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ISDE Italia News
A cura dell'Associazione Medici per l'Ambiente
Numero 2 (22 Aprile, 2005)
A PROPOSITO DELLE DICHIARAZIONI DI VERONESI - La polenta e lo smog (Tempo
Medico) - Nell'ultima settimana d'inverno i giornali hanno dedicato ampio spazio alle relazioni dei
tumori negli italiani con diversi fattori di rischio, come riferito da Umberto Veronesi al convegno
organizzato dal Ministero dell'Ambiente "La comunicazione ambientale: informazione,
disinformazione e qualità della comunicazione".
Per l'insieme di tutti i tumori, il 35%dei casi è causato dal fumo attivo di tabacco, il 30%
dall'alimentazione e una razione tra l'1 e il 4% dall'inquinamento ambientale (una quota giudicata
"non rilevante", anche se riflette tra 3 e 12.000 casi l'anno). Secondo Veronesi, come veicolo di
cancerogeni, conta più l'alimentazione dello smog, tant'è vero che anche in Italia molte farine di
mais sono contaminate con aflatossina, un cancerogeno naturale prodotto da funghi che sono
parassiti delle derrate alimentari.
Le dichiarazioni di Veronesi contengono tutti gli elementi per farne un case study in maniera di
comunicazione: il prestigio dell'emittente, la correttezza del messaggio, la sua parzialità e la
pregressa notorietà delle cose che sono state dette.
Quando si elencano le cause dei tumori di rado si spiega il ragionamento che porta a costruire una
"classifica" (fumo di tabacco e alimentazione, come Milan e Juventus, a pari merito in testa,
inquinamento atmosferico in posizione ballerina, esposizioni a cancerogeni nell'ambiente di lavoro
ormai condannate alla retrocessione in serie B). forse le classifiche piacciono all'opinione pubblica,
gratificata dalla sensazione di potersi fare una opinione in proprio, senza porsi molte questioni.
Ma se gli esperti intendono suggerire che l'autorità sanitaria deve "dare priorità" alle cause dei
tumori più consistenti, sarebbe il caso di affermarlo chiaramente, insieme al concetto speculare che
per il momento è meglio non gingillarsi, neppure con motivazioni solidaristiche e sociali, sui rischi
che stanno in coda. E' una scelta basata su un modo di vedere i problemi che i bioeticisti
definiscono "utilitaristico", e che presuppone che - al momento di destinare attenzione e risorse - vi
siano incompatibilità tra diversi interventi di prevenzione dei tumori ( se utilizziamo i soldi per
modificare le abitudini alimentari degli italiano purtroppo non ne rimangono per proteggerli dallo
smog). La matematica non è un opinione: i 10.000 casi di cancro del colon forse causati ogni anno
dall'alimentazione fra gli italiani, sono più dei 2.000 cancri sicuramente dovuti all'amianto o delle
poche centinaia di leucemie prodotte dal benzene presente nell'atmosfera delle nostre città.
Se ci si vuole attenere a questo criterio è meglio dirlo, magari aggiungendo che sono state
scartatealtre opzioni ugualmentedegne sul piano etico. Tra queste una potrebbe essere invece quella
di privilegiare la prevenzione dei tumori che riflettono l'ingiustizia sociale o il mancato rispetto
delle leggi (come i tumori professionali e quelli causati dall'inquinamento atmosferico).
Sicuramente, venire colpiti da un cancro è un evento molto grave nella vita di una persona e la
malattia è talmente frequenteche occupa giustamente una posizione rilevante in considerazioni di
salute pubblica. Ma le considerazioni di salute pubblica non possono ignorare che esistono anche
altre malattie, molte delle quali condividono fattori di rischio con i tumori. Il fumo, per esempio,
causa malattie cardiache, e tra i forti fumatori i morti per queste patologie sono almeno tanti quanti i
morti per cancro polmonare. Anche per l'inquinamento atmosferico, se una stima prudente è che
annualmente causi una cancro polmonare in 300 italiani, i morti per effetti acuti (cardiocircolatori e
respiratori) sono superiori di almeno un ordine di grandezza, come è stato valutato anche in Italia.
Le percentuali ora riportate da Veronesi ( che nel gergo degli epidemiologi vengono chiamate
"rischi percentuali attribuibili nella popolazione", RPAP) sono state calcolate un quarto dio secolo
fa da due epidemiologi di fama, Richard Doll e Richard Peto, per la popolazione degli Stati Uniti
nel suo complesso. La loro attendibilità è stata contestata sul piano metodologico ma non possono
essere ignorate, data anche la loro popolarità (alcune tabelle del rapporto originale di Doll e Peto
sono molto fotogeniche e hanno avuto grande diffusione). In prima approssimazione è lecito fare
riferimento a esse nel commentare i rischi di cancro per la popolazione di altri paesi industrializzati.
E' chiaro che si tratta di stime complessive, non applicabili a sottopopolazioni che vivono in
condizioni che si allontanano da quelle medie, come può accadere a gruppi di persone che non
abbiano mai fumato o ai residenti in zone ad alta concentrazione di industrie inquinanti.
Se oltre a studiare le cause dei tumori si volesse studiare scienza della comunicazione (cosa
ugualmente utile per comprender le contraddizioni della nostra società), sarebbe il caso di
approfondire le logiche con le quali ciclicamente i RPAP per i tumori, spesso arricchiti da
affermazioni altisonanti (come i rischi da polenta) vengono presentati al pubblico da parte di
scienziati e mezzi di comunicazione. I messaggi che la popolazione riceve sui rischi di malattia
sono frammentari e per le persone comuni è difficile fare un collage. Per chi si occupa di scienza
della comunicazione sarebbe interessante, per esempio, mettere in relazione lo spazio che i media
dedicano alle diverse malattie con la loro gravità e frequenza.
Allo stato attuale, è comunque difficile non essere maliziosi e non far notare la coincidenza di
calendario. E' curioso che si tenda ad assolvere lo smog come cancerogeno (ignorando tutti i suoi
altri effetti nocivi, cominciando dalle malattie respiratorie nei bambini) proprio alla fine
dell'inverno, quando molte amministrazioni locali sono state criticate per non essere riuscite a far
rispettare i limiti di inquinamento atmosferico proposti dall'Unione Europea. Ed è pure curioso che
si colga l'occasione per spezzare una lancia in favore del mais geneticamente modificato, quando la
discussione sui rischi da OGM è ancora aperta.
Come lettore di giornali (ma anche come esperto di cancerogenesi ambientale), sarei più tranquillo
se riuscissi a capire perché si dicono certe cose in certi momenti in un certo modo".
(Benedetto Terracine - Direttore Scientifico di Epidemiologia e Prevenzione)
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