«Padre nostro … venga il tuo regno»
Invocando «Venga il tuo regno», il credente chiede a Dio che sia Lui stesso a
instaurare in maniera definitiva il suo disegno di vita e di salvezza per l’uomo. La
domanda si rivolge al Padre perché si faccia vicino totalmente e pienamente
all’umanità e, facendosi vicino, doni a ogni uomo la possibilità di cambiare il
cuore, di mostrare un’umanità nuova, trasfigurata, un cielo e una terra nuovi.
D’altra parte il cristiano sa che l’affermarsi della signoria di Dio è già cominciata
con Gesù. Pur mantenendo con realismo la consapevolezza dei tanti aspetti ancora
presenti di negatività e di negazione della novità che Dio vuole per la vita umana,
è possibile vedere che il regno di Dio già oggi ha posto i suoi germi di novità, che
qualcosa di nuovo è già iniziato nella storia con la venuta di Gesù, a partire
dall’esperienza che generazioni di credenti hanno fatto con lui e di lui. Il regno
invocato in pienezza nel Padre nostro è un regno che è già presente. La preghiera
si muove, quindi, tra la consapevolezza di un regno che c’è già e la speranza, il
desiderio, l’invocazione che questo regno venga senza più ombre, senza più limiti.
Il regno di Dio è «vicino» ma non è ancora venuto, non è ancora manifestato in
tutto il suo splendore, ma è lì per venire nella sua pienezza. Per questo noi
preghiamo: “Padre, fa venire il tuo regno. Non lasciare che la vita dell’uomo sia
condizionata da ingiustizie o falsità. Non lasciare che l’esistenza dell’uomo sia
calpestata” (Vescovo Luciano).
Il credente che prega «venga il tuo regno» chiede pertanto che accada l’evento
decisivo che cambia definitivamente il volto dell’umanità. E chiede che questo
evento trasformatore ultimo, che creerà cieli nuovi e terra nuova e costruirà una
nuova umanità, sia Dio stesso a realizzarlo. Questa grande speranza, che alimenta
il cuore del credente come ha alimentato il cuore di Gesù, non può essere
semplicemente lasciata alle deboli e limitate forze dell’uomo, ma può
fiduciosamente fare affidamento sulla potenza stessa di Dio. Si tratta di una realtà
che richiederà certamente impegno e collaborazione, ma che chiama in causa
soprattutto la potenza di Dio, a cui il credente si affida.
c) Per tornare alla vita: Al di là di tutte le apparenze, quali sono i segni della
presenza del Regno di Dio dentro la nostra realtà quotidiana, di cui i testi dei
profeti erano una promessa? (cfr. anche la scheda per l’animatore)
Preghiera conclusiva
Innalziamo la nostra preghiera al Padre chiedendo l’avvento del regno di Dio.
Diciamo insieme: Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra. Dacci oggi
il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai
nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Perché tuo è
il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli. Amen
«Padre nostro…
… venga il tuo regno»
Preghiera iniziale (dal salmo 145)
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per
sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per
sempre.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le
creature.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
per manifestare agli uomini i tuoi
prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni
generazione.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
A) Per entrare in argomento: fase espressiva
Secondo te, che cosa chiediamo al Padre quando preghiamo: «Venga il tuo
regno»? (cfr. anche la scheda per l’animatore)
B) Fase di approfondimento
Testo biblico: Mc 1, 14-20
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo
di Dio e diceva: 15"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e
credete al vangelo". 16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e
Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti
pescatori. 17Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini".
18
E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide sulla barca
anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.
20
Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo
seguirono.
Commento
Non si può intendere adeguatamente e senza equivoci la portata della richiesta
“venga il tuo regno”, se non si collega il tema del regno di Dio alla vita e alla
predicazione di Gesù. Il significato esatto della espressione regno di Dio non è
mai stato spiegato da Gesù; probabilmente era già conosciuto dalla gente del suo
tempo. In effetti l’idea del regno di Dio affonda le sue radici nella tradizione
dell’Antico Testamento, nel quale si incontrano frequentemente espressioni come:
«Dio regna», «il regno di Dio», «il Signore è il re», soprattutto a partire dall’epoca
in cui il popolo nomade si stabilisce nella terra promessa. É soprattutto
nell’operare in favore del suo popolo che JHWH manifesta la sua regalità (Es
15,11- 13.18).
A partire dalla fine dell’esilio, l’evocazione del regno di Dio assume il carattere
gioioso dell’annuncio di una grande speranza: «Come sono belli sui monti i piedi
del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che
annunzia la salvezza, che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”» (Is 52,7; cf. Sof 3,1415). L’annuncio assumerà progressivamente tratti apocalittici (riguardanti cioè il
compimento drammatico della storia); e nel libro di Daniele è collegato al «figlio
dell’uomo» (Dn 7), una misteriosa figura di uomo progressivamente identificato
col futuro Messia, che viene sulle nubi del cielo e al quale viene affidato il regno
di Dio. Questa è la speranza di Daniele e del suo popolo: nel momento in cui vive
l’oppressione sotto i discendenti di Alessandro Magno, spera in un regno
instaurato da Dio attraverso il «figlio dell’uomo» e, quindi, spera in una
liberazione, in una nuova condizione protetta da Dio.
«Il regno di Dio è vicino»
Al tempo di Gesù l’attesa del regno di Dio era pertanto l’attesa di quell’evento
singolare e decisivo che avrebbe cambiato il volto di Israele e di tutta la realtà.
Purtroppo per qualcuno finì per concretizzarsi anche nell’attesa di un nuovo
ordine politico. Ebbene, come abbiamo sentito nel brano evangelico di Mc 1, 1420, all’inizio, anzi, al centro della vita e della predicazione di Gesù c’è proprio
la proclamazione della venuta del regno di Dio: «Il tempo è compiuto e il regno
di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).
La bella notizia (“vangelo”) proclamata da Gesù sta in questo: il tempo dell’attesa
è terminato, la grande speranza di Israele si compie; adesso “il regno di Dio è
vicino”. Con ciò non si intende dire che è “vicino” il paradiso; ma che «è vicina,
secondo Gesù, quella rivoluzione, quel capovolgimento nella struttura del potere
mondano, che i profeti hanno annunciato e che per secoli l’uomo ha atteso»
(Vescovo Luciano). L’espressione “il regno di Dio è vicino” vuol dire che Dio
stesso, con il suo progetto d’amore, si è fatto vicino in Gesù; ed ora l’uomo può
cominciare a farne l’esperienza.
Lontano dall’idea di un messianismo politico, condiviso da alcuni discepoli (Mt
20,21), ma ritenuto da Gesù una tentazione (Mt 4,8-9), egli ha indicato la
vicinanza del regno di Dio nelle opere che lui compiva, nella vita umana liberata
dalla malattia, da ogni forma di male e di oppressione (Lc 7,18-23; Mt 11,2-6). In
modo particolare ha narrato della vicinanza di questo regno di Dio nelle sue
parabole, in cui ha rivelato un volto di Dio nuovo, inatteso. In queste ultime, la
vicenda del regno di Dio è paragonata a quella del seme, che dà frutto nonostante
le difficoltà (Mc 4,3-9), che cresce da solo (Mc 4,26-29) e raggiunge una
grandezza insospettata (Mc 4,30-32). Il venire del regno ha i tratti della
misericordia e della gioia per il ritrovamento di ciò che era perduto (Lc 15,4-32),
e assume il carattere di appello, di chiamata urgente e festosa (Lc 14,16-24; Mt
13,44-46; 20,1-16), senza cancellare la dimensione di responsabilità e di giudizio,
che esigono vigilanza (Lc 12,39-40; Mt 25,1-30).
Pertanto, come nell’Antico Testamento, anche nel linguaggio di Gesù
l’espressione «regno di Dio» evoca due aspetti: il dominio regale di Dio e il regno
da lui instaurato. Il primo aspetto riguarda la sovranità di Dio. Egli viene a
regnare, instaura cioè il suo progetto di vita e di salvezza per l’umanità e lo fa
inizialmente nella parola, nei gesti, nella vita di Gesù e poi nella sua morte e
risurrezione. Il secondo aspetto implica la trasformazione dell’umanità, che ha
inizio proprio a partire da questa iniziativa di Dio che instaura il suo regno: gli
uomini sono riconciliati e accolti in una nuova fraternità, hanno accesso a un
rapporto nuovo con Dio, rivelato col volto di Padre. Quando Dio regna, il mondo
è rinnovato.
«Convertitevi e credete al Vangelo»
Questa trasformazione non è automatica; passa attraverso la libertà e la
collaborazione dell’uomo. Ecco perché Gesù dice: se «il regno di Dio è vicino»,
tanto vicino che lo puoi incontrare, allora «convertiti». “Convertiti” vuole dire
che devi cambiare la direzione della tua vita. Il regno di Dio si sta instaurando
nella storia; devi accoglierlo nella fede; devi lasciare che Dio diventi il re e
signore della tua vita; devi fare sì che i suoi progetti diventino i tuoi.
E come? Il vangelo di Marco che abbiamo ascoltato risponde a questa domanda
prima di tutto con l’esperienza di Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, che
vedono la loro vita sconvolta. Hanno un loro mondo che è fatto di lavoro, di
famiglia, di amicizia; fanno i pescatori; hanno ciascuno la propria famiglia;
vivono nel loro paese. All’improvviso tutto questo mondo viene sconvolto,
semplicemente perché è passato accanto a loro qualcuno, con una forza di
attrazione così grande che riesce a strapparli dal loro mondo e a gettarli verso
un’avventura nuova, verso un mondo nuovo, verso l’accoglienza della signoria di
Dio.