ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
CANTARE serie Canti Popolari
(titolo corrente del CD= contenitore = titolo convenzionale (non esiste incipit in quanto ‘contenitore’)
BON SANTO AN
Editrice= SORAIMAR
Codice: SRM 0141 – N 372
Anno di edizione 1991
Mondo: religioso
Ciclo dell’anno: da Natale all’Epifania
Argomento: canti religiosi
Carattere d’estrazione: popolare (D’Autore ignoto)
Area culturale di provenienza Italia - Triveneto
Inserire il presente testo come append testo o nello spazio dei testi brevi
INTRODUZIONE
a cura di Gianluigi Secco
presidente dell’Associazione Soraimar
I canti proposti in questo, che è il primo di una serie di CD sul medesimo tema, che usciranno annualmente, riguardano
il periodo che va da Natale all’Epifania e, per quanto legati alla memoria dell’avvenimento cristiano, restano
caratterizzati da un rituale di questua che ha radici ben più antiche. L’area in cui sono stati raccolti i brani è quella dove
la cultura ‘veneta’ lascia o ha lasciato segni ovvero dove la sua memoria è sentita ancora come valore di identità. Sono
presenti, nella raccolta completa, pezzi cantati non solo nel Veneto, ma anche in Istria e in paesi di emigrazione come il
centro e il sud America che videro, a fine Ottocento, un grande esodo di gente nostrana in cerca di ‘fortuna’.
LE QUESTUE
Il rito della questua è da considerare una delle più rappresentative espressioni della religiosità popolare calata nel
sociale. In un periodo, quello invernale, dedicato popolarmente all’auspicio della fertilità, dominano i simboli del dono
e del cibo abbinati alla gioventù. I protagonisti di tali avvenimenti erano, un tempo, prevalentemente i maschi. I dati
raccolti sembrano identificarli in tre gruppi fondamentali in ragione dell’età. Il primo gruppo è quello dei bambini (fino
alla pubertà); il secondo quello dei giovani fino all’età della coscrizione, il terzo quello dei coscritti, affiancati
eventualmente dai coscritti anziani celibi. Con modalità diversa a seconda dell’occasione, i questuanti, nella vigilia
delle feste o nelle giornate più significative, se ne andavano cantando di casa in casa ad augurare salute e abbondanza
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per l’avvenire, raccogliendo offerte in natura (uova, farina, burro, lardo, ricotta) con cui poi si realizzava una marenda
(pranzo o cena) in comune (almeno nelle zone montagnose del Bellunese, in cui la tradizione sembra più conservata).
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Le questue dei bambini erano mattutine o pomeridiane, quelle dei giovanotti, prevalentemente serali. In ogni caso il
gesto esprimeva la potenzialità dei suoi rappresentanti: l’innocenza sacra dei bambini (perciò più vicini al mondo
dell’aldilà da cui provengono e dove tornano le ‘anime’ dei defunti) e la forza dei giovani presto nuovi protagonisti e
responsabili del sostegno vitale alla comunità. La potenza latente della gioventù, ancora inespressa e pertanto intatta,
motivava il riconoscimento dell’augurio e la sua accettazione comune tanto che i casi di rifiuto, da parte dei visitati,
erano davvero rari. Riti di questua sono comuni nelle vigilie di tutte le feste importanti che vanno dai Morti a San
Giovanni. Al giorno d’oggi esse persistono debolmente solo in alcuni ambienti paesani di montagna, anche se si
segnalano tentativi di recupero della tradizione. Le questue, che pure mostrano un evidente contenuto ‘pagano’ e
arcaico, risultano spesso collegate agli avvenimenti del calendario liturgico cristiano ma non è facile datare tale
abbinamento né, a livello locale, si sono finora trovati precisi riferimenti in merito. Nell’esaminare il complesso delle
manifestazioni tradizionali ci si trova, infatti, continuamente di fronte ad elementi arcaici pagani vestiti con elementi
cristiani che coincidono nell’esemplarità dei segni e ciò, nel nostro mondo occidentale, per voluta integrazione con la
percezione religiosa precedente. A partire dal quarto secolo la Chiesa cristiana assorbì infatti la festa delle divinità
supreme del paganesimo (dies natalis solis invicti) trasformandola nella celebrazione della nascita di Cristo, luce e vita
del mondo. Elementi di religiosità personale e di religione ufficiale sono sempre convissuti, nonostante i ripetuti
interventi delle chiese costituite, tesi nel tempo e in diversi modi, a ricondurre le manifestazioni ‘spontanee’ popolari
negli alvei ortodossi. Una parte notevole di queste manifestazioni era orientata a cercare garanzie per la continuità della
vita in un ambito agricolo che coinvolgeva la stragrande maggioranza della popolazione. La dipendenza diretta e
immediata della sopravvivenza dal rapporto con la natura sembra motivare molti degli atteggiamenti in questione.
Il momento più adatto a questa dedizione è quello invernale (da novembre in poi) non solo perché consente un maggior
tempo di riflessione e dedizione (per la sospensione dei lavori agricoli) ma perché il ciclo produttivo precedente si è
concluso ed anche la natura pare sospesa, in attesa di riprendere, di rinnovarsi. L’uomo allora sente la necessità di
partecipare alla nuova tensione affinché, con l’aiuto soprannaturale, l’esito della rinascita sia il più proficuo possibile. A
scandire i passi verso questo rinnovamento è la rivoluzione degli astri cadenzata dal calendario dei santi, la cui
protezione funzionale è espressa in molti detti popolari, anche se non sempre viaggianti in perfetta sincronia. Il solstizio
invernale è una delle due porte del cielo e consente di intravedere il tempo crescente; agli antipodi, l’altra porta del
tempo (solstizio d’estate), quello discendente, è dominata dalla figura di San Giovanni Battista. In prossimità delle porte
del cielo, poco prima o poco dopo, è possibile cercare e individuare i segni premonitori dell’andamento meteorologico
futuro e non solo di quello. I giorni endegari, cioè indicatori, stanno all’interno delle calende, periodi di 12 giorni che
individuano progressivamente i mesi dell’anno di cui rispecchieranno l’andamento. Ad ogni calenda (o calendra) ne
può seguire una seconda (impropria) con scopo di verifica, in cui l’ordine dei mesi viene considerato invertito. La
concordanza d’esito dei segni sul mese è indicativo di certa previsione. Se si considerano i tre cicli di calende (13-25
dicembre; 25 dicembre-6 gennaio; 1-12 gennaio) e le loro estensioni di verifica (altri dodici giorni in ogni caso),
relazionandole ai proverbi popolari sui Santi, si comprende meglio il senso globale delle previsioni. Nei giorni chiave
delle calende si fanno anche i pronostici personali che spesso riguardano aspettative amorose, oltre che la salute, la
fortuna e, consuetamente l’abbondanza di cibo. Il rito tende a verificare le probabilità di successo dell’auspicio nell’arco
dei mesi a venire. Perciò nelle dodici notti delle calende si ottengono risposte ai quesiti cari potendo interpretare, di
primo mattino, la posizione assunta dalla chiara d’uovo versata in un bicchier d’acqua la sera prima oppure il risultato
estetico di una goccia di piombo fuso lasciata cadere nell’acqua.
Ai segni celesti di rivoluzione si accompagna la fantasmagorica interpretazione popolare di un passato esausto che
stenta ad andarsene, personificato dalla vecchia strega, la Redò∫ega, Maràntega, Befana e dai suoi dodici figli, i
Redode∫egot (i mesi dell’anno) su cui sembrano concentrate le forze del male per cancellare il quale si usano i fuochi di
purificazione (Panevin o Brugnèli, Pagarùoi, Pignarul ecc.) che servono nel contempo ad eliminare i pochi scarti di
casa e dei campi e a richiamare con forza la luce. Di seguito con riti d’acqua si purificano e benedicono le cose
predisponendole al nuovo ciclo (la casa, gli alberi, gli angoli dei campi, gli incroci delle vie).
La nascita di Gesù, luce della speranza umana, fatta cadere nel periodo solstiziale, rappresenta la nuova chiave
spirituale di lettura della porta del cielo e si inserisce in modo perfetto nel mondo di segni più antichi; così pure la festa
dell’Epifania legata, secondo la chiesa romana, all’arrivo dei Magi a Betlemme. Nei primi due secoli del cristianesimo
le due feste sostanzialmente coincidevano e la loro separazione è attribuita, da molti studiosi, a papa Giulio I, nell'anno
354; così il 6 gennaio divenne in Oriente festa destinata a celebrare il battesimo di Gesù (Epifania orientale) mentre in
Occidente fu dedicata all'adorazione dei Magi (Epifania occidentale). Questa separazione tornerà di attualità undici
secoli dopo, all'epoca della Riforma, influenzando lo sviluppo di una particolare forma di religiosità popolare legata ai
riti di questua e a particolari canti sacri, tra cui molti ispirati alla saga dei Re Magi.
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CANTI, QUESTUE E ‘STELLE’
Verificata la puntuale presenza delle questue e dei riti del ‘Panevin’ già prima del Cinquecento, e constatatone lo
stampo prettamente venale, non sapevamo comprendere il motivo dell’espansione del rito che ha portato al reperimento
nell’area delle molte tipologie a sfondo religioso, diverse per soggetto del canto e melodia, rimaste ben vive fino a pochi
anni or sono e comunemente note e praticate almeno fino alla metà di questo secolo. Molte di queste poi risultano
presenti, con la medesima matrice, in una più ampia area che va dal Ticino alla Slovenia comprendendo i territori alpini
e prealpini della Lombardia, del Trentino-Alto Adige (Dreikönigslieder), del Veneto, Friuli e Istria ‘veneta’.
Evidentemente il fenomeno generatore di una simile diffusione dei canti di questua devozionali doveva essere
qualitativamente importante. Un contributo notevole alla comprensione di questo sviluppo è stato fornito dallo studioso
tedesco Dietz-Rüdiger Moser che, analizzando la pratica della questua dei Tre Re e la sua diffusione nelle zone centroeuropee, l’ha interpretata come risposta della Controriforma contro il dilagare della eresia ‘epifanica’ luterana. Lutero
infatti volle riportare la festa dell'Epifania al significato da lui ritenuto originario, cioè il battesimo di Gesù (Epifania
orientale) e ciò in contrasto con la visione ‘romana’, legata alla immagine dei Magi. A conferma di questa tesi ci sono
poi le ricerche dello studioso austriaco Hans Moser che, col reperimento di documenti circostanziati, ha potuto
individuare nei Gesuiti i promotori del rito della Stella dei Tre Re, adottata nella sua formula rappresentativa
(spettacolare, quasi teatrale) per l’evidente favorevole impatto sul pubblico ed il conseguente efficace aspetto
propagandistico (cfr. Morelli R. e Poppi C. L’usanza dei Tre Re, in Santi. Spiriti e Re 1998, pp. 173, 176). Da Hans
Moser apprendiamo che la prima citazione sulla Stella, cantata da studenti dei Gesuiti, risale ad una delibera del
consiglio comunale di Innsbruck datata 30 dicembre 1568. In un inerente documento successivo (probabilmente di fine
secolo), ci sono altre interessanti indicazioni. Si tratta di una supplica rivolta al Principe Durchlaucht dagli studenti della
scuola di Innsbruck i quali chiedono di poter riprendere a cantare la Stella (dalla qual cosa erano evidentemente stati
interdetti) in alternativa o in parziale sovrapposizione agli studenti dei Gesuiti pure se quelli “si vantano di aver creato
una Stella e già prima di questa di essere andati in giro con la scuola di canto a cantare la Stella”. A maggior titolo di
supplica i richiedenti ricordano che molti di loro “devono servire tutto l’anno per portare la legna o la posta senza
ricevere in cambio particolari vantaggi o qualche ricompensa se non quella che riescono a prendere con la Stella in un
periodo del resto già limitato…”.
Abbiamo così anche la conferma dell’usanza di gratificare con doni i cantori ossia dell’aspetto questuale del rito. Pare
quindi accertato che questa, adottata dalla Controriforma, sia stata una strategia di ampio respiro, tesa a stimolare la
fede popolare attraverso l’uso di espressioni di preghiera e canti di più facile comprensione e partecipazione emotiva.
Ciò per contrastare più efficacemente l’eresia proveniente dal nord-Europa i cui promotori si servivano più
modernamente degli strumenti di comunicazione pubblicando libretti di canto riformati, sia luterani che calvinisti, in
lingua volgare italiana, ladino-romancia, francese e tedesca. Dopo il concilio di Trento cominciò dunque a svilupparsi
questo nuovo fenomeno musicale che prevede la produzione di ‘laudi a travestimento spirituale’ che vanno edite e
diffuse con ogni mezzo. Il libretto Sacri Canti, maggiormente noto come Raccolta Michi, è attualmente quello che
contiene la più antica attestazione di un gruppo di canti natalizio-epifanici molti dei quali sopravvissuti ed adattati a
canti di questua (cfr. Morelli R. e Poppi C. La raccolta Michi: tradizione orale e fonti controriformiste, 1998, pp. 165,
171). Il sacerdote Giambattista Michi nacque e operò verso la fine del ‘600 (1651-1690). Il suo libretto contiene 36
canti di cui 18 in latino e 18 in volgare. Molti sono ancora in voga nell’area di cultura ‘veneta’, tra cui il Verbum caro
(cfr. Michi: 23-25), il Bel Banbin (cfr. Michi: 44-47), Dolce felice notte (cfr. Michi: 21-22) e, soprattutto, Noi siamo i
Tre Re. È stupefacente verificare come, nel complesso, i testi siano rimasti vivi nella loro sostanziale integrità ma è
altrettanto evidente come si siano popolarmente arricchiti di strofe profane adatte a completarli in funzione del rito di
questua.
La nuova struttura sequenziale del rito è perciò la seguente:
Presentazione dei cantori e loro motivazione cristiana
Narrazione dell’avvenimento religioso (che può estendersi dalla nascita alla morte di Cristo).
Richiesta dei beni propiziandi
Richiamo di abbondanza sulla casa
Richiamo della benedizione divina e arrivederci all'anno successivo
Effettuazione dell’eventuale rimbrotto in caso di mancata offerta.
L’importanza dei riti pagani preesistenti, in occasione del periodo che sta a cavallo tra Natale ed Epifania, spiega il
successo dei molti ‘canti sacri’ che vi si sono integrati. Certamente si può affermare che il tema più ricorrente è quello
dei Tre Re e della Stella accompagnatrice che illustra una vicenda, misteriosa, accattivante e vicina alla mentalità
popolare, che si presta alla drammatizzazione e conserva il fascino dell’esotico, del diverso e mitico, con il
travestimento dei Magi e la realizzazione di modelli di stelle in legno e carta, spesso illuminate dal retro o fatte girare
con dei marchingegni a manovella; inoltre l’esecuzione casalinga (lontano dai luoghi delle celebrazioni ufficiali)
consentiva una certa libertà interpretativa attraverso le possibili integrazioni personali alle parti sacre dei testi
ecclesiastici. Col nome generico di Stelle si individuano perciò, popolarmente, anche altri canti del periodo, non
necessariamente riferiti all'avvenimento dei Tre Re. Una parte di questi canti è specificatamente locale ed è dovuta alla
solerzia di parroci o a quella di qualche fedele di buona cultura, in vena di esprimere in tal senso la loro presunta vena
poetica e/o musicale, cosa che accade, peraltro, anche al giorno d'oggi.
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01. BON SANTO AN (per tutti il Titolo + il ‘Titolo locale’)
Metti in
nota dei
testi brevi
Dove: (Tambre d’Alpago – BL – Veneto – Italia)
Nella zona alta dell'Alpago (Belluno, Veneto, Italia), a Tambre, verso il Cansiglio, si canta e si augura il bon santo an.
Nel brano si annuncia la nascita del Messia e se ne narrano vita e Passione. La parte centrale è molto simile (a tratti
identica) a quella dell’altra stela nota col nome de La bonasera l Signor ve done di Fener (cfr. Secco G. “Cibo, salute,
Dio e lugàneghe”, in Dolce e felice notte, 2001), che risulta assai conosciuta nella pedemontana vicentina con funzione
però di novena e non di Stella, ovvero si trattava di canti che per nove sere prima di Natale si svolgevano all’aperto tra
due o più gruppi a ‘bota e risposta’ (cfr. Brian Zamboni 1997, pp. 22, 54) e che trova ottimo esempio al brano n. 13 di
questo CD. Nel ritornello della questua si invoca, consuetamente il cibo, le lugàneghe ovvero le salcicce. I canterini si
annunciano, bussando di porta in porta, tutti insieme gridando cantóne o no cantóne? (cantiamo o non cantiamo?) nel
chiaro intento di saggiare la disponibilità degli ascoltatori. Ricevuta risposta affermativa entrano, si inginocchiano ed
iniziano con un recitativo: in nomine Patri, Filio, Spirito Santo...
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1977
Informatori e cantori: Elide ‘Ninetta’ Bona (1916-1986), Fullin Celio (1944-2002) e il fratello Giuseppe, classe
1940
bibliografia: Secco 1986, 74-5 (per tutti, mettere nel campo note del titolo)
(per tutti, la prima strofa è il titolo INCIPIT)
1. La bonasera a voi qua dentro,
prima a l parón de ca∫a ogni momento:
2. a note de Nadal che Dio fu nato,
a l di de Santa Elena fu bate∫ato;
3. per bate∫are Nostro Signore,
e cre∫emare il pecatore;
4. Santa Maria, no aver paura;
Santa Maria fu spaurata;
5. il Re de l celo in corpo è stato
(nell’originale sonoro, invertito con la strofa 6)
per nove me∫i sensa pecato;
6. no siamo mica noi cani giudei
ma siamo angeli su ne l celo;
7. a la colona fu incolonato,
co la flagela fu flagelato,
8. co la corona fu incoronato,
(a volte le strofe 7 e 8 sono compresse, come nell’originale sonoro)
e co la lancia poi fu lanciato;
9. no l era aqua, no era sangue,
(nella versione riportata la strofa è omessa)
ma oio Santo per la Quaré∫ema.
Ritornello
Bon Santo an,
Santo an del bon!
Canto di questua
Parón, parón de quela càneva,
porteme fora una lugànega.
Parón, parón de l canevin,
porteme fora n bocal de vin!
Ritornello
Bon Santo an,
Santo an de l bon!
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02. CANTAR LE LUGÀNEGHE (Quantin – BL – Veneto – Italia)
In alcune zone del Bellunese, forse per un certo isolamento geografico, sono sopravvissuti alcuni canti di questua
particolari, localmente noti come ‘Cantar le lugàneghe’. Gli specifici riferimenti al cibo, al di là di un prologo che
contempla la narrazione religiosa, sottolineano la popolarità del seguente pezzo che viene ancor oggi eseguito dai
ragazzi di dodici e tredici anni. I canterini si presentano davanti la porta delle case e mentre uno va a farsi aprire, gli
altri si abbracciano in stretto cerchio, tutti col capo rivolto verso il centro e tenuto in basso (lo solleveranno alla fine del
canto di questua, dove inizia il verso alza le mu∫e (cioè alza il viso, il muso) e abbassa le lugàneghe (le salsicce che
stanno appese sulla stanga, in alto). Durante la richiesta finale di cibo i ragazzi battono velocemente e a ritmo i piedi sul
pavimento, quasi in una specie di danza attinente peraltro al senso del testo. La nenia è semplice, quasi una filastrocca.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1982.
Informatori e cantori: Ragazzi di Quantin
bibliografia: Secco 1986, 72-3
1. Sion gnésti qua par dar la bonasera a tuti,
prima a l parón de ca∫a e po a quei altri tuti.
La note de Nadal che Dio fu nato,
fu nato Idio Nostro Signore;
5. Nostro Signor è morto su la croce
e la Madona piange ad alta voce:
San Giovani che era su la scala
e la Madona su la se ne andava.
Se ne andava su da l suo Filiolo,
10. suo Figliolo che no l ghe n poteva;
a baso tre cani giudei che lo bateva.
Stava Maria tuta stragusiata,
piena di lacrime, tuta bagnata.
Chi sarà mai questo, sarà un uomo,
15. sarà un uomo di tera Santa;
O Croce Santa di duro legno,
questa é la Croce di nostro Signor benigno.
Ben dire, fare, udire per trentatre matine
da la morte no potrà salire.
20. Scriverò un bilieto davanti a Ge∫ù Cristo,
Amen.
Ritornello della questua
Presto presto paróna,
che l fret al gnén da i pie,
e voi che sé su l let
no me credaré …
alza le mu∫e
∫basa le lugàneghe!
segue la rampogna in caso di mancata o scarsa disponibilità alla questua:
Quanti ciodi pa ste porte,
quanti bus pa sti mur...
tanti brusc ve vegne a l cul:
preghe Dio, Ge∫ù e Maria...
che no i ve vae pi via!
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02. CARE DONE ∫É QUA LA STELA
(Saõ Marcos - Rio Grande do Sul - Brasile)
Questo modello di Stella è stato ritrovato nel sud del Brasile dove molti canti popolari furono portati, nella seconda
metà dell’Ottocento, dai nostri emigrati e dove risultano ancora oggi praticati nelle zone rurali più conservative. La
presente versione, che conserva ancora tratti dalla parlata vicentina originale, sembra la più completa e contiene
interessanti accenni ai balli popolari d’epoca (furlana e polesana). La persistenza della specifica tipologia nel Vicentino
è peraltro ben documentata (cfr. Brian M. e Zamboni D. 1997, pp. 100, 107). Nel brano, la parte religiosa è pressoché
inesistente, sottolineando come il cibo rimanga sempre in primo piano nella interpretazione popolare dei canti di
questua.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1999.
Informatori e cantori: Onorina Bianchi e sorelle
1. Care done ∫é qua la stela
fata de carta e legno:
oh vardé che belo indégno,
na maravéia!
2. Son qua co la me faméia
de i dóde∫e conpagni:
e i guadagni che faremo,
li spartiremo!
3. No∫èle no ghe n volémo
parché gh émo i denti ciari,
(ma) de i gróstolini amari
e de le fugase!
4. Son qua co le mie ragase,
per fare una forna∫a (furlana)
e po dopo na polegana (pole∫ana)
par justar tuto!
5. Du soldi de parsuto
e una panseta grasa,
e se la ve pare masa …
tiré pa l spago!
6. Du soldi de formaio
de quelo pe∫entino (pia∫entino);
e do bote de bon vino
de (quelo) moscatèlo!
7. Due lóndre de vedèlo,
par fate (pasade) de soto banca,
e na colombina bianca
(par fata) de sucro e late!
8. e se no l farà l vacaro
l farà le vache!
E se no farà l vacaro
l farà le vache!
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04. DOLCE FELICE NOTTE (Vò di Brendola – VI – Veneto – Italia)
Il canto, il cui testo ha origine nel periodo della Controriforma, è ancora oggi intonato per il rito della Stella dal coro
parrocchiale di questo paese nei Colli Berici. Il gruppo, nei due giorni dopo Natale, percorre le contrade su un carro, su
cui è fissata anche una stella illuminata, preceduto dagli elemosinieri che hanno lo scopo di annunciare l’arrivo della
stella, suonando i campanelli delle case o bussando alle porte, e ricevere il compenso.
Raccolta e masterizzata da Modesto Brian e Domenico Zamboni il 28/12/98.
Informatori e cantori: Coro parrocchiale di Vò di Brendola.
bibliografia: Brian 2001
1. O dolce felice notte
la più chiara che del giorno
di aver, di aver la luce al giorno
più chiara stella
di aver, di aver la luce al giorno
la chiara stella
2. Cari signori ve ringraziemo
della grazia e del favore
buona se- buona sera a vossiorìa
e buon buièlo
buona se-buona sera a vossiorìa
e buon buièlo
3. Un altr’anno ritorneremo
alla santa Epifania
vi lasce- vi lascemo col Signore
felice notte
vi lasce-vi lascemo col Signore
felice notte
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05. EL ∫É NATO IL VENTICINQUE (Rovigno d’Istria – Croazia)
Questo canto natalizio che è stato raccolto in due versioni diverse a Valle e a Rovigno inizia normalmente con la
medesima strofa: Siam venuti in questa ca∫a , nella quale è più esplicita la destinazione di canto di questua. ‘Gruppetti
di contadini o pescatori rovignesi amavano intonare questo canto festoso dopo la Messa di mezzanotte. Lo eseguivano
spesso sotto le finestre, lanciando poi il classico appello: “La ma buti qualche suoldo, siura!” I soldarelli così
raggranellati finivano – occorre dirlo? – in tanto vino….’ (Noliani, 1956, p.13, citato in Starec, 1984, p. 11 ).
Raccolta e masterizzata da Roberto Starec il 3/12/83
Informatori e cantori: Arturo Ettorre (1919), Giorgio Muggia, Mùia (1914); Cristoforo Sponza Catalàn (1911),
Gianfranco Veggian, Slancio (1948).
bibliografia: Starec 1984
1. El ∫é nato il venticinque
di dicembre in quel bel me∫e
partorirla lo dovete
(probabilmente: partorir ella dovette)
Ge∫ù figliolo di Maria
Ge∫ù figliolo di Maria
Ge∫ù figliolo di Maria
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06. FELICE ANNO o GÒRIA (GLORIA) (Capodistria - Slovenia)
Il brano veniva cantato dalla mattina di capodanno alla notte dell’Epifania, nella zona di Capodistria, nel mentre si
effettuava la questua augurale (per i riti di questua cfr. Secco 1986 e 2001). Non a caso vi è un riferimento specifico alle
saline della Valle di Sicciole, e al sale preso come riferimento di abbondanza, ovvero in quantità tale da conservare
molto pesce. Canti non dissimili nel senso si riscontrano in tutta l’area nord del litorale adriatico, sicuramente fino al
Ferrarese.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1998.
Informatori e cantori: Emil Zonta e Piero Monaro
1. Al porton semo rivadi
con rispèto e riverenza;
semo giunti a la pre∫ensa
pe augurar felice ano.
ritornello
Gòria, gòria, felice ano;
gòria, gòria, felice ano!
2. Augurarve la fortuna,
la entrada de un ano,
tanto sal per ste saline
per salar el pese un ano!
ritornello
Gòria, gòria, felice ano;
gòria, gòria, felice ano!
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07. GE∫Ù BAMBINO NASE (Sissano d’Istria – Croazia)
Il canto, ben conosciuto in area triveneta e in Istria, è qui solamente accennato in versione parziale. Nelle prossime
previste ulteriori edizioni di canti natalizi dell’area di cultura veneta, si proporranno versioni più ricche. La parte qui
menzionata è quella iniziale e perciò maggiormente conosciuta. Il Bernoni la cita a fine Ottocento tra le orazioni
veneziane più note. Un punto diverso e interessante delle variabili è riferito al sospirare che, in questo caso, è quello di
Santa Anna (la nonna di Gesù) in sostituzione del ‘satana’ del Bernoni, verificato anche nel bellunese (cfr. Secco 1986,
38). D’altronde, a Trieste, Maria lo mira, diventa talvolta Maria Luisa!
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1998.
Informatori e cantori: Gruppo di donne di Sissano d’Istria
Ge∫ù bambino nase co tanta povertà;
né fise, ne fase, ne fogo par scaldarse.
Maria lo mira, Sant Ana sospira
e chi ∫é nato a l mondo,
∫é nato Ge∫ù bambino,
fra l bue e l a∫inelo ….
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
08. I TRE LORIENTI (Arcade - TV – Veneto - Italia)
Il canto è molto noto nella pedemontana trevigiana e in quella corrispondente del Basso Bellunese. Anche questa
versione risulta parziale se riferita alla versione librettistica del Michi (Noi siamo li tre Re d'Oriente) sotto riportata per
l’opportuno confronto.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1998.
Informatori e cantori: Gruppo Filandere di Arcade
bibliografia: Pilla-Pagotto-Girardi 2000, 109
1. Siamo qua co i tre lorienti,
co i tre lorienti,
co i tre lorienti questa sera,
c è la stela;
questa sera c è la stela,
la note è giorno.
2. Semo qua co sto contorno,
co sto contorno,
co sto contorno per fare un dono
d oro e mira,
d oro e mira, incenso e buono
per pre∫entarlo.
3. O novela, i novelata
o novela
o novela i novelata
Ge∫ù Cristo
Ge∫ù Cristo nostro Signore,
el Salvatore.
4. Semo qua per adorare,
per adorare,
ed una grazia domandare
ed un favore,
e un altro ano ritorneremo
se piacerà a l Signore!
E un altro ano ritorneremo
se piacerà a l Signore
per adorarlo.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
lezione Michi, pp. 32-33 in ‘Sacri Canti’
1. Noi siamo li tre Re d'Oriente;
che abbiam visto la gran Stella,
la qual porta novella
del Signore.
2. Com'è nato il Redentore,
Redentor di tutto il mondo,
qual è nato nel profondo
per il peccato
3. Noi abbiamo molto cavalcato,
seguitando la gran stella
dell'Oriente in questa terra,
la notte, e 'l giorno.
4. Noi andiam per sto contorno,
se 'l possiamo ritrovare
e vogliamo adorare
quel gran Signore.
5. E ancor per fargli onore,
vogliam fargli un bel dono,
oro mirra e buoni incenso
a presentare.
6. Noi veniamo ad adorare
Gesù Cristo al mondo nato,
il quale fu mandato
Re dei Giudèi.
7. Orsù dunque fratelli miei,
qui non è tempo da stare;
noi vogliamo seguitare
la nostra via.
8. Questo santo e ver Messia
qual è nato da Maria
Gesù Cristo in carne pura,
noia andiamo alla ventura
per adorare
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
09. LA CAROVANA DEI RE MAGI (Molina di Malo - VI – Veneto – Italia)
Si tratta di uno di quei canti eseguiti in ambito familiare nel periodo natalizio, che hanno per tema la Natività e i suoi
protagonisti. La storia religiosa, destinata ai bambini, si presenta in un contesto divertente, quasi fiabesco. I personaggi
del Natale sono per così dire ridotti a dimensione familiare, molto umani, quasi a renderli idonei ad una fede a misura
domestica.
Raccolta da Elisa Cerato nel novembre 1992.
Informatori e cantori: Elisabetta Savio (1927).
bibliografia: Brian Zamboni 1997, 212.
1. Cosa xé sta carovana
che vien vanti a galopo
san Giusepe prende el s-ciopo
el ghe dise: chi va là!
2. Niente niente state buoni
che noi siamo i tre Re Magi
siamo onesti e molto sagi
e veniamo da lontan
3. I camelli si inginochia
i dismonta da le zerle
i descarga mille perle
oro incenso de quel bon
4. E i ghe porta tuto quanto
al Bambin che dorme chieto
sulla grippia povereto
lu che'l gera tanto bon
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
10. LA PASTORELA (Cison di Valmarino - TV - Veneto – Italia)
In questo canto, che è tra i più noti nel Veneto, il tema della natività viene svolto in un numero assai ampio di
strofe. Il brano è noto, nel Bellunese (Comelico) anche col titolo Sia lodato sempre sia o, nel Trevigiano, come
Caminando giorno e note o Siamo qui co la gran stela a seconda dell’incipit tipico della zona in cui si canta.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1995.
Informatori e cantori: Signora Ernesta
1. Siamo qui con la gran stela
per adorare Maria e Ge∫ù
per portarvi una novela
che è già nato la Redentor.
2. Caminando giorno e note
in così freda stagion
per i boschi e per le grote
senza avere una provigion.
3. Maria dise: Amato spo∫o
io son stanca di caminar
andiamo in cerca d’una capana
per potersi a ripo∫ar.
4. Apena giunti in quela capana
Maria stava con gran timor
avea paura di gente strana
ma di qualche malfator.
5. Giusepe dise: -Amata spo∫a
su ripo∫a e di buon cuor
questa note serai glorio∫a
verai madre del Salvator.6. Apena giunta la mezanote
e Maria si ri∫veliò
la si vide in un gran splendore
tra le bracia il suo filiol.
7. La lo guarda e la lo mira
la lo mete là in me∫o al fien
la si leva da testa il velo
per coprire la Re del cel.
8. Non aveva ne pani e fascie
né del fuoco da riscaldar
il suo cuore non stava in pace
sempre aveva da sospirar.
9. Là c era il bue e un a∫inelo
loro intorno a riscaldar
San Giusepe il vechierelo
Ge∫ù stava da contemplar.
10. C’era i pastor che i fa∫ia legrese
riverenze al Salvator
(n)e i suonava la pastorela
(n)e i cantava in alegro cuor.
11. Si sentivan da la capana
molti angeli a cantar
Gloria gloria in excelsis Deo
ed in tera la Redentor.
Gloria gloria in excelsis Deo
ed in tera la Re del cel.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
11. NOI SIAMO I TRE RE (Claut Valcellina – PN – Friuli Venezia Giulia - Italia)
Di questo canto si trova traccia in uno dei libri di canti ‘sacri’ editi dai Remondini di Bassano e fatti circolare con
successo assieme alle famose stampe a soggetto religioso, per mano di ambulanti. Il volumetto, che porta il titolo di
Nuova operetta spirituale sopra la venuta dei Santi tre Re Magi, non porta purtroppo la data di stampa ma lo si suppone
edito alla fine del ‘600 o ai primi del ‘700, visto che se ne ritrovano diverse ristampe nel periodo. La Stella de I tre Re è
ben attestata nell’area triveneta e in Istria. La sua presenza è documentata anche in Brasile, con le integrazioni di
questua particolarmente evidenziate ed un testo straordinariamente fedele al reperto più antico.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1998.
Informatori e cantori: Gruppo di Claut
1. Noi siamo i tre re
venuti da l oriente
per adorar Ge∫ù,
per adorar Ge∫ù.
2. Ei fu che ci chiamò
mandando la stela
che ci conduse qui,
che ci conduse qui.
3. Dov è il bambinelo
grazio∫o e belo
in bracio a Maria
che l è madre di lui,
che l è madre di lui.
4. Perciò noi abian portato
incenso odorato
e mirra e d oro
in dono al re divin,
in dono al re divin.
5. D incenso l odore
che toglie il fetore
di stala imonda
in cui trovian Ge∫ù,
in cui trovian Ge∫ù.
6. E questa mira poi,
c’insegna del Banbino
la vera umanità,
la vera umanità.
7. Or noi ce ne andiam
ai nostri pae∫i
da cui venuti siam,
da cui venuti siam.
8. Ma qui ci resta il cuore
in mano al Signore,
in bracio a Maria
il Banbinel Ge∫ù,
il Banbinel Ge∫ù.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
lezione remondiniana
1. Noi siamo i tre Re,
noi siamo i tre Re
venuti dall'Oriente
ad adorar Gesù ,
che è un Re Superiore
di tutti il Maggiore
di quanti che al mondo
ne furon giammai. (3 volte)
2. Ei fu che ci chiamò,
Ei fu che ci chiamò
mandando una stella
che ci condusse qui,
dov'è il Bambinello
vezzoso e bello
in braccio a Maria
ch’è Madre di Lui. (3 volte)
3. L’amabile Signor,
l’amabile Signor
si merita i doni
assieme al nostro cor.
Perciò abbiam portato
incenso odorato
e mirra ed oro
in dono al Re Divin. (3 volte)
4. Quell’oro che portiam,
quell’oro che portiam,
soccorra, o Maria,
la Vostra povertà.
D’incenso l’odore
ne toglie il fetore
di stalla immonda
in cui troviam Gesù . (3 volte)
5. E questa mirra poi,
e questa mirra poi,
c’insegna del Bambino
la vera umanità.
Ci mostra di passione,
l’amaro boccone,
l’amara bevanda
che per noi soffrirà. (3 volte)
6. Or noi ce ne andiam
or noi ce ne andiam
ai nostri paesi
da cui venuti siam.
Ma qui resta il core
in man al Signore
in man al Bambino,
al Bambinel Gesù . (3 volte)
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
12. NOI SIAMO I TRE RE MAGI (Comelico Inferiore - BL – Veneto - Italia)
Il canto è molto diffuso, specie nelle aree montane. Se ne riporta una versione del Basso Comelico seguita dal testo
della lezione Lode sopra i tre Re magi del Michi (Sacri canti, pp. 32, 33), messa a titolo di paragone.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 2001.
Informatori e cantori: Gruppo di donne di Santo Stefano di Cadore.
1. Noi siamo i tre re magi,
tre re magi de l oriente,
abiamo visto la gran stela,
de la qual portar novèla
per il Signore;
2. Abian molto cavalcato,
seguitando la gran stela,
de la qual portar novèla
per il Signore;
3. Egli è nato Salvatore,
Salvator di tuto l mondo,
egli è nato in questo mondo
per il pecato;
4. Vi ringrazio del pre∫ente,
vi ringrazio de l bon cuore,
torneremo un altro ano
se piace a Dio Signor!
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
lezione Michi, pp. 32-33 in ‘Sacri Canti’
1. Noi siamo li tre Re d'Oriente;
che abbiam visto la gran Stella,
la qual porta novella
del Signore.
2. Com'è nato il Redentore,
Redentor di tutto il mondo,
qual è nato nel profondo
per il peccato
3. Noi abbiamo molto cavalcato,
seguitando la gran stella
dell'Oriente in questa terra,
la notte, e 'l giorno.
4. Noi andiam per sto contorno,
se 'l possiamo ritrovare
e vogliamo adorare
quel gran Signore.
5. E ancor per fargli onore,
vogliam fargli un bel dono,
oro mirra e buoni incenso
a presentare.
6. Noi veniamo ad adorare
Ge∫ù Cristo al mondo nato,
il quale fu mandato
Re dei Giudèi.
7. Orsù dunque fratelli miei,
qui non è tempo da stare;
noi vogliamo seguitare
la nostra via.
8. Questo santo e ver Messia
qual è nato da Maria
Ge∫ù Cristo in carne pura,
noia andiamo alla ventura
per adorare
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
13. FELICE NOTE SIGNORE DONE (Faedo – VI – Veneto – Italia)
Questo canto appartiene al genere, esclusivo delle zone collinari e montane della provincia di Vicenza, delle novene di
Natale che si svolgevano all’aperto, per nove sere prima di Natale, e prevedevano un dialogo cantato fra due o più
gruppi posti a distanze anche notevoli. Il contenuto del canto è il racconto della vita e della passione di Gesù nel
momento dell’annuncio della sua nascita.
Raccolta e masterizzata da Modesto Brian il 24/2/1984.
Informatori e cantori: Gruppo di donne tra cui Massima Cocco (1901-1993).
bibliografia: Brian Zamboni 1997, 63.
1. Felice note signore done
inève felice note signore done
2. Che l’è Natale che Dio l’è nato
inève che l’è Natale che Dio l’è nato
3. Pasquato efàneo fu batezzato
inève pasquato efàneo fu batezzato
4. Fu batezzato nostro Signore
inève fu batezzato nostro Signore
5. Per il mondo i lo ga perdùo
inève per il mondo i lo ga perdùo
6. I ga perdùo nostro Signore
inève i ga perdùo nostro Signore
7. Per il mondo i lo ga cercà
inève per il mondo i lo ga cercà
8. I ga cercà nostro Signore
inève i ga cercà nostro Signore
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
14. O POPOLO CORTESE (Valle di Sotto – VI - Veneto - Italia)
Altra Stella che si caratterizza per l’estrema localizzazione, essendo stata raccolta solo in un comune della pedemontana
vicentina (Lusiana) e nelle sue frazioni. Anche questo canto, che risulta del tutto inedito in provincia e in regione, trova
riscontro, per la struttura metrica e le numerose assonanze lessicali, con una ‘lauda a travestimento spirituale’ presente
in nella Raccolta Michi, inquadrando la diffusione di questo canto nel movimento musicale-spirituale della
Controriforma.
Raccolta e masterizzata da Modesto Brian e Domenico Zamboni il 15/10/1998.
Informatori e cantori: Alma Lupato (1919).
1. O popolo cortese
di questa note santa
i magna i beve i canta
in ogni luogo
i magna i beve i canta
in ogni luogo
2. I canta presso l fuoco
in piazza della via
è nato la Re Messia
Salvatore...
3. È nato metà l'inverno
in nudo pargoletto
ver uomo e Dio perfetto
sopra 'l fieno...
4. Maria lo prese in seno
e poi lo benedice
e poi le canta e dice
fanciullino...
5. Fa la nanna bel bambino
che tu sei la luce bella
e alo splendor di stella
fai la nanna...
6. L'è nato i'una capanna
mal fata mal coperta
in mezzo a una deserta
fra i giumenti...
7. O cari dolci stenti
o povertà gradita
per conservar la vita
del mio Dio...
8. Riposa figlio mio
in braccio di tua madre
le consolate squadre
fra i giumenti...
9. E ora noi ve ne ringraziamo
della grazia e del favore
e insieme col Signore
buon Natale...
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
15. ORA PIANGE LA MADRE (Valle - Istria - Croazia)
Lo stile esecutivo di questo canto, in minore, risente fortemente dei modelli chiesastici. Si tratta presumibilmente di un
frammento di una lauda, sulla fuga in Egitto. Il brano è noto in Veneto anche col nome di un altro incipit come ‘Dal
celo il paraninfo’.
Raccolta e masterizzata da Roberto Starec il 29/10/1983.
Informatori e cantori: Igino Cuccurin, Mesarécia (1920); Giovanni Cuccurin Mesarécia (1933); Giuseppe
Barbieri, Scana (1920).
bibliografia: Starec 1984.
1. Ora piange la madre
ora il fanciulin
per quel crudel Erode
con le sue infamie e frode
Ge∫ù vorìa amazar,
con le sue infamie e frode
Ge∫ù vorìa amazar.
Cinquanta e più giornate
li stetero in un camin,
al fredo, al caldo, al gelo;
Maria col vechiarelo
e il banbinèl d amor.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
16. QUESTA È LA SANTA NOTE (Oppeano – VR – Veneto - Italia)
Raccolta e masterizzata da Dino Coltro nel 1978.
Informatori e cantori: Gruppo Piccolo Teatro di Oppiano.
1. Se siete contenti veniamo avanti
coi nostri sogni lieti e canti
è nato il Divin Verbo
senpiterna avanti
2. Questa è la Santo Note de l oriente
Se ricomparve una lucente stela
3. I tre Re Magi di continuamente
dodici giorni seguitando quela;
4. senza saper né l una e l altra niente
se ritrovaro in una strana e ibela;
5. e di una strana e ibela signoria,
Andaro tuti e tre in conpagnia
6. E in tanta conpagnia che se ne andarono
fino a Geru∫aleme fu rivati.
7. Quando fu istati aprèso a la capana
la stela si fermò sopra di loro.
8. Dentro c era la filia di Sant Ana
col suo banbino in bracio fa dimora.
9. E dopo i tre Re Magi andaron via …
a rivederci a st altra Epifania
10. Se a st altra Epifania non ci saremo,
in cielo santa pace troveremo,
in cielo santa pace troveremo!
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
17. QUESTA NOTTE È NATO IN TERRA (Zanè – VI - Veneto - Italia)
È senz’altro il canto natalizio più diffuso nel vicentino. Il testo ha per contenuto il racconto della nascita di Gesù. La
strofa iniziale più diffusa, Siamo qui con la gran stela, che annuncia l’arrivo della stela portata da uno della compagnia,
assieme alle strofe finali di ringraziamento, caratterizza la classica funzione di questua. Tale canto era utilizzato anche
da anziani mendicanti nelle loro questue diurne.
Reg. da Alessio Zanella e Diego Dalla Valle nel gennaio 1995.
Informatori e cantori: Maria Ida Pegoraro (1931) e Maria De Zen (1919).
1. Questa notte è nato in terra
Gesù Cristo Redentor
l’è partìo dal cielo in terra
per salvarci dall’error
per salvarci dall’error
2. E l’è nato i’una stala
in fra ‘l bue e l’asinel
la pareva una gran sala
preparata già per quel
preparata già per quel
18. SIAMO QUA DA I TRE LORIENTI (Valcavasia – TV – Veneto - Italia)
Il canto, della medesima famiglia dei ‘tre lorienti’, ha un particolare svolgimento musicale ed è stato selezionato per la
timbrica particolare dei cantori pur se la loro memoria appare, a tratti, incerta.
1. Siamo qua da i tre lorienti
che abian visto la gran stela;
i tre lorienti in questa sera,
la note e l giorno.
2. Siamo qua in questo contorno
che voliamo fare un dono
oro mira incenso e buono
per pre∫entare
3. Oi novela oi novelare
oi novela o novelata
perché Idio ce l à mandata
per i Giudei
4. Siamo qua frateli miei;
anche qua noi dobiamo arestare;
qua dobiamo seguitare
la nostra via
5. Elo qua el vero mesia,
qua l é nato da Maria,
Ge∫ù Cristo in carne pura
per adorarlo.
6. Siamo qua per ringrasiarlo
di una grasia e di un favore,
e un altro ano ritorneremo
se ghe piacerà a l Signore;
e un altro ano ritorneremo
se ghe piacerà a l Signore.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
19. VERBUM CARO (Zoppè di Cadore – BL – Veneto - Italia)
Il Verbuncaro trae spunto dalle parole iniziali della omonima preghiera in latino ‘Verbum caro factum est de Virgine
Maria’, la quale veniva recitata durante tutto il periodo di Natale. Lo svolgimento ha carattere molto popolare e questo
ha decretato il grande successo del canto utilizzato per la questua (da Natale all’Epifania). La versione più antica
attualmente attestata è quella seicentesca trentina del Michi (in Sacri Canti, pp. 23-25), dal testo assai più esauriente di
quella diventata tradizionale a Zoppè di Cadore che si avvale però di una melodia particolare di andamento modale.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 1978.
Informatori e cantori: Gruppo di Zoppè di Cadore
bibliografia: Secco 1986, 106 e segg.
prologo
Verbum caro factum est
e da la Vergine Maria
e da la Vergine Maria.
1. I tre Re Magi de l Oriente
e con gran sagi e con gran gente
inginochiàsi incontinente
da la Vergine Maria,
e da la Vergine Maria.
2. Oh beata Santa Dona,
che di vertù siete colona
e di bontà siete Madona,
e da la Vergine Maria,
e da la Vergine Maria.
3. E da Maria l é nato un Re,
che più potente di Lui non n è
e da la Vergine Maria
e da la Vergine Maria!
4. E da Maria l é nato un fiore
che mai si muta di colore
e da la Vergine Maria,
e da la Vergine Maria.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
lezione Michi, pp. 23-25 in ‘Sacri Canti’
Verbum caro factum est
de Virgine Maria.
1. Bell’Infante piccolino
per lo Spirito divino
oggi è nato Dio Bambino
della Vergine Maria.
2. Senza copula d’errore
da Maria è nato un Fiore
mai si muta di colore
la Vergine Maria.
3. Nel Presepio è mettuto,
dagli animali è conosciuto
per lo fiato ricevuto,
con la Vergine Maria.
4. O dolce Gesù mio Amore
quanto è grande il tuo odore,
che trapassa rose e fiore,
con la Vergine Maria.
5. O Gioseffo vecchiarello
governator di Gesù bello
tu fosti dato per donzello
alla Vergine Maria.
6. Il Figliolo sommo erede
è dato a noi per sua mercede
per rinnovar la Santa Fede,
con la Vergine Maria.
7. Nato è Gesù tanto bello,
tra il bue e l’Asinello,
nudo, e da poverello,
dalla Vergine Maria.
8. O Santissima giornata,
da Dio Padre a noi donata,
sicura via ne ha dimostrata,
o Vergine Maria.
9. In questo giorno glorioso
nato è Gesù veneroso,
in questo mondo tenebroso.
dalla Vergine Maria.
10. O Pastori lasciate stare
le vostre pecore di guardare,
Gesù venite ad adorare
con la Vergine Maria.
11. Circonciso per pietade,
sperde il Sangue in largitade,
per mostrar la umanitade,
alla Vergine Maria.
12. Li tre Magi dall’Oriente,
vengon con doni, e con gran gente
inginocchiansi incontanente,
alla Vergine Maria.
13. Oro, che era regnaturo,
mirra, ch’era morituro,
incenso, che era Sacerdote puro,
alla Vergine Maria.
14. Li Santi Angeli tutti quanti,
cantando dolci, e soavi canti,
insieme cogli altri Santi,
alla Vergine Maria.
15. Oh beata, e Santa Donna,
di virtù siete Madonna,
de’ peccatori siete colonna,
o Vergine Maria.
16. Nato è Gesù vero Pastore,
di tutto il Mondo Redentore,
per salvare il Peccatore,
con la Vergine Maria.
Verbum caro factum est
de Virgine Maria.
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ASSOCIAZIONE CULTURALE SORAIMAR, ASOLO
20. VERBUM CARO DEI BAMBINI (Venas di Cadore – BL – Veneto - Italia)
Si tratta di un Verbum Caro semplificato che viene cantato dai più piccoli che vanno, a Venas di Cadore, a fare la
questua. Gli adulti ne cantano una versione diversa e maggiormente complessa.
Raccolta e masterizzata da Gianluigi Secco del Gruppo Culturale Belumat nel 2001.
Informatori e cantori: Gruppo di Venas di Cadore
bibliografia: Secco 1986, 106 e segg.
Verbum caro factum est
e di Vergine Maria
in questa ca∫a sia la pace
alegreza e sanità
soldi e roba in quantità
e di Vergine Maria:
da∫éme argo senò scanpo via!
Se l’offerta non sembrava congrua, seguiva la rampogna
Quatro ciodi su sta porta,
quatro diàoi che ve porta;
quatro bruschi su sto culo,
porco can, che mu∫o duro!
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