CGIL CISL UIL FORUM DEL TERZO SETTORE NOTA SU POLITICHE SOCIALI E FINANZIARIA 2005 La legge finanziaria predisposta dal governo per l’anno 2005 è basata su un forte contenimento delle spese e non propone alcuna linea di sviluppo economico e sociale. La politica del governo rinunciando alla ripresa economica e produttiva del paese rischia di far aumentare il numero di famiglie in povertà e quella fascia di vulnerabilità sociale prodotta dalla disoccupazione, dai redditi impoveriti nel corso di questi anni, dalla mancanza di tutele e dalla precarietà dei rapporti di lavoro. Il dato più negativo risulta essere il finanziamento del Fondo nazionale per le Politiche Sociali che scende da 1.884.346.940,00 ripartiti nell’anno in corso (comprensivo dei 150 milioni di euro dello stanziamento per gli asili nido ex lege 448/2001) a 1.276.640.000,00 milioni di euro per il 2005. All’interno della manovra di quest’anno infatti non si riscontrano gli stanziamenti rispettivamente di 232 milioni di euro e di 243 milioni di euro questi ultimi finalizzati a finanziare i diritti soggettivi (assegni per il nucleo familiare e di maternità, indennità per i lavoratori talassemici, agevolazioni per i genitori portatori di handicap grave). Il sostegno delle politiche sociali è anzitutto dovere dello Stato come risposta a diritti essenziali di cittadinanza sanciti dalla Costituzione, ribaditi dalla L. 328/2000 e ancora non attuati. Risposta che è, allo stesso tempo, produttrice di sviluppo economico, sociale, occupazionale, di recupero e valorizzazione di energie intellettuali e morali delle persone e delle famiglie. La progressiva diminuzione delle risorse impiegate dal governo e dei trasferimenti alle Regioni e agli enti Locali che sono i principali finanziatori dei servizi locali, va nel senso opposto alla direzione indicata dal mondo del lavoro e dalla società civile. Cgil, Cisl, Uil e Forum del Terzo Settore hanno predisposto un documento comune in cui sono contenute poche e dettagliate richieste che debbono trovare specifiche voci di spesa nella legge finanziaria in discussione. LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SOCIALE (LIVEAS) La situazione del settore socio sanitario è tale da richiedere interventi urgenti su alcuni elementi basilari dell'intero sistema. Continuiamo a denunciare l’insufficienza delle risorse, lo squilibrio territoriale della rete dei servizi, profondamente lesivo dell’eguaglianza di trattamento dei cittadini sul piano dei diritti sociali, dovuti all’inapplicazione della Legge 328/2000. La mancata definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale (liveas) ed il loro adeguato finanziamento impediscono la risposta ai bisogni, il benessere dei cittadini e delle famiglie, la costruzione della coesione sociale quale elemento determinante di un equilibrato sviluppo economico e sociale. Senza la determinazione di tali livelli qualunque proposta di razionalizzazione e sviluppo rischia di essere un dibattito virtuale che rafforza l’evanescenza, la disorganicità e lo squilibrio delle tradizionali politiche socio assistenziali. Alle persone ed alle famiglie servono certezze fondate su un sistema universalistico, uniforme, pubblico, appropriato ed esigibile. Ciò per garantire benessere che non è solo salute, come la salute non è solo sanità. Pertanto l’unicità della persona richiede che vi sia un sistema integrato socio sanitario, per il quale serve una contemporanea determinazione dei lea sanitari e dei liveas, che rispondano ad una analoga filosofia di fondo. Dunque il contrario di una pura ripartizione delle risorse economiche tra i due comparti e di conseguenza tra il sistema delle autonomie locali e le Regioni. E’ pur vero che i livelli debbono essere determinati per aree di bisogno, ma questo non deve significare che si possano individuare tenendoli separati a seconda delle diverse categorie di utenza. Anche questo minerebbe l’organicità del sistema nazionale. L’urgenza della ridefinizione dei livelli è evidenziata anche dalla situazione che si verrà a creare con l’approvazione della legge sulla devolution, sulla quale abbiamo espresso contrarietà proprio perché in essa vediamo i pericoli di frammentazione ed accentuazione delle diseguaglianze, senza degli ancoraggi forti che garantiscano l’unitarietà della Repubblica e l’eguaglianza dei cittadini. Non a caso i livelli essenziali trovano particolare attenzione nella Costituzione laddove si prevede non solo la loro definizione da parte dello Stato, ma anche il potere di surroga qualora essi non vengano rispettati. Ciò peraltro non limita le prerogative delle Regioni, ma offre un quadro certo di riferimento per la programmazione degli interventi e dei servizi in base al quale impegnare unitariamente, anche se distintamente tutte le istituzioni ed i soggetti sociali presenti ed interessati. La ridefinizione dei livelli e la loro applicazione è una operazione politica di alto profilo che necessita del massimo di consenso sociale, perché tutti i soggetti dovranno compartecipare alla loro realizzazione e dunque debbono essere chiamati nella fase di determinazione degli stessi. In questo senso il nostro dissenso totale sullo schema di liveas predisposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali riguarda il metodo in quanto è mancata l’interlocuzione con le parti sociali, ed il merito perché la proposta visibilmente non tiene in alcun conto i contributi giunti da CGIL CISL UIL, dal Forum del Terzo Settore e dalle istituzioni locali, limitandosi a disegnare uno stato sociale minimo subordinato alle risorse finanziarie scarse. Per sintetizzare i liveas debbono essere approvati subito; debbono essere concertati; debbono essere finanziati secondo i bisogni, sia pure con gradualità. Rispetto ai contenuti dei livelli, come già espresso in diverse occasioni da CGIL CISL UIL e Forum del Terzo Settore, obiettivo prioritario è quello dei servizi che garantiscono l’accesso alla rete della generalità dei cittadini attraverso l’informazione e l’orientamento, e dunque il segretariato sociale, ed a quelli che attivano il necessario percorso personalizzato della risposta ai bisogni più complessi, e quindi il servizio sociale professionale. Questi debbono essere attivati da distinte unità di servizio, in quanto svolgono funzioni differenziate, e sono entrambe di stretta competenza delle istituzioni pubbliche. Il Segretariato sociale può avvalersi di strutture qualificate del privato sociale con questa specifica missione e che non gestiscano altri servizi e prestazioni alle persone e alle famiglie. Il ruolo di orientamento e accompagnamento, di valutazione multidimensionale dei problemi e di elaborazione del progetto integrato va svolto da figure con competenze professionali adeguate. Per quanto concerne gli standard di qualità, che debbono essere incorporati nei livelli, riteniamo necessario prevedere almeno l’adozione vincolante della carta dei servizi, l’individuazione dei criteri per i requisiti strutturali ed organizzativi, per la definizione delle professionalità da impegnare e per la formazione degli operatori, l’adozione di regolamenti d’appalto e di tariffari che consentono il rispetto dei contratti del personale. FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE SOCIALI Rispetto a ciò riteniamo necessario che si mantenga il Fondo nazionale per le politiche sociali, che sia finalizzato a sostenere la rete degli interventi del sistema delle autonomie locali, che se ne raddoppi l’entità perché al momento è inadeguata, che non serva a finanziare interventi estranei afferenti ad altri capitoli di spesa (come gli incentivi per l’acquisto della prima casa), che si ridiscutano i criteri di riparto sulla base di indicatori chiari. In tal senso l’assicurazione del Governo che non verrà intaccata la spesa sociale deve essere coerente con un atteggiamento non penalizzante la finanza locale, che si tradurrebbe indirettamente in una riduzione delle risorse a disposizione dei servizi sociali. FONDO PER LA NON AUTOSUFFICIENZA Accanto alla ridefinizione dei liveas è necessario provvedere rapidamente alla costituzione del Fondo per le persone non autosufficienti che rappresenta uno strumento concreto di sostegno alle politiche per le famiglie. Infatti vi è la necessità di dare immediata risposta ai 2.700.000 cittadini che versano in stato di gravissimo bisogno ed alle loro famiglie, gravate dall’onere della pressoché totale assistenza. A favore della sua immediata approvazione gioca anche il sostanziale consenso raggiunto dalle forze politiche di maggioranza ed opposizione. Sul finanziamento, che è il problema principale per la sua approvazione, ribadiamo che questo deve gravare sulla fiscalità generale. Se ne può eventualmente prevedere una graduale messa a regime a partire però da un credibile stanziamento iniziale. PROVVEDIMENTO CONTRO LA POVERTA’ E PER L’INCLUSIONE SOCIALE Infine vi è un problema ineludibile che si è acuito nel tempo: quello delle famiglie povere. Con la fine della sperimentazione del Reddito minimo di inserimento e l’avvio solo virtuale del Reddito di ultima istanza, impropriamente regolamentato e insufficientemente finanziato dal Governo, al momento non vi è un adeguato strumento di contrasto alla povertà che garantisca su tutto il territorio nazionale adeguati trasferimenti economici e al contempo misure attive di integrazione che ne evitino le possibili derive assistenzialistiche. L’intervento contro la povertà risponde ad un diritto essenziale di cittadinanza che lo Stato deve assumere pienamente, lasciando agli enti locali il compito e la scelta di reperire eventuali risorse aggiuntive. La Finanziaria deve contenere strumenti e risorse adeguate. Roma, 11 novembre 2004