Introduzione - GiovaniAmoreMisericordioso

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Giovani Amore Misericordioso
Gesù fissatolo, lo amò
Vendere…
Introduzione
La prima grande azione per trovare vita piena è una vendita. Siamo nel mondo del
consumo e abbiamo una esperienza quotidiana dello shopping. Noi andiamo sempre a
comperare, invece qui per essere felici bisogna vendere. Vendere è staccarsi, è mettere
sul banco, è aspettarsi che qualcuno sei porti via quello che hai esposto. La gioia del
venditore è di non continuare tutti i giorni a rimettere nei bauli la merce che ha esposto.
La gioia del vu’ cumprà è di tornare a casa la sera con il borsone vuoto e il portafoglio
pieno. Vendere non è regalare, non è buttare, è realizzare con quello che hai il massimo
che puoi. Non ti si chiede di mandare al macero, ma di ricavare da quel che hai tutto il
possibile. Ma che cosa vado a vendere io che faccio pietà e che mi sento solo decorativo?
Non ho niente da mettere in bancarella.
Forse puoi anche avere niente cui sei attaccato, ma non ci credo. Saresti disposto a
vuotare il tuo loculo, cioè la tua stanzetta, con i tuoi orsacchiotti di pelouche e il tuo set di
barbie, la mensola del tuo bagno con tutti i gel, gli spray, le acque di Colonia, gli impulse,
la sequenza di shampoo, l’assortimento di pomate… saresti disposto a vendere lo stereo,
tutti i cristalli liquidi che ingombrano tavoli e comodini, mensole e cassettoni? Facciamo un
salto nel garage? No. Quello mi serve per andare a lavorare. Alle quattro di mattino la
domenica, evidentemente! Occorre tornare ad essere essenziali se vogliamo essere felici.
La sobrietà è strada di libertà. Non credere di essere superiore a queste cose. Non dire
troppo in fretta che il tuo problema non sta qui, che queste cose non ti fanno né caldo, né
freddo. Non è vero perché intanto te le tieni e ti ingessano. Forse questa estate sarà bene
che vada un mese in missione e quando tornerai farai meno fatica a fare piazza pulita.
Ma non voglio crearvi stati ansiosi. Diceva Giovanni Paolo II in un memorabile commento a
questo
brano di vangelo. Quale è la ricchezza più grande che quel giovane doveva mettere a
disposizione, doveva offrire ai poveri, da cui doveva operare un distacco positivo, di cui
doveva fare offerta? Il
bene più grande che un giovane ha è la giovinezza, i tuoi 16, 18, 20, 30 anni. Quella devi
mettere a disposizione, quella devi mettere all’asta per ricavare il massimo, devi far
crescere di valore, devi giocarla in borsa e continuamente al rialzo. La tua freschezza, la
tua gioia, la tua grinta, il tuo benessere, il tuo fuoco, il tuo essere sentinella, la tua
bellezza, il tuo corpo, la tua voglia di vivere. Questa deve essere spesa, e regalata ai
poveri. Che stai facendo della tua giovinezza. Qualcuno ne sta godendo oltre a te? La tua
ragazza o il tuo ragazzo? Siete già fermi a due cuori e una capanna? Ma ci vuole un
condominio, una città, il mondo intero. Due cuori e il mondo. Magari siete andati anche voi
da Gesù a chiedere che fare e siete andati in coppia. A voi coppia Gesù spara tutta la
raffica di verbi. E voi due potete essere felici se mettete a disposizione la vostra vita
d’amore per gli altri, per i poveri. La maggior parte delle coppie di innamorati di oggi vive
il massimo di egoismo possibile, quando si imposta tutta la vita di coppia a cercare il posto
più appartato per farsi i fatti propri.
1
Marco 10, 23-31
23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto
difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio! ”. 24
I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese:
“Figlioli, com’è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un
cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”.
26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: “E chi mai si può salvare?
”. 27 Ma Gesù, guardandoli, disse: “Impossibile presso gli uomini, ma non
presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio”. 28 Pietro allora gli disse:
“Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. 29 Gesù gli
rispose: “In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o
fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del
vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e
fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel
futuro la vita eterna. 31 E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i
primi”.
Va’ e vendi quello che hai
Questa parola Dio non te la dice giocando o per scherzo.
Questo ragazzo se ne andò via triste. Anche noi spesso siamo molto tristi, perché
cerchiamo continuamente di conciliare le ricchezze con il Signore. Arrivò da Gesù Cristo
convinto di avere fede, di essere cristiano, di adempiere i comandamenti, come siate
venuto in voi qui a questa catechesi e ritorno molto triste, perché si rendo conto che non
ama Dio al di sopra dei suoi beni. Anche i discepoli assistendo alla scena rimasero atterriti
e sorpresi. Ma Gesù dice: quello che per gli uomini è impossibile per Dio è possibile.
Sicuramente anche tu, nel tuo intimo, in questo momento stai pensando a due cose.
La prima è ritenere che quella di Gesù sia una parola che non va presa alla lettera, che in
fondo è una esagerazione, ma allora tutto il vangelo è una esagerazione. E allora
possiamo prendere questo libro e buttarlo dalla finestra. Una cosa è certa il Vangelo nono
è stato scritto per una Chiesa-massa, ma per una Chiesa-resto, fatta di pochi convinti che
Gesù è il Signore.
Non pensare però che questo ordine di Gesù sia solamente un consiglio evangelico che
debbono seguire solamente poche persone: religiosi, preti…Ai tempi di Gesù non
esistevano gli Ordini Religiosi.
La seconda tentazione è dire che non hai niente da vendere. Oppure mi chiedi che ti dica
dettagliatamente che cosa tu devi vendere. Chi pensa questo non vuole ascoltare, è qui
con cattiva intenzione. E molti lo avete pensato. Gesù Cristo non vuole per niente che tu
viva sotto un ponte, che tu ti torturi, anche se in passato sembrava che per essere veri
cristiani, bisognava fare molti sacrifici, il Signore vuole che ci liberiamo in questo momento
dal demone delle ricchezze e per fare questo ci dice venti ciò che ti sta più a cuore! Magari
il tuo cuore si trova non nella macchina, ma in un libro a cui tieni, nel regalo del tuo
fidanzato/fidanzata, nello stipendio di fine mese…
Ma Gesù Cristo non ti dice di vendere i tuoi beni perché sacrificandoti in questa vita, ti
guadagni il cielo. Gesù dice che se qualcuno vuol venire dietro a Lui, per amore del
vangelo, lasci la casa, la macchina, la moglie, la madre, il campo o la fattoria e promette
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di dargli in questa terra cento case, se da una macchina cento macchine, e così via.
Vedete, qui non si tratta di essere poveri. Ciò che vuole Gesù Cristo è liberarci dall’idolo,
dalla schiavitù del denaro.
Non ti chiedere neppure a quali poveri, il vangelo non si pone questa domanda. Né si pone
la domanda se poi questi soldi che tu dai verranno spesi bene o per bere vino o per
drogarsi. Invece san Pietro ci ricorda che la carità copre una moltitudine di peccati (cfr.
1Pt 4,8-9).
È vero che voi avete ascoltato questa Parola: vai e vendi i tuoi beni. È vero anche che
qualcuno dice ma io non posso, non ho le forze! Si pretende solamente che tu dica: io
sono disposto ad obbedire al Signore, lui mi darà la forza, la Chiesa mi darà la forza, i
sacramenti, il gruppo mi darà la forza. Questa parola “VENDI” , ti rivela che tu hai poca
fede e questo ti aiuterà a scoprire l’unico che ti può dare la felicità piena, la vita eterna.
Vendere: che cosa significa?
Non tesorizzate tesori sulla terra
«Non tesorizzate tesori sulla terra, dove tarme e ruggine vanificano e dove ladri
scassinano e rubano» (Mt 6, 19).
Tutto il senso di questo detto è racchiuso nella contraddizione fra i due verbi che lo
qualificano: tesorizzare e vanificare. Il primo dice il desiderio di stabilità e sicurezza:
raccogliere, ammassare, depositare, collocare al sicuro. Il secondo dice l'inconsistenza:
diventare invisibili, sparire, vanificare. Sta qui l'illusione nella quale l'uomo facilmente
cade: si illude di porre al sicuro cose che in realtà sono minacciate da ogni parte: non
soltanto dai ladri, ma nel loro intimo (tarme e ruggine). L'uomo pensa di porre al sicuro le
sue cose e se stesso, ma è inganno e illusione.
«Tesorizzate invece tesori nel cielo» (Mt 6, 20). Quali sono i tesori che, al contrario dei
precedenti, non illudono l'uomo e non rendono vana la sua fatica? La differenza è indicata
da una opposizione: «sulla terra» e «nel cielo». Accumula tesori eterni colui che riceve
ringraziando e usa condividendo. In questo modo i beni del mondo alimentano non solo la
vita materiale che perisce, ma anche quella spirituale: sono strumenti per entrare in
comunione con il padre e con i fratelli.
Non si può servire a due padroni
«Non si può servire a due padroni» (Mt 6, 24). Non è però qualcosa del tutto isolato. È
anzi il punto di arrivo di un discorso che si avverte anche altrove nei vangeli e che ha già
le sue radici nei profeti.
«Non si può servire a due padroni» è un detto che certamente si può utilizzare in
diverse direzioni. Molte, infatti, sono le cose che minacciano il primato di Dio nel cuore
dell'uomo: il potere, il prestigio, il denaro, i piaceri. Ma per Gesù i due padroni sono ben
chiari: Dio e il denaro. Per Gesù l'insidia viene soprattutto da qui. Mammona (termine
usato una volta in Matteo e tre volte in Luca: 16, 9.11.13) è un termine semitico. Significa
l'accumulo del denaro, forse anche la fiducia nel denaro. Il denaro qui appare come una
forza personificata, quasi un anti-Dio: denaro accumulato, ritenuto solido, invadente, tale
da rubare spazio allo stesso Dio. Non c'è un mammona onesto e uno disonesto. La rivalità
fra mammona e Dio è netta.
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Due volte ricorre il verbo servire che non significa una semplice prestazione di servizio,
neppure soltanto obbedienza, ma appartenenza, come è detto chiaramente anche dai
successivi verbi agapao (amare) e antechomai (preferire, essere attaccato). Nel mondo
antico il servo apparteneva a un solo padrone, disponibile in ogni momento a servirlo in
tutti i suoi bisogni. Se Gesù dice che non è possibile servire Dio e il denaro, è perché, al
contrario, molti cercano di farlo. Certo lo pensano coloro che ritengono la ricchezza una
benedizione di Dio e un premio alla propria giustizia. Oppure chi pensa che si dà gloria a
Dio soprattutto con le opere, con le osservanze e con le offerte. Una gloria di Dio
immaginata così può benissimo coesistere con la ricchezza: anzi, la ricchezza costituisce
un'opportunità. Ma un Dio immaginato così non è quello di Gesù.
Non affannatevi
Le parole che seguono (Mt 6, 25 ss) allargano il problema, ma non se ne staccano. In
gioco è sempre l'illusione di trovare sicurezza in cose che non possono darla.
Il verbo «affannarsi» attraversa tutto il passo. Affannarsi non è semplicemente lavorare,
né essere previdente, né affaticarsi. Significa essere nell'ansia, nell'angoscia, perennemente col fiato sospeso. Un modo di vivere che rivela un rapporto sbagliato con le cose, con la
vita e con Dio.
Il cibo e i vestiti indicano bisogni fondamentali. L'errore non sta nel cercarli, quasi
fossero cose secondarie, irrilevanti, per le quali non vale la pena di perdere tempo e fatica.
L'errore non sta nel cercare questi beni, ma nel sopravvalutarli, quasi fossero capaci di
risolvere il problema di fondo che - lo si voglia o no - è quello di trovare sicurezza e
serenità in una vita che sembra tutto vanificare («tarme e ruggine distruggono»). Per
quanto si affatichi e si affanni, l'uomo non può aggiungere un'ora sola alla sua vita (Mt 6,
27). Soprattutto, l'errore che sconvolge i rapporti con la vita e le cose è quello di guardarli
senza tener conto del Padre. Per liberare l'uomo dall'ansia e dall'angoscia per il cibo e il
vestito e per l'accumulo, Gesù non fa leva soprattutto sul disincanto di queste cose, ma
sulla fiducia nel Padre. L'affanno è una modalità di vita che non si addice alla visione
cristiana delle cose. Tradisce una profonda mancanza di fede. Tutte le creature (gli uccelli
e i fiori) esistono fidandosi del Padre che li nutre. Lo impari anche l'uomo. A una sicurezza
affannosamente cercata nel possesso (e dunque in se stessi e nelle cose), la comunità di
Gesù, alternativa, sostituisce una sicurezza cercata nella fiducia nel Padre.
Cercate prima
«Cercate prima il regno e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno poste davanti»
(Mt 6, 33). Queste parole vanno esaminate con cura. «Cercate prima» indica certamente il
primato di Dio, che però non si esprime qui (come invece abitualmente avviene) nella
forma della dipendenza da Dio e dell'obbedienza alla sua volontà, ma nella forma della
ricerca e del desiderio. È già una nota importante. Ma come intendere l'espressione «il
regno e la sua giustizia»? E’ questione non facile, ma essenziale, perché è proprio la scelta
prioritaria del Regno e della sua giustizia che determina la qualità, la misura e la forma
della scelta di vita, che non è soltanto rinuncia alle cose, ma un modo diverso - come già
detto - di guardarle e di goderle. Il Regno non è Dio in se stesso, ma Dio in relazione con
l'uomo: l'amore di Dio in favore dell'uomo; Dio che ama l'uomo; come Dio guarda
all'uomo, ogni uomo: tutte queste espressioni si sforzano di farci comprendere il tratto più
essenziale del Regno. E la sua giustizia è il modo giusto con cui Dio si comporta verso l'uomo: un comportamento che l'uomo deve, a sua volta, far proprio ed estendere agli altri.
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La giustizia nella Bibbia, e particolarmente in Matteo, ha sempre due facce: dono di Dio e
compito dell'uomo, amore che discende da Dio e fraternità.
Cercare è un verbo che dice il desiderio, lo slancio, la passione, la tensione, l'iniziativa e
la progettazione. L'affanno non è evangelico, ma il cercare, l'appassionarsi, sì. Il fatto poi
che questo verbo sia all'imperativo presente suggerisce la continuità: continuate a cercare.
Cercare il Regno è affare di tutta la vita. Il Regno non è qualcosa di già compiuto, che si
può trovare già fatto, ma è un seme che va coltivato e custodito.
Cercate «prima»: l'avverbio prima dice la priorità, la precedenza, ma anche - in un certo
senso - l'esclusività. Non molte ricerche, ma una sola. Un solo padrone, non due. Le
troppe ricerche distraggono e svuotano.
«Tutte queste cose vi saranno poste davanti»: la forma passiva del verbo porre
suggerisce che tutte queste cose sono un dono di Dio, da accogliere nella gratitudine e
nella fiducia, non nell'arroganza - e nell'affanno - di chi si crede padrone. Il tempo futuro
del verbo («vi saranno poste davanti») suggerisce, poi, la tesi già anticipata: tutte queste
cose dipendono da qualcosa che deve avvenire prima, la ricerca del Regno, appunto.
«Tutte queste cose» sono - come dice chiaramente il contesto - il cibo, il vestito, il domani. Sono le cose della vita. Non sono secondarie nel senso che se ne possa fare a meno
(tutt’altro!), ma nel senso che non si reggono da sole: richiedono uno spazio in cui
collocarle (il primato del Regno) e un modo corretto di cercarle.
Quando il verbo cercare ha per oggetto Dio, significa sempre una ricerca intensiva, che
impegna tutto l'uomo assorbendolo. E tuttavia resta una ricerca serena, senza affanno,
una ricerca che non spegne la libertà, ma la allarga, non umilia le altre cose, ma le esalta.
Completamente diversa è la ricerca dei pagani (Mt 6, 32), che Gesù dichiara sbagliata per
due motivi: perché affannosa e senza serenità e perché in direzione delle cose secondarie
senza prima mettere al sicuro la cosa essenziale. Il vero sbaglio - mi si permetta di
ribadirlo - non sta nel fatto di aver bisogno del cibo, del vestito e di serenità di fronte al
domani, ma nell'illusione di garantirsi tutto questo accumulando e fidandosi delle proprie
forze.
Per le riflessione
1. Quali sono le cose a cui sono più attaccato e che sono idoli nella mia vita?
2. Hai mai fatto l’esperienza di vendere qualcosa per il Signore?
3. che cosa pensi sia ingiusto in questo mondo? Cosa significa cercare la giustizia nella
tua vita?
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