Giovanni Duni Principi fondamentali del diritto amministrativo e

Giovanni Duni
Principi fondamentali del diritto amministrativo e codificazioni.
1) Le codificazioni. Considerazioni generali e le iniziative governative del 2011.
Nel 2011 il governo ha tentato di avviare una vasta codificazione del diritto
amministrativo sostanziale1. In un primo tempo erano previsti come testi da coordinare ed
inglobare la L. 241/90, ed i decreti legislativi 445/2000, 165/2001, 82/2005 e 150/2009,
nonché una normazione sulle attività di impresa, sulla sanità e numerose altre materie. Con il
DDL N. 3209-bis-B, la delega è ridimensionata al coordinamento della L. 241/90, e dei decreti
legislativi 445/2000, 165/2001 e 150/2009; infine, a novembre tutto è di nuovo cambiato ed
il DDL di delega è il 3209-bis-B/ter2. Quest’ultimo DDL non ripropone i contenuti del 3209bis-B, ed abbandona del tutto l’idea di una codificazione, disponendo unicamente in merito ad
una più limitata «carta dei doveri della pubblica amministrazione».
L’abbandono dell’idea della codificazione è sicuramente derivata sia dalle obbiettive
difficoltà (sulle quali torneremo), sia dalle critiche pervenute dalla dottrina, alcune radicali,
contrarie all’idea stessa della codificazione, altre riguardanti lo specifico progetto di
codificazione che il Governo intendeva attuare. Prescindendo dal mega progetto originario e
considerando il già più ridotto DDL 3209-bis-B, chi scrive aveva espresso critiche sotto più
profili3.
In particolare si era rilevata l’inopportunità che la materia del Pubblico impiego e
dell’efficienza fossero incluse in un unico codice che disciplinasse i principi fondamentali,
essendo più opportune due codificazioni separate.
Quanto alla codificazione dei principi fondamentali si osservava che oggi essi sono
contenuti principalmente nelle L. 241/90, nel Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e
nel Testo Unico sulla la Documentazione Amministrativa (TUDA). Ma poiché nel DDL 3209bis-B il coordinamento con il CAD era stato soppresso, il potenziale Codice dei principi
fondamentali sarebbe sorto monco ed arretrato.
Malgrado i (meritati) insuccessi delle iniziative governative, chi scrive ritiene che una
codificazione sui principi sia opportuna, se non addirittura necessaria, in ciò dissentendo da
chi osserva che l’interprete non ha difficoltà a destreggiarsi tra le diverse fonti vigenti.
Le ragioni che inducono lo scrivente a ritenere molto opportuna una codificazione dei
principi fondamentali partono due fondamentali constatazioni: a) il CAD contiene disposizioni
di immediata vigenza in tema di procedimento amministrativo e di forma degli atti; b) il TUDA
non è più un testo unico, malgrado il titolo, perché è stato svuotato della sua parte principale,
ossia della disciplina degli atti in forma elettronica, che oggi sono la regola vigente, come si
vedrà oltre. E poiché forma degli atti e procedimento sono certamente principi fondamentali,
sorge la impellente necessità di un coordinamento tra le due suddette fonti e con la Legge 7
agosto 1990, n. 241.
Ancor prima di deleghe, il Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione aveva pubblicato un
elaborato testo di un possibile Decreto legislativo, intitolato “Codice della Pubblica Amministrazione” di ben 208
pagine, riguardante principi generali, pubblico impiego, efficienza della P.A. e numerose materie. Con lettera 25
maggio 2011 il Ministro Renato Brunetta scriveva al Presidente dell’AIPDA, invitando l’associazione ed i soci a
partecipare ad un dibattito on line sul progetto. Il Presidente dell’Aipda, Guido Greco, invitò immediatamente i
soci ad esprimere le loro opinioni sia nel sito indicato dal Ministro, sia all’associazione. Oggi non sono
consultabili le opinioni espresse nel sito ministeriale e pertanto chi scrive non è in grado di verificare se sono
state presentate osservazioni pregiudiziali sull’ampiezza del Codice e sulla opportunità o meno di tenere
separato un T.U. sul lavoro nella P.A. È invece possibile rivedere le e-mails intercorse tra i soci dell’Aipda. Hanno
partecipato – in modo più o meno impegnativo – i Professori: PAOLANTONIO, VOLPE, STELLA RICHTER, DUNI, SANDULLI
M. A., CARULLO, CACCIAVILLANI, FERRARI, CIVITARESE, MAZZAROLLI, CERULLI IRELLI, DELLA CANANEA.
2 Scaricabile da: http://astrid-online.it/Riforma-de1/Atti-parla/Disposizio/C3209bis_B_ter.pdf
3 La codificazione del diritto amministrativo sostanziale. Una delega mal fatta, in Astrid Rassegna, n. 142 (152011).
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L’impresa non è facile, soprattutto perché – mentre la L. 241 è un testo per la maggior
parte improntato alla enunciazione di principi fondamentali – il TUDA e soprattutto il CAD
non sono nati come normative di principio, ma come testi ricchi di discipline attuative dei
principi in essi enunciati.
Purtroppo dobbiamo constatare che le deleghe legislative sono spesso formulate a
livello politico con scarsa o nulla partecipazione degli studiosi della materia, che vengono
coinvolti soltanto dopo che è stata emanata la legge di delega, facendo trovare i pur
volenterosi esperti del settore di fronte ad ingiustificati vincoli e limitazioni contenuti nella
delega4, che non possono non compromettere la bontà del risultato finale. Se è pur vero che
alla base della delega può esserci una decisione di tipo politico, va tenuto conto che in certe
materie la conoscenza scientifica dei problemi è indispensabile fin nel momento in cui si
formulano l’oggetto ed i criteri direttivi della delega.
In queste pagine si valuterà brevemente la situazione, al fine di individuare una
possibile strada per la corretta codificazione dei principi fondamentali del diritto
amministrativo. Data per scontata la rilevanza della L. 241/90, gioverà soffermarsi
soprattutto sul CAD, anche per evitare di relegare la dematerializzazione degli atti e dei
procedimenti ad un sistema giuridico parallelo e futuribile, laddove le norme sono invece di
immediata cogenza, mentre, al contrario, è proprio l’uso delle carte ad essere ammesso solo in
casi eccezionali. La fase di transizione che stiamo attraversando tra un sistema basato sulle
carte ed quello fondato su atti e procedimenti informatici necessita comunque di una
normazione transitoria che ben si andrebbe a collocare alla fine di un codice dei principi.
Preliminarmente è necessario un chiarimento concettuale e terminologico: con
l’espressione “principio di diritto” può intendersi una regola non scritta, ricavabile
dall’insieme delle regole scritte. Portando all’estremo questo concetto, nel momento in cui il
principio viene codificato, cessa di essere principio e diventa regola scritta. Ma, in conformità
all’uso comune della espressione, useremo la parola “principio” anche con riferimento alla
regola scritta quando essa ha una grande rilevanza nel sistema, essendo applicabile a tutto
l’ordinamento (principi generali del diritto) o ad un determinato settore (principi generali di
una branca del diritto): valida quindi per tutte le discipline del settore, se non espressamente
derogata.
2) La terza versione del C.A.D. ed i principi del diritto amministrativo.
L’anno 2011 è iniziato con l’entrata in vigore della riforma del Codice
dell’amministrazione digitale (CAD) ad opera del D. Legisl. 30 dicembre 2010, n. 235, che ha
apportato importanti modifiche al testo emanato con D. Legisl. 7 marzo 2005, n. 82, già
ampiamente modificato con il D. Legisl. 4 aprile 2006, n. 1595.
Si tratta di un importante avvicinamento al traguardo del completamento degli
strumenti giuridici per attuare concretamente l’amministrazione digitale, intendendo con il
termine «amministrazione» l’attività dell’amministrare6: in sostanza è lecito affermare che si
Di «spazi assai esigui» parla CERULLI IRELLI: (opinioni via mail: cfr. nota 1).
Minori modifiche al CAD sono avvenute ad opera della L. 24 dicembre 2007, n. 244, della L. 18 giugno 2009, n.
69 (per altro importante per la delega contenuta nell’art. Art. 33: Delega al Governo per la modifica del codice
dell’amministrazione digitale, dalla quale è derivato il D.Legisl. 235/2010), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 e della L.
23 dicembre 2009, n. 191.
6 Sui due significati del temine “amministrazione” è nota la differenza tra «amministrazione apparato» ed
«amministrazione attività»; cfr, per tutti: FORTI U. e JACCARINO C. M., Amministrazione pubblica, in Novissimo
digesto italiano, I, Torino, 1957, p. 560 ss.; SANDULLI A. M., Manuale di diritto amministrativo, XVI, Napoli, 1989, p.
8; CAMMELLI M., La pubblica amministrazione, Il Mulino, 2004, p. 14 (P.A. in senso oggettivo e strutturale e P.A. in
senso soggettivo e funzionale: le attività); CASETTA E., Pubblica amministrazione", in Digesto delle discipline
pubblicistiche, vol. XII, Torino, 1999; NAPOLITANO G., Pubblica amministrazione , in Dizionario di Diritto Pubblico,
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è abbastanza prossimi al raggiungimento dell’obbiettivo della teleamministrazione, nei suoi
canoni e capisaldi da tempo individuati7: va quindi concretizzandosi una disciplina volta a
rendere operante il procedimento amministrativo telematico, tematica per lunghi anni
trascurata dal legislatore e della stessa dottrina, ma che ora emerge nella sua evidente
centralità8.
Ai fini del discorso sui principi fondamentali del diritto amministrativo, il CAD è oggi
ancora più chiaramente un testo basilare, che si accompagna da un lato alla L. 241/90 e, per
quanto riguarda la documentazione, al T.U.D.A.9.
Nel DDL 3209-bis-B era pienamente da condividere l’eliminazione delle materie che –
per la loro specificità – meritano trattazioni in leggi ad hoc; per questo stesso motivo era
dubbia l’opportunità che testi quali il 165/2001 ed il 150/2009 fossero inglobati in un codice
che più opportunamente dovrebbe contenere soltanto i principi fondamentali del diritto
amministrativo, come tali utilizzabili in tutte le materie settoriali, compreso il pubblico
impiego e l’efficienza della P.A., disciplinate dalle suddette fonti. Anche altre materie quali
l’espropriazione, l’edilizia, i beni pubblici, i contratti e gli appalti e così via hanno del resto
meritato appositi codici o testi unici. Anche per il pubblico impiego e l’efficienza della P.A. è
ampiamente preferibile un T.U. specifico, lasciando al codice del diritto amministrativo solo la
puntualizzazione dei principi generali.
Gravissimo errore era stato avere soppresso dall’elenco delle fonti da coordinare il
D. Legisl. 82/2005, che è oggi la fonte vigente di una grande quantità di principi fondamentali
del diritto amministrativo e che necessita di coordinamento con la L. 241/90 e con il TUDA, al
quale aveva “sottratto” una gran parte degli articoli, relativi alla documentazione informatica,
rendendone quindi mendace lo stesso titolo “testo unico”. Il coordinamento è oggi affidato
all’interprete, ma il Codice ed i Testi unici dovrebbero avere come scopo creare una certezza
del diritto chiarendo con efficacia erga omnes ogni problema di coordinamento, superando le
variabili possibili nella pluralità degli interpreti.
Se il DDL 3209-bis-B fosse divenuto legge avremmo avuto un D. Legisl. già vecchio ed il
CAD sembrerebbe confinato in un ordinamento giuridico parallelo, laddove, come si vedrà, in
esso sono invece contenute tematiche fondamentali con immediata vigenza.
3) I principi fondamentali nel D. Legisl. 82/2005. L’ambito di applicazione.
L’elenco dei principi fondamentali non è un dogma, poiché ogni studioso può ritenere
che un principio di diritto, nell’ambito della materia, sia da considerare fondamentale o meno.
Alcuni sono propensi alla formulazione di principi fondamentali numerosi ed articolati; altri a
vol. V, Milano, 2006, p. 4741. Si noti che nel Dizionario di Diritto Pubblico sono anche inserite due voci distinte:
Attività Amministrativa e Organizzazione amministrativa.
Con riferimento al CAD, è ovvio che quando si definisce l’ambito di applicazione, ci si riferisce ai soggetti
pubblici, e quindi all’apparato. In tutti gli altri casi il CAD attiene all’attività (telematica).
7 In materia di informatica pubblica orientata all’attività dematerializzata (procedimento telematico) saranno
necessarie, a causa delle date remote delle nostre specifiche e pioneristiche ricerche sul tema (1978, 1993), alcune
autocitazioni. I capisaldi della Teleamministrazione, che oggi riscontriamo nella normativa, furono definiti in La
teleamministrazione: una “scommessa” per il futuro del Paese, relazione al 5º Congresso internazionale della Corte di
Cassazione sul tema “Informatica e attività giuridica” Roma, 3-7 maggio 1993, I.P.Z.S. - Libreria dello Stato, 1994, II,
p. 381 ss.
8 Cfr. le due recenti monografie: MASUCCI A., Procedimento amministrativo e nuove tecnologie. Il procedimento
amministrativo ad istanza di parte, Torino, 2011; OROFINO A. G., Forme elettroniche e procedimenti amministrativi,
Bari, 2008.
9 D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in gran parte svuotato dal CAD per quanto riguarda la documentazione in
forma elettronica.
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enunciazioni sintetiche10, ma su alcuni di essi certamente è facile trovare concordanza di
opinioni.
Tra i principi fondamentali vanno sicuramente inclusi quelli sulla forma e sui requisiti
degli atti, sul procedimento in generale e con conferenza di servizi, sul silenzio, su alcuni
aspetti della semplificazione, sulla partecipazione, sulla trasparenza, sulla validità degli atti.
Esaminando il CAD appare evidente che non tutti i 92 articoli di cui è composto
esprimono principi fondamentali del diritto amministrativo; a volte i principi sono enunciati
in modo testualmente ben distinto; a volte sono espressi in un contesto normativo troppo
ampio per essere inserito tal quale in un Codice dei principi. Ciò accade quando la
disposizione del CAD appare contenere sia il principio fondamentale, sia la sua disciplina di
attuazione e di dettaglio.
Si pone evidentemente il problema di come separare le norme applicative o di dettaglio
dai principi fondamentali: su ciò si dirà più oltre.
Come molti testi normativi, il CAD parte da definizioni, alcune delle quali importanti
dal punto di vista precettivo, per le connessioni alle disposizioni degli articoli successivi.
Degli articoli successivi fondamentale è quello dell’ambito di applicazione: ai sensi
dell’art. 117, comma 2, lett. r, della Costituzione, lo Stato, esercitando con il CAD il potere
legislativo di sua competenza, legifera con effetti anche sulle Regioni e sulle autonomie locali
(CAD: art. 2, comma 2; art. 14, comma1), lasciando ad esse spazi di autorganizzazione per
l’attuazione degli obbiettivi. Lo Stato per altro non si assume compiti attuativi con
imposizione di soluzioni specifiche, ma mira a soluzioni condivise: principio fondamentale di
notevole importanza, di cui il CAD è permeato, anche con frequenti riferimenti alla
consultazione della Conferenza unificata (cfr., tra le norme più importanti, il comma 2 dell’art.
1411). Ma, evidentemente, nel CAD appare ovunque chiaro che, per un’amministrazione
doverosamente integrata nei procedimenti complessi tra più soggetti pubblici – una volta
scelte le soluzioni – esiste obbligo inderogabile di adeguarsi ad esse, anche quando viene
lasciato uno spazio all’autonomia organizzativa. Il D. legislativo 235/2010 ha infatti compiuto
un notevole passo avanti rispetto alle soluzioni originarie del 2005-2006, che erano state
vincolate da una delega che non si era adeguatamente avvalsa del potere legislativo statale di
cui all’art. 117, comma 2, lett. r, Cost. Basti pensare che la delega12 riguardava «i procedimenti
amministrativi informatici di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento
autonomo», laddove tutti sanno che i procedimenti amministrativi importanti non sono né
monoamministrazione né statali. Da questa limitazione scaturì che lo strumento
fondamentale del procedimento amministrativo telematico, ossia il fascicolo informatico
condiviso, era solo facoltativo; ma oggi (a seguito della delega di cui all’art. 33 L. 69/2009,
priva delle limitazioni della delega ex art. 10 L. 229/2003) è invece obbligatorio per tutte le
amministrazioni pubbliche (art. 41 CAD).
4) La forma dei documenti.
In materia di forma dei documenti è da ritenere che la legge statale possa intervenire a
prescindere anche dall’art. 117, comma 2, lett. r, trattandosi di poteri impliciti nell’unità
CACCIAVILLANI: occorre «pensare invece a un’articolazione in (poche e chiare) regole universali»: (opinioni via
mail: cfr. nota 1).
11 2. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la
Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione dell’azione amministrativa
coordinato e condiviso e per l’individuazione delle regole tecniche di cui all’articolo 71.
12 L. 29 luglio 2003, n. 229, art. 10.
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dell’ordinamento giuridico, essendo inconcepibile in tale unità che ogni Regione possa
stabilire regole diverse per la forma e validità dei propri atti13.
Va anzitutto sottolineato che oggi in Italia vige la regola che i documenti
amministrativi devono essere redatti in forma elettronica. Lo dice a chiare lettere l’art. 40
del CAD, che nella versione del D. legisl. 235/201014, al comma 1 dispone: «Le pubbliche
amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le
disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all'articolo 71» ed al comma 3
esplicita le eccezioni nelle quali è consentita la forma cartacea, limitata ai «documenti
amministrativi che possono essere redatti in originale anche su supporto cartaceo in relazione al
particolare valore di testimonianza storica ed archivistica che sono idonei ad assumere».
Entrando nel dettaglio della forma elettronica, il D. Legisl. 235/2010 ha apportato
importanti modifiche al testo precedente in merito alla forma dei documenti, già
compiutamente disciplinata nel testo in versione 2006, nel rispetto delle direttiva comunitaria
1999/93/CE. In connessione con le definizioni contenute nell’art. 115, gli articoli fondamentali
del CAD sono il 20, 21 e 23ter, comma 1, nonché, per quanto riguarda duplicati, copie e
conservazione, gli articoli 22-23-23bis-23ter-23quater. Va poi tenuta presente la disciplina
della firma digitale e dei certificatori, negli artt. 24 e segg.
V’è ora da ragionare su quanto di queste norme meriti di essere considerato principio
fondamentale del diritto amministrativo. Chi scrive ha sempre apprezzato la tecnica
normativa dell’art. 15, comma 216, della L. 15 marzo 1997, n. 59, che in termini chiarissimi,
riconobbe la validità degli atti informatici, rinviando al regolamento «i criteri e le modalità».
Su questo filone di logica chi scrive è propenso a ritenere che il Codice dei principi non debba
addentrarsi nel precisare le soluzioni tecniche della firma elettronica, ma debba limitarsi ad
affermare il principio dell’accettazione della forma elettronica, rinviando al regolamento la
precisazione delle regole perché questa forma sia considerata valida, ossia perché il
documento sia attribuibile al suo autore (concetto generale di documento “firmato
elettronicamente”17). Rispetto all’art. 15 della L. 69/1997 nel Codice dei principi andrebbe
Per le attenuazioni alla rigida separazione di materie previste nella Costituzione, cfr. C. cost. 1° ottobre 2003, n.
303, in Le Regioni, 2004, 535, che si richiama anche al principio di sussidiarietà a livello amministrativo
contenuto nell’art. 118 cost.: «… limitare l'attività unificante dello Stato alle sole materie espressamente
attribuitegli in potestà esclusiva o alla determinazione dei principî nelle materie di potestà concorrente, come
postulano le ricorrenti, significherebbe bensì circondare le competenze legislative delle Regioni di garanzie
ferree, ma vorrebbe anche dire svalutare oltremisura istanze unitarie che pure in assetti costituzionali
fortemente pervasi da pluralismo istituzionale giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale
ripartizione di competenze». Similmente C. cost. 13 gennaio 2004, n. 6.
14 Il testo del 2006 prevedeva la forma elettronica, ma solo per le amministrazioni «che dispongono di idonee
risorse tecnologiche».
15 Tra le modifiche delle definizioni va sottolineata la previsione della “firma avanzata”, prevista dalla direttiva
comunitaria e totalmente ignorata dal CAD del 2006. L’omissione non violava comunque la direttiva: DUNI,
L’amministrazione digitale. Il diritto amministrativo nella evoluzione telematica, Milano, 2008, p. 26, ove si
evidenzia, che la firma avanzata, pur non prevista, ricadeva nelle “firme elettroniche” soggette alla valutazione
del giudice: soluzione sufficiente ai fini degli obblighi di cui all’art. 5 della direttiva. La modifica del 2010 ha
comunque reso più chiaro il sistema delle firme elettroniche nelle definizioni e nella normativa degli artt. 20 e
segg.
16 «Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o
telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti
informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. I criteri e le modalità di applicazione del presente
comma sono stabiliti, per la pubblica amministrazione e per i privati, con specifici regolamenti da emanare entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400. Gli schemi dei regolamenti sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato
della Repubblica per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni».
17 DUNI, L'utilizzabilità delle tecniche elettroniche nell'emanazione degli atti e nei procedimenti amministrativi. Spunto
per una teoria dell'atto amministrativo emanato nella forma elettronica, in "Rivista amm. della Repubblica italiana",
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aggiunto un rinvio alla direttiva comunitaria vigente sulle firme elettroniche ed a quelle
future, nel senso che i regolamenti dovranno adeguarsi anche alle eventuali future direttive
comunitarie in materia senza necessità di interventi del Parlamento.
Oggi abbiamo nel CAD la soluzione della firma digitale, quale tecnica migliore e quindi
(solo) tendenzialmente da preferire, ma non sono ripudiate altre soluzioni, che vanno dall’uso
di PIN e password, all’uso della carta d’identità elettronica, della posta certificata, fino alla
trasmissione con mezzi telematici, a condizione che sia verificabile la provenienza. Quindi
ampia apertura a più soluzioni di validità di documenti. Ma non possiamo escludere che la
maggiore diffusione delle tecnologie nella popolazione non induca in futuro il Governo a
modificare la disciplina eliminando le soluzioni meno garantite; se si addiverrà, come
auspicato, alla delegificazione delle soluzioni, il Governo potrà farlo senza dover ricorrere al
Parlamento per ottenere nuove deleghe.
Solo il principio della validità ed obbligatorietà della forma elettronica è ciò che deve
essere assolutamente incluso nel Codice dei principi. Ed anzi, in tale quadro, appare
particolarmente importante, oltre all’art. 40, anche l’articolo 23, comma 1, che conferisce al
documento informatico valore primario, con possibilità di copie cartacee ed informatiche18.
Il Codice dei principi potrebbe anche specificare che alle molteplici soluzioni di firme
elettroniche il regolamento potrà conferire diversa rilevanza sul piano della incontestabilità,
in ragione della esistenza o meno di requisiti che garantiscano in modo più o meno sicuro
l’attribuibilità del documento all’autore.
5) Il procedimento amministrativo.
Come si è detto, il sostantivo “amministrazione” può essere riferito sia all’apparato che
amministra, sia all’attività dell’amministrare. Posto che un apparato di persone e mezzi non
può essere digitale, essendo necessariamente fisico, amministrazione digitale è dunque
attività amministrativa in forma digitale19.
L’attività amministrativa di un ente pubblico è l’attività giuridicamente rilevante che si
compie secondo regole volte a garantirne la correttezza nei confronti del soggetto operante,
della collettività e del singolo cittadino. Queste regole, pur articolandosi in singole materie e
legislazioni speciali, hanno la loro base comune nella disciplina del procedimento
amministrativo, oggi contenuta essenzialmente nella L. 241/90 e nel CAD.
Sarebbe stato corretto che il CAD avesse dedicato un Capo o quanto meno una sezione,
alla disciplina dell’attività amministrativa dematerializzata, ossia al procedimento, che alla
luce del suo stesso titolo “Amministrazione digitale”, equivalente ad “attività amministrativa
digitale”, ne avrebbe dovuto costituire l’ossatura. Purtroppo ciò non è avvenuto neppure con
la riforma ad opera del D. Legisl. 235/2010.
Pur mancando un capo o una sezione relativa ad una disciplina organica del
procedimento telematico, osserviamo che il sostantivo procedimento (al singolare o al
plurale) è adoperato 31 volte e per lo più in modo appropriato, dandosi per scontato che le
PP.AA. agiscano con procedimenti telematici. Le norme che comunque disciplinano
specificamente il procedimento dematerializzato sono contenute negli artt. 10 e 41, entrambi
modificati dal D. Legisl. 235/2010.
1978, pag.407 ss.; La teleamministrazione: una “scommessa” per il futuro del Paese, cit.; L’amministrazione digitale,
cit., p. 26 ss.
18 1. Gli atti formati dalle pubbliche amministrazioni con strumenti informatici, nonché i dati e i documenti
informatici detenuti dalle stesse, costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare,
su diversi o identici tipi di supporto, duplicazioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.
19 Cfr. MASUCCI, Procedimento amministrativo e nuove tecnologie, cit., pp. 3 - 4, ove sottolinea che il riconoscimento
del valore giuridico del documento informatico ha dato il via all’attività giuridica dematerializzata delle PP.AA.,
consentendone la gestione in rete.
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L’art. 10 in termini perentori stabilisce che lo sportello unico per le attività produttive
opera con modalità telematica20, nei rapporti con l’utenza.
Di più ampia portata è invece l’art. 41. Negli studi sulla teleamministrazione, il secondo
caposaldo diceva: «Si apre una “pratica amministrativa” unica, indipendentemente dal
numero delle amministrazioni interessate» e nel commento si spiegava che si sarebbero
evitate le duplicazioni di documentazione oggi previste a carico del cittadino quando sono
coinvolte più amministrazioni pubbliche21. L’art. 41, nel testo vigente22, ha previsto la
creazione di un fascicolo informatico per la gestione dei procedimenti amministrativi da parte
dell’amministrazione «titolare del procedimento». Tale fascicolo deve essere «direttamente
consultato ed alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento». Il D. Legisl.
235 ha mutato notevolmente la rilevanza giuridica dell’istituto rispetto alla versione 2006,
essendo oggi la soluzione del fascicolo informatico condiviso non più facoltativa (è soppressa
la parola “può” del vecchio testo), ma obbligatoria23.
A commento e puntualizzazione dell’art. 41 si osserva che – essendo previste
un’“amministrazione interessata”, ossia un’amministrazione procedente, e “tutte le
amministrazioni coinvolte nel procedimento” – l’art. 41 ha praticamente creato la gestione di
uno sportello unico generalizzato di tutti i procedimenti amministrativi: manca solo
l’esplicitazione che il cittadino può limitarsi a presentare unica istanza all’amministrazione
procedente, evitando le regole classiche che, in assenza di sportello unico, implicherebbero
una pluralità di istanze per ciascuna amministrazione coinvolta. Ma la struttura complessiva
dell’istituto del fascicolo informatico rende implicitamente incongruo, se non addirittura
incompatibile, l’obsoleto sistema di una pluralità di istanze del cittadino allo scopo di
conseguire un unico risultato. Sarebbe infatti risibile che nell’unitario fascicolo informatico
fossero inserite tante domande identiche, ognuna diretta alle varie amministrazioni coinvolte,
1. Lo sportello unico per le attività produttive di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, eroga i propri servizi verso l’utenza in via
telematica.
21 Cfr. nota n. 17.
22 41. Procedimento e fascicolo informatico.
1. Le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, nei casi e nei modi previsti dalla normativa vigente.
1-bis. La gestione dei procedimenti amministrativi è attuata in modo da consentire, mediante strumenti
automatici, il rispetto di quanto previsto all'articolo 54, commi 2-ter e 2-quater.
2. La pubblica amministrazione titolare del procedimento raccoglie in un fascicolo informatico gli atti, i
documenti e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati; all'atto della comunicazione dell'avvio del
procedimento ai sensi dell'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, comunica agli interessati le modalità per
esercitare in via telematica i diritti di cui all'articolo 10 della citata legge 7 agosto 1990, n. 241.
2-bis. Il fascicolo informatico è realizzato garantendo la possibilità di essere direttamente consultato ed
alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento. Le regole per la costituzione, l'identificazione
e l'utilizzo del fascicolo sono conformi ai principi di una corretta gestione documentale ed alla disciplina della
formazione, gestione, conservazione e trasmissione del documento informatico, ivi comprese le regole
concernenti il protocollo informatico ed il sistema pubblico di connettività, e comunque rispettano i criteri
dell'interoperabilità e della cooperazione applicativa; regole tecniche specifiche possono essere dettate ai sensi
dell'articolo 71, di concerto con il Ministro della funzione pubblica.
2-ter. Il fascicolo informatico reca l'indicazione:
a) dell'amministrazione titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo
medesimo;
b) delle altre amministrazioni partecipanti;
c) del responsabile del procedimento;
d) dell'oggetto del procedimento;
e) dell'elenco dei documenti contenuti, salvo quanto disposto dal comma 2-quater;
e-bis) dell'identificativo del fascicolo medesimo. (omissis)
23 Anche alla luce del testo del 2006, l’art. 41 è stato ritenuto fondamentale per la costruzione del procedimento
telematico: MASUCCI A., Procedimento, cit., p. 10 e 24.
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“a ciascuna per quanto di competenza”. Fin dagli studi sulla teleamministrazione del 1993 – e
prima della normativa sullo sportello unico per le attività produttive – si riteneva implicito
nella gestione telematica e nell’unificazione del dossier, che il cittadino fosse esentato dalla
pluralità di domande24. Oggi, essendo il fascicolo informatico un istituto interamministrativo e
dovendo in esso confluire tutti «gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo da
chiunque formati», appare ovvio che la pluralità delle istanze sul medesimo oggetto (una per
ogni amministrazione coinvolta) appare implicitamente superata.
Comunque, poiché la chiarezza normativa non è mai troppa, a completamento delle
norme sulla semplificazione amministrativa, la creazione di un Codice dei principi
fondamentali dovrebbe essere l’occasione per chiarire che il cittadino, anche se non è
imprenditore, cioè per qualunque procedimento ad istanza di parte, presenta unica istanza
presso l’amministrazione che deve emanare il provvedimento conclusivo e che è compito di
questa allertare le amministrazioni coinvolte, invitandole ad operare a mezzo del fascicolo
informatico di cui al citato art. 41, acquisendo i dati e fornendo le risposte.
Per la certezza del diritto a livello costituzionale, nei rapporti tra delega ed atto
delegato, sarebbe opportuno che la delega contenesse un adeguato criterio direttivo sullo
sportello unico generalizzato ed informatico.
Lo sportello unico telematico sembra rispondere appieno agli orientamenti che
emergono in sede comunitaria, in particolare nella direttiva sui servizi nel mercato interno
(2006/123 CE, artt. 6, 7 e 8)25.
6) La partecipazione al procedimento e la trasparenza
L’art. 3 del CAD prevede il diritto del cittadino di avvalersi delle tecnologie
informatiche nei confronti delle PP.AA.26. La norma appare strumentale nei confronti dell’art.
successivo che stabilisce una importante regola di semplificazione per il cittadino, esentato
dal recarsi presso gli uffici o servirsi della lenta posta ordinaria per gli scambi di documenti o
l’accesso in genere27.
Primo caposaldo: Il cittadino presenta la propria istanza presso un’amministrazione, che assume la gestione
dell’intero procedimento. DUNI, cfr. nota 17.
25 DUNI, L’amministrazione digitale, cit., p. 48; MASUCCI, Procedimento, cit., p. 27, ove sottolinea i vantaggi
funzionali dello sportello unico telematico. Sulla materia si anche veda lo studio svolto da un gruppo di lavoro
internazione in merito ad una possibile direttiva comunitaria di carattere generale in
www.teleamministrazione.it.
26 3. Diritto all'uso delle tecnologie.
1. I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle
comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, e con i gestori di
pubblici servizi ai sensi di quanto previsto dal presente codice
Il comma 2, che prevedeva attenuazione della norma nei confronti delle amministrazioni non statali è stato
abrogato.
27 4. Partecipazione al procedimento amministrativo informatico.
1. La partecipazione al procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi sono
esercitabili mediante l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione secondo quanto disposto
dagli articoli 59 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
2. Ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l'uso delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa.
In tema di partecipazione telematica: MASUCCI, Procedimento, cit., p. 45; a p. 47 e segg. mette in evidenza come la
partecipazione che preveda l’accesso a dati di altri soggetti debba normalmente essere sottoposta a valutazione e
pertanto non può essere automatizzata; tuttavia il diritto di accesso può essere riconosciuto a tutti i partecipanti
al procedimento, consentendo ad essi l’accesso incondizionato e quindi automatizzabile. In senso parzialmente
critico verso la normativa del 2006, ritenuta insufficiente sulla disciplina generale del procedimento, DUNI,
L’amministrazione digitale, cit., p. 62.
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Le modalità tecniche della partecipazione telematica possono essere lasciate a livello
regolamentare. Certo è comunque che il capo III della L. 241/90 va coordinato con gli artt. 3 e
4 del CAD.
Per quanto riguarda la disponibilità dei dati, nella L. 241/90, Capo V, abbiamo una
importante regolamentazione sull’accesso: in prevalenza si tratta dell’accesso a domanda,
essendo solo l’art. 26 dedicato alla pubblicazione d’ufficio di numerosi atti pubblici28. Nel CAD
il Capo V disciplina i «Dati della Pubbliche amministrazioni e servizi in rete», nell’ambito del
quale particolare rilievo ha la disciplina della pubblicazione informatica dei dati e la loro
fruibilità da parte sia dei privati che di altre pubbliche amministrazioni. Per la diffusione e
l’accesso ai dati, sono particolarmente rilevanti gli artt. 50, 52, 53, 54, 55 e 56: si tratta di una
molteplicità di disposizioni, gran parte delle quali merita una trattazione coordinata con la L.
241/90, ossia l’inclusione nel codice dei principi fondamentali, dato che in esso va inserita la
materia della trasparenza e dell’accesso ai dati. Oggi invero appare sempre più rilevante
l’accesso telematico, rispetto all’accesso cartaceo: per la diffusione dei dati pubblici è
fondamentale la disciplina dei contenuti dei siti istituzionali (art. 54, con importanti rinvii alla
L. 241/90).
Da notare che il comma 1 dell’art. 52 del CAD contempla anche l’accesso telematico a
domanda «nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento in materia di protezione dei
dati personali, di accesso ai documenti amministrativi, di tutela del segreto e di divieto di
divulgazione»: in pratica rinviando alla L. 241. Tale disposizione va letta anche in relazione alla
partecipazione telematica prevista nell’art. 4, di cui si è già detto.
7) Le norme includibili in un T.U. sul pubblico impiego, l’organizzazione e l’efficienza
ed i doveri
Quasi tutte le norme del CAD che non attengono ai principi fondamentali del diritto
amministrativo, e non ne sono attuazione in dettaglio, riguardano comunque l’organizzazione,
l’efficienza della P.A. 29 e talora il pubblico impiego30. Come tali – se si va a creare una nuova
fonte organica in materia – non possono essere lasciate in disparte, come se
l’informatizzazione riguardasse un ordinamento parallelo.
Se un Codice del diritto amministrativo sostanziale conterrà sia principi fondamentali
del diritto amministrativo, sia pubblico impiego, organizzazione ed efficienza, in esso
andranno inclusi e coordinati anche i principi fondamentali introdotti dal CAD sotto questi
profili. Se invece si accoglie l’dea della separazione in due codici e ci si orienta quindi verso un
T.U. su impiego, organizzazione ed efficienza, è in tale ambito che andranno inseriti e
coordinati i relativi principi fondamentali ricavabili dal CAD. Resta inteso, nell’una e nell’altra
ipotesi, che non si tratterebbe di inserire e coordinare tutte le norme del CAD, ma solo i
principi fondamentali concernenti pubblico impiego, organizzazione ed efficienza, relegando
le disposizioni attuative e di dettaglio ad un separato regolamento, che potrebbe contenere
anche parte del D. Legisl. 150/2009. Comunque, una volta che questa materia fosse esclusa
26. Obbligo di pubblicazione.
1. Fermo restando quanto previsto per le pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dalla
legge 11 dicembre 1984, n. 839, e dalle relative norme di attuazione, sono pubblicati, secondo le modalità
previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in
generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione
ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di
esse.
29 Si vedano, ad esempio, la Sez III del Capo V, riguardante rapporti interamministrativi, servizi ai cittadini in via
telematica e premialità dell’efficienza, nonché il Capo VIII, relativo al sistema pubblico di connettività.
30 Cfr., in particolare l’esplicitazione della responsabilità dei dirigenti: art. 12. comma 1ter; art. 21, comma 1bis;
art. 54, comma 1bis; art. 57, comma 3; art. 78, comma 2.
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dal codice dei principi fondamentali del diritto amministrativo e lasciata ad un testo unico ad
hoc, la necessità della sintesi è sicuramente attenuata.
In questo contesto non trova adeguata giustificazione la creazione di una Carta dei
doveri delle Pubbliche amministrazioni, cui mira il DDL 3209-bis-B/ter. Tali doveri, infatti
sono aspetti delle varie normative vigenti e già si rinvengono sia nella L. 241/90 (si pensi al
termine per la conclusione del procedimento), in vari articoli del CAD, del TUDA, del T.U. sul
pubblico impiego e del D. Legisl. 150/2009, salvo altri. Il discorso di una “summa” dei doveri
può quindi essere una ricostruzione dottrinale, più che una nuova fonte; non sembra infatti
percorribile l’idea di sottrarre alle suddette normative i profili dei doveri da tutto il contesto
completo della disciplina in cui sono inseriti. Neppure sarebbe logico duplicare in un testo
unico doveri già esistenti in altre fonti. Quanto poi all’intento di accentuare la cogenza di
regole, basterebbe intervenire là dove queste regole sono già scritte. Del resto, leggendo i
criteri della delega del DDL 3209-bis-B/ter, ci si rende conto che vi è un continuo richiamo a
fonti già esistenti, delle quali si vuole accentuare l’effettività.
In luogo del D. Legislativo cui mira il DDL sarebbe quindi molto più opportuno
provvedere con circolari là dove si tratta di sollecitare l’effettività e pubblicare un
“vademecum” dei diritti dei cittadini e dei doveri della P.A., con riferimento alla legislazione
vigente, che può comunque essere sempre ritoccata ed integrata nelle fonti specifiche o nel
codice dei principi fondamentali, ove assurgano a tale rilevanza.
8) Il rinvio al regolamento.
Tornando all’esame del CAD, i principi fondamentali sono espressi in due modi: 1) il
principio fondamentale è bene formulato in un preciso articolo o comma; 2) il principio
fondamentale va estrapolato da un contesto ampio di disposizioni che, ai fini del principio,
sono troppo dettagliate. Nell’un caso e nell’altro sarà compito del legislatore delegato
separare ciò che andrebbe incluso in un codice dei principi fondamentali del diritto
amministrativo e ciò che nel CAD ne è applicazione e dettaglio: evidentemente l’ipotesi di cui
al n. 2 richiede un più delicato lavoro.
Conclusa la fase di distinzione dei principi fondamentali dell’ordinamento
amministrativo dalle norme di attuazione e dettaglio, si pone il quesito: posto che i primi
devono essere inseriti nel Codice dei principi fondamentali, in che forma dovrebbero essere
conservate le seconde? Le soluzioni potrebbero essere varie. Una volta garantita la forza di
legge ai principi fondamentali, tutto il resto potrebbe essere declassato a livello
regolamentare, con apposita delega aggiuntiva di delegificazione. Addirittura l’intero CAD
potrebbe essere delegificato, lasciandolo identico nei contenuti: il regolamento verrà ascritto
alla categoria dei regolamenti delegati, in quanto emanato sovrapponendosi ad atti aventi
forza di legge.
Se l’intero CAD fosse delegificato senza modifiche, avremmo che talune disposizioni
sarebbero ripetitive del Codice dei principi, ma ciò non sarebbe una anomalia grave, poiché
non è infrequente che regolamenti esecutivi di leggi ripetano il dettato della legge su cui si
fondano. Tuttavia non sembra questa la soluzione migliore, poiché non va dimenticato che
anche il TUDA contiene sia principi fondamentali sia norme di applicazione e di dettaglio ed è
esso stesso articolato su livelli differenziati (L) e (R). Il coordinamento tra i principi
fondamentali avverrebbe nel Codice dei principi, ma analogo coordinamento appare
necessario per le altre norme, dato che la documentazione amministrativa è tematica trattata
sia nel CAD che nel TUDA, anche nel dettaglio.
Il Codice dei principi fondamentali conterrà tutti i necessari rinvii al regolamento, ossia
a quelle norme del CAD e del TUDA che verranno declassate a livello regolamentare, ma che
sono essenziali per l’attuazione concreta del principio.
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Sarebbe invece una soluzione impropria che il CAD, dopo una siffatta riforma,
rimanesse vigente non come regolamento, ma come D. Legislativo, in quanto – per la parte
recepita dal codice dei principi – avremmo la duplicazione di norme allo stesso livello nella
gerarchia delle fonti.
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