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Brano : Ab urbe condita VII, 2
Autore : Livio
Originale
[2] Et hoc et insequenti anno C. Sulpicio Petico C. Licinio Stolone consulibus pestilentia fuit. Eo nihil dignum
memoria actum, nisi quod pacis deum exposcendae causa tertio tum post conditam urbem lectisternium fuit.
Et cum uis morbi nec humanis consiliis nec ope diuina leuaretur, uictis superstitione animis ludi quoque
scenici, noua res bellicoso populo?nam circi modo spectaculum fuerat?inter alia caelestis irae placamina
instituti dicuntur; ceterum parua quoque, ut ferme principia omnia, et ea ipsa peregrina res fuit. Sine carmine
ullo, sine imitandorum carminum actu ludiones ex Etruria acciti, ad tibicinis modos saltantes, haud indecoros
motus more Tusco dabant. Imitari deinde eos iuuentus, simul inconditis inter se iocularia fundentes uersibus,
coepere; nec absoni a uoce motus erant. Accepta itaque res saepiusque usurpando excitata. Vernaculis
artificibus, quia ister Tusco uerbo ludio uocabatur, nomen histrionibus inditum; qui non, sicut ante,
Fescennino uersu similem incompositum temere ac rudem alternis iaciebant sed impletas modis saturas
descripto iam ad tibicinem cantu motuque congruenti peragebant. Liuius post aliquot annis, qui ab saturis
ausus est primus argumento fabulam serere, idem scilicet?id quod omnes tum erant?suorum carminum
actor, dicitur, cum saepius reuocatus uocem obtudisset, uenia petita puerum ad canendum ante tibicinem
cum statuisset, canticum egisse aliquanto magis uigente motu quia nihil uocis usus impediebat. Inde ad
manum cantari histrionibus coeptum diuerbiaque tantum ipsorum uoci relicta. Postquam lege hac fabularum
ab risu ac soluto ioco res auocabatur et ludus in artem paulatim uerterat, iuuentus histrionibus fabellarum
actu relicto ipsa inter se more antiquo ridicula intexta uersibus iactitare coepit; unde exorta quae exodia
postea appellata consertaque fabellis potissimum Atellanis sunt; quod genus ludorum ab Oscis acceptum
tenuit iuuentus nec ab histrionibus pollui passa est; eo institutum manet, ut actores Atellanarum nec tribu
moueantur et stipendia, tamquam expertes artis ludicrae, faciant. Inter aliarum parua principia rerum ludorum
quoque prima origo ponenda uisa est, ut appareret quam ab sano initio res in hanc uix opulentis regnis
tolerabilem insaniam uenerit.
Traduzione
2 La pestilenza infuri? tanto in questo quanto nell'anno successivo, durante il consolato di Gaio Sulpicio
Petico e Gaio Licinio Stolone. Di conseguenza non accadde nulla che sia degno di essere menzionato, se
non il fatto che, proprio per placare l'ira degli d?i, venne celebrato un lettisternio, il terzo dalla fondazione di
Roma. Ma siccome non c'erano iniziative umane n? aiuti divini che riuscissero a frenare la violenza
dell'epidemia, mentre gi? gli animi erano in preda alla superstizione, si dice che tra i tanti tentativi fatti per
placare l'ira dei celesti vennero anche istituiti degli spettacoli teatrali, fatto del tutto nuovo per un popolo di
guerrieri i cui unici intrattenimenti erano stati fino ad allora i giochi del circo. Ma a dir la verit? si tratt? anche
di una cosa modesta, come per lo pi? accade all'inizio di ogni attivit?, e per giunta importata dall'esterno.
Senza parti in poesia, senza gesti che riproducessero i canti, degli istrioni fatti venire dall'Etruria danzavano
al ritmo del flauto, con movenze non scomposte e caratteristiche del mondo etrusco. In s?guito i giovani
cominciarono a imitarli, lanciandosi nel contempo delle battute reciproche con versi rozzi e muovendosi in
accordo con le parole. Quel divertimento entr? cos? nell'uso, e fu praticato sempre pi? frequentemente. Agli
attori professionisti nati a Roma venne dato il nome di istrioni, da ister che in lingua etrusca vuol dire attore.
Essi non si scambiavano pi?, come un tempo, versi rozzi e improvvisati simili al Fescennino, ma
rappresentavano satire ricche di vari metri, eseguendo melodie scritte ora per l'accompagnamento del flauto
e compiendo gesti appropriati.Livio fu il primo, alcuni anni dopo, ad abbandonare la satira e ad avventurarsi
nella composizione di un'opera dotata di trama unitaria. Attore egli stesso delle proprie opere - come allora
erano tutti -, pare che, colpito da un abbassamento di voce per le ripetute chiamate in scena, dopo aver
chiesto e ottenuto di far cantare un ragazzo davanti al flautista, esegu? la sua monodia con gesti di gran
lunga pi? espressivi proprio perch? non era impedito dal dover usare la voce. Da allora gli attori
cominciarono ad accompagnare le parti cantate con gesti, riservando all'uso della voce soltanto le parti
dialogate. Ma quando, grazie a questo tipo di messe in scena, la rappresentazione si scost? dallo scherzo
spontaneo e dal lazzo gratuito e il teatro si trasform? a poco a poco in una manifestazione artistica, la
giovent? abbandon? le recite agli attori di professione e riprese l'abitudine di un tempo scambiando rozze
battute in versi. Di qui nacquero quelle che in s?guito vennero chiamate farse finali e per lo pi? aggiunte alle
Atellane. Queste ultime, un tipo di rappresentazione importato dagli Osci, i giovani romani le tennero per s?
e non permisero che fossero contaminate dagli attori professionisti. Di qui la norma per cui gli attori di
Atellane non possono essere rimossi dalla trib? di appartenenza e prestano servizio militare, come se non
avessero rapporti con il mondo della scena. Tra gli inizi modesti di molte altre cose ? parso opportuno
collocare anche i primi passi del teatro, perch? si potesse vedere quanto fossero sobri i primordi di un'arte
che al giorno d'oggi ha raggiunto tali vertici di scostumatezza da essere a malapena tollerata anche in regni
ricchissimi.