1. Enunciazione del fenomeno: l'immigrazione in Italia. Una terminologia geografica per spiegare una divisione economica Nord Paesi sviluppati; nazioni ricche, collocate prevalentemente nell'emisfero settentrionale. Sud Paesi in via di sviluppo (PVS); nazioni povere, collocate prevalentemente nell'emisfero meridionale. I dati statistici dimostrano che i tassi di mortalità nel Sud del mondo sono in costante discesa grazie alla diffusione del sistema igienico-sanitario. La popolazione mondiale è quindi in costante crescita; soprattutto nei PVS l'aumento demografico è oggi un indicatore di arretratezza e uno dei principali ostacoli allo sviluppo. L'aumento vertiginoso della popolazione mondiale non è questione che riguardi solo i PVS, come dimostrano i flussi migratori dal Sud verso il Nord: gli abitanti in eccesso dei PVS tendono a spostarsi verso i paesi ricchi in cerca dei mezzi di sopravvivenza. Alcuni dati statistici a confronto Indicatori Anno Paesi sviluppati Paesi in via di sviluppo Speranza di vita Tasso mortalità infantile Abitanti per medico Tasso alfabetizzazione adulti 1990 1991 84-89 1990 74,5 14 %o 380 100 % 56,5 96%508 0 49% Le disuguaglianze Disuguaglianze all'interno di una singola società Problema centrale: la non equa distribuzione di ricchezze. PS modello a uovo: al vertice una ristretta élite di ricchi, al centro un vasto ceto medio, alla base un'area ridotta di povertà. PVS modello a piramide: al vertice gruppi sociali ridotti che dispongono di mezzi rilevanti, alla base la massa della popolazione che vive in povertà. O O O Disuguaglianze tra PS e PVS La disuguaglianza presente nelle relazioni tra paesi diversi ha all'origine una disuguaglianza economica (a sua volta causata da ragioni storiche complesse) che può essere riassunta nei termini di un minore e di un maggiore sviluppo. Abbiamo così società più sviluppate e società meno sviluppate che, entrando reciprocamente in contatto, determinano situazioni di forte disuguaglianza come quelle a cui sono soggetti gli immigrati che si spostano dai paesi poveri a quelli più ricchi in cerca di lavoro e di assistenza sociale. Immigrazione ed emigrazione in Italia Dal 1861 alla metà degli anni ottanta 30 milioni di italiani sono emigrati all'estero. Nel 1973 la tendenza migratoria si inverte: il numero degli italiani rientrati in patria è per la prima volta superiore a quello degli espatriati. Nel 1995 1 200 000 (secondo le statistiche della Caritas) sono in Italia gli stranieri provenienti da paesi extracomunitari. Due terzi sono in possesso di regolare permesso di soggiorno. L'afflusso in Italia di lavoratori extracomunitari, costante ma limitato a partire dai primi anni settanta, ha assunto dimensioni rilevanti a partire dalla metà degli anni ottanta, grazie soprattutto a quattro fattori: a. crisi dell'economia agricola nel Maghreb e nell'Africa sub-sahariana; b. trasformazioni del mercato del lavoro in Italia; sono disponibili, soprattutto nel centro-nord, occupazioni non coperte da manodopera locale; e. nuove politiche restrittive degli ingressi attuate da paesi come la Francia e la Germania; d. permeabilità delle frontiere e assenza di una politica dell'immigrazione. 2. Descrizione delle dirette conseguenze: problemi sociali, intolleranza, razzismo. Gli italiani di fronte all'immigrazione L'impatto con l'immigrazione ha provocato in Italia, in questi ultimi anni, un vero e proprio shock culturale, per diversi motivi: a. la novità e la rapidità del fenomeno; b. il prevalere di un'immigrazione extracomunitaria rispetto ad altri paesi, per esempio la Germania, dove quote rilevanti di immigrati provenivano dai paesi dell'UE o dall'Europa meridionale; e. impreparazione culturale e istituzionale del nostro paese davanti al fenomeno; d. concorrenza fra i "nativi" delle fasce più deboli del mercato del lavoro e gli "stranieri". Il paese ha reagito in modo sproporzionato rispetto alle dimensioni reali del fenomeno immigrazione L'opinione pubblica si è costruita uno stereotipo dell'immigrato a partire dalla più vistosa presenza di alcuni tipi di immigrati (ambulanti, venditori di sigarette di contrabbando, lavavetri) e non a partire dalla realtà più consistente, ma sommersa, degli immigrati impiegati, per lo più in nero, nella piccola industria e nel lavoro domestico. Interrogato sul suo rapporto con lo straniero, il cittadino italiano spesso risponde: "Io non sono razzista, ma..." "Io non sono razzista" è una dichiarazione forte che fa riferimento a un qualche valore ("Siamo tutti figli di Dio", "Per me non c'è differenza tra bianchi, neri e gialli" ecc.); "ma..." spesso introduce una serie di considerazioni del tipo "ma i senegalesi spacciano", "ma le nigeriane si prostituiscono", "ma gli zingari rubano"; il "ma" svela così il carattere astratto e autorassicurante della pri_ ma affermazione. La frase, afferma Manconi, comunica anche una richiesta: "Aiutatemi a non diventare razzista". Allarmanti i risultati di un'indagine dell'antropologa Paola Tabet, condotta per sette anni nelle elementari e nelle medie italiane facendo scrivere 7000 bambini tra i 7 e i 13 anni sul tema del razzismo. Dall'indagine emerge che i bambini sono facilmente vittime degli stereotipi che li bombardano, soprattutto se non c'è nessuno in famiglia a contraddire i messaggi dei mass media. «Se tuo papa o tua mamma fossero neri...» è il tema che ha scatenato i pensieri più scioccanti e non solo perché si capisce che i bambini non sono tanto spaventati dall'ipotesi di un cambio di genitori (quelli americani spesso sono ben accetti, come è emerso nei temi dal titolo «Se i miei genitori fossero americani»), ma dal!'incubo che non siano bianchi. 3. Richieste formulare proposte di soluzione Documentazione preliminare per lo sviluppo delle proposte 1. Il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), nello scritto Sulla pace perpetua, afferma il diritto di ogni uomo a muoversi liberamente: il "diritto di visita" spettante a tutti gli uomini, in virtù del diritto al possesso comune della superficie terrestre, stabilisce che nessuno ha maggior diritto di un altro a una porzione determinata della Terra. 2. Il concetto di società "multietnica" è problematico per i seguenti motivi: a. non sempre corrisponde alla realtà dell'immigrazione e alle richieste degli immigrati; b. non esistono in Europa vere e proprie società multietniche; e. anche in quei paesi, come la Francia e l'Inghilterra, ove si è tentato di integrare gli immigrati, raramente questi hanno goduto di uno status analogo a quello dei cittadini; d. gli immigrati sono più interessati ai diritti sociali e civili che a quelli politici. 3. Perché l'immigrazione possa contribuire positivamente al futuro sociale, economico e culturale del paese, occorre: a. un nuovo patto tra italiani e immigrati, basato su un sistema di doveri e diritti reciproci, che preveda l'accesso dei nuovi soggetti ai diritti di cittadinanza; b. che lo stato assuma la regolamentazione degli accessi, dimostrando un'effettiva capacità di contenere l'immigrazione clandestina entro limiti accettabili.