Università degli Studi Milano-Bicocca Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea Specialistica in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa Corso di Sociologia dei processi culturali (prof. Roberto Moscati) A.A. 2005/2006 Enrico Ponzoni MOLTEPLICITA’ DEI MODELLI CULTURALI E INSEGNAMENTO DEI VALORI NELLA SCUOLA: PROBLEMI, STRATEGIE (ED EVENTUALI ESEMPI PRATICI) La scuola italiana, in particolare media e superiore, si trova ad affrontare, nell’educazione/formazione dei propri allievi, due ordini di problemi interdipendenti: la forte complessità della società contemporanea e gli innumerevoli aspetti legati al periodo dell’adolescenza1. Da un lato, oggi viviamo in un’epoca che è stata definita in diversi modi: “era postmoderna”, “società post-industriale”, “villaggio globale”. Il nostro mondo presenta innumerevoli sfaccettature, culture multiple, immagini complesse, mutevoli e incerte, stimoli continui, riferimenti molteplici, crisi dei valori e dei concetti tradizionali, relativismo etico, imperi economici, diminuzione dei riti di passaggio, … “Lo sgretolarsi di raggruppamenti assodati e di ripartizioni a noi familiari […] ha complicato anche l’interpretazione delle culture: il modo in cui gli uomini intendono le cose e reagiscono ad esse, il modo in cui se le figurano, le giudicano e vi interagiscono sfugge sempre di più alla nostra conoscenza” 2. “Qual è il significato di questo sgretolarsi in singoli pezzi per i grandi concetti integrativi e totalizzanti ai quali ci siamo abituati da tempo […]? Quali conseguenze ne derivano per le nostre opinioni su analogie e differenze tra popoli, società, stati e culture? Che ne è dei concetti come <<tradizione>>, <<identità>>, <<religione>>, <<ideologia>>, <<valori>> e <<nazione>>, o addirittura <<cultura>>, <<società>>, <<stato>> e <<popolo>>?” 3 , scrive C. Geertz. “La globalizzazione crescente comporta un aumento delle nuove differenziazioni, e a interconnessioni sempre più globali fanno da contraltare divisioni sempre più intricate”4. Inoltre, nella “società dell’immagine”, i mezzi di comunicazione di massa (vecchi e nuovi) veicolano immagini e significati molteplici, spesso incoerenti e contraddittori, difficili da interpretare e decodificare, al limite tra ciò che è reale e ciò che è (solo) virtuale. “Diventiamo sempre di più “persone elettroniche” e forse non mettiamo a fuoco con sufficiente lucidità e chiarezza i problemi etico-filosofici che questa trasformazione antropologica comporta”5. La rivoluzione telematica e multimediale “è un fenomeno che ha conseguenze sulla nostra vita e investe anche il sistema dei valori” 6. Dall’altro lato l’adolescenza è, come un’ampia letteratura pedagogica (e l’esperienza pratica) ci insegna, un periodo della vita in cui i soggetti si sperimentano verso se stessi e verso gli altri, e cercano di costruire le proprie identità: affettivo-relazionali, sessuali, sociali. E’ una lunga fase dove i ragazzi e le ragazze cercano e (talvolta) trovano un senso alla vita: la loro collocazione, il loro <<posto nella società>>. Ma è anche il periodo in cui le difficoltà e gli ostacoli portano a grandi sofferenze, delusioni, rancori, paure, che nei casi estremi si manifestano in comportamenti socialmente devianti o in vere e proprie psicopatologie. “La prima adolescenza, dai 12 ai 14 anni, è l’età più ricca di cambiamenti, quella che presenta più difficoltà per l’adolescente, di adattamento al 1 Le considerazioni riportate in questo testo prendono spunto dalla letteratura sociologica, antropologica e pedagogica citata nelle note bibliografiche, e da progetti di ricerca educativa da me condotti in alcune scuole. In particolare: “Lavorare con le immagini: interviste” (2003), nell’ambito di un progetto di A.D.M., scuola media “G. Verga”, Cernusco Lombardone (LC); “Sesso, droga & rock ‘n’ roll?” (2005), nell’ambito del progetto artistico-musicale “C.I.C.”, istituto professionale “G. Pessina”, Casatenovo (LC). 2 Geertz, Clifford (1995, 1996, 1998), Mondo globale, mondi locali. Cultura e politica alla fine del ventesimo secolo, Il Mulino, Bologna, cit p. 20 [trad. it. Eine Welt in Stüken, in Welt in Stüken. Kultur und Politik am Ende des 20. Jahrhunderts, Wien, Passagen Verlag, 1996, pp. 13-35]. 3 Ivi, p. 17. 4 Ivi, p. 57 [trad. it. Was ist ein Land, wenn es keine Konsens ist?, in Welt in Stüken. Kultur und Politik am Ende des 20. Jahrhunderts, Wien, Passagen Verlag, 1996, pp. 69-90]. 5 Cavalli, Alessandro e Giuseppe Deiana (1999), Educare alla cittadinanza democratica. Etica civile e giovani nella scuola dell’autonomia, Carocci, Roma, cit. p. 88. 6 Ivi, p. 89. 2 cambiamento del corpo e all’allargamento dell’area delle esperienze personali. E’ il momento in cui l’adolescente è più fragile […]. L’adolescente di mezzo, 15-16 anni, è invece in un periodo più tranquillo dal punto di vista delle trasformazioni psicologiche, anche se spesso accompagnato da problemi di adattamento alla scuola. […] Dai 17 ai 19 anni […] le difficoltà sono prevalentemente legate all’inserimento del contesto sociale allargato, con reazioni da stress dovute soprattutto al passaggio all’età adulta, in un contesto di personalità più stabile”7. Numerose ricerche 8 mostrano lo scarso civismo degli studenti italiani, caratterizzato da: eccessivo familismo, iper-individualismo, scarsa fiducia nelle istituzioni (in particolare Stato e Governo), materialismo, in bilico tra localismo e cosmopolitismo, relativismo in merito a vari comportamenti della vita quotidiana (es. buone maniere, circolazione stradale, tornaconto personale, violenza e vandalismo, …). Oltre a questi fenomeni, non possiamo non soffermarci anche sui comportamenti a rischio9 che spesso mettono in serio pericolo la salute degli adolescenti, all’interno di vari aspetti della loro vita privata e sociale: sicurezza stradale, violenza e bullismo, tabacco, alcol, sostanze psicotrope, sessualità, abitudini alimentari, disturbi del comportamento alimentare, pratiche motorie e sportive, insuccesso scolastico. E la scuola cosa c’entra in tutto questo? La scuola media e superiore copre proprio il lungo periodo dell’adolescenza, e i suoi insegnanti si trovano quotidianamente a stretto contatto con ragazzi e ragazze di quell’età. Ogni docente che l’adolescente incontra sui banchi di scuola costituisce – che l’insegnante lo voglia o no – sempre un modello di figura educativa adulta e insieme un’immagine istituzionale. La scuola dunque può (e deve) rappresentare una grossa occasione per veicolare una serie di valori etici che gli studenti possano seguire, fornendo anche delle proposte alternative rispetto all’educazione della famiglia e del gruppo dei pari – che rappresentano le più importanti agenzie di socializzazione dell’adolescente. Ma, come affermano A. Cavalli e G. Deiana: <<Il tema della trasmissione dei valori […] non occupa attualmente una posizione centrale nei processi educativi. Si ritiene […] che tale compito non debba essere affidato alla scuola ma alla famiglia>> 10 . E ancora: <<La ricerca sociologica evidenzia il sostanziale fallimento nell’attuazione di tale funzione fondamentale, perché è assente l’impegno per la formazione del cittadino intesa come crescita della coscienza civile. La scuola è carente di proposte culturali significative>> 11 . Tuttavia vi sono numerose strategie che, a mio avviso, possono rispondere in modo efficace alla “sfida della complessità” che la società odierna ci pone quotidianamente, una sfida che “chiama in causa i cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni sul piano politico e culturale, che si sono manifestati come deterioramento della moralità pubblica e mancanza di senso dello Stato e della comunità” 12 . Ciò significa educare alla cittadinanza democratica, ossia “cercare insieme e proporre al mondo giovanile una nuova tavola di valori, laica e pluralista, convergente sull’etica della responsabilità […]: non solo di educazione dei 7 Giori, F. (2002), Adolescenza e rischio. Il gruppo classe come risorsa per la prevenzione, Franco Angeli, Milano, in Pellai, Alberto e Stefania Boncinelli (2002), Just do it! I comportamenti a rischio in adolescenza. Manuale di prevenzione per scuola e famiglia, Franco Angeli, Milano, cit pp. 22-23. 8 Dei, Marcello (2002), Sulle tracce della società civile. Identità territoriale, etica civica e comportamento associativo degli studenti della secondaria superiore, Franco Angeli, Milano. 9 Pellai, Alberto e Stefania Boncinelli (2002), Just do it! I comportamenti a rischio in adolescenza. Manuale di prevenzione per scuola e famiglia, Franco Angeli, Milano. 10 Cavalli, Alessandro e Giuseppe Deiana (1999), Educare alla cittadinanza democratica. Etica civile e giovani nella scuola dell’autonomia, Carocci, Roma, cit. p. 29. 11 Ivi, p. 9. 12 Ivi, p. 50. 3 giovani alla responsabilità verso se stessi e verso il mondo, ma anche di educazione degli adulti alla responsabilità verso le generazioni future, a cui lasciare in eredità una società meno “indecente” e un mondo più solidale”13. Eccone alcune indicazioni: Non nascondersi dietro una presunta “neutralità educativa”. Oltre ad essere un atteggiamento ipocrita, è in realtà inattuabile. Anche rifiutandoci di discutere di problemi etici o di veicolare valori morali, diamo comunque un messaggio 14 (quello implicito di rifiutarli), e non dimostriamo di essere neutrali. “Di fronte a una pluralità di codici normativi e di sistemi di valore, molto spesso gli insegnanti si ritirano in una posizione di neutralità, cioè rifiutano di assumersi il compito della trasmissione dei valori. […] Tendono ad interpretare la propria funzione privilegiando la componente istruzione a scapito della componente educazione”15. Come ci insegna M. Foucault 16 , ogni relazione educativa è una relazione di potere. Tuttavia, questo non ci dà il diritto – in qualità di insegnati o di educatori - di diventare dei manipolatori o di inculcare in modo autoritario una determinata ideologia, togliendo spazio al confronto critico e al dialogo costruttivo. “L’uso dell’autorità […] deriva dalla posizione ricoperta per fare apparire le proprie idee e prese di posizione come “oggettivamente” o “scientificamente valide”17. Non presentare atteggiamenti di ambiguità, lassismo, assenteismo, complicità, giustificazione rispetto a comportamenti devianti o diseducativi. “Se la scuola incomincia a costruirsi […] come il luogo dove vengono commesse delle ingiustizie, questa esperienza viene trascinata […] nel resto dell’esistenza e condizionerà gran parte delle esperienze che gli individui faranno nelle altre istituzioni pubbliche”18. Veicolare valori positivi, costruttivi e “democratici”: educare alla Costituzione, alla pace, al rispetto, al confronto, alla mediazione, ai diritti umani, alla convivenza, all’integrazione, al rispetto delle leggi; educare “all’uguaglianza, alla giustizia, alla solidarietà, alla responsabilità ecc., a partire dall’acquisizione di un lessico della morale”19. L’insegnamento di un’etica civica non è prerogativa soltanto degli insegnati di storia e filosofia. Ogni docente è anche - contemporaneamente - un cittadino; pertanto nulla gli vieta di essere, per sé e per gli studenti, non solo un esempio di “insegnante competente”, ma anche di “cittadino virtuoso”. “Ritengo […] che ogni insegnante […] sia in realtà un docente di etica, perché i suoi 13 Ivi, p. 12. Watzlawick, Paul, Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson (1967), Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma [trad. it. Pragmatic Of Human Communication. A Study Of Interactional Patterns, Pathologies, And Paradoxes, W. W. Norton & Co., Inc., New York]. 15 Ivi, p. 43. 16 Foucault, Michel (1976), Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino. 17 Cavalli, Alessandro e Giuseppe Deiana (1999), Educare alla cittadinanza democratica. Etica civile e giovani nella scuola dell’autonomia, Carocci, Roma, cit. p. 21. 18 Ivi, p. 34. 19 Ivi, p. 51. 14 4 comportamenti contengono sempre, consapevolmente o no, dei messaggi valoriali”20. Assecondare i bisogni espressi dagli alunni in merito alle problematiche personali e sociali, in particolar modo quelli relativi alla dimensione morale. Se il bisogno non si riscontra, è anche possibile fare un’analisi dei bisogni tra gli studenti o, addirittura, crearli. Favorire “tra” e “con” gli studenti ampi e frequenti spazi di confronto, dibattito, discussione, in merito a tutto ciò che costituisce la sfera dell’etica. Interessarsi alla globalità dei soggetti a cui si insegna, ed essere informati sulle diverse realtà, stili di vita, appartenenze, “sipari” che prendono vita “fuori dalla scuola”, nei limiti del possibile e della privacy di ogni studente: il mondo di oggi cambia in fretta, proprio sotto i nostri occhi. Tra le tre forme della trasmissione di un sapere – istruzione, educazione, formazione – quest’ultima rappresenta il livello più alto e più complesso. Privilegiare l’aspetto formativo significa avere a che fare con “un processo umano complessivo, che chiama in causa tutta la persona – e non “solo” o lo sviluppo cognitivo, biologico, psicologico, o la personalità, o l’apprendimento, o la cultura, o la classe sociale, o l’ideologia -, tutto il suo mondo-dei-significati, le sue determinazioni storiche, sociali, culturali, ma anche la sua disposizione simbolopoietica, la sua personale modalità rielaborativa degli eventi, della cultura, delle influenze ambientali, della propria stessa datità”21. Organizzare un’attenta “educazione ai media”22. Le TV, le radio, i giornali, il mondo dell’informazione e di Internet non sono facili da interpretare e contestualizzare. Spesso, di fronte a questo fenomeno, le persone si dividono in “apocalittici” e “integrati”, per utilizzare il lessico di un celebre saggio di U. Eco 23 . Per evitare un effetto passivizzante e troppo omologante da parte dei media nei confronti degli adolescenti, i docenti devono essere (in)formati in merito alle tecniche dei mezzi di comunicazione di massa, così come delle nuove tecnologie: “bisogna mettersi nelle condizioni di saper distinguere le certezze dalle dicerie, le illusioni dalla realtà. Ma questo si può fare soltanto ascoltando e confrontando informazioni, spiegazioni e opinioni competenti”24. Si tratta, in fondo, di “gestire e valorizzare i nuovi sistemi tecnologici con funzione cognitiva ed educativa alzando i livelli etici per scoprire le prospettive delle democrazia nella rete, nella direzione necessaria alla costruzione del futuro nel quadro di un nuovo paradigma delle scienze della complessità e della dialettica tra istruzione ed educazione”25. E’ opportuno, dunque, giungere a “una visione dialettica capace di pervenire ad una sintesi critica tra le posizioni 20 Ivi, p. 43. Riva, Maria Grazia (2000), Studio “clinico” sulla formazione, Franco Angeli, Milano, cit. p. 29. 22 Pellai, Alberto e Stefania Boncinelli (2002), Just do it! I comportamenti a rischio in adolescenza. Manuale di prevenzione per scuola e famiglia, Franco Angeli, Milano, pp. 31-39. 23 Eco, Umberto (1964/2001), Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani, Milano. 24 Contu, I. (1997), Internet: il luogo e il tempo di una straordinaria avventura, in “Teléma”, primavera 1997, cit. pp. 2-3. 25 Cavalli, Alessandro e Giuseppe Deiana (1999), Educare alla cittadinanza democratica. Etica civile e giovani nella scuola dell’autonomia, Carocci, Roma, cit. p. 97. 21 5 estreme, tra quella che esalta lo spazio di libertà e quella che paventa il preludio di inevitabili dittature”26. Proporre metodi “alternativi” di insegnamento. E’ opportuno ricordare che, oltre alla classica lezione frontale, sono disponibili numerosi cambiamenti nel setting, negli approcci e nelle strategie educative: brainstorming, domande circolari, dibattiti, relazioni, saggi, interviste, sondaggi, role-play, simulazioni, … Lavorare collaborando. Sia con personale esterno (educatori, consulenti, pedagogisti, psicologi, sociologi, antropologi, …) sia tra colleghi delle diverse materie. Certamente questo è un compito assai difficile per la scuola italiana, se consideriamo la complessità del mondo che ci circonda. Ma, come ci ricordano ancora una volta A. Cavalli e G. Deiana: <<non bisogna dimenticare che, accanto al pluralismo dei valori o, come diceva Max Weber, al politeismo dei valori, vi siano anche alcuni valori fondamentali propri della nostra civiltà, i quali sono fortemente condivisi da tutti o quasi, e che quindi è da questo ristretto set di valori di base che bisogna partire>>27. Enrico Ponzoni Bibliografia Cavalli, Alessandro e Giuseppe Deiana (1999), Educare alla cittadinanza democratica. Etica civile e giovani nella scuola dell’autonomia, Carocci, Roma. Contu, I. (1997), Internet: il luogo e il tempo di una straordinaria avventura, in “Teléma”, primavera 1997. Dei, Marcello (2002), Sulle tracce della società civile. Identità territoriale, etica civica e comportamento associativo degli studenti della secondaria superiore, Franco Angeli, Milano. Eco, Umberto (1964/2001), Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani, Milano. Foucault, Michel (1976), Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino. Geertz, Clifford (1995, 1996, 1998), Mondo globale, mondi locali. Cultura e politica alla fine del ventesimo secolo, Il Mulino, Bologna. Giori, F. (2002), Adolescenza e rischio. Il gruppo classe come risorsa per la prevenzione, Franco Angeli, Milano. Pellai, Alberto e Stefania Boncinelli (2002), Just do it! I comportamenti a rischio in adolescenza. Manuale di prevenzione per scuola e famiglia, Franco Angeli, Milano. Riva, Maria Grazia (2000), Studio “clinico” sulla formazione, Franco Angeli, Milano. Watzlawick, Paul, Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson (1967), Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma [trad. it. Pragmatic Of Human Communication. A Study Of Interactional Patterns, Pathologies, And Paradoxes, W. W. Norton & Co., Inc., New York]. 26 27 Ivi, p. 105. Ivi, p. 40. 6