificare:

cambiamenti strutturali programmati geneticamente (“fasi critiche” dello sviluppo cerebrale).
Il
cervello non si sviluppa in maniera uniforme,sia perché ha dei trigger specifici che avvengono nello
sviluppo, sia perché si sviluppa all’interno dell’utero o nel cranio che cresce con l’età.
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
modificazioni strutturali “plastiche” indotte dagli eventi.
Ad esempio imparate l’inglese perché il vostro cervello si è plasticamente adattato a parlare
inglese.
Entrambi possono riorganizzare e condizionare il software cerebrale.
Esistono dei periodi critici dello sviluppo del SNC,geneticamente determinati:
 Periodo embrionale
 Primo periodo critico postnatale (0-3 anni).Si ha un aumento delle sinapsi e della complessità
aspecifica della rete neurale. Si ha uno sviluppo del sistema pulsionale elementare (fame, sete,
desiderio, attaccamento madre-bambino). Il bambino appena nato non fa differenza tra la propria
mano che gli attraversa il campo visivo e la tetta della mamma, non distingue cose proprie e cose
dell’altro.
 Periodo di latenza (3-9 anni). Il numero delle sinapsi è costante, i recettori sono costanti. Si ha
l’applicazione degli schemi di attaccamento-perdita a situazioni sociali. Si ha un apprendimento
sistematico delle funzioni, un perfezionamento del linguaggio, uno sviluppo delle interazioni sociali.
 Secondo periodo critico postnatale (9-20 anni). Diminuiscono le sinapsi ed i recettori. Dal punto di
vista emozionale cominciamo ad avere degli stress di separazione dai genitori ed attaccamento ad
altre figure. Dopo i 15 anni c’è una nuova fase di stabilizzazione neurale, con sinapsi e recettori
costanti. Sistemi di reazione emozionale e cognitivi stabilizzati.
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Le sinapsi aumentano nel bambino, poi per un certo periodo rimangono costanti e quindi si riducono. Il
picco massimo è intorno ai 5-10 anni. Discorso abbastanza simile per la densità dei recettori per la
dopamina: a 10 anni siamo già scesi, e più o meno rimane costante per tutta la vita.
La programmazione genetica controlla solo aspetti strutturali di base dello sviluppo cerebrale (ad esempio il
numero di neuroni e riserva funzionale, sviluppo corticale tipico della specie, alcuni grandi schemi di
organizzazione sinaptica). Diverse evidenze sottolineano il ruolo degli eventi sulla plasticità del cervello (ad
esempio l’assenza di afferenze visive produce alterazioni nella disposizione delle sinapsi e delle
arborizzazioni dendritiche nella corteccia visiva, il mancato uso modifica la struttura). Non è pertanto
possibile stabilire una priorità eziopatogenetica tra alterazioni biologiche ed eventi psichici, esistendo tra
questi un rapporto biunivoco, o meglio di casualità circolare. Non solo la psiche dipende dalla biologia del
cervello, ma la biologia del cervello dipende dall’accanimento psichico. La sequenza psicobiologica di eventi
che conduce ad una fase di scompenso si innesca al momento stesso della nascita.
La psicoterapia ha un’azione indiretta sul funzionamento neuronale ed un’azione diretta sulla
programmazione cerebrale (attraverso la riattivazione di programmi non più o poco utilizzati e la induzione
di variazioni stabili della reattività o dello stato emozionale). Ci sono degli studi affascinanti fatti da
ricercatori americani che dicono che se voi ogni mattina vi mettete davanti allo specchio e vi sorridete
statisticamente avrete un miglioramento dell’umore. Questo perché vengono messi in funzione dei
programmi poco utilizzati. Altri studi indicano come i religiosi hanno una qualità della vita migliore delle
persone che non vanno a messa e non solo perché solitamente chi è religioso si espone di meno ad un
certo tipo di vita poco sana. Certe attività come la meditazione zen o lo yoga sono riconosciute come
attività psicoterapiche.
La terapia farmacologica agisce indirettamente sulla programmazione cerebrale e direttamente sul
funzionamento neuronale (attraverso il legame ligando-recettore e l’attivazione della cascata
intracellulare). Prendendo un farmaco antidepressivo migliora il vostro umore, di conseguenza farete
meglio certe cose, aumenta l’autostima e quindi si sviluppa un circolo virtuoso. Questo è facilitato se al
farmaco aggiungete la psicoterapia.
TRATTAMENTI BIOLOGICI IN PSICHIATRIA
Sulla depressione ci sono varie ipotesi biologiche:
•
Ipotesi monoaminergica
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•
Ipotesi neurorecettoriale
•
Ipotesi monoaminergica dell’espressione genica (che poi in realtà è la via finale evidentemente)
Abbiamo:
VIE NORADRENERGICHE: locus coeruleus del tronco cerebrale (proiezioni alla cortecciafrontale, limbica,
cervelletto)
VIE SEROTONONERGICHE: nucleo del rafe del tronco cerebrale (proiezioni alla corteccia frontale, gangli
basali, aree limbiche, ipotalamo, midollo, centro del vomito, intestino)
La letteratura più recente sulla farmacodinamica degli antidepressivi evidenzia che l’azione degli stessi si
svolge prevalentemente in termini endocellulari (2° messaggeri –AMP ciclico, inositolo trifosfato,
diacilglicerolo- espressione genica). In termini clinici appare più utile però una descrizione in termini
recettoriali. Tant’è vero che noi parliamo di depressioni (al plurale) a seconda della via maggiormente
interessata. Abbiamo farmaci che agiscono su una via maggiormente che su altre.
CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTIDEPRESSIVI
•
TCA: Antidepressivi Triciclici.
- non selettivi (chiamati per questo”farmaci sporchi”, agiscono su diversi bersagli recettoriali, ma forse
proprio per questo sono più efficaci.
- blocco ricaptazione 5-HT e NA.
I nuovi trattati non li mettono più neanche come farmaci di prima scelta, però a dire la verità i farmaci di
ultima generazione costano molto più cari, quindi sono spinti dalle case farmaceutiche, ma non sempre
sono altrettanto efficaci. Spesso vengono utilizzati come farmaci di prima scelta nelle depressioni gravi.
•
SSRI: Inibitori Selettivi del reuptake della Serotonina (fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina,
sertralina, citalopram)
- Inibizione ricaptazione 5-HT
- Down regulation 5-HT1A del neurone presinaptico
- Stimolazione 5-HT (1,2,3) postsinaptici
Hanno un’efficacia simile ai precedenti, minor effetti collaterali, però costano molto più cari e secondo me
non sono paragonabili ai vecchi antidepressivi triciclici.
•
SNRI: Inibitori Selettivi del Reuptake della NA e della Serotonina (venlafaxina)
-profilo recettoriale dose-dipendente
•
SARI: Antagonisti 5-HT2A e blocco minore della ricaptazione della 5-HT (Trazodone)
-blocca rec. 5-HT2A, azione antistaminica e alfa1-antagonista
•
NaSSA: Antidepressivo NorAdr e Serotoninergico Specifico (mirtazapina)
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-Blocco del recettore presinaptico alfa2 (N.B. i neuroni NA hanno un autorecettore alfa2 che “frena” e uno
alfa1 che “accelera”)
-Aumento rilascio di NA
-Aumento rilascio 5-HT per stimolazione alfa1 presinaptico e blocco recettori 5-HT2A,C,3
•
NaRI: Inibitore selettivo Ricaptazione NorAdr (reboxetina)
•
NDRI: Inibitori della ricaptazione di Dopamina e Noradrenalina (bupropione)
•
MAOi: inibitori MonoAminoOssidasi
Il prof. ha proiettato questo elenco e si è limitato a fare pochi commenti che ho riportato, poi ha aggiunto: è inutile che ci stiamo a perdere su
questo: ve lo lascio da leggere, se ne avete voglia, in vista dell’esame.
La cosa che vi può interessare è come si danno. Abbiamo un elenco di farmaci di nuova generazione (non so
perché quelli di vecchia generazione non ci sono):
S.S.R.I.
Citalopram
Elopram - Seropram
20-40 (mg/die)
Fluoxetina
Fluoxeren - Prozac
20-60
Fluvoxamina Fevarin - Maveral
100-200
Paroxetina
Sereupin-Seroxat-Daparox 20-40
Sertralina
Tatig - Zoloft
50-200
Escitalopram Cipralex - Entact
10-20
Venlafaxina
Efexor - Faxine
75-375
Mirtazapina
Remeron
15-45
Bupropione
Zyban - Quomen
100-300
Reboxetina
Edronax
8-10
Trazodone
Trittico
300-400
S.N.R.I.
Na.S.S.A.
N.D.R.I.
Na.R.I.
S.A.R.I.
Questi farmaci hanno un sacco di effetti collaterali.
•
Anticolinergici (TCA) precoci/tardivi:
Stipsi, secchezza delle fauci, alteraz conduzione cardiaca, ritenzione urinaria, sintomi gastrici, aumento
ponderale
•
Antistaminici (TCA, NaSSA) precoci:
Sedazione, vertigini, aumento ponderale, ipotensione
•
Serotoninergici (SSRI, SNRI) precoci
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Attivazione, nausea, inappetenza, diarrea, cefalea, insonnia
•
Noradrenergici (TCA, SNRI, NaSSA, SRI) precoci/tardivi:
Insonnia, attivazione, aumento di peso, tachicardia
•
Antidopaminergici
Sintomi extrapiramidali, tachicardia
Allora voi direte: che li utilizziamo a fare? Innanzitutto perché gli effetti collaterali possono essere in
qualche modo evitati. Gli antidepressivi triciclici di solito hanno dosi farmacologiche di 10-25-75 mg,
cominceremo con dosi inferiori e progressivamente le aumenteremo ogni 3-4 giorni raddoppiando la dose.
Gestione del trattamento:
TEMPO DI LATENZA (compliance): 3-4 settimane
RISPOSTA CLINICA: 1-2 mesi
CONSOLIDAMENTO: 3-6 MESI
MANTENIMENTO: >1 anno; da effettuare dopo 2-4 mesi di dosaggio stabilizzato, riduzione posologica
graduale fino alla dose minima efficace, considerando i criteri clinici di sospensione
Pazienti NON RESPONDER (effetti collaterali intollerabili o risposta clinica efficace)
-
Switch
-
Sospensione
-
Sostituzione crociata
-
Augmentation Incremento posologico più rapido
-
Associazione di più AD selettivi
Una depressione non si cura in due mesi. Sui miei libri di testo di farmacologia si suggeriva di usare il
farmaco per due mesi e poi iniziare a ridurre, oggi si preferisce usare la terapia per più tempo. Certamente
qualche alterazione sfavorevole c’è sempre: un certo distacco dalla realtà, un certo stordimento o anche
effetti più gravi, i triciclici hanno come effetti collaterali effetti cardiotossici che ne limitano l’uso in pazienti
con problemi cardiologici e sono pericolosissimi dal punto di vista del tentato suicidio.
SOSPENSIONE
•
Obiettivo potenzialmente comune a tutti i pazienti
•
Valutazione rischio di ricaduta
•
Solo dopo periodo di mantenimento/riduzione posologica graduale
•
Valutazione e trattamento sintomi da sospensione
•
Possibile impiego di terapie sostitutive a breve termine non con AD
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•
Possibile profilassi con stabilizzatori
Lo curiamo fin quando non sta meglio, poi lo curiamo per altri tre mesi, dopo che è stato meglio per tre
mesi decidiamo se scalare o no. Se si hanno più episodi si tratta di una depressione ricorrente per cui
conviene continuare il trattamento per tempi superiori (1-2 anni), sperando che in questo tempo si sviluppi
un circolo virtuoso. Ricordatevi di interrompere la terapia antidepressiva molto lentamente, metteteci un
trimestre, questo è importantissimo perché si possono avere delle ricadute nella malattia o sintomi di
sospensione, sia dal punto di vista biologico che dal punto di vista emotivo.
Fluoxetina e Fluvoxamina sono farmaci eccitanti, tant’è vero che sono usati anche nelle diete dimagranti,
sia perché migliorano l’umore che perché hanno effetti serotoninergici come nausea, vomito,
ipereccitabilità del tratto gastrointestinale che spesso costringono ad una sospensione del farmaco.
La Paroxetina fa invece aumentare di peso, data la sua efficacia è l’antidepressivo più usato al mondo ma
l’effetto sul peso è un grosso limite soprattutto nelle donne. Ognuno di noi risponde diversamente alla
stessa somministrazione di farmaci.
Ci sono i farmaci più risparmiosi sul fegato. Ricordatevi questo Escitalopram perché è dannoso sul fegato ed
indicato alle donne che prendono la pillola perché non interferisce con gli enzimi microsomiali necessari per
il metabolismo della pillola anticoncezionale. La Mirtazapina fa dormire perché è attivo anche sull’istamina
e per questo può esservi utile se il vostro paziente oltre ad essere depresso ha anche insonnia. Il
Brupoprione è un farmaco poco usato in Italia, molto in America è interessante perché è l’unico farmaco
indicato per smettere di fumare, quanto sia efficace non ve lo so dire. Quest’ultimo, il Trazodone, è uno dei
farmaci che preferisco; non è eccezionale come antidepressivo ma ha pochissimi effetti collaterali, è anche
ansiolitico, fa anche dormire e non fa ingrassare particolarmente. E’un farmaco che io do di scelta se non si
tratta di una depressione grave, anche se per gli americani è un farmaco di terza scelta, forse perché non è
particolarmente efficace.
I pazienti non rispondono allo stesso modo allo stesso farmaco e quando non funziona un farmaco dovete
provare con un altro. Quindi dovete dire al paziente che il farmaco farà il suo effetto, ma non è detto che lo
faccia subito e non è detto che sia quello il farmaco adatto. Dovete curare molto il rapporto medicopaziente. Poiché alcuni farmaci sono più attivanti ed alcuni più calmanti, studiate di dare un farmaco
calmante ad una persona agitata ed un farmaco attivante ad uno inibito, studiate di dare un farmaco che
influenzi immediatamente il sonno se il sonno è il problema. In questo modo vi conquistate il paziente,
questo non è un atto volgare di captazione della benevolenza altrui, ma una necessità, perché è probabile
che il farmaco che gli date non risponde completamente ai suoi bisogni, se ci fosse il farmaco ideale
venderebbero un farmaco soltanto. Quindi è probabile che voi dobbiate cambiare farmaco e questo potete
farlo se il paziente sa già che non deve illudersi tanto all’inizio.
Le altre immagini non si leggono bene, comunque quando voi le avrete sul vostro computer potrete
aumentarle a dismisura.
TRATTAMENTO DEL DISTURBO BIPOLARE (legge la diapositiva senza spiegare di cosa si tratti)
Litio: trattamento standard. L’aderenza al trattamento aumenta se la terapia è iniziata precocemente, se si
trattano eventuali malattie concomitanti o abuso di sostanze. La risposta al trattamento aumenta se si
mantengono adeguati livelli di litiemia e si individuano o prevengono gli effetti collaterali.
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Effetti collaterali: renali (sete, poliuria); sistema nervoso (tremore, perdita di memoria); metabolici
(aumento di peso), gastrointestinali (diarrea); dermatologici (acne, psoriasi); tiroidei (gozzo, mixedema)
Anticonvulsivanti: efficacia di carbamazepina e acido valproico nel trattamento dell’episodio maniacale e
nella profilassi degli episodi maniacali e depressivi. Sono indicati nel trattamento a lungo termine, ma negli
stadi iniziali degli episodi maniacali richiedono l’aggiunta di farmaci sedativi.
EFFETTI COLLATERALI
Valproato: sintomi gastrointestinali, tremore, perdita di capelli, aumento di peso e discrasie ematiche.
Carbamazepina: sedazione, nausea, disturbi della vista, esantema, discrasie ematiche e iponatremia.
La decisione di mantenere un paziente in trattamento si basa sulla gravità del suo disturbo, sul rischio di
effetti collaterali del farmaco utilizzato e sulla qualità dei suoi sistemi di sostegno.
La terapia di mantenimento è indicata per la profilassi del disturbo bipolare in ogni paziente che abbia
avuto più episodi.
Il razionale per tale pratica è dato dalla relativa sicurezza dei farmaci disponibili, dalla loro provata efficacia.
Ovvio che un paziente trattato potrà avere delle ricadute, il numero di ricadute in pazienti trattati con
stabilizzatori è certamente inferiore al numero delle ricadute che avrebbe se non fosse trattato.
Passiamo agli ANSIOLITICI:
-buspirone,farmaco poco usato
-β-bloccanti, sono molto usati in Germania al posto degli ansiolitici perché danno meno dipendenza, non
danno tolleranza né sovradosaggi. Sono farmaci bradicardizzanti, fanno diminuire la sudorazione eccessiva
ed il tremore, causano miosi.
Se la dottoressa Daini vi ha parlato della psicosi, vi avrà detto dei sintomi positivi e dei sintomi negativi. Vi
avrà detto che in particolar modo la schizofrenia si distingue per due modalità espressive differenti, talvolta
presenti contemporaneamente, una legata ai sintomi positivi o produttivi (i sintomi plus), l’eccedenza del
paziente legata alla sua maniacalità, ad una eccedenza motoria o percettiva (allucinazioni), ad una quantità
di ansia piuttosto eccessiva. In caso di emergenza due sono i farmaci dopaminergici attivi sui recettori D2
della dopamina: gli antipsicotici Aloperidolo in associazione alle benzodiazepine. Il trattamento di scelta è
un farmaco di seconda generazione (forse anche questa scelta è influenzata dal maggior guadagno delle
case farmaceutiche). I trattamenti depot sono una bella invenzione da fare mensilmente, vengono usati per
quelle persone che è difficile curare in maniera continuativa perché sfuggono ai controlli, depot vuol dire
che il farmaco viene coniugato con qualche sistema di lenta dismissione, il vantaggio è che si fa un’unica
iniezione più o meno grande in base alla quantità di farmaco da somministrare una volta ogni tanto.
L’inconveniente è che se il paziente ha bisogno di nuove somministrazioni si ha il rischio di un carico
farmacologico. Per i sintomi cognitivi i farmaci di prima istanza sono sempre gli antipsicotici di seconda
generazione.
Parliamo rapidamente dell’elettroshock. L’elettroshock terapia è una cosa che in Italia non si fa perché è
stata volgarizzata per l’uso inappropriato, dannoso che se ne è fatto in passato. Siccome noi italiani o
facciamo una cosa o non la facciamo non se ne è più parlato. Se voi siete incinte e vi fate una crisi di follia
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non posso darvi psicofarmaci per calmarvi, se vi faccio un elettroshock non faccio nessun male al bambino.
In realtà l’elettroshock è molto più sicuro dei trattamenti farmacologici e molte volte molto più efficace,
certamente non permette un trattamento continuativo. Fa più paura però è anche vero che una volta si
faceva da sveglio, ora si fa in anestesia con paziente curarizzato per cui non provoca più crisi epilettiche. Lo
shock una volta si faceva transcranico, ora si fa a sinistra per cui non ci sono più rischi di demielinizzazione
del corpo calloso. E soprattutto, non facendolo più per annichilire l’avversario ma per curare il paziente si
fanno shock non eccessivamente frequenti (non più di 3 volte a settimana,non più di 6 shock continuativi
per tipo di trattamento) per cui sarebbe la terapia più efficace per le depressioni gravi, resistenti, per rischi
di suicidio e per il trattamento di donne gravide. Purtroppo non facendolo più negli ambienti pubblici non è
più neanche molto studiato in Italia. Non è soltanto una botta in testa ma mette in moto dei
neurotrasmettitori con effetto anche di cambiamento genico.
In Italia si sta meglio rispetto ai paesi del nord dove è più alto il tasso di suicidio ed il consumo di caffè, due
indici del maggior tasso di depressione, questo grazie all’effetto della luce solare.
Ultimo discorsetto: stati urgenti e processi emergenti.
Urgenza ed emergenza sono concetti complementari ma non sovrapponibili.
Stato di allarme: fenomeno di intensità inversamente proporzionale alla capacità di contenimento
dell’ambiente nel quale accade. Noi siamo messi in allarme dal rumore che c’è qui fuori, più noi siamo
rassicurati dal nostro ambiente sul pericolo esterno, più possiamo tollerare l’allarme esterno e viceversa.
L’emergenza è un processo che possiamo sovrapporre al concetto di crisi, la crisi è un periodo evolutivo.
Movimento lento e progressivo che necessita di tempo per emergere.
E’ contenuta dalla relazione, è quindi direttamente proporzionale alla capacità di contenimento ambientale
(setting). L’emergenza è ciò che ci permette di lavorare.
L’emergenza descrive un percorso di cambiamento dell’equilibrio di un sistema (es: una famiglia scopre che
c’è un figlio omosessuale). Quella non è un’urgenza, non dobbiamo dare una risposta immediata, dobbiamo
contenere l’angoscia. Tale percorso non si concentra sul dato temporale ma sulla comparsa di elementi
nuovi, che si concretizzano in un’evoluzione dell’intensità e della qualità della relazione terapeutica.
L’urgenza è Sovrapponibile al concetto di acuzie, è uno stato di massima intensità di un fenomeno
morboso, accade in assenza di un contenitore ed è quindi inversamente proporzionale alla capacità di
contenimento ambientale.
L’urgenza è uno stato centrato sull’estrema intensità del tempo di durata. E’ la sua rapidità che ne definisce
le caratteristiche e necessita di un livello di contenimento più regredito (anche concreto) per consentire la
ri-attivazione di elementi processuali.
In urgenza l’intervento si fonda sulla tempestività, in emergenza sulla capacità di attesa.
Antonella
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