2004. l’AIDS non viene più considerata una malattia mortale, ma una patologia cronica e invalidante. Proprio per questo motivo si registra un forte calo dell’attenzione nei confronti del problema… Te l’immagini Lupo Alberto col fiocco rosso? Eppure una volta… Io ho la fortuna/sfortuna di non poterlo ricordare, ma il mio “vecchio” mi racconta che c’era un tempo in cui politici e personaggi famosi andavano in giro con un fiocchetto rosso in bella mostra. La cosa sembra abbia avuto inizio quando ad un certo Rock Hudson, famoso attore americano, fu diagnosticata un’allora, ai più, sconosciuta malattia (1984): l’AIDS. Se ne sapeva poco più di nulla ed i media la dipingevano come “la nuova peste” a causa dell’altissimo numero di vittime che “marchiava”. Ma era dal 1981 che qualche poveraccio c’era morto, solo che a fregarlo era stata la GRID, o Gay-Related Immune Deficiency, (pensa te certe volte la scienza…) per poi rettificare l’acronimo l’anno successivo trovandone uno più “esaustivo”: AIDS. Furono anni di vero panico: da una parte le numerosissime morti e dall’altra l’ignoranza che contribuiva a creare il panico. Poi s’è capito che la gente andava informata correttamente e si è provato a farlo (più o meno). Ad esempio, “Lupo Alberto” spiegava agli adolescenti cos’era e come difendersi dall'AIDS (e che il preservativo non era peccato mortale), mentre i politici continuano a parlare e parlare mostrando il fiocchetto rosso in TV: “io sostengo la ricerca contro l’HIV”. Questo era il messaggio di quel fiocchetto. E mentre la ricerca cominciava a dare qualche risultato (qualche soldino arrivava), gli anni passavano; continuano a morire migliaia di persone, ma un po’ meno, soprattutto in America ed in Europa. Il che era un bene per noi occidentali, così i fiocchetti venivano riposti in un cassetto e tirati fuori solo per occasioni speciali tipo “morti illustri”: Rudolf Nureyev, Klaus Nomi, Anthony Perkins, Freddie Mercury ed altri. Il giochino era semplice ed aveva a suo modo la sua efficacia: bastava ogni tanto sventolare il fiocchetto rosso in qualche comparsata televisiva e magicamente la Ricerca riceveva il giusto apporto economico. Poi c’è stata la geniale intuizione della “Giornata Mondiale pro …”; oggi per la Terra, domani per l’Acqua … e sì, anche per l’AIDS (WAD 1/12/…), anche se spesso la spostano e qualche volta se ne dimenticano. Quello che oggi manca sono menate tipo fiocchetti e personaggi dei cartoon … e (non dovrei neanche pensarlo), qualche morte illustre. Non se ne parla più, sembra quasi che i 25 milioni di morti dal 1981 siano stati dimenticati e che, soprattutto in Africa, l’AIDS è una delle principali cause di morte (dopo la fame e la sete). Ma l’Africa, lo sappiamo, è un continente a sé, le morti lì valgono di meno. Nonostante molto sia stato fatto in tema di prevenzione e scoperta di nuove cure da quando si è cominciato a parlare di AIDS, trasformandolo in molti casi in un’infezione cronica con lunga sopravvivenza e libera da malattie (vedi per esempio Magic Johnson e Greg Louganis), negli ultimi anni l’attenzione è diminuita, mentre la malattia è tornata a essere un tabù. Provare per credere: quanti sotto i trent’anni sanno davvero? Qualche settimana fa la prof di Biologia ci ha chiesto di fare una ricerca (stiamo trattando i virus) e l’argomento AIDS è venuto fuori. Io (ma non solo) ne sapevo ben poco se non quello che in modo più o meno generico raramente i media passano. E allora, visto che oggi non è il World Aids Day, visto che fiocchi rossi non se ne vedono da tempo, visto che a Lupo Alberto hanno “segato” le gambe, ripropongo qui la mia ricerca di Bio. Poca roba! Ma almeno posso dire che anche se faccio parte di quelli che “non c’erano”, qualcosa in più so, certo non grazie ai media tradizionali. E chissà che leggendo a qualcuno venga voglia di informarsi seriamente, magari QUI e QUI L’AIDS e il virus dell’HIV Cos’è l’AIDS? AIDS è l’acronimo dell’espressione inglese Acquired Immune Deficiency Syndrome (Sindrome da immunodeficienza acquisita) e al di sotto di esso ricade l’insieme delle manifestazioni dovute alla deplezione, cioè la drastica decimazione dei linfociti T, ad opera del virus dell’HIV. Le prime diagnosi ufficiali di questa sindrome risalgono ai primi anni del decennio ’80, quando gli studiosi notarono l’insorgere di malattie tumorali, polmoniti o infezioni intestinali in persone molto giovani. In passato, queste infezioni furono riscontrate solo in malati di cancro o in persone che avevano subito trapianti, alle quali era stato soppresso il sistema immunitario durante il corso della terapia; da qui, quindi, la conclusione che l’AIDS dovesse coincidere con una drastica riduzione dell’efficienza del sistema immunitario, dovuta, probabilmente, ad un microrganismo estraneo. Inoltre, poiché i primi sieropositivi erano omosessuali, trasfusi, emofiliaci o tossicodipendenti, si pensò che il mezzo di trasmissione del virus fossero i fluidi corporei, e, infatti, fu successivamente accertato che la sua massima concentrazione è nel liquido seminale e nel sangue. Il contagio può quindi avvenire solo tramite lo scambio di uno di questi fluidi, come ad esempio rapporti sessuali non protetti o ferite in contatto con del sangue infetto; d’altro canto, però, non è stato scientificamente provato che l’HIV possa trasmettersi attraverso contatti casuali, come baci, abbracci, colpi di tosse o starnuti, proprio perché al di fuori dei suddetti liquidi corporei il virus muore rapidamente. Il virus responsabile dell’AIDS, fu isolato da Luc Montaigner e Robert Gallo e gli fu assegnato il nome di HIV, Human Immunodeficiency Virus (Virus dell’immunodeficienza umana). Da quel giorno, molti furono i progressi della scienza nell’analisi di questo virus: oggi, infatti, sono noti i suoi effetti sul sistema immunitario, è stata identificata la sua probabile origine e le sue modalità di trasmissione sono state ben definite, come abbiamo visto precedentemente. Nonostante queste conoscenze, però, non è ancora stato sintetizzato un vaccino definitivo contro questo virus, e la migliore arma di difesa rimane ancora oggi la prevenzione. In caso di contagio, comunque, esistono alcuni farmaci che non conducono alla completa guarigione del soggetto, ma che possono ritardate notevolmente il progredire della malattia. Il principio fondamentale di questi farmaci è quello di ostacolare il processo di riproduzione del virus, impedendone la proliferazione. Il virus dell’HIV, come abbiamo detto, causa una drastica diminuzione dei linfociti, in particolare, decima i linfociti T helper. Al momento del contagio, comunque, il corpo tenta di reagire producendo anticorpi contro gli antigeni del virus, e milioni di linfociti T killer uccidono le cellule infette. Nonostante questa reazione non sia sufficiente per contrastare la diffusione della malattia e la proliferazione del virus, gli anticorpi prodotti rimangono in circolo e rappresentano la base dei test per la diagnosi del virus. A mano a mano che il sistema immunitario si indebolisce, aumenta la probabilità di insorgenza delle cosiddette malattie opportunistiche, come polmoniti, infezioni gastrointestinali e tumori, e sarà proprio una di queste la causa della morte del soggetto. Il tempo che trascorre tra la diagnosi della malattia e la morte può variare da alcuni mesi a diversi anni, mentre il tempo che intercorre fra l’ingresso del virus e l’apparire dei sintomi può anche essere superiore ai 15 anni. Qual è la struttura del virus dell’HIV? Il virus ha un diametro di circa 100nm, ed è costituito da un doppio strato lipidico sul quale sono presenti le glicoproteine gp120 e gp41 (indicate in Fig.1) che si adattano perfettamente ai recettori CD4 dei linfociti T helper grazie alla loro struttura tridimensionale perfettamente complementare. La core del virus (parte centrale) è protetta da uno strato esterno chiamato matrice (composto da proteine p17) e da uno interno di forma conica chiamato capside (composto da proteine p24), che preservano l’integrità dell’informazione virale. Il materiale genetico è rappresentato da due filamenti di RNA, che verranno successivamente iniettati nella cellula ospite del virus. Gli enzimi della trascrittasi inversa, dell’integrasi e della proteasi giocheranno un ruolo fondamentale nella propagazione dell’infezione virale. Tre sono i principali geni del virus: Gag, Pol e Env. Da Gag derivano le proteine dell’involucro del core (p24 e p17), da Pol gli enzimi precedentemente nominati, e da Env le proteine del rivestimento esterno. Nel momento in cui il virus entra in contatto con una cellula dotata dei recettori CD4 (come i linfociti e i macrofagi), grazie anche alle proteine gp120 e gp41, la sua membrana cellulare si fonde con quella dell’altra cellula, e il materiale genetico, insieme ad altre sostanze come gli enzimi, vengono rilasciati nel citoplasma ①. La trascrittasi inversa ricostruisce il DNA complementare al filamento di RNA del materiale genetico del virus ② e poi viene successivamente duplicato ricostruendo una molecola di DNA a doppio filamento ③. Grazie all’azione dell’integrasi il DNA virale si integra con quello della cellula ospite ④; contemporaneamente, l’RNA originale viene demolito. Nel momento della trascrizione del materiale genetico della cellula ⑤, viene trascritto anche il segmento virale che verrà successivamente tradotto in proteina ⑥. Grazie alla proteasi, infine, vengono ricostruite tutte le componenti del virus e, una volta maturo ed espulso tramite gemmazione dalla cellula ospite, è pronto ad infettare nuove cellule ⑦. Perché il virus dell’HIV è così difficile da debellare? Il sistema immunitario dell’ospite non è in grado di rispondere adeguatamente all’infezione principalmente per due ragioni: • Latenza: come abbiamo visto, il DNA virale si integra con quello della cellula ospite, ma può rimanere silente per molto tempo prima di manifestarsi. In questo modo, quindi, il provirus si trasmette ad ogni divisione cellulare, ma non può essere identificato dal sistema immunitario poiché, essendo inattivo, non produce proteine. • Variabilità genetica: a complicare il tentativo di trattare la malattia con farmaci antiretrovirali, intervengono frequenti fenomeni di variazione genetica dovuti sostanzialmente alla trascrittasi inversa. Ad ogni duplicazione, quindi, si verificano degli errori che mutano il genoma virale; in questo modo, l’HIV si sottrae all’azione del sistema immunitario che, non riconoscendolo, smette di produrre fattori anti-HIV o di distruggere le cellule infette. Come diagnosticare l’infezione dal virus dell’HIV? Il virus, dopo alcune settimane dal contagio, scatena una risposta immunitaria, stimolando la produzione di anticorpi anti-HIV che, insieme al virus stesso, si diffondono nell’organismo. Il periodo che intercorre fra il contagio e la comparsa dei primi anticorpi è detto periodo finestra, mentre la sindrome retrovirale acuta, si verifica quando il virus e gli anticorpi proliferano in grande quantità nell’organismo, e ciò permette l’esecuzione dei test per l’infezione. Metodi diretti Alcuni metodi permettono di identificare la presenza del virus, in particolare degli antigeni p24, che, pur essendo presenti durante tutta la durata del’infezione, sono più presenti nelle fasi iniziali e terminali, mentre non sono evidenziabili in quella asintomatica. Altre tecniche si avvalgono dei più recenti progressi della genetica, come la PCR (Polymerase Chain Reaction, reazione a catena della polimerasi), che permette di amplificare un segmento di materiale genetico e identificare il provirus HIV. Data la natura di questo test, è estremamente utile durante il periodo finestra, e viene utilizzato anche per le diagnosi delle infezioni neonatali. Metodi indiretti Poiché il virus aggredisce le cellule del sistema immunitario, valutare lo stato dei linfociti è di fondamentale importanza per una diagnosi accurata. Il test ELISA, attualmente in commercio, consente di identificare con un’ottima accuratezza la sieropositività del soggetto, con un minimo di risultati falsamente negativi. Il test Western Blot, invece, sicuro quasi al 100%, è il test di conferma dei risultati dell’ELISA, e permette di individuare anche i rari falsi positivi del precedente test. Esiste una cura per la sindrome da AIDS? Attualmente, sono presenti farmaci che alleviano i sintomi dell’infezione, ma non costituiscono ancora una cura completa e definitiva per la sindrome. Le molecole antivirali su cui questi farmaci si basano sono sostanzialmente degli inibitori che vanno ad interrompere il processo riproduttivo del virus agendo sulla trascrittasi inversa o la proteasi. Ad esempio, l’AZT è un farmaco costituito da un nucleoside analogo alla timina, ma che non possiede il gruppo ossidrilico necessario per il legame di un successivo amminoacido; in questo modo, una volta integrato nella catena di DNA da parte della trascrittasi inversa, la sua struttura chimica blocca la sintesi del filamento complementare, evitando che il DNA virale venga completato. Ovviamente, però, questo farmaco può intaccare il normale metabolismo delle cellule umane sane, producendo notevoli controindicazioni. Come è stato già detto, non esiste una cura definitiva, ma la ricerca scientifica ha continuato a progredire indirizzandosi verso la realizzazione di farmaci in grado di neutralizzare il virus, riconoscendolo grazie alle proteine del suo involucro, oppure capaci di riconoscere le cellule infette e distruggerle. E qui finisce il mio “compitino” scolastico Riprendendo la frase introduttiva di questo articolo (sempre perché oggi non è il 01/12/…) : 2004. l’AIDS non viene più considerata una malattia mortale, ma una patologia cronica e invalidante. Proprio per questo motivo si registra un forte calo dell’attenzione nei confronti del problema… Ora, le parole hanno sempre un senso ed i termini che si usano nella Comunicazione vanno scelti con cura e criterio, soprattutto quando a farlo sono organi come il Ministero della Salute. Spiegatemi voi la differenza tra una malattia mortale ed una patologia cronica e invalidante se questa poi porta comunque alla morte di una persona. Ok, ok, capito! La prima ti uccide subito mentre la seconda non ti uccide direttamente (lo fa fare a qualcosaltro) e ti lascia “un po’ di tempo” (sarebbe da chiedersi per cosa…). E per chi non può accedere alle cure necessarie per vari motivi, soprattutto economici (vedi alla voce Africa ed altro…), l’AIDS è una malattia mortale o continua ad essere solo una patologia cronica ed invalidante? Certe “definizioni” (per carità, corrette dal punto di vista scientifico) sono il sintomo di come il problema viene percepito e dell’attenzione che ad esso viene rivolta: “non è più una malattia mortale quindi spostiamo l’attenzione verso qualche altra cosa…”. Questo potrebbe starmi anche bene sempre che “l’altra cosa” sia davvero importante e comunque senza mai accantonare completamente il problema. E’ che l’uso di alcuni termini rispetto ad altri fa calare l’attenzione mediatica nei confronti del problema e questo porta a carenza di informazione e sensibilizzazione, soprattutto verso i più giovani, quelli che arrivano dopo, a cui comunque andrebbero spiegate certe cose. Per capirci: Chiara Cascio (che non conosco, ma che ringrazio), nella sua Tesi di Laurea in Comunicazione e Informazione Sociale (a.a. 2007/2008, Università di Bologna), "La comunicazione contro l'Aids: una valutazione d'impatto", ha fatto un bel lavoro di rassegna storica sulle campagne ministeriali AIDS negli ultimi 20 anni. Per la precisione, 22 anni (1988 – 2009) e 10 campagne informative. Scorrendole si comprende molto bene quale sia stato il grado di “attenzione” del nostro Ministero della Salute, sia dal punto di vista storico-sociale (vedi date), sia da quello informativo nel senso stretto di “strategia comunicativa”. L’ultima campagna informativa risale al 2009. Lascio a voi le riflessioni e conclusioni. Io… , io avrei voluto poterli leggere gli opuscoli di Lupo Alberto, quelli che nel 2002 giravano tra i ragazzi; gli stessi opuscoli che l’allora ministro della pubblica istruzione (notare il minuscolo e la voluta assenza del nome), ritenendo che contenessero materiale troppo esplicito, prima ne sospese e poi ne vietò definitivamente la distribuzione all'interno delle scuole. Ma non li trovo (che la censura abbia funzionato?) E allora, non trovando “Un casco per uno e questo per due”, mi leggo “Il profilattico nell’era dell’AIDS” (da chi fa cose) E allora, non trovando “Farlo senza costa caro. Troppo caro”, mi leggo “XIV legislatura – Disegni di legge e relazioni” (da chi ha fatto cose e ora non più) E allora, non trovando “Che aspetti a metterlo? Che sia firmato Nike?”, mi leggo “Dati su HIV/AIDS” (da chi continua a far cose) Che se qualcuno questi opuscoli ce l’ha o sa dove trovarli si faccia avanti. Magari questa volta ce la facciamo a togliere il preservativo dalla testa del lupotto e magari, insieme a lui, qualche “istruzione per l’uso” riusciamo a darla anche ai ragazzi; ministri e tonache permettendo… AGGIORNAMENTO del 01/12/2012 Dopo sei mesi a cercare (inutilmente) gli opuscoli di Lupo Alberto mi sono arreso. Ma considerando comunque i fumetti "un prezioso sistema di intrattenimento e di diffusione di valori positivi, ma anche un modo per affrontare i problemi della vita reale" (parole dell'autore dell'articolo che condivido), consiglio la lettura di AIDS Day: i fumetti come educazione alla prevenzione di Gianluigi Possiamo finalmente aggiornare l'elenco delle campagne informative del ministero della salute; l'ultima risaliva al 2009. Sul suo articolo Uniti contro l'AIDS si vince, Annarita riporta il nuovo spot della campagna 2012/2013. Ma non c'è solo quello, l'articolo informativo è sicuramente da non perdere Se si vuol apprendere, lo si può fare anche senza avere un atteggiamento forzatamente serioso e magari riuscendo a strappare un sorriso che, non ha mai fatto male a nessuno, anzi... "Immunodeficiente a chi?!": AIDS e HIV è un articolo di Danilo E perchè non un pizzico di matematica? Ma cosa centra con l'HIV? Centra, centra... Leggete L'immuno-dinamica dell'HIV ancora di Gianluigi Marco Cameriero