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La Chiesa della Trinità
Ciò su cui dobbiamo riflettere oggi è la relazione che sussiste tra la Trinità e la Chiesa, ossia il
particolarissimo rapporto di reciprocità che intercorre tra la comunità agapica del Padre, del Figlio e
dello Spirito e la comunità, anch'essa agapica, di coloro che sono stati battezzati nel nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo.
Lo schema che avete tra le mani è molto semplice e parla abbastanza chiaro; prevede tre punti
principali:
a) Ecclesia de Trinitate;
b) Ecclesia imago Trinitatis;
c) Ecclesia ad Trinitatem.
Ho usato il latino non per ostentare erudizione, ma semplicemente perché mi sembra che esso
renda meglio e più sinteticamente il significato pregnante dei tre livelli, se così possiamo esprimerci,
che costituiscono il rapporto fra Trinità e Chiesa:
a) Ecclesia de Trinitate rimanda alla verità fondamentale che la Chiesa scaturisce dal seno di
Dio, e che la Trinità è la sorgente della Chiesa;
b) Ecclesia imago Trinitatis ribadisce il fatto che la Chiesa è, come spesso ultimamente i
teologi di professione preferiscono dire, «icona» della famiglia trinitaria, e che la Trinità è il modello
permanente e insurrogabile della famiglia ecclesiale;
c) Ecclesia ad Trinitatem ricorda che il popolo ecclesiale è perennemente itinerante verso la
sua «Terra promessa», e che la Trinità è la meta a cui la Chiesa è diretta.
Prima di approfondire queste tre espressioni occorre, però, fare una puntualizzazione: la Chiesa e la
Trinità di cui stiamo parlando sono una Chiesa e una Trinità concrete, concretissime! La Chiesa a cui ci
riferiamo è sì la Chiesa cosiddetta «universale», fondata duemila anni fa da Cristo Gesù e che
raccoglie, qui sulla terra, tutti i figli di Dio, che tali sono diventati grazie al battesimo ricevuto nel
nome della Trinità. Ma è pure, per noi qui riuniti, la Chiesa cosiddetta «particolare», cioè la Chiesa che
noi, proprio noi e soltanto noi, formiamo nella comunione di una sola eucarestia e sotto la guida dei
pastori, i nostri vescovi che, in mezzo ai cristiani delle nostre diocesi siciliane, rendeno presente il
Cristo re, sacerdote e maestro. La Chiesa concreta e realmente vivente di cui parliamo, dunque, siamo
anche noi: di questo dobbiamo ricordarci quando sentiamo parlare di una Chiesa che nasce dal seno
della Trinità, che è immagine della Trinità e che anela alla Trinità. D'altra parte, anche la Trinità, di cui
qui discutiamo, è concreta, realmente vivente. La Trinità, dalla quale tutto nasce, grazie alla quale tutto
cresce e nella quale tutto è destinato a ritornare, è veramente la forza dell'Amore divino che, dacché è
venuto in mezzo a noi Cristo Gesù, ha preso fissa dimora tra gli uomini. In questo senso, la Trinità è
una «storia» vera, storicamente accaduta e che continua ad accadere. Una «storia» che non ci si deve
limitare a raccontare, ma che si deve vivere in pienezza. Una «storia» che ci riguarda da vicino e a
partire dalla quale va pensata e ripensata l'intera esistenza cristiana e la vita di ogni comunità ecclesiale,
anche di una piccola comunità come quella di cui siamo parte.
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Ecclesia de Trinitate
Innanzi tutto, dunque, la Chiesa nasce dalla Trinità e la Trinità è la sorgente della Chiesa. In questo
senso la teologia del Dio uni-trino può essere considerata come la «protologia» della teologia della
Chiesa. Così anche la storia della Trinità, quale essa si dinapa mistericamente all'interno e al di fuori
del Dio uni-trino, può essere intesa come il «già» della storia della Chiesa, una sorta di «preistoria»
della Chiesa.
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E' ciò che ha rimesso in luce, dopo secoli di disquisizioni apologetiche, il Vaticano II. Infatti, dalla fine
del Medioevo in poi, i manuali di teologia dogmatica e i catechismi, preferendo il linguaggio giuridico
a quello scritturistico e patristico, hanno sempre insegnato che la Chiesa, fondata dal Signore Cristo
Gesù, è la società perfetta dei fedeli che professano tutti la stessa fede, partecipano tutti agli stessi
sacramenti e obbediscono tutti agli stessi capi legittimi, i vescovi guidati dal sommo pontefice. Questa
definizione è servita certamente a sottolineare il carattere visibile e gerarchico della Chiesa, la quale è,
difatti, l'insieme dei cristiani che condividono la medesima vita teologale, nella fede, speranza e carità,
e che si avvicendano sulla scena di questo mondo rimanendo uniti e saldi sotto la guida dei pastori
successori e vicari degli apostoli. Ma tale definizione di Chiesa (intesa prevalentemente come «società»
e non come popolo, comunità, famiglia di Dio) non ha evidenziato debitamente la cosa più importante:
l'azione fondante e l'assistenza continua dello Spirito, «Forza dall'alto» promessa dal Crocifisso-Risorto
e inviata a pentecoste dal Padre alla sua Chiesa.
Il concilio Vat. II, invece, nel primo capitolo della Lumen Gentium, ricorda proprio quest'ultima
fondamentale verità: la Chiesa non è una realtà meramente terrena, un semplice organismo sociale,
simile alle altre terrene società, che, per quanto perfetta risulti essere, si accontenta di reggersi sulla
convergenza di interessi di coloro che la compongono. Essa, fondata dal suo Signore sulla terra, non ha
le sue fondamenta nella terra; piantata dal suo Signore nel tempo e nello spazio, non affonda le sue
radici nella storia e non si nutre di linfa mondana. Nasce piuttosto dal cuore di Dio e da Dio trae la sua
vita. E', come scriveva ai cristiani di Tralle Ignazio d'Antiochia, la «piantagione di Dio», da Dio
coltivata, da Dio irrigata, in Dio rigogliosa.
In questa prospettiva, secondo i nn. 2.3.4 della LG, la Chiesa, vista alla luce dell'economia della
salvezza, è la comunità del Padre, del Figlio e dello Spirito, ancor prima e più ancora che la comunità
di coloro che sono stati battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
La vita della Chiesa è garantita non dall'esistenza, concorde e fraterna, dei cristiani che la compongono,
bensì dall'elezione d'amore unilaterale, gratuita ed eterna di Dio Padre, sorgente prima della Divinità e
fonte d'ogni vita, il quale «decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina [...]. Ha
voluto chiamare i credenti in Cristo a formare la santa Chiesa, la quale, già annunziata in figure sin dal
principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'antica Alleanza,
stabilita infine "negli ultimi tempi", è stata manifestata dall'effusione dello Spirito e avrà glorioso
compimento alla fine dei secoli» (LG 2). Il concilio riconduce al Padre l'origine e la finalità ultima
della Chiesa: la nostra predestinazione a divenire «conformi all'immagine del Figlio suo» e la sua
graduale realizzazione «a partire da Abramo, e "dal giusto Abele fino all'ultimo eletto"» introdotto nel
seno di Dio. La Chiesa ha la sua origine nell'Amore di Dio Padre per il Figlio: in Cristo, infatti, il Padre
ha eletto e predestinato alla comunione trinitaria la Chiesa; in Cristo il Padre, alla fine dei tempi,
accoglierà la Chiesa; in Cristo il Padre, già ora, durante l'attuale economia della salvezza, ricolma della
sua Grazia la sua nuova «famiglia», facendo di ogni cristiano solidale alla Pasqua del Cristo un suo
«familiare», figlio suo adottivo nel Figlio suo Unigenito, coerede del suo Regno in «società» (o,
meglio, in «solidarietà») con Colui che è stato innalzato al di sopra di ogni nome, quale Signore del
cielo e della terra. Nell'eterno -- per noi inconcepibile -- Amore del Padre verso suo Figlio è stata
pensata, desiderata e concepita la Chiesa; in quel moto d'Amore si fonda l'essere della Chiesa; da quel
moto d'Amore la Chiesa trae la sua essenza agapica e la sua esistenza nella carità. E' dal Padre che
prende il via la duplice missione da cui nasce e si sviluppa la Chiesa: la missione del Figlio incarnato e
redentore e la missione dello Spirito santificatore.
La vita della Chiesa è, dunque, altresì, garantita dalla missione del Figlio che è stato fatto Carne, è stato
consegnato alla Morte ed è stato riportato in Vita dal Padre. La Chiesa nasce anche dalla Pasqua del
Cristo come fiume d'acqua viva che sgorga dal suo seno trafitto (cf. Gv 19,34): «il suo inizio e la sua
crescita sono significati dal sangue e dall'acqua, che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso»
(LG 3). E' la Pasqua di Cristo Gesù il punto di irradiamento della famiglia ecclesiale: è lì, sotto la
croce, che il Crocifisso consegna sua Madre alle braccia del suo «nuovo» figliolo, Giovanni, il
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discepolo prediletto; e, al contempo, lì sotto la croce, alle cure di Maria viene affidato Giovanni,
rappresentante dei «nuovi» figli di Dio. E' lì, presso il sepolcro vuoto, che il Risorto incontra e consola
Maria di Magdala, incaricando -- lei per prima -- di portare il lieto annunzio della resurrezione ai primi
evangelizzatori, che sono allo stesso tempo i «primi evangelizzati», i suoi apostoli radunati al cenacolo.
Ed è lì, proprio dentro il cenacolo di Gerusalemme, che il Risorto appare ai suoi e li conferma come
suoi fratelli, amici e collaboratori, fortificandoli con il dono dello Spirito Paraclito. Cristo Gesù, come
principale artefice «storico» della Chiesa, non ne è semplicemente e solamente l'iniziatore e il
fondatore, alla stessa stregua di Giulio Cesare per l'impero romano o di qualsiasi altro condottiero o
fondatore della storia umana, bensì Colui che ne assicura la sopravvivenza; Colui che cammina con
essa lungo i sentieri della storia; Colui che l'accompagna alla casa del Padre; Colui che intercede
incessantemente per essa, chiedendo al Padre il dono continuo dello Spirito; Colui che imprime alla
Chiesa i lineamenti del suo stesso volto. Cristo Gesù è il Figlio unigenito del Padre, che accetta dal
Padre la missione di diventare il Primogenito tra molti fratelli, capostipite degli uomini nuovi rinnovati
dall'Amore, primizia di coloro che risuscitano a Vita nuova. Proprio per questo, si può giustamente
affermare che la Chiesa non è semplicemente «cristica», ma è Cristo stesso: Cristo che si dilata e
comunica la sua figliolanza agli uomini, attraverso i secoli, «sino alla fine dei tempi», il «Corpo
mistico» del Cristo, all'interno del quale, ogni uomo che viene assimilato al Risorto, diventa familiare
di Dio.
Infine, la vita della Chiesa è garantita dallo Spirito santificatore, «inviato, nel giorno di pentecoste, [...]
affinché i credenti avessero attraverso Cristo accesso al Padre» (LG 4). In quest'ultima frase è
sintetizzato tutto il destino di salvezza che appartiene alla Chiesa e, per mezzo della Chiesa, a tutto il
creato: la vita della Chiesa scaturisce dal Padre e ritorna a Lui, tramite il Figlio incarnato, al soffio dello
Spirito. E' a Pentecoste che la Chiesa, finalmente, viene alla luce del mondo; sino a quel momento essa
era rimasta in gestazione: era stata sì concepita dal Padre in Cristo Gesù, ma non era ancora «nata». La
Chiesa viene alla luce solo allorché lo Spirito del Risorto inonda di Sé il cenacolo di Gerusalemme,
discendendo sugli apostoli e su Maria di Nazareth: in quel momento essi diventano consapevoli di
costituire il nuovo popolo di Dio, animati dal vigore dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo, a tal
proposito, come dicevano i Padri della Chiesa antica, è l'«anima» della nuova famiglia di Dio, Colui
che ne garantisce la Vita e la vitalità: come l'anima dell'uomo è tutta presente in tutte le membra del
corpo umano ed è, pure, tutta presente in ciascun membro, così anche lo Spirito pervade tutta la Chiesa
e ciascun suo componente; sicché -- come insegna san Paolo -- la Chiesa tutta è tempio dello Spirito,
ma anche ciascun credente in Cristo è santuario dello Spirito. In tal senso, bellissime e verissime
suonano anche oggi, per noi, le parole scritte da sant'Ireneo di Lione: «Dove è la Chiesa, ivi è lo Spirito
di Dio; dove è lo Spirito di Dio, ivi è la Chiesa e tutta la Grazia. [...] Perciò coloro che non hanno parte
con lo Spirito, non si nutrono alle mammelle della Madre per mantenersi in vita, non attingono alla
fonte limpidissima che sgorga dal Corpo di Cristo; [...]. Non sono fondati sopra l'unica pietra, ma sulla
sabbia» (Ad H., III,38,1-2). Insomma, possiamo affermare, senza paura di sbagliare o di esagerare, che
anche la missione dello Spirito Santo, come quella di Cristo Gesù, ha, nei confronti della Chiesa,
un'importanza insurrogabile e insostituibile: lo Spirito, per usare le stesse parole di un grande teologo
domenicano, Y. Congar, è il «co-istituente» della Chiesa; e la Chiesa, dal canto suo, posta sotto il soffio
dello Spirito, è «tutta epicletica», in quanto viene animata dalla continua discesa dello Spirito in essa e
sopra di essa. A questo riguardo, è importante ricordare e sottolineare che la Chiesa, costantemente
esposta all'influenza dello Spirito, è «carismatica» nella sua totalità e in ogni suo membro. Essa, cioè,
scaturisce dalla Grazia pneumatica di Dio, che opera l'edificazione della comunità ecclesiale in vari
modi e a vari livelli, permeandola tutta e donandosi ad ogni suo componente secondo le esigenze della
stessa comunità. Avviene nella Chiesa, per opera dello Spirito, ciò che scrive san Paolo nella sua prima
lettera ai Corinti: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a
uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro, invece, per mezzo dello stesso
Spirito, il linguaggio della scienza; ad uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a uno il potere dei
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miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà
delle lingue; a un altro, infine, l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e medesimo
Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole» (1 Cor 12,7-11). Dalle parole dell'Apostolo
si comprende come i carismi, i doni dello Spirito elargiti al singolo cristiano, non sono fini a se stessi,
ma devono servire per «l'utilità comune», per la crescita di tutta la comunità ecclesiale. Ecco perché il
carisma diventa subito servizio alla comunità, ministero esercitato nella e per la comunità. Carismi e
ministeri, nella Chiesa «tutta epicletica», non si contrappongono, non si escludono a vicenda. Persino il
ministero gerarchico, che costituisce l'aspetto più istituzionale e, apparentemente, meno carismatico
della Chiesa, trova la sua ragion d'essere nel dono dello Spirito: anche la gerarchia è un'articolazione
della natura tutta carismatica della Chiesa; anch'essa, che ha l'incompreso compito di fare la
«guardiana» (J. Hamer) dei carismi ecclesiali, è frutto dello Spirito, è dono carismatico, che si pone al
servizio della comunità col compito specifico di favorire la comunione tra i diversi carismi. La Chiesa,
dunque, è tutta carismatica in due sensi: in essa e per mezzo di essa avviene il grande dono dello Spirito
all'umanità, e a ciascun suo membro lo Spirito elargisce i suoi diversi carismi. Tutti i battezzati, però,
ricevono tre doni fondamentali: il carisma profetico, che li rende missionari del vangelo nel mondo e
nella società; il carisma regale, che li rende coeredi del Regno di Dio, insieme al loro Signore Cristo
Gesù; il carisma sacerdotale, che li chiama a fare del mondo e delle realtà mondane un'offerta gradita a
Dio.
La Chiesa, dunque, deve la sua origine trascendente e il suo cammino storico alla volta della patria
finale all'opera della Trinità, e in tal senso essa è, realmente, la Chiesa del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo.
Sant'Ignazio d'Antiochia, già nel primo secolo d.C., usava una bella metafora trinitaria per illustrare il
mistero della Chiesa: «[...] voi siete -- egli scriveva -- pietre del tempio del Padre, preparate per la
costruzione di Dio Padre, elevate in alto per mezzo della macchina di Gesù Cristo che è la croce,
usando la corda dello Spirito Santo». Il Padre appare qui come principio primo ed assoluto, cui
appartiene la costruzione. Cristo Gesù appare come il costruttore, che si serve della «macchina» della
sua croce per erigere la costruzione. Lo Spirito è raffigurato come il cavo che tiene ben compaginate le
pietre trasportate in alto per innalzare la costruzione.
«Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre» (Gv
14,16): questa è la dinamica trinitaria che conduce alla pentecoste, che porta all'atto di nascita della
Chiesa. Si tratta di una dinamica agapica, che si basa sulla forza dell'Amore: «Se uno ama, io e il Padre
scenderemo presso di lui e dimoreremo con lui» (cf. Gv 14,23). E', comunque, una sorta di meccanismo
che riproduce, in mezzo agli uomini redenti dal sangue di Cristo, le relazioni d'amore reciproco che
sussistono nel seno della Trinità. L'«Essere per...» -- la teologia classica preferisce dire l'«Esse ad...» -è costitutivo delle persone divine: il Padre è proprio perché amorevolmente rivolto all'Altro da sé per
donargli la Vita e costituirlo Figlio suo; il Figlio, a sua volta, è proprio perché amorevolmente rivolto
all'Altro da sé per riceverne la Vita e riconoscerlo Padre suo; lo Spirito è proprio perché
amorevolmente donato dal Padre e ricevuto dal Figlio. Questa dinamica tri-agapica sovrabbonda oltre
se stessa e si comunica, ancora una volta amorevolmente, nell'economia della salvezza. E al centro di
quest'ultima sta la Pasqua, evento trinitario per antonomasia, di cui la Chiesa è quasi la continuazione
storica, nel quotidiano memoriale della morte e della resurrezione di Cristo Gesù. Potremmo dire,
parafrasando un grande teologo contemporaneo, H.U. von Balthasar, che la Pasqua è il farsi
salvificamente visibile, in mezzo agli uomini prigionieri del peccato, della vicendevole «consegna»
d'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito. Il Padre ama il Figlio, ed ama noi uomini, sino al punto di
«consegnare» alla croce Gesù. Il Figlio ama il Padre, ed ama noi uomini, sino al punto di «consegnarsi»
sulla croce alle mani del Padre. Lo Spirito, poi, è «consegnato» dal Figlio crocifisso al Padre, e dal
Padre viene «restituito» («ri-consegnato») al Figlio risorto. E lì, nell'evento della morte e della
resurrezione, il Padre e il Figlio si adoperano nell'Amore per «consegnare» lo Spirito alla Chiesa
nascente («... e spirò»; «... ed effuse lo Spirito»).
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Ecclesia imago Trinitatis
La Chiesa nasce, dunque, allorché prende in «consegna» lo Spirito d'Amore che proviene dal Padre e
dal Figlio. Questa «Forza dall'alto» costituisce, come dicevano i Padri della Chiesa antica, l'«anima»
vitale della nuova famiglia di Dio. Lo Spirito è il sigillo che contrassegna la Chiesa, lo stemma che
rende manifesti i diritti di proprietà che Dio vanta sulla sua Chiesa, ed è anche e soprattutto l'agente
divino che «contagia» alla Chiesa la stessa dinamica agapica che anima e costituisce la Trinità. In
questo senso si può pensare alla Trinità come all'esemplare che un artista sceglie per riprodurlo con la
sua arte; la Chiesa, per parte sua, si può considerare l'immagine o il ritratto della Trinità; e lo Spirito
Santo, a sua volta, l'artefice dell'icona, Egli che, essendo «il dito di Dio -- come diceva san Giovanni
Crisostomo -- trasforma in un capolavoro tutto ciò che sfiora».
Ma in cosa consiste l'«iconicità» della Chiesa, se pensiamo che è Cristo Gesù la vera icona del Padre
(«Chi vede me vede il Padre») e che tutti gli uomini portano in sé l'effige del Creatore («Facciamo
l'uomo a nostra immagine e somiglianza»)? Penso che si possa parlare di iconicità della Chiesa nel
senso che essa prolunga nella storia il mistero pasquale di Gesù e costituisce l'inizio della nuova
famiglia umana ri-creata nella morte e nella resurrezione del Cristo. La Chiesa, icona della Trinità,
riproduce i tratti del volto del Redentore, facendoli combaciare con i tratti del volto dell'intero genere
umano redento.
Si badi bene: la Chiesa viene considerata l'icona della Trinità, non un semplice suo riflesso. Riflettere è
sinonimo di rinfrangere e, al limite, di respingere: la luna riflette la luce del sole, ma non la ritiene in
alcun modo, tant'è che la luce solare non riesce a generare vita sul nostro satellite; la terra, invece,
accoglie la luce del sole, e questa impregna di sé l'atmosfera terrestre portando la vita ovunque, sulla
terraferma, nel cielo, persino negli oscuri abissi marini. Dire che la Chiesa è l'immagine o l'icona della
Trinità, significa che non soltanto essa ne riflette le sembianze come uno specchio, ma anche ne
accoglie la presenza, ne diviene la dimora. Significa che la Chiesa si lascia permeare non solo dalla
luce che proviene dalla Trinità, ma anche dal principio vitale che ne promana: l'Amore trinitario.
L'Amore produce la vita nella Chiesa, e fa sì che questa vita si sviluppi secondo le sue proprie leggi. La
Chiesa vive, dunque, di quella circolazione dell'Amore, di cui la vita trinitaria è, oltre che sorgente,
unico ed insostituibile modello.
Ciò significa che la Chiesa, che nasce dalla Trinità, è anche «strutturata» ad immagine della Trinità. E
se il Dio uni-trino è il Dio-Amore, la Chiesa gli assomiglia solo nella misura in cui realmente è
vivificata dall'Amore e vive, essa stessa, l'Amore: «Vi riconosceranno quali miei amici, se vi amarete
gli uni gli altri». Questa esortazione di Gesù è, in verità, una specie di ultimatum. La forza
dell'affermazione non risiede semplicemente nel verbo «amare», bensì in ciò che sottolinea il carattere
di reciprocità dell'amore: «gli uni gli altri». Questo tipo di amore realizzano il Padre e il Figlio
nell'unità dello Spirito; questo tipo di amore ha fatto sorgere la Chiesa; questo tipo di amore ha rivelato
Gesù ai suoi; questo tipo di amore, quindi, deve caratterizzare la vita dei discepoli e degli amici di
Cristo Gesù. Non basta che uno ami l'altro; occorre necessariamente che pure l'altro ami a sua volta.
L'amore che il Padre nutre per il Figlio non è paragonabile ad un telegramma; si può pensare piuttosto
come una lettera, alla quale si avvicenda una lettera di risposta da parte del destinatario, sino al
generarsi di uno scambio epistolare infinito ed eterno.
Può aiutarci a comprendere come la comunità ecclesiale è immagine della Trinità una brevissima
riflessione sulle quattro proprietà essenziali della Chiesa, quelle che la teologia classica definisce «note
distintive della vera Chiesa», e che il simbolo della nostra fede elenca: l'unità, l'apostolicità, la santità,
la cattolicità.
L'unità della Chiesa, alla luce del mistero trinitario, può essere ricompresa come riproduzione della
stessa unità che vincola nell'Amore il Padre, il Figlio e lo Spirito. Si tratta di un'unità particolarissima,
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che Gesù stesso ha chiesto per noi al Padre suo: «Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi
in noi una cosa sola. [...] Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità» (Gv 17,21.23). E'
illuminante quanto dice a proposito la Gaudium et Spes al n. 24: «[...] il Signore Gesù, quando prega il
Padre affinché "tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola", [...] ci ha suggerito una
certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nell'amore».
Si tratta di un principio divino di coesione, che fa della Chiesa, come scriveva san Cipriano di
Cartagine, «un popolo riunito in forza dell'unità stessa del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Si noti bene: stiamo parlando di unità, non di uniformità. L'unità autentica si realizza là dove i diversi
(valorizzati come tali) convergono amorevolmente: il Padre è Padre proprio perché non è Figlio, ma al
Figlio è relazionato; il Figlio è Figlio proprio perché non è Padre, ma al Padre è relazionato; ed
entrambi sono «una cosa sola» perché convergono nell'Amore. In forza di questa unità nella diversità,
anche nella Chiesa tutti siamo uguali, ma, al contempo, non tutti siamo uguali. L'unità della Chiesa
risulta dalla varietà di doni e di servizi, di carismi e di ministeri, che convergono nella comunione. Se
vogliamo, possiamo dire pure che l'unità della Chiesa è frutto di un paradosso; e, tuttavia, siamo
costretti ad ammetterlo: l'unità della Chiesa non livella le diversità e le peculiarità di ciascun battezzato,
ma le fa incontrare, le armonizza, le fa diventare una «sinfonia» che, a patto che tutti ci si mantenga
docili alle direttive dello Spirito, non produce stonature. I cristiani sono resi uguali grazie al battesimo
che ricevono nel nome della Trinità; ma dentro la Chiesa essi ricevono pure doni differenti, carismi
diversi e distinti, che devono condividere con gli altri svolgendo servizi diversi ed esercitando ministeri
differenti. Il N.T., i Padri della Chiesa, i teologi e i santi d'ogni epoca hanno sempre affermata una tale
unità nella diversità, ora ricorrendo alla metafora dell'unico corpo e delle diverse membra, ora a quella
della cetra che si compone di varie corde, e, ancora, a tante altre immagini simboliche. Io vorrei
richiamare un'immagine di tipo sacramentale che ogni domenica noi stessi incarniamo: l'assemblea
liturgica. L'assemblea liturgica è simbolo sacramentale della Chiesa riunita dal Padre, in Cristo, per la
potenza dello Spirito; le azioni liturgiche che essa svolge appartengono all'intera comunità ecclesiale;
«tuttavia -- recita la Sacrosanctum Concilium n. 26 -- i singoli membri vi sono interessati in diverso
modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e della partecipazione effettiva».
L'unità, inoltre, è frutto di sacrificio; è, cioè, il risultato di un amore disposto a spendersi per gli altri, ad
annichilirsi negli altri, a perdere qualcosa di sé per darlo agli altri. Quando il Padre ama il Figlio, mette
se stesso in discussione, accetta il rischio del fallimento, rischia di fallire nella sua paternità: qualora
non venisse ricambiato dal Figlio, Egli cesserebbe di essere il Padre, cesserebbe di essere. Ecco perché
è necessaria la reciprocità dell'amore! Ed ecco perché bisogna contraccambiare l'amore, costi quel che
costi!
L'apostolicità della Chiesa, alla luce del mistero trinitario, può essere ricompresa come missionarietà
(senza per questo dimenticare il suo più autentico ed originario significato teologico, racchiuso nei
concetti di «diadoché» [successione apostolica] e di «paràdosis» [Tradizione]): la dinamica agapica
intratrinitaria ha sconfinato nell'economia della salvezza, e questa è giunta al culmine con la Pasqua di
Cristo Gesù. Il Dio uni-trino in cui crediamo noi cristiani non è un «Dio misantropo», come affermava
Voltaire, ma un Dio estroverso, che crea per amore e che ama farsi vicino alle sue creature. Anche la
Chiesa, memore del mandato del Risorto: «Andate per le strade...», è una Chiesa estroversa, che non
nasconde sotto un mattone l'Amore di cui vive, e non ripone sotto il moggio la Luce di cui è fiaccola.
L'Amore trinitario, «che costituisce la Chiesa nella sua comunione, non è privilegio, è compito, non è
possesso, è missione» (B. Forte). Essa deve testimoniare al mondo l'Amore di cui vive. La sua ansia
evangelizzatrice si alimenta del mandato apostolico di Gesù: «Andate in tutto il mondo, predicate il
mio vangelo e battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La sua spinta
missionaria riproduce la missione che il Padre ha affidato nella storia degli uomini al Figlio incarnato e
allo Spirito Santo. Il recarsi della Chiesa missionaria incontro agli uomini, riproduce il venirci incontro
da parte di Dio uni-trino.
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Così pure la santità della Chiesa è la stessa santità della Trinità, «la quale in Cristo e per mezzo di
Cristo è la fonte e l'origine di ogni santità» (LG 47). E', ancora una volta, la Lumen Gentium a
ricordarcelo: «Nei vari generi di vita e nei vari compiti un'unica santità è coltivata da quanti sono mossi
dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Padre,
camminano al seguito del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi
della sua gloria» (n. 41). La santità della Chiesa è la santità del Padre che si riversa tutta nel Figlio, e
che dal Figlio incarnato si travasa tutta, per la potenza dello Spirito, nel tempio nuovo di Dio, santuario
non costruito da mani d'uomo ma da Dio stesso, «communio sanctorum». In questo senso sant'Agostino
definì la Chiesa una «casta meretrix», una sposa illibata e peccatrice: santa perché santificata da Dio
stesso, peccatrice perché pur sempre composta di uomini peccatori.
E, infine, anche la cattolicità della Chiesa, alla luce del mistero trinitario, può essere ricompresa come
capacità centripeda e centrifuga di chiamare tutto il mondo alla casa della Trinità e di fare di tutto il
mondo, già sin da ora, la tenda della Trinità. In questo senso, la missionarietà può essere, ancora una
volta, compresa come il nuovo nome della cattolicità della Chiesa, oltre che della sua apostolicità: la
Chiesa missionaria è ambasciatrice di Dio nel mondo intero, è corifea del lieto annunzio della venuta
del Regno a tutti gli uomini, senza distinzione di razza, di ceto, di sesso, di cultura; la Chiesa
«cattolica» è una Chiesa che sa di avere il dovere «missionario» di annunciare Cristo ovunque, a
qualsiasi latitudine geografica (in ogni luogo), ma anche culturale e umana (ad ogni cuore e ad ogni
mente), «a partire da Gerusalemme, attraverso la Decapoli, sino agli estremi confini del mondo», per
citare san Luca. Ma non per questo, la Chiesa missionaria propone se stessa come meta per tutti gli
uomini: essa, piuttosto, si limita ad additare il Regno di Dio ed il suo Signore, Cristo Gesù, predicando
il Vangelo e praticando l'integrale promozione umana a beneficio di tutto l'uomo e di tutti gli uomini,
ma anche pregando nel segreto per il genere umano, offrendo se stessa in sacrificio per la salvezza di
tutti. Una Chiesa che vuole solo imporre la sua voce agli uomini del nostro tempo, senza invece
ascoltarne i richiami e le proteste, oppure una Chiesa che asseconda i potenti di questa terra
dimendicando di difendere i diritti della vita per tutti e di tutti, rischia di essere una Chiesa non
«cattolicamente» missionaria, una Chiesa che viene rifiutata dagli uomini per la sua arroganza, e da
Dio per la sua incapacità di essere «scandalo» e «stoltezza» davanti ai «potenti» e ai «saggi» del
mondo; è una Chiesa che rischia di fallire nel suo principale scopo: essere per tutti «sacramento
universale» di salvezza, essere «segno» dell'Amore salvifico che il Dio uni-trino nutre per tutti gli
uomini di ogni luogo e di ogni tempo.
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Ecclesia ad Trinitatem
Se è vero che la Trinità è la sorgente della Chiesa, l'«Alfa» che segna l'inizio della nuova famiglia di
Dio, è altrettanto vero che essa è pure la meta verso cui la Chiesa procede, l'«Omega» che ne sancirà il
compimento definitivo. In questo senso, l'atteggiamento fondamentale della Chiesa, che vive
«pellegrina» nella storia, è quello «esodale». La Chiesa di Cristo ripete l'esperienza dell'antico Israele:
anch'essa procede verso la sua «Terra promessa», di cui lo stesso Gesù aveva parlato ai suoi discepoli:
«Non sia turbato il vostro cuore. [...] Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. [...] Io vado a
prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me,
perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Gv 14,1-4).
L'orizzonte escatologico della Chiesa è la Trinità; il «non ancora» della Chiesa che vive nella
provvisorietà della tenda è la Gloria del Dio uni-trino. «Questa finale destinazione alla Gloria, in cui la
comunione degli uomini sarà inserita nella pienezza dell'eterno nella vita divina, fonda l'indole
escatologica della Chiesa peregrinante: la Chiesa non ha il suo compimento in questo tempo presente,
ma lo attende e lo prepara fino al giorno in cui venga nuovamente il suo Signore e tutto sia in Lui
perfettamente ricapitolato. Essa è perciò sempre in divenire, mai arrivata, [...], bisognosa di continua
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purificazione e di perenne rinnovamento, nella forza dello Spirito che in lei opera perché giungano a
compimento le promesse di Dio. [...] Così, nella stagione del «frattempo», che sta fra la prima venuta
del Cristo e il Suo ritorno glorioso, la Chiesa vive fedele al mondo presente e fedele al mondo che deve
venire, nutrita di quanto le è stato già donato per crescere verso quanto non ancora è stato in lei
compiuto» (B. Forte).
La Chiesa, dunque, è in cammino verso la Trinità. Lo affermavano già, in modo suggestivo, i Padri che,
nelle loro omelie e nelle loro catechesi, parlavano con insistenza della Chiesa paragonandola ad una
nave (la grande arca di Noè costruita con lo stesso legno della croce secondo sant'Agostino; il veloce
veliero di Pietro il pescatore, di cui l'albero maestro è la croce di Cristo, secondo sant'Ippolito): una
nave che veleggia in alto mare, scossa dalle tempeste ma che non affonda, solcando le onde e puntando
al porto della salvezza, che è il seno di Dio. Di questa nave, che è la Chiesa, il Padre è l'armatore,
Cristo è il timoniere, lo Spirito Santo è il vento che ne gonfia le vele.
I Padri più antichi, inoltre, come Clemente di Roma e Ignazio d'Antiochia e l'anonimo autore dello
Scritto a Diogneto, riecheggiando san Paolo e san Giovanni, si rivolgevano ai cristiani delle Chiese a
cui indirizzavano le loro lettere di comunione, con formule di saluto come questa: «Alla Chiesa che
abita a Corinto..., a Smirne..., a Roma..., siano rese grazie...». Il verbo greco che usavano per «abitare»
è «paroikéo», che letteralmente significa «essere di passaggio» e «risiedere non stabilmente, ma pronti
alla partenza»; «paroikéo», dunque: un verbo che rende bene l'atteggiamento esodale proprio della
Chiesa, che «abita» nel tempo e nello spazio, ma che rimane in costante tensione verso la patria celeste.
In questo senso, tutta la Chiesa è «paroikia», e ciascun cristiano è «paroikos»: una comunità (paroikia)
composta da persone che percorrono insieme (paroikoi) la strada della vita e della storia, ma che,
all'occorrenza, sanno anche fermarsi per aspettare ed aiutare chi si stanca, per sollecitarne la ripresa,
consapevoli che bisogna giungere alla casa del Padre tutti insieme, nella comunione all'unico e
medesimo Spirito Santo e mediante l'unico e solo Signore Cristo Gesù.
Desidero concludere citando un teologo gesuita, H. de Lubac, che nella sua famosa opera intitolata
Meditazione sulla Chiesa (Milano 1963, pp. 292-93), ha espresso molto bene l'escatologia trinitaria in
cui la Chiesa è destinata a trovare compimento e nella quale, già ora, sperimenta un'anticipazione della
vita del Dio uni-trino; egli ha scritto: «Dio non ci ha creati "perché dimorassimo nei confini della
natura", né perché vivessimo una vicenda solitaria; ci ha creati per essere introdotti insieme in seno alla
sua vita trinitaria. Gesù Cristo si è offerto in sacrificio perché noi non formassimo più che una cosa sola
in questa unità delle Persone divine. Questa deve essere la "ricapitolazione", la "rigenerazione" e la
"consumazione" di tutto; e tutto ciò che ci allontana da questa meta finale è un richiamo ingannatore...
Ora c'è un Luogo, in cui, fin da questa terra, incomincia questa riunione di tutti nella Trinità. C'è una
"Famiglia di Dio", misterica estensione della Trinità nel tempo, che non soltanto ci prepara a questa
vita unitiva e ce ne dà la sicura garanzia, ma ce ne fa già partecipi. [...]»: questa è «la Chiesa della
Trinità».
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La Chiesa della Trinità
A) Ecclesia de Trinitate
* la Chiesa proviene dalla Trinità
* la Trinità è la sorgente della Chiesa
* la Chiesa del Padre
* la Chiesa del Figlio
* la Chiesa dello Spirito
* la forza dell'Amore
B) Ecclesia imago Trinitatis
* la Chiesa è l'icona della Trinità
* la Trinità è il modello della Chiesa
* la struttura della Chiesa è ad immagine della Trinità
* le proprietà essenziali della Chiesa trinitaria:
- l'unità
- l'apostolicità
- la santità
- la cattolicità
C) Ecclesia ad Trinitatem
* la Chiesa è in cammino verso la Trinità
* la Trinità è la meta della Chiesa
* il «non ancora» trinitario della Chiesa
Preghiera conclusiva
Dio, Trinità Santa, da Te viene la Chiesa,
popolo pellegrino nel tempo
chiamato a celebrare senza fine la lode della Tua gloria.
In Te vive la Chiesa, icona dell'amore trinitario,
comunione nel dialogo e nel servizio della carità.
Verso di Te tende la Chiesa, segno e strumento
della Tua opera di riconciliazione e di pace
nella storia del mondo.
Donaci di amare questa Chiesa come nostra Madre,
e di volerla con tutta la passione del cuore Sposa bella del Cristo,
senza macchia né ruga, una, santa, cattolica e apostolica,
partecipe e trasparente nel tempo degli uomini
della vita dell'eterno Amore.
(Bruno Forte)