Meditazione di don Antonio Zani - PDF

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14.09.2011
"Pascentes cum disciplina"(Ger. 3,15b)
Suggestioni odierne da una voce antica: Cipriano, Lettera 76,1,1-4
1. Una voce antica, quella di Cipriano, che possiamo ascoltare a distanza di secoli grazie alla sua
lettera. Quest'ultima secondo la concezione antica – e ciò vale anche per le lettere del NT che ne
formano la parte più cospicua – è un'insostituibile modalità per rendere presente al destinatario la
persona e i sentimenti del mittente. Anzi, la lettera è voluta presenza di un assente; chi scrive, vuole
essere prossimo al cuore del destinatario. Così Cipriano nel primo segmento della sua lettera che
abbiamo ascoltato: non mi è concesso di venire a voi con il corpo, ci vengo comunque con l'affetto e
con lo spirito, esprimendo nella lettera lo stato d'animo di esultanza e di gioia per il coraggio che
dimostrate e per i vostri meriti.
Quella che ci giunge da Cipriano è, a sua volta, una voce in ascolto di una voce che l'ha
preceduto da secoli: la parola udita da Geremia, messa a tema del nostro frammento ciprianeo:
pascentes cum disciplina. Si tratta dell'ultima parte del secondo segmento di Ger 3,15: Vi darò
pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza. Il primo stico, come è
noto, costituisce il titolo della Esortazione apostolica postsinodale del 1992; il secondo era reso così
nella traduzione dei LXX: e vi pasceranno pascendo con episteme. L'ultimo termine, che traduce
l'ebraico reso in it. con scienza e intelligenza, nelle traduzioni latine – compresa quella antica
impiegata da Cipriano – era detto disciplina. Una conferma l'abbiamo da Gc 3,13: Chi tra voi è
saggio (sophòs/sapiens) e intelligente (epistèmon/disciplinatus)? Con la buona condotta mostri
che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza.
Cipriano scrive questa lettera verso la metà di settembre dell'anno 257, esattamente un anno
prima del suo martirio, datato al 14 settembre 258, indirizzandola a un gruppo di presbiteri e alcuni
diaconi sottoposti a dura prova motivo della fede e del loro ministero, rendendosi presente con
l'affetto e con lo spirito e considerandosi loro compagno… per il vincolo della carità. Quanto il
vescovo di Cartagine andrà dicendo tiene sullo sfondo il testo di Geremia, alla luce di un principio
enunciato in uno dei suoi primi scritti: Mantieni la preghiera e la lectio continua. Ora sii tu a
parlare con Dio, ora sia Dio a parlare con te. Egli ti istruisca con i suoi precetti. Egli ti educhi.
Nessuno renderà povero colui che egli ha reso ricco. E, poco oltre, dice il frutto di questo stile,
istituendo una correlazione tra il ruolo di figlio, immagine di Dio, e quello di servo, creatura che si
svuota di sé per lasciarsi invadere dallo Spirito (Don. 5), dal momento che i precetti ai quali il servo
nel suo timore obbedisce altro non sono che l'«oggettivazione» e la condizione di piena fioritura
della vita che il figlio porta in sé, e che l'obbedienza ad essi è generosità del figlio che assomiglia al
Padre e conformazione al Servo sofferente.
2. Certamente, però, la parte del testo ciprianeo ascoltato che richiama immediatamente o ridesta
l'attenzione è quello centrale, e che è stato strutturato nella traduzione. Vi si manifesta la pregressa
formazione retorica di Cipriano, il cui obiettivo, se lo esprimiamo con le celebri parole di un
filosofo contemporaneo, è semplicemente il seguente: il modo di dire una cosa è già un dirla. Ci
soffermiamo dandovi prima un rapido sguardo generale, quindi indugiando solo su due parole:
- Fratelli… voi che sempre avete avuto all'interno della sua Chiesa la forza di mantenere custodita
la fede, osservando con fermezza i precetti del Signore,
nella semplicità l'innocenza,
nella carità la concordia,
la modestia nell'umiltà,
la cura nell'amministrazione,
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l'attenzione nell'aiutare quelli che soffrivano,
la misericordia nel sostenere i poveri,
nel difendere la verità la costanza,
nella severità della disciplina il rigore…
a partire da: nella semplicità sino a nella severità rileviamo, anche in italiano, una elaborata
affermazione di Cipriano modellata in forma di costruzione chiastica: nella semplicità la … nella
carità la… nel difendere la … nel severità la, quindi la modestia nella… la cura nella… l'attenzione
nel… la misericordia nel… Ma, più di questo, semplicità, carità, modestia dicono riferimento alle
qualità personali del ministro, cura, attenzione, misericordia riguardano una dimensione altruistica,
meglio: il servizio da rendere agli altri. Lo stesso vale per le ultime due affermazioni: la costanza
nel difendere la verità, il rigore nella severità della disciplina. Sono, una dopo l'altra, una guida
semplice ma compiuta per una possibile autoanalisi odierna.
Le ultime righe del testo: E perché in voi non manchi nulla di esemplare vi offrite come paradigmi
di coraggio: affinché, mentre il gregge segue i suoi pastori e imita quello che vede essere compiuto
dalle sue guide, sono parole antiche che muovono una suggestione odierna in ordine al tema del
modello (esemplare… paradigmi: dice Cipriano). Quanto alla categoria di modello, considerata nella
sua variegata epistemologia, Cipriano privilegia non tanto la tensione dinamica del paradigma,
caratterizzata sotto il profilo della ricerca del dover essere, quanto piuttosto la vivacità storica del
vissuto, intesa come modus vivendi.
- le due parole che andrebbero approfondite, perché semanticamente estenuate o anche equivoche nel
lessico attuale, sono semplicità e disciplina.
Con il cristianesimo la semplicità acquista uno speciale rilievo – i richiami neotestamentari di Mt
10,16: siate semplici… Rm 16,19: semplici per evitare il male, sono eloquenti – ed è la purezza di cuore,
il rifiuto di ogni ambiguità, esigito da Gesù per i suoi discepoli. Non è da escludere che la resa migliore
in italiano sia trasparenza. Del resto, nel primo cristianesimo di lingua latina, semplicità, semplice, sono
parole per dire l'essere di Dio, l'assoluta trasparenza di Dio, perché egli è ciò che ha. Quanto sia, oggi, il
bisogno di trasparenza, non è il caso di ricordarlo, tanto se ne parla e in ogni ambito, compreso quello
ecclesiale, dove la comoda distinzione tra il privato e il pubblico non riposa su un solido fondamento.
Quanto a disciplina, il suo spettro semantico andrà dilatandosi nel corso del tempo al punto da
estenuare il suo primo e genuino tratto che il mondo antico latino profano e cristiano esprimeva con
efficacia così: disciplina dicta est a discendo, e rendeva parte integrante nella triade: ingenium,
disciplina/doctrina, usus aspetti strutturanti l'esistenza dell'uomo saggio. Solo a questa condizione il
rigore, quando necessario, non è fine è a se stesso, ma rientra in quella doverosa strategia di correzione
necessaria alla vita cristiana e ci risparmia da un banale quanto stucchevole moralismo.
Si tratta di suggestioni odierne, forse soggettive, ma siccome provengono da un pastore grande nella sua
altezza morale, nella sua nobiltà d'animo, nella eroica integrità di vita, cosciente della novità
rivoluzionaria del cristianesimo, possono persistere nella loro utilità. Peraltro, se da un lato possono
essere la traccia di un cammino insieme/condiviso (sin-odo) in preparazione alla sua celebrazione –
assaporando davvero quanto lo stesso Cipriano scriveva in altra lettera ai propri presbiteri e fedeli laici:
dall'inizio del mio episcopato ho deciso di non far nulla seguendo la mia personale opinione senza il
vostro consiglio ed il consenso del popolo (Lett. 4,4), dall'altro, specialmente con riguardo alle sue
stesse parole: in voi non manchi nulla di esemplare…si che il gregge segua i suoi pastori e imiti
quello che vede essere compiuto dalle sue guide, non lasciamo cadere l'esortazione del Papa,
meno di un mese fa a Madrid (Cattedrale di Santa María la Real de la Almudena): Noi dobbiamo
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esser santi per non creare una contraddizione fra il segno che siamo e la realtà che vogliamo
significare.
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Testo
Mi presento a voi come posso, e anche se non mi è concesso di venire a voi con il corpo, ci vengo
comunque con l'affetto e con lo spirito, esprimendo nella lettera lo stato d'animo di esultanza e di
gioia per il coraggio che dimostrate e per i vostri meriti; mi considero vostro compagno, anche se
non per la sofferenza del corpo, per il vincolo della carità… Fratelli, il Signore ha fatto così tanto
avanzare fino alla più alta vetta di gloria, concedendo l'illuminazione del suo onore, voi che sempre
avete avuto all'interno della sua Chiesa
la forza di mantenere custodita la fede,
osservando con fermezza i precetti del Signore,
nella semplicità l'innocenza,
nella carità la concordia,
la modestia nell'umiltà,
la cura nell'amministrazione,
l'attenzione nell'aiutare quelli che soffrivano,
la misericordia nel sostenere i poveri,
nel difendere la verità la costanza,
nella severità della disciplina il rigore…
E perché in voi non manchi nulla di esemplare vi offrite come paradigmi di coraggio: affinché,
mentre il gregge segue i suoi pastori e imita quello che vede essere compiuto dalle sue guide, sia
incoronato dal Signore per i meriti equivalenti
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