Pasqua 2011 “Andate e portate a tutti la gioia del Signore Risorto

Pasqua 2011
“Andate e portate a tutti la gioia del Signore Risorto. Alleluia, alleluia”
(Congedo della fine della Messa di Pasqua)
Cristo Risorto: la sua gioia
La liturgia di Pasqua, con il suo linguaggio di simboli e di parole, ci prende per
mano e ci immerge nel mistero della risurrezione, la fondamentale verità da credere per il
cristiano. Qualche volta la festa è più nostra, ed è quasi in ombra il Protagonista della festa,
il Festeggiato, con la sua gioia, la gioia della quale esulta per aver sconfitto la morte e aver
compiuto vittoriosamente il disegno di salvezza affidatogli dal Padre.
Quando, specialmente nella Settimana Santa, contempliamo la passione di Cristo, il suo
essere appeso alla croce, contempliamo un Uomo che soffre concretissimi dolori, ci
sforziamo di coglierli, almeno un poco, sappiamo che li ha sofferti in pienezza e cerchiamo
di esserne come trascinati. Non siamo altrettanto immedesimati nella gioia del Cristo che
risorge. Di lui ci colpiscono di più la gloria, la sovranità, ma “dal punto di vista umano
Cristo Risorto ci appare come un essere evanescente, che non ha più sentimenti….
Dobbiamo pensare che il Signore Risorto, sì, è glorioso, è potente, è libero, è sovrano, è
dominatore del mondo, delle anime e della storia, è il giudice che viene, ma è soprattutto un
essere infinitamente felice.
E dobbiamo pensare le realtà della sua risurrezione essenzialmente immersa in questa
esultanza e in questa gioia senza fine, anche come uomo, che vive in pienezza anche i suoli
sentimenti umani” (G. Dossetti).
Devo “rallegrarmi per il grande godimento e gioia di Cristo nostro Signore”,
“chiedere la grazia di rallegrarmi e godere intensamente per la grande gloria e gioia di
Cristo nostro Signore”, ci dice sant’Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali.
Queste intense vivide parole ci indicano la sorgente della gioia cristiana, quella del Signore
Gesù, e ce la fanno domandare.
E’ questa la gioia della quale lo Spirito Santo ci nutre nei Sacramenti, nella Parola di Dio,
nella vita della Chiesa.
Se non sempre la gioia la provo, la sento, se non posso metterci su le mani come un mio
possesso, se sono tentato di dire:…”ma io non ho questa gioia”, dovrò sempre poter dire
che sono nella gioia, quella della quale il Signore Gesù aveva detto: ”perché la mia gioia sia
in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15, 11).
E’ questo che dalla liturgia mi sento dire:
“Andate e portate a tutti la gioia del Signore Risorto. Alleluia, alleluia”, che vuol proprio
dire: “portate a tutti Gesù Risorto pieno di gioia”.
“Sono risorto e ora sono sempre con te,
dice a ciascuno di noi il Signore.
Ovunque tu possa cadere,
cadrai nelle mie mani.
Sono presente perfino alla porta della morte.
Là ti aspetto io e trasformo per te
le tenebre in luce”.
(Benedetto XVI, dall’omelia di una veglia del Sabato Santo)
…Ma io?....
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Non ho un carattere allegro,
e capisco che non è di questo che si tratta;
tiro avanti le mie giornate con una certa fatica;
prego un po’, ma stancamente;
faccio i miei doveri di famiglia, di cittadino,di lavoro, ma spesso sono insoddisfatto…
e la gioia?!...
Ho perduto una persona cara;
mi è capitato un guaio sul lavoro;
l’età avanzata e qualche preoccupazione di salute ce l’ho
e sono sulla soglia dello scoraggiamento…
e la gioia?!...
E poi quale gioia, oggi, se ho negli occhi
immagini di violenza, di distruzione, di morte?
Come portare agli altri la gioia se anch’io, cristiano,
porto invece nel cuore la pesantezza del vivere?
La gioia cristiana viene dalla salvezza
Mi accorgo che con queste domande sto cercando che cos’è la gioia cristiana attraverso me
stesso, nella mia esperienza:
Io sono un “messo in salvo”, fin da ora e per sempre, e devo decifrare la mia gioia attraverso la
storia della salvezza.
Come può una storia di salvezza non essere una storia di gioia, se Qualcuno morendo mi ha
guadagnato la vita piena, per sempre?
Tutta la Bibbia con varietà di parole esprime la gioia intrecciata con la drammaticità degli
eventi vissuti da Israele. E’ inatteso, sorprendente constatare quanto numerosi sono i testi
dell’Antico e del Nuovo Testamento (282 volte) che parlano di gioia, la descrivono, la
commentano, la domandano.
Fin dall’Antico Testamento è la rivelazione di Dio creatore e salvatore a provocare nell’uomo la
gioia. Le gioie della vita sono elemento delle promesse di Dio, che castiga l’infedeltà privandone
l’uomo: le gioie della famiglia, del frutto del lavoro, la vendemmia, le messi, ecc…, ecc… E
soprattutto c’è la gioia della fedeltà all’alleanza che Dio ha stabilito, gioia che si esprime nella
lode a Dio, nel culto: ogni festa liturgica è un momento di gioia da celebrare in un clima di
giubilo.
Anche i Salmi di supplica lasciano intravedere la gioia. Sono preghiere di persone che hanno
sperimentato malattia, persecuzioni, tradimento, ma che sanno di avere Qualcuno che li ascolta:
“Siano i tuoi orecchie attenti alla mia supplica” (Sal 130). Se Dio ascolta, la gioia è al sicuro.
Il Nuovo Testamento è l’irruzione della gioia: Gesù Cristo annuncia la salvezza e la offre
attraverso il suo sacrificio e mediante la sua Risurrezione. Intorno alla venuta del Salvatore, prima
e dopo la sua nascita, nel mondo c’è un clima di gioia. Nell’annunciazione e nella visita di Maria
alla parente Elisabetta:
“La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei (l’angelo Gabriele) disse: “Rallegrati, piene di
grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 28).
“Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta
fu colmata di Spirito Santo.
“Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio
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grembo” (Lc 1, 41.44).
“Allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio
salvatore” (Lc 1, 46-47).
E alla nascita di Gesù a Betlemme:
i pastori: “furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco vi
annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10).
Se poi percorriamo il Nuovo Testamento troviamo che sono molto numerose le volte nelle quali si
incontra il verbo “gioire” e il termine “gioia”. Alcune le riportiamo come esempio:
“Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo… Sì, Padre perché così hai deciso nella tua
benevolenza” (Lc 10, 21).
La cura che Gesù hai dei peccatori nel cercarli e la gioia che procura a Dio per averli trovati.
“Quando l’ha trovata (la pecora perduta), pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa,
chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho travato la mia pecora,
quella che era perduta” (Lc 15, 5-6).
“Così, io vi dico, vi è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte”
(Lc 15, 7).
I Vangeli sinottici collegano la gioia all’annuncio del lieto messaggio del regno, come ad esempio
nell’annuncio della nascita del Salvatore (Lc 2, 10), dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme (Mc 11, 9)
e dopo la resurrezione (Mt 28,8). Nel Vangelo di Giovanni è Gesù stesso a comunicare questa letizia
(Gv 15, 11): essa è ora la conseguenza della profonda comunione tra la comunità e Gesù (cfr. Gv 16,
22).
Ma io??!!...
Mi domando: come centra la mia gioia
personale nei rapporti con gli altri?
Mi sembra di fare la commedia se quando ho la luna storta
cerco di non farlo vedere;
e poi che cosa può importare agli altri
se sono o non sono contento?
Ho i miei pensieri, ciascuno ha i suoi
e cerca di sbrigarsela:sono faccende private;
devo pensare di avere la gioia anche per gli altri?
Perché gli altri ne abbiano un vantaggio?
La gioia “comandata”
E qui, nel confrontarmi con la Scrittura, ci viene incontro San Paolo a “comandarmi” la
gioia! Una gioia concreta e costruttiva anche per la comunità.
La maggior parte delle espressioni”gioire” e “gioia” che ricorrono nel Nuovo Testamento si trova
nelle Lettere di Paolo e colpiscono l’insistenza…imperativo nell’invitare alla gioia, le espressioni
robuste, incalzanti.
“Siate sempre lieti..., pregate ininterrottamente…,in ogni cosa rendete grazie” (1Ts 5, 16-18).
“Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il
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Signore è vicino. Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presente a Dio le vostre
richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4, 4-6).
Queste parole di Paolo fanno riflettere molto. Non si tratta di affettuosi incoraggiamenti, e
non si può pensare che Paolo volesse “comandare” di provare un’emozione o che volesse
sollecitare un vago sentimento. Qui si va oltre, si va al fondo, dove la gioia cristiana immerge le
sue radici nelle fede e nella speranza.
Questa gioia non è momentanea come una folata emotiva, ma questa gioia si innesta nella salvezza
assicurata dal Signore Risorto, lì riceve la sua stabilità, ed è forza di superamento per i momenti
che la nostra fragilità vive con timore e con affanno.
Non bisogna dimenticare che Paolo scrive in momenti di prova e di tribolazioni, e il suo
invito alla gioia così solennemente conclamato ha un’efficace concretezza. Non è una gioia da
gridare, da manifestare rumorosamente, deve però trasparire all’estero e diffondersi attraverso
“l’amabilità”, parola che è stata anche tradotta con “affabilità”, e con il “vostro essere gentili”.
Gioia trasmessa con una vita che si rende credibile a chi sta intorno, sciogliendo asprezze, rancori,
puntigliosità.
Da qui si capisce che nemici di questa gioia non sono il dolore, le difficoltà della vita, ma
l’egoismo, il ripiegamento su se stessi, la chiusura verso l’altro.
Paolo è sicuro che la gioia può fiorire anche in tempi di prova perché la preghiera alimenta
il rapporto con Dio e perciò custodisce la gioia. Le angustie, i dolori, le lotte rimangono, ma il
Signore non è assente e il cristiano è chiamato a credere che nella vita tutto è incorporato nel
disegni della salvezza che si compie.
Ha ragione chi dice che nulla è più anticristiano della tristezza!
La gioia cristiana non può galleggiare sulla vita come l’olio sull’acqua. Anche nei momenti di
stanchezza e di sconforto il cristiano ha delle serie ragioni per essere e vivere nella gioia senza
sfiducia e sconforto e scoraggiamenti.
Gesù aveva detto: “perché la vostra gioia sia piena”.
“Ora a Gesù vittorioso niente può impedirglielo. Che cosa può fare ostacolo a Gesù? Il nostro
dubbio? Il nostro peccato? La nostra limitatezza? Queste cose certo ci sono, ma non possono fare
ostacolo. Se Cristo Gesù è invincibile in tutto, lo è soprattutto nel comunicarci la sua gioia” (G.
Dossetti).
Non sono le nostre forze a vincere; il fondamento alla nostra speranza – gioia è la fedeltà di Dio.
E così il peso della vita rimane, ma il lievito della risurrezione la fermenta tutta.
La Liturgia celebra e insegna la gioia pasquale
La Liturgia nella veglia pasquale ci dice: qui c’è il mistero da credere. Te lo faccio
celebrare, lo offro ai tuoi sentimenti, ai tuoi occhi con i colori e i gesti, alle tue orecchie con le
parole e i canti, non andare via da qua senza averlo gustato con le fede.
Non si tratta di euforia superficiale né di abitudine che ci rende impermeabili; solo atteggiamento
di preghiera può nutrire la mia attesa dell’Evento.
"Annuncio pasquale"
Esulti il coro degli Angeli, esulti l'assemblea celeste,
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore.»..
Gioisca la madre Chiesa... e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo
E’ veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l'esultanza dello spirito, e inneggiare
al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
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Egli ha pagato per noi all'eterno Padre
il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica…
Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti
nel Cristo dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all'amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte,
risorge vincitore dal sepolcro...
O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo,
hai sacrificato il tuo Figlio!.. Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe,
restituisce l'innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti...
O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo
e l’uomo al suo creatore!...
Ti preghiamo dunque, Signore, che questo cero offerto
In onore del tuo nome per illuminare
l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a Te come profumo soave, si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino, quella stella che non conosce tramonto: Cristo tuo
Figlio che risuscitato dai morti fa splendere sugli uomini
la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli.
Nei passi di questo inno, che durante la veglia pasquale ricorda e supplica, è tutto un
solo palpito: angeli, natura, luce, tenebre, cieli... perché la notte, questa notte è più chiara del
giorno.
Sono arrivato al canto dell' "Annuncio pasquale" dalla notte, dal buio. Spente le luci
della chiesa, era stato acceso il fuoco, e al fuoco il cero, "Lumen Christi". "Cristo, luce del
mondo" ha cantato processionalmente il celebrante. Sì, il cero non è simbolo della luce di
Cristo, ma di Cristo - luce, è Lui stesso - luce, luce vittoriosa di ogni tenebra, luce gloriosa,
che ci comunica la gioia di contemplare tutto alla sua luce.
«Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal
sepolcro».
“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce
della vita». (Gv 8,12)
Per tutto il tempo pasquale e durante i battesimi e le esequie, il cero sarà acceso, simbolo di
Gesù Risorto presente tra noi con la sua immensa gioia del vittorioso per sempre sul male.
“L’alleluia” di tutto l’anno
ALLELUIA è una acclamazione religiosa ebraica passata nella liturgia cristiana. Significa
"lodate Dio", "Dio è grande", "Dio ha fatto cose grandi", "noi siamo nella gioia". La troviamo nei
salmi come uno dei ritornelli più semplici e gioiosi. Nelle celebrazioni festive è come una sintesi
del sentimento religioso, che nella solennità della Pasqua prorompe e poi risuona in tutte le feste
dell'anno (esclusa la Quaresima).
L' alleluia è il grido di trionfo del cristiano quando, nel battesimo, esce dalla tomba con
Cristo, e, quotidianamente, con la partecipazione all'eucaristia. Per questo l'alleluia lo
proclamiamo in piedi nella posizione di con-risorti con Cristo, e come popolo in cammino
verso la mèta.
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L'alleluia di ogni domenica ci ricorda e ci fa rivivere l'invito pasquale. Non porteremo una
nostra gioia, tirata fuori dai nostri sentimenti, dal nostro sguardo sul mondo. E' la gioia del
Signore Risorto, che devo portare. Lui ci tocca con la sua gioia di crocifisso - risorto, e allora
anche se niente sembra cambiato, tutto è diverso.
La gioia cristiana ha il volto sereno della fede e lo stile sicuro della speranza. Riceve
l'amore dalla Pasqua e lo irradia anche nelle giornate nebbiose. E' un segreto che deve trasparire
con umile luminosità, magari nel silenzio, forse con un sorriso. Gioia sono la fiducia e la pace con
la quale ci si può guardare intorno: nel mondo minacciato dal male c'è la presenza del Risorto. E'
vera e bella la risposta del quel bambino al quale il vescovo a catechismo aveva chiesto la
differenza tra l'allegria e la gioia: "l'allegria svanisce presto, la gioia dura". E la gioia cristiana
dura per sempre. Tocca a noi dimostrare che il circuito oggi - domani - sempre è già in funzione.
Il tempo di Pasqua si prolunga per sette settimane nelle quali la Liturgia fa riecheggiare
nelle preghiere della Messa vari motivi di gioia:
ci invita alla gioia
ci fa domandare la gioia come elemento vitale
ci impegna a testimoniarla nelle opere
ci parla della gioia presente che abbiamo in Cristo come gioia eterna pregustata.
Queste preghiere sono come limpidi zampilli e la gioia è la fonte.
Nella celebrazione eucaristica la presenza di Cristo non è trionfale, è velata, nascosta. Ma nella
parola “eucarestia”, che è “rendimento di grazie”, c’è anche l’eco della parola greca charà, che
significa gioia:
“Noi ringraziamo con gioia il Padre” (Col 1,12).
Conclusione
DOV’È E CHE COS’È LA GIOIA CRISTIANA
La gioia dell’amore di Dio
"La gioia è causata dall’amore" (s. Tommaso d’Aquino). Gioia e amore camminano insieme.
Chi non ama non può essere gioioso. La gioia è assente dove sono presenti l’egoismo e l’odio. La
disperazione nasce dall’assenza dell’amore.
La gioia cristiana è una ridondanza dell’amore di Dio: non è una virtù distinta dall’amore,
ma è un effetto dell’amore. Questa precisazione non è inutile, ma indispensabile e fondamentale
perché ci svela il motivo del fatto che molti cercano la gioia e non la trovano. Essi la cercano
invano perché pensano che essa sia reperibile per se stessa. La gioia non ha consistenza in se
stessa: ha la sua sorgente nell’amore, è un raggio dell’amore. E la sorgente dell’amore è Dio: "Dio
è amore" (1Gv 4,8).
La gioia spirituale
"La gioia piena non è carnale, ma spirituale" (s. Agostino). Tutto ciò è verissimo perché la
gioia cristiana è una gioia di Dio, una gioia che è frutto dello Spirito di Dio che abita in noi (Gal
5,22). Tuttavia la gioia cristiana afferra, promuove, illumina e intensifica le diverse gioie
dell’uomo. Così si hanno le gioie della verità, del cuore, della bellezza, dei ricordi, delle attese,
ecc. La gioia spirituale ha un riverbero esteriore che illumina tutto l’essere umano, lo rende
amabile e affascinante. Fa del cristiano un bagliore visibile della Bellezza invisibile, una
manifestazione concreta dell’uomo risolto in positiva armonia, e una attrazione sicura per tutti
coloro che ancora camminano nel buio della tristezza e dell’inquietudine.
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LA GIOIA CRISTIANA
La gioia attraverso Cristo
La gioia cristiana, per essere tale, deve passare attraverso Gesù Cristo. La gioia di Dio si
ottiene per la mediazione del Verbo incarnato: egli è la strada della nostra gioia. È lui che ci fa
conoscere più pienamente Dio; è lui che ci permette di gioire della verità; è lui che ci comunica la
vita divina. L’incarnazione è la più grande rivelazione del mistero di Dio nascosto e invisibile.
Così la gioia dell’invisibile Dio passa per la gioia di Cristo, Dio fatto uomo e visibile ai
nostri occhi. "Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di
verità" (Gv 1,14); "Noi abbiamo udito, noi abbiamo veduto con i nostri occhi, noi abbiamo
contemplato e le nostre mani hanno toccato il Verbo della vita," (1Gv 1,1). È attraverso l’umanità
del Verbo incarnato che proviamo il giubilo della gloria divina manifestata a noi. Per arrivare alla
contemplazione di Dio-Trinità dobbiamo passare attraverso la contemplazione insistente
dell’umanità di Gesù salvatore e delle sue santissime piaghe.
Gesù Cristo è veramente la strada obbligata della gioia cristiana.
LA GIOIA CRISTIANA DONO DELLO SPIRITO
Gioia e amore sono due termini che si richiamano sempre. Ed è perciò che nella gioia
cristiana ha parte determinante lo Spirito Santo, lo Spirito dell’Amore. Essa è un dono di Lui:
"Frutto dello Spirito è... la gioia" (Gal 5,22). Per questo gli Atti dicono che "i discepoli erano pieni
di gioia e di Spirito Santo" (At 13,52), e san Paolo scrive che i Tessalonicesi "avevano accolto la
parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione" (1Ts 1,6), perché "il
regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo"
(Rm 14,17). Tutto questo non è parola sonante, ma esatta realtà. "Lo Spirito Santo non è oscuro o
mesto: Egli è la gioia dell’amore. L’esistenza stessa dello Spirito Santo proclama la forza della
gioia d’amore e l’inesauribile eternità di questa gioia" (Galot). Lo Spirito Santo Amore ha in sé la
fonte della gioia. E siccome ci è stato dato come dono supremo dell’amore del Padre e del Figlio,
è sempre attraverso di lui che, in definitiva, passa la gioia di Cristo e di Dio.
Il fondamento della gioia cristiana è la Pasqua del Signore e nell’Eucarestia domenicale si
ripresenta la grande gioia dell’annuncio: “è Risorto”.
Questa luce di Pasqua-Eucarestia deve irradiare la gioia quotidiana nella vita.
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