Q = carica elettrica [Coulomb]

FENOMENI ELETTRCI (rif “Scoprire la Fisica” ed. Tramontana)
DA DOVE PARTIAMO?
Lo studio dei fenomeni elettrici non può prescindere dal concetto di carica elettrica. La
carica elettrica vedremo essere una proprietà della materia che si misura in Coulomb,
dall’omonimo scienzato che ne osservò per primo la prsenza.
Q = carica elettrica [Coulomb]
Charles Coulomb 1736-1806
Ingegnere militare francese inventa nel 1777 la bilancia di torsione
con la quale è possibile misurare forze piccolissime.
Con questa nel 1784 porta a compimento gli esperimenti iniziati da
H. Cavendish e formula la legge fondamentale dell'elettrostatica
che descrive l'interazione tra due cariche elettriche.
Nel 1881 sarà chiamata Coulomb l'unità di carica elettrica.
COS’E’ LA CARICA ELETTRICA?
La legge di gravitazione universale non è in grado di giustificare la presenza di forze di
mutua iterazione fra masse, osservabili in date circostanze sperimentali (barretta di ebanite
preventivamente strofinata in grado di attrarre un pezzo di carta – vedi par 16.9), in quanto le
stesse forze gravitazionali sono percettibili quando sono in gioco masse di entità planetaria (si
pensi alla forza di gravità che determina il nostro peso corporeo – una delle due masse in gioco è
quella del pianeta Terra).
Occorre pensare quindi
ad una nuova natura di forze,
oltre
a
Questo
quelle
tipo
di
gravitazionali.
forze
studiate da Coulomb
furono
(vedi par
16.10) il quale ricavò l’omonima
legge, relazione che esprime
l’entità
delle
forze
iterazione osservabili
di
mutua
fra due
particelle dotate di carica elettrica
Q1 e Q2 rispettivamente,
poste ad una distanza r:
FK
Q1  Q2
Newton
r2
K è una costante che dipende dal mezzo fisico in cui si trovano le cariche in questione (p.
es Aria). Lo stesso Coulomb osservò poi che le forze potevano essere attrattive o repulsive e
questo fu giustificato assumendo che la carica elettrica potesse avere un segno positivo o
negativo.
Cariche elettriche di segno opposto si attraggono mentre cariche elettriche di egual
segno si respingono.
COME E’ FATTA LA MATERIA?
A livello macroscopico la materia si presenta con innumerevoli proprietà (chimiche, fisiche,
meccaniche, termiche, elettriche, …) ma a livello microscopico è costituita da atomi,
eventualmente composti fra loro in molecole o in cristalli. Ogni atomo e composto da un numero
proprio di protoni e di elettroni che sono appunto particelle di materia elementari, dotate di carica
elettrica; i primi positiva, i secondi negativa. La carica di un singolo elettrone vale:
Qe = - 1,6x10-19 [Coulomb]
La carica di un protone è uguale ma di segno opposto. La materia è quindi formata da
particelle che possiedono una carica elettrica ovvero da cariche elettriche.
COME POSSIAMO CLASSIFICARE LA MATERIA PER LO STUDIO DEI FENOMENNI
ELETTRICI?
Visto che in natura esiste una significativa varietà di elementi, occorre fare una
classificazione della materia, che sia però funzionale allo studio dei fenomeni elettrici. A tal
proposito si può suddividere la materia in:
1. Materiali Conduttori
2. Materiali Semiconduttori
3. Materiali Isolanti
(vedi parr. 16.11-16.15)
COSA SI INTENDE PER CONDUCIBILITA’ ELETTRICA?
La conducibilità elettrica è una caratterisitica fisica della materia, che misura la capacità
di un materiale di essere sede di un movimento di cariche elettriche, cioè un buon conduttore (p.
es. elettroni ma non solo).
Questa capacità può essere più o meno grande (conduttori = grande conducibilità,
isolanti = piccola conducibilità) ed è misurabile.
 = conducibilità elettrica [-1m-1]
L’inverso della conducibilità elettrica è nota come resistività elettrica.
=1/
[m]
COSA E’ LA CORRENTE ELETTRICA?
Per corrente elettrica si intende il moto ordinato di cariche elettriche all’interno di un
mezzo conduttore (vedi parr 15.1-15.2).
Si consideri per esempio la situazione illustrata in figura dove è schematizzato il moto di
cariche in una sezione cilindrica di un conduttore (p.es. un filo di rame).
La corrente è definita operativamente
come la quantità di carica Q che attraversa la
sezione S nell’intervallo di tempo t secondo la
formula:
I = Q / t
L’unità di misura della corrente è [Ampere = Coulomb/sec]
[Coulomb / sec]
COME SI GENERA LA CORRENTE ELETTRICA?
Se una carica elettrica è immersa in un campo di forze elettriche e a questo campo di forze
è associato un campo di energia potenziale non uniforme, la carica elettrica tende
spontaneamente a portarsi nei punti di minimo dell’energia potenziale. (vedi parr 15.3 e 15.4
prestando particolare attenzione all’analogia fra circuiti elettrici ed idraulici proposta in tali
paragrafi).
La carica elettrica tende cioè a cedere energia potenziale a favore di energia cinetica. In
un circuito elettrico è il generatore di f.e.m (forza elettromotrice) ad essere incaricato di generare
quel campo di forze di cui si è parlato sopra.
COME FUNZIONA UN GENERATORE DI F.E.M.?
Il funzionamento di un generatore di f.e.m. è schematizzato in figura.
Il generatore assorbe energia (p. es. meccanica, chimica, idraulica, luminosa …) per
trasformarla in energia potenziale elettrica: il generatore cede quindi questa energia potenziale alle
cariche elettriche del circuito ad esso collegato. Fra i morsetti del generatore di f.e.m. si riscontra
quindi una disuniformità di enegia potenziale chiamata comunemente differenza di potenziale o
tensione (V) (vedi par 15.5)
Alessandro Volta
Inventore della pila
COME AVVENGONO GLI SCAMBI DI ENERGIA IN UN CIRCUITO?
“Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma” (A. Einstein). Quando
la carica elettrica ha assunto la massima energia potenziale fornita dal generatore essa è in grado
di muoversi autonomamente nel circuito elettrico: nel suo moto essa tende a cedere
sponaneamente l’energia potenziale aquisita nel passaggio attraverso il generatore di fem.
L’energia potenziale che la carica cede attraversando il circuito viene altresì trasformata in
altra forma di energia (p.es. calore – asciuga capelli, luce – lampadina, movimento – motore
elettrico …)
In un circuito ideale, l’energia che il generatore assorbe dall’esterno e cede quindi alle
cariche elettriche che formano la corrente, viene da queste ultime trasferita verso l’esterno del
circuito, cioè ritrasformata in diversa energia dal bipolo utilizzatore. Sulla base della premessa
citazione, il tutto deve avvenire con un rendimento del 100%, ossia la quantità di energia fornita
al circuito dai generatori di fem attivi deve essere pari al totale di energia dissipata, cioè
dispersa verso l’esterno del circuito, dai bipoli utilizzatori o passivi.
In particolare è possibile calcolare, in funzione di parametri elettrici noti (tensione e
corrente), il lavoro che compie il generatore di fem attivo, in questo processo: sia Q la carica che
attraversa il generatore nell’intervallo di tempo t e che acquisisce pertanto l’energia potenziale. Il
lavoro compiuto dal generatore (cioè l’energia “consumata” dall’esterno e trasformata in energia
elettrica fornita al circuito) nell’intervallo t vale:
L = Q x V
[Coulomb x Volt x sec = Joule]
Il generatore inoltre eroga verso l’utilizzatore una potenza elettrica esprimibile come segue:
W = L / t = ( Q / t ) x V = I x V [Ampere x Volt = Watt]
La potenza W che il generatore eroga verso il circuito, per la conservazione dell’energia,
sarà assorbita totalmente dal carico utilizzatore. (vedi parr 15.6, 15.7 e 15.11)
E’ utile osservere che un generatore di fem può comportarsi, in presenza di altri generatori
nel medesimo circuito, anche come bipolo passivo, cioè come un bipolo ove le cariche elettriche di
passaggio perdono energia potenziale anziché acquistarla. Ciò succede quando la corrente
elettrica scorre dal polo positivo a quello negativo del generatore.
COS’E’ LA RESISTENZA ELETTRICA?
Abbiamo finora detto che le cariche elettriche di un materiale conduttore sono libere di
muoversi in un campo di energia potenziale non uniforme come quello generato da un generatore
di fem in un circuito elettrico. Questa libertà sussiste ma il movimento delle cariche è comunque un
movimento difficoltoso, pieno di ostacoli.
Nel loro moto ordinato le cariche incontrano una certa difficoltà e devono consumare parte
della loro energia per superare queste difficoltà. Questa resistenza al moto che subisscono le
cariche elettriche può essere misurata e prende il nome di resistenza elettrica.
La resistenza elettrica è una proprietà intrinseca del mezzo nel quale avviene il moto delle
cariche; essa può essere misurata sfruttando la legge di Ohm:
R
V
I
Essa afferma che la resistenza di un percorso resistivo può essere misurata come il rapporto fra la
differenza di potenziale ai capi del percorso resistivo stesso e la corrente che attraversa il
percorso. (Vedi parr 15.8-15.10)