Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 P 31. LA FORMA DELLA CIVILTÀ BORGHESE La seconda metà dell’Ottocento è l’epoca dell’egemonia incontrastata della classe borghese, che si esprime con la forma politica dello Stato liberale, le cui istituzioni si vengono precisando a misura degli interessi borghesi. Il sistema economico industriale è ormai radicato, e il grande capitale indirizza le scelte della politica interna ed estera: anche l’espansione coloniale e l’imperialismo sono visti come espressioni naturali del capitalismo e come opportunità di instaurarlo su scala mondiale. La fiducia nel progresso e nella scienza, il culto dell’utile, l’operosità pragmatica sono i valori che ispirano le espressioni culturali e artistiche. Teatro dell’azione sono indiscutibilmente i centri urbani, che hanno subìto trasformazioni rapidissime e incontrollate, alle quali si cerca ora di dare un ordine razionale con i primi esempi di pianificazione urbanistica (il caso più rappresentativo è quello di Parigi, celebrata dai pittori impressionisti). Allo stile architettonico dell’eclettismo è richiesto di rivestire gli edifici della città borghese, i quali includono ora numerose nuove tipologie collettive (stazioni, mercati, esposizioni, magazzini ecc.) e parimenti applicano moderne tecnologie costruttive (ferro, cemento armato) e impiantistiche (telefoni, ascensori ecc.). Verso la fine del secolo il positivismo entra in crisi, parallelamente all’ascesa del proletariato urbano e all’emergere di una cultura decadente tra gli intellettuali; la città borghese adotta le forme dell’Art nouveau, uno stile decorativo moderno e raffinato che riassume in sé le contraddizioni derivanti dall’incontro tra queste due componenti. IL CONTESTO STORICO ARTISTICO L’urbanistica e i problemi della città industriale Intorno alla metà del XIX secolo il fenomeno della rivoluzione industriale è ormai consolidato nella maggior parte dei paesi europei; si inizia ormai a guardarvi con sufficiente distacco per tentarne una messa a fuoco più sistematica. Intellettuali, economisti e politici si trovano di fronte alla realtà della città industriale: malsana, degradante e brutta. In tutta Europa la città ben organizzata dell’ancien regime si è trasformata in fretta, diventando un agglomerato enorme, tentacolare, sfuggente. Non si riesce ad osservarla né a rappresentarla per intero, non si riesce a ricordarne le strade prima che il loro volto venga sostituito da uno nuovo. Inoltre, abitare tra ciminiere, muri anneriti e quartieri sempre più affollati è disagevole e frustrante per tutta la popolazione: anche per la borghesia, del cui trionfo economico e sociale – e della cui indifferenza ai problemi della collettività – questa città è il prodotto. Vedi a questo proposito il romanzo di Charles Dickens (1812-1870), Tempi difficili (1854), nel quale l’autore descrive a tinte fosche la città industriale di Coketown, rumorosa, sporca e puzzolente. Vedi inoltre le descrizioni dei quartieri popolari parigini che accompagnano l’intero ciclo dei Rougon-Maquart (1871-1893) di Emile Zola (1840-1902), capolavoro della letteratura naturalista; alcune descrizioni del disagio urbano compaiono anche nella letteratura italiana: ricordiamo Il ventre di Napoli (1881), di Matilde Serao (1856-1927) e La folla (1901), di Paolo Valera (1850-1926) ambientato a Milano. Vedi anche la descrizione di Friedrich Engels (1820-1895) delle condizioni in cui viveva il proletariato industriale in Gran Bretagna, in La situazione della classe operaia in Inghilterra (1845). 2 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese Dalla presa di coscienza dei difetti della città industriale nasce l’urbanistica moderna, non ad opera degli architetti, la cui formazione accademica li porta a preoccuparsi soprattutto di questioni stilistiche e formali, ma grazie alle riflessioni e alle proposte provenienti dalla cultura tecnica, da igienisti, ingegneri, imprenditori, amministratori pubblici, che cercano di migliorare la condizione urbana; da primi provvedimenti isolati si giunge così a una pianificazione coordinata. Haussmann e la trasformazione di Parigi Il primo piano regolatore progettato ed effettivamente realizzato è quello di Parigi. Qui il barone George-Eugène Haussmann (1809-1891), prefetto di Napoleone III, ordina, a partire dal 1852 un’imponente serie di lavori che modificano in profondità il tessuto della città, parallelamente a una normativa che ne riorganizza l’amministrazione. Egli realizza una nuova maglia di strade ampie e rettilinee, i boulevards, attraverso lo sventramento della città medievale, cioè dei quartieri popolari da sempre focolai di epidemie e di ancor più pericolose rivolte. I grandi viali permettono lo scorrimento del traffico e facilitano il controllo militare del territorio. È un tracciato urbanistico che ha successo per la coerenza di ogni sua parte con i principi ispiratori, e che riflette le istituzioni dello Stato borghese centralizzato e autoritario; quello francese del Secondo impero in particolare, ma il sistema è comune anche ad altre potenze, come l’Austria o la Prussia di Bismarck. Il caso di Parigi diventa in breve modello europeo: la borghesia si riconosce nei suoi scopi e nelle sue forme. La regolarità dei viali, l’ordine, l’efficienza delle reti di servizio, il decoro delle facciate, la funzionalità e la conveniente dislocazione degli edifici collettivi esprimono appieno gli ideali borghesi: fiducia nella stabilità e nella durata del sistema economico, nella moralità del profitto, nella “bontà” del progresso dimostrata dagli effetti della tecnica sul miglioramento delle condizioni di vita. Tali ideali sono da ricondurre alla diffusione del pensiero positivista, che, applicando i metodi e i risultati delle discipline scientifiche (attenzione ai dati fattuali, verifica empirica) allo studio della società, tende a identificare il progresso con un ordine naturale, che procede senza turbamenti; in questa chiave diventano necessarie anche le sue conseguenze, quali da un lato il sostegno allo sviluppo culturale delle classi più deboli, controllandone però l’emancipazione sociale, e dall’altro l’imperialismo e i conflitti tra le potenze per garantire l’espansione economica del grande capitale. L’influenza del modello parigino Nella seconda metà dell’Ottocento sono davvero poche le città europee che non si dotano, mediante sventramenti e risanamenti, di larghi viali alberati, di arterie radiali e circonvallazioni, di piazze e parchi pubblici; o quelle che non progettano l’adeguamento delle reti e delle infrastrutture, anche se spesso le realizzate solo più tardi. Queste trasformazioni avvengono per lo più attraverso un apposito strumento legislativo: il piano regolatore e di ampliamento. Nato per tutelare l’igiene pubblica, esso finisce per favorire anche la speculazione sul valore del suolo, poiché dà alla borghesia “immobiliare”, sempre presente negli organi di delibera degli enti pubblici, la possibilità di orientare le decisioni di gestione collettiva verso gli interessi privati. Il problema delle abitazioni operaie, per esempio, è trattato quasi solo in termini quantitativi. Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 3 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese La città-giardino: un modello alternativo Il tentativo di contrastare questa tendenza dà luogo ad alcuni interessanti studi urbanistici, come le città-giardino, che riprendono le proposte del socialismo utopistico del primo Ottocento, cercando di eliminarne i caratteri estremi e irrealizzabili e di definire un modello concorrenziale di sviluppo urbano. Ma la frammentarietà di queste esperienze conferma che è finanziariamente impossibile opporsi alla forza di attrazione economica della città borghese. Il movimento per le città-giardino di Ebenezer Howard (1850-1928) ipotizza una città concentrica il cui centro sia occupato da parchi e residenze, mentre le fasce esterne dal terziario, dalla produzione industriale e da quella agricola. Le realizzazioni restano esperimenti isolati, come Letchworth, vicino a Londra (1902) o Milanino, vicino a Milano (1910) e influenzeranno soprattutto la pianificazione di quartieri satellite. L’aspetto della città nuova Qual è la forma esteriore di questa “città borghese”? La sua fisionomia dipende fondamentalmente da due fattori: 1. l’aspetto tipologico: la definizione di nuovi spazi e di nuovi tipi edilizi che contraddistinguono la vita urbana e ne scandiscono il ritmo; 2. l’aspetto più propriamente architettonico: la ricerca di un linguaggio formale, di un “decoro” adeguato a tali edifici; la questione dello stile infiamma e divide l’architettura del secondo Ottocento. Nuove tipologie e nuove tecnologie Nel 1851 si inaugura a Londra la grande Esposizione universale, un evento in cui centinaia di industriali di ogni nazionalità espongono, confrontano e giudicano i loro prodotti, le ultime invenzioni, i macchinari, i brevetti. Una kermesse del commercio e del progresso che l’Inghilterra, paese che gode dell’industrializzazione più salda e, grazie al Commonwealth, del predominio sui mercati internazionali, allestisce per la prima volta, ma che si ripeterà, su iniziativa di quasi tutti i paesi industrializzati, a scadenze sempre più ravvicinate lungo tutto il periodo in esame. Il Crystal Palace, l’edificio che ospita l’Esposizione londinese, è una smisurata, trasparente struttura in ferro e vetro; una novità assoluta che suscita meraviglia e ammirazione in tutto il mondo. Vedi, sul manuale di storia dell’arte, la storia del Crystal Palace. Ideato da un costruttore di serre, Joseph Paxton, copre un’area di 550 per 150 m ed è composto esclusivamente da elementi seriali; fu così possibile smontarlo e ricostruirlo altrove; nel 1935 fu distrutto da un incendio. La tecnologia edilizia del ferro nasce nel campo dell’ingegneria strutturale; viene utilizzata dall’inizio dell’Ottocento per ponti, tralicci, viadotti ferroviari e sarà perfezionata intorno agli anni ottanta con l’introduzione dell’acciaio. Il primo ponte in ferro ad arcata unica è quello di Coalbrookdale in Inghilterra ( Pritchard, 1779), ed ha una luce di 30 m. L’abbinamento del ferro con il vetro suggerisce rivoluzionarie possibilità, non concepibili con la costruzione tradizionale. Viene quindi sfruttato per molte tipologie utilitarie o di servizio, dovunque vi sia necessità di grandi spazi coperti e luminosi, Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 4 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese senza intralci verticali: i capannoni delle fabbriche e delle centrali, le pensiline delle stazioni, le vie coperte dei mercati e dei centri commerciali, le hall degli alberghi, i ristoranti, i saloni per il pubblico delle banche, i grandi padiglioni da esposizione. Sono questi i luoghi della produzione, dello scambio, del trasporto e dello svago, le aree in cui si concentrano le funzioni della nuova metropoli; gli edifici sono dotati di un’impiantistica moderna (riscaldamento, ventilazione) e collegati tra loro da efficienti reti di comunicazione (telefono, telegrafo, posta pneumatica). Gangli pulsanti del sistema capitalistico, essi compongono la nuova immagine dello scenario urbano, diventando inscindibili dall’idea stessa di città. La nascita del grattacielo Le nuove tecnologie costruttive offrono la possibilità di creare non solo ampie superfici di copertura, ma anche strutture portanti leggere e assai resistenti. Dalle città degli Stati Uniti arriva la tipologia del grattacielo: edifici residenziali o per il terziario, di altezze inimmaginabili fino a poco prima, sorgono a ritmo ravvicinato a partire dagli anni ottanta, stravolgendo la fisionomia e la “scala percettiva” dei centri cittadini. Il loro sviluppo verticale è consentito da uno scheletro portante in acciaio, che sostiene sia gli elementi orizzontali (tetti, solette) sia quelli di tamponamento (pareti, finestre), e dall’invenzione dell’ascensore, che dal 1887 usa motori elettrici. Oltre a essere elastico, capace di sopportare le forze dei venti a una certa altezza dal suolo, lo scheletro in acciaio è anche economico, perché assembla elementi prodotti in serie, è poco ingombrante, così da sfruttare al massimo la superficie edificabile aumentandone la rendita. Vedi, sul manuale di storia dell’arte, il fenomeno dello sviluppo di questa nuova forma di edificio. La crescita del grattacielo è velocissima: se nel 1885 il primo edificio di questo tipo, il II Leiter Building a Chicago di William Jenney è alto circa 40 m per 10 piani, nel 1913 il Woolworth Building di Cass Gilbert a New York raggiunge la vertiginosa altezza di 260 m, per 55 piani. Il cemento armato In Europa, in presenza di un’organizzazione e di una pratica di cantiere più tradizionali, basate su piccole e medie imprese, il grattacielo a struttura d’acciaio non ha una diffusione così massiccia. Si afferma invece rapidamente il cemento armato, scoperto in Francia intorno al 1870 e subito perfezionato in sistemi completi per l’edilizia, che permette di progettare elementi piani molto ampi (tetti, solette) e strutture a sbalzo assai ardite (pensiline, balconate ecc.). Le immagini delle città L’iconografia della pittura contemporanea si estende alla vita delle città; nell’ambito del realismo, è in particolare la scuola impressionista, con Claude Monet (1840-1926), a raffigurare le strade affollate, i ritrovi borghesi, i treni e le stazioni, spesso con l’aiuto della fotografia. L’importanza documentaria di questo nuovo mezzo di riproduzione dell’immagine è enorme: la fotografia celebra i momenti della gloriosa evoluzione urbana, ne ritrae i luoghi, i protagonisti, gli esclusi. Anche la letteratura sviluppa i temi del quotidiano, secondo il principio positivista di attenzione per la concretezza dei fatti: il naturalismo francese e le sue derivazioni nella prosa regionale italiana descrivono la realtà sociale delle grandi città; l’autore, evitando Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 5 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese ogni proiezione di sé nei personaggi, vuole essere un osservatore esterno, come un fotografo cronista. Gli architetti e la questione dello stile Per quasi tutto il XIX secolo, tuttavia, al rapido sviluppo dei nuovi sistemi costruttivi non corrisponde una ricerca estetica altrettanto innovativa. Per molti decenni dalla loro introduzione, il vetro, l’acciaio, il cemento armato restano nascosti all’interno di rivestimenti murari più tradizionali, come in molti grattacieli americani, o relegati alla parte utilitaria degli edifici, in subordine alle parti di rappresentanza più convenzionali: i fabbricati delle stazioni, i prospetti delle gallerie commerciali, le palazzine per gli uffici delle fabbriche. Persino i padiglioni da esposizione, che per il loro carattere temporaneo svolgono il ruolo di laboratori della ricerca architettonica, presentano facciate grondanti di ornamenti in stucco. Come è stato accennato in precedenza, gli architetti, che non hanno una formazione politecnica come gli ingegneri, ma provengono dalle accademie, identificano il proprio ruolo con il compito di disegnare edifici stilisticamente corretti. Ma qual è lo stile appropriato per le costruzioni moderne, la cui forma non dipende più soltanto dai canoni e dalle regole compositive classiche, ma da richieste funzionali e strutturali sempre più avanzate? Il dibattito sullo stile coinvolge la cultura architettonica nella sua globalità, costringendola a ripensare i fondamenti della professione: dal metodo progettuale alla formazione degli architetti, dal rapporto con la tecnologia a quello con l’urbanistica. La supremazia del linguaggio classico era infatti già stata messa in discussione dal revival neogotico e dal gusto per l’esotismo e per il pittoresco; con la diffusione di edifici che richiedono nuove proporzioni, essa è ormai un ricordo. Vedi sul manuale di storia dell’arte il tema del ritorno al gotico, considerato un modello di verità estetica e coerenza costruttiva, sostenuto da Augustus Pugin (1812-1852), che disegnò il Parlamento di Londra (1836, con Charles Barry) con guglie e archi ogivali. Il Padiglione reale di Brighton (John Nash, 1815) aveva adottato fantasiose forme indiane nelle cupole e negli ornamenti. Si accendono dispute retoriche volte a dimostrare il primato di uno o dell’altro tra gli stili storici (gotico contro classico, rinascimento contro medioevo) o la loro legittimità come stile nazionale: questa è la contesa accademica dell’Italia risorgimentale e postunitaria. L’eclettismo Nella pratica progettuale, gli architetti adottano un linguaggio che viene definito eclettico. L’eclettismo propone una commistione di elementi formali provenienti dal repertorio dei diversi stili storici; con un atteggiamento pragmatico, per ogni tipologia edilizia viene scelto l’apparato decorativo di quello stile che, per analogie visive o per l’evocazione di valori storici e sociali, viene ritenuto più adeguato, con tutte le possibili contaminazioni che naturalmente derivano da un approccio così spregiudicato. Per esempio, nelle architetture del tempo libero, vere e proprie vetrine dei fasti borghesi (teatri, casinò, alberghi ecc.), la decorazione si ispira al barocco o al Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 6 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese rinascimento, stili ricchi di motivi plastici, ed evocativi dello splendore delle corti principesche d’Europa. Vedi, sul manuale di storia dell’arte, la realizzazione più significativa dell’eclettismo, la grandiosa Opèra di Parigi (1862-75) di Charles Garnier (1825-1898) un esempio di neobarocco per la monumentalità, la varietà cromatica dei materiali, la ricchezza di decorazioni plastiche. Per le architetture di servizio come centrali elettriche, scuole, carceri, si preferisce invece il romanico, che ha un aspetto solido e massiccio e suggerisce la sobria operosità dell’età dei Comuni. Vedi la mensa delle Cucine economiche (1881) a Milano di Luigi Broggi (1851-1926) che riprende la bicromia bianco-cotto e l’arco ribassato tipiche della costruzione romanica. Per banche o sedi amministrative è indicata l’austera solennità dello stile greco o romano. Per le chiese, il neogotico è insuperabile; per le sinagoghe, un tocco d’oriente con il neobizantino; per i cimiteri il neoegizio… fino a una libertà stilistica quasi completa: libertà di appropriazione, di selezione, di accostamento tra gli elementi e i motivi ornamentali. Vedi l’imponente mausoleo Crespi (Gaetano Moretti, 1896) nel villaggio operaio di Crespi d’Adda, che ricorda una piramide a gradoni egizia. La crisi dell’eclettismo Verso la fine dell’Ottocento, questa indifferenza per l’integrità e l’accuratezza degli stili si coniuga al sempre più diffuso sentimento antiaccademico, avviando la crisi dell’eclettismo. I sintomi dell’insofferenza per le convenzioni, le istituzioni, la morale borghese, sono rintracciabili in letteratura e in filosofia già dalla metà del secolo. Intorno al 1890 questa svolta culturale si manifesta pienamente: la nascita della psicologia moderna e della psicanalisi oppone al materialismo positivista il dubbio sulla realtà della coscienza; al liberalismo si contrappone il modello sociale del marxismo; avanzano l’anarchismo e altre tendenze irrazionalistiche che saranno raccolte dal pensiero profondamente antiborghese di Nietzsche. Tale ansia di rinnovamento genera anche nuove ricerche artistiche, come rivelano le inquietudini del post-impressionismo e del simbolismo in pittura, o dell’estetismo in ambito letterario. Anche l’architettura non può restare legata a forme ormai prive di significato, sente di doversi adeguare alle nuove forme e tecniche che esprimono il dinamismo della società contemporanea; gli architetti si oppongono allo storicismo eclettico e, convinti che la decorazione sia comunque indispensabile per conferire bellezza e armonia alle costruzioni, favoriscono uno stile più libero e moderno: l’Art nouveau. L’Art nouveau e le sue componenti culturali Questo nuovo linguaggio si ispira non alla storia ma alla natura: il repertorio di immagini e di ritmi offerto dalla flora, dalla fauna, dai minerali venne tradotto sinteticamente, con linee morbide e sinuose. Non si tende però a un’imitazione ripetitiva; della natura si vogliono catturare, suggerire i principi fondamentali: energia, vitalità, crescita e germinazione spontanea, ritmo ciclico, dinamismo, al cui fascino non è estraneo l’apporto delle correnti simboliste. Simbolista è infatti il concetto estetico di “empatia” (einfuhlung), forza vitale che provoca una comunione emotiva tra l’uomo e Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 7 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese l’oggetto sensibile, su cui si fonda il valore psichico ed evocativo della linea nell’Art nouveau. Componente fondamentale del nuovo stile è anche il movimento per la riforma delle arti applicate detto Arts & Crafts e nato in Inghilterra negli anni settanta, su iniziativa di William Morris (1834-1896); il suo intento era di migliorare la scadente qualità estetica degli oggetti prodotti dall’industria grazie alla collaborazione tra artisti e ditte produttrici: il rinnovamento formale, che doveva consistere nell’abbandono dei motivi d’imitazione storica per una rielaborazione di motivi naturali, era ritenuto uno stimolo per l’elevazione morale delle classi lavoratrici. Vedi, sul manuale di arte, la storia dell’Arts & Crafts Exhibition Society. Esso promuove mobili, tappezzerie, oggetti d’uso improntati a un disegno semplice e lineare come mostra, per esempio, un servizio di posate di Charles Ashbee (1899), spoglio dagli ornamenti superflui cari allo stile vittoriano. Tale istanza sociale, la speranza di “portare con l’arte il sorriso alle masse”, è condivisa dall’Art nouveau. Come in un organismo biologico, nell’oggetto o nell’edificio non devono esistere fratture tra una struttura nascosta e la decorazione applicata, ma questa deve generarsi organicamente dalla prima, evitando le simmetrie e i blocchi chiusi. L’edificio deve essere arioso, luminoso, in costante dialogo sia con lo spazio urbano che con la disposizione degli arredi interni. Tutto ciò è favorito dalle qualità dei moderni materiali e tecniche costruttive, ora impiegati in modo sistematico e spesso lasciati a vista, a cui si affiancano lavorazioni più tradizionali, come il legno intagliato, la maiolica, gli smalti, i mosaici. Il movimento si diffonde in tutta Europa con grande rapidità; le denominazioni diverse che assume nei vari paesi sono accomunate dall’evocazione della novità, della giovinezza, della modernità: l’italiano "liberty", il belga "floreale", l’inglese "modern style", il tedesco "jugendstil", l’austriaco "secessione". Il francese Art nouveau indica convenzionalmente l’insieme di tali esperienze. Ed è l’energico, ininterrotto fluire di linee e superfici, dall’interno all’esterno, dal dettaglio all’insieme, che accomuna le opere più riuscite dei vari paesi, nonostante alcune differenze linguistiche "locali". Gli artisti di area franco-belga, per esempio, preferiscono un repertorio curvilineo e floreale. In ambito austro-tedesco, invece, dove emergono agguerriti gruppi di artisti che si riconoscono nelle "Secessioni" dai circuiti ufficiali, si impone un gusto più austero, tendente alla stilizzazione, dove il partito decorativo si basa su ritmi di linee e volumi quasi astratti. Un’altra coerente proposta viene da Glasgow, con Charles Rennie Mackintosh (1868-1928), che adotta forme essenziali ed asimmetriche, con giochi di piani intersecanti. Vedi sul manuale di storia dell’arte le caratteristiche delle varianti nazionali dell’art nouveau. -Le movenze floreali sono evidenti nelle opere parigine di Hector Guimard (1867-1942) (Stazioni del metrò, 1900) o in quelle di Henry Van de Velde (1863-1957) (Casa Uccle, 1894) e di Victor Horta (1861-1947) (Hotel Solvay, 1899) a Bruxelles. -Maggiore geometrizzazione presentano le opere viennesi di Otto Wagner (1841-1918) (Banca Postale, 1904) e di Joseph Olbrich (1867-1908) (Palazzo della Secessione, 1898). Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 8 Percorso 31 - La forma della civiltà borghese -La Scuola d’Arte a Glasgow (1907) di Charles Mackintosh è una sintesi tra tradizione e modernità, tra blocchi squadrati e ampie superfici vetrate -Le Secessioni più importanti si formano a Monaco (1892), a Berlino (1898) e a Vienna (1907); vi partecipano artisti, architetti, illustratori, musicisti alla ricerca di una nuova unità tra le arti, contro la rigida struttura delle accademie. In Italia il fenomeno esplode nel 1902 con la grande Esposizione internazionale di arti decorative di Torino, ricca fonte di ispirazione per gli architetti che intervengono nei quartieri residenziali delle città e delle località di villeggiatura. Tra gli italiani, ricordiamo Ernesto Basile (1857-1932) (Villa Igea a Palermo, 1900) vicino allo stile floreale, e Giuseppe Sommaruga (1867-1917): nel palazzo Castiglioni a Milano (1900) egli accoglie suggestioni dalla secessione pur con un senso più plastico nell’uso della pietra, del cemento artistico e del ferro battuto. Le contraddizioni dell’Art nouveau Tutte queste elegantissime opere rivelano però anche la contraddizione dell’Art nouveau, la debolezza del suo programma di riforma. La borghesia imprenditoriale che sostiene il nuovo stile, infatti, si compiace di un’immagine spigliata e antitradizionalista, ma al contempo la vuole distinta e rispettosa dei privilegi sociali. La creazione di un linguaggio giovane e moderno non implica un ripensamento globale del sistema produttivo: l’ornamento, anche se non è più storicistico, resta un irrinunciabile elemento di distinzione, che si esprime con forme molto raffinate, intraducibili con metodi produttivi a basso costo. Occorre notare che il gusto Art nouveau riflette anche il culto della bellezza tipico dell’estetismo: personaggi come Des Esseintes di Joris-Karl Huysmans (1848-1907) (A Rebours, 1884), come Andrea Sperelli di Gabriele D’Annunzio (1863-1938) (Il piacere, 1889), Dorian Gray di Oscar Wilde (1854-1900) (Ritratto di Dorian Gray, 1890) amano circondarsi di oggetti preziosi, di fattura esclusiva e dalle forme evocative, per una vita al di sopra della mediocrità. Né, tantomeno, l’Art nouveau implica un ripensamento dell’idea di città: finisce per inserirsi nella lottizzazione urbana, e spesso rappresenta solo un ulteriore repertorio ornamentale per le facciate. La Prima guerra mondiale spazzerà via ogni tipo di preoccupazione estetica e stilistica. L’urgenza della ricostruzione renderà evidente che solo una città ripensata radicalmente può rispondere alle esigenze pressanti delle masse urbane e tale evoluzione avverrà ad opera degli architetti razionalisti. Tuttavia, si devono all’Art nouveau alcuni principi fondanti dell’architettura contemporanea. Primo, l’artista nella società moderna non può più occuparsi settorialmente di singoli manufatti, ma deve perseguire un disegno globale, in cui l’oggetto, l’edificio e la città si integrino coerentemente. Secondo, proprio questa sintesi tra le arti, e tra arte e sistema produttivo, è il ruolo dell’architettura. Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999