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INDICE VOLONTARIATO E COOPERAZIONE
aggiornamento IH5 1997
Il Volontariato Sociale
 IL RUOLO
 IL RAPPORTO CON LE ISITUZIONI
 L’ATTIVITA’ DI VOLONTARIATO
 LE ORGANIZZAZIONI DEL VOLONTARIATO
 I REGISTRI REGIONALI DELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO
 L’OSSERVATORIO NAZIONALE DEL VOLONTARIATO
 LE CONVENZIONI
 CONTRIBUTI E RISORSE ECONOMICHE
 AGEVOLAZIONI FISCALI
 AUTONOMIA E SVILUPPO DEL VOLONTARIATO
La Cooperazione Sociale
 L’IMPRESA COOPERATIVA
 LE COOPERATIVE SOCIALI
 COSA E’ E COME FUNZIONA LA COOPERATIVA SOCIALE
Gli elementi costitutivi fondamentali della Cooperativa Sociale
 I SOCI
 L’ASSEMBLEA
 IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
 IL COLLEGIO SINDACALE
 IL COLLEGIO DEI PROBIVIRI
 LA VIGILANZA E REVISIONE
Come si costituisce una Cooperativa Sociale
 IL PROGETTO
 I PASSI FONDAMENTALI
Legislazione di riferimento su Volontariato e Cooperazione
 LEGISLAZIONE NAZIONALE SUL VOLONTARIATO
 LEGISLAZIONE NAZIONALE SULLA COOPERAZIONE
 LEGISLAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE SU VOLONTARIATO E
COOPERAZIONE
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Il Volontariato Sociale
IL RUOLO
Il ruolo svolto dal Volontariato nella società contemporanea è di indubbio interesse e
significato, sia per le molteplici evidenti iniziative di solidarietà a favore di tutta la collettività,
con particolari attenzioni ai settori più disagiati, sia per il suo ruolo “politico” di anticipatore e
promotore del cambiamento.
Se, infatti, la tendenza di larghi settori del volontariato era fino al 1970 sostanzialmente
riparatoria, assistenziale, caritativa, di contenimento del disagio, si è successivamente passati
ad un Volontariato più maturo e attento alle cause della patologia sociale, motivato alla loro
rimozione, ispiratore del mutamento di quelle impostazioni economiche, politiche e culturali che
in modo determinante contribuiscono a creare emarginazione ed esclusione sociale.
IL RAPPORTO CON LE ISITUZIONI
In questo contesto, appare strategicamente importante il rapporto, la collaborazione e la
dialettica tra volontariato e Pubbliche Istituzioni.
A disciplinare e rendere trasparenti tali rapporti è giunta nel 1991 la Legge Quadro sul
volontariato (266/91).
Questa Legge non è rivolta a tutto il volontariato italiano, ma solamente a quello che accetta o
ha interesse a collaborazione con la Pubblica Amministrazione. Accettando questa
collaborazione, le Istituzioni disciplinano le modalità di rapporto e i requisiti necessari che
dovranno avere le organizzazioni interessate.
L’art.1 recita infatti “La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività
di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo
sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento
delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle
province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali. La presente legge stabilisce i
principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le
istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi
le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti.”
La 266 non vuol comunque affermare che solamente il volontariato che rientra in questa
normativa può considerarsi vero volontariato, tanto che anche le altre organizzazioni possono
ugualmente avere rapporti con la Pubblica Amministrazione facendo riferimento alle norme
previste dal Codice Civile, pur non potendo, ovviamente, usufruire del rapporto privilegiato e
obbligatorio previsto da questa legge.
Ne la suddetta Legge va a regolamentare il volontario individuale che non ha certamente bisogno
di una Legge per operare, ma disciplina l’opera del volontario inserito in una organizzazione.
L’ATTIVITA’ DI VOLONTARIATO
All’art.2 viene stabilito che “...per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in
modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte,
senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. L'attività del
volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario
possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese
effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle
organizzazioni stesse. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di
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lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con
l'organizzazione di cui fa parte.”
La Legge, all’art.4, stabilisce, inoltre, che “...le organizzazioni di volontariato debbono
assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le
malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso
i terzi.”
Il decreto attuativo del Ministro dell'Industria del 16 novembre 1992 ha stabilito in maniera
chiara che le organizzazioni sono tenute esclusivamente ad assicurare solo gli attivi nel servizio
di volontariato e non tutti gli aderenti. Per facilitare questo compito, si è stabilita l'istituzione
di un apposito registro dove a cura dell'organizzazione saranno indicati i nominativi dei volontari
assicurati e l’aggiornamento delle variazioni che potranno verificarsi.
LE ORGANIZZAZIONI DEL VOLONTARIATO
Ai fini della 266 sono da considerarsi ...”organizzazione di volontariato ogni organismo
liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo
determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.
Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più
adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.
Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal
codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere
espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e
la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti,
i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere
altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi
o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli
aderenti.
Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di
prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare
funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.
Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e
nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.”
I REGISTRI REGIONALI DELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO
All’art.6 la Legge 266 istituisce i Registri delle organizzazioni di volontariato stabilendo che
essi verranno tenuti e disciplinati dalle regioni e dalle province autonome.
L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per
stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali. Hanno diritto ad essere
iscritte nei registri le organizzazioni di volontariato che abbiano i requisiti prescritti e che
alleghino alla richiesta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti.
Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al
fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di
volontariato da parte delle organizzazioni iscritte, nonché dispongono la cancellazione dal
registro con provvedimento motivato.
L'iscrizione ai Registri regionali da parte delle organizzazioni di volontariato le fa beneficiare
di una serie di vantaggi, tra i quali i più rilevanti sono:
-avviare un rapporto facilitato con la Pubblica Amministrazione;
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-acquistare beni immobili registrati e beni immobili, anche se l'organizzazione è priva di
personalità giuridica;
-accedere a specifici contributi pubblici;
-stipulare convenzioni.
Anche le organizzazioni di aiuto-aiuto (self-help) possono essere iscritte ai registri regionali,
quando dagli statuti o atti costitutivi o accordi e dalle attività svolte si evidenzi l'apertura dei
servizi prestati all'esterno del gruppo e al territorio. Così infatti stabilisce un documento del
dicembre'91 del Dipartimento per gli Affari Sociali dal titolo: “Documento dell'Osservatorio
Nazionale del volontariato concernente indicazioni per l'iscrizione delle organizzazioni nei
registri regionali ai sensi dell'Art. 6 della Legge 266.”
L’OSSERVATORIO NAZIONALE DEL VOLONTARIATO
All’art.12 viene anche costituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato a cui le regioni e le
province autonome inviano ogni anno copia aggiornata dei suddetti registri. L’Osservatorio ha i
seguenti compiti:
a) provvedere al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della
conoscenza delle attività da esse svolte;
b) promuovere ricerche e studi in Italia e all'estero;
c) fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato;
d) approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da
organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 per far fronte ad
emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente
avanzate;
e) offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori
di competenza della presente legge;
f) pubblicare un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle
normative nazionali e regionali;
g) sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed
aggiornamento per la prestazione dei servizi;
h) pubblicare un bollettino periodico di informazione e promuovere altre iniziative finalizzate
alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;
promuovere, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale
partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.
E' inoltre istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari
sociali, il Fondo per il volontariato, finalizzato a sostenere finanziariamente i progetti
sperimentali.
LE CONVENZIONI
All’art.7 viene stabilito che lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri
enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da
almeno sei mesi nei Registri regionali e che dimostrino attitudine e capacità operativa. Le
convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni
necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei
diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni
e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.
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La copertura assicurativa dei volontari in servizio è elemento essenziale della convenzione e gli
oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima;
-partecipare alle forme di partecipazione consultiva e alla programmazione con gli enti pubblici;
-godere del diritto di informazione e all'accesso ai documenti amministrativi (art.11);
-elaborare progetti sperimentali da sottoporre all'Osservatorio Nazionale del Volontariato;
-godere, se recepito dai contratti collettivi, della flessibilità dell'orario di lavoro da parte dei
propri aderenti.
CONTRIBUTI E RISORSE ECONOMICHE
All'Art. 5 la Legge 266 stabilisce tutte le possibili risorse economiche cui un'organizzazione
può trarre il sostentamento per l'attività e cioè:
a) contributi degli aderenti;
b) contributi di privati;
c) contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno
di specifiche e documentate attività o progetti;
d) contributi di organismi internazionali;
donazioni e lasciti testamentari;
rimborsi derivanti da convenzioni.
entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali. Il Ministero delle Finanze ha
stabilito che per attività commerciale marginale deve intendersi esclusivamente quella posta in
essere dall'organizzazione per il tramite o degli assistiti o dei volontari. L'attività non deve
essere organizzata nella forma imprenditoriale. I proventi derivanti da queste attività devono
essere obbligatoriamente impiegati per i fini istituzionali ed è previsto che tali proventi non
costituiscono reddito imponibile ai fini dell'IRPEG e dell'ILOR. Per ottenere l'esenzione
occorre presentare domanda all'Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette competente per
territorio.
Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte nei Registri regionali,
possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della
propria attività. Possono inoltre, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare
donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro
rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto
costitutivo e dallo statuto. Tali beni sono intestati alle organizzazioni. Ai fini della trascrizione
dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.
In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizzazioni di volontariato, ed
indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della
liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o analogo
settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli accordi degli aderenti, o, in
mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.
AGEVOLAZIONI FISCALI
A favore delle organizzazioni del volontariato iscritte nei Registri regionali sono anche
previste (art.8 e 9) varie agevolazioni fiscali tra le quali le più rilevanti sono:
-Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato, costituite esclusivamente per fini di
solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo
e dall'imposta di registro.
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-Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato, costituite esclusivamente per
fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini
dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti
da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.
-I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi
imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale
sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali
dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo
precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il
Ministro per gli affari sociali, come stabilisce l'art. 18, del Decreto Legge 29 aprile 1994, n.
260. Si ricorda, inoltre, che con D.M. 25 maggio 1995, sono stati fissati i criteri per
l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di
volontariato.
-Alle organizzazioni di volontariato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, primo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598, come sostituito
dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1982, n. 954 (esenzione
IVA sulle operazioni di cessioni di beni e prestazioni di servizi, ecc.).
-la legge 29 dicembre 1990, n. 408, all’art.17 stabilisce che saranno introdotte misure volte a
favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni di volontariato costituite
esclusivamante ai fini di solidarietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato,
riconosciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza
interruzione da almeno due anni negli appositi registri. A tal fine dovrà essere prevista la
deducibilità delle predette erogazioni, ai sensi degli artt. 10, 65 e 110 del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni e
integrazioni, per un ammontare non superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito di
impresa, nella misura del 50 per cento della somma erogata entro il limite del 2 per cento degli
utili dichiarati e fino ad un massimo di lire 100 milioni".
AUTONOMIA E SVILUPPO DEL VOLONTARIATO
L’art.10 della Legge 266 stabilisce inoltre che le leggi regionali e provinciali devono
salvaguardare l'autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato e favorirne lo
sviluppo. Esse in particolare, disciplinano:
a) le modalità cui dovranno attenersi le organizzazioni per lo svolgimento delle prestazioni che
formano oggetto dell'attività di volontariato, all'interno delle strutture pubbliche e di
strutture convenzionate con le regioni e le province autonome;
b) le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni iscritte nei Registri regionali alla
programmazione degli interventi nei settori in cui esse operano;
c) i requisiti ed i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni per la
stipulazione delle convenzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento;
d) gli organi e le forme di controllo (art.6);
e) le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato;
f) la partecipazione dei volontari aderenti alle organizzazioni iscritte nei Registri regionali ai
corsi di formazione, qualificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle
regioni, dalle province autonome e dagli enti locali nei settori di diretto intervento delle
organizzazioni stesse.
Infine, con l’art.15, vengono istituiti Fondi speciali presso le regioni, stabilendo che:
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- 1. Gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356,
devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri
proventi venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire,
per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di
volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.
- 2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di
ristrutturazione di cui all'articolo 1 del sopra citato decreto, devono destinare alle medesime
finalità di cui al comma precedente una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere
di beneficienza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25
aprile 1929, n. 967, e successive modificazioni.
Il Decreto del Ministero del Tesoro "Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il
volontariato presso le regioni" del 21 novembre 1991 stabilisce la concreta attuazione di quanto
sopra esposto.
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La Cooperazione Sociale
L’IMPRESA COOPERATIVA
Gli aspetti principali che definiscono la società cooperativa in generale, riconosciuti a livello
mondiale dall'Alleanza Cooperativa Internazionale, possono essere così riassunti:
1. L'adesione ad una società cooperativa deve essere volontaria ed alla portata di chiunque
possa utilizzare i suoi servizi e desideri assumere le sue responsabilità di socio, senza alcuna
restrizione artificiale o discriminazione sociale, politica, razziale o religiosa.
2. Le società cooperative sono organizzazioni democratiche. I loro affari devono essere
amministrati da persone elette o nominate secondo la procedura adottata dai soci davanti ai
quali esse sono responsabili. I soci delle cooperative devono godere di uguale diritto di voto (un
socio, un voto) e di partecipazione alle decisioni relative alla loro società.
3. Il risultato economico delle attività di una società spetta ai soci di questa e deve essere
ripartito in modo da evitare che qualcuno di essi possa guadagnare a spese di altri.
4. Tutte le società cooperative sono tenute ad assicurare l'educazione dei loro soci, dei
dirigenti, del personale e del pubblico in genere, sui principi e sulle tecniche economiche e
democratiche della cooperazione.
5. Per poter meglio servire gli interessi dei propri soci e della comunità ciascuna organizzazione
cooperativa deve collaborare attivamente, in tutti i modi possibili, con le altre cooperative,
tanto nell'ambito locale che in quello nazionale ed internazionale.
L'elemento base che differenzia le società cooperative da tutte le altre strutture societarie
previste nell'ordinamento italiano è LO SCOPO MUTUALISTICO.
Infatti “Le società cooperative sono state nettamente distinte dalle altre imprese sociali o
società propriamente dette.
Questa distinzione si fonda sullo scopo prevalentemente mutualistico delle cooperative,
consiste nel fornire beni o servizi od occasione di lavoro direttamente ai membri
dell'organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato, mentre
lo scopo delle imprese sociali in senso proprio è il conseguimento e il riparto di utili patrimoniali”
(relazione del Guardasigilli n. 1026 al Cod. Civ.).
Tale elemento è anche qualificante nella ripartizione degli utili che nelle società cooperative
segue un iter specifico che si riaggancia al principio di mutualità (art.2536 Cod. Civ. e art.26 del
D. Leg. C.P.S. n. 1577 del 14 dicembre 1947).
LE COOPERATIVE SOCIALI
Le prime COOPERATIVE SOCIALI, inizialmente denominate di Solidarietà Sociale, appaiono
nel pianeta dei servizi sociali nella seconda metà degli anni '70, a parte qualche sporadico caso
datato precedentemente.
Le prime esperienze trovano notevoli difficoltà di identità sia di collocamento nei servizi,
spesso vengono scambiate per gruppo di volontariato od altro, sia nell'ambito delle società
cooperative in quanto configurano in esse una mutualità diversa, "allargata", non prevista
dall'ordinamento giuridico italiano. Cioè il beneficio dell'attività societaria ed imprenditoriale
non ricade esclusivamente sui soci ma spesso, in questa tipologia di imprese cooperative, essa è
a favore di terzi (denominati utenti).
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Ma tali cooperative si inseriscono ed utilizzano una formula societaria già presente nel nostro
ordinamento che è considerata con particolare favore. Infatti, la Costituzione, all'art. 45,
"riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di
speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne
assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità".
Il fenomeno cooperativo mira, dunque, a sottrarre i soci all'intermediazione della speculazione
di terzi assicurando direttamente agli interessati il soddisfacimento di un loro bisogno. Nel
contempo particolari agevolazioni vengono accordate alle società cooperative che vengono poste
sotto la tutela ed il controllo previsti dalla Costituzione.
Le cooperative sociali sono ufficialmente riconosciute dalla Legge n.381 dell'otto novembre
1991 "Disciplina delle cooperative sociali" dopo un iter parlamentare durato 10 anni.
L'articolo 1 della legge qualifica cooperative sociali quelle che hanno lo scopo di perseguire
l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini
attraverso:
a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi;
b) lo svolgimento di attività diverse -agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate
all'inserimento di persone svantaggiate.
Con tale normativa il legislatore riconosce non solo il concetto di mutualità allargata ma
addirittura lo scopo solidaristico che queste società devono profondere nella comunità locale di
appartenenza.
Quindi il beneficio non solo ai soci (mutualità)o agli utenti (mutualità allargata) ma alla comunità
(solidarietà) riconoscendo a questa tipologia di cooperative una valenza sociale nuova e
prevedendo conseguentemente una nuova sezione nel registro prefettizio per tali cooperative.
COSA E’ E COME FUNZIONA LA COOPERATIVA SOCIALE
La legge 8 novembre 1991, n.381 "Disciplina delle cooperative sociali" riconosce una forma di
cooperazione radicalmente diversa da quella tradizionale.
Mentre infatti quest'ultima è finalizzata alla tutela degli interessi dei soci, la cooperazione
sociale si caratterizza per aver "lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla
promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini". Con questa affermazione la legge
disciplina una nuova forma di impresa, con esclusivi fini di interesse generale, gestita in forma
cooperativa, riconoscendo l'esistenza di un soggetto privato che, in quanto imprenditore, è
dedito alla produzione ed allo scambio di beni e servizi, non tanto per realizzare un proprio
interesse, quanto in funzione di uno scopo più generale rappresentato da un interesse diffuso
della comunità.
Il perseguimento di tale interesse sancisce, quindi, il superamento del principio mutualistico,
tipico della cooperazione ordinaria, che implica l'associazione di più persone per produrre, per
tutti e per ciascuno dei soci, un vantaggio e dei benefici superiori a quanto riuscirebbero ad
ottenere ciascuno per conto proprio. Viene introdotto, invece, il concetto di solidarietà, che
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diventa uno degli elementi caratteristici e distintivi della cooperazione sociale, in quanto lo
scopo dell'attività non è più garantire benefici economici o occupazionali ai soci, ma bensì
perseguire l'interesse generale della comunità. Si tratta dunque di una finalità solidaristica,
orientata all'esterno della compagine sociale.
L'articolo n.1 della citata legge prevede due tipologie di cooperative sociali: quelle che svolgono
servizi socio-sanitari ed educativi (tipo A), e quelle che si prefiggono l'inserimento lavorativo di
persone svantaggiate (tipo B).
Anche nell'ambito dell'handicap le due tipologie di cooperative e la loro organizzazione sono
diversificate. Nel primo caso svolgere attività socio-sanitarie vuol dire organizzare servizi di
assistenza familiare o servizi riabilitativi a valenza sanitaria, mentre l'aspetto educativo si
manifesta maggiormente nella gestione di Centri Educativi Occupazionali Diurni o Comunità
Alloggio dove però il ruolo degli utenti e dei loro familiari assume un aspetto diverso rispetto
altre tipi di gestione. Essi in effetti possono diventare soci fruitori del servizio e quindi soci
ordinari, contribuendo direttamente all'organizzazione del servizio ed alla qualità stessa del
servizio.
In questa tipologia di cooperative, denominate di tipo A, sono da annoverare anche quelle
strutture dove oltre alle attività educative o di gestione del tempo libero si utilizza con
particolare rilevanza lo "strumento lavoro".
La presenza, in seno alla cooperativa, di attività lavorative vere e concrete offre agli utenti la
possibilità di sperimentare con gradualità compiti e ruoli più adeguati all'età. Queste strutture
educative possono rappresentare una risposta più adeguata in termini di identità personale per
utenti esclusi da percorsi di integrazione lavorativa, e costituire per altri un'occasione di
crescita in vista di un successivo percorso.
La seconda tipologia di cooperative, denominata di tipo B, comprende le cooperative di
inserimento lavorativo che rappresentano un importante strumento di politica del lavoro a
esplicito favore delle persone che trovano maggiore difficoltà ad un proficuo inserimento nel
lavoro (ed i disabili sono una di queste tipologie di svantaggiati).
Per parte di queste persone la cooperativa sociale può quindi rappresentare una valida
opportunità occupazionale.
L'articolo 4 della legge 381/91 definisce persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e
sensoriali, ecc.; tali persone che devono avere un'invalidità riconosciuta superiore al 45%,
devono essere iscritte al libro matricola della cooperativa in un numero superiore al 30% sul
totale di tutti i dipendenti soci e non.
Sempre l'articolo 4 delle presente legge al comma 3° dichiara che "le aliquote complessive della
contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale dovute dalle
cooperative sociali, relativamente alla retribuzione corrisposta alle persone svantaggiate di cui
al presente articolo, sono ridotte a zero".
In altre parole vengono completamente fiscalizzati gli oneri sociali che l'impresa e il lavoratore
dovrebbero pagare.
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Conseguentemente a ciò bisogna fare riferimento anche la Contratto Collettivo di lavoro per i
dipendenti delle Cooperative Sociali siglato nel marzo 1992 che consente, per le persone
svantaggiate, a fronte di un Progetto Educativo Individualizzato, di accedere a percorsi
particolari d'inserimento lavorativo utilizzando strumenti quali il Salario d'ingresso oltre agli
altri come il lavoro a tempo parziale.
Questa tipologia di cooperative in base all'articolo 5 delle succitata legge può stipulare
convenzioni, in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, con
gli Enti Pubblici, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi in
quanto cooperative finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate. In
questo modo l'Ente Locale può risolvere due problemi con una unica soluzione: può cioè acquisire
beni o servizi che acquista sul mercato, a parità di costi e creare opportunità di lavoro a persone
che altrimenti assisterebbe con costi rilevanti in altri capitoli del Bilancio.
L'articolo 9 della presente legge rimanda alla normativa regionale la definizione di alcuni aspetti
in ogni caso importanti quali l'attivazione del Registro regionale delle cooperative sociali e le
modalità di iscrizione, oltre a definire le forme di sostegno, anche economico, delle stesse
cooperative.
Particolare interesse deve essere riposto nella composizione della base sociale della
cooperativa; l'articolo 2 della legge 381/91 introduce la possibilità per le cooperative sociali di
prevedere la presenza della figura del socio volontario che presti attività gratuitamente, i quali
volontari devono essere iscritti in un'apposita sezione del libro dei soci ed il loro numero non può
superare la metà del numero complessivo dei soci.
Questo aspetto apre un nuovo problema che riguarda la definizione conseguentemente di soci
ordinari, l'eventuale altra metà dei soci.
Tale "categoria" comprende i soci operatori, cioè i soci che prestano la loro opera retribuita
all'interno della cooperativa, i soci fruitori, cioè quelli che direttamente (utenti) o
indirettamente (familiari) godono dei benefici sociali della cooperativa. Tale numero di soci
deve pertanto essere superiore alla metà del numero complessivo dei soci.
Ultimo aspetto che introduce la legge e non per questo meno importante è quello del regime
tributario.
L'articolo 7 della legge ai commi 1 e 2 fa riferimento ad espliciti sgravi fiscali relativi ai
trasferimenti di beni per successione o donazione ed alla riduzione ad un quarto delle imposte
catastali ed ipotecarie, sempre relativi ad immobili destinati all'esercizio dell'attività sociale.
Mentre al comma 3 la legge introduce il regime I.V.A. al 4% per le prestazioni di carattere
socio-sanitario ed educativo rese da cooperative sociali.
Questo aspetto comporta una nuova difficoltà nei rapporti convenzionali con gli Enti Locali in
quanto precedentemente queste prestazioni erano esenti in base all'articolo 10 delle legge
sull'I.V.A. ed ora aumentano i costi del 4%.
GLI ELEMENTI COSTITUTIVI FONDAMENTALI DELLA COOPERATIVA SOCIALE
I SOCI
L’ASSEMBLEA
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IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
IL COLLEGIO SINDACALE
IL COLLEGIO DEI PROBIVIRI
LA VIGILANZA E REVISIONE
SOCI:
I requisiti dei soci sono la maggiore età, l'onestà e le moralità:
Gli obblighi sono il versamento della quota sociale, l'osservanza dello statuto e delle
deliberazioni sociali e la responsabilità.
I diritti sono di votare e di essere votati, di ispezionare il libro dei soci e quello dei verbali delle
assemblee, usufruire dei servizi della cooperativa, partecipare alle assemblee, prendere visione
del bilancio.
ASSEMBLEA:
Assume le delibere fondamentali per la vita della cooperativa, elegge le cariche sociali, è
sovrana sulle decisioni, approva il bilancio consuntivo e sociale della cooperativa e quindi deve
essere convocata almeno una volta all'anno, sarebbe opportuno che l'assemblea dei soci
approvasse anche il bilancio preventivo indicando quindi la sua volontà sullo sviluppo e gestione
della società, approva i regolamenti interni.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE:
Cura l'amministrazione della società nell'osservanza delle deliberazioni e degli indirizzi
espressi dall'assemblea, elegge al suo interno il Presidente ed il Vice Presidente ed ha il compito
di :
- deliberare sull'ammissione o esclusione dei soci;
- convocare l'assemblea dei soci;
- formulare i regolamenti interni;
- deliberare su tutte le operazioni;
- fissare le retribuzioni;
- compilare il bilancio;
- tenere i libri e le scritture contabili;
- deliberare adesioni ad organismi;
- deliberare la stipulazione di tutti gli atti ed i contratti attinenti l'attività sociale.
COLLEGIO SINDACALE:
E' l'organo di controllo della cooperativa, è formato da tre membri effettivi e da due supplenti
eletti dall'assemblea preferibilmente tra i non soci. Controlla l'amministrazione della società e
la tenuta dei libri sociali e contabili e di ciò deve redigere il verbale almeno ogni tre mesi; inoltre
controlla che le delibere adottate dal Consiglio di Amministrazione siano conformi alle leggi
vigenti ed allo statuto della cooperativa. Il Collegio Sindacale può convocare l'assemblea dei
soci in particolari situazioni previste dallo statuto.
COLLEGIO DEI PROBIVIRI:
E' composto da tre membri effettivi non soci, ha il compito di risolvere eventuali conflitti fra la
cooperativa ed i singoli soci. In alcuni distretti notarili è facoltativo e può essere previsto
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direttamente all'atto costitutivo o eletto al momento del bisogno, in ogni caso lo statuto deve
prevederne le modalità.
VIGILANZA E REVISIONE:
Come previsto dall'articolo 45 della Costituzione l'organo di Vigilanza delle Cooperative è il
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale specificatamente la Direzione Generale per la
cooperazione.
Tale organo delega le centrali delle Cooperative riconosciute a livello nazionale a svolgere il
compito della Vigilanza per le cooperative ad esse aderenti.
Tale istituto della Revisione deve essere effettuato con ispezioni ordinarie ogni due anni per
tutte le cooperative, mentre, per le cooperative sociali, come previsto dalla L. 381/91, la
revisione deve essere effettuata ogni anno.
Il Ministero si riserva eventuali ispezioni straordinarie ogni qualvolta lo ritenga necessario.
Tutte le riunioni del Consiglio di Amministrazione, dell'Assemblea dei soci e del Collegio
Sindacale devono constare di un verbale, sottoscritto da presidente e segretario, regolarmente
trascritto nel registro dei verbali dell'organo che si è riunito. I registri dei verbali delle riunioni
(dell'Assemblea dei soci, del Consiglio di Amministrazione e Collegio Sindacale ) devono essere
vidimati ogni anno (tribunale o notaio) e la responsabilità della loro tenuta regolare è del
Consiglio di Amministrazione.
COME SI COSTITUISCE UNA COOPERATIVA SOCIALE
IL PROGETTO
I PASSI FONDAMENTALI
IL PROGETTO
Come appare evidente dagli aspetti fino qui esposti è chiaro che la gestione di una cooperativa
deve essere massimamente oculata, in quanto essa è prima di tutto un'IMPRESA che deve
rispettare precise regole e normative.
Essa è completamente diversa da un'associazione, pertanto prima di costituire una cooperativa
è fondamentale aver chiaro il PROGETTO D'IMPRESA che si vuole perseguire, le risorse
economiche necessarie e i vincoli che questa porta.
Prima di avviare una qualsiasi cooperativa, anche e soprattutto se sociale, è opportuno che il
gruppo dei soci fondatori si chiarisca le idee su cosa vuole realizzare.
E' da sottolineare che la cooperativa, per quanto sociale essa possa essere, è completamente
diversa da un'associazione di volontariato e tale è da considerare specialmente nella sua
gestione che non può essere approssimativa ma abbisogna di professionisti per ogni ambito di
intervento, in modo particolare per quanto riguarda l'aspetto amministrativo e societario.
Tali professionalità non possono essere inventate o acquisite in breve tempo in quanto eventuali
errori riportano a sanzioni anche penali non trascurabili.
In primo luogo bisogna avere presente con chiarezza che la cooperativa sociale è frutto di
un'intersecazione tra Servizi Sociali (quindi una risposta a bisogni definiti e presenti in quel
determinato territorio nel quale si vuole operare), Volontariato (espressione di una determinata
comunità locale e tramite costante con essa ed espressione di gratuità e libertà di adesione),
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Cooperazione (con la sua valenza di impresa soggetta a determinate regole di mercato ed
organizzative).
L'intersecazione di queste tre realtà genera la Cooperativa Sociale che è una impresa a tutti gli
effetti e come tale deve rispondere a quanto previsto dal Codice Civile all'articolo 2028 "E'
imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o servizi."
Partendo dall'articolo 2028 del Codice Civile dobbiamo pensare che la costituenda cooperativa
sociale è un'impresa, cioè una struttura organizzata stabilmente, quindi soggetta ad evolversi
nel tempo, in relazione con altre strutture pubbliche o private e quindi che il Consiglio di
Amministrazione deve avere chiaro dove deve e vuole andare, con chi deve interagire, come e
con quali risorse.
E' un'impresa organizzata professionalmente e quindi non deve basarsi esclusivamente sul
volontariato o sulla buona disponibilità di alcune persone ma per funzionare, per rispondere a
determinati bisogni che sono di persone in difficoltà, deve utilizzare risorse umane
professionalmente preparate e motivate che diventano il vero motore dell'azienda e quindi
devono essere adeguatamente preparate, supportate attraverso una formazione permanente e
anche con un'adeguata supervisione. Le risorse oltre che umane, spesso sono anche materiali, lo
spazio fisico (sede) o se si producono anche beni, si deve definire la tipologia che deve essere
adeguata all'utenza.
La produzione dei beni o servizi svolti dalla cooperativa sociale ha due aspetti:
il primo relativo al concetto di riabilitazione, inteso in senso generale, che è il cambiamento di
una persona che viene presa in carico e che si sviluppa attraverso un intervento assistenziale o
educativo;
il secondo riguarda lo specifico del prodotto che può essere o la tipologia del servizio gestito o
ciò che si decide di produrre, strumentale alle finalità educative (cooperative di tipo A) o
finalizzato all'inserimento lavorativo (cooperative di tipo B).
Tutto ciò comporta di pensare ad una pianificazione strategica dell'impresa che è il processo
con cui si cerca di costruire un certo futuro predisponendo a tale scopo: obiettivi, strategie e
strumenti adeguati. Il che vuol dire anticipare il futuro cercando di adattarlo in favore della
cooperativa (azione tipica imprenditoriale) che significa organizzare la cooperativa come un
laboratorio in costante ricerca di miglioramento attraverso l'approfondimento di tecniche o
capacità professionali che sono in costante evoluzione.
Per la realizzazione del progetto l'impresa deve darsi una strategia, deve saper fare una
proiezione dinamica del progetto ed essere capace di aggiustarlo continuamente in conformità
con le modificazioni subite dalle variabili esterne e sempre in correlazione al coinvolgimento di
tutta la base sociale che non può essere di un numero eccessivo per permettere una
comunicazione interna reale.
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La strategia si sostanzia nella determinazione della meta e degli obiettivi di lungo periodo (3 - 5
anni), nella scelta dei criteri di azione, nella scelta del tipo di organizzazione da dare alle risorse
necessarie.
La cooperativa essendo una realtà votata naturalmente al cambiamento, specialmente in questo
periodo di scarsità di risorse nei servizi sociali, deve pertanto avere chiaro il suo progetto
sociale che si manifesta sia nel progetto globale del servizio sia nel progetto educativo
individualizzato delle persone prese in carico che nell'attenzione costante sugli operatori, il
tutto inserito in una comunità locale ben definita.
E' opportuno per i gruppi di volontari o genitori che vogliono costituire una cooperativa,
soprattutto per avere chiarezza delle difficoltà organizzative e di progetto d'impresa,
rivolgersi alle centrali cooperative o ai consorzi di cooperative sociali per avere tutte le
indicazioni del caso onde evitare di entrare in un tunnel buio che invece di aiutare a risolvere
alcuni problemi ne potrebbe creare molti di più.
I PASSI FONDAMENTALI
I SOCI COSTITUENTI
Il D. leg. C.P.S. n.1577, all'articolo 22, stabilisce che "per procedere alla legale costituzione di
una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove".
L’ATTO COSTITUTIVO e LO STATUTO
La costituzione di una cooperativa e quindi anche di quelle sociali, deve avvenite tramite un atto
pubblico e quindi a rogito di un Notaio che ne redige l'ATTO COSTITUTIVO e LO STATUTO.
L'atto costitutivo è la volontà dei soci (almeno nove) di costituire la società e deve contenere le
generalità anagrafiche complete dei soci fondatori, la denominazione della società e fare
riferimento esplicito allo statuto.
Lo statuto è il patto sociale che i soci si danno e deve contenere i seguenti punti:
- la denominazione della società;
- la sede legale e l'eventuale possibilità di aprire sedi secondarie o filiali;
- l'oggetto sociale (lo scopo che si prefigge la società);
- le caratteristiche dei soci;
- le condizioni per l'ammissione dei soci;
- le condizioni per l'eventuale recesso e per l'esclusione dei soci;
- le responsabilità dei soci verso le obbligazioni sociali;
- l'eventuale responsabilità sussidiaria dei soci;
- la quota di capitale sottoscritta da ciascun socio;
- la ripartizione del capitale sociale;
- la destinazione degli utili residui;
- le forme di convocazione dell'assemblea;
- il numero degli amministratori ed i loro poteri;
- l'indicazione di quali tra essi hanno la rappresentanza sociale;
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- il numero dei componenti il collegio sindacale;
- la durata della società;
- le clausole di scioglimento della società.
Conseguentemente all'atto costitutivo la cooperativa deve ottenere il Decreto di omologazione
da parte del tribunale e successivamente l'iscrizione alla Camera di Commercio Industria
Agricoltura Artigianato (CCIAA), al Bollettino Unificato Società Cooperative (BUSC) presso
l'Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione, e al Registro Prefettizio.
L’ISCRIZIONE AL REGISTRO PREFETTIZIO
Le società cooperative, qualunque sia il loro oggetto, devono essere iscritte nell'apposito
registro prefettizio. Per ottenere l'iscrizione in tale registro le cooperative devono
presentare domanda al Prefetto della provincia dove hanno sede, indicando la sede sociale e
l'indirizzo.
La domanda deve essere corredata dai seguenti documenti:
1) copia dell'atto costitutivo e delle deliberazioni recanti ad esso modificazioni fino al giorno
della domanda;
2) la documentazione comprovante l'avvenuto deposito dell'atto costitutivo e delle eventuali
modificazioni nonché l'iscrizione dalla società nel registro delle imprese;
3) un prospetto in duplice esemplare dei soci con l'indicazione per ciascuno di essi del nome,
cognome, domicilio ed attività professionale;
4) un elenco in duplice esemplare contenente le generalità dei componenti il consiglio di
amministrazione, dei membri del collegio sindacale e di eventuali direttori in carica, indicando
quali degli amministratori hanno la rappresentanza legale dell'ente e le altre persone che in
forza del mandato generale hanno la firma sociale;
Il Prefetto, compiuti gli accertamenti di rito e sentito il parere della commissione provinciale,
ordina, con proprio decreto, l'iscrizione della cooperativa nel registro prefettizio.
Per le cooperative sociali tale iscrizione è fondamentale in quanto permette successivamente
l'iscrizione al Registro regionale delle Cooperative Sociali e consente la richiesta dei benefici
previsti dalla stessa e conseguentemente le relazioni (convenzionali o contrattuali) con gli enti
locali e le A.U.S.L.
E' importante che tutte queste pratiche siano definite bene con il Notaio per sapere quali segue
Lui personalmente e quali, oltre all'apertura della posizione all'Ufficio I.V.A., deve fare il
Presidente della Cooperativa.
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LEGISLAZIONE NAZIONALE SUL VOLONTARIATO
1972
-Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
"Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto."
(si veda per gli aspetti fiscali)
1991
-Legge 11 agosto 1991, n. 266
"Legge - quadro sul volontariato." (Pubblicata in G.U. 22 agosto 1991, n. 196)
-Decreto Ministeriale - Ministero del Tesoro - 21 novembre 1991
"Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni."
1992
-Decreto Ministeriale - Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato - 14 febbraio
1992
"Obbligo alle organizzazioni di volontariato ad assicurare i propri aderenti, che prestano
attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività
stessa, nonché per la responsabilità civile per i danni cagionati a terzi dall'esercizio dell'attività
medesima."
-Circolare Ministeriale - Ministero delle Finanze - 25 febbraio 1992, n. 3
"Legge 11 agosto 1991, n.266, recante : "Legge quadro sul volontariato"."
-Decreto Ministeriale - Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato - 16
novembre 1992
"Modificazioni al decreto ministeriale 14 febbraio 1992, concernente le modalità relative
all'obbligo assicurativo per le associazioni di volontariato."
1995
-Decreto Ministeriale - Ministero delle Finanze - 25 maggio 1995
"Criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle
organizzazioni di volontariato."
LEGISLAZIONE NAZIONALE SULLA COOPERAZIONE
1991
-Legge 8 novembre 1991, n. 381
"Disciplina delle cooperative sociali."
1992
-Legge 31 gennaio 1992, n. 59
"Nuove norme in materia di società cooperative."
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LEGISLAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE SU VOLONTARIATO E COOPERAZIONE
1992
-Delibera consiglio regionale 339/2899 del 03-03-1992
“Istituzione del registro regionale delle organizzazioni di volontariato”
1994
-Legge regionale del 09-06-1994 n° 18
“Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991 n° 381- Disciplina delle cooperative sociali”
-Legge n° 38 del 29-08-1994
“Valorizzazione e promozione del volontariato”
1995
-Deliberazione G.R. del 14 marzo 1995, n° 178-43880
“L.R. 9 giugnio 1994, n° 18- Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991, n° 381 “Disciplina
delle cooperative sociali”-Approvazione delle convenzioni tipo di cui agli artt. 10, 11, 12 e 13”
-Circolare presidenza Regione Piemonte del 4 aprile 1995 n° 10/ass.
“oggetto: legge regionale 9-6-1994 n° 18 “Norme di attuazione della legge 8 novembre 1991 n°
381-Disciplina delle cooperative sociali” -Chiarimenti e note informative sull’Albo Regionale e le
Convenzioni tipo”
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