(fonte: www.diaconicomo.it) “Sarete miei testimoni” - IL VOLTO DELLA CHIESA Per rivelare Dio al mondo 1. La Chiesa è inviata al mondo per rivelare il volto di Dio agli uomini. Come possono gli uomini conoscere Dio? Nessuna parola umana può spiegarlo, nessuno sforzo della nostra mente potrà comprenderlo fino in fondo: il mistero di Dio è per se stesso superiore alla comprensione umana. Se Dio stesso non prendesse l’iniziativa di rivelare agli uomini questo mistero, attraverso parole adeguate e per mezzo del suo stesso figlio Gesù, gli uomini non potrebbero dirne nulla: è Gesù, il Dio con noi, che ci ha rivelato il mistero di Dio Trinità, cioè Dio comunità, Dio famiglia. L’evangelista Giovanni dice chiaramente che Dio è amore. E’ Gesù a rivelarlo; è lui il testimone dell’amore trinitario. Nella Trinità c’è una continua circolazione d’amore: il Padre è l’Amante che ama eternamente il Figlio, l’Amato, e lo Spirito Santo è l’Amore, fuoco eternamente acceso tra il Padre e il Figlio. Ora, il Figlio, facendosi uomo con gli uomini, ha spalancato un varco, attraverso il quale quell’Amore eterno si è riversato su tutti noi. Con Gesù anche noi siamo entrati in quel circolo d’amore e prendiamo parte alla vita stessa di Dio. La Trinità è un triangolo aperto da un lato: i vertici di questa apertura sono Gesù Cri sto e lo Spirito Santo; essi ci indicano la direzione verso il Padre. Tutto questo ci è concesso gratuitamente ed anticipatamente: a noi non è richiesta alcuna condizione. D’altronde in quale modo potremmo conciliarci ed acquistarci l’amore e l’amicizia di Dio? Dio è amore e ci ama senza neanche chiederci di corrispondere quest’amore. Continua ad amarci, anche se gli opponiamo i nostri rifiuti; rimane vicino a tutti, pazientemente, senza imporsi e costringere alcuno, senza forzare la mano. E’ un mendicante d’amore, che bussa al cuore degli uomini ed attende che qualcuno gli apra. Questo è il mistero dell’amore di Dio. Gesù è il testimone di quest’amore, è lui che lo rivela ed è lui che chiama tutti i suoi discepoli ad annunziare, con le parole e con le opere, quest’amore agli uomini. Ogni comunità cristiana che accoglie il dono di quest’amore e lo pone a fondamento della propria esistenza, come vincolo che unisce tra loro i fratelli, rivela Dio al mondo. Ogni comunità cristiana che vive unita nell’amore fraterno, rivela al mondo il volto di Dio amore 2. La preghiera di Gesù per l’unità della Chiesa. La sera prima di morire Gesù ha pregato il Padre per quest’unità dei cristiani fondata sull’amore reciproco, ha pregato perché i cristiani sappiano testimoniare al mondo l’amore della Santissima Trinità: “Padre, che tutti siano una cosa sola, come tu sei in me ed io in te. Che siano perfetti nell’unità e il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). E’ importante, a questo punto, cercare di capire che l’amore di cui stiamo parlando non è un sentimento umano legato ad una passione, ad un’attrazione, ad una simpatia. L’amore di cui parliamo è l’amore con la “A” maiuscola, che ci è donato da Dio; è lo Spirito Santo dentro di noi che ci rende capaci di volere il bene dell’altro, anche quando l’altro, umanamente parlando, ci è ostile o antipatico, ci offende o comunque ha verso di noi comportamenti che ci indispettiscono e provocano in noi il desiderio di rendere, come dire, “pan per focaccia”. L’amore umano è spesso imparentato con l’egoismo, con la violenza, con l’odio, perché è un amore che unisce soltanto con chi ci è gradito mentre con gli altri spesso produce separazione e divisione. Soltanto l’amore che ci è donato da Dio conduce all’unità perché è l’espressione dell’amore di Dio che è Padre di tutti. Egli non guarda l’aspetto esteriore e non fa l’elenco delle nostre 1 (fonte: www.diaconicomo.it) buone azioni: è un Padre che ama ciascuno dei suoi figli con amore geloso ed esclusivo; è un Padre che soffre nel vedere un fratello maltrattare il fratello, il più forte opprimere il debole. Ciascuno di noi è chiamato ad impegnarsi personalmente e, insieme con gli altri, a costruire e vivere quest’unità fondata sull’amore, che deve essere la caratteristica della Chiesa. Allora possiamo impegnarci, per esempio, già nel nostro gruppo di catechismo, cercando di conoscerci meglio, aiutandoci vicendevolmente a crescere come persone e come cristiani, condividendo una conoscenza sempre più approfondita del Vangelo, partecipando alle iniziative della nostra parrocchia ecc. Possiamo scoprire che Chiesa è anche la nostra famiglia quando è unita da una medesima fede, quando i genitori pregano, quando tutti in famiglia si aiutano, superando difficoltà ed egoismi, quando si dimenticano i torti e si bada più a ciò che unisce che a ciò che divide i cuori. Costruiamo l’unità nella Chiesa quando preghiamo con i nostri amici in parrocchia, quando ascoltiamo la Parola di Dio e ne discutiamo insieme o quando cerchiamo di vivere come Gesù ci suggerisce. Soprattutto impariamo ad essere Chiesa, unita nell’amore, quando partecipiamo come membri attenti e consapevoli, facendo ciascuno la propria parte, nelle celebrazioni liturgiche (Battesimi, Matrimoni, funerali...), in modo particolare quelle eucaristiche, la Santa Messa. Nelle celebrazioni, infatti, i cristiani sono adunati dallo Spirito Santo a formare un’unica famiglia, perché questa è la volontà di Dio: che la Chiesa sia sempre una cosa sola, come manifestazione dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo 2 (fonte: www.diaconicomo.it) “Sarete miei testimoni” - IL VOLTO DELLA CHIESA Oggi come allora Come hanno risposto i primi cristiani all’invito di Gesù di essere suoi testimoni nel mondo, per far crescere tra gli uomini il Regno del Padre suo? Cercheremo di scoprirlo, in questo e nei prossimi incontri di catechesi, ricorrendo all’aiuto di quel libro scritto da San Luca, come seguito del Vangelo che porta il suo nome, che ha per titolo “Gli Atti degli Apostoli” Leggiamo allora negli Atti degli Apostoli come viveva la prima comunità cristiana di Gerusalemme. La prima comunità cristiana Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. 43 Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44 Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; 45 chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. 48 Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati 42 A Gerusalemme coloro che il giorno di Pentecoste si sono convertiti ascoltando la Parola di Pietro formano un gruppo, una comunità. Il loro modo di vivere é diventato un modello al quale i cristiani di tutti i tempi e, quindi, anche noi, fanno riferimento e che si sforzano di imitare, adattandolo al proprio tempo ed alla propria cultura. La prima caratteristica che il brano degli Atti mette in evidenza è che i cristiani erano assidui, cioè perseveranti, nel compiere quattro attività fondamentali: nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli; nella comunione fraterna; nella frazione dei pane; nelle preghiere. - L’insegnamento degli apostoli La prima perseveranza riguarda l’ascolto della Parola, cioè la predicazione (annuncio della morte e risurrezione di Gesù), la catechesi, la testimonianza da parte degli apostoli i quali ricordano e ripensano tutta la storia di Gesù, i suoi fatti, le sue parole, interpretandola e comprendendola con l’aiuto dello Spirito Santo. Anche l’Antico Testamento viene ricordato ed interpretato come preparazione alla venuta di Gesù. Così tutta la comunità dei credenti, attraverso l’ascolto della Parola, cresce nella fede in Gesù risorto, e cerca di capire quali sono 3 (fonte: www.diaconicomo.it) le scelte ed i comportamenti da assumere nelle varie circostanze della vita per affrontarle e superarle da cristiani, cioè da persone che vogliono vivere secondo la parola del Vangelo. “Erano perseveranti”: significa che l’ascolto dell’insegnamento degli apostoli non avveniva di tanto in tanto, in modo improvvisato od occasionale: i cristiani ascoltavano la Parola degli apostoli in modo continuo, ripetuto, approfondendola e meditandola. Si trattava di veri e propri incontri di catechismo. L’ascolto della Parola richiede un impegno serio e continuato. Un ascolto fatto solo di tanto in tanto, magari quando se ne ha voglia, non produce alcun frutto ed è anzi controproducente. - L’unione fraterna I cristiani erano perseveranti non solo nell’ascoltare la Parola ma anche nel fare comunità, nell’essere uniti tra loro nel modo di pensare, di vivere, di aiutarsi vicendevolmente fino a mettere in comune ogni cosa, a vendere le proprietà e le sostanze per farne parte a tutti, di modo che nessuno avesse a soffrire di alcun bisogno. Tutto questo nasceva dal fatto che essi erano anzitutto uniti nell’unica fede in Gesù risorto e vivo; essi partecipavano della vita stessa di Cristo, nella quale erano stati inseriti con il battesimo. - La frazione del pane e le preghiere I cristiani erano assidui nella preghiera comune per la quale erano soliti frequentare il tempio: essi non pregavano più come israeliti bensì come cristiani, rivolgendosi a Dio con il nome di Padre, così come aveva loro insegnato Gesù. Essi s’incontravano sempre nella semplicità e nella gioia perché erano e si sentivano veramente fratelli con Gesù e tra di loro. Per questo erano soliti anche riunirsi in casa di qualcuno per spezzare insieme il pane e prendere i pasti con gioia e semplicità di cuore. Questa è la quarta perseveranza, collegata alla preghiera: la celebrazione dell’eucaristia (la Santa Messa), che Luca chiama ‘frazione del pane”. La celebrazione veniva compiuta durante un vero pasto, all’inizio o alla fine, molto semplicemente, tra persone che si conoscevano e si volevano bene come fratelli. Quando si riunivano, essi, infatti, sentivano in modo particolare la presenza invisibile del Signore Gesù in mezzo a loro e, mentre mangiavano, tornavano alla loro mente le parole ed i gesti che Gesù aveva detto e compiuto durante l’ultima cena e che aveva comandato loro di ripetere in sua memoria (Fate questo in memoria di me”). La gente che conosceva i cristiani si meravigliava dei tanti segni e gesti di amore e diceva “Guardate come si vogliono bene”. A causa di questa testimonianza di amore molte persone credevano in Gesù e domandavano di far parte della comunità. Se tanta gente apre il cuore alla parola degli apostoli e si sforza di vivere come fratelli, questo è un chiaro segno che Gesù è vivo in mezzo a loro. E’il suo Spirito che fa crescere la Chiesa. E’ lui che cambia il cuore a coloro che non hanno visto Gesù con i loro occhi e li fa credere in lui. Oggi come allora. “Oggi come allora, i cristiani ascoltano la parola di Dio e cercano di comprenderla meglio nella catechesi; in ogni comunità cristiana si celebra l’Eucaristia e si prega insieme; si è riuniti in comunione fraterna dallo Spirito del Signore. Anche oggi ci sono persone che vivono la comunione con Dio e lo lodano, mettendo a disposizione di chi ha bisogno la loro vita e tutti i loro beni. Ne conosci qualcuna?” Tutte le comunità cristiane si impegnano per cercare di vivere la loro fede in Gesù risorto e vivo così come facevano i primi cristiani. La nostra comunità parrocchiale si sforza di fare altrettanto? Mostra i segni di questa fede viva nel Signore Gesù? Ciascuno di noi può impegnarsi, anche come gruppo di ragazzi, per far diventare la nostra comunità sempre più somigliante a quella che San Luca ci ha descritto negli Atti degli Apostoli, cercando di essere fedeli a quelle perseveranze ed assiduità sulle quali ci siamo soffermati a riflettere insieme. 4 (fonte: www.diaconicomo.it) “Sarete miei testimoni” - IL VOLTO DELLA CHIESA Capaci di condividere ogni dono La generosità dei cristiani di Antiochia. La comunità cristiana è nata, come abbiamo visto, in Gerusalemme. Ma essa ben presto si espande e nuove comunità nascono in altre città. Vediamo come accade tutto ciò. Le autorità giudaiche, subito dopo la Pentecoste, scatenano una violenta persecuzione contro i seguaci di Gesù, impedendo loro di parlare e di fare miracoli nel suo nome. Ricordiamo a questo proposito il martirio di Santo Stefano, che fu ucciso a sassate per aver predicato il vangelo della morte e risurrezione del Signore Gesù. Ma Dio si serve anche del male commesso da alcuni uomini per portare a termine i suoi progetti. Le autorità giudaiche, senza volerlo, diventano strumenti nelle mani di Dio per diffondere la Parola del Signore su tutta la terra. I profughi, infatti, cacciati da Gerusalemme, diventano missionari, perché, dovunque passano, annunciano a tutti la bella notizia della risurrezione di Gesù. La persecuzione, che aveva come scopo quello di cancellare la Chiesa nel suo nascere, diventa un mezzo con il quale la Chiesa si espande invece su tutta la terra. Nascono così nuove comunità. Una di queste è la comunità che nasce nella città di Antiochia. Ad Antiochia si trovano a svolgere la loro missione Barnaba, inviato direttamente dalla Chiesa di Gerusalemme, e Saulo di Tarso, l’apostolo convertito dal Signore, sulla via di Damasco, che prese poi il nome più noto di Paolo e che lo stesso Barnaba era andato a cercare a Tarso. La Comunità cristiana di Antiochia è una comunità attenta ed aperta alle necessità delle altre Chiese e alla situazione di povertà e di bisogno dei fratelli. Leggiamo questo episodio narrato nel libro degli Atti degli Apostoli. 27 In questo tempo alcuni profeti scesero ad Antiochia da Gerusalemme. 28E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi in piedi annunziò, per impulso dello Spirito Santo, che sarebbe scoppiata una carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l’impero di Claudio. 29Allora i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea; 30questo fecero, indirizzandolo agli anziani, per mezzo di Barnaba e Saulo.” (At 11, 2 7-30) Notiamo in questo brano come la comunità cristiana di Antiochia sia animata da un grande spirito di carità fraterna, nell’aiutare le altre comunità impegnate nell’annuncio del Vangelo e che si trovano in situazioni di grave povertà. E quello che succede ancora oggi. Molte delle nostre Chiese, diocesi o parrocchie, sono collegate, attraverso vari modi di gemellaggio, con altre comunità cristiane che si trovano in paesi poveri, in terre di missione, dove anche i missionari che operano sono bisognosi di aiuto. La condivisione missionaria oggi. La carità che contraddistingue il gesto della comunità cristiana di Antiochia nel venire incontro ai fratelli di Gerusalemme nelle loro necessità materiali risponde soprattutto all’esigenza di sostenerli e di aiutarli a proseguire nella loro missione, quella cioè di portare a tutti gli uomini la luce del vangelo. Leggiamo dagli Atti degli Apostoli. “2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando lo Spirito Santo disse: Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati. 3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono. 4Essi, dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Seleucia e di qui salparono verso Cipro”. 5 (fonte: www.diaconicomo.it) In questo brano vediamo Barnaba e Paolo che vengono scelti dalla comunità di appartenenza, dietro ispirazione dello Spirito Santo, ed inviati come missionari in altre città e terre. Una comunità cristiana cresce e matura nella fede quando si apre alla missione universale, quando condivide i propri beni con le Chiese più povere ed invia ad esse missionari per l’annuncio del Vangelo. La Chiesa è missionaria perché è chiamata a proseguire la missione di Gesù. Gesù è il primo e vero missionario perché è stato inviato dal Padre per salvare tutti gli uomini: egli ha scelto gli apostoli (parola che significa “mandato”, “inviato”) per proseguire la sua opera nel mondo. Non è la Chiesa che ha inventato la missione: abbiamo visto che è il contrario, che cioè la missione ha fatto nascere la Chiesa. Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo... come il Padre ha mandato me così io mando voi”. Perciò possiamo dire che: Non sono stati gli Apostoli di Cristo che hanno deciso di andare per il mondo ad annunciare il Vangelo di Gesù; è Gesù che li ha mandati. Questo invio da parte di Gesù non è che il prolungamento di un altro invio, il primo e fondamentale, quello di Cristo mandato dal Padre nel mondo. Gesù è l’inviato del Padre, il missionario di Dio. I discepoli non fanno che proseguire la sua missione di salvezza in tutti i luoghi, in ogni tempo, per tutti gli uomini. La missione allora comincia con Gesù e quindi precede la ~ nascita della Chiesa: essa è un fatto divino e non umano 6 (fonte: www.diaconicomo.it) “Sarete miei testimoni” - IL VOLTO DELLA CHIESA Molti doni un solo Spirito Per realizzare un qualsiasi progetto, un’opera qualsiasi, è necessario avere a disposizione gli strumenti adatti. Per costruire una casa c’è bisogno anzitutto di un architetto che predisponga il progetto, occorre un geometra che faccia le opportune misurazioni, occorrono muratori, idraulici, elettricisti, falegnami, manovali oltre naturalmente a tutta una serie di attrezzi e di materiali vari. Tutte queste persone mettono a disposizione le proprie conoscenze tecniche, le proprie capacità, le proprie doti personali per realizzare un progetto comune. Così per costruire una comunità cristiana occorre che i credenti in Gesù Cristo mettano a disposizione di questo progetto tutti quei doni dello Spirito Santo, chiamati carismi, che sono dati a ciascuno per il servizio degli altri e per il bene comune. LA COMUNITA’ DI CORINTO: I CARISMI Nella comunità di Corinto sono presenti i doni caratteristici dello Spirito: una fede profonda, la gioia di vivere insieme e di lodare il Signore, la forza della profezia e cioè di parlare a nome del Signore e di predicare il vangelo, ed il servizio nel nome di Gesù. Alcuni cristiani, però, non avevano capito a che cosa servivano i doni dello Spirito e mostravano di apprezzare soltanto i doni più spettacolari e più appariscenti, come il dono di parlare ed interpretare le lingue, il dono delle guarigioni, il potere di fare miracoli. Essi usavano questi doni egoisticamente, per mettersi in mostra o a proprio vantaggio. Sorgevano allora invidie, gelosie e ambizioni. Di fronte a questo uso sbagliato dei doni dello Spirito San Paolo reagisce e coglie l’occasione per spiegare come questi doni sono dati perché siano messi a disposizione di tutti, per il bene della comunità e non possono essere usati per creare rivalità, gelosie o per essere occasione di spettacolo. Nella prima lettera ai Corinti San Paolo scrive così: “Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate nell’ignoranza. Vi sono diversi doni, ma uno solo è lo Spirito. Vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore. Vi sono diverse attività ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune. Ma tutte queste cose è l’unico e medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.” I TALENTI, DONI DELLO SPIRITO PER LA CHIESA Ciascuno, con i doni che ha ricevuto, può lavorare per rendere gli altri un po’ più felice. Dio nostro Padre vuole che sviluppiamo i talenti che ci ha dato, a servizio di tutti. Il suo più grande desiderio è che noi viviamo come fratelli e mettiamo in comune tutte le nostre capacità ed i nostri doni. Leggiamo la parabola dei talenti, dal vangelo di Matteo 25,14-30 7 (fonte: www.diaconicomo.it) 14 Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17 Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18 Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21 Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22 Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23 Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24 Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26 Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29 Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30 E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Sono tanti i luoghi ed i momenti della vita dove noi possiamo mettere a frutto i nostri talenti: nella famiglia, tra gli amici, nelle comunità parrocchiali, tra i vicini di casa, nel gioco… In tutti questi ambienti noi possiamo esercitare e far fruttificare i doni che lo Spirito ci ha fatto già da quando siamo nati e soprattutto nel giorno del nostro battesimo: sono i doni di amicizia, di solidarietà, di gioia, di compagnia, di dialogo, di aiuto a chi ha bisogno... È compito di ciascuno di noi, già da piccoli, cercare di scoprire e di interpretare i doni che il Signore ci ha fatto, i talenti che mette a nostra disposizione, per cercare di capire, nel corso degli anni e con l’aiuto della nostra comunità cristiana, dei nostri genitori, catechisti, sacerdoti, qual è il progetto che Dio ha preparato per noi, qual è la vocazione, la chiamata che egli ci rivolge ed alla quale ci invita a rispondere. Rispondendo alla chiamata che il Signore rivolge a ciascuno in maniera diversa noi possiamo capire in quale modo noi possiamo mettere i doni ricevuti, i nostri carismi, a disposizione e per il bene della Chiesa. La Chiesa, infatti, viene descritta da San Paolo, sempre nella lettera che egli scrive ai Corinti, come il corpo umano che pur essendo uno ed indivisibile è composto da molte membra, ciascuna delle quali svolge una sua funzione propria ed insostituibile; non ci sono membra più importanti o più nobili di altre ma tutte concorrono a far funzionare armonicamente il corpo. Cosi è anche la Chiesa che, pur essendo una, è composta da tante persone, a ciascuna delle quali lo Spirito Santo affida dei compiti da svolgere e, per aiutarla in questo, la arricchisce dei suoi molteplici doni. 8 (fonte: www.diaconicomo.it) “Sarete miei testimoni” - IL VOLTO DELLA CHIESA La chiesa vive nel mondo Un progetto da vivere Dopo aver considerato insieme, negli incontri precedenti, come le prime comunità cristiane hanno risposto alla missione di realizzare nel mondo il progetto di Dio, quello cioè di portare il vangelo ad ogni creatura, annunziando la salvezza e la redenzione operata da Gesù, vedremo, in questo e nei prossimi incontri, come questa stessa missione sia realizzata oggi dalla Chiesa. La Chiesa oggi, quella nella quale noi viviamo, è lo strumento attraverso il quale Dio realizza il suo progetto di salvezza e di felicità per ogni uomo. La Chiesa, infatti, manifesta al mondo l’amore di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma in quale modo noi possiamo concretamente conoscere e fare l’esperienza della Chiesa? Dove, in quali luoghi noi possiamo vederla vivere ed operare attivamente per proseguire la missione di Gesù? E’ a partire dal mondo nel quale viviamo che possiamo fare questa esperienza e riconoscere la presenza della Chiesa nel mondo, nei nostri paesi, nei nostri ambienti familiari. Lo Spirito Santo, infatti, ci riunisce come Chiesa nelle nostre case, nella parrocchia, nella diocesi e nel mondo. Genitori e figli, vescovi e preti e diaconi, religiosi e religiose, catechisti, animatori della liturgia e della carità; adulti, giovani e ragazzi; sani e 9 (fonte: www.diaconicomo.it) ammalati: tutti nella Chiesa abbiamo una chiamata, una vocazione da seguire ed una missione da compiere. La Chiesa perciò è una ricchezza di comunità: famiglia, parrocchia, diocesi, mondo...; è una ricchezza di vocazioni! In questa Chiesa ciascuno contribuisce con la sua vocazione al progetto comune. Anche i ragazzi allora sono chiamati a riconoscere e a capire in questa età della loro vita la chiamata che il Signore rivolge loro e a vivere quindi la loro missione nella Chiesa Anche i ragazzi allora sono chiamati a riconoscere e a capire in questa età della loro vita la chiamata che il Signore rivolge loro e a vivere quindi la loro missione nella Chiesa. Dio ci chiama e ci assiste con la sua grazia e con i suoi doni per aiutarci a rispondere a questa chiamata in maniera positiva. Se ci lasciamo guidare da lui noi realizzeremo il meglio di noi stessi, vivremo in pieno la nostra umanità, diventeremo uomini e donne liberi e pieni di gioia. “CREDO LA CHIESA UNA, SANTA, CATTOLICA ED APOSTOLICA” La Chiesa è una. Vive per realizzare nel mondo questo progetto di unità: fare degli uomini l’unica famiglia di Dio. Infatti unico è l’avvenimento di salvezza, uno solo il messaggio di Cristo, uno è Dio che raccoglie il popolo ed una sola deve essere la comunità dei discepoli. Come esprimono tutto questo i cristiani? a) Nell’unità della fede, perché i cristiani credono tutti le medesime verità insegnate dal Vangelo e dal Magistero; Credo la Chiesa b) nell’unità del culto giacché i cristiani in ogni parte della terra celebrano i medesimi sacramenti; c) nell’unità di governo: in ogni diocesi, parrocchia o comunità viene riconosciuta l’autorità del Papa, dei Vescovi, dei Preti e dei Diaconi. una, santa, cattolica e apostolica. La Chiesa è santa. Vive per realizzare la santità degli uomini e per perdonare i loro peccati. Anche se certamente essa è fatta di uomini che possono essere peccatori, la Chiesa è santa perché: a) è santo colui che la raduna, Dio, il santo per eccellenza, perché a lui appartiene, b) perché Gesù è il suo sposo, c) perché lo Spirito Santo rimane in essa. 10 (fonte: www.diaconicomo.it) d) Gesù è morto per purificarla e renderla santa. e) È santa perché ha in consegna le cose sante: i sacramenti, la verità della fede, i ministeri. A questa santità deve corrispondere la santità di vita di tutti i cristiani: ognuno di noi allora è chiamato ad impegnarsi in un cammino di santità personale e di comunità. La Chiesa è cattolica, perché è destinata ad essere presente in tutto il mondo e a far diventare universale la salvezza realizzata da Gesù, senza escludere alcun uomo o popolo. La Chiesa è apostolica, perché fondata, per volontà di Gesù, sugli apostoli con a capo Pietro (il Papa) e con i vescovi (successori degli Apostoli). La vita della Chiesa si ispira: a) alla testimonianza, degna di fede, degli Apostoli che hanno predicato la vita, le opere e le parole di Gesù; b) al loro modello di vita e di azione, giacché la Chiesa ripete gli stessi gesti di perdono, di carità, di servizio e continua la loro missione di annunciare il vangelo, di celebrare i sacramenti e di guidare la comunità. Queste sono le note caratteristiche del progetto di Chiesa, cosi come l’ha voluta il nostro Signore Gesù. In essa ciascuno di noi deve trovare il posto giusto e lavorare insieme con gli altri perché diventi sempre più famiglia di Dio in mezzo agli uomini. 11