PROGRAMA ANALITICĂ Disciplina: CURS OPŢIONAL B LIMBA ITALIANĂ Specializarea: Română – Italiană Anul III ID, Semestrele I-II Titularul disciplinei: Conf. univ. dr. ELENA PÎRVU Denumirea disciplinei Codul disciplinei Curs opţional B de limba italiană Semestrul Facultatea Litere Profilul Filologie Specializarea Română – Italiană Numărul de credite I, II Numărul orelor pe an / activităţi Total SI TC AT AA 56 20 8 Categoria formativă a disciplinei: DF - fundamentală, DG - generală, DS - de specialitate, DE - economică/managerială, DU - umanistă Categoria de opţionalitate a disciplinei: DI - impusă, DO - opţională, DL - liber aleasă (facultativă) Discipline anterioare Obiective Conţinut (descriptori) Obligatorii (condiţionate) Recomandate - 14+14 DF DI - - cunoaşterea eătre studenţi a criteriilor de selecţionare a auxiliarului temporal; - formarea la studenţi a abilităţilor de a folosi corect auxiliarele temporale; - cunoaşterea eătre studenţi a criteriilor de concordanţă a participiului trecut. I. L’USO DEI VERBI AUSILIARI IN ITALIANO 1. I criteri della selezione dell’ausiliare 2. L’uso degli ausiliari con i verbi intransitivi: I verbi intransitivi che usano l’ausiliare essere; I verbi intransitivi che usano l’ausiliare avere; I verbi intransitivi che usano come ausiliare tanto essere quanto avere. 3. L’uso degli ausiliari con i verbi impersonali 4. L’uso degli ausiliari con i verbi riflessivi 5. L’uso degli ausiliari col «si» impersonale e «si» passivante 6. Gli ausiliari della forma passiva: L’uso dell’ausiliare essere; L’uso dell’ausiliare venire; L’uso dell’ausiliare andare. 7. La selezione dell’ausiliare con i verbi servili 8. La selezione dell’ausiliare con i verbi causativi II. La concordanza del participio passato 1. La concordanza del participio passato con l’ausiliare essere 2. La concordanza del participio passato con l’ausiliare avere 3. La concordanza del participio passato nei verbi impersonali 4. La concordanza del participio passato col «si» impersonale 5. La concordanza del participio passato con i verbi servili 6. La concordanza del participio passato con i verbi causativi Forma de evaluare (E - examen, C - colocviu / test final, LP - lucrări de control) E Stalibirea - răspunsurile la examen / colocviu / lucrări practice 50% Notei - activităţi aplicative atestate / lucrări practice/ proiect etc. 25% finale - teme pe parcursul semestrului (procentaje) - teme de control 25% Bibliografie Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 47-85, 87-102, 105-116, 121-126. Giampaolo Salvi, Gli ausiliari ‘essere’ e ‘avere’ in italiano, in “Acta Linguistica Academiae Scientiarum Hungaricae”, Tomus 30 (1-2), 1980, pp. 137-162. Giampaolo Salvi, L’accordo, in Lorenzo Renzi e Giampaolo Salvi (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. II: I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 227-244. Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Bologna, UTET Libreria, 1989, pp. 385-387, 391-397. Legenda: SI - studiu individual, TC - teme de control, AT - activităţi tutoriale, AA - activităţi aplicative aplicate SUPORT DE CURS Disciplina: CURS OPŢIONAL B LIMBA ITALIANĂ Specializarea: Română – Italiană Anul III ID, Semestrele I-II Titularul disciplinei: Conf. univ. dr. ELENA PÎRVU INDICE I. L’USO DEI VERBI AUSILIARI IN ITALIANO 1. I criteri della selezione dell’ausiliare 2. L’uso degli ausiliari con i verbi intransitivi 3. L’uso degli ausiliari con i verbi impersonali 4. L’uso degli ausiliari con i verbi riflessivi 5. L’uso degli ausiliari col «si» impersonale e «si» passivante 6. Gli ausiliari della forma passiva 6.1. L’uso dell’ausiliare essere 6.2. L’uso dell’ausiliare venire 6.3. L’uso dell’ausiliare andare 7. La selezione dell’ausiliare con i verbi servili 8. La selezione dell’ausiliare con i verbi causativi II. La concordanza del participio passato 1. La concordanza del participio passato con l’ausiliare essere 2. La concordanza del participio passato con l’ausiliare avere 3. La concordanza del participio passato nei verbi impersonali 4. La concordanza del participio passato col «si» impersonale 5. La concordanza del participio passato con i verbi servili 6. La concordanza del participio passato con i verbi causativi I. L’USO DEI VERBI AUSILIARI IN ITALIANO 1. I criteri della selezione dell’ausiliare Gli ausiliari propriamente detti dell’italiano sono due: essere e avere. Sono ambedue verbi di stato. Pure avere è un verbo di stato, anche se ha la costruzione di un verbo transitivo, perché non enuncia alcun processo: tra il soggetto e l’oggetto di avere non può esistere un rapporto di transitività, tale che la nozione sia supposta passare sull’oggetto e modificarlo. La descrizione dell’uso degli ausiliari temporali implica, innanzitutto, il significato del participio passato. Però, qualche volta, per una migliore descrizione, entrano in gioco anche: 1) il significato del soggetto, 2) la coincidenza o la non coincidenza del soggetto con l’oggetto, 3) l’uso attributivo o non attributivo del participio passato, 4) il rapporto fra il verbo e i suoi argomenti e 5) l’aspetto verbale. 1) Partendo dal significato del soggetto, in generale, si può dire che la coniugazione con avere si ha quando il soggetto designa l’agente1 oppure l’individuo sede dell’esperienza (ho pensato, ho costruito una casa, ho creduto ecc.); implica cioè un soggetto attivo, causa dell’azione verbale, o meglio “atteggia l’azione verbale in dipendenza del soggetto” 2. Il verbo essere si ha, invece, quando il soggetto non è direttamente e attivamente implicato nell’azione indicata dal verbo (sono entrato, sono arrivato ecc.). In altre parole, la coniugazione con essere vede l’azione indipendentemente dall’iniziativa del soggetto, ossia “si limita a cogliere lo stato in cui il soggetto viene a trovarsi”. Ma questa distinzione, fondamentalmente esatta, aiuta poco in pratica, essendo assai difficile escludere la volontà del soggetto da verbi come tornare (Luigi è tornato a casa) ed ammetterla invece in verbi come sbandare (L’autista ha sbandato) 3. 2) La coincidenza o la non coincidenza del soggetto con l’oggetto ci aiuta nel caso dei verbi accompagnati di un oggetto. I verbi che entrano in questa categoria scelgono essere o avere a seconda che siano o no riflessivi, a seconda cioè che il soggetto e l’oggetto designino o no la stessa persona: scelgono essere quando soggetto e oggetto coincidono, avere quando non coincidono. 1 Secondo Giampaolo Salvi, i ruoli semantici del soggetto possono essere classificati, secondo una scala di salienza semantica che privilegia l’animatezza dell’ente che svolge il ruolo, e il controllo che esso esercita sull’evento descritto, in: 1) agente, 2) esperiente / termine, 3) oggetto. L’agente (che compie l’azione: Giovanni mangia la minestra) è animato e controlla l’azione; l’esperiente (che prova una sensazione: Giovanni vede Maria) è animato ma non controlla l’evento; il termine (che è il termine di una relazione di possesso: Giovanni possiede una casa) è animato, ma il suo controllo sull’evento è irrilevante; l’oggetto (che è oggetto di un’azione: Il libro è caduto) non controlla l’evento e la sua animatezza è irrilevante (cfr. Giampaolo Salvi, La frase semplice, in Giampaolo Salvi - Laura Vanelli, Grammatica essenziale di riferimento della lingua italiana, Firenze, Istituto Geografico De Agostini Le Monnier, 1992, pp. 3-62, p. 9). 2 Cfr. Alfonso Leone, Una regola per gli ausiliari, in “Lingua nostra”, vol. XXXI, 1 / 1970, pp. 24-30, p. 24. 3 Ibidem. Carlo si è iscritto a una scuola serale. Carlo mi ha iscritto a una scuola serale. Negli altri casi i due ausiliari temporali hanno una ripartizione complementare. Tutti i verbi hanno necessariamente l’uno o l’altro di questi, compresi essere e avere come ausiliari di se stessi. Il nostro amico è venuto da lontano. Ho conosciuto ieri il tuo nonno. Luigi ha avuto una buona idea. Carla è stata due mesi in campagna. 3) Per quanto riguarda l’uso attributivo o non attributivo del participio passato, si può dire che il verbo intransitivo richiede essere quando il participio può adoperarsi come attributo (andato, uscito, cresciuto, caduto: i tempi andati, il signore uscito poco fa, un bimbo cresciuto in campagna, la palla caduta nell’acqua); richiede avere nel caso opposto, cioè quando l’uso attributivo non è possibile, tranne che il participio non sia sentito come aggettivo autonomo (camminato, viaggiato): in tal caso “l’ausiliare avere è necessario per restituire ad esso la sua forza verbale”4. 4) I verbi, come del resto tutte le voci lessicali, sono predicazioni a uno o più argomenti e, da questo punto di vista, si distinguono in due categorie. Una categoria (nella quale entrano verbi come uscire e lavare) comprende i verbi il cui compimento ha come risultato l’instaurarsi di uno stato in uno degli argomenti del verbo; l’altra categoria (nella quale entrano verbi come dormire) comprende i verbi il cui compimento non ha come risultato l’instaurarsi di uno stato in nessuno degli argomenti del verbo. Ammesso che sia possibile stabilire per ogni verbo se esso implica o no uno stato in uno dei suoi argomenti, potremmo dire che: Se un predicato esprime uno stato dell’argomento proiettato come soggetto, viene scelto come ausiliare il verbo essere. Se il predicato non esprime uno stato dell’argomento proiettato come soggetto (o perché non esprime affatto uno stato, come dormito, o perché esprime uno stato dell’argomento proiettato come complemento oggetto, come lavato), allora viene scelto il verbo avere. 4 Ibidem, pp. 25-26. Potremmo concludere che la scelta di essere o avere dipende sì dall’esistenza di uno stato, ma anche dal fatto se tale stato è quello dell’argomento proiettato come soggetto oppure no. 5) Però, l’uso di avere o di essere può essere qualche volta meglio compreso raffrontandolo con l’aspetto imperfettivo (continuativo, durativo) o perfettivo (finito) dell’azione di un verbo, sia nel caso dei verbi che possono avere entrambi gli ausiliari, sia, meglio ancora, in quelli dove l’uso diverso dell’ausiliare implica chiaramente un carattere durativo (imperfettivo) o un carattere finito (perfettivo) dell’azione verbale. Così, la frase ho corso tutta la giornata, con avere, esprime un’azione continuativa, cioè imperfettiva, mentre nella frase sono corso all’ufficio postale, con essere, l’azione appare, invece, limitata, conchiusa, finita, cioè perfettiva e finita5. In base ai due aspetti fondamentali, le categorie in cui vengono divisi i verbi italiani in relazione all’uso degli ausiliari, in fondo, si possono ridurre sotto i seguenti due comuni denominatori: quello dell’aspetto imperfettivo con avere e l’altro, dell’aspetto perfettivo, con essere. 6) Ma per la descrizione dell’uso degli ausiliari temporali il più efficiente e completo criterio è quello che parte dalla natura del participio passato. In linea di massima, si può dire che i verbi che indicano stato, intransitivi, scelgono essere, quelli che indicano possesso, transitivi, scelgono avere. In altre parole, essere serve al concetto di stato, condizione e simili, mentre avere serve al concetto di azione. In realtà però, per quanto riguarda l’uso dell’ausiliare, nell’italiano si possono identificare tre gruppi di verbi: a) verbi che usano solo avere (i verbi attivi transitivi e alcuni verbi attivi intransitivi, come dormire, cenare ecc.); b) verbi che usano soltanto essere (i verbi riflessivi, i verbi impersonali veri e propri, la maggioranza dei verbi intransitivi, i verbi alla forma passiva); c) verbi che usano l’uno o l’altro variando significato in ciascun caso (alcuni verbi, come mancare, crescere, bruciare ecc., che sono per lo più intransitivi, e i verbi impersonali). L’uso dell’ausiliare temporale è oscillante anche con un verbo che regge un verbo all’infinito. 5 Cfr. Ivan Petkanov, Ausiliari e aspetto verbale, in “Lingua nostra”, vol. XXXI, 3 / 1970, pp. 96-97, p. 96. BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 47-52. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Quali sono i criteri della selezione dell’ausiliare temporale? 2. In che modo il significato del soggetto influenza la selezione dell’ausiliare temporale? 3. In che modo la coincidenza o la non coincidenza del soggetto con l’oggetto aiuta a scegliere l’ausiliare temporale? 4. Descrivere il ruolo dell’uso attributivo o non attributivo del participio passato nella selezione dell’ausiliare temporale. 5. Descrivere il ruolo del rapporto fra il verbo e i suoi argomenti nella selezione dell’ausiliare temporale. 6. Descrivere il ruolo dell’aspetto verbale nella selezione dell’ausiliare temporale. 7. Descrivere il ruolo della natura del participio passato nella selezione dell’ausiliare temporale. 2. L’uso degli ausiliari con i verbi intransitivi Secondo l’ausiliare temporale selezionato, i verbi italiani intransitivi, cioè i verbi che non possono reggere un complemento diretto, possono essere divisi in tre gruppi: I. Il primo gruppo comprende i verbi intransitivi che usano l’ausiliare essere. Appartengono a questo gruppo: 1. Verbi come: essere, stare, rimanere, apparire, sparire, nascere, morire, dimagrire, invecchiare ecc., che indicano uno stato, un modo di essere, o una condizione vista come conseguenza di un processo fisico o morale. Carla è stata in Romania nel 1995. A causa della pioggia sono rimasto a casa. 2. Verbi di moto come: andare, venire, arrivare, cadere, partire, entrare, uscire, scappare ecc., che indicano spostamento da un luogo a un altro, considerando l’azione come semplice mezzo che serve al fine di trovarsi in un luogo. Ieri mattina sono uscito molto presto. Siamo arrivati in treno. Questi verbi hanno in comune le seguenti caratteristiche: a) Come si osserva dagli esempi, si limitano a cogliere lo stato in cui viene a trovarsi in un dato momento il soggetto. b) I loro participi passati ammettono anche l’uso attributivo. Si osservi l’equivalenza fra: Il treno che è arrivato poco fa viene da Roma. e Il treno arrivato poco fa viene da Roma. c) I loro soggetti hanno comportamenti tipici dell’oggetto dei verbi transitivi. Questi verbi compaiono in genere, senza particolari condizioni contestuali o pragmatiche, col soggetto posposto, e si suppone quindi che la posizione strutturale del soggetto sia dopo il verbo, appunto come quella dell’oggetto del verbo transitivo6: Sono arrivati i Rossi. L’analogia del soggetto di questi verbi con l’oggetto dei verbi transitivi è suggerita fra l’altro dal fatto che in ambedue i casi, se il sintagma nominale è costituito da un nome vuoto retto da un quantificatore, si ha la pronominalizzazione con ne7: 6 Cfr. Paola Benincà - Laura Vanelli, Italiano, veneto, friulano: fenomeni sintattici a confronto, in “Rivista Italiana di Dialettologia”, 8 / 1984, pp. 165-194, p. 179. 7 Ibidem, p. 180. Sono arrivati quattro libri. Ne sono arrivati quattro. Abbiamo letto molti libri. Ne abbiamo letti molti. II. Il secondo gruppo comprende i verbi intransitivi che usano l’ausiliare avere. A questo gruppo appartengono: 1. Verbi come: dormire, cenare, telefonare, piangere, gridare, respirare, tossire, pranzare, mentire ecc., che indicano un’attività fisica di durata. Chi non ha mentito neanche una volta? Luigi ha tossito tutta la notte. 2. I verbi di moto che indicano un movimento in sé, o nel suo accadere o nella sua estensione. Entrano in questa categoria verbi come camminare, danzare, viaggiare, girare, vagare, passeggiare ecc. Ho passeggiato con Luisa. Abbiamo viaggiato attraverso il deserto. A differenza del participio passato dei verbi appartenenti al primo gruppo, il participio passato dei verbi appartenenti al secondo gruppo non ha forza di attributo (e nulla importa se, con tale funzione, esista il participio corrispondente, ma di significato passivo): “poiché la notizia gridata ai quattro venti ha valore passivo, e non esiste un gridato di significato attivo con funzione di attributo, si ha: ho gridato”8. Lo stesso, un giorno sognato a lungo, per dare un altro esempio, significa: ‘un giorno che è stato sognato a lungo’, cioè con valore passivo. Sempre a differenza dei verbi appartenenti al primo gruppo, questi verbi sono simili ai verbi transitivi, e la pronominalizzazione con ne è impossibile per i soggetti dei verbi con ausiliare avere, indipendentemente dal fatto che esso sia intransitivo o transitivo, e che il soggetto sia in posizione preverbale o postverbale: In questo albergo hanno dormito molte celebrità. *In questo albergo ne hanno dormito molte. *Molte ne hanno dormito in questo albergo Solo alcuni spazzini hanno raccolto le foglie. *Ne hanno raccolto le foglie solo alcuni.9 3. Usano l’ausiliare avere anche i verbi intransitivi del tipo: navigare, riposare, sbandare, progredire ecc., nonostante la possibilità di un participio passato con valore attributivo, come in severità esagerata, poiché tali participi sono ormai avvertiti dai parlanti 8 9 Cfr. Alfonso Leone, Op. cit., p.O 26. Cfr. Paola Benincà - Laura Vanelli, Op. cit., p. 180. come aggettivi autonomi, ossia indipendenti dal verbo, e l’ausiliare avere è necessario per sottolineare il loro uso verbale10: La nazione è progredita. (progredita = aggettivo; si sottolinea lo stato in cui si trova la nazione) La nazione ha progredito. (progredito = verbo; si sottolinea il cammino che la nazione ha fatto). III. Il terzo gruppo comprende i verbi che usano come ausiliare tanto essere quanto avere, cioè i verbi che possono comportarsi sia come verbi intransitivi, e si costruiscono con essere, che come verbi transitivi, e si costruiscono con avere. In genere questa differenza sintattica è accompagnata da una differenza semantica. Appartengono a questo gruppo11: 1) I verbi come crescere, cominciare, cessare, cambiare, mancare, bruciare, annegare, brillare, trasalire ecc. Sono per lo più intransitivi, ma possono essere costruiti transitivamente e richiedono l’ausiliare essere quando viene posto in rilievo lo stato o sono usati intransitivamente e l’ausiliare avere quando viene indicata soltanto l’azione o sono usati transitivamente: Sono cambiato molto. / Ho cambiato casa. Paolo è trasalito. / Paolo ha trasalito. Con taluni verbi appartenenti a questo gruppo il diverso uso dell’ausiliare può cristallizzarsi con significati diversi12. Così, cessare coniugato con avere significa ‘smettere di fare’: Ha cessato di parlare. mentre coniugato con essere significa ‘smettere di essere’: Il vento è cessato. Mancare col senso di ‘essere assente’ vuole essere: Gli è mancato il coraggio. È mancato all’appello. col senso di ‘esser privo di, non avere, trascurare’ vuole avere: Ha mancato di coraggio. Ha mancato all’appuntamento. 10 Cfr. Alfonso Leone, Op. cit., p. 29. Cfr. anche l’elenco da Laura Lepschy e Giulio Lepschy, La lingua italiana. Storia, varietà dell’uso, grammatica, Nuova Edizione, Milano, Bompiani, “Saggi Tascabili”, p. 133. 12 Cfr. Alfonso Leone, Op. cit., p. 29. 11 L’uso transitivo o intransitivo di mancare si può associare anche col carattere agentivo del soggetto: così mancare si usa transitivamente se il soggetto è agente, e intransitivamente se il soggetto è oggetto: Franco ha mancato di coraggio. / Gli è mancato il coraggio. 2) Alcuni verbi, come vivere, emigrare, fiorire, appartenere, attecchire, naufragare, sussistere, durare ecc., che ammettono tanto essere quanto avere, ma con una precisa differenza: con il verbo essere indicano un’azione per lo più compiuta e quindi un fatto o un avvenimento, mentre con il verbo avere indicano un’azione considerata nel suo svolgimento: Il nonno è vissuto fino a novant’anni. Luigi ha vissuto da gran signore senza lavorare. Con l’ausiliare avere e nella presenza di avverbiali che svolgono una funzione imperfettivizzante, come: tutto il giorno, tutto il tempo, a lungo, sempre (nel senso di ‘tutto il tempo, senza interruzione’) ecc., vivere impone una lettura «inclusiva», perché il momento dell’avvenimento corrisponde ad un intervallo che include anche il momento di riferimento. “Ciò che perdura al momento di riferimento non è quindi il risultato dell’evento, ma l’evento stesso”13: Ho già vissuto a lungo in questo posto. (Il locutore vive tuttora nel luogo cui ci si riferisce.) Nella presenza dell’oggetto interno vita (che implica l’uso transitivo) l’ausiliare è obbligatoriamente avere: Il nonno ha vissuto una vita felice. Similmente si spiega l’uso di fiorire: usato in senso intransitivo può costruirsi con ambedue gli ausiliari: Gli alberi sono fioriti. (Si sottolinea l’effetto e lo stato.) Gli alberi hanno fiorito. (Si sottolinea l’azione o la causa.) Nel senso transitivo di ‘far fiorire’ o ‘coprir di fiori’, vuole naturalmente l’ausiliare avere. 3) Alcuni verbi di moto, come: correre, salire, saltare, volare. Questi verbi possono essere usati intransitivamente con entrambi gli ausiliari, ma vogliono essere quando indicano moto con direzione o destinazione determinata, cioè quando implicano una meta: 13 Cfr. Pier Marco Bertinetto, Il verbo, in Lorenzo Renzi - Giampaolo Salvi (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. II: I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino, 1991, pp. 13-163, p. 60. Sono corso a casa. L’uccello è volato alla preda. Siamo saltati in acqua. Siamo saliti fino alla Rocca. e avere, invece, quando indicano un moto con direzione indeterminata, sottolineano l’azione in sé o indicano semplicemente la maniera del moto: Ho corso tutta la giornata. Ha corso con uno stile perfetto. L’aquila ha volato a lungo prima di posarsi. I bambini hanno saltato per tutta la stanza. Abbiamo salito in fretta. Come si osserva, con l’ausiliare essere, correre, volare, saltare, salire sono varianti di andare e reggono quindi complementi di moto a luogo; con l’ausiliare avere, perché il significato è concentrato più sullo svolgimento del movimento che sulla sua conclusione, possono reggere solo complementi di moto per luogo o di modo. I verbi saltare e salire vogliono l’ausiliare avere anche quando reggono un oggetto interno14: Ha saltato tre scalini. Abbiamo salito in fretta la collina. Con oggetti come rischio, pericolo, il verbo correre vuole l’ausiliare avere: Non abbiamo corso nessun rischio. 3. L’uso degli ausiliari con i verbi impersonali Secondo l’ausiliare selezionato, i verbi impersonali italiani si dividono in due gruppi. I. Il primo gruppo comprende i verbi usati in forma impersonale come: capitare, succedere, accadere, bisognare, bastare, dispiacere, importare, necessitare, occorrere ecc., che si coniugano con essere, perché indicano lo stato in cui il soggetto viene a trovarsi in un dato momento: Mi è successo raramente di non sapere rispondere a un’interrogazione. Ti è mai capitato di non ricordare il tuo numero di telefono? 14 Cfr. M. Regula - J. Jernej, Grammatica italiana descrittiva (su basi storiche e psicologiche), seconda edizione riveduta e ampliata, Bern und München, Francke Verlag, 1975, p. 202. II. Il secondo gruppo comprende i verbi impersonali relativi a fenomeni meteorologici. Essi ammettono sia l’ausiliare essere che l’ausiliare avere, ma con una lieve sfumatura di significato: - con essere sottolineano il risultato: Non uscir di casa senza ombrello: è piovuto. È piovuto molto. - con avere sottolineano l’evento, la durata dell’azione: Ha piovuto tutta la notte. Nel caso dei verbi impersonali relativi a fenomeni meteorologici abbiamo una riprova dell’intervento dell’aspetto verbale nella selezione dell’ausiliare temporale. È piovuto è una frase che esprime una constatazione del fatto che è avvenuto, l’idea di azione finita e perfettiva. Invece, la frase ha piovuto tutta la notte sottolinea la durata, l’idea dell’azione in quanto tale e non in quanto avvenuta o finita, compiuta o perfettiva15. Adoperati metaforicamente con un soggetto grammaticale, i verbi meteorologici richiedono generalmente avere, tranne piovere e nevicare costruiti con essere: Mi hai tempestato di insulti: ora basta! Mi è piovuta addosso una grande disgrazia! 4. L’uso degli ausiliari con i verbi riflessivi Nell’italiano contemporaneo, la presenza di un pronome clitico riflessivo (mi, ti, si, ci, vi, si), di qualsiasi natura, chiede obbligatoriamente l’uso dell’ausiliare essere: Mi sono lavato con acqua calda. (riflessivo proprio) Mi sono lavato le mani. (riflessivo apparente) Carlo e Luigi si sono picchiati. (riflessivo reciproco) Mi sono bevuto due birre. (riflessivo ‘d’affetto’) Mi sono pentito d’averlo fatto. (riflessivo pronominale) Però nella lingua antica, nella tradizione poetica, e ancora oggi in molti dialetti, l’uso dell’ausiliare avere con il riflessivo è frequente. Gli antichi testi letterari danno in proposito numerosi esempi: Io m’aggio posto in core a Dio servire (Giacomo da Lentini, In paradiso con Madonna, 1) Quando s’ebbe scoperta la gran bocca 15 Cfr. Ivan Petkanov, Op. cit., pp. 96-97. (Dante, Inferno, XII, 79) Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento (Dante, Inferno, XIX, 112) ...ora io non son disposta a dover loro del mio amore compiacere, e per torglimi da dosso m’ho posto in cuore, per le grandi profferte che fanno, di volergli in cosa provare... (Giovanni Boccaccio, Decameron, IX, 1, p. 409) Ma frattanto era venuta sempre più imponendosi la costruzione del verbo riflessivo con l’ausiliare essere. Già nel Boccaccio la costruzione si trova anche quando il pronome riflessivo pertiene a un seguente infinito16, per esempio: ... ma ella l’aveva sì tenuto e teneva, che egli non s’era potuto partire né poteva. (Giovanni Boccaccio, Decameron, VII, 7, p. 332) Nel primo Ottocento17 l’uso dell’ausiliare avere è ancora frequentissimo con quei verbi riflessivi costruiti di solito, nella forma attiva, con avere18: quand’anche non si avesse conseguita l’indipendenza, si avrebbe giovato all’onore italiano (Ugo Foscolo, lettera 1815) un frate si avea tolto il carico di farmi venire i vostri volumetti (Basilio Puoti, lettera 1845) 5. L’uso degli ausiliari col «si» impersonale e «si» passivante a) I verbi transitivi e intransitivi costruiti in forma impersonale mediante il «si» impersonale o (per i verbi riflessivi) «ci si», si accompagnano obbligatoriamente in italiano all’ausiliare essere: il «si» ha la forma di un pronome riflessivo, e quindi, superficialmente almeno, siamo sempre nella regola per cui i pronomi riflessivi vogliono l’ausiliare essere: Uno è arrivato troppo tardi. / Si è arrivati troppo tardi. Uno ha pensato male di noi / Si è pensato male di noi. b) L’ausiliare è essere anche nel contesto del «si» passivante. Si sono dette (= sono state dette) molte cose sulla vicenda. 16 Cfr. Gerhard Rohlfs, Op. cit., III, p. 125. Secondo Gerhard Rohlfs (Op. cit., III, p. 125), il toscano, e l’italiano, “hanno abbandonato avere col verbo riflessivo a partir dal XVII secolo”. 18 Cfr. Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Introduzione di Ghino Ghinassi, Decima edizione, Firenze, Sansoni Editore, 1991, p. 568; di qui anche i due seguenti esempi. 17 Il «si» passivante provoca il cambiamento dell’ausiliare anche nel caso di un infinito composto retto da un verbo modale, quando è con il verbo reggente: Tutte queste case si sono potute vendere a buon prezzo. Nella costruzione causativa «si» passivante sta con il verbo reggente: Questo libro si è fatto leggere a tutti. BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 52-61. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Descrivere il gruppo dei verbi intransitivi che usano l’ausiliare essere. 2. Descrivere il gruppo dei verbi intransitivi che usano l’ausiliare avere. 3. Descrivere il gruppo dei verbi che usano come ausiliare tanto essere quanto avere. 4. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi impersonali. 5. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi riflessivi. 6. Descrivere l’uso degli ausiliari col «si» impersonale e «si» passivante. 6. Gli ausiliari della forma passiva La costruzione passiva è una struttura in cui il complemento oggetto di un verbo transitivo assume le funzioni di soggetto, mentre il soggetto del verbo scompare o diventa complemento d’agente; la forma verbale stessa viene sostituita da una forma composta di un ausiliare (essere, venire, andare) e del participio passato del verbo stesso. La costruzione passiva è possibile con tutti i verbi transitivi cioè con tutti i verbi che reggono un complemento oggetto, con poche eccezioni. Esse sono costituite da alcuni verbi che indicano non azione, ma relazione, cioè con quei verbi transitivi il cui soggetto non abbia il ruolo di «agente» o di «esperiente», come avere (il cui soggetto ha ruolo di «termine»), contenere (il cui soggetto indica un «luogo»), concernere, riguardare, preoccupare, sorprendere (con i quali il soggetto ha il ruolo di «oggetto») ecc. 6.1. L’uso dell’ausiliare essere Nella qualità di ausiliare della forma passiva, essere è un semplice segnale della passività della costruzione e non comporta, diversamente dagli altri ausiliari, nessuna sfumatura o componente semantica aggiuntiva. Nell’assenza del complemento d’agente, il paradigma della forma passiva costituita da una forma semplice di essere seguita dal solo participio passato può creare delle ambiguità con la costruzione «essere + participio passato», perché in unione col participio passato di verbi transitivi essere può avere due significati: il primo è di stato senza riferimento a una precedente azione (in questo caso il participio ha funzione di aggettivo verbale), il secondo di uno stato come conseguenza di un’azione (in questo caso abbiamo una forma d’espressione del passivo). Così, mentre la finestra è chiusa può esprimere o la descrizione di uno stato (‘la finestra si trova in stato di chiusura’), o la descrizione di un’azione (il passivo della frase chiudono la finestra), nell’espressione la finestra è chiusa da Luigi, la presenza del complemento d’agente seleziona l’interpretazione passiva. Nell’assenza del complemento d’agente, l’interpretazione passiva può essere messa in rilievo usando elementi linguistici che di solito sono collegati al senso di azione, per esempio certi avverbi di modo, come gentilmente, soavemente, violentemente: La finestra è chiusa violentemente. Se il participio appartiene a un verbo perfettivo con significato risultativo, nell’assenza del complemento d’agente o di un avverbiale di modo, si ha interpretazione di stato; si tratta dunque di una costruzione copulativa con un aggettivo verbale stativo: Il libro è stampato. Se il rispettivo participio è accompagnato da un complemento d’agente o da un avverbiale di modo, viene scelta l’interpretazione passiva (abbiamo il risultato di una trasformazione passiva): Il libro è stampato dalla tipografia Sansoni. La finestra è chiusa improvvisamente. Se il participio di un verbo perfettivo è accompagnato da un avverbiale che indica durata, si ha interpretazione di stato: Il dolce è cotto da un pezzo. Il participio di un verbo imperfettivo comporta sempre ambiguità: Marco è amato. Con i verbi imperfettivi, l’avverbiale di durata è compatibile sia con il complemento d’agente che con un avverbio del tipo indicato: Luisa è amata da Marco da molti anni. Luisa è amata soavemente da molti anni. Anche l’uso del tempo verbale, in mancanza di altri elementi chiarificatori, favorisce l’una o l’altra interpretazione. Così i tempi semplici (eccetto il passato remoto), come abbiamo visto dagli esempi precedenti con il verbo all’indicativo presente, favoriscono in genere l’interpretazione stativa. Come il presente indicativo si comportano il presente del congiuntivo, del condizionale, dell’infinito e del gerundio, l’imperfetto dell’indicativo e del congiuntivo e il participio passato usato attributivamente19: La finestra era chiusa. La finestra sarebbe chiusa. Il passato remoto favorisce l’interpretazione passiva, con tutti i verbi: La finestra fu chiusa. La mamma fu baciata. Luisa fu amata. Solo l’aggiunta di un avverbiale di durata può indurre il significato di stato: La finestra fu chiusa per molti anni. Ma in casi simili si preferisce usare, invece di essere, i verbi restare o rimanere: La finestra restò chiusa per molti anni. 19 Cfr. Giampaolo Salvi, La frase semplice, in Lorenzo Renzi (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I: La frase. I sintagmi nominale e preposizionale, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 29-113, p. 89. Tutti i tempi composti si comportano come il passato remoto, ma ammettono più facilmente l’interpretazione di stato: La finestra è / era stata chiusa per molti anni. Ci sono anche altre proprietà sintattiche che distinguono la costruzione passiva dalla costruzione «essere + participio passato». In primo luogo, solo in quest’ultima il participio può essere coordinato con un aggettivo: Il libro è stampato con cura, ma molto caro (‘essere + participio’). Poi, quello che nel passivo è il complemento d’agente, con il participio aggettivale può essere rappresentato da altri complementi preposizionali: La pianura fu ricoperta dalla neve (passivo; dalla neve = complemento d’agente). La pianura è ricoperta di neve (‘essere + participio’; di neve = complemento di mezzo). 6.2. L’uso dell’ausiliare venire Quando il verbo non ha valore stativo si usa più spesso venire che essere come ausiliare del passivo. L’uso di venire sottolinea sempre un significato di azione, per cui, diversamente dal caso di essere, la costruzione con venire non è mai ambigua: “la finestra viene chiusa parla dell’atto di chiuderla; mentre la finestra è chiusa, che pure è il normale passivo di chiude la finestra, viene più spontaneamente interpretato come copula + aggettivo, con riferimento allo stato della finestra (la finestra è chiusa, come la finestra è grande), e non all’azione di chiuderla”20. Venire può essere usato con tutti i verbi che indicano azione e il suo uso è particolarmente frequente in quei casi in cui la costruzione con essere è impossibile: *La mamma è baciata / La mamma viene baciata. o, specie con l’agente non segnalato, favorisce l’interpretazione di stato: La finestra è chiusa / La finestra viene chiusa. “Talvolta il ricorso a venire come ausiliare non risponde a un particolare modo di presentare l’azione, ma al semplice gusto personale di chi parla o scrive”21. Così nel seguente esempio, nel quale in luogo di venire avrebbe potuto figurare essere, almeno per le prime tre occorrenze: 20 Cfr. Laura Lepschy e Giulio Lepschy, Op. cit., p. 137. Cfr. Luca Serianni (con la collaborazione di Alberto Castelvecchi), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, Torino, UTET-Libreria, 1989, p. 386. 21 La serata era stata compiutamente idillica e venne seguita da altre egualmente cordiali; durante una di esse il generale venne pregato di interessarsi affinché l’ordine di espulsione per i Gesuiti non venisse applicato a padre Pirrone che venne dipinto come sovraccarico di anni e malanni; il generale, che aveva preso in simpatia l’eccellente prete, finse di credere al suo stato miserando, brigò, parlò con amici politici e Padre Pirrone rimase. (G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, p. 69) L’ausiliare venire non può apparire nei tempi composti del verbo (*È venuta baciata), mentre essere e andare possono apparirvi. 6.3. L’uso dell’ausiliare andare Il passivo con l’ausiliare andare ha due interpretazioni: in uno è una variante di essere con una sfumatura aspettuale in cui si sottolinea lo svolgimento del processo; nell’altro ha significato di necessità. In genere, con nessuna delle due interpretazioni si può esprimere il complemento d’agente. a) Il generico valore «di puro passivo» è ristretto ad un inventario lessicale limitato, costituito da verbi che esprimono un’idea di «consunzione», o che indicano un senso generalmente negativo, come: deludere, distruggere, (dis)perdere, smarrire, spendere, sprecare, versare, vendere, tagliare, abbattere ecc., e ha un significato aspettuale che sottolinea lo svolgimento dell’evento: Il pacco andò smarrito (‘fu smarrito’). b) L’idea di opportunità, dovere, necessità è ammessa con tutti i verbi, ma è limitata alla terza persona, singolare e plurale. In questo caso «va + participio passato» ha il valore di «deve essere + participio passato»: Questo lavoro va finito per domani (‘deve essere finito’). Delle due accezioni della costruzione passiva con andare, quella «di puro passivo» è la più antica, ed è oggi di uso stilisticamente alto. Quella «di necessità», benché anch’essa di livello piuttosto elevato, ricorre spesso nella prosa giornalistica, scientifica e burocratica (cfr. va osservato, non va dimenticato, il tema andrà ripreso e approfondito, va rilevato, va visto, va ricordato che ancora all’inizio del secolo ... ecc.), e non manca neppure nel parlato. Il generico valore passivo si presenta soprattutto nei tempi composti (eccetto, come abbiamo visto, il trapassato remoto dell’indicativo) e all’infinito, ma non esclude comunque l’impiego dei tempi imperfettivi: Vorrei avere tutti i soldi che vanno spesi malamente. (‘vengono spesi, sono spesi, si spendono’) Ogni volta che gli si prestava la chiave, questa regolarmente andava persa. «Andare + participio passato» con valore «di necessità» è ammesso con tutti i verbi, ma solo nei tempi semplici (eccetto il passato remoto): Questo pacco andrà recapitato prima di sera (‘dovrà essere recapitato’). Il libro andava consegnato a Luigi, non a Francesco (‘doveva essere consegnato’). La costruzione «andare + participio passato» subisce restrizioni anche rispetto alla persona del soggetto. In genere, dato il carattere impersonale rilevato precedentemente, il soggetto è rappresentato da una terza persona. Però, le restanti persone non sono necessariamente escluse: Noi andavamo / voi andavate avvisati comunque.22 BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 61-76. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Che cosa è la costruzione passiva? 2. Descrivere l’uso di essere nella qualità di ausiliare della forma passiva. 3. Descrivere l’uso di venire come ausiliare della forma passiva. 4. Descrivere il passivo con l’ausiliare andare. 22 Cfr. Pier Marco Bertinetto, Il verbo, p. 150. 7. La selezione dell’ausiliare con i verbi servili Per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare temporale nel contesto dei verbi servili, molti grammatici si limitano a presentare un elenco delle situazioni incontrate, illustrandole con uno o più esempi23. Cercando una sistemazione, per quanto riguarda la scelta dell’ausiliare temporale nella presenza degli ausiliari modali dovere, potere, volere e sapere, possiamo distinguere le seguenti situazioni: 1. Se sono combinati con l’infinito di un verbo attivo, prendono l’ausiliare dell’infinito che reggono. Era dovuto andare a Bologna per un consulto - diceva - e poi, sulla via del ritorno, aveva pensato bene di fermarsi a cena, fra un treno e l’altro. (Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, p. 139) Telefonavano dalla cucina, per sapere se e quando avrebbero dovuto portare di sopra il vassoio della cena. (Ibidem, p. 174) Sapere, invece, prende sempre l’ausiliare avere, essendo verbo servile nel senso di ‘essere capace di’, ‘essere in grado di’: Abbiamo saputo affrontare le difficoltà con tenacia. Come mai hai saputo venire qui? Nella lingua antica l’uso era già questo: ecco un esempio dal Decameron, dove in uno stesso periodo si trovano entrambi gli ausiliari: né s’era ancor potuto trovar medico, come che molti se ne fossero sperimentati, che di ciò l’avesse potuto guerire (Giovanni Boccaccio, Decameron, III, 9, p. 180) Nell’uso popolare e discorsivo è, tuttavia, assai diffuso l’impiego dell’ausiliare avere quando il verbo all’infinito richiederebbe essere: Essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese, per sottrarsi a de’ gravi pericoli; e ha bisogno, per qualche tempo, d’un asilo nel quale possa vivere sconosciuta, e dove nessuno ardisca venire a disturbarla, quand’anche... (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, p. 155) 23 Cfr., per esempio, Laura Lepschy e Giulio Lepschy, Op. cit., p. 133. Mi raccontò che il giorno precedente quel suo numero non aveva voluto sortire neppure una volta; ma lui non s’era dato per vinto .... (Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal, p. 48) ... esitò a riparlarne, ma l’idea di potere anche vendicarsi un poco del suo antico amante rivelando al ragazzo, se già non lo sapeva, la tresca di sua madre, la incoraggiò; poi, per vie indirette, avrebbe potuto venire a qualche più eccitante conversazione. (Alberto Moravia, Gli indifferenti, p. 52) Questa situazione è stata notata da diversi studiosi. Per esempio, secondo Gunver Skytte, quando l’infinito è un verbo che si coniuga normalmente con l’ausiliare essere, il verbo servile nei tempi composti prende l’ausiliare essere, se forma un’unità con l’infinito, mentre nel caso in cui la costruzione «verbo modale + infinito» è da analizzare come verbo + complemento oggetto prende l’ausiliare avere24. G. B. Moretti - G. R. Orvieto considerano che la tendenza dei verbi servili “a conservare avere, loro ausiliare originario di verbi transitivi, può anche essere motivata dalla esigenza di sottolineare la modalità (concetto di dovere, di possibilità, di volontà) espressa dal verbo. Si può dire che con avere il verbo modale ricuperi la sua originaria transitività, e che l’infinito, con la sua eventuale frase, tenda quasi a svolgere funzione oggettiva”25. Laura Lepschy e Giulio Lepschy26 notano che, accompagnati da un infinito che richiede l’ausiliare essere, i verbi servili dovere, potere o volere, “nei tempi composti, vanno con essere o con avere: è dovuto partire o ha dovuto partire; è voluto venire o ha voluto venire”. Secondo Luca Serianni, “se l’infinito è un verbo intransitivo - quale che sia il suo specifico ausiliare - il verbo reggente può costruirsi anche con avere”27. 2. Se i verbi servili sono combinati con l’infinito di un verbo riflessivo, osserviamo che: a) Se il pronome riflessivo “sale” ad attaccarsi al verbo servile, si usa l’ausiliare essere, perché tutta la costruzione diventa riflessiva e l’ausiliare temporale dei verbi riflessivi è essere: Carlo e Lucia si sono potuti sposare a maggio. 24 Cfr. Gunver Skytte, I costrutti infinitivi con i verbi fattitivi e con i verbi di percezione, in “Studi di grammatica italiana”, vol. V (1976), pp. 355-399, p. 361. 25 Cfr. G. B. Moretti - G. R. Orvieto, Grammatica italiana, vol. III, Il verbo (morfologia e note generali di sintassi), Perugia, Editrice Benucci, 1983, nota 69 / p. 33. 26 Cfr. Laura Lepschy e Giulio Lepschy, Op. cit., p. 133. 27 Cfr. Luca Serianni, Op. cit., p. 394. Anche loro si sono voluti riposare. b) se il pronome riflessivo si unisce all’infinito in posizione enclitica, si usa l’ausiliare avere, la costruzione conservando il carattere transitivo della forma attiva del verbo all’infinito. In più, anche i verbi servili, usati da soli, selezionano l’ausiliare avere: Carlo e Lucia hanno potuto sposarsi a maggio. Anche loro hanno voluto riposarsi. 3. Anche certi verbi intransitivi attivi richiedenti essere e uniti ad un complemento di interesse o di termine rappresentato da un pronome enclitico (mi, ti, ci, vi, gli, le), come: piacere, dispiacere, parere, sembrare, accadere, avvenire, capitare ecc., si comportano come i verbi riflessivi: assumono essere se il pronome è in posizione proclitica; assumono avere se è in posizione enclitica: Non capisco come mi sia potuto accadere tutto ciò. Non capisco come abbia potuto accadermi tutto ciò. Non le siamo potuti venire in aiuto. Non abbiamo potuto venirle in aiuto. 4. Se il verbo all’infinito è alla forma passiva, per evitare la ripetizione dell’ausiliare essere (che è anche l’ausiliare della forma passiva), l’ausiliare selezionato sarà avere: Carla ha fatto tutto da sola; non ha voluto essere aiutata da nessuno. 5. La stessa situazione se l’ausiliare dell’infinito perfetto è essere o se il verbo all’infinito è proprio essere: Luisa avrebbe dovuto essere partita ieri. Luigi avrebbe potuto essere più gentile. 8. La selezione dell’ausiliare con i verbi causativi Nel costrutto verbo causativo + infinito, il verbo causativo, che designa la mediazione dell’azione espressa dall’infinito e esprime la funzione grammaticale, condiziona la transitività dell’unità verbale. L’infinito di verbo intransitivo fa parte di una unità transitiva. Dunque, alla forma attiva l’ausiliare temporale del costrutto verbo causativo + infinito č sempre avere: e se si fosse trovata in punto di morte e l’avesse fatta chiamare al capezzale, ella, certo, l’avrebbe lasciata morire sola come un cane, sí, crepare sola dentro il suo sudicio letto, colla faccia voltata contro la parete, nella sua stanza vuota (Alberto Moravia, Gli indifferenti, p. 208) L’ausiliare della forma riflessiva è essere: Le domandai se si sarebbe fatta vedere più tardi al Tempio. (Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, p. 164) La forma passiva si costruisce di solito con l’ausiliare essere: Un medico fu la prima comodità che trovò all’albergo; era stato fatto chiamare in fretta, forse durante la sua sincope. (G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, p. 323) BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 113-116, 125-126. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi servili. 2. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi causativi. II. LA CONCORDANZA DEL PARTICIPIO PASSATO In italiano, nelle forme temporali composte entra in gioco, obbligatoriamente, anche l’accordo in genere e in numero del participio passato. Il participio passato esprime l’essersi compiuto di qualcosa e accomuna in sé la funzione verbale con quella di aggettivo. Il participio passato è passivo nei verbi transitivi (lodato ‘che è stato lodato’) e attivo nei verbi intransitivi (partito ‘che è partito’). 1. La concordanza del participio passato con l’ausiliare essere Quando l’ausiliare temporale è essere, il participio passato si accorda obbligatoriamente in genere e in numero con il soggetto. Ciò, forse, perché l’ausiliare essere, marcando più la condizione, lo stato, che l’azione, richiede al participio passato più una forza predicativa nominale che verbale. Entrano in questa categoria i verbi che implicano uno stato del soggetto, cioè: - i verbi intransitivi: Carlo è arrivato in treno. I Rossi sono rientrati dalle ferie. Questa ragazza è cresciuta troppo in fretta. Le ragazze sono uscite a passeggio. - i verbi riflessivi: Maria si è vestita in fretta. Per un lungo periodo non si sono salutati. Non si erano accorti di nulla. - i verbi passivi: Maria è ammirata da tutti i suoi amici. La finestra viene chiusa. Il pacco è andato perso. - i verbi accompagnati dal «si» passivante: Si sono dette molte cose sulla vicenda. Si viene messi da parte. Osservazioni: 1) Quando c’è più di un soggetto, la concordanza del participio passato segue le stesse regole di quella degli aggettivi: - se i soggetti sono tutti dello stesso genere, il participio passato concorda con essi nel genere e assume il numero plurale: Franco e Luigi sono arrivati. Franco e Luigi sono ammirati dai loro colleghi. Franca e Luisa sono arrivate. Franca e Luisa sono ammirate dai loro colleghi. - se i soggetti sono di genere diverso, il participio passato assume il numero plurale e il genere maschile: Franca e Luigi sono arrivati. Franca e Luigi sono ammirati dai loro colleghi. 2) Quando il soggetto è rappresentato da un pronome di cortesia: - con Lei normalmente l’accordo è con il genere naturale della persona a cui ci si rivolge28: Lei, signor Rossi, è cambiato molto. Lei, signora Volpi, non è cambiata affatto. - con il più formale Ella l’accordo è al femminile: Ella è stata invitata, signor consigliere, a presiedere la riunione. - nel caso di Loro l’accordo è con il genere delle persone interpellate: Loro, cari signori, sono stati aspettati. Loro, care signore, sono state ingannate. - con Voi l’accordo è con il numero e il genere dell’interpellato: Voi non sarete ammessa, signorina Rossi. Voi non sarete promossi, signori miei. 3) L’accordo del participio passato col soggetto può mancare nel caso di espressioni idiomatiche contenenti un complemento oggetto senza determinante, come prendere nota, dare carta bianca, prestar fede, far menzione ecc., quando sono usate al passivo29: Non è stato preso / stata presa nota del suo intervento. 28 Ma in uno stile più ricercato si può avere l’accordo al femminile anche nel caso di un interlocutore di sesso maschile (Cfr. Luca Serianni, Op. cit., p. 264). 29 Cfr. Giampaolo Salvi, L’accordo, in Lorenzo Renzi - Giampaolo Salvi (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, vol. II: I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 238. Lo stesso vale con espressioni idiomatiche intransitive come farsi sera/notte: Si è fatto notte / Si è fatta notte. Gli è stato dato / stata data carta bianca. 4) Se il verbo è un riflessivo apparente, il participio passato può concordare tanto con il soggetto quanto con il complemento oggetto: Anna si è lavata / lavati i capelli. Potremmo avanzare l’idea che nel caso dei verbi riflessivi apparenti l’accordo del participio passato dipenda dall’interesse del parlante. Dunque, diremo: Anna si è lavata i capelli. se vogliamo sottolineare che Anna e non un’altra persona ha fatto l’azione; Anna si è lavati i capelli. se vogliamo sottolineare che l’azione di Anna si è diretta verso i capelli e non verso un’altra parte del corpo. Però, se il complemento oggetto del verbo riflessivo apparente è rappresentato da uno dei pronomi lo, la, li, le, l’accordo si fa obbligatoriamente con il complemento oggetto. Anna si è lavata / lavati i capelli. Anna se li è lavati. (li = i capelli) Con ne partitivo la concordanza del participio passato col partitivo è facoltativa, ma comunemente preferita: Carlo si è bevuto / bevuta della birra in abbondanza. Carlo se ne è bevuto / bevuta in abbondanza. (ne = della birra) Quando il verbo preceduto da ne partitivo è seguito da un oggetto, la concordanza del participio passato è preferita se l’oggetto indica il genere e il numero di ne. Così, in corrispondenza a: Ada si è mangiata / mangiati molti gelati. abbiamo: Ada se ne è mangiata / mangiati molti. L’accordo con il complemento oggetto rappresentato da lo, la, li, le, ne partitivo può essere spiegato dall’uso del pronome sul piano della proiezione, che implica il recupero, da parte dell’ascoltatore, del materiale semantico che in una occasione precedente è stato espresso con forma linguistica piena, ma che ora è espresso in forma linguistica più succinta, cioè appunto attraverso il pronome. Siccome i pronomi clitici hanno nella frase una posizione non accentata, possono verificarsi, specialmente nella pronuncia, delle confusioni. Esse possono essere facilmente evitate ricorrendo all’accordo in genere e in numero del participio passato con il pronomecomplemento oggetto. Nel caso del ne partitivo, a favore dell’accordo in genere e in numero del participio passato con il ne, interviene anche il fatto che ne partitivo è invariabile in genere e in numero. Quando il ne non è partitivo, ma complemento di specificazione, ovviamente non si ha concordanza con esso: Franco ha visto Luisa e se ne è innamorato. (ne = di lei) Luisa ha visto Franco e se ne è innamorata. (ne = di lui) 5) Nel caso dei verbi accompagnati da un complemento di termine o da un complemento di interesse, entrambi espressi dal si riflessivo, come in: I ragazzi si sono dati forza. Luisa si è letta le lettere. a trovarsi in un certo stato come conseguenza del compiersi di qualcosa espresso dal verbo sono proprio questi argomenti. L’accordo del participio passato col soggetto si spiega per il fatto che, essendo questi argomenti coreferenziali con il soggetto, anche il soggetto viene a trovarsi in un certo stato. Quando il complemento di termine o quello di interesse non sono coreferenziali con il soggetto, come in: I ragazzi hanno dato forza alla madre. Maria ha letto le notizie ai suoi amici. allora l’accordo del participio passato con il soggetto non c’è più e l’ausiliare è avere. 2. La concordanza del participio passato con l’ausiliare avere Nel caso dell’ausiliare avere, che atteggia l’azione verbale in dipendenza del soggetto, cioè indica che il soggetto è l’agente diretto dell’azione, il participio passato rimane di solito invariato, nella forma di maschile singolare. Dunque, nel contesto dell’ausiliare avere, il participio è invariabile e assume sempre la forma del maschile singolare nel caso di tutti i verbi intransitivi: Luigi ha dormito molto. Carla ha dormito molto. ed anche in presenza di un verbo transitivo senza oggetto espresso: Carla ha speso molto. o espresso mediante un nome che segue il verbo: Il professore ha spiegato degli argomenti difficili. Se il nome-complemento oggetto precede il verbo, il participio passato può concordare con questo in genere e in numero o restare in forma invariata: Gli argomenti che il professore ha spiegato / ha spiegati ieri sono difficili. Quando il nome-complemento oggetto precede il verbo, fra questo e il verbo si interpongono diversi elementi che ci possono distrarre l’attenzione dal legame esistente fra il verbo e il suo nome-complemento oggetto. Possiamo dire che il parlante ricorre all’accordo in genere e in numero del participio passato con il complemento oggetto quando considera che il legame esistente fra il verbo e il suo nome-complemento è minacciato o per sottolinearlo. Quando il complemento oggetto è espresso con un pronome clitico incontriamo le seguenti situazioni: a) Se si tratta di un pronome clitico di terza persona (lo, la, li, le), l’accordo del participio passato con il complemento oggetto è obbligatorio: Io l’ho accompagnata fino all’uscio della sua casa; e sua madre che venne ad aprirci mi ringraziava della cura ch’io mi prendeva per la sua disgraziata figliuola. (Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, p. 43) Ma questa non era ragione da dirsi così chiaramente davanti a quel terzo. Parve però strano al cardinale che don Abbondio non l’avesse intesa per aria, anzi pensata da sé .... (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, p. 348) Ad ogni modo, se ero io perché mai non avevo risposto alle sue grida di richiamo, ai suoi fischi? Non li avevo sentiti? (Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini, p. 112) Quando la è la forma clitica del pronome di cortesia Lei, il participio delle forme verbali composte è normalmente al femminile: L’ho vista ieri alla fermata dell’autobus, caro Rossi, ma Lei non mi ha visto. ma si può anche avere accordo con il genere naturale: Ma mi scusi, Chevalley, mi son lasciato trascinare e la ho probabilmente infastidito. (G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, p. 235) Il participio delle forme verbali composte è femminile anche nel caso delle espressioni idiomatiche che contengono il pronome neutro la: Ce la siamo cavata a stento. Ve l’ho fatta? Nelle espressioni di questo tipo la particella la da un lato sostituisce un nome sottinteso e ha perciò valore di pronome, dall’altro, però, presenta un suo significato autonomo, assumendo essa stessa quasi il valore di un nome30. b) Se il complemento oggetto è rappresentato da uno dei pronomi mi, ti, ci, vi, ne partitivo, l’accordo del participio passato con l’oggetto è facoltativo: I Rossi ci hanno invitato / invitati a cena martedì. Cfr. anche qualche esempio letterario: surse in mia visïone una fanciulla piangendo forte, e dicea: «O regina, perché per ira hai voluto esser nulla? Ancisa t’hai per non perder Lavinia; or m’hai perduta! Io son essa che lutto, madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina». (Dante, Purgatorio, XVII, 34-39) Oggi t’ho cercato invano per dirti addio. Abbiti almeno, o Teresa, queste ultime righe ch’io bagno, tu ’l vedi, d’amarissime lagrime. (Ugo Foscolo, Ultime lettere di Iacopo Ortis, p. 58) c) Per quanto riguarda il ne partitivo, la concordanza è preferita se il verbo è seguito da un complemento oggetto e questo indica il genere e il numero di ne. In vacanza ho letto molti libri. Ne ho letti molti. Se il complemento oggetto non indica il numero e il genere del ne partitivo, si preferisce la forma invariata del participio passato. Carlo ha bevuto della birra in abbondanza. Ne ha bevuto in abbondanza. Quando il ne pronominalizza un complemento retto dalla preposizione di ovviamente non si ha concordanza: (Di questa questione), ne abbiamo parlato a lungo. Dunque, quando il complemento oggetto è rappresentato da un pronome clitico, l’accordo del participio passato con il complemento oggetto è sia facoltativo sia obbligatorio. Come abbiamo già detto, il pronome implica il recupero, da parte dell’ascoltatore, del materiale semantico che in una occasione precedente è stato espresso in una forma linguistica piena, ma che ora è espresso in forma linguistica più succinta. 30 Luca Serianni, Op. cit., p. 244. Nel caso dei pronomi di terza persona l’accordo è obbligatorio a causa delle confusioni che possono apparire, specialmente nella pronuncia, per il fatto che, se il pronomecomplemento oggetto di terza persona precede l’ausiliare avere, al singolare, la vocale finale del pronome atono tende ad essere omessa, situazione indicata nella lingua scritta con l’uso dell’apostrofo: Ieri ho parlato con Antonio. L’ho incontrato all’Università. Ieri ho parlato con Luisa. L’ho incontrata all’Università. Quando invece l’ascoltatore è in grado di recuperare con facilità il materiale semantico portato in superficie da un pronome, l’accordo del participio passato con il complemento oggetto è facoltativo. Questo è il caso dei pronomi di prima e seconda persona, con i quali ovviamente l’ascoltatore non ha alcun dubbio su quale sia il materiale semantico che essi portano in superficie. BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 87-99. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Descrivere la concordanza del participio passato con l’ausiliare essere. 2. Descrivere la concordanza del participio passato con l’ausiliare avere. 3. La concordanza del participio passato nei verbi impersonali Nei tempi composti dei verbi impersonali il participio passato presenta sempre la desinenza del maschile singolare, resta cioè invariato, perché il verbo non implica uno stato di nessuno dei suoi argomenti: È piovuto molto. Ha nevicato solo due ore. La stessa cosa se il verbo è costruito in forma impersonale: Non è stato ancora deciso come eliminare i rifiuti della nuova centrale. L’infinito e il gerundio composti di un verbo (attivo, passivo, riflessivo), se costruiti impersonalmente, richiedono il participio con terminazione del plurale maschile, a causa della necessità di concordanza con il soggetto generico noi: Vivere in disparte, essendo dimenticati da tutti, è cosa assai triste. Tornando a casa la domenica sera, stanchi, ma per essersi divertiti, ci si sente felici. Il participio è femminile in espressioni come: è fatta!, è andata bene, perché sottintendono il pronome neutro la. 4. La concordanza del participio passato col «si» impersonale Se il soggetto è rappresentato dal «si» impersonale, l’accordo del participio passato con il soggetto segue i principi già conosciuti, cioè resta invariato al maschile singolare per quei verbi che nella costruzione personale si coniugano con avere: Non si è fatto abbastanza per evitare la crisi. (cfr. abbiamo fatto) Si è parlato spesso di Maria. (cfr. abbiamo parlato) e va al plurale, generalmente maschile (femminile solo quando il riferimento è a un gruppo costituito da sole donne) nel caso dei verbi che nella costruzione personale si coniugano con essere: A tarda sera, si è finalmente pervenuti ad un accordo. (cfr. siamo pervenuti) Ci si è molto divertiti ieri sera.31 (cfr. ci siamo divertiti) Ci si è divertite anche senza i ragazzi. (cfr. ci siamo divertite) 31 Con i verbi riflessivi e pronominali, che già presentano normalmente la particella si, quando sono costruiti impersonalmente, si usa la particella ci. Questa situazione si spiega per il fatto che i verbi che nella costruzione personale si coniugano con avere non implicano uno stato di nessuno dei loro argomenti, mentre quelli che nella costruzione personale si coniugano con essere implicano lo stato dei loro soggetti. L’accordo al maschile plurale o, molto raro, al femminile plurale è riconducibile a una necessità di concordanza con il generico soggetto noi. Se è presente un complemento oggetto rappresentato da un pronome clitico o partitivo, come abbiamo visto sopra, l’accordo del participio con il clitico è obbligatorio se si tratta di un pronome di terza persona: Le si è comprate. Ce la si è mangiata. mentre con gli altri è facoltativo: Vi si è visti / visto. Di birra, se ne è bevuta / bevuto. «Si» impersonale si può avere anche nel caso della forma passiva costruita con venire; in tal caso, il participio passato prende la terminazione del plurale maschile -i: A fare il male, spesso si viene ricompensati col bene. 5. La concordanza del participio passato con i verbi servili Le regole dell’accordo del participio passato viste sopra valgono anche nel contesto dei verbi servili, perché l’accordo del participio passato dipende anche nel contesto dei verbi servili dal tipo di ausiliare e dal tipo dei pronomi clitici che precedono il participio. Dunque, quando l’ausiliare è essere il participio passato si accorda obbligatoriamente in genere e in numero con il soggetto, mentre nel contesto dell’ausiliare avere è invariabile e assume la forma del maschile singolare: a) L’infinito è un verbo alla forma attiva: Luigi ha dovuto comprare un libro. Carla ha dovuto comprare un libro. Marco è dovuto andare in città. Luisa è dovuta andare in città. b) L’infinito è un verbo riflessivo: Carlo e Lucia si sono potuti sposare a maggio. Carlo e Lucia hanno potuto sposarsi a maggio. c) L’infinito è alla forma passiva: Giulio non ha voluto essere aiutato da nessuno. Carla non ha voluto essere aiutata da nessuno. d) L’ausiliare dell’infinito perfetto è essere: Giulio avrebbe dovuto essere partito ieri. Carla avrebbe dovuto essere partita ieri. Con i verbi servili, l’accordo del participio passato del verbo servile con l’oggetto clitico della terza persona è possibile e obbligatorio solo se l’oggetto clitico “sale” all’ausiliare del verbo servile, ma è impossibile se l’oggetto rimane attaccato all’infinito: a) L’infinito è un verbo transitivo: Non abbiamo potuto vederli nemmeno un attimo. Non li abbiamo potuti vedere nemmeno un attimo. b) L’infinito è un riflessivo apparente: Paola se li è potuti mangiare tutti. Paola ha potuto mangiarseli tutti. Se il complemento oggetto clitico che “sale” all’ausiliare del verbo servile è rappresentato da uno dei pronomi mi, ti, ci, vi, ne partitivo, l’accordo del participio passato con l’oggetto è, come abbiamo visto, facoltativo: Non vi abbiamo potuto vedere alla festa. Non vi abbiamo potuti vedere alla festa. Gelati, Luisa ne ha potuto mangiare molti. Gelati, Luisa ne ha potuti mangiare molti. mentre è impossibile se l’oggetto rimane attaccato all’infinito: Non abbiamo potuto vedervi alla festa. Gelati, Luisa ha potuto mangiarne molti. Se l’infinito è un verbo riflessivo apparente e il clitico riflessivo “sale” all’ausiliare del verbo servile, il participio passato si accorda, in funzione dell’interesse del parlante, con il soggetto: Paola si è potuta mangiare due gelati. Di biscotti, Ada se ne è potuta mangiare molti. o con il complemento oggetto: Paola si è potuti mangiare due gelati. Di biscotti, Ada se ne è potuti mangiare molti. mentre rimane invariato se il clitico riflessivo rimane attaccato all’infinito: Paola ha potuto mangiarsi due gelati. Di biscotti, Ada ha potuto mangiarsene molti. 6. La concordanza del participio passato con i verbi causativi Il costrutto verbo causativo + infinito si comporta come una unitŕ verbale anche per quanto riguarda l’accordo del participio passato, seguendo regole o tendenze analoghe a quelle che valgono per i verbi semplici. Dunque, l’accordo del participio passato dipende anche nel contesto dei verbi causativi dal tipo di ausiliare e dal tipo dei pronomi clitici che precedono il costrutto. Così: a) Nel contesto dell’ausiliare avere, se il complemento oggetto è espresso con un sostantivo, il participio passato è invariabile e assume la forma del maschile singolare: Carlo ha fatto piangere la sorellina. Luisa ha fatto piangere il fratellino. Se il complemento oggetto è espresso con un pronome atono di terza persona, il participio passato concorda in genere e in numero con il pronome atono: Le notizie l’avevano fatto pensare. Le notizie l’avevano fatta pensare. Se si tratta di un pronome atono di prima o di seconda persona, l’accordo del participio passato con il complemento oggetto è facoltativo: Le notizie ci avevano fatto pensare. Le notizie ci avevano fatti pensare. Se il soggetto logico è espresso con un pronome atono complemento di termine, non c’ è possibilità di concordanza: Se avesse risposto al telefono, gli avrei fatto sentire la mia decisione. Se avesse risposto al telefono, le avrei fatto sentire la mia decisione. b) Nel contesto dell’ausiliare essere il participio passato si accorda in genere e in numero con il soggetto: Luigi, perché non ti sei fatto vedere? Carla, perché non ti sei fatta vedere? Sono stati fatti entrare tutti. Sono state fatte entrare tutte. Se il costrutto verbo causativo + infinito è costruito come un verbo riflessivo indiretto, il participio passato puň concordare col soggetto del verbo causativo oppure con l’oggetto posposto del costrutto verbo causativo + infinito: Luisa, per negligenza, s’era lasciata sfuggire le occasioni migliori. Luisa, per negligenza, s’era lasciate sfuggire le occasioni migliori. BIBLIOGRAFIA DI BASE Elena Pîrvu, I verbi ausiliari in italiano, Bucureşti, Editura Didactică şi Pedagogică, 2000, pp. 100-101, 116-118, 126-127. TRACCIA PER LA VERIFICA FORMATIVA DEI CONTENUTI 1. Descrivere la concordanza del participio passato nei verbi impersonali. 2. Descrivere la concordanza del participio passato col «si» impersonale. 3. Descrivere la concordanza del participio passato con i verbi servili. 4. Descrivere la concordanza del participio passato con i verbi causativi. RICAPITOLAZIONE 1. Quali sono i criteri della selezione dell’ausiliare temporale? 2. In che modo il significato del soggetto influenza la selezione dell’ausiliare temporale? 3. In che modo la coincidenza o la non coincidenza del soggetto con l’oggetto aiuta a scegliere l’ausiliare temporale? 4. Descrivere il ruolo dell’uso attributivo o non attributivo del participio passato nella selezione dell’ausiliare temporale. 5. Descrivere il ruolo del rapporto fra il verbo e i suoi argomenti nella selezione dell’ausiliare temporale. 6. Descrivere il ruolo dell’aspetto verbale nella selezione dell’ausiliare temporale. 7. Descrivere il ruolo della natura del participio passato nella selezione dell’ausiliare temporale. 8. Descrivere il gruppo dei verbi intransitivi che usano l’ausiliare essere. 9. Descrivere il gruppo dei verbi intransitivi che usano l’ausiliare avere. 10. Descrivere il gruppo dei verbi che usano come ausiliare tanto essere quanto avere. 11. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi impersonali. 12. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi riflessivi. 13. Descrivere l’uso degli ausiliari col «si» impersonale e «si» passivante. 14. Che cosa è la costruzione passiva? 15. Descrivere l’uso di essere nella qualità di ausiliare della forma passiva. 16. Descrivere l’uso di venire come ausiliare della forma passiva. 17. Descrivere il passivo con l’ausiliare andare. 18. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi servili. 19. Descrivere l’uso degli ausiliari con i verbi causativi. 20. Descrivere la concordanza del participio passato con l’ausiliare essere. 21. Descrivere la concordanza del participio passato con l’ausiliare avere. 22. Descrivere la concordanza del participio passato nei verbi impersonali. 23. Descrivere la concordanza del participio passato col «si» impersonale. 24. Descrivere la concordanza del participio passato con i verbi servili. 25. Descrivere la concordanza del participio passato con i verbi causativi.