Il Punto Nota settimanale a cura della Redazione di Nens ____________________________________________________________________________N. 4 N. 4 Settimana dal 3 al’8 novembre 2003 Questa settimana: - Mercato del Lavoro: lavoratori e imprese in difficoltà. Dubbi e ritardi nell’operatività della Riforma - Debito: La Cartolarizzazione dei prestiti ai dipendenti pubblici non basta a risolvere i problemi - Inflazione in Italia: perché l’euro non c’entra niente. L’entrata in vigore della Riforma del Mercato del Lavoro, accompagnata da una martellante campagna promozionale attraverso spot televisivi che ne esaltano risultati ancora tutti da verificare, in realtà sta aprendo più problemi di quanti non si intendesse risolverne. 1. Innanzi tutto le Agenzie per il Lavoro: la loro operatività è legata alla loro iscrizione ad un Albo da istituire con decreto ministeriale. Ad oggi, il decreto ministeriale non c’è. 2. La Riforma cancella I "Contratti di Formazione e Lavoro" che dovrano essere sostituiti dai "Contratti di inserimento". Nessuno ha però ancora spiegato come questo cambiamento di tipologia contrattuale debba avvenire e con quali procedure. 3. I Contratti di Collaborazione Continuata e Continuativa (Co.Co.Co) cambiano natura: diventano contratti legati alla realizzazione di progetti o programmi specifici e la loro durata dovrà essere legata a tale realizzazione. Ciò sta producendo in moltissime imprese serie difficoltà che, ovviamente, si ripercuotono pesantemente sui lavoratori occupati con quel tipo di contratto. Infatti entro il 23 ottobre 2004 dovrà essere definito il “progetto” o “programma” al quale vincolare i Co.Co.Co.: chi non potrà essere collegato ad un “progetto” o “programma” o dovrà essere assunto in altra forma o perderà il posto. Ecco, di seguito, l’elenco delle figure previste dalla Riforma che, ad oggi, non possono essere applicate per mancanza dei provvedimenti attuativi: - Lavoro intermittente - Nuovo apprendistato - Contratto di inserimento - Certificazione dei rapporti di lavoro - Lavoro accessorio - Comunicazione unica contestuale di assunzione dei lavoratori (Dlgs 297/02) - Comunicazione delle variazioni del rapporto di lavoro (Dlgs 297/02) - Operatività delle agenzie per il lavoro - Somministrazione di mano d'opera - Intermediazione - Borsa continua nazionale del lavoro Nel frattempo continua il calo dell’occupazione nella grande industria: l’ultimo dato Istat diramato la scorsa settimana indica in 23.000 il numero di posti di lavoro cancellati nell’ultimo anno. La recente decisione del Governo di reperire una cifra rilevante (si parla di 4,2 miliardi di euro) dalla cartolarizzazione dei crediti derivanti dai prestiti ai pubblici dipendenti non sembra destinata a risolvere il problema del fabbisogno e del debito per due ordini di considerazioni. Infatti i 4,2 miliardi di cartolarizzazioni, aggiunti ai 2,2 miliardi provenienti dalla dismissione della nuova quota Enel e ai 2,3 provenienti dalla dismissione dell’Eti potrebbero abbattere il fabbisogno tendenziale 2003 – indicato in circa 55 miliardi di euro - di 8,3 miliardi, portandolo così a 46,7 miliardi. Però: 1. 46,7 miliardi di fabbisogno aggiunti ai 1.342,7 del debito pregresso 2002, porterebbero lo stock al livello di 1.389,4 che, in presenza di una crescita ancora ottimisticamente stimata ad un +0,4%, rappresenterebbe comunque il 106,9% del Pil, cioè 3 decimali di punto sopra al rapporto registrato nel 2002, invece del 106,0 programmato dal Governo; 2. Il calcolo formulato al punto 1. è comunque ottimistico perché: a) L’andamento del fabbisogno tendenziale è tale da rendere i 55 miliardi iscritti nei documenti del Governo probabilmente sottostimati; b) I 2,3 miliardi della vendita Eti sono assai dubbi a causa della lentezza delle procedure in corso: anche nell’ipotesi che la previsione di fabbisogno tendenziale a 55 miliardi venga rispettata, senza quella somma, il debito salirebbe al 107,1% del Pil Infine, non è trascurabile il fatto che la cartolarizzazione dei crediti nei confronti dei pubblici dipendenti rappresenta comunque una forma di anticipazione di incassi che andrà a ridurre gli incassi futuri, e quindi incrementerà il fabbisogno futuro. Per di più, gli incassi ottenibili subito saranno inferiori a quelli che sarebbero stati ottenuti in via ordinaria perché su di essi incideranno le percentuali di commissione praticati dai soggetti cartolarizzatori. La polemica sulle “colpe” dell’euro ha registrato nuove battute. Il ministro dell’Economia ha ripetuto, la settimana scorsa, che dopo la nascita dell’euro tutti i Paesi che l’hanno adottato hanno dovuto affrontare problemi come l’Italia. Ancora una volta è toccato al Presidente della Commissione europea ricordare che solo in Italia si è avuta un’impennata dei prezzi così forte, che quindi non ha a che vedere con l’introduzione della moneta unica la quale, peraltro, è stata messa in circolazione il primo gennaio 2002, cioè almeno un anno e mezzo prima che i prezzi italiani registrassero la loro esplosione. Inoltre, in un recente articolo uscito su Repubblica del 4 novembre scorso, Vincenzo Visco osserva, a proposito dell’inflazione italiana, che “da ormai molto tempo in Italia assistiamo ad una riduzione della produttività media del sistema che inevitabilmente (deve) comporta(re) una riduzione del salario reale della popolazione (potere d’acquisto). Poiché i salari (e i redditi) nominali hanno continuato a crescere sia pure in modo moderato per ragioni contrattuali e istituzionali, ne deriva che l’inevitabile aggiustamento tende ad assumere la forma di un incremento dei prezzi (inflazione) non compensato da un adeguato aumento dei redditi personali. Questo meccanismo – conclude Visco – è una delle forme tecniche che può assumere un processo di declino economico di un Paese, vale a dire un processo di impoverimento reale”. In altre parole, la dinamica dei prezzi italiani è legata a problemi strutturali molto seri del funzionamento della sua economia.