UNIONCAMERE
AUDIZIONE INFORMALE
AC 4862 – MODIFICAZIONE DI ARTICOLI
DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE
I Commissione Affari costituzionali
Camera dei Deputati
Roma, 30 giugno 2004
1. PREMESSA
Le Camere di commercio condividono la necessità di realizzare una nuova riforma della
Costituzione, anche per fare chiarezza su alcuni aspetti non del tutto risolti con la legge
costituzionale del 2001.
Ciò che in misura maggiore preme alle imprese è che il processo di riforma sia rapido e
che il nuovo assetto dei poteri porti ad una migliore governance delle istituzioni, a tutti i
livelli territoriali.
In questa sede, intendiamo soffermarci in particolare sulle questioni che più riguardano
le Camere di commercio e cioè quelle inerenti gli enti di autonomia funzionale.
Gli enti di autonomia funzionale nelle leggi
Gli enti di autonomia funzionale sono le Camere di commercio e le Università. Legge
59/97, D.Lgs. 112/98, D.Lgs. 300/99, legge 131/03.
Gli enti di autonomia funzionale: gli approfondimenti della dottrina
Beniamino Caravita di Toritto:
Il reinserimento delle autonomie funzionali serve a superare una concezione del
pluralismo inteso nella sua dimensione esclusivamente territoriale. Nella tradizione
italiana il pluralismo è pluralismo sociale e pluralismo delle autonomie funzionali e
ricordarle anche costituzionalmente è un elemento che va salutato con grande favore
Luca ANTONINI:
Si tratta di realtà che legittimano il loro ruolo nell’ordinamento in quanto si collocano in
una posizione intermedia tra lo Stato e gli enti territoriali, assolvendo le loro attività
secondo modalità che si situano tra le regole del pubblico e la libertà del privato.
Antonio D’ATENA:
Gli enti dotati di autonomia funzionale sono "pubblico" (e, quindi, espressione della
statualità), ma presentano una "qualità" strutturale che li differenzia dalle "tipiche"
espressioni del pubblico, costituite - com'è noto - dallo Stato e dagli altri enti
territoriali. Essi, non solo si collocano sulla frontiera che separa i pubblici poteri dalla
società civile, ma sono espressione proprio di quel "pezzo" di società civile cui si rivolge
la loro azione. La struttura di tali entità si riflette, anzitutto, sulla qualità dei processi di
decisione che si svolgono al loro interno. Essi sono in grado di pervenire a sintesi, non
solo "diverse" da quelle realizzabili dagli enti legati al circuito della rappresentanza
politica, ma anche "più vicine" ("funzionalmente" più vicine, per dirla con la legge
Bassanini) alle comunità cui si riferisce immediatamente la loro attività. Tali enti,
essendo espressi dall'ambito sociale direttamente interessato dai loro interventi (e
"rispondendo" ad esso), sono anche in condizione di assicurare un'efficienza dei servizi
dai medesimi resi ed un grado di aderenza degli stessi alle domande che sono chiamati
a soddisfare.
Paola BILANCIA e Franco PIZZETTI:
Le autonomie funzionali si configurano quale sistema rappresentativo autonomamente
organizzato, con proprie regole, di un complesso strutturato e ben individuato di
interessi.
Sabino CASSESE:
La legge 59/97 assimila, sulla base di un profilo organico, le Camere di commercio che
le Università: entrambe hanno infatti alla loro base un corpo rappresentato e ambedue
hanno organi i cui titolari non sono nominati dall’alto, ma sono scelti dal corpo che è
alla base dell’ente. L’espressione “ente funzionale” trova quindi una base comune in
questo aspetto di democraticità non territoriale o generale, ma settoriale o funzionale.
Vincenzo CERULLI IRELLI:
Gli enti di autonomia funzionale si caratterizzano in virtù della rappresentatività di
interessi di categoria. Presuppongono quindi una comunità dei soggetti portatori degli
interessi – quali ad esempio gli imprenditori di una certa area territoriale per le Camere
di commercio – che si regge secondo la formula dell’autogoverno. Il che significa che
l’organizzazione chiamata alla cura degli interessi della comunità, l’ente di autonomia
funzionale, sia a sua volta governata da organi espressione della stessa comunità.
Agli enti di autonomia funzionale, come vengono configurati nel vigente ordinamento
positivo, sono in genere conferite funzioni pubbliche. Così anche, circa la forma
organizzativa, nel nostro ordinamento gli enti di autonomia funzionale sono organizzati
secondo la formula dell’ente pubblico.
Annamaria POGGI:
Questi enti rappresentano (o almeno hanno attitudine a rappresentare) parti
omogenee della collettività territoriali, direttamente interessate all’esercizio di
determinate attività di rilievo pubblico e, perciò, sono posti nella migliore condizione
per interpretare interessi ed esigenze coinvolti nell’attività stessa.
2. IL PERCORSO PER IL RICONOSCIMENTO DEGLI ENTI DI AUTONOMIA FUNZIONALE NELLA
COSTITUZIONE
Nell’evoluzione della disciplina pubblicistica delle Camere di Commercio si riflettono le
grandi linee di tendenza che hanno caratterizzato lo sviluppo dell’ordinamento italiano.
All'inizio degli anni '90, in un clima in cui s’iniziano a respirare i primi cenni di una
inversione di tendenza rispetto al centralismo del periodo precedente, la legge di
riforma n. 580 del 1993 ha conferito l’autonomia organizzativa alle Camere di
Commercio, ripristinando i Consigli camerali e rifondando sul carattere di autonomia
funzionale la dimensione dell'auto amministrazione e quella dell'esercizio di importanti
compiti di rilievo pubblico.
La clausola di attribuzione di funzioni prevista dalla legge ha fatto assumere alle
Camere di Commercio un ruolo centrale nell'amministrazione degli interessi delle
imprese.

La legge 59/97: con il processo di decentramento c.d. a costituzione invariata,
questo ruolo delle Camere di Commercio è stato stabilizzato, non solo perché è
stata prevista una riserva volta direttamente a salvaguardare le loro funzioni, ma
anche e soprattutto perché è stata attuata una forma di decentramento che non è
più (com'era invece nel d.P.R. 616/77) solo verso gli enti territoriali, ma che, in
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conformità con il principio di sussidiarietà, avviene sia verso gli enti territoriali sia
verso gli enti funzionali.
Il tema delle autonomie funzionali emerge nell’ordinamento con la l. n. 59/97, la quale,
com’è noto, stabiliva, tra le funzioni e i compiti di carattere amministrativo da sottrarre
al conferimento alle regioni e agli enti locali, nell’ambito della politica di decentramento
o federalismo amministrativo, i “compiti esercitati localmente in regime di autonomia
funzionale dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dalle
Università degli studi”. Compiti questi, dunque, conservati per definizione alla
competenza di detti enti, in quanto da questi esercitati, secondo la norma, “in regime
di autonomia funzionale”.
La grande differenza tra l'impianto del decentramento del ‘77, basato sulla centralità
“esclusiva” degli enti territoriali, e quello più degli anni ‘90, risiede proprio diretto
invece ad articolare il sistema attraverso una maggiore qualificazione “soggettiva”
della formula dell'autonomia.

Il D.Lgs. 112/98 stabilisce il principio del conferimento di funzioni e compiti
amministrativi da parte dello Stato, nell’ambito della medesima politica di
decentramento amministrativo, “alle autonomie funzionali”, oltre che ovviamente
alle regioni e agli enti locali (art. 11). In questa norma, l’autonomia funzionale da
modalità di esercizio di determinate attività (“in regime di”), secondo il significato
fatto proprio dalla l. n. 59/97, diventa una nozione intesa ad individuare
determinati enti.
Negli anni successivi, altri riconoscimento molto significativi sono giunti dal legislatore.

Il D.Lgs. 300/99: Si pensi al Decreto Legislativo 300 del 1999, che in più passaggi
(artt. 1, 23 e 27) esclude le funzioni attribuite alle autonomie funzionali– oltre che
alle regioni e agli enti locali – dalla possibilità di una ri-attribuzione allo Stato, alle
sue amministrazioni o ad enti pubblici nazionali.

I lavori della Commissione Bicamerale: la nozione torna successivamente “alla
ribalta” in varie proposte di modifica costituzionale del Titolo V della Parte seconda
della Costituzione.
Nel giugno del 1997, la Commissione Bicamerale presenta alle Camere un progetto di
legge di riforma dell’intera seconda parte della Carta costituzionale. L’articolo 56 del
progetto di legge reca questa dizione:
“Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dalla autonomia dei
privati sono ripartite tra le comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le
Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto
delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge. La titolarità delle funzioni spetta
agli enti più vicini agli interessi dei cittadini, secondo il criterio di omogeneità e di
adeguatezza delle strutture organizzative rispetto alle funzioni medesime”.
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Dopo la trasmissione alle Camere, il testo diviene oggetto di una serie di
emendamenti. A novembre del 1997, la Commissione rinvia alle Camere un nuovo
testo, che viene approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati nel marzo 1998.
Questa la sua dizione:
“Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall’autonoma
iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono
attribuite a Comuni, Province o Città metropolitane, Regioni e Stato sulla base dei
principi di sussidiarietà e differenziazione. La titolarità delle funzioni compete
rispettivamente a Comuni, Province o Città metropolitane, Regioni e Stato, secondo i
criteri di omogeneità e adeguatezza. La legge garantisce le autonomie funzionali.”

La c.d. “bozza Amato”: viene presentata nel marzo del 1999, ma in essa sono
caduti sia il riferimento alle autonomie funzionali, sia il richiamo al principio di
sussidiarietà orizzontale. Queste omissioni vengono parzialmente compensate dal
nuovo testo unificato, licenziato dalla Commissione Affari costituzionali della
Camera dei Deputati, presentato nel novembre 1999, in cui si prevede che “La
legge garantisce le autonomie funzionali”.

Sentenza della Corte costituzionale n. 477/2000: nel novembre del 2000, in attesa
del varo del nuovo Titolo V della Costituzione, un chiaro riconoscimento alle
autonomie funzionali e alle Camere di Commercio è arrivato dalla Corte
Costituzionale. Dirimendo un ricorso riguardante la legittimità costituzionale di una
serie di disposizioni della legislazione della Regione Trentino Alto Adige in materia
di Camere di Commercio, la massima Corte ha ribadito che, in base alla legge di
riforma del 1993, le Camere di Commercio sono “un ente pubblico locale dotato di
autonomia funzionale che entra a pieno titolo, formandone parte costituente, nel
sistema degli enti locali secondo lo schema dell’articolo 118 della Costituzione”.

La riforma del Titolo V del 2001: la categoria degli enti di autonomia funzionale non
viene menzionata. Infatti, il testo prevede, com’è noto, come titolari di funzioni
amministrative e di governo della comunità esclusivamente gli enti del governo
territoriale, e cioè, accanto allo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province
e i comuni. Tuttavia, lo stesso testo, all’art. 118, ult. co., introduce l’importante
principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale.
La norma possiede molteplici significati ed è intesa soprattutto a valorizzare l’azione
dei privati cittadini singoli ed associati nell’esercizio di attività di interesse generale.
Però, certamente, essa si riferisce anche a quei settori dell’organizzazione pubblica, nei
quali attività di interesse generale e anche funzioni pubbliche in senso stretto sono
stati conferiti dall’ordinamento positivo a organizzazioni originariamente nate
dall’iniziativa privata e sociale e formate da rappresentanze dei soggetti operanti nei
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settori di competenza, quali le Camere di commercio. In questi settori, cioè, una serie
di attività amministrative sono esercitate da organizzazioni all’origine private poi
pubblicizzate, ma rimaste espressione degli interessi delle categorie coinvolte.
La coerente attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale investe peraltro la
stessa “statualità”. La quale, per assolvere adeguatamente al proprio ruolo
“sussidiario”, non dovrebbe presentarsi come un’entità monolitica, ma dovrebbe
articolarsi pluralisticamente, per “esibire” ai settori della società civile cui, di volta in
volta, si riferisce la sua attività, il volto meno “estraneo” ed intrusivo. Ed è proprio
questo il campo in cui viene in considerazione il ruolo delle Camere di Commercio. Le
quali, essendo espressione del “pezzo” di società civile cui si rivolge la loro azione,
sono in grado di procedere a bilanciamenti dei diversi interessi da contemperare, non
“dall’esterno”, ma – per restare in metafora – “dall’interno”.
L’ultimo comma dell’articolo 118 impone dunque al legislatore, quantomeno, di
mantenere ferme le funzioni e i compiti che queste organizzazioni svolgono
nell’interesse delle loro categorie. Insomma, la norma impone allo Stato e agli altri
pubblici poteri di favorire e incentivare l’iniziativa dei privati singoli e associati
nell’esercizio di attività di interesse generale; e quindi sviluppare spazio e ruolo di
queste organizzazioni. Ma in ogni caso, non modificarne, riducendola, l’attuale sfera di
competenza. Né sopprimendo, o limitando, gli spazi di autonomia decisionale e
gestionale nell’amministrazione degli interessi delle categorie di riferimento; che
sarebbe un modo surrettizio per violare il principio.
Si può perciò dire che il testo costituzionale, pur non prevedendo espressamente le
autonomie funzionali, in virtù dell’art. 118, ult. co., stabilisce una sfera di protezione
per esse e impone al legislatore di svilupparne l’ambito di competenza.
Tuttavia, che un complesso normativo così articolato non sia in grado di garantire un
sufficiente quadro di certezze è di piena evidenza. Di qui, il rischio che un apparato
pubblico efficiente del sistema-Paese divenga oggetto di interventi contraddittori,
regionalmente differenziati, con conseguente, prevedibilissimo, seguito in un
contenzioso vivace e dagli esiti tutt’altro che certi. Di qui, l’ulteriore rischio che possa
essere disperso un patrimonio faticosamente costruito nei decenni.

La legge 131/2003 (c.d. La Loggia): questa legge ha confermato il “posto” delle
autonomie funzionali nel sistema di governo locale ed il loro rapporto con il
principio di sussidiarietà orizzontale. Essa prevede infatti due importanti norme di
salvaguardia degli enti di autonomia funzionale:
• all’art. 2 – che conferisce la delega per l’attuazione dell’art.117 comma 2, lettera p) –
si prevede che, nello scrivere i decreti legislativi, il Governo dovrà rispettare anche il
principio fondamentale di garanzia del rispetto delle attribuzioni degli enti di autonomia
funzionale;
• all’art. 7, dove viene regolato il processo di trasferimento delle funzioni
amministrative attraverso leggi statali e regionali, in cui è espressamente prevista una
clausola di salvaguardia e di valorizzazione del ruolo delle Camere di Commercio.
3. IL NUOVO ARTICOLO 118
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Il riconoscimento costituzionale degli enti di autonomia funzionale: alcune
opinioni istituzionali

Il Presidente della Camera dei Deputati Pierferdinando Casini condivide che “sancire
il ruolo delle autonomie funzionali a livello costituzionale sarà un modo concreto di
porre le premesse per un loro coerente e solido sviluppo”.

Il Presidente del Senato, Marcello Pera, nel maggio 2003 ha sottolineato
l’importanza del ruolo delle Camere di commercio. Il loro ruolo nella Costituzione è
già implicito ma sarebbe auspicabile che “venga reso e mantenuto esplicito nella
nuova integrazione della Carta costituzionale. Tale ruolo deriva dalla combinazione
del principio della sussidiarietà da un lato, e di quello del decentramento dall’altro”.

Anche il Presidente del Consiglio Berlusconi, nel dicembre 2001, si è espresso anche
augurando che il testo del disegno di legge costituzionale sulla devolution “possa
tenere conto anche delle autonomie funzionali cui le Camere di commercio
appartengono”.

Il Presidente della Commissione europea Prodi ha sottolineato in alcune occasioni
l’importanza della rete delle Camere di commercio nella costruzione europea. “In
Europa, stiamo unificando i popoli, mantenendo le loro radici. E per mantenere la
nazione, la regione, la città c’è bisogno delle Camere di commercio”, “una nuova ed
importante dimensione di autonomia locale direttamente rappresentativa della realtà
economica imprenditoriale operante sul territorio”.
Con il ddl all’esame oggi della Camere dei Deputati, gli enti di autonomia funzionale
entrano in modo esplicito nella proposta di riforma della Costituzione: l’ultimo periodo
dell’articolo 118 ult. co. stabilisce infatti che lo Stato, le Regioni, le Città Metropolitane
le Province ed i Comuni riconoscono e favoriscono l’autonoma iniziativa degli enti di
autonomia funzionale per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del
principio di sussidiarietà.
Si tratta di una norma che conferma, chiarisce e valorizza il principio di sussidiarietà
già enunciato, una affermazione che è diventata più ampia e che introduce sia per le
formazioni sociali che per le autonomie funzionali un riconoscimento più adeguato.
Il principio di sussidiarietà orizzontale, come enunciato nella riforma precedente del
Titolo V, è stato interpretato anche come ricerca del livello di responsabilità e gestione
più appropriato e come riconoscimento di una preferenza per quei soggetti più vicini
per territorio di riferimento e per le funzioni svolte ai cittadini ed alle imprese.
Questo principio, come già detto, coinvolge senza alcun dubbio anche le Camere di
commercio, che sono espressione proprio di quella collettività parziale e di quel pezzo
di società civile cui si rivolge la propria azione.
Ora, con il nuovo articolo 118, si introduce così una forma di protezione dell’autonomia
delle Camere di commercio sia sotto il profilo dell’ordinamento che sotto quello delle
funzioni.
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L’utilizzo del verbo “riconoscere” nella Costituzione fa riferimento a soggetti e
istituzioni a cui evidentemente si vuole dare valore. Il termine viene infatti usato nella
nostra Carta fondamentale in diversi passaggi relativi non solo ai diritti delle persone
(art.2), ma anche per le autonomie territoriali (art.5), per le istituzioni sociali (art.45).
Il verbo “favoriscono” contiene invece una indicazione più di tipo programmatico, per
cui tutti i livelli di governo territoriale devono promuovere l’autonomia degli enti di
autonomia funzionale.
La valorizzazione degli enti di autonomia funzionale all’interno della Costituzione non
costituisce un fatto rivoluzionario sia sotto il profilo del loro riconoscimento, che era già
contenuto anche se non in modo esplicito nell’articolo 118 attualmente vigente, che
sotto quello più strettamente terminologico. La nozione infatti non è solo ormai
consolidata in dottrina ma si è anche radicata fortemente nel nostro diritto positivo con
i numerosi riferimenti legislativi ma anche grazie alla sentenza della Corte
costituzionale di cui si è detto.
Attraverso questo riconoscimento, si è definitivamente passati da una concezione del
pluralismo istituzionale inteso esclusivamente nella dimensione territoriale ad una
scelta di autonomia e diversità, legata cioè alla consapevolezza di processi decisionali
più complessi che per alcuni settori – anche pubblici – possono far capo a soggetti
diversi dall’amministrazione statale, da quella territoriale ed anche dal privato.
L’altro aspetto fondamentale è che, attraverso le Camere di commercio, l’impresa e le
categorie produttive entrano nella Costituzione e gli enti camerali si caratterizzano
sempre di più come forme di rappresentanza sociale e di autorganizzazione della
società.
Il nuovo modello di Stato disegnato dalla proposta di revisione costituzionale licenziata
del Senato si fonda dunque, correttamente, sui tre pilastri fondamentali: quello
pubblico (con gli enti locali), quello privato (i cittadini singoli ed associati) e quello
sociale e collettivo (con gli enti di autonomia funzionale).
Il testo dell’articolo 118 contenuto nel ddl di riforma della Costituzione, completa il
principio di sussidiarietà e il principio del pluralismo delle istituzioni.
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