La nascita dell’uomo moderno: Umanesimo e Rinascimento Tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘500 l’uomo comincia a porsi domande nuove su se stesso e la natura (Da Vinci). Un periodo innovativo si apre con forza, soprattutto presso città italiane come Firenze, Padova e Bologna. Sono almeno tre gli eventi fondamentali che inducono il passaggio dal Medioevo alla Modernità: 1. L’invenzione della stampa a caratteri mobili a metà ‘400 (Gutenberg) che sconvolge totalmente, anche se con gradualità, il modo di distribuire la cultura, di accedervi e di rapportarsi con essa. 2. La conoscenza di popolazioni, usanze e realtà antropologiche sconosciute, spesso sconvolgenti, grazie alle scoperte geografiche che stimolano apertura mentale e fine della centralità/unicità europea. 3. La nascita dello Stato moderno, con conseguente dissoluzione della contrapposizione medievale tra Impero e Chiesa, e la graduale ascesa di figure statali con concezioni politiche laiche. Questi grandi e innovativi avvenimenti s’inserirono in un panorama di vasto mutamento economico, sociale e politico che vide il tramonto irreversibile del potere politico e culturale della Chiesa e una conseguente laicizzazione della cultura. Lo stesso latino rimase solo in uso per i testi ufficiali, mentre ci si avvalse sempre più per comunicare della lingua volgare. Ugualmente la ricerca culturale abbandonò la logica dell’auctoritas e dell’ipse dixit tanto cara agli uomini medievali per sondare terreni nuovi e sconosciuti in precedenza. L’antropocentrismo fu una caratteristica fondamentale di questo periodo. L’uomo medievale, succube della cultura clericale, prediligeva il teocentrismo, mentre l’uomo rinascimentale si vede protagonista attivo del suo mondo e microcosmo: se prima il correlato necessario era Dio, ora invece è la natura. L’individualismo è un’altra caratteristica tipica del momento, perché grazie alla rinnovata visione delle cose di stampo antropocentrico, l’uomo rinascimentale non si sente più succube del creato e di Dio, ma attore principale del mondo, artefice del suo destino e protagonista dell’esistenza. A lungo si è discusso chiedendosi se il Rinascimento rappresenti un momento di discontinuità o addirittura di rottura totale col Medioevo (Burckhardt), oppure se sia stato un’epoca di continuità col passato (Burdach). Tale netta contrapposizione oggi non è sostenuta più di tanto, mentre si tende invece a considerare Medioevo e Rinascimento come momenti storici e culturali separati, ma non in contrasto assoluto tra loro. Nei secoli in questione furono recuperati e studiati molti testi classici (Umanesimo da humanae litterae) che il Medioevo aveva ignorato sia perché poco funzionali o in antitesi alla cultura cattolica, sia perché il greco antico non era più compreso. Furono gli arabi a far conoscere nuovamente molte opere della classicità, così come la caduta di Costantinopoli (1453) portò in Europa parecchi intellettuali che divennero maestri locali. Lo studio di Platone fu promosso dall’Accademia platonica di Firenze finanziata per puro mecenatismo da Cosimo de Medici e Lorenzo il Magnifico, e fondata nel 1459 da Marsilio Ficino.1 Altro importante filosofo dell’Accademia fu il tedesco Nicola Cusano (1401-1464), sostenitore della dotta ignoranza2 e della coincidentia oppositorum3, concetti che vanno contro la cultura assiomatica e chiusa del Medioevo. Accanto a Platone vi fu la riscoperta delle opere di Aristotele ignorate dal Medioevo. Centro di tali studi fu Padova, e massimo rappresentante Pietro Pomponazzi (1462-1525). Egli, contrariamente a quanto pensavano i più, sostenne che l’immortalità dell’anima non poteva essere dimostrata, ma era solo oggetto di fede. Per P. l’anima agiva come intelletto umano attraverso la mediazione del corpo e dei suoi sensi, per cui una volta che era morto il corpo, cessava necessariamente anche la funzione dell’anima. Questo concetto è importante, sebbene sia in parte ripreso dal pensiero aristotelico, perché è con P. che cominciano a definirsi due concetti importanti che il pensiero filosofico successivo (empirismo) definirà esperienza e percezione. Inoltre è anche importante da un punto di vista morale perché P. sostiene che, pur senza poter avere la certezza dell’immortalità dell’anima, né di una vita dopo la morte, l’uomo deve comunque comportarsi bene nella vita. In questo modo la virtù è concepita come un bene che deve essere perseguito non in vista di un premio futuro nella vita ultraterrena, ma per il valore che ha in sé (dovere per il dovere). Ultimo concetto importante di P. è legato alla necessità che religione e filosofia rimangano ben separate tra loro in quanto inconciliabili: infatti la prima deve occuparsi della verità rivelata, mentre la seconda dell’incessante ricerca della verità. Questo pensiero ha implicito in sé un concetto che nei secoli successivi si 1 La sua filosofia si basa sul concetto di anima copula mundi in quanto egli concepisce l’universo come un insieme di gradi di perfezione con ai suoi vertici Dio, poi sotto gli angeli e sotto la materia corruttibile e i corpi. L’anima, che è immortale, funge da intermediaria tra Dio e il corpo e permette all’io materiale di tornare all’unità divina a cui tende. 2 L’uomo può conoscere tante cose, ma altre gli sono irrimediabilmente precluse, come la conoscenza di Dio. Se però si rende conto dei suoi limiti, la sua ignoranza è dotta (sa di non sapere, quindi sa), ovvero positiva, in quanto viene stimolato a ricercare per conoscere. Per C., comunque, Dio è conoscibile solo per via negativa (teologia negativa) 3 Secondo C. Dio è causa di tutto ed è infinito; essendo tale, è al di là del principio di identità e di non contraddizione, quindi fondamentalmente è l'unità degli opposti. In Dio, luce e tenebre, giorno e notte, donna e uomo, sostanza e non sostanza coincidono. Dio, quindi, è anche al di là del vero e del falso, perché in Dio vero e falso coincidono. C. sostiene, in definitiva, che l'identità e la non contraddizione valgono solo per il mondo finito. Inoltre precorre le concezioni astronomiche successive, quando si riuscirà ad abbandonare la visione tomistica-aristotelica (chiusa) dell’universo. svilupperà sempre più, ovvero che esiste un pensiero religioso, con una propria dimensione d’influenza culturale e politica, e un pensiero laico con un’altra sfera d’influenza culturale e politica.