Causa C-27/02 Petra Engler contro Janus Versand GmbH (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Innsbruck) «Convenzione di Bruxelles — Domanda d’interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3 — Diritto del consumatore destinatario di una pubblicità ingannevole di esigere in giudizio il premio apparentemente vinto — Qualificazione — Azione di natura contrattuale contemplata dall’art. 13, primo comma, punto 3, o dall’art. 5, punto 1, ovvero derivante da un delitto contemplata dall’art. 5, punto 3 — Presupposti» Conclusioni dell’avvocato generale F.G. Jacobs, presentate l’8 luglio 2004 ? Sentenza della Corte (Secondo Sezione) 20 gennaio 2005 ? Massime della sentenza 1. Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni — Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori — Art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione — Presupposti per l’applicabilità — Azione di un consumatore domiciliato in uno Stato membro intesa a far condannare una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato membro alla consegna di un premio apparentemente vinto — Azione che non costituisce, in assenza di un nesso con un contratto avente ad oggetto una fornitura di beni mobili materiali o di servizi, un’azione di natura contrattuale ai sensi della detta disposizione (Convenzione 27 settembre 1968, art. 13, primo comma, punto 3) 2. Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni — Competenze speciali — Competenza in materia contrattuale — Azione di natura contrattuale — Nozione — Azione di un consumatore domiciliato in uno Stato membro intesa a far condannare una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato membro alla consegna di un premio apparentemente vinto — Inclusione — Presupposti — Missiva inviata al consumatore in cui quest’ultimo viene designato per nome come vincitore del premio — Accettazione della promessa da parte del consumatore e richiesta di versamento del premio — Indipendenza dell’attribuzione del premio da un ordinativo di merci e assenza di un tale ordinativo — Irrilevanza (Convenzione 27 settembre 1968, art. 5, punto 1) 1. Per quanto riguarda l’art. 13, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all’adesione del Regno di Danimarca e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982 relativa all’adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989 relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, e dalla Convenzione 29 novembre 1996 relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, relativo alla competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori, il punto 3 di tale disposizione trova applicazione solo, in primo luogo, quando il ricorrente è un consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali, in secondo luogo, quando l’azione giudiziale è collegata ad un contratto concluso tra tale consumatore ed un venditore professionista, che ha ad oggetto una fornitura di beni mobili materiali o servizi e che ha dato origine ad obbligazioni reciproche ed interdipendenti tra le due parti del contratto e, in terzo luogo, quando ricorrono parimenti i due specifici presupposti elencati dall’art. 13, primo comma, punto 3, lett. a) e b). Di conseguenza, in una situazione in cui un venditore professionista si è rivolto ad un consumatore inviandogli una lettera personalizzata contenente una promessa di attribuzione di un premio alla quale era accluso un catalogo accompagnato da un buono d’ordine che proponeva in vendita suoi beni mobili materiali nello Stato contraente in cui risiede il consumatore al fine di indurlo a dare seguito alla sollecitazione del professionista, ma il comportamento di quest’ultimo non è stato seguito dalla conclusione di un contratto tra il consumatore ed il venditore professionista riguardante uno degli oggetti specifici cui si riferisce l’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione e nel cui ambito le parti avessero assunto impegni sinallagmatici, l’azione proposta dal consumatore e mirante al versamento del premio non può essere considerata avere natura contrattuale ai sensi della detta disposizione. (v. punti 34, 36, 38) 2. Le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, devono essere interpretate nel modo seguente: — l’azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato, una società di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto è di natura contrattuale, ai sensi dell’art 5, punto 1, della detta Convenzione, purché, da un lato, la detta società, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, gli abbia inviato una missiva che lo designa per nome idonea a suscitare l’impressione che gli verrà attribuito un premio nell’ipotesi in cui restituisca il «buono di pagamento» allegato a tale lettera e purché, d’altro lato, il detto consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa; — per contro, quand’anche tale missiva contenga inoltre un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa società accompagnato da un modulo di «domanda di prova senza impegno», la duplice circostanza che l’attribuzione del premio non dipenda dall’ordinativo di merci e che il consumatore non abbia di fatto effettuato un tale ordinativo è irrilevante ai fini dell’interpretazione supra menzionata. (v. punto 61 e dispositivo) SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 20 gennaio 2005(1) «Convenzione di Bruxelles – Domanda d'interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3 – Diritto del consumatore destinatario di una pubblicità ingannevole di esigere in giudizio il premio apparentemente vinto – Qualificazione – Azione di natura contrattuale contemplata dall'art. 13, primo comma, punto 3, o dall'art. 5, punto 1, ovvero derivante da delitto contemplata dall'art. 5, punto 3 – Presupposti» Nella causa C-27/02, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dall'Oberlandesgericht Innsbruck (Austria) con decisione 14 gennaio 2002, pervenuta alla cancelleria il 31 gennaio 2002, nel procedimento Petra Engler contro Janus Versand GmbH , LA CORTE (Seconda Sezione),, composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann e R. Schintgen (relatore), giudici, avvocato generale: sig. F.G. Jacobs cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza del 26 maggio 2004, viste le osservazioni scritte presentate: – per la sig.ra Engler, dai sigg. K.-H. Plankel e S. Ganahl, Rechtsanwälte; – per la Janus Versand GmbH, dal sig. A. Matt, Rechtsanwalt; – per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente, assistita dal sig. A. Klauser, Rechtsanwalt; – per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra A.-M. Rouchaud e dal sig. W. Bogensberger, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell'8 luglio 2004, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La domanda di decisione pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e – testo modificato – pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1), e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»). 2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che vede opposti la sig.ra Engler, cittadina austriaca residente in Lustenau (Austria), e la società, di diritto tedesco, di vendita per corrispondenza Janus Versand GmbH (in prosieguo: la «Janus Versand»), con sede in Langenfeld (Germania), riguardo ad un’azione diretta a far condannare quest’ultima a consegnare alla sig.ra Engler una vincita, poiché la detta società, con una lettera indirizzatale nominativamente, aveva suscitato nella sig.ra Engler l’impressione che le fosse stato attribuito un premio. Contesto normativo La Convenzione di Bruxelles 3 Le norme sulla competenza stabilite dalla Convenzione di Bruxelles figurano nel titolo II di questa, costituito dagli artt. 2-24. 4 L’art. 2, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, che fa parte del titolo II della stessa, sezione 1, intitolata «Disposizioni generali», enuncia la seguente norma di principio: «Salve le disposizioni della presente Convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato». 5 L’art. 3, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, che figura nella stessa sezione, dispone: «Le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente possono essere convenute davanti agli organi giurisdizionali di un altro Stato contraente solo in virtù delle norme enunciate alle sezioni da 2 a 6 del presente titolo». 6 Gli artt. 5-18 della Convenzione di Bruxelles, che costituiscono le sezioni 2-6 del suo titolo II, prevedono regole di competenza speciale, imperativa o esclusiva. 7 Così, ai sensi dell’art. 5, contenuto nella sezione 2, intitolata «Competenze speciali», del titolo II della Convenzione di Bruxelles: «Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente: 1) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; (...) (...) 2) in materia di delitti o quasi-delitti, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto; (...)». 8 All’interno del medesimo titolo II della Convenzione di Bruxelles, gli artt. 13-15 della stessa costituiscono la sezione 4, dal titolo: «Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori». 9 L’art. 13 della Convenzione di Bruxelles così dispone: «In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata “consumatore”, la competenza è regolata dalla presente sezione, salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, punto 5: 1) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali, 2) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni, 3) qualora si tratti di un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali se: a) la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se b) il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto. Qualora la controparte del consumatore non abbia il proprio domicilio nel territorio di uno Stato contraente, ma possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra filiale in uno Stato contraente, essa è considerata, per le contestazioni relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di tale Stato. La presente sezione non si applica ai contratti di trasporto». 10 Ai sensi dell’art. 14, primo comma, della Convenzione di Bruxelles: «L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio, sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il consumatore». 11 Può derogarsi alla citata norma di competenza solo nel rispetto delle condizioni enunciate all’art. 15 della Convenzione di Bruxelles. Le disposizioni nazionali pertinenti 12 L’art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori (BGBl. I, 1979, pag. 140) dispone quanto segue: «Gli imprenditori che inviano ad un determinato consumatore promesse di assegnazione di un premio o altre analoghe comunicazioni e con i termini di tale comunicazione suscitano l’impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio devono consegnare al consumatore detto premio; esso può anche essere richiesto in via giudiziaria». 13 Tale disposizione è stata aggiunta alla legge sulla tutela dei consumatori dall’art. 4 della legge austriaca sui contratti a distanza (BGBl. I, 1999/185) in occasione del recepimento, nel diritto austriaco, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19). 14 Tale disposizione è entrata in vigore il 1° ottobre 1999. 15 L’Oberlandesgericht Innsbruck precisa, nella sua ordinanza di rinvio, che l’obiettivo del detto art. 5 j è quello di accordare al consumatore il diritto a proporre un’azione per ottenere giudizialmente l’esecuzione di una «promessa di vincita» allorché è stato indotto in errore per il fatto che un operatore professionale lo ha contattato personalmente suscitandogli l’impressione di aver vinto un premio, laddove l’obiettivo effettivo dell’operazione, consistente nell’indurlo ad ordinare prodotti, appariva unicamente in indicazioni in caratteri piccoli o in una collocazione poco visibile nell’ambito della lettera e in termini difficilmente comprensibili. Controversia principale e questione pregiudiziale 16 Risulta dal fascicolo della causa principale che all’inizio dell’anno 2001 la sig.ra Engler ha ricevuto dalla Janus Versand, che esercita attività di vendita per corrispondenza di merci, una lettera inviata da quest’ultima e indirizzata personalmente al suo domicilio. Tale lettera conteneva, da un lato, un «buono di pagamento» la cui forma e il cui contenuto hanno indotto la destinataria a credere di aver vinto, nell’ambito di un’«estrazione di premi in denaro» organizzata dalla detta società, un premio di ATS 455 000 e, d’altro lato, un catalogo dei prodotti commercializzati da tale società – che apparentemente si presentava anche nelle sue relazioni con i clienti sotto il nome di «Handelskontor Janus GmbH» –, catalogo accompagnato da un modulo di «domanda di prova senza impegno». Nel prospetto pubblicitario inviato alla sig.ra Engler la Janus Versand indicava di poter essere contattata anche per Internet all’indirizzo seguente: www.janus-versand.com. 17 Sul «buono di pagamento» compariva quale titolo il termine «conferma» nonché, in grassetto, il numero vincente. Il nome e l’indirizzo della destinataria beneficiaria di tale buono erano quelli della sig.ra Engler, tutto ciò accompagnato dalla menzione «personale – non cedibile». Tale «buono di pagamento» indicava, sempre in grassetto, l’importo della vincita in cifre (ATS 455 000) e, sotto questo, lo stesso importo in lettere, nonché una conferma, firmata da un tal sig. Ulrich Mändercke, attestante che «l’importo del premio indicato è corretto e conforme al documento in nostro possesso», firma accompagnata dalla menzione «studio e ufficio di esperti diplomati e giurati». La sig.ra Engler era inoltre invitata ad incollare sul «buono di pagamento», nello spazio a tal fine previsto, la «cedola ufficiale dell’ufficio» allegata alla lettera e a rinviare alla Janus Versand il modulo di «domanda di prova senza impegno». Sul «buono di pagamento» comparivano anche una casella riservata alla data e alla firma, l’indicazione «da completare» e un rinvio in caratteri piccoli alle condizioni di partecipazione e di consegna del premio apparentemente vinto. La sig.ra Engler doveva menzionare su tale «buono di pagamento» di aver letto e accettato le dette condizioni. Tale buono esortava infine il destinatario a rinviare «fin da oggi» tale documento debitamente completato perché potesse darvisi seguito e a tal fine era acclusa una busta. 18 La sig.ra Engler, come era stata invitata a fare dalla Janus Versand, ha pertanto rispedito il «buono di pagamento» a tale società, ritenendo che ciò fosse sufficiente per ottenere la promessa vincita di ATS 455 000. 19 In un primo tempo la Janus Versand non ha reagito, successivamente si è rifiutata di versare la detta somma alla sig.ra Engler. 20 Quest’ultima ha quindi proposto dinanzi ai giudici austriaci un’azione contro la Janus Versand, fondata principalmente sull’art. 5 j della legge sulla tutela dei consumatori, diretta a veder condannare tale società a versarle l’importo di ATS 455 000, maggiorato delle spese e dei costi accessori. Secondo la sig.ra Engler, la detta domanda ha natura contrattuale poiché con la sua promessa di attribuzione di un premio la Janus Versand l’ha indotta a concludere un contratto di vendita di beni mobili di tale società. Siffatta domanda è tuttavia fondata anche su altri motivi, in particolare, sulla violazione degli obblighi precontrattuali. In subordine, la ricorrente nella causa principale considera la sua domanda presentata in materia di delitto o quasi-delitto. 21 La Janus Versand ha contestato la competenza dei giudici austriaci a conoscere della detta domanda, sottolineando, anzitutto, che la lettera sulla quale la domanda era fondata non proveniva da essa stessa, ma dalla Handelskontor Janus GmbH, società che costituirebbe un’altra entità giuridica, successivamente, che essa non aveva promesso alcun premio alla sig.ra Engler e, infine, che non aveva rapporti contrattuali con quest’ultima. 22 Il 2 ottobre 2001 il Landesgericht Feldkirch (Austria) ha respinto per incompetenza l’azione della sig.ra Engler, non essendo quest’ultima, a suo parere, riuscita a dimostrare il nesso esistente tra la Janus Versand e il mittente della promessa di attribuzione di vincita, vale a dire la «Handelskontor Janus GmbH, Postfach 1670, Abt. 3 Z 4, D-88106 Lindau». 23 La sig.ra Engler ha proposto appello contro tale pronuncia dinanzi all’Oberlandesgericht Innsbruck. 24 Quest’ultimo giudice considera che, per decidere la questione della competenza internazionale, è necessario tener conto della Convenzione di Bruxelles. In proposito sarebbe rilevante stabilire se l’azione proposta dalla sig.ra Engler debba essere considerata fondata su un diritto di natura contrattuale, ai sensi dell’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, ovvero se tale azione sia proposta in materia di delitti o quasi delitti, ai sensi del punto 3 del detto articolo, o ancora se essa rientri nell’ambito dell’art. 13, primo comma, punto 3, della detta Convenzione. 25 Il giudice del rinvio rileva che una questione analoga è stata già sottoposta alla Corte dall’Oberster Gerichtshof (Austria) nella causa conclusasi con la sentenza 11 luglio 2002, causa C-96/00, Gabriel (Racc. pag. I-6367) – sentenza pronunciata dopo il presente rinvio pregiudiziale alla Corte –, ma che i fatti all’origine di tale causa si distinguono da quelli della fattispecie in esame. Nella causa Gabriel infatti l’impresa considerata aveva fatto dipendere la partecipazione alla lotteria – e, di conseguenza, il pagamento del premio che si asseriva vinto – da un ordinativo che doveva essere previamente fatto dal consumatore, mentre, nella causa di cui è investito il detto giudice, la consegna della vincita non sarebbe subordinata all’ordinativo di merci da parte del consumatore né alla consegna di queste ultime da parte della Janus Versand. L’invio del «buono di pagamento» sarebbe a tal fine sufficiente. 26 Tuttavia, contestualmente al messaggio relativo all’asserita vincita, il consumatore avrebbe ricevuto un catalogo dei prodotti venduti dalla Janus Versand e un modulo di «domanda di prova senza impegno», che doveva manifestamente indurre la destinataria a concludere un contratto di acquisto di beni mobili offerti da tale società. Il giudice del rinvio ne deduce che, mentre nella causa conclusasi con la citata sentenza Gabriel era stato stipulato un contratto di vendita di beni mobili, per contro, nella fattispecie, indipendentemente dalla promessa di vincita che potrebbe eventualmente essere valutata isolatamente, tra le parti si sono avute solo relazioni precontrattuali. 27 Considerando che, in queste circostanze, la soluzione della controversia di cui è investito dipenda dall’interpretazione della Convenzione di Bruxelles, l’Oberlandesgerchtshof Innsbruck ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se il diritto concesso ai consumatori dall’art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori (...), nella formulazione dell’art. 1, n. 2, della legge austriaca sui contratti a distanza (...), di poter chiedere in via giudiziaria agli imprenditori il premio apparentemente vinto, allorché questi ultimi inviano (o hanno inviato) promesse di assegnazione di un premio o altre analoghe comunicazioni a un determinato consumatore e con la formulazione di queste comunicazioni suscitano (o hanno suscitato) l’impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, costituisca ai sensi della Convenzione di Bruxelles (...): a) un diritto di natura contrattuale ai sensi dell’art. 13, [primo comma,] punto 3, o b) un diritto di natura contrattuale ai sensi dell’art. 5, punto 1, o c) un diritto derivante da delitto o quasi-delitto ai sensi dell’art. 5, punto 3, qualora un consumatore normalmente avveduto possa fondatamente presumere, sulla scorta dei documenti inviatigli, che gli sia sufficiente reclamare l’importo tenuto a sua disposizione rinviando il buono di pagamento allegato e che il versamento del premio non sia subordinato all’ordinazione di merci presso l’impresa che ha promesso la vincita né alla consegna delle medesime, quando tuttavia, contestualmente, il consumatore ha ricevuto, assieme alla presunta promessa di vincita, un catalogo di prodotti della detta impresa unitamente ad un modulo per l’ordinazione non vincolante». La questione pregiudiziale 28 Tenuto conto dei fatti della causa principale, la questione sollevata dev’essere intesa come volta a stabilire, in sostanza, se le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles debbano essere interpretate nel senso che l’azione giudiziale, con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato, una società di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto, è di natura contrattuale, ai sensi degli artt. 5, punto 1, o 13, primo comma, punto 3, della detta Convenzione ovvero costituisce un’azione in materia di delitto o quasi-delitto ai sensi dell’art 5, punto 3, di quest’ultima, laddove la detta società abbia inviato a tale consumatore designato per nome una missiva idonea a suscitargli l’impressione che gli sarà attribuito un premio qualora ne reclami il versamento, rinviando il «buono di pagamento» accluso alla detta missiva e quest’ultima contenga anche un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa società accompagnati da un modulo di «domanda di prova senza impegno», senza che l’attribuzione del detto premio dipenda dall’ordinativo di merci e qualora, in effetti, il consumatore non abbia fatto tale ordine. 29 Per risolvere la questione così riformulata si deve preliminarmente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di materia di delitto o quasi-delitto ai sensi dell’art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles comprende qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità del convenuto che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all’art. 5, n. 1, della stessa Convenzione (v., in particolare, sentenze 27 settembre 1988, causa 189/87, Kalfelis, Racc. pag. 5565, punto 17; 26 marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler, Racc. pag. I-2149, punto 16, e 27 ottobre 1998, causa C-51/97, Réunion européenne e a., Racc. pag. I-6511, punto 22; Gabriel, cit., punto 33, e 1° ottobre 2002, causa C-167/00, Henkel, Racc. pag. I-8111, punto 36). 30 Ne consegue che si deve anzitutto verificare se un’azione su cui si fonda la causa principale abbia natura contrattuale. 31 A tale proposito deve rilevarsi che l’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles si riferisce alla materia contrattuale in generale, mentre l’art. 13 della medesima considera specificamente vari tipi di contratto stipulati da consumatori. 32 Poiché l’art. 13 della Convenzione di Bruxelles rappresenta pertanto una lex specialis rispetto all’art. 5, punto 1, della stessa, deve preliminarmente accertarsi se un’azione che presenta le caratteristiche enunciate nella questione pregiudiziale, come riformulata al punto 28 della presente sentenza, possa rientrare nell’ambito d’applicazione della prima di queste due disposizioni. 33 Come la Corte ha più volte stabilito, le nozioni utilizzate dalla Convenzione di Bruxelles – e, in particolare, quelle che compaiono agli artt. 5, punti 1 e 3, e 13 di quest’ultima – vanno interpretate autonomamente, alla luce soprattutto del sistema e delle finalità della Convenzione, così da assicurare l’applicazione uniforme di quest’ultima in tutti gli Stati contraenti (v., segnatamente, sentenze 21 giugno 1978, causa 150/77, Bertrand, Racc. pag. 1431, punti 14-16; 19 gennaio 1993, causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton, Racc. pag. I-139, punto 13; 3 luglio 1997, causa C-269/95, Benincasa, Racc. pag. I-3767, punto 12; 27 aprile 1999, causa C-99/96, Mietz, Racc. pag. I-2277, punto 26, e Gabriel, cit., punto 37). 34 Per quanto riguarda più in particolare l’art. 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, la Corte ha già dichiarato, fondandosi sui criteri enunciati al punto precedente, che il punto 3 di tale disposizione trova applicazione solo, in primo luogo, quando il ricorrente è un consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali, in secondo luogo, quando l’azione giudiziale è collegata ad un contratto concluso tra tale consumatore e un venditore professionista, che ha ad oggetto una fornitura di beni mobili materiali o servizi e che ha dato origine ad obbligazioni reciproche e interdipendenti tra le due parti del contratto e, in terzo luogo, quando ricorrono parimenti i due specifici presupposti elencati dall’art. 13, primo comma, punto 3, lett. a) e b). 35 Orbene, si deve rilevare che tutti questi presupposti non ricorrono in una fattispecie quale la causa principale. 36 Infatti, pur se è incontestabile che, in una situazione di questo tipo, la ricorrente nella causa principale ha effettivamente la qualità di consumatore, rientrante nell’art 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, e che il venditore si è rivolto al consumatore nelle forme previste al punto 3, lett. a), di tale disposizione, inviandogli una lettera personalizzata contenente una promessa d’attribuzione di un premio alla quale era accluso un catalogo accompagnato da un buono d’ordine che proponeva in vendita i suoi beni mobili materiali nello Stato contraente in cui risiede il consumatore al fine di indurlo a dare seguito alla sollecitazione del professionista, resta pur sempre il fatto che, nella fattispecie, il comportamento di quest’ultimo non è stato seguito dalla conclusione di un contratto tra il consumatore e il venditore professionista riguardante uno degli oggetti specifici cui si riferisce la detta disposizione e nel cui ambito le parti hanno assunto impegni sinallagmatici. 37 È quindi pacifico che, nella causa principale, l’attribuzione del premio apparentemente vinto dal consumatore non era subordinata alla condizione che quest’ultimo ordinasse le merci offerte dalla Janus Versand e in effetti la sig.ra Engler non ha effettuato alcun ordine. Inoltre, non risulta in alcun modo dal fascicolo che, reclamando la consegna della «vincita» promessa, quest’ultima abbia assunto un qualsiasi obbligo nei confronti della detta società, fosse solo sostenendo spese per ottenere l’attribuzione della vincita. 38 In tali circostanze, un’azione come quella proposta dalla sig.ra Engler nella causa principale non può essere considerata avere natura contrattuale ai sensi dell’art 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles. 39 Contrariamente a quanto sostengono la sig.ra Engler e il governo austriaco, tale considerazione non è smentita né dall’obiettivo che costituisce il fondamento della detta disposizione, vale a dire assicurare una protezione adeguata del consumatore in quanto parte ritenuta debole, né dalla circostanza che, nella fattispecie, la missiva inviata dalla Janus Versand al consumatore designato nominativamente era accompagnata da un modulo denominato «domanda di prova senza impegno», destinato chiaramente ad indurre il consumatore ad ordinare merci vendute dalla detta società. 40 Infatti, come risulta dalla sua stessa formulazione, il detto art. 13 riguarda inequivocabilmente il «contratto concluso» da un consumatore «[avente] per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali». 41 L’interpretazione risultante dai punti 36-38 della presente sentenza è suffragata dalla collocazione che le norme sulla competenza in materia di contratti conclusi da consumatori, enunciate al titolo II, sezione 4, della Convenzione di Bruxelles trovano nel sistema previsto da quest’ultima. 42 Infatti gli artt. 13-15 della detta Convenzione costituiscono una deroga al principio generale, previsto all’art. 2, primo comma, della detta Convenzione, che attribuisce la competenza agli organi giurisdizionali dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il convenuto. 43 Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza costante, le norme specifiche sulla competenza dettate agli artt. 13-15 della Convenzione di Bruxelles devono essere sottoposte ad interpretazione restrittiva, che non può andare oltre le ipotesi espressamente previste da tale Convenzione (v., in particolare, citate sentenze Bertrand, punto 17; Shearson Lehman Hutton, punti 14-16; Benincasa, punto 13, e Mietz, punto 27). 44 Essendo quindi esclusa l’applicazione dell’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles in una controversia che presenti le caratteristiche enunciate dalla questione come riformulata al punto 28 della presente sentenza, rileva di conseguenza esaminare se un’azione come quella di cui alla causa principale possa essere considerata avere natura contrattuale ai sensi dell’art. 5, punto 1, della detta Convenzione. 45 In proposito si deve constatare anzitutto che, come risulta dalla sua stessa formulazione, l’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles non esige la conclusione di un contratto (v., nello stesso senso, sentenza 17 settembre 2002, causa C-334/00, Tacconi, Racc. pag. I-7357, punto 22). 46 Occorre ricordare anche che la Corte ha già dichiarato che la competenza a conoscere delle controversie relative all’esistenza di un’obbligazione contrattuale deve essere determinata secondo l’art 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles e che tale disposizione è quindi applicabile anche qualora sia controversa tra le parti l’esistenza del contratto su cui si fonda la domanda (v. sentenza 4 marzo 1982, causa 38/81, Effer, Racc. pag. 825, punti 7 e 8). 47 Risulta inoltre dalla giurisprudenza che le obbligazioni che trovano il loro fondamento nel rapporto di affiliazione esistente tra un’associazione e i suoi membri devono essere considerate rientrare nella materia contrattuale ai sensi dell’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles in quanto l’adesione ad un’associazione di diritto privato crea tra gli associati stretti legami dello stesso tipo di quelli che si instaurano tra le parti di un contratto (v. sentenza 22 marzo 1983, causa 34/82, Peters, Racc. pag. 987, punti 13 e 15). 48 Da quanto precede risulta che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, la nozione di «materia contrattuale» di cui all’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles non è interpretata restrittivamente dalla Corte. 49 Ne consegue che la constatazione, fatta ai punti 38 e 44 della presente sentenza, che l’azione giudiziaria proposta nella causa principale non è di natura contrattuale ai sensi dell’art. 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles non osta, di per sé, a che tale azione possa nondimeno rientrare nella materia contrattuale ai sensi dell’art 5, punto 1, di quest’ultima. 50 Per stabilire se ciò avvenga nella causa principale è importante ricordare, come risulta dalla giurisprudenza, da un lato, che sebbene l’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles non esiga la conclusione di un contratto, nondimeno si rende indispensabile individuare un’obbligazione, posto che la competenza giurisdizionale è determinata, in materia contrattuale, in relazione al luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita (v. sentenza Tacconi, cit., punto 22). D’altro lato, la Corte ha più volte dichiarato che la nozione di materia contrattuale ai sensi della detta disposizione non può essere intesa nel senso che riguarda una situazione in cui non esista alcun obbligo liberamente assunto da una parte nei confronti di un’altra (sentenze 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte, Racc. pag. I-3967, punto 15; Réunion européenne e a., cit., punto 17; Tacconi, cit., punto 23, e 5 febbraio 2004, causa C-265/02, Frahuil, Racc. pag. I-1543, punto 24). 51 Di conseguenza, l’applicazione della norma speciale sulla competenza prevista in materia contrattuale al detto art. 5, punto 1, presuppone la determinazione di un obbligo giuridico liberamente assunto da una parte nei confronti di un’altra e sul quale si fonda l’azione del ricorrente. 52 In proposito, il giudice del rinvio ha constatato che nella fattispecie, da un lato, un venditore professionista ha inviato di propria iniziativa al domicilio di un consumatore, in assenza di qualsiasi richiesta da parte di quest’ultimo, una lettera che lo designava per nome come vincitore di un premio. 53 Un invio di questo tipo, fatto a destinatari e con mezzi scelti dal mittente, che trova origine nella sola volontà del suo autore, è pertanto idoneo a costituire un impegno «liberamente assunto» ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 50 della presente sentenza. 54 Inoltre, secondo il giudice del rinvio, una promessa di vincita fatta in siffatte circostanze da un professionista, che non ha chiaramente evidenziato l’esistenza di un’alea, ovvero ha utilizzato espressioni atte a trarre in errore il consumatore per indurlo a stipulare un contratto acquistando i prodotti offerti da tale operatore, poteva ragionevolmente far credere alla destinataria della lettera che un premio le sarebbe stato attribuito qualora avesse restituito il «buono di pagamento» allegato. 55 D’altro lato, risulta dal fascicolo inviato dal giudice del rinvio che la destinataria della missiva controversa ha espressamente accettato la promessa di vincita fatta in suo favore chiedendo il versamento del premio da essa apparentemente vinto. 56 Orbene, quantomeno a partire da tale momento, l’atto volontariamente posto in essere da un professionista in circostanze quali quelle della causa principale deve essere analizzato come un atto idoneo a costituire un impegno che vincola il suo autore come materia contrattuale. Pertanto, e con riserva della qualificazione finale di tale impegno che spetta al giudice del rinvio, si può considerare che ricorra la condizione relativa alla sussistenza di un’obbligazione vincolante di una parte nei confronti di un’altra, come previsto dalla giurisprudenza menzionata al punto 50 della presente sentenza. 57 Occorre aggiungere che un’azione giudiziaria quale quella promossa dal consumatore nella causa principale ha l’oggetto di rivendicare in giudizio, nei confronti di un venditore professionista, la consegna di un premio apparentemente vinto e il cui versamento è rifiutato da quest’ultimo. Essa trova pertanto fondamento proprio nella promessa di vincita controversa, poiché il beneficiario apparente invoca l’inadempimento di quest’ultima per giustificare l’azione giudiziaria. 58 Ne consegue che tutti i presupposti necessari all’applicazione dell’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles ricorrono in una causa come quella principale. 59 Per i motivi esposti dall’avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, è priva di pertinenza in proposito la mera circostanza che il venditore professionista non avesse effettivamente l’intenzione di consegnare il premio promesso al destinatario della sua lettera. Tenuto conto di quanto enunciato al punto 45 della presente sentenza, ciò vale anche per la circostanza che l’attribuzione del premio non dipendeva dall’ordinativo di merci e che il consumatore non ha in effetti effettuato siffatto ordine. 60 Pertanto un’azione come quella promossa dalla sig.ra Engler dinanzi al giudice del rinvio rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, cosicché, come risulta dal punto 29 della presente sentenza, non è più necessario esaminare l’applicabilità dell’art. 5, punto 3, di quest’ultima. 61 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la questione proposta va risolta dichiarando che le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles devono essere interpretate nel modo seguente: – l’azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato, una società di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto è di natura contrattuale, ai sensi dell’art 5, punto 1, della detta Convenzione, purché, da un lato, la detta società, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, gli abbia inviato una missiva che lo designa per nome idonea a suscitare l’impressione che gli verrà attribuito un premio nell’ipotesi in cui restituisca il «buono di pagamento» allegato a tale lettera e purché, d’altro lato, il detto consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa; – per contro, quand’anche tale missiva contenga inoltre un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa società accompagnato da un modulo di «domanda di prova senza impegno», la duplice circostanza che l’attribuzione del premio non dipenda dall’ordinativo di merci e che il consumatore non abbia di fatto effettuato il detto ordinativo è irrilevante ai fini dell’interpretazione supra menzionata. Sulle spese 62 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: Le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, devono essere interpretate nel modo seguente: – l’azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, ai sensi della normativa dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato, una società di vendita per corrispondenza, avente sede in un altro Stato contraente, alla consegna di un premio da esso apparentemente vinto è di natura contrattuale, ai sensi dell’art 5, punto 1, della detta Convenzione, purché, da un lato, la detta società, al fine di indurre il consumatore a stipulare un contratto, gli abbia inviato una missiva che lo designa per nome idonea a suscitare l’impressione che gli verrà attribuito un premio nell’ipotesi in cui restituisca il «buono di pagamento» allegato a tale lettera e purché, d’altro lato, il detto consumatore accetti le condizioni stipulate dal venditore e reclami effettivamente il versamento della vincita promessa; – per contro, quand’anche tale missiva contenga inoltre un catalogo pubblicitario di prodotti della stessa società accompagnato da un modulo di «domanda di prova senza impegno», la duplice circostanza che l’attribuzione del premio non dipenda dall’ordinativo di merci e che il consumatore non abbia di fatto effettuato il detto ordinativo è irrilevante ai fini dell’interpretazione supra menzionata. Firme 1– Lingua processuale: il tedesco. Sentenza della Corte (Sesta Sezione) dell'11 luglio 2002. - Rudolf Gabriel. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberster Gerichtshof - Austria. Convenzione di Bruxelles - Domanda d'interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3 - Diritto del consumatore destinatario di una pubblicità ingannevole di esigere in giudizio il premio apparentemente vinto Qualificazione - Azione di natura contrattuale contemplata dall'art. 13, primo comma, punto 3 - Presupposti. - Causa C-96/00. Massima $$Le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, devono essere interpretate nel senso che l'azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato ed ai sensi della normativa di questo Stato, una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta società gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l'impressione che gli sarà attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora detto consumatore formuli effettivamente tale ordine, senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dell'art. 13, primo comma, punto 3, della citata Convenzione. ( v. punto 60 e disp. ) Parti Nel procedimento C-96/00, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dall'Oberster Gerichtshof (Austria) nella causa dinanzi ad esso promossa da Rudolf Gabriel, domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3, della citata Convenzione 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1), e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1), LA CORTE (Sesta Sezione), composta dalla sig.ra F. Macken, presidente di sezione, e dai sigg. C. Gulmann, R. Schintgen (relatore), V. Skouris e J.N. Cunha Rodrigues, giudici, avvocato generale: F.G. Jacobs cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore viste le osservazioni scritte presentate: - per il sig. Gabriel, dal sig. A. Klauser, Rechtsanwalt; - per il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità di agente; - per il governo tedesco, dal sig. R. Wagner, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.L. Iglesias Buhigues, in qualità di agente, assistito dal sig. B. Wägenbaur, Rechtsanwalt, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali del sig. Gabriel, rappresentato dall'avv. A. Klauser, e della Commissione, rappresentata dalla sig.ra A.-M. Rouchaud, in qualità di agente, assistita dall'avv. B. Wägenbaur, all'udienza dell'11 ottobre 2001, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 13 dicembre 2001, ha pronunciato la seguente Sentenza Motivazione della sentenza 1 Con ordinanza 15 febbraio 2000, pervenuta in cancelleria il 13 marzo successivo, l'Oberster Gerichtshof (Corte di cassazione austriaca) ha sottoposto a questa Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione degli artt. 5, punti 1 e 3, nonché 13, primo comma, punto 3, della citata Convenzione (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1), e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»). 2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di un procedimento instaurato dinanzi all'Oberster Gerichtshof dal sig. Gabriel, cittadino austriaco domiciliato a Vienna (Austria), ai fini della designazione del giudice competente, ratione loci, a pronunciarsi sul ricorso che egli intende proporre nello Stato del suo domicilio nei confronti di una società di vendita per corrispondenza con sede in Germania. Ambito normativo La Convenzione di Bruxelles 3 Le norme sulla competenza stabilite dalla Convenzione di Bruxelles figurano nel titolo II di questa, costituito dagli artt. 2-24. 4 L'art. 2, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, che fa parte del titolo II della stessa, sezione 1, intitolata «Disposizioni generali», enuncia la seguente norma di principio: «Salve le disposizioni della presente convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato». 5 L'art. 3, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, che figura nella stessa sezione, dispone: «Le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente possono essere convenute davanti agli organi giurisdizionali di un altro Stato contraente solo in virtù delle norme enunciate alle sezioni da 2 a 6 del presente titolo». 6 Gli artt. 5-18 della Convenzione di Bruxelles, che costituiscono le sezioni 2-6 del suo titolo II, prevedono regole di competenza speciale, imperativa o esclusiva. 7 Così, ai sensi dell'art. 5, contenuto nella sezione 2, intitolata «Competenze speciali», del titolo II della Convenzione di Bruxelles: «Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente: 1) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; (...) (...) 3) in materia di delitti o quasi-delitti, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto; (...)». 8 All'interno del medesimo titolo II della Convenzione di Bruxelles, gli artt. 13 e 14 della stessa fanno parte della sezione 4, dal titolo: «Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori». 9 L'art. 13 della Convenzione di Bruxelles così dispone: «In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata "consumatore", la competenza è regolata dalla presente sezione, salve le disposizioni dell'articolo 4 e dell'articolo 5, punto 5: 1) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali, 2) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un'altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni, 3) qualora si tratti di un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizio o di beni mobili materiali se: a) la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se b) il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto. Qualora la controparte del consumatore non abbia il proprio domicilio nel territorio di uno Stato contraente, ma possieda una succursale, un'agenzia o qualsiasi altra filiale in uno Stato contraente, essa è considerata, per le contestazioni relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di tale Stato. La presente sezione non si applica ai contratti di trasporto». 10 Ai sensi dell'art. 14, primo comma, della Convenzione di Bruxelles: «L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio, sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il consumatore». 11 Può derogarsi alla citata norma di competenza solamente nel rispetto delle condizioni enunciate all'art. 15 della Convenzione di Bruxelles, il quale è parimenti contenuto nella citata sezione 4 del titolo II di quest'ultima. Disposizioni nazionali pertinenti 12 Ai sensi dell'art. 28, primo comma, punto 1, della legge austriaca 1° agosto 1895, sull'esercizio della giurisdizione e della competenza territoriale dei giudici ordinari nelle cause civili (Jurisdiktionsnorm norma sulla giurisdizione - RGBl. 111), l'Oberster Gerichtshof deve, su istanza di una parte, designare tra i giudici competenti per materia a conoscere di una causa civile quello dotato di competenza territoriale, qualora il giudice austriaco competente ratione loci non sia individuato né dalle norme contenute nella legge citata, né da alcun'altra norma, e tuttavia sia tenuto a pronunciarsi in applicazione di una convenzione internazionale. 13 E' pacifico che la Convenzione di Bruxelles costituisce una convenzione internazionale ai sensi della citata disposizione. 14 L'art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori (BGBl. I, 1979, pag. 140) dispone quanto segue: «Gli imprenditori che inviano ad un determinato consumatore promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni e con i termini di tale comunicazione suscitano l'impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio devono consegnare al consumatore detto premio; esso può anche essere richiesto in via giudiziaria». 15 Questa disposizione è stata aggiunta alla legge sulla tutela dei consumatori dall'art. 4 della legge austriaca sui contratti a distanza (BGBl. I, 1999, pag. 185) in occasione del recepimento, nel diritto austriaco, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19). 16 Detta disposizione è entrata in vigore il 1° ottobre 1999. 17 L'Oberster Gerichtshof precisa, nell'ordinanza di rinvio, che il citato art. 5 j ha lo scopo di attribuire al consumatore - tratto in errore dal fatto che l'operatore professionale lo ha contattato personalmente facendogli credere di aver vinto un premio, mentre la reale sostanza dell'operazione è spiegata a caratteri piccoli ovvero in un punto poco appariscente della lettera, nonché con terminologia difficilmente comprensibile - un diritto ad agire per ottenere giudizialmente l'esecuzione di una siffatta «promessa di vincita». Causa principale e questione pregiudiziale 18 Emerge dal fascicolo della causa principale che la Schlank & Schick GmbH (in prosieguo: la «Schlank & Schick»), società di diritto tedesco con sede a Lindau (Germania), esercita attività di vendita per corrispondenza di merce segnatamente in Germania, in Austria, in Francia, in Belgio e in Svizzera. 19 Nell'ottobre 1999 il sig. Gabriel ha ricevuto, al suo indirizzo privato ed in busta chiusa, più lettere personalizzate inviategli dalla Schlank & Schick, le quali a suo dire erano tali da fargli credere di essere - a seguito di un'estrazione a sorte - il fortunato vincitore di una somma di ATS 49 700 e di aver diritto ad ottenere la stessa su semplice richiesta, all'unica condizione di ordinare simultaneamente presso la detta società della merce per un importo minimo di ATS 200, da scegliersi all'interno di un catalogo e da indicarsi su un buono d'ordine, entrambi allegati alle lettere predette. 20 Queste ultime erano redatte, in particolare, nei seguenti termini: «Egregio sig. Rudolf Gabriel, Lei non ha ancora richiesto la Sua spettanza in contanti (...). Vuole veramente perdere il Suo denaro? (...). Lei ha ancora diritto a quanto Le spetta, ma adesso deve davvero reagire rapidamente. Nella lettera allegata dell'European Credit tutto è spiegato in maniera più precisa (...). PS: Come prova per Lei, sig. Gabriel, ho allegato la quietanza di pagamento. Lei ha diritto al 100% alla Sua spettanza in contanti, a condizione di ordinare altresì, senza impegno, della merce». 21 Una lettera allegata alle citate missive, con intestazione «European Credit», dal titolo «Conferma ufficiale di pagamento» ed alla quale erano allegati la copia di una «quietanza» nonché il fac-simile di un «libretto di risparmio», entrambi recanti il nome del sig. Gabriel e l'importo di ATS 49 700, era così formulata: «Egregio sig. Rudolf Gabriel, con la presente Le confermiamo nuovamente il pagamento a nostro carico della somma in contanti di importo totale pari a ATS 49 700. Abbiamo allegato in special modo per Lei copia di una quietanza. Per cogliere la Sua fortunata occasione ed accelerare il versamento della somma di ATS 49 700, deve solamente ritrasmetterci la copia della quietanza unitamente al suo ordinativo di prova senza impegno. (...) Ora nulla più osta al versamento. Affinché Lei possa ricevere il Suo denaro il più rapidamente possibile, Le farò semplicemente pervenire un assegno non appena ricevuta la quietanza. Lei potrà quindi incassarlo a Sua convenienza presso l'istituto finanziario da Lei scelto». 22 Emerge tuttavia da varie diciture stampate in caratteri abbastanza piccoli ed in parte contenute nel retro dei documenti inviati al sig. Gabriel che la somma di ATS 49 700 non costituiva una promessa di premio irrevocabile da parte della Schlank & Schick. 23 Così, nel verso della lettera dell'«European Credit» veniva in particolare precisato, nel titolo «Condizioni di attribuzione», che la partecipazione al «gioco a premi», disciplinato dal diritto tedesco, presupponeva un «ordinativo di prova senza impegno», che la data limite di questa «azione» era il 30 novembre 1999 e che era escluso ogni ricorso all'autorità giudiziaria. Inoltre, si menzionava il fatto che l'estrazione a sorte era stata effettuata dalla società di vendita per corrispondenza, che i premi in contanti erano suddivisi in «diversi valori parziali», oggetto di più versamenti frazionati in funzione del numero di copie di quietanze rispedite all'organizzatore unitamente al buono d'ordine debitamente compilato, e che, per ragioni di costo, le «spettanze» di valore inferiore ad ATS 35 non avrebbero dato luogo ad alcun versamento, ma sarebbero state messe nuovamente in palio per una successiva estrazione. 24 Il sig. Gabriel ha debitamente compilato e rispedito alla Schlank & Schick i pertinenti documenti per chiedere il versamento della vincita promessa ed ha inviato un ordine di taluni articoli del catalogo della società stessa per un importo superiore ai richiesti ATS 200. 25 Quindi, detta società gli ha consegnato la merce ordinata, senza tuttavia fargli pervenire la somma di ATS 49 700 che egli riteneva di aver vinto. 26 Di conseguenza, il sig. Gabriel ha deciso di instaurare una causa per ottenere la condanna della Schlank & Schick al pagamento in suo favore della detta somma, aumentata degli interessi e delle spese legali, sulla base dell'art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori. 27 Volendo intentare tale azione in Austria - Stato nel cui territorio egli è domiciliato - sulla base dell'art. 14, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, ma ritenendo che il diritto austriaco nulla preveda ai fini della determinazione del giudice nazionale territorialmente competente a conoscere della stessa, il sig. Gabriel, prima di procedere alla citazione nel merito, ha adito l'Oberster Gerichtshof per la designazione di detto giudice, in applicazione dell'art. 28, primo comma, punto 1, della legge austriaca 1° agosto 1895. 28 L'Oberster Gerichtshof ritiene che, pur se il ricorso che il sig. Gabriel intende proporre sembra rientrare nell'ambito d'applicazione dell'art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori, la questione se si debba o meno dare accoglimento all'istanza di designazione del giudice nazionale territorialmente competente dipenda dalla natura dell'azione che il ricorrente intende esercitare contro la Schlank & Schick. 29 Infatti, se tale azione attenesse ad un contratto concluso da un consumatore ai sensi dell'art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles, detta designazione sarebbe indispensabile, in quanto la Convenzione consente al consumatore soltanto di promuovere la causa dinanzi ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio egli è domiciliato, senza tuttavia determinare direttamente quale giudice di tale Stato sia competente a pronunciarsi in proposito. 30 Al contrario, la domanda pendente dinanzi all'Oberster Gerichtshof sarebbe priva di oggetto qualora il diritto ad agire del sig. Gabriel avesse natura contrattuale ai sensi dell'art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, ovvero derivasse da delitto o quasi-delitto, ai sensi del punto 3 del medesimo articolo, in quanto tali disposizioni indicano con precisione il giudice territorialmente competente, cioè rispettivamente il giudice del luogo di esecuzione dell'obbligazione contrattuale rilevante o quello del luogo in cui si è verificato l'evento dannoso. 31 Considerando che, in queste circostanze, la soluzione del quesito sottopostogli dal sig. Gabriel dipenda dall'interpretazione della Convenzione di Bruxelles, l'Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se il diritto concesso ai consumatori dall'art. 5 j della legge austriaca sulla tutela dei consumatori (...), nella formulazione dell'art. 1, n. 2, della legge austriaca sui contratti a distanza (...), di poter chiedere in via giudiziaria agli imprenditori il premio apparentemente vinto, allorché questi ultimi inviano (o hanno inviato) promesse di vincita o altre analoghe comunicazioni a un determinato consumatore e con la formulazione di queste comunicazioni suscitano (o hanno suscitato) l'impressione che il consumatore abbia vinto un determinato premio, costituisca ai sensi della Convenzione di Bruxelles (...): 1) un diritto di natura contrattuale ai sensi dell'art. 13, punto 3, oppure 2) un diritto di natura contrattuale ai sensi dell'art. 5, punto 1, oppure 3) un diritto derivante da delitto o quasi-delitto ai sensi dell'art. 5, punto 3». Sulla questione pregiudiziale 32 Tenuto conto dei fatti della causa principale, la questione sollevata dev'essere intesa come volta a stabilire, in sostanza, se le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles debbano essere interpretate nel senso che l'azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato ed ai sensi della normativa di questo Stato, una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta società gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l'impressione che gli sarà attribuito un premio a condizione che egli ordini merce per un importo determinato e qualora detto consumatore formuli effettivamente tale ordine nello Stato in cui è domiciliato senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, abbia natura contrattuale, ai sensi dell'art. 5, punto 1, della citata Convenzione o dell'art. 13, primo comma, punto 3, della medesima, ovvero derivi da delitto o quasi-delitto, ai sensi dell'art. 5, punto 3, della medesima Convenzione. 33 Per risolvere la questione così riformulata si deve preliminarmente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di materia di delitto o quasi-delitto ai sensi dell'art. 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles comprende qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità del convenuto e che non si ricollega alla materia contrattuale di cui all'art. 5, n. 1, della stessa Convenzione (v., in particolare, sentenze 27 settembre 1988, causa 189/87, Kalfelis, Racc. pag. 5565, punto 17; 26 marzo 1992, causa C-261/90, Reichert e Kockler, Racc. pag. I-2149, punto 16, e 27 ottobre 1998, causa C-51/97, Réunion européenne e a., Racc. pag. I-6511, punto 22). 34 Ne consegue che si deve anzitutto verificare se un'azione come quella di cui alla causa principale abbia natura contrattuale. 35 A tale proposito deve rilevarsi che l'art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles si riferisce alla materia contrattuale in generale, mentre l'art. 13 della medesima considera specificamente vari tipi di contratto stipulati da consumatori. 36 Poiché l'art. 13 della Convenzione di Bruxelles rappresenta pertanto una lex specialis rispetto all'art. 5, punto 1, della stessa, deve preliminarmente accertarsi se un'azione che presenta le caratteristiche enunciate nella questione pregiudiziale, come riformulata, possa rientrare nell'ambito d'applicazione della prima di queste due disposizioni. 37 Secondo una giurisprudenza costante, le nozioni di cui all'art. 13 della Convenzione di Bruxelles vanno interpretate autonomamente, alla luce soprattutto del sistema e delle finalità di questa, così da assicurare alla stessa piena efficacia (v., segnatamente, sentenze 21 giugno 1978, causa 150/77, Bertrand, Racc. pag. 1431, punti 14-16; 19 gennaio 1993, causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton, Racc. pag. I-139, punto 13; 3 luglio 1997, causa C-269/95, Benincasa, Racc. pag. I-3767, punto 12, e 27 aprile 1999, causa C-99/96, Mietz, Racc. pag. I-2277, punto 26). 38 Risulta dalla lettera stessa di detta norma che essa trova applicazione solo in quanto, in via generale, l'azione sia connessa ad un contratto stipulato da un consumatore per un uso estraneo alla sua attività professionale. 39 Emerge da questi termini, nonché dalla funzione del particolare regime istituito dalle disposizioni del titolo II, sezione 4, della Convenzione di Bruxelles, cioè garantire un'adeguata tutela al consumatore quale parte contrattuale ritenuta economicamente più debole e giuridicamente meno esperta rispetto alla controparte professionale, che le citate disposizioni contemplano esclusivamente il consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali, che abbia concluso uno dei tre tipi di contratto enumerati dall'art. 13 della detta Convenzione e che sia, peraltro, personalmente parte nell'azione giudiziale ai sensi dell'art. 14 della stessa (v. sentenza Shearson Lehman Hutton, cit., punti 19, 20, 22 e 24). 40 In merito, più specificamente, ad un contratto avente ad oggetto una fornitura di servizi - diverso da un contratto di trasporto, che è escluso dal campo d'applicazione della sezione 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles, ai sensi dell'art. 13, terzo comma, della stessa - ovvero beni mobili materiali, contratto cui fa riferimento l'art. 13, primo comma, punto 3, questa disposizione prevede due ulteriori presupposti d'applicazione, ossia che la conclusione del contratto sia stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e che il consumatore abbia compiuto in tale Stato gli atti necessari per la stipulazione del contratto. 41 Come emerge dalla relazione Schlosser sulla Convenzione d'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla Convenzione di Bruxelles (GU 1979, C 59, pagg. 71 e 118), i due predetti presupposti cumulativi mirano a garantire l'esistenza di stretti legami tra il contratto in oggetto e lo Stato nel cui territorio è domiciliato il consumatore. 42 In ordine alla portata delle nozioni impiegate nell'enunciato di detti presupposti, a pag. 119 della sua relazione, Schlosser rinvia alla relazione di Giuliano e Lagarde sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (GU 1980, C 282, pag. 1), convenzione aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU L 266, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Roma»), posto che l'art. 5 di questa, relativo ai contratti stipulati dai consumatori, stabilisce, nel secondo comma, primo trattino, due presupposti in termini identici a quelli che figurano nell'art. 13, primo comma, punto 3, lett. a) e b), della Convenzione di Bruxelles. 43 Emerge dalla relazione Giuliano e Lagarde che la citata disposizione della convenzione di Roma ha ad oggetto la disciplina delle situazioni in cui il commerciante ha fatto i passi necessari per proporre la vendita dei suoi beni mobili materiali o i suoi servizi nel paese in cui risiede il consumatore e, segnatamente, le vendite per corrispondenza e a domicilio (v. relazione cit., pagg. 23 e 24). 44 Le nozioni di «pubblicità» e di «proposta specifica», che ricorrono nell'enunciazione del primo di detti presupposti comuni alle Convenzioni di Bruxelles e di Roma, si riferiscono a qualsiasi forma di pubblicità effettuata nello Stato contraente in cui è domiciliato il consumatore, sia essa diffusa in maniera generica, a mezzo della stampa, della radio, della televisione, del cinema o con ogni altra modalità, ovvero indirizzata direttamente, ad esempio a mezzo dell'invio di cataloghi specificamente destinati alla distribuzione nello Stato stesso, nonché a mezzo di proposte commerciali presentate individualmente al consumatore, in particolare con l'intervento di un agente o di un venditore porta a porta. 45 In ordine al secondo di detti presupposti, l'espressione «atti necessari per la conclusione» del contratto fa riferimento a qualsiasi scritto o a qualsiasi altro atto compiuto dal consumatore nello Stato in cui è domiciliato e che esprime la sua volontà di dar seguito alla proposta dell'operatore professionale. 46 Orbene, si deve rilevare che tutti questi presupposti sussistono nella fattispecie di cui alla causa principale. 47 In primo luogo, infatti, è pacifico che il sig. Gabriel riveste, nella fattispecie, la qualità di consumatore finale privato ai sensi dell'art. 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles, poiché risulta dal fascicolo che egli ha ordinato merce proposta dalla Schlank & Schick per suo uso personale, senza che tale operazione abbia un nesso qualsiasi con la sua attività lavorativa. 48 In secondo luogo, in una situazione come quella di cui alla causa principale, il consumatore ed il venditore professionale sono incontestabilmente legati da un vincolo di natura contrattuale poiché il sig. Gabriel ha ordinato merce proposta dalla Schlank & Schick, manifestando in tal modo di accettare la proposta - ivi comprese tutte le condizioni ad essa afferenti - che gli era stata personalmente indirizzata da tale società. 49 Oltretutto, questo incontro di volontà delle due parti ha generato obblighi reciproci e interdipendenti nell'ambito di un contratto che ha proprio uno degli oggetti menzionati dall'art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles. 50 Infatti, nella causa principale tale contratto ha più precisamente ad oggetto la fornitura, per mezzo di una vendita per corrispondenza, di beni mobili materiali ordinati dal consumatore sulla base di una proposta effettuata e ad un prezzo indicato dal venditore. 51 In terzo luogo sussistono parimenti i due specifici presupposti elencati dall'art. 13, primo comma, punto 3, lett. a) e b), della Convenzione di Bruxelles. 52 Infatti, per un verso, il venditore si è rivolto al consumatore nello Stato contraente dove quest'ultimo è domiciliato inviandogli più lettere personalizzate, alle quali erano allegati un catalogo di vendita ed un buono d'ordine, al fine di indurlo a stipulare il contratto sulla base di tali proposte e delle condizioni ad esse afferenti, e, per altro verso, a seguito di tali missive, il consumatore ha compiuto in detto Stato gli atti necessari per la stipulazione del contratto effettuando l'ordine per l'importo richiesto dal venditore ed inviando a quest'ultimo il buono d'ordine con copia della «quietanza». 53 Così stando le cose, quando un consumatore è stato contattato al suo domicilio con una o più lettere inviategli da un venditore professionale al fine di indurlo ad ordinare merce offerta alle condizioni determinate da quest'ultimo ed ha effettivamente formulato tale ordine nello Stato contraente dove ha il suo domicilio, l'azione con la quale egli esige in sede giurisdizionale, nei confronti di detto venditore, la consegna di un premio apparentemente vinto costituisce un'azione relativa ad un contratto concluso da un consumatore ai sensi dell'art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles. 54 Infatti, come emerge dal fascicolo di cui dispone la Corte, il diritto ad agire del consumatore è strettamente connesso al contratto stipulato tra le parti in quanto, in una situazione come quella della causa principale, la corrispondenza inviata dall'operatore professionale a detto consumatore istituisce un rapporto inscindibile tra la promessa di vincita e l'ordine di merce; infatti quest'ultimo è stato presentato dal venditore come presupposto necessario al fine dell'attribuzione della vincita promessa, proprio allo scopo di indurre il consumatore a stipulare il contratto. Inoltre, quest'ultimo ha concluso il contratto d'acquisto di merce essenzialmente, se non addirittura esclusivamente, in ragione della proposta del venditore che implicava una promessa di vincita di valore ampiamente superiore all'importo minimo richiesto per l'ordine ed il consumatore ha, del resto, soddisfatto tutte le condizioni poste dall'operatore professionale, accettando così la proposta del medesimo nel suo insieme. 55 Di conseguenza, l'azione giudiziale con cui il consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato, una società di vendita per corrispondenza con sede in un altro Stato contraente alla consegna di un premio apparentemente vinto deve poter essere instaurata dinanzi allo stesso giudice competente a conoscere del contratto concluso dal consumatore medesimo. 56 Non può infatti accogliersi un'interpretazione dell'art. 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles secondo la quale, mentre talune pretese derivanti da un contratto concluso da un consumatore rientrano nel campo d'applicazione delle norme di competenza degli artt. 13-15 della citata Convenzione, altre azioni, che presentano con tale contratto un nesso talmente stretto da esserne inseparabili, sarebbero soggette a norme differenti. 57 A tale proposito la Corte ha recentemente ricordato la necessità di evitare, nella misura del possibile, il moltiplicarsi dei fori competenti relativamente al medesimo contratto (v., per analogia, con riferimento all'art. 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, sentenza 19 febbraio 2002, causa C256/00, Besix, Racc. pag. I-1699, punto 27). 58 Orbene, tale necessità sussiste a maggior ragione quando si tratta di un contratto come quello di cui alla causa principale. Infatti, tenuto conto del fatto che la moltiplicazione dei criteri di competenza giurisdizionale rischia di sfavorire in particolare una parte ritenuta debole, quale il consumatore, è consono all'interesse di una buona amministrazione della giustizia che quest'ultimo possa sottoporre al medesimo giudice - nella fattispecie quello del suo domicilio - l'insieme dei problemi che possono scaturire da un contratto che il consumatore è stato indotto a stipulare con l'uso, da parte dell'operatore professionale, di una terminologia tale da indurre in errore la controparte. 59 Un'azione come quella che il sig. Gabriel si propone di instaurare dinanzi al giudice nazionale competente rientra quindi nell'ambito d'applicazione dell'art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles e, pertanto, non è necessario verificare se essa sia contemplata dall'art. 5, punto 1, della medesima. 60 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve risolvere come segue la questione sottoposta a questa Corte: le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione di Bruxelles devono essere interpretate nel senso che l'azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato ed ai sensi della normativa di questo Stato, una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta società gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l'impressione che gli sarà attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora detto consumatore formuli effettivamente tale ordine senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dell'art. 13, primo comma, punto 3, della citata Convenzione. Decisione relativa alle spese Sulle spese 61 Le spese sostenute dai governi austriaco e tedesco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Dispositivo Per questi motivi, LA CORTE (Sesta Sezione), pronunciandosi sulla questione sottopostale dall'Oberster Gerichtshof con ordinanza 15 febbraio 2000, dichiara: Le norme in materia di competenza enunciate dalla Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla Convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica ellenica, dalla Convenzione 26 maggio 1989, relativa all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, e dalla Convenzione 29 novembre 1996, relativa all'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, devono essere interpretate nel senso che l'azione giudiziaria con la quale un consumatore mira a far condannare, nello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato ed ai sensi della normativa di questo Stato, una società di vendita per corrispondenza avente sede in un altro Stato contraente al pagamento di una vincita, qualora detta società gli abbia indirizzato personalmente della corrispondenza tale da dare l'impressione che gli sarà attribuito un premio, a condizione che egli ordini merce per un importo determinato, e qualora detto consumatore formuli effettivamente tale ordine senza tuttavia ottenere il versamento di detta vincita, ha natura contrattuale ai sensi dell'art. 13, primo comma, punto 3, della citata Convenzione. Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 22 novembre 2001. - Cape Snc contro Idealservice Srl (C-541/99) et Idealservice MN RE Sas contro OMAI Srl (C542/99). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Giudice di pace di Viadana Italia. - Art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE - Nozione di "consumatore" Impresa che stipula un contratto tipo con un'altra impresa per l'acquisto di beni o servizi a beneficio esclusivo dei propri dipendenti. - Cause riunite C-541/99 e C-542/99. Massima $$La nozione di «consumatore», come definita dall'art. 2, lett. b), della direttiva 93/13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev'essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche. ( v. punto 17 e dispositivo ) Parti Nei procedimenti riuniti C-541/99 e C-542/99, aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Giudice di pace di Viadana nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra Cape Snc e Idealservice Srl (C-541/99), e tra Idealservice MN RE Sas e OMAI Srl (C-542/99), domande vertenti sull'interpretazione dell'art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), LA CORTE (Terza Sezione), composta dalla sig.ra F. Macken (relatore), presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann e J.-P. Puissochet, giudici, avvocato generale: J. Mischo cancelliere: sig.ra D. Louterman-Hubeau, capodivisione viste le osservazioni scritte presentate: per il governo italiano, dai sigg. U. Leanza e G. Castellani Pastoris, in qualità di agenti, assistiti dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato; per il governo spagnolo, dal sig. S. Ortiz Vamonde, in qualità di agente; per il governo francese, dalle sig.re K. Rispal-Bellanger e R. Loosli-Surrans, in qualità di agenti; per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. França e P. Stancanelli, in qualità di agenti, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Idealservice Srl, rappresentata dall'avv. sig.ra R. Chiericati, del governo italiano, rappresentato dal sig. D. Del Gaizo, e della Commissione, rappresentata dai sigg. M. França e P. Stancanelli, all'udienza del 17 maggio 2001, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 giugno 2001, ha pronunciato la seguente Sentenza Motivazione della sentenza 1 Con due ordinanze del 12 novembre 1999, pervenute in cancelleria il 31 dicembre successivo, il Giudice di pace di Viadana ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»). 2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due controversie tra rispettivamente la Cape Snc (in prosieguo: la «Cape») e l'Idealservice Srl e l'Idealservice MN RE Sas e l'OMAI Srl (in prosieguo: l'«OMAI») circa l'esecuzione di contratti tipo contenenti una clausola attributiva di competenza al Giudice di pace di Viadana, la quale è contestata dalla Cape e dall'OMAI sulla base della direttiva. Contesto normativo 3 La direttiva, secondo il suo art. 1, n. 1, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore. 4 Ai sensi dell'art. 2, lett. b), della direttiva: «Ai fini della presente direttiva si intende per: (...) b) "consumatore": qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». 5 L'art. 2, lett. c), della direttiva definisce il termine «professionista» come riguardante «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata». Causa principale e questioni pregiudiziali 6 L'Idealservice MN RE Sas e l'Idealservice Srl (in prosieguo: l'«Idealservice») stipulavano con l'OMAI e la Cape, rispettivamente il 14 settembre 1990 e il 26 gennaio 1996, due contratti relativi alla fornitura a queste ultime di macchine per la distribuzione automatica di bevande, le quali erano state installate nei locali di queste due società ed erano destinate all'uso esclusivo dei loro dipendenti. 7 Nell'ambito dell'esecuzione di detti contratti la Cape e l'OMAI proponevano opposizione a un decreto ingiuntivo, sostenendo che la clausola attributiva di competenza che essi contenevano era una clausola vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, n. 19, del codice civile italiano e quindi non opponibile ai contraenti in forza dell'art. 1469 quinquies dello stesso codice. 8 Il giudice a quo rileva che la sua competenza a conoscere delle due controversie che gli sono sottoposte dipende dall'interpretazione delle suddette disposizioni del codice civile, le quali costituiscono una «pedissequa trasposizione» della direttiva. In particolare, le nozioni di «professionista» e di «consumatore» di cui all'art. 1469 bis del codice civile sarebbero una trascrizione letterale delle definizioni figuranti all'art. 2 di detta direttiva. 9 In entrambe le cause l'Idealservice sostiene che la Cape e l'OMAI non possono essere considerate consumatori ai fini dell'applicazione della direttiva. Infatti, non solo si tratta di società e non di persone fisiche, ma la Cape e l'OMAI avrebbero stipulato i contratti in questione dinanzi al giudice nazionale nell'esercizio della loro attività imprenditoriale. 10 Ritenendo che la soluzione delle due controversie dinanzi ad esso pendenti dipenda dall'interpretazione della direttiva, il Giudice di pace di Viadana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, le quali sono redatte in termini identici in entrambe le cause: «1) Se possa considerarsi consumatore un imprenditore che, stipulando un contratto con altro imprenditore su modello predisposto da quest'ultimo in quanto rientrante nella propria attività professionale tipica, acquisti un servizio, o un bene, a beneficio esclusivo dei propri dipendenti, del tutto svincolato ed avulso dalla propria attività professionale ed imprenditoriale tipica; se possa dirsi, in tal caso, che tale soggetto ha agito per scopi non attinenti l'impresa. 2) Se, in caso di risposta affermativa al quesito precedente, possa considerarsi consumatore qualsiasi soggetto od ente quando opera per scopi estranei, o non funzionali, all'attività imprenditoriale o professionale tipica esercitata, o se il concetto di consumatore sia esclusivamente riferito alla persona fisica, con esclusione di qualsiasi altro soggetto. 3) Se possa considerarsi consumatore una società». 11 Con ordinanza del presidente della Corte 17 gennaio 2000, le cause C-541/99 e C-542/99 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento e della sentenza. Sulla seconda e sulla terza questione 12 Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare in primo luogo, il giudice a quo chiede, in sostanza, se la nozione di «consumatore», come definita dall'art. 2, lett. b), della direttiva, debba essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche. 13 L'Idealservice, i governi italiano e francese, nonché la Commissione, sostengono che la nozione di «consumatore» si riferisce unicamente alle persone fisiche. 14 Per contro, il governo spagnolo afferma che, pur se il diritto comunitario considera che, in via di principio, le persone giuridiche non sono consumatori ai sensi della direttiva, esso non esclude un'interpretazione che conferisca tale qualità a queste ultime. Concordemente con il governo francese, esso osserva che la definizione di consumatore data dalla direttiva non esclude la possibilità che il diritto nazionale dei vari Stati membri, all'atto della trasposizione della direttiva medesima, consideri consumatore una società. 15 A tale riguardo occorre rilevare che l'art. 2, lett. b), della direttiva definisce il consumatore come «qualsiasi persona fisica» che soddisfa le condizioni enunciate da tale disposizione, mentre l'art. 2, lett. c), della direttiva definisce la nozione di «professionista» facendo riferimento tanto alle persone fisiche quanto alle persone giuridiche. 16 Risulta quindi in modo chiaro dal testo dell'art. 2 della direttiva che una persona diversa da una persona fisica, che stipula un contratto con un professionista, non può essere considerata consumatore ai sensi di detta disposizione. 17 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda e la terza questione dichiarando che la nozione di «consumatore», come definita dall'art. 2, lett. b), della direttiva, dev'essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche. Sulla prima questione 18 Tenuto conto della soluzione fornita alla seconda e alla terza questione, non occorre risolvere la prima questione. Decisione relativa alle spese Sulle spese 19 Le spese sostenute dai governi italiano, spagnolo e francese nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Dispositivo Per questi motivi, LA CORTE (Terza Sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Giudice di pace di Viadana con ordinanze 12 novembre 1999, dichiara: La nozione di «consumatore», come definita dall'art. 2, lett. b), della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, dev'essere interpretata nel senso che si riferisce esclusivamente alle persone fisiche. Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 3 luglio 1997. - Francesco Benincasa contro Dentalkit Srl. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht München - Germania. - Convenzione di Bruxelles - Nozione di consumatore Convenzione attributiva di competenza. - Causa C-269/95. Massima 3 Nell'ambito del particolare regime istituito dagli artt. 13 e seguenti della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, soltanto i contratti conclusi al fine di soddisfare le esigenze di consumo privato di un individuo rientrano nelle disposizioni di tutela del consumatore in quanto parte considerata economicamente più debole. Invece, la particolare tutela perseguita da tali disposizioni non si giustifica nel caso di contratti il cui scopo sia un'attività professionale, prevista anche soltanto per il futuro, dato che il carattere futuro di un'attività nulla toglie alla sua natura professionale. Ne consegue che il regime controverso riguarda unicamente i contratti conclusi al di fuori ed indipendentemente da qualsiasi attività o finalità professionale, attuale o futura, talché un attore il quale ha stipulato un contratto per l'esercizio di un'attività professionale non attuale, ma futura non può essere considerato un consumatore ai sensi degli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione. 4 L'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale è diretto a designare, in modo chiaro e preciso, il giudice di uno Stato membro contraente che abbia la competenza esclusiva conformemente alla volontà delle parti, manifestata secondo i rigorosi requisiti di forma ivi enunciati. A tal riguardo, la certezza del diritto ricercata da tale disposizione potrebbe essere facilmente compromessa se venisse riconosciuta ad una parte contraente la facoltà di eludere tale regola della Convenzione con la sola allegazione della nullità del contratto, contenente tale clausola, nel suo complesso, per ragioni fondate sul diritto sostanziale applicabile. Ne consegue che il giudice di uno Stato contraente, designato in una clausola attributiva di competenza validamente conclusa ai sensi dell'art. 17, primo comma, è esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga richiesta in particolare la declaratoria di nullità del contratto che contiene la detta clausola. Spetta peraltro al giudice nazionale determinare le controversie che rientrano nel campo di applicazione della clausola invocata dinanzi ad esso e decidere se la stessa concerna anche ogni controversia relativa al contratto che la contenga. Parti Nel procedimento C-269/95, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte ai sensi del protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dall'Oberlandesgericht di Monaco (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra Francesco Benincasa e Dentalkit s.r.l., domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 13, primo comma, 14, primo comma, e 17, primo comma, della citata Convenzione 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), LA CORTE (Sesta Sezione), composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, J.L. Murray, C.N. Kakouris (relatore), P.J.G. Kapteyn e H. Ragnemalm, giudici, avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer cancelliere: L. Hewlett, amministratore viste le osservazioni scritte presentate: - per il signor Benincasa, dal signor Reinhard Böhner, del foro di Monaco; - per la Dentalkit s.r.l., dal signor Alexander von Kuhlberg, del foro di Monaco; - per il governo tedesco, dal signor Jörg Pirrung, Ministerialrat presso il ministero federale della Giustizia, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Pieter van Nuffel, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Hans-Jürgen Rabe, del foro di Amburgo, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali del signor Benincasa, rappresentato dal signor Reinhard Böhner, e della Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Marco Núñez-Müller, del foro di Amburgo, all'udienza del 22 gennaio 1997, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 febbraio 1997, ha pronunciato la seguente Sentenza Motivazione della sentenza 1 Con ordinanza 5 maggio 1995, pervenuta in cancelleria il 9 agosto successivo, l'Oberlandesgericht di Monaco ha sottoposto alla Corte, ai sensi del protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77; in prosieguo: la «Convenzione»), tre questioni sull'interpretazione degli artt. 13, primo comma, 14, primo comma, e 17, primo comma, della detta Convenzione. 2 Le questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia sorta tra la Dentalkit s.r.l. (in prosieguo: la «Dentalkit»), con sede in Firenze, ed il signor Benincasa, cittadino italiano, in ordine alla validità di un contratto di franchising tra loro concluso. 3 Emerge dagli atti del processo a quo che, nel 1987, la Dentalkit apriva in Italia una catena di negozi in franchising specializzati nella vendita di prodotti per l'igiene dentale. Nel 1992 il signor Benincasa stipulava in Firenze con la Dentalkit un contratto di franchising per l'apertura e l'esercizio di un negozio in Monaco. Con tale contratto la Dentalkit autorizzava il signor Benincasa ad utilizzare il diritto di esclusiva relativo al marchio Dentalkit all'interno di una zona geografica determinata. La Dentalkit si era poi impegnata a fornire le merci munite di tale marchio, a prestare assistenza in vari campi, ad assicurare la formazione necessaria nonché iniziative promozionali e pubblicitarie ed infine a non aprire alcun negozio nella zona geografica coperta dal diritto di esclusiva. 4 Quanto al signor Benincasa, egli si impegnava ad allestire locali di vendita a proprie spese, ad approvvigionare il negozio soltanto con prodotti della Dentalkit, a mantenere riservate informazioni e documentazioni relative alla Dentalkit ed a corrisponderle una somma di 8 milioni di LIT quale rimborso delle spese sostenute per l'assistenza tecnico-commerciale fornita in occasione dell'apertura del negozio, nonché il 3% del fatturato annuo. Con rinvio agli artt. 1341 e 1342 del codice civile italiano, le parti approvavano in modo specifico, sottoscrivendola a parte, la seguente clausola che figura nel contratto: «Il foro di Firenze è competente a conoscere di ogni controversia relativa all'interpretazione, all'esecuzione o ad altri aspetti del presente contratto». 5 Il signor Benincasa allestiva il negozio, pagava la somma iniziale di 8 milioni di LIT ed effettuava parecchi acquisti che per contro non ha mai pagato. Nel frattempo egli ha cessato qualsiasi attività. 6 Il signor Benincasa ha adito il Landgericht di Monaco I facendo valere che, in base al diritto tedesco, il contratto di franchising era nel complesso nullo, di modo che egli ne ha chiesto la risoluzione. Egli ha sostenuto del pari che erano nulli i contratti di vendita conclusi successivamente in esecuzione del contratto di franchising. 7 Secondo il signor Benincasa, il Landgericht di Monaco I era competente in quanto giudice del luogo di esecuzione dell'obbligo contrattuale ai sensi dell'art. 5, punto 1, della Convenzione. La clausola attributiva di competenza prevista nel contratto di franchising a favore del foro di Firenze non ha a suo avviso alcuna efficacia derogatoria nell'ambito del ricorso di annullamento da lui intentato, dato che la domanda verteva, secondo lui, sulla nullità del contratto nel suo complesso e quindi anche della clausola attributiva di competenza. Inoltre il signor Benincasa ha indicato che, non avendo ancora avviato le sue attività commerciali, doveva ritenersi un consumatore ai sensi degli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione. 8 Risulta dalla lettera di tali disposizioni: Articolo 13 «In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata consumatore, la competenza è regolata dalla presente sezione, salve le disposizioni dell'articolo 4 e dell'articolo 5, 5_: 1) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali, (...)». Articolo 14 «L'azione del consumatore contro l'altra parte del contratto può essere proposta sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio, sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il consumatore. (...)». 9 Il Landgericht di Monaco I ha declinato la sua competenza considerando che fosse valida la clausola attributiva di competenza contenuta nel contratto di franchising e che nel caso di specie non si trattasse di un contratto concluso da un consumatore. 10 L'Oberlandesgericht di Monaco, adito in seguito all'appello interposto dal signor Benincasa contro tale decisione, ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se un attore vada considerato consumatore, ai sensi degli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione, anche nel caso in cui l'azione riguardi un contratto che l'attore abbia stipulato non per un'attività commerciale già esercitata, ma ai fini di un'attività commerciale da svolgersi solo in futuro (in questo caso: contratto di franchising per la creazione di un'attività commerciale propria). 2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se l'art. 13, primo comma, punto 1, della Convenzione (vendita a rate di beni mobili materiali) ricomprenda un contratto di franchising nel quale sia previsto l'obbligo dell'attore di acquistare, per un periodo pluriennale (tre anni), dall'altra parte contraente gli oggetti e le merci necessari per l'allestimento e la gestione di un esercizio commerciale (senza accordo di pagamento rateale) di pagare un'indennità di avviamento e, a partire dal secondo anno di attività, un canone di licenza pari al 3% del fatturato. 3) Se il giudice di uno Stato membro designato in una clausola attributiva di competenza sia, ai sensi dell'art. 17, primo comma, della Convenzione, esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga richiesta la declaratoria di nullità del contratto nel quale è contenuta la suddetta clausola, la quale recita come segue: "Per ogni controversia sull'interpretazione, esecuzione o altri aspetti del presente contratto è competente il foro di Firenze", specificamente approvata ai sensi degli artt. 1341 e 1342 del codice civile italiano». Sulla prima questione 11 Con la prima questione il giudice nazionale domanda in sostanza se gli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione vadano interpretati nel senso che possa considerarsi come un consumatore un attore il quale abbia stipulato un contratto per l'esercizio di un'attività professionale non attuale, ma futura. 12 A tal fine, occorre anzitutto ricordare il principio, sancito dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenze 21 giugno 1978, causa 150/77, Bertrand, Racc. pag. 1431, punti 14-16 e 19, e 19 gennaio 1993, causa C-89/91, Shearson Lehman Hutton, Racc. pag. I-139, punto 13), secondo cui, per garantire un'applicazione uniforme della Convenzione in tutti gli Stati contraenti, le nozioni da essa impiegate, che possono assumere significati diversi da un ordinamento all'altro degli Stati contraenti, vanno interpretate in modo autonomo, alla luce soprattutto del sistema e delle finalità della Convenzione. Tale è appunto il caso della nozione di «consumatore», ai sensi degli artt. 13 e seguenti, che funge da presupposto per l'applicazione di norme di competenza giurisdizionale. 13 Va rilevato in secondo luogo che, per giurisprudenza consolidata, nel sistema normativo della Convenzione, il principio generale della competenza giurisdizionale dello Stato contraente sul cui territorio è domiciliato il convenuto costituisce il principio generale e che solo come eccezione a questo principio la Convenzione prevede i casi, tassativamente elencati, nei quali il convenuto può o deve, a seconda del caso, essere citato in giudizio in un altro Stato contraente. E' ovvio che le norme sulla competenza che deroghino al principio generale sopra ricordato non possano essere interpretate in modo da conferire al regime derogatorio una portata che vada oltre i casi contemplati dalla Convenzione (sentenza Shearson Lehman Hutton, citata, punti 14-16). 14 Questo ragionamento vale a fortiori nel caso in cui si tratti di una norma sulla competenza come quella dell'art. 14 della Convenzione, la quale permette al consumatore, che sia tale ai sensi dell'art. 13 della Convenzione, di citare il convenuto nel foro dello Stato contraente sul cui territorio l'attore ha il proprio domicilio. Infatti, al di fuori dei casi espressamente contemplati, la Convenzione ha manifestato il proprio sfavore nei confronti della competenza dei giudici dello Stato del domicilio dell'attore (v. sentenza 11 gennaio 1990, causa C-220/88, Dumez France e Tracoba, Racc. pag. I-49, punti 16 e 19, e Shearson Lehman Hutton, citata, punto 17). 15 Quanto alla nozione di consumatore, l'art. 13, primo comma, della Convenzione lo definisce come una persona che agisce «per un fine che può essere considerato estraneo alla sua attività professionale». Secondo la giurisprudenza costante, si deduce dalla lettera e dalle finalità di tale norma che essa contempla esclusivamente il caso del consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali (sentenza Shearson Lehman Hutton, citata, punti 20 e 22). 16 Risulta da quanto precede che, al fine di stabilire lo status di consumatore di una persona, nozione che va interpretata restrittivamente, occorre riferirsi al ruolo di tale persona in un contratto determinato, rispetto alla natura ed alla finalità di quest'ultimo, e non invece alla situazione soggettiva di tale stessa persona. Come ha giustamente rilevato l'avvocato generale al punto 38 delle sue conclusioni, un solo e medesimo soggetto può essere considerato un consumatore nell'ambito di determinate operazioni ed un operatore economico nell'ambito di altre. 17 Pertanto, soltanto i contratti conclusi al fine di soddisfare le esigenze di consumo privato di un individuo rientrano nelle disposizioni di tutela del consumatore in quanto parte considerata economicamente più debole. La particolare tutela perseguita da tali disposizioni non si giustifica nel caso di contratti il cui scopo sia un'attività professionale, prevista anche soltanto per il futuro, dato che il carattere futuro di un'attività nulla toglie alla sua natura professionale. 18 E' quindi conforme sia alla lettera, sia allo spirito nonché alla finalità delle disposizioni considerate la conclusione che il particolare regime di tutela da esse istituito riguarda unicamente i contratti conclusi al di fuori ed indipendentemente da qualsiasi attività o finalità professionale, attuale o futura. 19 La prima questione va risolta pertanto dichiarando che gli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione vanno interpretati nel senso che un attore il quale ha stipulato un contratto per l'esercizio di un'attività professionale non attuale, ma futura non può essere considerato un consumatore. Sulla seconda questione 20 Data la soluzione della prima questione, non occorre risolvere tale questione. Sulla terza questione 21 Con la terza questione il giudice nazionale domanda in sostanza se il giudice di uno Stato contraente, designato in una clausola attributiva di competenza validamente conclusa ai sensi dell'art. 17, primo comma, della Convenzione, sia esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga in particolare richiesta la declaratoria di nullità del contratto che contiene la suddetta clausola. 22 Il giudice a quo solleva anche la questione se una clausola attributiva di competenza, validamente conclusa ai sensi delle regole della Convenzione, inserita in un contratto principale, vada considerata autonomamente ed indipendentemente da qualsiasi allegazione concernente la validità del resto del contratto. 23 L'art. 17, primo comma, della Convenzione dispone: «Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente. Questa clausola attributiva di competenza deve essere conclusa per iscritto (...)». 24 Al riguardo occorre distinguere, in primo luogo, tra una clausola attributiva di competenza e le disposizioni sostanziali del contratto in cui tale clausola è inserita. 25 Infatti, una clausola attributiva di competenza che risponde ad una finalità di procedura, è disciplinata dalle disposizioni della Convenzione che persegue l'istituzione di regole uniformi di competenza giurisdizionale internazionale. Viceversa le disposizioni sostanziali del contratto principale in cui è inserita la clausola nonché qualsiasi contestazione in merito alla validità di quest'ultimo sono disciplinate dalla lex causae che è determinata dal diritto internazionale privato dello Stato del foro. 26 Va rilevato in secondo luogo che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, la Convenzione mira segnatamente ad unificare le norme in materia di competenza dei giudici degli Stati contraenti, evitando, nei limiti del possibile, la molteplicità dei criteri di competenza giurisdizionale relativamente al medesimo rapporto giuridico, ed a potenziare la tutela giuridica delle persone residenti nella Comunità, permettendo sia all'attore di identificare facilmente il giudice che può adire, sia al convenuto di prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice può essere citato (sentenze 4 marzo 1982, causa 38/81, Effer, Racc. pag. 825, punto 6, e 13 luglio 1993, causa C-125/92, Mulox IBC, Racc. pag. I-4075, punto 11). 27 E' del pari conforme a tale spirito di certezza del diritto la possibilità per il giudice nazionale adito di pronunciarsi agevolmente sulla propria competenza in base alle regole della Convenzione, senza essere costretto a procedere all'esame della causa nel merito. 28 Tale esigenza di garantire la certezza del diritto grazie alla possibilità di prevedere con sicurezza il foro competente è stata interpretata nell'ambito dell'art. 17 della Convenzione, che favorisce la volontà delle parti contraenti ed introduce una competenza esclusiva che prescinde da qualsiasi legame oggettivo tra il rapporto giuridico controverso e il giudice designato, imponendo l'osservanza di rigorosi requisiti formali (v., in proposito, sentenza 20 febbraio 1997, causa C-106/95, MSG, Racc. pag. I-911, punto 34). 29 L'art. 17 della Convenzione è diretto a designare, in modo chiaro e preciso, il giudice di uno Stato membro contraente che abbia la competenza esclusiva conformemente alla volontà delle parti, manifestata secondo i rigorosi requisiti di forma ivi enunciati. La certezza del diritto ricercata da tale disposizione potrebbe essere facilmente compromessa se venisse riconosciuta ad una parte contraente la facoltà di eludere tale regola della Convenzione con la sola allegazione della nullità del contratto nel suo complesso per ragioni fondate sul diritto sostanziale applicabile. 30 Tale conclusione è in sintonia non soltanto con la soluzione adottata dalla Corte nella citata sentenza Effer, in cui essa ha dichiarato che il ricorrente fruisce del foro dell'adempimento ai sensi dell'art. 5, punto 1, della Convenzione anche qualora l'esistenza del contratto su cui si fonda la domanda sia controversa, ma anche con quella risultante dalla sentenza 14 dicembre 1977, causa 73/77, Sanders (Racc. pag. 2383, punto 15), ove essa ha riconosciuto, nell'ambito dell'art. 16, n. 1, della Convenzione, che, in materia di contratti di locazione e di affitto d'immobili, sia attribuita competenza esclusiva ai giudici del paese in cui si trova l'immobile anche se la controversia riguardi l'esistenza stessa del contratto di affitto. 31 Va aggiunto che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l'interpretazione della clausola attributiva di competenza, al fine di determinare le controversie che rientrano nel suo campo di applicazione, spetta al giudice nazionale dinanzi al quale essa è invocata (sentenza 10 marzo 1992, causa C-214/89, Powell Duffryn, Racc. pag. I-1745, punto 37). Spetta quindi, se del caso, a quest'ultimo decidere se la clausola dinanzi ad esso invocata, che concerne «ogni controversia» relativa all'interpretazione, all'esecuzione o ad «altri aspetti» del contratto, riguardi anche qualsiasi contestazione relativa alla validità del contratto stesso. 32 La terza questione va risolta quindi nel senso che il giudice di uno Stato contraente, designato in una clausola attributiva di competenza validamente conclusa ai sensi dell'art. 17, primo comma, della Convenzione, è esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga richiesta in particolare la declaratoria di nullità del contratto che contiene la detta clausola. Decisione relativa alle spese Sulle spese 33 Le spese sostenute dal governo tedesco e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Dispositivo Per questi motivi, LA CORTE (Sesta Sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Oberlandesgericht di Monaco con ordinanza 5 maggio 1995, dichiara: 1) Gli artt. 13, primo comma, e 14, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, vanno interpretati nel senso che un attore il quale ha stipulato un contratto per l'esercizio di un'attività professionale non attuale, ma futura non può essere considerato un consumatore. 2) Il giudice di uno Stato contraente, designato in una clausola attributiva di competenza validamente conclusa ai sensi dell'art. 17, primo comma, della Convenzione 27 settembre 1968, è esclusivamente competente anche nel caso in cui con l'azione venga richiesta in particolare la declaratoria di nullità del contratto che contiene la detta clausola. SENTENZA DELLA CORTE DEL 19 GENNAIO 1993. - SHEARSON LEHMANN HUTTON INC CONTRO TVB TREUHANDGESELLSCHAFT FUER VERMOEGENSVERWALTUNG UND BETEILIGUNGEN MBH. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: BUNDESGERICHTSHOF - GERMANIA. CONVENZIONE DI BRUXELLES - ART. 13, PRIMO E SECONDO COMMA COMPETENZA IN MATERIA DI CONTRATTI CONCLUSI DAI CONSUMATORI NOZIONE DI CONSUMATORE - AZIONE INTENTATA DA UNA SOCIETA, CONCESSIONARIA DEI DIRITTI DI UN SINGOLO. - CAUSA C-89/91. Massima La particolare disciplina istituita dagli artt. 13 e seguenti della Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale mira a proteggere il consumatore in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta sul piano giuridico della controparte, così da evitare che egli, vedendosi costretto a proporre l' azione dinanzi ai giudici dello Stato sul cui territorio è domiciliata la controparte, si senta scoraggiato dall' adire le vie legali. Tali norme contemplano esclusivamente il caso del consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali, che abbia concluso uno dei contratti enumerati dall' art. 13 e che sia parte processuale nell' azione esperita a norma dell' art. 14. Ne consegue che l' art. 13 della Convenzione dev' essere interpretato nel senso che l' attore, il quale agisca nell' esercizio della sua attività professionale e che, pertanto, non sia, egli stesso, un consumatore che ha concluso uno dei contratti enumerati dal primo comma di questa stessa norma, non può avvalersi della particolare disciplina sulla competenza dettata dalla Convenzione in merito ai contratti conclusi da consumatori. Parti Nel procedimento C-89/91, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, in forza del Protocollo 3 giugno 1971 relativo all' interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), dal Bundesgerichtshof, nella causa dinanzi ad esso pendente fra Shearson Lehman Hutton Inc. e TVB Treuhandgesellschaft fuer Vermoegensverwaltung und Beteiligungen mbH, domanda vertente sull' interpretazione dell' art. 13, primo e secondo comma, della suddetta Convenzione 27 settembre 1968, modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 di adesione del Regno di Danimarca, dell' Irlanda e del Regno-Unito di Gran Bretagna e d' Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1), LA CORTE, composta dai signori C.N. Kakouris, presidente di sezione, facente funzione di presidente, G.C. Rodríguez Iglesias, M. Zuleeg e J.L. Murray, presidenti di sezione, G.F. Mancini, R. Joliet, F.A. Schockweiler, J.C. Moitinho de Almeida, G. Grévisse, M. Diez de Velasco e P.J.G. Kapteyn, giudici, avvocato generale: M. Darmon cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere viste le osservazioni scritte presentate: ° per la Shearson Lehman Hutton Inc. dall' avv. G. Limberger del foro di Francoforte; ° per la TVB Treuhandgesellschaft fuer Vermoegensverwaltung und Beteiligungen mbH, dall' avv. J. Kummer del foro di Karlsruhe; ° per il governo della Repubblica federale di Germania, dal signor C. Boehmer, Ministerialrat presso il ministero federale di Grazia e Giustizia, in qualità di agente; ° per la Commissione delle Comunità europee, dal signor P. van Nuffel, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall' avv. A. Boehlke del foro di Francoforte; vista la relazione d' udienza, sentite le osservazioni orali presentate dalla Shearson Lehman Hutton Inc., dalla TVB Treuhandgesellschaft fuer Vermoegensverwaltung und Beteiligungen mbH e dalla Commissione, all' udienza del 7 luglio 1992, sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 27 ottobre 1992, ha pronunciato la seguente Sentenza Motivazione della sentenza 1 Con ordinanza 29 gennaio 1991, depositata in cancelleria l' 11 marzo successivo, il Bundesgerichtshof ha posto, in virtù del Protocollo 3 giugno 1971 relativo all' interpretazione, da parte della Corte di giustizia, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giudiziaria e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 di adesione del Regno di Danimarca, dell' Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e d' Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, in prosieguo: la "Convenzione"), quattro questioni pregiudiziali in merito all' interpretazione dell' art. 13, primo e secondo comma, della Convenzione. 2 Tali questioni sono state sollevate nell' ambito di una controversia fra la società Treuhandgesellschaft fuer Vermoegensverwaltung und Beteiligungen mbH, con sede a Monaco (Repubblica federale di Germania, in prosieguo: la "TVB"), e la società E.F. Hutton & Co. Inc., con sede a New York (Stati Uniti di America), rilevata nel frattempo dalla società Shearson Lehman Hutton Inc., anch' essa con sede a New York (in prosieguo: la "Hutton Inc."). 3 Si evince dal fascicolo di causa trasmesso alla Corte che la TVB ha promosso davanti al giudice tedesco un' azione giudiziaria contro la Hutton Inc. per far valere un diritto che le è stato ceduto. Il cedente, un magistrato tedesco, aveva affidato alla società commissionaria Hutton Inc., nell' ambito di un contratto di commissione, il compito di effettuare operazioni a termine su divise, titoli e merci. A tal fine, il cedente aveva versato, nel 1986 e nel 1987, somme notevoli che sono state perdute quasi interamente in tali operazioni. 4 La Hutton Inc. aveva offerto i propri servizi mediante annunci pubblicitari sulla stampa nella Repubblica federale di Germania. Aveva preso contatto con il cedente tramite la E.F. Hutton & Co. GmbH (in prosieguo: la "Hutton GmbH"), con sede in Germania, società che dipende dalla Hutton Inc. e che svolge, ai fini delle operazioni da quest' ultima effettuate, funzioni di consulenza a favore della clientela. La Hutton GmbH è intervenuta, quanto meno in veste d' intermediario, in tutti gli ordini di acquisto e di vendita impartiti dal cedente. Le quote della Hutton GmbH appartengono alla E.F. Hutton International Inc., consociata al 100% della Hutton Inc., avente sede a New York. Inoltre, numerosi dirigenti della Hutton Inc. svolgono funzioni direttive anche in seno alla Hutton GmbH. 5 La TVB reclama il rimborso da parte della Hutton Inc. delle somme perdute dal cedente. A sostegno della sua domanda essa invoca l' arricchimento senza causa e il diritto al risarcimento danni per violazione di obbligazioni contrattuali e di obblighi precontrattuali nonché il comportamento illecito tenuto dalla Hutton Inc. per non aver sufficientemente informato il cedente sui rischi delle operazioni a termine. 6 Il Landgericht di Monaco, cui la controversia era stata deferita, ha declinato la competenza a pronunciarsi in merito alla domanda della TVB, ma, l' Oberlandesgericht di Monaco, riformando tale decisione in sede di appello, ha confermato la competenza del Landgericht. Contro questa sentenza, la Hutton Inc. ha proposto ricorso in cassazione davanti al Bundesgerichtshof. 7 Ritenendo che la controversia sollevi alcuni problemi d' interpretazione della Convenzione, il Bundesgerichtshof ha sospeso il procedimento in attesa che la Corte si pronunci a titolo pregiudiziale sulle seguenti questioni: "1) Se l' art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione sia applicabile anche ai contratti di commissione relativi al compimento di operazioni a termine su divise, titoli e merci e di operazioni a vista. 2) Se, ai fini dell' applicazione dell' art. 13 primo comma, punto 3, lett. a), della Convenzione, sia sufficiente che la controparte del consumatore abbia fatto pubblicità a mezzo stampa, prima della conclusione del contratto, nello Stato del domicilio del consumatore, o se occorra l' esistenza di un nesso fra la pubblicità e la conclusione del contratto. 3) Se la controparte del consumatore possiede una succursale, un' agenzia o qualsiasi altra filiale ai sensi dell' art. 13, secondo comma, qualora ricorra, per la conclusione e l' esecuzione del contratto, ai servizi di una società che ha la propria sede nello Stato in cui il consumatore è domiciliato, che le appartiene economicamente e con la quale ha legami personali, che non è abilitata a concludere affari, ma interviene solo come organo di trasmissione e di consulenza per la clientela. Se, inoltre, le contestazioni sorte nell' ambito di simili rapporti fra le parti siano controversie che riguardano l' esercizio della succursale, dell' agenzia o della filiale. 4) a) Se la nozione di materia contrattuale ai sensi dell' art. 13, primo comma, della Convenzione includa, oltre le domande di risarcimento danni per violazione di obbligazioni contrattuali, le domande fondate su una violazione di obblighi precontrattuali (culpa in contrahendo) e sull' arricchimento senza causa per rottura di contratto. b) Se, nel caso di una domanda di risarcimento danni per violazione di obbligazioni contrattuali e precontrattuali, di ripetizione delle somme costituenti arricchimento senza causa e di risarcimento danni per responsabilità da illecito, l' art. 13, primo comma, della Convenzione preveda, per ragioni di connessione, una competenza accessoria in materia non contrattuale". 8 Per una più ampia esposizione degli antefatti della controversia, dello svolgimento del procedimento e delle osservazioni scritte depositate dinanzi alla Corte, si rinvia alla relazione del giudice relatore. Questi elementi del fascicolo saranno qui di seguito ripresi solo nella misura necessaria al ragionamento della Corte. 9 Si osservi anzitutto che le questioni poste dal giudice di rinvio vertono tutte sull' interpretazione dell' art. 13, primo e secondo comma, della Convenzione, norma che fa parte della sezione 4, intitolata "Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori", all' interno del Titolo II della Convenzione, consacrato alle regole di competenza giudiziaria. 10 Va pertanto esaminato in limine se le condizioni di applicazione di questa norma siano soddisfatte in un caso come quello in esame, poiché i problemi relativi alla sfera di applicazione delle norme della Convenzione, le quali determinano la competenza giurisdizionale in diritto internazionale, sono da considerarsi problemi su cui la Corte deve pronunciarsi d' ufficio. 11 Dall' ordinanza di rinvio emerge che, nella fattispecie in esame, l' azione di ripetizione di credito esperita contro la Hutton Inc. non è stata proposta dalla controparte del convenuto, ma da una società cessionaria dei diritti di detta controparte. 12 Ciò posto, occorre accertare se un tale attore possa essere considerato consumatore ai sensi della Convenzione e possa così avvalersi delle speciali norme sulla competenza che la Convenzione prevede in materia di contratti conclusi da consumatori. 13 A tal fine, è opportuno ricordare il principio, consacrato dalla gurisprudenza (v., in particolare, sentenza 21 giugno 1978, causa 150/77, Bertrand, Racc. pag. 1431, punti da 14 a 16 e 19 della motivazione ; sentenza 17 giugno 1992, causa C-26/91, Racc. pag. I-3967, punto 10 della motivazione), secondo cui, per garantire un' applicazione uniforme della Convenzione in tutti gli Stati contraenti, le nozioni da essa impiegate, che possono assumere significati diversi da un ordinamento all' altro degli Stati contraenti, vanno interpretate in modo autonomo, alla luce soprattutto del sistema e delle finalità della Convenzione. Tale è appunto il caso della nozione di "consumatore", ai sensi degli artt. 13 e seguenti, che funge da presupposto per l' applicazione di norme di competenza giurisdizionale. 14 Va, in primo luogo, osservato che, nel sistema normativo della Convenzione, l' art. 2, primo comma, consacra il principio generale della competenza giurisdizionale dello Stato contraente sul cui territorio è domiciliato il convenuto. 15 Solo come eccezione a questo principio la Convenzione prevede i casi, enumerati tassativamente nelle sezioni da 2 a 6, Titolo II, nei quali il convenuto, domiciliato o stabilito sul territorio di uno Stato contraente, può, se si tratta di casi che ricadono sotto norme di competenza speciale, o deve, se si tratta di casi disciplinati da norme di competenza esclusiva o quando v' è proroga di competenza, essere citato in giudizio in un altro Stato contraente. 16 E' ovvio che le norme sulla competenza che deroghino al principio generale sopra ricordato non possano essere interpretate in modo da conferire al regime derogatorio una portata che vada oltre i casi contemplati dalla Convenzione (v. le succitate sentenze Bertrand, punto 17 della motivazione, e Handt, punto 14 della motivazione). 17 Questo ragionamento vale a fortiori nel caso in cui si tratti di una norma sulla competenza come quella dell' art. 14 della Convenzione, la quale permette al consumatore, che sia tale ai sensi dell' art. 13 della Convenzione, di citare il convenuto nel foro dello Stato contraente sul cui territorio l' attore ha il proprio domicilio. Infatti, al di fuori dei casi espressamente contemplati, la Convenzione ha manifestato il proprio sfavore nei confronti della competenza dei giudici dello Stato del domicilio dell' attore (v. sentenza 11 gennaio 1990, causa C-220/88, Dumez France e Tracoba, Racc. pag. I-49, punti 16 e 19 della motivazione). 18 Va, in secondo luogo, osservato che la particolare disciplina istituita dagli artt. 13 e seguenti della Convenzione mira a proteggere il consumatore, in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta sul piano giuridico della controparte. Bisogna quindi evitare che detta parte contraente, essendo costretta a proporre l' azione dinanzi ai giudici dello Stato sul cui territorio è domiciliata la controparte, si senta scoraggiata dall' adire le vie legali. 19 La particolare finalità protettiva di tale disciplina implica che le norme di competenza speciale all' uopo previste dalla Convenzione non vengano estese a favore di persone per le quali tale protezione non appare giustificata. 20 Occorre sottolineare, al riguardo, che l' art. 13, primo comma, della Convenzione definisce il consumatore come una persona che agisce per un fine che può essere "considerato estraneo alla sua attività professionale", e presuppone che i contratti che esso enumera, ed ai quali si applicano le disposizioni della sezione 4, Titolo II, della Convenzione, siano stati conclusi da consumatori. 21 D' altro lato, l' art. 14, primo comma, della Convenzione prevede la competenza dei giudici dello Stato contraente sul cui territorio è domiciliato il consumatore a statuire sull' "azione del consumatore contro l' altra parte del contratto". 22 Si deduce dalla lettera e dalle finalità di tali norme che esse contemplano esclusivamente il caso del consumatore finale privato, non impegnato in attività commerciali o professionali (v., in tal senso, anche la succitata sentenza Bertrand, punto 21 della motivazione e la relazione sulla Convenzione di adesione del Regno di Danimarca, dell' Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, GU 1979, C 59, pag. 71, punto 153), che abbia concluso uno dei contratti enumerati dall' art. 13 e che sia parte processuale nell' azione esperita a norma dell' art. 14. 23 Infatti, come ha osservato l' avvocato generale nel paragrafo 26 delle sue conclusioni, la Convenzione protegge il consumatore solo in quanto egli è personalmente coinvolto come attore o convenuto in un giudizio. 24 Ne consegue che l' art. 13 della Convenzione deve essere interpretato nel senso che l' attore, il quale agisca nell' esercizio della sua attività professionale e che, pertanto, non sia, egli stesso, un consumatore che ha concluso uno dei contratti enumerati dal primo comma di questa stessa norma, non può avvalersi della particolare disciplina sulla competenza, dettata dalla Convenzione in merito ai contratti conclusi da consumatori. 25 Tenuto conto di quanto precede, non appare necessario risolvere le questioni più specifiche poste dal Bundesgerichtshof. Decisione relativa alle spese Sulle spese 26 Le spese sostenute dal governo tedesco e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Dispositivo Per questi motivi, LA CORTE, pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesgerichtshof con ordinanza 29 gennaio 1991, dichiara: L' art. 13 della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l' esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale deve essere interpretato nel senso che l' attore, il quale agisca nell' esercizio della sua attività professionale e che, pertanto, non sia, egli stesso, un consumatore che ha concluso uno dei contratti enumerati dal primo comma di questa stessa norma, non può avvalersi della particolare disciplina sulla competenza dettata dalla Convenzione in merito ai contratti conclusi da consumatori.