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FRANCISCA DE PAULA DE JESUS
NHÀ CHICA
MEMORIA :
14 GIUGNO
La beata Francisca de Paula de Jesus, detta comunemente Nhà Chica (zia Francesca), è nata nel
1808 a São João del Rey nello Stato di Minas Gerais in Brasile. Ebbe il nome di s. Francesco di Paola, il santo
taumaturgo fondatore dell’Ordine dei Minimi, molto venerato dagli schiavi nel sud America in particolare nel
Minas Gerais. Non aveva cognome perché figlia naturale di Izabel Maria, una schiava, e di padre sconosciuto,
probabilmente il padrone della fazenda.
Dalla madre apprese le preghiere e le devozioni ma, essendo donna e schiava, non poté ricevere
alcuna istruzione scolastica. Da adulta non avvertì mai la necessità di imparare a leggere, però, come ebbe a
confessare al dr. Henrique Monat quasi al termine della sua esistenza: “Desiderai solamente ascoltare la
lettura delle Sacre Scritture; qualcuno mi fece questo favore e rimasi soddisfatta”.
Francisca de Paula, nel 1821, affrancata dalla schiavitù, si trasferì con la madre e Theotonio Pereira
do Amaral, fratello per parte di madre, a Baependi, una città in pieno sviluppo, dove, pochi mesi dopo,
rimase orfana.
In punto di morte la madre le raccomandò di condurre una vita ritirata, per praticare meglio la
carità e conservare la fede cristiana. Così, pur avendo molte richieste di matrimonio, le rifiutò ritenendo di
avere una missione da compiere, tuttavia non si mostrò mai contrariata con i pretendenti, anzi si dichiarava
grata per le buone intenzioni dimostrate nei suoi confronti.
Volendo seguire il consiglio della madre rimase a vivere da sola in una casetta su una collina ai
limiti dell’abitato di Baependi per dedicarsi alla preghiera e alla cura dei poveri, rinunciando di andare a
vivere insieme con il fratello, diventato tenente della Guardia Nazionale, quindi Consigliere comunale, dedito
al commercio.
Francisca de Paula, pertanto, scelse sin dalla prima giovinezza una vita di povertà: vivere in
preghiera, povera tra poveri. Lo zelo verso il Signore la spinse ad organizzare incontri di preghiera quotidiana
e settimanale tra la gente del quartiere circostante, a offrire un pranzo settimanale per i poveri, a elargire
elemosine per i bisognosi. Divenne così ben presto l’umile “madre dei poveri”, come veniva chiamata, pronta
ad accogliere chi si avvicinava a lei per chiedere preghiere, consigli, consolazione e conforto.
Solo la fede la portò a rinunciare a una vita agiata e senza problemi per il bene dei fratelli. Costituì
una vera lampada posta sul candelabro. Infatti, pur essendo ex schiava e discendente di schiavi, ha attratto a
sé persone di ogni razza e tendenza politica. Segno che si vedeva in lei la donna di Dio, piena di fede e di
carità.
La sua casa per ben settantacinque anni fu un luogo frequentato da persone semplici e Consiglieri
imperiali, giovani e professionisti di grido, poveri e ricchi, provenienti non solo dal Minas Gerais, ma anche
dal vicino Stato di São Paulo e soprattutto dalla capitale di allora, Rio de Janeiro. Molti cittadini che
andavano a “passare le acque” nel vicino centro di Caxambu, si recavano da lei dapprima spinti dalla
curiosità per poi finire a chiedere preghiere e consigli. Ed Ella aveva una risposta per tutti, senza credersi una
profetessa ma, come ebbe a dire: “Rispetto ciò che mi dice la Madonna e niente più”.
Chiamava la SS.ma Vergine “Minha Sinhá” (la mia Signora) e confessava candidamente: “Io prego
e la Madonna mi ascolta, mi risponde”, oppure “è lo Spirito che mi ispira”. Fu proprio in questo contesto
che la Madonna le chiese la costruzione di una cappella in suo onore.
Il fratello, deceduto nel 1862, la designò sua erede universale. Con la cospicua eredità poté
incrementare le attività caritative e sociali, provvedendo anche alla costruzione della cappella, dedicata
all’Immacolata Concezione di Maria. Grande è stata la sua capacità di coinvolgere in quest’impresa tutte le
persone che la frequentavano.
L’8 luglio 1888 sentì l’esigenza di spogliarsi di tutto quel che possedeva in qualità di ereditiera,
dettando il testamento in cui lasciò i suoi beni alla Parrocchia. Tenne a dare le indicazioni necessarie su tutto
quel che dovesse essere venduto e dato ai poveri, e perfino su come dovesse svolgersi il suo funerale e quante
messe dovessero essere celebrate in suffragio suo e dei suoi cari. Il suo abito di “nobiltà” doveva essere dato
ad una ragazza povera per le sue nozze.
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Quella che per tutti era ed è Nhà Chica morì il 14 giugno 1895. Il suo corpo fu tenuto esposto per
ben quattro giorni, senza che desse il minimo segno di decomposizione, si permise così ai numerosi fedeli,
accorsi da ogni dove, di darle l’estremo saluto. Esposta per le esequie nella Chiesa Matrice di Baependi, fu
quindi portata a spalla da un gruppo di ragazze alla Cappella da lei costruita, dove fu tumulata. Nel 1999 si
effettuò la ricognizione canonica e i resti mortali furono sistemati sempre nel medesimo luogo in un
sarcofago di granito.
Il 13 ottobre 2011 la Commissione Medica della Congregazione per le cause dei santi dichiara, dopo
avere analizzato i fatti, che la guarigione da problemi cardiaci dell'insegnante Ana Lúcia Meirelles Leite non
ha spiegazione scientifica.
È stata dichiarata Beata a Baependi-MG, il 4 maggio 2013.
La spiritualità della Beata ha avuto una connotazione profondamente evangelica, perché si è basata
unicamente sull’amore di Dio e del prossimo, manifestato nel modo più semplice e naturale, perché non ha
avuto alcuna matrice dotta o speculativa.
R IFLETTIAMO
Sulla Beatificazione di “Nhá Chica”, Roberto Piermarini, della Radio Vaticana, ha intervistato il
cardinale Angelo Amato:
R. - Anzitutto diciamo che è un grande dono che Papa Francesco fa alla chiesa brasiliana. Il Santo
Padre, primo papa latinoamericano, conosce bene la bontà del popolo brasiliano, il suo spirito religioso,
l'amore a Gesù e al suo Vangelo di vita e di gioia, la devozione alla Beata Vergine Maria, l'attaccamento filiale
alla Chiesa, l'amore al Papa, ai vescovi ai sacerdoti, la venerazione per gli anziani, la disponibilità
all'accoglienza della vita come inestimabile dono di Dio, la carità verso i poveri, il suo senso di uguaglianza e
di fraternità, il rispetto per la natura. Questa ricchezza di valori umani e spirituali rende il Brasile una terra
benedetta da Dio e una dimora degna di ogni persona umana. La Beata Nhá Chica ha vissuto in pieno questi
valori, lasciandoli in eredità a tutti i brasiliani, ma anche a tutta la Chiesa.
D. - Ci può delineare un breve ritratto di questa Beata laica brasiliana?
R. - Ce lo consegna Papa Francesco, che, nella sua lettera di beatificazione dice che Nhá Chica era
una donna di preghiera assidua e una testimone fedele della misericordia di Cristo verso i bisognosi nel corpo
e nello spirito. Unanimemente i testimoni affermano che Nhá Chica pregava molto e che aveva sempre il
Rosario in mano. Adoratrice instancabile del SS. Sacramento e contemplatrice della Passione di Gesù, aveva
una profonda devozione alla Madonna, che chiamava Minha Sinhà (mia Signora). La Salve Regina era la sua
preghiera preferita.
D. – Qual era la principale caratteristica della nuova Beata?
R. - La nostra Beata era umile. Non attribuiva niente alla sua persona, ma tutto a Dio e alla
Madonna. Le richieste dei fedeli le deponeva davanti alla Beata Vergine. Quando una persona veniva a
ringraziarla per una grazia ricevuta, ella diceva: «Io prego la Madonna, che mi ascolta e mi risponde». È
sempre stata consistente e persistente la fama di santità della nostra Beata, che era chiamata la Santina di
Baependi (a Santinha de Paependi). La sua beatificazione è una lezione di vita cristiana autentica.
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