Eddy Carli (Università di Padova) Venezia, 16-17 dicembre 2005 Handout Intenzionalità, mente e linguaggio Se dal linguaggio si esclude l’elemento dell’intenzione, la sua funzione crolla interamente. L. Wittgenstein, Osservazioni filosofiche, § 20 - Intenzione intenzionalità intenzione = stato mentale e non proprietà della mente l’intenzione è qualcosa che si manifesta quando intendiamo fare qualcosa, non è una proprietà di stati mentali (non diciamo che uno stato mentale ha intenzione, ma se mai che è un’intenzione). è un fenomeno circoscritto, una nozione che si collega al “fare”, all’azione intenzionalità = proprietà della mente che riguarda la natura degli stati mentali, la loro direzionalità verso oggetti esterni L’intenzionalità è la proprietà della mente che indica l’essere “diretto verso” o “che riguarda” o “si riferisce a” (l’”aboutness”) oggetti o stati di cose nel mondo. Essa può riferirsi anche ad oggetti non esistenti, mentali, privi di una manifestazione empirica come l’azione: ciò che la caratterizza è l’aboutness, il riferirsi a qualcosa l’intenzionalità rimane una caratteristica degli atti mentali, che non necessariamente si manifesta nell’azione L’intenzionalità comprende fenomeni mentali come le credenze, i desideri, le intenzioni, ma anche la paura, la speranza, l’amore, l’odio, e pure la memoria, la percezione e l’azione intenzionale. - Teorie “intenzionaliste” della mente Franz Brentano l’intenzionalità è la caratteristica fondamentale che separa tutti i fenomeni mentali da quelli fisici, essa è ciò che caratterizza la coscienza stessa: «Ogni fenomeno psichico è caratterizzato dall’in/esistenza intenzionale (ovvero mentale) dal riferimento a un contenuto, la direzione verso un oggetto (che non va inteso come una realtà), ovvero l’oggettività immanente. Tale in/esistenza intenzionale caratterizza esclusivamente i fenomeni psichici. Nessun fenomeno fisico mostra qualcosa di simile. (…) Possiamo quindi far valere l’in/esistenza intenzionale di un oggetto come una peculiarità generale dei fenomeni psichici, che distingue questa classe di manifestazioni da quella delle manifestazioni fisiche». (La psicologia dal punto di vista empirico 1874, tr. it. vol. I, II, cap. I, 5, pp. 154-157) 1 Edmund Husserl l’intenzionalità è il carattere specifico della coscienza: «L’intenzionalità è ciò che caratterizza la coscienza in senso pregnante (…) poiché è la proprietà degli Erlebnisse (atti mentali) di essere coscienti» (Ideen I, 84) Diversamente dalla tradizione psicologistica e fenomenologica, per la filosofia della mente contemporanea (Searle, Crane, Davidson, Dennett) l’intenzionalità non è sempre un’esplicita proprietà di carattere psichico, caratterizzante la coscienza essa è la proprietà generale di ciò che è diretto verso qualcosa, che riguarda qualcosa, ovvero il riferimento, l’aboutness Ludwig Wittgenstein Radicale mutamento nell’indagine sugli stati mentali introdotto dall’analisi del linguaggio analisi grammaticale dell'intenzione e dell'azione intenzionale L’analisi dell’intenzionalità e dell’azione intenzionale presuppone l’indagine della grammatica dell’uso dei termini mentali demolizione di qualsiasi atteggiamento mentalista: la mente non è un’entità misteriosa ed è possibile descriverla nei termini del linguaggio comune. Gli stati mentali, come le intenzioni, le credenze, i desideri, sono espressioni linguistiche, grammaticali, che vanno comprese nei loro usi nel linguaggio ordinario. Per Wittgenstein non dobbiamo chiederci se il pensiero, la comprensione, l’intenzione siano dei “processi mentali”, dei “processi che si nascondono dietro a fenomeni più grossolani e appariscenti” (PI, § 153), ma dobbiamo chiederci in quali circostanze, in quale contesto semantico-linguistico noi diciamo “io so”, “io intendo”, “io penso” e così via. «Comprendere una parola: uno stato. Ma uno stato mentale? – Tristezza, eccitazione, dolore, li chiamiamo stati mentali. Elaboriamo questa considerazione grammaticale e diciamo: “E’ stato triste tutto il giorno”. “E’ stato in grande agitazione tutto il giorno”. “Soffre da ieri, ininterrottamente”. Diciamo anche “Comprendo anche questa parola da ieri”. Ma “ininterrottamente”? – Certo, si può parlare di un’interruzione del comprendere. Ma in quali casi? Confronta: “Quando è cessato il tuo dolore?” e “Quando hai cessato di comprendere questa parola?”» (R.F. p. 81). diversa prospettiva teorica dalla quale guardare agli stati mentali “interni”, una prospettiva linguistica, data dagli usi grammaticali di nozioni mentali che costituiscono le circostanze (o il contesto) che consentono il manifestarsi dei processi della mente. La “naturalizzazione dell’intenzionalità e della coscienza La filosofia della mente contemporanea è caratterizzata dai tentativi di “naturalizzare” l’intenzionalità, per superare il dualismo di eredità cartesiana: 1. Naturalizzazione: l’intenzionalità è una proprietà appartenente all’ordine naturale del mondo ed è quindi “riducibile” a proprietà investigabili dalle scienze naturali (fisicalismo, materialismo, eliminativismo, Dennett, Churchland) 2. Naturalizzazione non-riduzionista: l’intenzionalità è un fenomeno naturale, biologico, e tuttavia non può essere “ridotto” a stati fisici del cervello, né essere “eliminato” (naturalismo biologico, Searle, Edelman, Crane, Davidson) 2 John Searle Ruolo centrale dell’intenzionalità: di essa vengono mantenuti i caratteri di irriducibilità a qualcos’altro e di direzionalità verso qualcosa, già evidenziati da Brentano. In Intentionality (1983) il principale obiettivo di Searle era dimostrare come il linguaggio si relazioni alla mente sia il linguaggio che la mente devono esibire un'intenzionalità teoria generale dell’intenzionalità l’indagine sull’intenzionalità non può limitarsi al livello psicologico e mentale, ma deve considerare anche il linguaggio, gli aspetti linguistici e comportamentali, nonché gli aspetti relativi alla struttura biologica del cervello. la direzionalità dell’intenzione è direzionalità verso un oggetto fisico che esiste realmente, non è solo contenuto nella nostra mente. L’intenzionalità è una caratteristica di base degli stati mentali, e l’azione, che comprende anche il linguaggio, gli “atti linguistici” (Speech Acts), è una delle forme biologiche primarie dell’intenzionalità per Searle, non è possibile parlare, agire, comunicare senza avere un’intenzione precedente, o un’intenzione-in-azione Agisco intenzionalmente soltanto se ho un'intenzione in-azione Se Marco intende alzare il braccio per fare una domanda al relatore, ma, un momento dopo, il suo braccio si solleva (come se egli lo alzasse) per uno spasmo improvviso, egli non ha eseguito un'azione intenzionale. Egli non ha certamente fatto ciò che intendeva fare anche se ad Anna, che conosceva la sua intenzione, sembra che egli abbia agito in modo intenzionale. Se pure è necessario disporre del linguaggio per poter pensare i pensieri, esso non può a sua volta prescindere dall’intenzionalità che ne determina il significato. Le teorie non-riduzioniste dell’intenzionalità e della coscienza a) Il naturalismo biologico di Searle teoria dell’intenzionalità e della coscienza che intende superare il dualismo cartesiano e che propone una “naturalizzazione” non-riduzionista della coscienza. "Naturalismo biologico" naturalismo non-riduzionista che si basa sulla neurobiologia del cervello e che cerca di tenere assieme gli aspetti soggettivi e oggettivi della coscienza e del cervello umani tutti i nostri stati coscienti sono causati da processi neuronali di livello inferiore del cervello, e sono essi stessi delle caratteristiche del cervello. A materialismo, riduzionismo, funzionalismo e Intelligenza artificiale Searle oppone due argomenti: argomento della “stanza cinese” (esperimento mentale che critica l’intelligenza artificiale e la possibilità di riprodurre artificialmente la mente umana) I computer sono in grado di manipolare sintatticamente simboli, ma non sono in grado di interpretarli, cioé di comprenderne il significato, o di attribuirgliene uno. Solo il cervello è capace di consapevolezza, coscienza e intenzionalità. “naturalismo biologico” i fenomeni mentali sono fenomeni primitivi, irriducibili sia ad eventi fisici che a enti o fenomeni più “profondi” e misteriosi; essi sono fenomeni reali, naturali e biologici così come lo sono la fotosintesi, la mitosi e la digestione, o i neuroni e le sinapsi. Essi hanno una realtà oggettiva e sono dunque indagabili empiricamente. 3 b) La teoria evoluzionista della mente e del cervello di Edelman Gerald M. Edelmanteoria neuroscientifca della coscienza affine al naturalismo non riduzionsta di Searle. gli stati mentali hanno la medesima realtà dei neuroni e delle sinapsi che determinano il funzionamento dei nostri cervelli teoria “neo-darwiniana” dello sviluppo delle funzioni del cervello, dove i neuroni vengono considerati come una popolazione sottoposta a diversi meccanismi di selezione successiva. darwinismo neurale: la competitività dell’ambiente di sviluppo dei neuroni, a livello microbiologico, e l’immensità dei cambiamenti cognitivi da essa provocati, indicano la singolarità dei processi del cervello Teoria della selezione dei gruppi neuronici (TSGN): teoria scientifica della coscienza fondata su basi neurali e sulla selezione – vi sono due tipi di coscienza: la coscienza primaria e la coscienza di ordine superiore 1. Coscienza primaria: stato di "consapevolezza" mentale delle cose del mondo in cui si hanno immagini mentali del presente Gli animali che possiedono solo la coscienza primaria sono legati ai piccoli intervalli di tempo mediati dalla memoria a breve termine: essi non hanno percezione del passato, ma solo del presente. 2. Coscienza di ordine superiore: riconoscimento, da parte del soggetto razionale, dei propri atti e dei propri sentimenti, in relazione al tempo noi umani siamo coscienti di essere coscienti Il senso del sé caratterizza l'emergere della coscienza di ordine superiore, e si accompagna alla comparsa del linguaggio la coscienza di ordine superiore è caratterizzata da: soggettività, linguaggio, valori, memoria, qualia (stati qualitativi percettivi) nuovo paradigma scientifico basato sull'applicazione della selezione naturale all'indagine del cervello e della mente (TSGN) e sull’idea che l'esperienza soggettiva sia un elemento essenziale del procedere della scienza, capovolgimento del paradigma galileiano che eliminava la soggettività dall'indagine della scienza: il soggetto – che nella scienza fisica poteva compromettere la validità dell'esperimento – nella teoria biologica della coscienza diviene l'elemento essenziale dell'indagine stessa c) Donald Davidson: "Monismo anomalo" e leggi psicofisiche Donald Davidson teoria del “monismo anomalo” (Anomalous Monism) proposta di superamento del dualismo mente-corpo tra mentale e fisico non vi è alcuna distinzione ontologica, ma non vi è nemmeno una qualche correlazione nomologica: Questo punto di vista merita il nome di “monismo anomalo”: monismo in quanto sostiene che gli eventi mentali sono eventi fisici; anomalo in quanto insiste sul fatto che gli eventi, quando sono descritti in termini psicologici, non ricadono sotto leggi rigorose (strict laws). (Davidson, 1970) sebbene ogni singolo evento mentale sia un evento cerebrale, non esiste alcuna legge psicofisica che correli eventi mentali tra loro simili a eventi fisici tra loro altrettanto simili. Lo strumento per tenere insieme il monismo fisicalistico e l’irriducibilità del mentale è dato dalla teoria delle identità delle occorrenze (token-identities theory): ogni singola occorrenza di evento mentale (ogni particolare credenza, desiderio, intenzione, ecc.) è identica a una corrispondente occorrenza di un evento fisico 4 un unico evento può essere alternativamente descritto per mezzo del vocabolario delle scienze naturali o del vocabolario mentalistico. La tesi fondamentale del “monismo anomalo” è che non esistono leggi psicofisiche. Non vi sono leggi ponte (bridge-laws) in grado di consentire la riduzione del mentale al fisico irriducibilità del mentale rispetto al sistema nomologico delle scienze naturali sopravvenienza debole del mentale sul fisico “date tutte le proprietà fisiche, le proprietà mentali sono determinate”, ovvero le proprietà mentali sono dipendenti da quelle fisiche e tuttavia non sono riducibili a proprietà fisiche (Davidson) sopravvenienza forte “date tutte le proprietà fisiche, le proprietà mentali sono necessariamente determinate” tesi a favore di un “monismo nomologico”, che afferma un fisicalismo radicale e la possibilità delle leggi psicofisiche (Jaegwon Kim, 1984) - References Tim Crane, (2001) Eventi mentali. Un’introudzione alla filosofia della mente, Raffaello Cortina, Milano 2003. Donald Davidson, (1980) Azioni ed eventi, il Mulino, Bologna 1992. Gerald M. Edelman (1992) Sulla materia della mente, Adelphi, Milano 1993. Searle, J. (1983) Della intenzionalità: un saggio di filosofia della mente, Bompiani, Milano 1985. John R. Searle, (1992) La riscoperta della mente, Boringhieri, Torino 1994. John R. Searle (1995) Il mistero della coscienza, Raffaello Cortina, Milano 1998. Ludwig Wittgenstein (1958), Ricerche filosofiche, Einaudi, Torirno, 1967, 1998. Ludwig Wittgenstein, Libro blue e libro marrone, Einaudi, Torirno, 1983. 5