Corte di Cassazione, sez. I Civile, 25 giugno 2014, n. 14448

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Corte di Cassazione, sez. I Civile, 25 giugno 2014, n. 14448
Fatto e diritto
Rilevato che:
1. Il Tribunale per i minorenni di omissis, con sentenza n. 359/2012 del 22 agosto - 3 settembre
2012, ha dichiarato lo stato di adottabilità di P.S. , nata il (omissis) da A.A. e P.G. , e ha nominato
come tutore provvisorio il Sindaco di omissis, disponendo il divieto di contatto con i genitori e altre
figure parentali, confermando l'affidamento ai servizi sociali e la sospensione della potestà
genitoriale.
2. Hanno proposto appello P.G. e A.A. contestando la sussistenza dello stato di abbandono della
figlia.
3. La Corte appello di omissis, con sentenza 2843/13 del 9 aprile - 16 maggio 2013, ha confermato
la decisione di primo grado.
4. Ricorrono per cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione, P.G. e A.A. .
5. Si difende con controricorso l'avv. M.R. nella sua qualità di curatore della minore.
6. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli articoli 1, 8 e 12 della legge n.
184/1983. Secondo i ricorrenti la Corte di appello ha desunto la loro inidoneità genitoriale con
riferimento esclusivamente alle loro personalità, senza alcun riscontro concreto al rapporto con la
figlia che è stato descritto riportandosi acriticamente alle relazioni dei servizi sociali. Lamentano
che la Corte di appello non abbia tenuto conto delle richieste istruttorie dirette a provare il
miglioramento della loro condizione di vita dall'inizio del procedimento.
7. Con il secondo motivo si deduce omessa e insufficiente motivazione sugli stessi punti indicati nel
precedente motivo e sulla mancanza di qualsiasi indagine volta ad accertare la presenza di parenti
idonei a sostenere il loro ruolo genitoriale.
8. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell'art. 12 della legge n. 184/1983 consistita nella
mancata audizione dei genitori della minore da parte della Corte di appello.
Ritenuto che:
9. Il primo motivo appare chiaramente inammissibile perché volto a contestare la valutazione dei
fatti compiuta dalla Corte di appello senza dedurre alcun reale contrasto della decisione e della sua
motivazione con il contenuto delle norme pretesamente violate. Non è infatti corrispondente al
contenuto della motivazione della sentenza impugnata l'affermazione per cui la Corte di appello si
sarebbe limitata a considerare la personalità dei genitori di P.S. al fine di escludere la loro capacità
genitoriale. Al contrario la Corte di appello ha ripercorso, nei dettagli, il tormentato rapporto della
piccola S. con il suo ambiente familiare dalla nascita sino alla relazione del Servizio Sociale dell'8
gennaio 2013 da cui continua a emergere una situazione gravemente pregiudizievole per la minore.
10. L'art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, n.
149) attribuisce al diritto del minore di crescere nell'ambito della propria famiglia d'origine un
carattere prioritario - considerandola l'ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico - e
mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni
di difficoltà e di disagio familiare.
Ne consegue che, per un verso, compito del servizio sociale non è solo quello di rilevare le
insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, soprattutto, di concorrere, con interventi di sostegno,
a rimuoverle, ove possibile, e che, per altro verso, ricorre la "situazione di abbandono" sia in caso di
rifiuto ostinato a collaborare con i servizi predetti, sia qualora, a prescindere dagli intendimenti dei
genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché
la rescissione del legame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio
ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva (cfr. Cass. civ. I sezione n. 7115 del 29 marzo 2011).
11. Nel caso in esame la Corte di appello, attraverso il riferimento alle relazioni degli operatori
medici e sociali che hanno seguito la A. e la figlia nei due anni intercorsi fra la nascita della
bambina e la pronuncia della sentenza in appello, ha potuto ritenere la totale inadeguatezza dei
genitori, riscontrare una situazione fortemente lesiva per la figlia e un grave rischio evolutivo
qualora alla stessa non venga assicurato un nucleo familiare in grado di garantirle stabilità ed
equilibrio. Ha escluso una capacità di recupero della funzione genitoriale essendosi dimostrata
inutile a tal fine l'articolata e fattiva attività di sostegno posta in essere dai servizi sociali.
12. La decisione appare pertanto conforme alle prescrizioni normative e alle indicazioni
interpretative della giurisprudenza relative ai citati articoli 1, 8 e 12 della legge n. 184/1983.
13. Il secondo motivo di ricorso è infondato. Non esiste nella motivazione, come si è appena
affermato, alcuna omissione di valutazione, sia per quanto riguarda il rapporto fra la A. e la figlia
sia per quanto riguarda il contesto familiare che potrebbe supportare il recupero di una capacità
genitoriale da parte di A.A. e P.G. . In particolare l'unica figura parentale che ha dimostrato nel
corso del procedimento disponibilità ad occuparsi della piccola S. e a sostenere la coppia genitoriale
è stata la nonna paterna ma nonostante tale disponibilità i servizi sociali hanno potuto constatare
l'assoluta inadeguatezza a svolgere tale difficile compito.
14. Il terzo motivo di ricorso è anch'esso infondato. P.G. e A.A. hanno partecipato a tutte le fasi del
giudizio sullo stato di adottabilità della figlia svolgendo a mezzo del loro difensore tutte le
deduzioni e difese che hanno ritenuto necessarie e opportune. Sono stati sentiti dal Tribunale per i
minorenni e non risulta dall'esposizione illustrativa del ricorso che essi abbiano sollecitato la Corte
di appello a una nuova audizione personale. Peraltro entrambi i genitori sono stati
continuativamente a contatto con i servizi sociali che da ultimo nella relazione dell'8 gennaio 2013
ha riportato le dichiarazioni di P.G. e di sua madre. Dichiarazioni che smentiscono qualsiasi
miglioramento della situazione familiare e anzi prospettano ulteriori motivi per ritenere
impraticabile qualsiasi reinserimento della piccola S. nel nucleo familiare di origine.
15. Il ricorso va pertanto respinto. Si ritiene di compensare le spese del giudizio attesa la natura
personalissima degli interessi coinvolti e la sofferenza che fa ovviamente carico ai genitori
nell'affrontarlo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di
diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a
norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
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