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MARCO LA ROSA – DASEIN
testo di Carolina Lio
Al centro del progetto di Marco La Rosa si trovano i cinque solidi platonici, ovvero le cinque forme solide caratterizzate
dall'avere per facce dei poligoni regolari congruenti ed equivalenti, cioè con ogni faccia identica alle altre. Il tetraedro
(4 facce), l'esaedro (6), l'ottaedro (8), il dodecaedro (12) e l'icosaedro (20) sono gli unici cinque solidi che possono
rispettare questa caratteristica e rappresentano quindi la massima regolarità e simmetria ottenibile da un corpo
tridimensionale. Platone affidò a ognuno di questi corpi teorici anche uno specifico elemento, identificandoli
rispettivamente con il fuoco, la terra, l'aria, l'acqua e addirittura con la forma dell'Universo intero per quanto riguarda
l'icosaedro. L'universo concepito da Platone era, quindi, la figura più complessa possibile mantenendo la massima
perfezione e l'estrema regolarità geometrica. Marco La Rosa abbraccia questa visione avvicinandola alla filosofia di
Leibniz secondo cui l'universo non è retto da leggi e moti casuali, ma da un'ordine e da una perfezione che tendono al
“migliore dei mondi possibili” e, ponendosi nel ruolo di artista-demiurgo, utilizza questa astrazione ideale per ridefinire
il concetto di spazio, di tempo e della stessa identità dell'uomo.
La sua è, in definitiva, una ricerca di impostazione teorica quasi rinascimentale, periodo fortemente impregnato delle
filosofie e delle teorie neo-platoniche, in cui gli artisti identificavano una posizione intellettiva trasversale che non
riguardava solo le arti visive, ma anche il lavoro sullo spazio e addirittura sulle scienze, oltre alla ricerca di
un'espressione spirituale perfetta che derivasse in qualche modo dall'intelletto. In quel mondo così complesso e che
cercava delle regole di bellezza e di giustezza a cui fare riferimento, che agognava alla perfezione del “canone” così
come era stato in epoca classica, la geometria era una delle discipline fondamentali in quanto massima espressione del
rigore compositivo, abbecedario dell'architettura e della prospettiva, dell'armonia delle forme e della sintetizzazione del
mondo. I solidi platonici furono così studiati tanto da Piero della Francesca (De corporibus regularibus) ai disegni di
Leonardo, vedendosi sempre più uniti e assimilati a un discorso fortemente umanistico.
Marco La Rosa compie lo stesso tipo di operazione attraverso un linguaggio contemporaneo, lavorando con la sintesi
estrema delle rappresentazioni che caratterizza il giorno d'oggi. Il suo è un percorso installativo molto puntale, in cui la
regola o l'assenza della regola esprimono il collegamento tra “Essere e tempo”, come recita il titolo di una delle opere
principali di Heidegger. Riflettendo sui suoi scritti, l'artista passa da installazioni puramente geometriche a una serie di
riflessioni concettuali che sfociano nella trasposizione della regola in un suo autoritratto. Come affermava il filoso
tedesco, infatti, le strutture fondamentali del mondo hanno sempre al centro l'uomo e il suo esser-ci (in tedesco
Dasein, anche titolo della mostra) con un fare progettuale che modella, nel tempo, il mondo. L'essere umano, dunque,
“si dà nella storia”, in un'ottica trascendentale e consapevole che determina l'esistenza dell'oggetto, ovvero di ogni
altro elemento esistente.
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