Parrocchia di S. Maria a Quarto http://www.parrocchiasantamariaquarto.it 02/03/2014 VIII domenica del Tempo Ordinario - anno A Dal vangelo secondo Matteo (Mt 6,24-34) può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si foglietto per la Messa affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. pieghevole 25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la testi completi vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; calendario liturgico la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena. scarica i file 24Nessuno Dolce sentire come nel mio cuore, ora umilmente sta nascendo amore. Dolce capire che non son più solo, ma che son parte di una immensa vita, che generosa risplende intorno a me: dono di Lui, del suo immenso amore. (da "Fratello sole, sorella luna") Questo splendido brano evangelico dove trabocca l'amore materno di Dio, fa ripensare a san Francesco e, per quelli che lo hanno visto, anche al film di Franco Zeffirelli "Fratello sole, sorella luna ". Ovviamente non è questa l'occasione per recensire il film e magari unirci alle molte critiche che gli sono state mosse, comprese quelle dei frati francescani che hanno in parte contestato la non esattezza storica dei fatti raccontati. Quello che ci colpisce è la rilettura di questo brano evangelico proposta nel film. Nella scena dell'incontro di Chiara con Francesco, completamente immersi in una natura che evoca bellezza e silenzio, dove le parole possono andare direttamente al cuore, si vedono due bellissimi e inermi adolescenti che respirano a pieni polmoni il dono di Dio mentre la loro comunicazione diventa essenziale e profonda. Significative le parole che Chiara rivolge a Francesco quando gli riferisce ciò che la gente pensa di lui: "Pensano tutti che sei matto. Lo sai questo? Quando andasti alla guerra la gente diceva che eri bravo e intelligente, e ora sei matto perché fai il verso degli uccelli, corri dietro alle farfalle e guardi i fiori. Secondo me eri matto prima non ora". Piene d'entusiasmo controllato sono ancora le parole con cui Chiara motiva a Francesco la scelta di seguirlo, come se volesse farci assaporare la gioia che dilata il tempo e lo spazio e che fa percepire come niente abbia più valore della fiducia in Dio: "Ascoltami. Io ti porto il mio bene, Francesco! D'ora in poi ho deciso di vivere come tu. Il tuo esempio mi ha illuminata: ora vedo così chiaro, finalmente! Non voglio più essere capita, voglio capire io, ne sono certa. Non mi aspetto di essere amata, voglio amare. Ti prego, Francesco, dovunque ci sia dolore aiutami, ti prego fa' ch'io porti gioia". La scena, comunque, che più colpisce e fa riflettere è quella che rappresenta Francesco e i suoi pochi compagni a Roma, dove, nella bella e imponente basilica vaticana (scena girata nel duomo di Monreale), chiede a Innocenzo III di approvare la regola. Francesco, povero e scalzo percorre la navata di questa splendida chiesa mentre i nobili, i preti, i vescovi e i cardinali, ornati di splendide vesti e di preziosi monili, seduti comodamente, fanno ala al suo passaggio, e sullo sfondo il papa, al di sopra di tutti, ascolta con turbamento le parole di questo impresentabile giovane. Al di sopra di tutto e di tutti il Cristo, raffigurato in uno splendido mosaico, guarda e benedice. Francesco, da principio intimorito, legge il testo latino preparato da "esperti vaticanisti", ma poi pian piano, abbandonata la lettura e la paura, con un sorriso sereno, appena accennato, inizia a pronunciare proprio le parole del Vangelo di oggi, con l'ardore di un giovane che crede nel progetto che ha scelto di seguire. La reazione del papa è molto diversa da quella dell'uditorio: nel silenzio alza lentamente il braccio destro e, dopo averlo steso, gira la mano aprendola in modo che si veda il prezioso anello. La scena suscita attesa nei presenti: che cosa farà il papa? Scomunicherà Francesco o lo benedirà? L'immagine ruota lentamente e, mentre il braccio del papa esce di scena, contemporaneamente prende il suo posto il volto severo, ma distaccato del Cristo pantocratore. Fra lo stupore di tutti, il papa, percorre lentamente gli infiniti scalini che separano il suo scranno da Francesco e bacia i suoi piedi sporchi. Il film chiude riportandoci alla normalità: Francesco esce felice dalla chiesa con i suoi, il papa, invece, nonostante abbia respirato per un momento il soffio di libertà portato da Francesco, rientra nella prigione della ricchezza e del potere. A questo punto emerge spontanea la domanda: "che cosa è la sicurezza per noi?". Le parole di Gesù non c'invitano alla passività e ad aspettare inermi l'aiuto dal cielo, piuttosto ci spingono a ricercare le vere sicurezze. Oggi il mondo è popolato da oltre sette miliardi di persone, ma il potere e la ricchezza, o meglio l'energia, si ritiene sia detenuta da poco più di centomila di esse. La sicurezza dovrebbe imporre di guardare alle necessità di tutti, ma questa è solo un'affermazione di principio perché i modelli che abbiamo intorno ci convincono a essere quello che guadagniamo. Lo spread e il pil sono parole entrate solo recentemente nell'uso comune e dal loro andamento sembrano dipendere le nostre certezze e la nostra felicità. Con questo nuovo linguaggio, espressione di un'ideologia vecchia, ma purtroppo ancora in vigore, sembra scomparsa anche la poesia dei gigli e degli uccelli che si legge nella Buona notizia. L'invito di Gesù è a non affannarsi o preoccuparsi o angustiarsi per il domani e non vuol dire non avere una giusta preoccupazione per la famiglia, gli amici e i vicini, piuttosto non farsi assorbire totalmente da un qualcosa che finirà per essere adorato come un idolo e a contrapporsi a Dio. Ancora una volta Gesù ci propone l'essere e non l'avere invitandoci a cercare innanzitutto il Regno di Dio e la giustizia. Quest'ultima è la parola chiave che apre il nuovo orizzonte della fraternità. Altro che passività! La ricerca del Regno e della giustizia presuppongono un impegno costante ad attuare nella nostra vita i valori che essi comportano cioè il prevalere della solidarietà che implica, fra l'altro, l'equa distribuzione dei beni tra gli esseri umani. L'affanno spasmodico e l'inquietudine nella ricerca di quelle che oggi, in modo particolare, sono ritenute le cose più importanti per la nostra sicurezza, di fatto ci distolgono dalla ricerca del Regno. Gesù vuole l'uomo libero e felice e gli affida un messaggio di una tenerezza straordinaria: occorre aver fiducia nel Signore, abbandonarsi a lui come il neonato fra le braccia della mamma fiducioso che a tutto penserà lei. Il contesto, la scena, i personaggi: Matteo è un esperto delle Scritture e scrive per persone conoscitrici della Bibbia, in particolare per i cristiani provenienti dal giudaismo che, però, non sono venuti a contatto diretto con Gesù, ma lo hanno conosciuto attraverso testimoni. La prospettiva, dunque, è quella di mostrare come in Gesù si sia compiuta la scrittura: egli, nuovo Mosè più grande dell'antico, è il solo Maestro e l'unico profeta che consegna all'uomo l'ultima e definitiva parola di Dio. Gesù è anche il creatore della Chiesa, nuovo popolo che dovrà curarsi dei "piccoli" cioè di quelli che sono i più fragili, i diseredati, gli scarti come ci ricorda papa Francesco nell'Evangelii gaudium e costruire una società fondata sul perdono e la fraternità (anche questo trova riscontro nel discorso di papa Francesco per la XLVII Giornata Mondiale della Pace 2014 Fraternità, fondamento e via per la pace.) Con questa prospettiva la Buona notizia è strutturata in otto parti e precisamente: 1. PROLOGO: Genealogia e racconti dell'infanzia (1, 1-2,23) 1.1. La genealogia di Gesù (1, 1-17) 1.2. La nascita di Gesù (1, 18-24) 1.3. L'adorazione dei Magi (2, 1-12) 1.4. La fuga in Egitto e strage degli innocenti (2, 13-23) 2. PRIMO LIBRO: L'annuncio del regno (3, 1-7,29) 1.5. Sezione narrativa: l'inizio del ministero (3, 1-4,25) 1.6. Discorso: Il Discorso della Montagna (5, 1-7,29) 3. SECONDO LIBRO: Ministero in Galilea (8, 1-11,1) 1.7. Sezione narrativa: ciclo di dieci miracoli (8, 1-9,34) 1.8. Discorso: Il discorso missionario (9,35-11,1) 4. TERZO LIBRO: Controversie e parabole (12, 2-13,52) 1.9. Sezione narrativa: incredulità e ostilità dei Giudei (11,2-12,50) 5. 6. 7. 8. 1.10. Discorso: le parabole del Regno (13,1-52) QUARTO LIBRO: La formazione dei discepoli (13,53-18,35) 1.11. Sezione narrativa: episodi prima del viaggio a Gerusalemme (13,53-17,27) 1.12. Discorso: il discorso ecclesiastico (18, 1-35) QUINTO LIBRO: Giudea e Gerusalemme (19,1-25,46) 1.13. Sezione narrativa:viaggio a Gerusalemme ed eventi in essa (19,1-23,39) 1.14. Discorso: il discorso escatologico (24,1-25,46) IL RACCONTO DELLA PASSIONE (26,1-27,66) IL RACCONTO DELLA RISURREZIONE (28, 1-20) Il discorso della montagna è il primo dei cinque grandi discorsi che formano l'impalcatura del vangelo di Matteo ed ha come tema l'annuncio del Regno che noi dobbiamo riconoscere perché da esso origina la nostra capacità di mostrarlo attraverso le opere che costituiscono la "giustizia". Il brano odierno si apre con un detto riguardante i due padroni cui segue una raccolta sul tema della ricerca del Regno dei cieli e la chiusura formata da una massima sapienziale. E ora affidiamoci alla Buona notizia. 24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Il detto esplicita un'affermazione durissima: nega la possibilità per l'uomo di avere i piedi su due staffe e, in definitiva, la libertà di fare ciò che vuole. Per meglio comprendere la portata di questo detto, cerchiamo di dire qualcosa sui termini impiegati dall'evangelista. Nell'uso comune il verbo servire indica una persona che presta un servizio retribuito come un maggiordomo, una colf o una badante, mentre il termine greco e anche quello latino indicano l'essere schiavo di qualcuno, praticamente senza diritti. D'altro canto anche il padrone non individua il proprietario di un bene, di un'impresa o qualcuno che detiene un potere, ma i termini greco e latino indicano piuttosto il dominatore o il tiranno: nel linguaggio italiano assomiglia al modo di dire "essere il padrone della città" cioè usarla come sua proprietà, avere qualsiasi diritto e libertà di scelta su di essa. È evidente che in una relazione di questo tipo non ci può essere libertà. I due padroni contrapposti sono Dio e la ricchezza. Anche qui c'è da notare che la traduzione italiana del termine "mamōnâ” con la parola ricchezza (CEI 2008) manca di precisione. Nelle versioni precedenti, come anche nell’originale di Matteo, il vocabolo non era stato tradotto perché intraducibile. Non tutti i linguisti sono d’accordo a ricondurre alla stessa radice l’origine del termine “mamōnâ”, tuttavia pervengono ad analoghi risultati. Il termine, rimandando al concetto di certezza e di stabilità, indica più che il denaro e la ricchezza, tutto ciò che è garanzia di sicurezza nella vita dell’uomo in opposizione a Dio. L'uomo deve per forza scegliere di affidarsi a Dio o ai beni materiali in quanto li ritiene una garanzia di maggior sicurezza per la propria vita rispetto allo stesso Dio. 25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? L'inizio del versetto, con il suo tono autorevole, lega ciò che è stato detto prima alle parole che saranno pronunciate e crea nell'ascoltatore un'aspettativa carica di fiducia e di conforto. Certamente questo è uno dei versetti più oscuri e controversi, la cui proposta è difficile da accettare soprattutto in un momento di crisi economica quando la situazione nella quale l'uomo vive mette a rischio non solo la sua dignità e quella della sua famiglia, ma addirittura la sua vita. Il giusto orientamento sta nel verbo greco merimnáō che non fa riferimento alla normale ansia che in alcuni momenti della giornata ci può legittimamente attanagliare, ma alla preoccupazione e all’affanno patologici che impediscono la ricerca del regno e l’abbandono fiducioso fra le braccia del Padre. Che questo affanno di ricerca dei beni materiali sia molto negativo lo suggerisce il fatto che l'invito a non preoccuparsi ricorre nel brano di oggi, come un ritornello, per ben tre volte che, secondo la simbologia dei numeri, significa qualcosa di definitivo e di sicuro. Gesù con queste parole probabilmente si rivolge innanzitutto ai discepoli che avevano lasciato tutto per seguirlo. Chi ha rinunciato alle sicurezze terrene per servire il Signore non deve affannarsi per provvedersi di cibo per vivere e di vestiti per coprirsi perché Dio, che ci ha donato la vita e il corpo, non potrà dimenticarsi come babbo e mamma, di pensare anche alle altre necessità. Inoltre l'affanno nella ricerca di soddisfare i bisogni primari non può occupare tutto l'orizzonte della vita delle persone privandole di gustare la gratuità dell'amore di Dio. Di fronte a questa esortazione di Gesù che dire della dottrina neo-liberista che da qualche anno inquina la nostra cultura? L'esaltazione del libero mercato scaturisce dalla visione secondo la quale il valore di ogni attività umana è dato unicamente dal suo prezzo, da quanta ricchezza produce, dalla domanda e dall'offerta. L'uomo e il suo benessere psicofisico non hanno valore perché non quotabili sul mercato. La crescita umana e culturale di ogni individuo interessa solo nella misura in cui ci si può lucrare. È emblematica la risposta di un ministro del nostro Paese che, nel 2010, richiesto di spiegazioni sui tagli alla cultura e all'istruzione operati dal governo, testualmente dichiarò: "Con la cultura non si mangia". È frutto di questa filosofia delocalizzare le fabbriche anche in Paesi che non hanno alcuna norma che preveda il rispetto dei lavoratori e dell'ambiente, oppure costringere molti a vivere con pensioni e stipendi intorno ai mille euro e a subire la disoccupazione e la sottoccupazione. La scelta del neoliberismo, in quanto dottrina che nega esplicitamente il principio della solidarietà e della fraternità, rappresenta oggi l'adesione a "mamōnâ” da cui dovremmo fuggire perché la vita vale più dei beni di consumo. 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Questo è il primo esempio a sostegno di quanto Gesù ha detto prima. È preso dalla natura e riguarda il cibo. La scelta dell'esempio, cioè gli uccelli animali ritenuti inutili e nocivi, serve a dar maggior valore a ciò che è affermato. Se il Padre si occupa del nutrimento di questi esseri inutili che non si dedicano alle opere necessarie a garantire loro la sopravvivenza, figurarsi se non pensa a voi. Occorre aver fiducia in Dio anche perché siamo talmente limitati da non poter aggiungere un'ora alla nostra vita (o altra traduzione possibile) un cubito (pari a 44,45 cm) alla nostra statura. 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Anche questo esempio è tratto dalla natura, riguarda il vestire e si riferisce al lavoro femminile. L'esempio è abbastanza simmetrico al primo in quanto mette a confronto l'opera di Dio con il limite dell'uomo. Dio riveste i gigli del campo con una bellezza tale che neppure Salomone nel suo grande splendore potrebbe imitare. Se Dio riveste di bellezza perfino l'erba selvatica destinata al forno, pensare che lui non farà molto di più in favore dei discepoli è proprio di chi, come voi, non ha fiducia in lui. Gesù chiaramente muove un rimprovero ai suoi discepoli e l'evangelista alla sua comunità che rischia di arrendersi di fronte alle difficoltà del momento. 31Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33 Per la seconda volta Gesù c'invita a non preoccuparci per il cibo e il vestito come fanno quelli che non credono in Dio che sono ossessionati da queste preoccupazioni materiali, ma ci esorta ad abbandonarci completamente alla sua bontà. Chiara è l'analogia con la preghiera del Padre nostro anche se, in questo caso, Gesù sembra andare oltre ed è come se dicesse: «Non vi preoccupate, perché la preoccupazione indica che non avete fiducia nel Padre il quale non ha bisogno neppure che voi chiediate perché conosce ciò di cui i figli hanno bisogno». 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Dopo tanti "no" ecco, finalmente, un invito positivo, la chiave di lettura di tutto il brano: la fedeltà a Dio nella ricerca del Regno. Altro che rimanere inermi ad aspettare il panierino che scende dal cielo! L'invito a vivere la storia nella fedeltà al Signore non solo è pressante, ma è anche l'unica cosa che il discepolo deve fare. Darsi da fare per costruire una nuova comunità alternativa alla società in cui viviamo che ponga al primo posto il condividere e il servire l'altro considerato come persona e non come numero o, peggio, strumento valutato con il prezzo che può avere sul mercato. Per il fatto di essere figli del Padre che è nei cieli non significa vivere nella spensieratezza imprevidente, senza progetto e senza méta. Il figlio deve anche acquisire la coscienza di non essere autosufficiente, ma di aver bisogno del babbo e dei fratelli altrimenti, anche se avesse dei progetti, la solitudine non gli consentirebbe di realizzarli. Dio è generoso, a lui interessa solo che ci si dia da fare per realizzare in questo mondo un modello di società che rispecchi il suo amore, tutto il resto non conta e lo avremo "in aggiunta". 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena. Per la terza volta Gesù c'invita a non preoccuparci e ad avere piena fiducia nell'azione paterna e materna di Dio. Il discepolo deve vivere l'oggi senza preoccuparsi del domani perché ogni giorno porterà l'affanno e la preoccupazione, ma anche l'aiuto di Dio. La letteratura ha spesso rappresentato la dedizione a Mammona; Verga, Dickens, per citarne alcuni, hanno creato personaggi che per circondarsi e mettere al sicuro il denaro, hanno vissuto vite grame e solitarie, senza amore; Goethe e Wilde hanno immortalato l'immagine di chi spietatamente vuole raggiungere i propri obiettivi, senza alcun senso di giustizia, ma piuttosto con la sopraffazione e il raggiro. Non sono ritratti di persone felici, nemmeno lo spensierato Peter Pan è felice, non riesce ad accettare il destino di crescere e assumersi responsabilità da adulto. Felice invece, anzi, lieto, era San Francesco, povero per scelta, libero e pieno di amore per il mondo e gli uomini. C'è un'ape che se posa Su un bottone de rosa Lo succhia e se ne va: Tutto sommato, la felicità È 'na piccola cosa Trilussa