Tom Rockmore, Kant & Phenomenology, The University of Chicago Press, Chicago 2010, pp. 258. Tom Rockmore è senz’altro uno dei maggiori studiosi dell’idealismo tedesco negli Stati Uniti e ha al suo attivo importanti lavori su Kant, Fichte e Hegel. Negli ultimi anni, in particolare, si è impegnato in una ricostruzione piuttosto originale del pensiero kantiano con volumi di notevole spessore quali In Kant’s Wake (WileyBlackwell 2006) e Kant and the Idealism (Yale University Press, 2007). La sua prospettiva è quella di leggere la filosofia kantiana da una parte come una teoria costruttivistica della conoscenza (si veda in merito il suo libro On Constructivist Epistemology, Rowland et Littlefield, 2005) e dall’altra come una fenomenologia. Proprio dell’approccio fenomenologo di Kant tratta il suo ultimo libro Kant & Phenomenology. Come in altri suoi studi, Rockmore legge Kant soprattutto in relazione alla sua eredità e al suo lascito in pensatori importanti come Hegel, Husserl, Hiedegger, Merleau-Ponty e Gadamer. In definitiva, secondo Rockmore, per capire la filosofia kantiana non si può conoscere solo Kant, ma bisogna avere piena coscienza degli sviluppi e delle prospettive che essa ha aperto e riconoscere quegli elementi fondamentali che sono stati recepiti come kantiani dai successivi filosofi. Il libro studia in modo particolare gli approcci fenomenologici all’epistemologia, usando il termine “fenomenologia” in modo molto ampio e generale. Esso è utilizzato per riferirsi tanto all’esperienza morale vissuta in prima persona tanto quanto ad una più vasta teoria della conoscenza. Il nucleo centrale dell’argomentazione di Rockmore è che la cosiddetta rivoluzione copernicana è basata sulla “costruzione” dei fenomeni come oggetti della conoscenza che si distinguono dalle apparenze che provengono direttamente dall’esperienza. Questo assunto kantiano è stato riformulato e rifiutato in vari interessanti modi da filosofi del calibro di Fichte, Hegel, Husserl, Heidegger e Merleau-Ponty, per poi essere velocemente abbandonato, sebbene esso presenti per l’autore ancora notevoli risorse per lo sviluppo di una teoria epistemologica. Bisogna fare attenzione, ammonisce Rockmore, di non confondere la fenomenologia con il fenomenalismo. Quest’ultimo sarebbe una particolare lettura della filosofia critica secondo la quale la mente sarebbe indipendente dal mondo, perché ciò che si chiama oggetto esterno non è nient’altro che una mera ricostruzione logica di ciò che è fornito dai sensi. Al contrario, la fenomenologia, non distingue fra l’oggetto esterno costruito e ciò che è conosciuto dai sensi. Tutti i capitoli del libro sono così volti all’analisi del rapporto fra fenomeno e apparenza, fra oggetto esterno e sensibile, negli autori sopra citati, per analizzare l’influenza della prospettiva kantiana. I primi due capitoli trattano del background platonico della teoria kantiana mostrando come dalla concezione platonica secondo cui le idee sono cause delle apparenze, Kant elabori un sofisticato rappresentazionalismo, che però rappresenta solo una metà della medaglia della teoria della conoscenza kantiana, di cui la seconda metà è costituito dall’approccio costruttivista. Il terzo capitolo esamina la fenomenologia hegeliana come epistemologia. Rockmore sostiene che la filosofia di Hegel può essere letta come una epistemologia fenomenologica opposta a quella kantiana come progetto, ma identica nel tentativo di dare una fondazione soggettiva dell’esperienza. Il quarto capitolo tratta del problema dello psicologismo di Hussel, considerando i suoi primi approcci descrittivisti a ciò che egli chiama cose in sé stesse, attraverso l’analisi delle Ricerche logiche e dello scritto Idea della fenomenologia, fino alla sua matura teoria fenomenologica concepita come idealismo trascendentale. Il quinto capitolo propone un’interessante interpretazione di come l’analisi dell’ontologia fenomenologia heideggeriana possa essere considerata nei fatti come una forma ristretta di epistemologia. Nel sesto e ultimo capitolo, Rockmore esamina la concezione descrittiva della fenomenologia di Merleau-Ponty. Se è ampiamente riconosciuto che la fenomenologia attuale prende il suo nome da Husserl, il quale gli ha impresso una prospettiva epistemologica che Heidegger ha dissolto in ontologia, questo libro al contrario mostra che già Kant era cosciente di un nuovo approccio epistemologico. Rockmore mostra che se prendiamo in considerazione l’approccio fenomenologico kantiano secondo cui tutte le apparenze sono fenomeni, ma solo alcuni fenomeni sono apparenze, è possibile ricostruire la storia di una fenomenologia costruttivista per la quale è il soggetto che costruisce l’oggetto della conoscenza. Marco Sgarbi