UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI UFFICIO CONCORSI PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER UN POSTO DI PROFESSORE UNIVERSITARIO DI RUOLO DI PRIMA FASCIA PRESSO LA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL’UNIVERSITÀ DI SASSARI, SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE M05X, DISCIPLINE DEMO-ETNO-ANTROPOLOGICHE, NOMINATA CON DECRETO DEL RETTORE DEL 12 GENNAIO 2000 N. 37/C, PUBBLICATO NELLA G.U. N. 13 DEL 15 FEBBRAIO 2000. GIUDIZI INDIVIDUALI E COLLEGIALI Candidato Mario ATZORI A. Buttitta L’ormai trentennale attività didattica e scientifica del candidato, formatosi alla scuola di Ernesto De Martino, si è progressivamente concentrata nel corso degli anni sulla osservazione, analisi e illustrazione di forme e temi della cultura tradizionale sarda, ma anche su altri di interesse più generale, tanto per l’estensione territoriale quanto metodologica. Per il primo aspetto il suo impegno si è coerentemente indirizzato verso ambiti di particolare e attuale interesse quali la cultura materiale, i rituali festivi, le credenze magico-religiose, le strategie matrimoniali, i sincretismi culturali determinati dalla presenza iberica in Sardegna. Relativamente al secondo aspetto la sua attenzione si è concentrata sulla colonizzazione lusitana in Africa centrale, sulle dinamiche connesse all’incontro-scontro fra tradizione e modernità, sulla formazione di operatori nell’ambito dei progetti di sviluppo in Tchad. Questo ampio orizzonte tematici e metodologico è testimoniato da une serie di iniziative, da lui coordinate, tanto in ambito scientifico quanto espositivo, mostrando tra l’altro in quest’ultimo da parte sua particolari attitudini per la museografia etnoantropologica. Riguardo ai contributi relativi allo studio della cultura tradizionale sarda, si segnalano per rigore metodologico e originalità dei risultati i lavori: I giochi dei bambini in una comunità sarda; Rapporto tra canzoni religiose catalane e canti religiosi sardi: i goigs e goros; Potere e ideologia, spettacolo e contestazione in alcuni esempi del Carnevale in Sardegna; Cristinaesimo e magia in Sardegna; Chiesa, critica e controllo sociale in alcuni canti sardi; Sponsali e matrimoni nel quartier di Castello nel XVII secolo; Cavalli e feste; Pratiche etnoiatriche e magico-religiose della tradizione sarda. Si tratta solo di alcuni titoli dell’estesa produzione scientifica del candidato, che si sostiene sempre all’incrocio di ricerche sul terreno e di archivio e sulla conoscenza puntuale della letteratura specifica. La strategia metodologica che caratterizza il complesso della produzione scientifica del candidato, non meramente descrittiva nei termini dell’etnografia tradizionale, si testimonia già nel primo dei lavori ricordati. In questo il candidato mostra infatti di possedere la consapevolezza metodologica e l’informazione bibliografica atte a cogliere il significato profondo delle pratiche ludiche, avvertendo di volere “evitare il rischio della curiosità folklorica e i sentimentalismi vagamente romantici tendenti a salvare i patrimoni culturali destinati inevitabilmente a trasformarsi”, e affermando lucidamente che “le stesse regole sociali e di trasmissione dei modelli culturali, la stessa calendarizzazione e ciclicità degli avvenimenti significativi di un’esistenza fortemente ritualizzata” si esprimono nella struttura formale dei giochi infantili del mondo contadino. Analoga consapevolezza critica testimoniano i saggi concernenti i rituali festivi. In essi si fa tra l’altro valere la griglia metodologica di precedenza storico-religiosa mediante la quale sono analizzate le pratiche cerimoniale nella loro specificità socio-antropologica.Le strutture sociali tradizionali, il controverso rapporto tra campagna e centri urbani, i comportamenti simbolici tra ergologia e ritualità festiva, i complessi itinerari di scambio tra ceti egemoni e classi popolari vengono lucidamente illustrati e esaminati nel volume Tradizioni popolari in Sardegna. Il testo non si offre solo quale puntuale “archivio” dei fenomeni indagati, ma investe anche l’attualissima problematica che vede l’Isola per un verso ancora legata ad arcaiche modalità d’esistenza mentre per altro verso proiettata nelle rotte di un raffinato ed esclusivo turismo internazionale. Nel complesso l’insieme degli scritti di Mario Atzori, al di là della loro diversa consistenza qualitativa, testimonia un impegno intellettuale coerente e rigoroso, segnalandosi anche per la sua originalità rispetto a una tradizione di studi demologici ancora di taglio troppo spesso asfitticamente descrittivo. M. Callari Galli L’attività didattica e scientifica del candidato si è svolta con continuità a partire dal 1971; si caratterizza per un susseguirsi di ricerche sul campo e per un’abbondante produzione di pubblicazioni. L’analisi della produzione culturale della Sardegna rappresenta l’argomento più presente negli interessi scientifici del candidato che ha rivolto la sua attenzione ad indagare molti dei suoi aspetti, non trascurando di collegarli a temi più ampi dell’interesse antropologico. A questo riguardo ricordo che se all’inizio della sua attività troviamo spunti di antropologia economica e storica, negli ultimi anni apre il suo interesse ad un rapporto di cooperazione internazionale con la Repubblica del Tchad per la formazione antropologica di operatori culturali stabilendo rapporti interdisciplinari con archeologi e linguisti. Volendo raggruppare la sua produzione è possibile individuare alcuni principali nuclei di interesse: rapporto tra produzione artigianale e aspetti simbolici (n.7,11,16,18,19,21,24,31,33,34,35,36,38) folclore e religione (n. 5,8,12,14,17,26,28,29,30,37,39,41) studi sull’acculturazione e sul rapporto tra tradizione e modernità (n. 10,43 ) In tutti i filoni la sua attenzione è particolarmente rivolta agli aspetti metodologici e alle tecniche di rilevamento dei dati nelle quali applica e sperimenta nuovi sistemi audiovisivi, precisione ed accuratezza caratterizzano le descrizioni delle tecniche di produzione agricola. I rapporti con le altre discipline, presenti sia a livello di impostazione metodologica che di fattiva collaborazione, affrontano soprattutto i problemi della ricerca sul campo. Alcuni spunti interessanti ma connotati da una certa ingenuità teorica nelle prime opere sono ripresi con compiutezza e profondità negli ultimi lavori nei quali esaminando temi e dati già presentati in altri scritti li inquadra organicamente e compiutamente nel dibattito degli studi demologici facendo cosi’ emergere elementi strutturali in grado di dare profondità e finalità alle descrizioni etnografiche S. Miceli La produzione presentata dal candidato documenta un itinerario di studi e di ricerche orientato lungo due fondamentali direttrici d’interesse. Per un verso l’interesse per le dinamiche del potere e i rapporti di dominio-subalternità che condizionano le modalità di interazione conoscitiva fra i gruppi umani; per altro verso l’interesse per la Sardegna, la sua cultura e le sue tradizioni, indagate in prospettiva diacronica oltre che analizzate secondo il taglio sincronico dell’osservazione antropologica. Lungo la prima direttrice di interesse si colloca per esempio lo studio storico-antropologico sulla colonizzazione del Congo e le relazioni di viaggio dei missionari come documenti di una lettura etnocentrica e ideologica delle sue tradizioni (Conquista coloniale, apostolato missionario e società tradizionale in Congo). D’altro canto l’interesse per i contesti di relazionalità sociale asimmetrica e per i dislivelli di cultura interni alle società complesse fa da sfondo costante alle indagini di etnografia della Sardegna documentate nei lavori brevi e nei volumi presentati. Condotti in un quadro di fondo storico-materialistico e con puntuale attenzione dedicata alle trasformazioni nel tempo del sistema produttivo e della situazione socio-politica delle comunità sarde, gli studi del candidato sulle tradizioni culturali della Sardegna si giovano di ampie ricognizioni storico-bibliografiche, attente ricerche d’archivio e indagini su campo. Particolarmente accurata la ricostruzione delle tradizioni equestri di Sardegna, oggi al centro di numerose cerimonialità festive, di cui dà ampia documentazione il volume Cavalli e feste. Analitiche e puntuali anche alcune ricerche sulla cultura materiale, come per esempio la ricostruzione del ciclo di produzione artigianale dei lavori di intreccio di Sinnai (Artigianato tradizionale della Sardegna. L’intreccio: corbule e canestri di Sinnai). Alcuni lavori brevi di demologia della Sardegna confluiscono ora, in parte rielaborati, nell’ampio volume storico-sistematico Tradizioni popolari della Sardegna. Identità e beni culturali, che accoglie pure un recente studio sulla gioielleria popolare sarda e sul formarsi della sua tradizione condotto attraverso una minuziosa lettura delle fonti disponibili sull’argomento. Benché non sempre ugualmente curati nell’approfondimento critico delle molteplici questioni evocate, i lavori presentati dal candidato attestano tuttavia un impegno di studio e di ricerca certamente meritevole di riconoscimento. I suoi studi sulle tradizioni di Sardegna, guidati da autentica passione per la ricostruzione rigorosa delle vicende storico-culturali dell’isola, esitano in contributi originali di documentazione non solo del folklore sardo e delle sue trasformazioni nel tempo, ma anche delle dinamiche culturali che attualmente fermentano nell’isola, nel contesto dei rapporti fra globale e locale tipici della società contemporanea. F. Remotti Mario Atzori, professore associato all’Università di Sassari, testimonia un’indubbia continuità di impegno sia scientifico sia didattico nell’ambito disciplinare in oggetto, come è ampiamente attestato dal suo curriculum e dai titoli allegati. Anche dal punto di vista delle pubblicazioni, è facile constatare un impegno disciplinare continuo, che dà luogo a un numero considerevole sia di volumi, sia di saggi e articoli: tra le quarantatré pubblicazioni presentate quattro sono i volumi scritti in proprio, quattro i volumi in collaborazione e più che una trentina tra saggi, articoli, articoli brevi e occasionali, recensioni. Tre sono i principali ambiti trattati: l’etnografia della Sardegna; le relazioni dei missionari nell’Africa occidentale; riflessioni storico-disciplinari. Non v’è dubbio tuttavia che l’ambito principale è quello del folklore sardo, dato che le pubblicazioni relative agli altri due ambiti rimangono molto circoscritte e – soprattutto per quanto riguarda gli interessi africanistici – manifestano un atteggiamento di prima compilazione e rassegna e una corrispondente mancanza di approfondimento. I quattro volumi pubblicati sul folklore sardo (dalle tradizioni equestri a festività tradizionali, dalle tradizioni popolari all’identità), così come tutte le altre pubblicazioni relative ai temi individuati (dai giochi dei bambini ai canti e al Carnevale, dall’artigianato alla magia, all’abbigliamento, dalle tradizioni equestri ai valori simbolici, oltre che alimentari, dell’olio e del vino), pongono in luce una caratteristica costante di questo studioso: ossia un netto privilegiamento del momento descrittivo e per così dire etnografico. I contributi più apprezzabili del candidato si collocano infatti nello studio di diverse tradizioni popolari sarde, e soprattutto delle tradizioni artigianali, dove pone in luce precisione e puntualità nell’apparato descrittivo e nelle tecniche di documentazione. Ma nel contempo affiora una carenza preoccupante sul piano dell’impostazione teorica generale e della conoscenza e dell’impiego di valide prospettive antropologiche. Questo tipo di carenza produce l’effetto di un affastellarsi di argomenti (come quelli citati prima), che rimangono per lo più come frammenti, così come si manifesta nell’uso di espressioni e tesi alquanto astruse e ingenue, nei casi in cui il candidato avverte l’esigenza di spostarsi su un piano più vasto e di tentare alcune generalizzazioni. In conclusione, se i criteri della pertinenza disciplinare e della continuità dell’impegno di ricerca sono indubbiamente soddisfatti, si ritiene di dover avanzare dubbi e perplessità piuttosto consistenti per quanto concerne il criterio dell’originalità e dell’innovatività, così come per quello della progressione. P.G.Solinas Nell’abbondante produzione pubblicistica di Mario Atzori, interamente, o quasi, dedicata ad argomenti d’etnografia sarda, se si escludono brevi incursioni d’orientamento africanistico, si percorre una varietà di temi di interesse antropologico, dalla cultura materiale (le tecniche di intreccio, la tessitura) alle forme di famiglia e della parentela, alle feste ed alla ritualità popolare: le tradizioni equestri, il Carnevale, l’arte popolare, i gioielli. (Credenze e riti magici in Sardegna. Dalla religione alla magia, 1980, —coautore—, Cavalli e feste, Tradizioni equestri della Sardegna, 1988, Tradizioni popolari della Sardegna. Identità e beni culturali, 1997). Nella generalità dei casi i tentativi di descrizione ed analisi che vengono proposti si attengono alla documentazione letteraria, storica, archeologica, più spesso frutto di ricognizioni bibliografica e più limitatamente, o meno organicamente, di diretta osservazione propriamente etnologica, per quel che è dato ricavare dalla scarsa informazione d’ordine metodologico che accompagna i testi. Se si esclude infatti qualche caso (in particolare Artigianato tradizionale della Sardegna. L’intreccio. Corbule e canestri di Sinnai, 1980, in cui si coglie l’opera d’un lavoro documentario effettivamente impegnato sul terreno), per il resto, o per la gran parte, gli studi proposti si avvalgono di informazioni, notizie, memorie, testi già noti nella letteratura. Talora, in verità, i testi presentati lasciano supporre, o intuire, l’intervento d’una o più fasi di lavoro empirico d’osservazione etnografica. Nonostante ciò, è difficile riuscire a stabilire con esattezza in quali contesti di rapporto, con quali procedure di rilevazione e con quale esperienza di terreno tali risultati siano stati acquisiti. Inevitabilmente, d’altronde, gli oggetti prescelti, poiché appartengono al repertorio più frequentato nel folklore della Sardegna (l’Ardia di Sedilo, la Sartiglia di Oristano, il Carnevale di Bosa…) per loro stessa natura obbligano lo studioso che ne voglia riesplorare i tratti e le ragioni a ripercorrere la vasta letteratura antiquaria, erudita, storica e folkloristica che li riguarda. Tuttavia, nel caso presente, tale obbligo pare assolto con una sorta di insistente eclettismo, nel quale è difficile riconoscere qualche specifico contributo d’originalità, e che, nondimeno si esprime ora con incontrollata libertà inventiva, ora con ineleganti approssimazioni. Qua e là si fanno strada conati interpretativi, non privi di pretese formalizzatrici, francamente povere di effettivo valore conoscitivo, ai quali difficilmente una considerazione scientificamente avveduta potrebbe riconoscere un credito senza riserve. Candidato Armando CATEMARIO A. Buttitta Il candidato presenta un curriculum, titoli e pubblicazioni, da cui si evince la figura di uno studioso autenticamente impegnato in attività didattiche continuative e in ricerche non occasionali. Dall’insieme emerge una personalità scientifica caratterizzata da denso spessore intellettuale e da ampie conoscenze bibliografiche non solo nel settore delle discipline ricomprese nel presente raggrupamento concorsuale. Appare evidente che nel corso della progressiva definizione dei suoi interessi scientifici egli ha seguito un itinerario originale, che di fatto ha incrociato tematiche di ampio respiro appartenenti anche a ambiti disciplinari contigui a quello più propriamente riferibile al settore antropologico. Più visibilmente si perimetra all’interno di quest’ultimo il corposo volume Linee di antropologia culturale. Non si tratta di un banale manuale della disciplina, come il titolo porterebbe a pensare, in realtà al contrario di un globale ripensamento di essa e implicitamente di una nuova sua risistemazione sia per l’aspetto tematico sia per la prospettiva scientifica. Non tutte le proposte metodologiche e le proposizioni analitiche in ordine alla individuazione dei problemi e alla migliore conoscenza dei fatti considerati appaiono persuasive; anche in questi casi difficilmente questionabile è però la sicura qualità della sua produzione. M. Callari Galli Il candidato presenta per la valutazione comparativa quattro volumi: "La società malata (1962)", "Linee di Antropologia culturale (1977), "La contraddizione culturale nelle società complesse (1990)", "Amore, Norme, Vita (1996)" La prima è un'opera assai vasta, dotata di un'ampia documentazione bibliografica e un imponente apparato critico, sulla "filosofia di Fromm", come recita il sottotitolo del volume. Di notevole interesse culturale, anche quale documento del clima intellettuale degli anni '60, non investe pienamente la disciplina antropologica rispetto ai grande temi generali che affronta e che non sono certo estranei alla riflessione antropologica. I volumi "Linee di Antropologia culturale" e "La contraddizione culturale nelle società complesse", rispettivamente del 1988 e del 1990, sono anch'esse vaste e di ampio respiro. I materiali hanno un andamento quasi manualistico nella prima, più critico e problematico nella seconda. "Amore, Norme, Vita" , presenta, con maggiore concisione rispetto alle altre tre, una visione critica dei rapporti tra antropologia ed etica. La produzione del candidato offre al lettore numerosi aspetti interessanti: la visione critica e problematica è profonda e mai di maniera, la documentazione che nella maggioranza dei casi attinge soprattutto alla letteratura straniera, ampia e con aperture interdisciplinari originali. Sorprende tuttavia il ruolo marginale che rivestono i riferimenti e i rimandi ad autori italiani; questo rilievo non è dettato da una visione autarchica o ancor peggio sciovinistica ma dalla consapevolezza che su molti degli argomenti e dei problemi affrontati, l'antropologia italiana da anni produce riflessioni e ricerche in grado di aggiungere orientamenti critici importanti per le interpretazioni proposte. Alcuni concetti quali l'"antropologia bio-culturale", le "disarmonie", il "centrismo psichico" nonostante siano largamente discussi, appaiono bisognosi di approfondimenti epistemologici. Scarsa attenzione è poi riservata alla traduzione in termini metodologici di molte posizioni teoriche espresse. S. Miceli I lavori presentati dal candidato (quattro volumi, di cui tre ponderosi) sono fortemente segnati da quelli che sono i suoi tre fondamentali orientamenti di ricerca filosofico, psicologico-psicanalitico, socio-antropologico i quali trovano sul terreno problematico dell’etica un luogo privilegiato di incontro e di intersezione. Se i suoi interessi psicologici, uniti alla consapevolezza antropologica del definirsi socio-culturale del concetto di “normalità”, lo hanno avvicinato anzitutto ai lavori della scuola di “Cultura e personalità”, è in un’ottica di filosofia e psico-analisi sociale che egli avvia la sua ricerca sulla struttura patologica e patologizzante della forma storica di società in cui vive l’uomo occidentale moderno. Di questa ricerca sono espressione anzitutto il volume dedicato a Fromm La società malata. Saggio sulla filosofia di Fromm e ancora, per certi versi quanto meno, i due volumi più recenti La contraddizione culturale nelle società complesse: l’etica universale e Amore norme e vita. Antropologia e etica. In questi volumi è impostata un’analisi delle contraddizioni tipiche della cultura contemporanea nella prospettiva soprattutto degli effetti devastanti che esse riverberano sull’individuo umano e sulla formazione della sua personalità; nonché, allo stesso tempo, è impostata un’esplorazione dei possibili modi di difendersi da esse e di superarle nella prospettiva di un’etica universalistica dell’amore. L’altro ponderoso volume Linee di antropologia culturale propone una riflessione su alcuni nodi teorici dell’antropologia culturale e una presentazione minuziosa, con intenti sistematizzanti e classificatori, degli ambiti di ricerca cui essa si dedica. I lavori presentati dal candidato dimostrano tutti la serietà della sua preparazione e la profondità e autenticità del suo impegno etico. Per quanto riguarda più specificamente la linea antropologica della sua riflessione, si nota un’accentuata dipendenza dal filone statunitense dell’antropologia culturale, peraltro non seguito fino alle fasi più recenti del dibattito che lo ha attraversato. Nei due volumi sulle contraddizioni culturali e su antropologia e etica prima ricordati, il contrasto tra istanze e mete universalistiche e particolarismo delle situazioni storico-culturali, che è in essi motivo centrale, è esplorato in un’ottica sistematizzante e totalizzante che rende ben avvertibile l’impostazione fondamentalmente filosofica del percorso del candidato. Le competenze antropologiche risultano alla fine utilizzate, nei suoi lavori, per rendere più ricca e sensibile la sua riflessione sull’uomo e le sue problematiche esistenziali, laddove viceversa la specificità della prospettiva antropologica quale si definisce all’interno del nostro settore disciplinare, i correlati problemi di metodo e la peculiarità, anche, delle questioni epistemologiche implicate, risultano alla fine svalutati e perfino, per certi aspetti, ignorati. F.Remotti Il candidato presenta, come pubblicazioni, soltanto quattro volumi, che si collocano in momenti diversi del suo curriculum, e nessun articolo. Il primo, La società malata (1962), è soprattutto dedicato all’illustrazione del pensiero dello psicoanalista Eric Fromm, rispetto al quale l’autore manifesta un atteggiamento di adesione acritica. Sia per l’argomento prescelto, sia per il punto di vista adottato, si possono avanzare dubbi o perplessità in riferimento al criterio della pertinenza disciplinare. La seconda pubblicazione, Linee di antropologia culturale (la cui prima edizione risale al 1977), è a sua volta caratterizzata da uno stile di lavoro sostanzialmente compilatorio, dato che in diverse occasioni non fa che riprodurre (in modo non sempre corretto) definizioni e categorizzazioni altrui. Nelle parti in cui il candidato abbandona il riferimento alla manualistica di tipo etnologico e antropologico, emerge la tendenza a proporre tesi poco plausibili e connessioni poco coerenti. Il terzo volume, La contraddizione culturale nelle società complesse: l’etica universale (1990), è caratterizzato dall’enunciazione di problematiche molto ampie, di sapore più filosofico che non strettamente antropologico, per affrontare le quali si fa ricorso a teorie e concetti piuttosto astrusi. Il quarto volume, Amore, norme, vita. Antropologia ed etica (1996), pare essere soprattutto una raccolta di saggi scritti per altre occasioni, anche se l’A. non rivela le eventuali fonti, data l’eterogeneità degli argomenti trattati (multiculturalismo, universalismo, questioni di etica generale sono tuttavia le tematiche dominanti). Pure qui si riscontrano affermazioni non del tutto condivisibili scientificamente, a causa della loro genericità e arbitrarietà P.G.Solinas La formazione fondamentalmente filosofica, più specificamente filosofico-morale, che orienta la biografia intellettuale di A. Catemario influenza largamente le sue linee di ricerca, non solo nel primo periodo, con il saggio sulla filosofia di E. Fromm, La società malata, 1962, ma ben più tardi, in anni relativamente recenti, con l’impegnativo volume La contraddizione culturale (1990), e ancora con il libro pubblicato nel 1996, Amore, norme, vita. I termini etici che qualificano il nucleo centrale negli interessi speculativi di Catemario ruotano intorno a temi quali “l’amore universale” il cosidetto “centrismo” (qualcosa che ha a che fare con un’autopercezione ego-centrata, in termini di fini, di bisogni, di rapporti con alterità), il “bisogno”. Riflettendo su queste categorie ed incrociandole con le nozioni di base che forniscono corredo ordinario di informazione nelle scienze dell’uomo (alcune tratte dalla psicologia, altre relative al processo di ominazione e alla storia evolutiva della specie), l’autore intende dar corpo ad una nuova teoria, un nuovo assetto teorico-speculativo, comprensivo, ad un tempo psico-sociale, evolutiva, ed etica, che assume come focus ricorrente appunto il concetto di centrismo. Alla luce di tali presupposti, l’antropologia che viene di fatto esercitata, o praticata (nelle costruzioni discorsive che pervadono i diversi volumi), non è altro che una riformulazione in contesti diversi e su oggetti diversi dello schema fondamentale. Questo schema viene accostato ad una limitata varietà di questioni e tematiche (la guerra e la pace, la religione e la moralità, il buddhismo…), sempre a quel che è dato evincere dai titoli presentati, in una chiave astratta, riflessiva, ben difficilmente ancorata ad una pratica etnografica o ad una considerazione realmente interna alla produzione propriamente etnologica. Allorché il Catemario si dedica ad un lavoro di trattazione propriamente e dichiaratamente antropologica (Linee di Antropologia culturale, 1992) quel che si vede apparire è qualcosa che assomiglia ad una sistematica, ma alla quale in realtà con molta difficoltà potrebbe esser riconosciuta effettiva sobrietà, efficacia e strutturata competenza. Candidata Francesca DECLICH A.Buttitta Il curriculum della candidata segnala l’attività di una studiosa sicura e coerente nelle scelte tematiche. Rispetto a queste l’interesse scientifico si accompagna all’impegno sociale, documentato dalla sua attiva partecipazione a progetti internazionali di sviluppo. Le pubblicazioni presentate sono di vario livello qualitativo. Talune hanno semplice valore documentario, altre presentano maggiore consistenza sotto il proficuo dell’analisi dei fenomeni considerati. E’ sicuramente da valutare in positivo il fatto che alcuni suoi lavori sono apparsi in prestigiose pubblicazioni straniere. Nel complesso si tratta di una studiosa autenticamente impegnata i cui contributi scientifici non mancano di alcuni spunti interessanti. In atto è tuttavia ancora non definito lo spessore teorico-metodologico necessario a configurare una personalità scientifica esaustivamente esitata. M.Callari Galli Ha svolto una intensa attività di ricerca in diversi settori delle discipline antropologiche e in aree geografiche diverse. Fra gli ambiti delle discipline antropologiche indagati vanno menzionati l’antropologia medica, gli studi di genere, le tradizioni orali mentre tra le aree geografiche l’Africa Orientale e la Colombia. Ha preso parte a numerosi programmi di cooperazione internazionale e ad attività in favore di rifugiati. Risultato di queste attività sono numerosi saggi, di lunghezza diversa, introduzioni a collettanee di saggi , pubblicati in riviste italiane e straniere, programmi di ricerca e resoconti di indagini svolte (questi ultimi per lo più inediti e valutabili solo come testimonianza dell’attività svolta dalla candidata). Dai saggi si individua il vasto campo degli interessi antropologici della candidata e la sua attenzione alla ricerca sul campo. Interessanti anche alcuni spunti critici sulla letteratura etnografica riferita ad alcuni dei gruppi analizzati. Nel complesso la produzione presenta una buona attitudine alla ricerca sul campo anche se i molti ambiti cui si applica determinano una frammentarietà ed eterogeneità negli apparati teorici cui rimandano. Adeguata ed aggiornata la letteratura di riferimento. Manca una monografia che presenti organicamente gli interessi e le competenze della candidata. La sua attività didattica si svolge dal 1997, come professore a contratto presso l’Università di Urbino; ha svolto numerosi seminari e cicli di lezioni in istituzioni italiane e straniere. Ha partecipato a numerose conferenze e seminari nazionali ed internazionali. S.Miceli Le ricerche condotte dalla candidata attraverso un notevole impegno su campo riguardano tematiche differenti, in particolare questioni di antropologia medica, studi di genere, analisi di testi di tradizione orale. L’area indagata è soprattutto l’Africa orientale. La produzione presentata testimonia il ricco percorso di formazione e i molti interessi della candidata. Per la parte valutabile ai fini concorsuali essa consiste di lavori brevi che consentono di apprezzare una buona conoscenza della letteratura etnologica internazionale e significative capacità di osservazione e di analisi. Si tratta tuttavia di una produzione ancora frammentaria, spesso occasionale, dove mancano lavori di più articolato e consistente spessore in grado di attestare le capacità di elaborazione concettuale e di approfondimento e la più complessiva maturità scientifica della candidata. F. Remotti La candidata manifesta un indubbio impegno nel campo soprattutto dell’etnologia africanistica e anche più in generale delle applicazioni e interventi in cui può essere utilizzato il sapere antropologico, come è attestato sia dal curriculum sia dalle pubblicazioni. Dal curriculum si evince pure una molteplicità di momenti o fasi di preparazione professionale (dalla laurea al master, dal corso di perfezionamento al dottorato, alla fruizione di borse di studio). Da segnalare inoltre la sua partecipazione a progetti di livello internazionale. Per venire più specificamente alle pubblicazioni, occorre considerare che la candidata presenta una quantità di documenti di vario tipo, alcuni editi e altri inediti, alcuni inoltre in collaborazione e non valutabili ai fini della valutazione comparativa. Tra le pubblicazioni più consistenti e significative – circa una decina di articoli o di capitoli di libri collettivi – buona parte sono scritte in inglese o in spagnolo e in sedi anche prestigiose. I temi trattati sono diversi (Somalia coloniale, Goscia del Medio Giuba, narrative e tradizioni di genere, identità, danze) a testimonianza di una certa articolazione dei suoi interessi. Non compaiono tuttavia pubblicazioni di maggiore rilievo ed impegno, attraverso cui si possano cogliere e valutare momenti di approfondimento teorico ed etnografico, percorsi di ricerca che abbiano già prodotti contributi sostanziosi e una più evidente progressione negli studi. P.G. Solinas Francesca Declich ha compiuto esperienze di ricerca propriamente antropologiche nell’Africa orientale (nella regione del Medio Giuba), altre esperienze ed attività di cooperazione, consulenza in programmi di intervento, assistenza ai rifugiati, programmazione di piani per strutture sanitarie. Tali attività sono state condotte altresì in Colombia. Frutto di questa duplice e diversificata linea di interessi è un numero considerevole di articoli, note, introduzioni, resoconti e rapporti di ricerca (questi ultimi in buona parte inediti) nei quali appunto si rispecchia una varietà di tentativi, di elaborazioni e di resoconti. E’ possibile cogliere in questi lavori il ricorrere di specifiche tematiche: lo studio delle dinamiche d’acculturazione e di riconversione delle identità locali nell’impatto interculturale, l’esplorazione delle forme di ridefinizione sociale e politica in condizioni di emergenza, lo studio della religiosità e della devozione, in rapporto al mutamento culturale. Nell’insieme, il quadro di competenze e di interessi che se ne ricava è quello d’una studiosa che va elaborando, con una pluralità di registri e di soluzioni metodologiche, il suo profilo intellettuale e la sua personalità professionale. Il rapporto fra teoria ed intervento, quello fra storia e dinamica in atto, quello fra identità etnica e contesti di trasformazione, definiscono nel loro interagire, e nel loro ricorrente proporsi all’attenzione, come ambiti e coordinate fra i quali si muovono orizzonti problematici non ancora provvisti di una compiuta definizione. Candidato Paola DE SANCTIS RICCIARDONE A. Buttitta Il complesso delle pubblicazioni e dei titoli della candidata documenta un’attività continuativa e coerente, tanto in ambito didattico, quanto scientifico. La candidata ha soprattutto concentrato i propri interessi sulle pratiche magico-predittive e sul gioco. In tutta evidenza i lavori proposti al giudizio della Commissione rivelano interessi culturali autentici e notevole vivacità intellettuale. Sono altresì chiaramente percepibili elementi che delineano una personalità scientifica non banale, anche se in via di maturazione. In particolare, i pur interessanti scritti su temi, peraltro di preminente attualità antropologica, segnalano alcune incertezze riguardo alle ineludibili conoscenze storico-religiose che il loro valore rituale impone. Così è per una pratica come il gioco del cui orizzonte assiologico non pare siano sempre con chiarezza individuati i presupposti. Fatti come questo limitano purtroppo il valore dei contributi della candidata, la quale tuttavia si fa apprezzare per la sicura qualità dell’impegno scientifico. M.Callari Galli La produzione che la candidata presenta per questa prova di valutazione comparativa si articola in alcuni volumi, in saggi di ampiezza diversa, alcuni dei quali costituiscono materiali per i volumi, raccolte antologiche, voci di enciclopedia, recensioni, curatele. I suoi interessi possono essere distinti a seconda degli ambiti predominanti cui sembrano afferire: alcune pubblicazioni si rapportano maggiormente agli studi demologici (i numeri in base alle pubblicazioni effettivamente inviate per la comparazione 1, 2, 4, 7, 8), altre alle analisi demologiche ed antropologiche del gioco (n. 4,5,6,11, 13, 17), altre ancora si collegano più direttamente all'analisi critica degli studi antropologici (n. 12, 14, 15, 16). Il primo raggrupamento consiste di due volumi e alcuni saggi. Uno dei due volumi è dedicato alla ricostruzione degli interessi e degli studi demologici di Caterina Pigorini-Beri, l'altro presenta i risultati di una ricerca sulla festa della Madonna del Monte di Marta. Il primo volume presenta una ricostruzione del clima intellettuale italiano nel passaggio dal XIX al XX secolo: il tono è vagamente celebrativo, i dati offrono spunti teorici originali benché mantenuti più ad un livello di descrizione che di analisi critica. La ricostruzione della festa che si svolge a Marta si caratterizza per una base documentaria accuratamente raccolta ed analizzata e per la descrizione precisa dello svolgimento degli eventi. Sarebbe stato più opportuno soffermarsi maggiormente sulle analisi demologiche e antropologiche dei mutamenti culturali che hanno investito il mondo delle celebrazioni religiose e delle feste popolari. L'interesse della candidata attorno al tema del gioco si articola in alcuni saggi, due volumi, una curatela. Il fenomeno ludico è considerato soprattutto in rapporto alla storia degli studi demoantropologici e in rapporto ai problemi di carattere teorico e metodologico che esso pone. L'ideazione dei saggi e dei volumi nonostante sia sorretta da una ampia e circostanziata lettura della produzione demoantropologica sul gioco, presenta alcune esitazioni: se nel primo volume - Il Tipografo Celeste. Il gioco del lotto tra letteratura e demologia nell'Italia dell'Ottocento e oltre" scritto nel 1987 e dedicato alla storia critica delle valutazioni che del lotto diedero demologi e letterati - i livelli tra analisi critica e interpretazione sono ben dispiegati e articolati, nel secondo - più recente e dedicati ai rapporti tra Antropologia e Gioco - essi convergono e si mescolano, sovente a danno dell'acutezza critica e della chiarezza. Interessante con il suo gioco di analisi critiche riflesse l'ideazione dell'antologia "Il potere del debole. Dal gioco al sapere" che raccoglie scritti di autori italiani -antropologi e no - su saggi sul gioco scritti da famosi autori stranieri. Nel volume "Nemici Immaginari - Esercizi di Etnografia", scritto nel 1996 la critica alla teoria antrpologica si mescola con originalità, forse eccessiva, alla presentazione di alcune "scuole" antropologiche viste in perenne guerra fra loro. La produzione della candidata denota una attitudine alla ricerca sul campo messa in luce in alcuni lavori dei primi anni ed una propensione all'analisi critica del pensiero antropologico che si è andata man mano accentuando. In essa è possibile cogliere un certo meccanicismo nelle argomentazioni e alcune discontinuità, riconducibili, forse, ad una buona dose di rigidità nell'impostazione teorica e ad un notevole grado di intransigenza nelle valutazioni e nei giudizi che si sono andate rafforzando nelle ultime opere. S. Miceli La gran parte della produzione presentata dalla candidata esplora la tematica del gioco, e giocoso e arguto è lo stile con cui sono redatti i suoi lavori, anche quelli minori, dove è mostrata buona capacità di osservazione di fenomenologie culturali contemporanee (si vedano per esempio gli articoli sui nuovi collezionismi e sulla museificazione dell’effimero). Dei tre lavori più impegnativi presentati solo il primo, il più antico in ordine di tempo, si occupa di un argomento diverso dal gioco: è il volume La Madonna e l’aratro, integralmente dedicato a una festa, la Barabbata di Marta, studiata in chiave storico-documentaria nonché direttamente osservata sul campo, e quindi presentata nel suo contesto attuale e commentata secondo una personale lettura. Gli altri due lavori maggiori incrociano la tematica del gioco col gusto per le ricerche storico-documentarie e per la storia degli studi. Il tipografo celeste esamina, con impianto storiografico e di storia del costume, la cultura del gioco del lotto nell’Italia dell’Ottocento, attingendo a fonti letterarie e, in particolare, demologiche. L’altro volume infine, Antropologia e gioco, è una vera e propria esplorazione di impianto storico e sistematico, condotta sub specie ludi, dell’universo antropologico: cultura e riflessioni su di essa. La produzione presentata nel suo complesso, pur nella sua prevalente monotematicità, dimostra competenze articolate e aggiornate, e intelligenza nei modi di trattazione degli argomenti. Diseguale l’approfondimento: qualche volta l’effervescenza dello stile copre ingenuità e approssimazioni storico-critiche, e l’intento ricognitivo finisce per prevalere sull’impegno a un ripensamento originale. F. Remotti Nella produzione della candidata sono ravvisabili almeno due periodi. Un primo periodo, contrassegnato da ricerche soprattutto demologiche, è in gran parte rappresentato dal volume La Madonna e l’aratro. Aspetti rituali ed ergologici nella festa della Madonna del Monte a Marta (1982), nato dall’osservazione dell’evento festivo in tre anni consecutivi e dalla consultazione di materiale bibliografico. Per quanto apprezzabile sia lo sforzo di determinare alcuni contesti teorici entro cui inserire la ricerca, la tesi che principalmente la sostiene non rivela particolare originalità, data l’insistenza per esempio sulla funzione di rispecchiamento dei rapporti sociali da parte del rituale. Rimangono insoddisfatte legittime richieste di approfondimento, come per esempio la tesi della festa come museo itinerante. Rientra ancora nella fase demologica il volumetto L’Italia di Caterina. Demologia e antropologia nelle opere di Caterina Pigorini-Beri (1990), che non offre spunti di riflessione particolarmente significativi. Anche il libro Il tipografo celeste. Il gioco del lotto tra letteratura e demologia nell’Italia dell’Ottocento e oltre (1987) rimane vincolato entro i limiti dell’oggetto prescelto, cioè l’esame di letterati e demologi nei confronti del gioco del lotto, ma sono apprezzabili alcuni spunti, come gli accenni all’antropologia dei sogni (da Bastide a Lanternari) e al tema dei giochi d’azzardo (Caillois, Cirese, Foster). La seconda fase della produzione della candidata è caratterizzata da una decisa apertura a questioni di più vasta portata teorica. In questa fase si segnala il volume Antropologia e gioco (1992), dove la candidata dimostra una maggiore maturità argomentativa, gusto per la scoperta di connessioni nuove e spunti di originalità, nonostante il permanere di un atteggiamento compilativo e rassegnistico. Un invito alla riflessione sull’importanza del tema gioco nella riflessione antropologica e sulle sue potenzialità euristiche è dato dal volume curato di recente dalla candidata, Il potere del debole. Dal gioco al sapere (1997), dove sono raccolti saggi di classici dell’antropologia, ma anche della teoria dei giochi. In un volume antecedente, Nemici immaginari. Esercizi di etnografia (1996), la candidata aveva raccolto alcuni suoi scritti anteriori e altri inediti, ponendo in evidenza un atteggiamento critico e una certa verve intellettuale, a testimonianza di una molteplicità di interessi, di direzioni di ricerca e di potenzialità non sempre però del tutto esplorate. Le pubblicazioni che presenta, oltre ai libri sopra considerati, dimostrano una certa capacità di spaziare su diversi argomenti, in modo spesso arguto e intellettualmente vivace: più che approfondimenti, si tratta tuttavia di spunti che fanno da contorno alle pubblicazioni di maggiore impegno e confermano l’idea che la produzione della candidata, pur attestando una indubbia progressione negli studi, denunci tuttora una certa mancanza di approfondimento – sia sul piano teorico, sia su quello empirico – che consentirebbe di trasformare i momenti di originalità in più solidi contributi scientifici. P.G. Solinas Si è interessata di questioni legate alla demologia, alla storia degli studi, al gioco, alla tecnologia ed alla cultura materiale. Sono noti i suoi studi, principalmente di carattere demologico, relativi all’etnografia della cultura contadina nell’Italia centrale, alle forme di religiosità popolare. Più rilevanti,e sicuramente impregnati di attiva prospettiva teorica, gli scritti relativi al gioco ed alle forme sociali, simboliche e cognitive che i modelli di comportamento ludico nella loro varietà tipologica ( Il tipografo celeste, Antropologia del gioco, Il potere del debole). La contestualizzazione etnografica da una parte e l’estensione della prospettiva comparativa dall’altra, cui la De Sanctis dedica diverse occasioni di ricerca e di riflessione (dal gioco del lotto nella cultura napoletana, alle forme di competizione di prestigio nella tradizione polinesiana, al gioco d’azzardo. ) contribuiscono senza dubbio a dar respiro antropologico e feconditàeuristica alle sue rielaborazioni critiche relative alla tradizione di pensiero che ha segnato gli studi su questo argomento (da Caillois alla teoria dei giochi). E’ degno di apprezzamento, soprattutto, il fatto che su tale linea di lavoro la De Sanctis vada costruendo una prospettiva di approccio che attraversa, pur nelle differenze di complessità, orizzonti culturali distanti e che si estenda attivamente alla cultura delle società avanzate. Candidata Luisa FALDINI PIZZORNO A. Buttitta La candidata sottopone al giudizio della Commissione una produzione scientifica che testimonia continuità e impegno nello studio e nella presentazione di aspetti generali e particolari di culture precolombiane. I lavori hanno in genere un carattere illustrativo di persuasivo livello, anche quando di valore analitico non sempre interamente esitato. Questo aspetto è da riferire più che a mancanza di spessore teorico-metodologico dell’orizzonte scientifico della candidata, alle occasioni e alla collocazione di diversi suoi scritti, p.e. voci di enciclopedie. Questo fatto è comunque meno percepibile in lavori consapevolmente più impegnativi, quali: La deviazione dalla norma come fenomeno di aggregazione sociale: alcuni esempi nordamericani; La chiave del mondo. Analisi delle strutture di resistenza delle culture. Conclusivamente, pur apprezzandone la serietà e l’impegno, il giudizio complessivo sul lavoro della candidata non può che essere d’attesa di una prossima maturazione di cui fin da ora appaiono certi i presupposti. M. Callari Galli La candidata presenta una produzione che con continuità si svolge per più di venti anni. Costante anche la sua attività didattica, la sua presenza in Convegni e Congressi nazionali ed internazionali. Per la maggioranza i temi dei suoi lavori riguardano l’ambito delle civiltà pre-colombiane, i fenomeni di sincretismo religioso, l’area amazzonica, il campo dell’antropologia religiosa, anche se alcuni affrontano il rapporto tra identità e fenomeni migratori verificatisi nel nostro paese. Molti dei lavori presentati, soprattutto quelli appartenenti ai primi anni dell’attività della candidata hanno carattere descrittivo raggiungendo un buon livello divulgativo: si tratta di ampie panoramiche (n.2, n.3,n.7, n.9), di saggi contenuti in collettanee (n.10, n.13,n.16,n.19), di opere di catalogazione di oggetti etnologici (n. 1,n. 8, n.12) I lavori più recenti, pur presentando una certa eterogeneità sia per quanto riguarda gli argomenti affrontati che per il livello qualitativo raggiunto dimostrano maggiore attenzione all’uso critico delle fonti bibliografiche usate: in alcuni si rileva ancora una certa debolezza di impianto (n.21, n.23,n.24) ma in altri si nota un’esposizione più organica, riferimenti più accurati, spunti di riflessione più originali. Manca una monografia che presenti con ampiezza e profondità il lavoro, pur intenso, svolto negli ultimi anni. S. Miceli La produzione presentata dalla candidata si organizza intorno a tre fondamentali centri di interesse. Anzitutto interessi di americanistica, con particolare attenzione dedicata alle grandi civiltà mesoamericane; quindi un più specifico interesse per le religioni sincretiche afroamericane dell’America centrale e del Brasile; infine un interesse più analitico per alcuni culti afroamericani presenti in Italia. I lavori della candidata dimostrano le sue competenze nella letteratura americanistica e alcuni dei lavori sui culti sincretici, che si connettono a ricerche sul campo, dimostrano anche una buona percezione delle problematiche indagate. Nel complesso, tuttavia, la gran parte della produzione rimane compilativa e resocontistica, spesso proponendo discorsi generici dove non è ancora rilevabile un consistente spessore critico né un apporto di originale elaborazione concettuale. F. Remotti La produzione della candidata può essere suddivisa in almeno due fasi. Nella prima essa si dedica soprattutto ad attività di schedatura museografica per un verso e di divulgazione per l’altro. In questa fase spiccano alcuni volumi. Il primo, Amazzonia (1978 e 1981), in cui vengono presentati i gruppi etnologicamente più rilevanti, è apprezzabile per la sua accuratezza, pur entro i limiti dell’impostazione divulgativa adottata. Il secondo, Città di pietra, villaggi di capanne. I Maya ieri e oggi (1979), risponde anch’esso a esigenze di informazione, pur con obiettivi scientifici più pronunciati. Anche il lungo saggio “Nel cuore antico del Nuovo Mondo” (1988) riproduce i limiti di un’opera divulgativa già segnalati. Un maggiore impegno di tipo scientifico, già presente nel saggio “America” (1978), affiora nettamente nel volume Le barriere invisibili. Gli indiani carajà del Mato Grosso (1989): pur trattandosi di una ricerca condotta esclusivamente sul piano bibliografico, la candidata affronta temi di rilievo, come la connessione tra la cosmologia e la struttura del villaggio e soprattutto la costruzione dell’antropologia indigena. Nella seconda fase gli apporti della candidata diventano più personali e scientificamente motivati. Alcuni volumi di saggi che la candidata ha curato e presentato – relativi a vodou e culti di possessione – offrono utili inquadramenti e strumenti analitici, così come diversi saggi e articoli, riguardanti soprattutto i movimenti religiosi afro-americani, studiati direttamente sul campo sia in Italia sia in Brasile, forniscono contributi conoscitivi originali. Si colgono in questo modo sia la formazione di specifiche competenze areali e tematiche, sia continuità e progressione negli studi. P.G. Solinas Principale campo di interesse della Faldini è quello dell’etnologia americanistica, segnatamente l’etnologia della Mesoamerica, del Brasile, dell’Amazzonia. A partire da saggi di impegno meno rilevante, nella sua prima fase di formazione, più a carattere divulgativo che di vero approfondimento, la Faldini ha definito negli anni una linea di attività e di studio sulle culture indigene delle aree di maggior interesse rispetto al suo orizzonte di ricerca. Appartengono a questo ambito di produzione scientifica, fra gli altri, testi di diverso carattere destinazione ed impianto, quali: Amazzonia (1981) Le barriere invisibili. Gli indiani Carajà del Mato Grosso (1989), Genti e culture del nuovo mondo ( in Iconografia Colombiana, 1991). Comune tuttavia a questo gruppo di testi, appaiono gli intenti ed i registri espositivi, che si potrebbero definire divulgativi, o enciclopedici, poiché perlopiù la trattazione procede per linee generali e non persegue grandi ambizioni di approfondimento teorico. Tale tipo di pubblicazioni, infatti, non si distacca dall’impiego descrittivo e sommariamente empirico delle fonti bibliografiche più usuali, delle fonti iconografiche note, e dei topoi dell’etnografia americanistica di larga circolazione. Se, da un lato, si deve lamentare un qualche eccesso di disinvoltura etnografica (non puntuale presentazione e controllo delle fonti, misurato aggiornamento, talora troppo stringate semplificazioni interpretative), dall’altro paiono ugualmente degni di nota i pregi dei lavori, in termini di efficacia illustrativa, di passione cognitiva, di resa rappresentativa. Sono queste qualità che consentono di dire che i testi in questione hanno una loro validità e dignità dal punto di vista della informazione e della buona divulgazione scientifica. Di maggior spessore analitico, anche se non altrettanto validi quanto a carattere e compiutezza monografica, i lavori che vertono sui culti di possessione afro-americani, dal vodu haitiano al candomblé brasiliano, ai quali Luisa Faldini dedica da tempo la parte migliore del suo impegno di ricerca. (Sotto le acque abissali, 1995, Religione e magia, 1997, fra gli altri). E’ qui che appare più marcato uno spirito di interrogazione antropologica, un proposito di apprensione degli oggetti e dei fenomeni simbolici in esame, nonché un’attenzione più matura nei riguardi della letteratura scientifica acquisita e in corso di sviluppo. La Faldini si propone di seguire in modo più stringente, oltre alle configurazioni classiche dei complessi simbolico-religiosi in questione, le loro proiezioni, derivazioni ed ulteriori ibridazioni nel contatto interculturale, ciò che appare, oltre che ben motivato sul piano degli intenti di ricerca, soprattutto rilevante in se stesso nella prospettiva d’una avanzata fenomenologia del sincretismo religioso. Restano tuttora percepibili, tuttavia, taluni limiti: soprattutto il prevalere d’una chiave d’approccio empirico-descrittiva, la difficoltà, ancora piuttosto evidente, nel curare gli aspetti critici, filologici e storici. Candidato Gualtiero HARRISON A. Buttitta Il più che ventennale impegno didattico e di ricerca, la responsabilità organizzativa di iniziative in ambito universitario ma anche promosse da enti pubblici, la partecipazione attiva a congressi e seminari da parte del candidato sono ampiamente attestati non solo dai riconoscimenti ricevuti, tra cui i prestigiosi premi Brancati-Zafferana, Sila, Cassano, ma anche dai numerosi incarichi ricoperti quale esperto in attività dirette alla promozione culturale e sociale di diversi ambiti e territori. La coerenza culturale e la congruità scientifica di questo impegno, anche etico, si mostrano in tutta evidenza in un numero cospicuo di saggi e di volumi, talora questi ultimi in collaborazione con altri. I fenomeni osservati e analizzati e le strategie metodologiche attivate si segnalano per interesse e novità, spaziando in un ampio arco nel quale lo studio dei singoli fatti tracima il loro perimetro fenomenologico, riuscendo a coglierne le connessione con gli altri elementi della rete di relazioni sistemiche di cui essi sono pur sempre parte. La prospettiva attraverso la quale Harrison osserva le singole realtà appartiene nettamente, anche se senza ingessature, al settore scientifico coperto dall’antropologia sociale che, anche per suo merito, vanta ormai nel nostro Paese, a partire da N. Colaianni, una sua autonoma storia. Pur consapevole delle tematiche ormai proprie a questo settore e del punto di vista con cui sono state tradizionalmente studiate, le opzioni scientifiche di Harrison tendono sempre a rimarcarne l’attualità. Per questo aspetto la sua antropologia, caso non frequente in Italia, non è soltanto individuata dalla osservazione del presente economico, sociale e culturale, ma è essa stessa parte di questo presente. Diversamente e contro inveterate abitudini accademiche è una presenza essa stessa, il cui valore è innanzitutto civile, senza per questo mancare di rigore scientifico, sicché non risulta appannata o appiattita la complessità problematica che fenomeni come l’emigrazione, l’interculturalità, l’identità, la scolarizzazione, i conflitti culturali e sociali, la povertà, tra quelli da lui analizzati, presentano e denunciano. Anche a questo tipo di approccio e non solo ai temi scelti è da riferire l’accoglimento favorevole, pure in ambienti non-specialistici, che alcuni suoi contributi hanno ottenuto. Conclusivamente, l’opera di Harrison, peraltro attenta alle vicende storiche della disciplina, considerata nel suo complesso, si testimonia per l’attualità degli interessi culturali e l’originalità delle proposte analitiche, non disgiunte da non questionabile rigore scientifico. M. Callari Galli Il candidato presenta un'attività didattica e scientifica amplissima: ha iniziato a far ricerca nel 1964 e ha proseguito ininterrottamente sino ad oggi; dal 1968 è stato titolare di insegnamenti universitari appartenenti al raggruppamento demoetnoantropologico in diverse sedi universitarie; ha partecipato con interventi e relazioni a convegni e congressi di rilievo nazionale ed internazionale; ha organizzato tavole rotonde, seminari di studi, corsi di formazione dal 1965 ad oggi. I campi su cui maggiormente ha focalizzato i suoi interessi possono essere, per chiarezza espositiva, così qualificati: i processi di inclusione/esclusione; i fenomeni migratori; cultura e salute; processi educativi e dinamiche culturali; processi identitari e fruizione dei mezzi di comunicazione di massa; l'affermazione dei diritti umani. L'interesse per le società complesse e per i processi di mutamento di quelle tradizionali è presente in tutta la sua produzione che procede sia proponendo nuove soluzioni teoriche e metodologiche per i problemi posti dalla contemporaneità sia svolgendo ricerche sul campo nei luoghi dell'esclusione e della faticosa integrazione. A partire dalle ricerche sull'analfabetismo degli anni '70 sino a quelle degli ultimi anni sui fenomeni migratori e sull'impatto dei mezzi di comunicazione di massa sui processi identitari è costante l'attenzione rivolta ai nuovi problemi di carattere teorico e di carattere metodologico posti all'antropologia dalle nuove modalità con cui i gruppi e gli individui occupano lo spazio, vivono il loro tempo. E numerose soluzioni proposte sul piano teorico-metodologico, possono essere considerate quasi pioneristiche, anticipando in molti casi tendenze ed orientamenti che si sono diffuse ed affermati pienamente solo da qualche anno. I saggi e i volumi sono testimonianza di un profondo interesse multidisciplinare in cui si uniscono all'antropologia elementi di sociologia, di psicologia e di psicoanalisi, di medicina, di studi sul diritto. E questo interesse si esplica sia sul piano della riflessione teorica e della storia degli studi che sul piano della ricerca sul campo. Analogamente va ricordata la sua attiva partecipazione alla ideazione e alla realizzazione di trasmissioni radiofoniche ( 4) e televisive (3) che si distinguono per l'equilibrio raggiunto tra livello scientifico e capacità divulgativa. Venendo ad una presentazione più analitica, scegliendo tra le molte pubblicazioni le più indicative del percorso maturato dal candidato, mi sembra di poter segnalare la ricostruzione dei meccanismi responsabili dei fenomeni di esclusione più vistosi e la proposta di uno schema di riferimento teorico in cui collocarli (numeri 9, 11, 12, 13 ,26, 39 dell'elelnco delle pubblicazioni); l'analisi culturale dei fenomeni migratori visti nella loro nuova dimensione spazio-temporale (n. 14, 15, 29,32,34, 41, 44); i rapporti tra educazione e salute (numeri 20, 25, 36,); l'applicazione delle categorie antropologiche all'analisi dell'affermazione dei diritti umani (numeri 31, 38, 40, 45, 49, 50, 52, 53); la proposta metodologica per individuare i meccanismi dell'interazione tra processi identitari e fruizione televisiva (numeri 18, 51). A questi temi, tutti affrontati con ricerche di carattere empirico e/o critico, si affianca una produzione rivolta all'analisi di nodi concettuali della disciplina, nel suo operare anche con altre discipline (numeri 1, 3, 10, 17, 19, 23, 24, 30, 33, 43,47, 48). Notevole il livello di equilibrio raggiunto nella maggioranza dei testi tra riflessione teorica e analisi dei dati, le ipotesi teoriche e la problematica metodologica sono esposte con profondità e originalità, sempre aggiornato, ampio e pertinente l'apparato critico-bibliografico elaborato sia sulla produzione nazionale che su quella internazionale. La sua attività di editoriale per la traduzione e la cura di opere di autori stranieri, la sua presenza in Commissioni Ministeriali, in Comitati Scientifici di riviste testimoniano il suo impegno per promuovere la diffusione, a livello scientifico ed istituzionale, delle discipline demoetnoantropologiche. Alcune pubblicazione non sono state valutate in quanto sono state scritte da più persone e non è stata indicata la divisione dei reciproci contributi. S. Miceli La produzione presentata attesta ampiamente le qualità di studioso e di ricercatore del candidato, oltre che la continuità e assiduità del suo impegno di lavoro scientifico. Nell’attuale contesto di globalizzazione e di trasformazione delle “alterità” tradizionalmente studiate dalle discipline demoetnoantropologiche, il candidato si impegna anzitutto ad esplorare i nuovi luoghi di emergenza dell’alterità e della differenza, indagando quindi, con particolare riferimento all’Italia, le fenomenologie socio-culturali connesse alle dinamiche tipiche della società complessa e al definirsi, al suo interno, di nuove sub-culture minoritarie. Le sue indagini su campo e la sua riflessione storico-critica individuano situazioni e tematiche di grande interesse nel contesto contemporaneo: il risveglio delle etnicità in una situazione di attesa omologazione, le complicate questioni connesse alla qualità non stanziale degli attuali movimenti migratori, la trasformazione delle forme di famiglia e la centralità del problema dell’inculturazione in società polietniche e interculturali, i disagi sintomatizzati nella cultura giovanile della droga, il problema della qualità della vita e la significatività delle tematiche ecologiste; particolarmente anticipatori i suoi studi sulle culture marginali della modernità. Indagini su campo e riflessioni storico-critiche sono articolate nel quadro di precise prese di posizione su quello che è il compito scientifico dell’antropologo e il suo ineludibile impegno etico: posizioni argomentate in lavori di taglio teorico e di originale rivisitazione degli orientamenti disciplinari, e impegno documentato anche attraverso la ricca pubblicistica che lo vede tempestivamente intervenire come critico del costume e attento percettore del cambiamento. La produzione presentata, che consiste di sette volumi e di un’ampia saggistica (oltre che di volumi in collaborazione non considerati) comprende, accanto a puntuali interventi d’occasione, lavori scientifici originali e anche innovativi. Va infatti rilevato che alcune problematiche oggi al centro del dibattito antropologico si riconoscono nei suoi lavori precocemente avvertite e discusse, e per certi aspetti anche sottese alle stesse scelte operate nella modalità di costruzione di alcuni testi dove, in una prosa spesso arricchita di suggestioni intertestuali, il candidato coniuga la lucidità dell’osservazione antropologica e la passione della critica culturale. F. Remotti Come dimostra il suo curriculum, il candidato affronta una molteplicità di esperienze e di contesti di ricerca, sia teorica, sia di campo, sia applicata. Allo stesso modo, la sua bibliografia si presenta particolarmente ricca e complessa. I volumi sono sei e si collocano in un periodo di un ventennio (dal 1969 al 1989). Altri volumi (in collaborazione) appartengono agli anni settanta: il primo di questi – Né leggere né scrivere – non risulta valutabile ai fini della valutazione comparativa, non essendo distinguibile il contributo individuale, mentre il secondo La danza degli orsi consente di individuare il contributo del candidato. Se ora consideriamo volumi presentati, i caratteri che appaiono con maggiore nettezza sono: una notevole dose di riflessività antropologica (che, occorre dire, spesso soverchia la dimensione empirica delle indagini sul campo); spunti di innovatività e di originalità, che si uniscono anche a riferimenti corretti e aggiornati alla letteratura antropologica; uso di nozioni – come per esempio quella di antropologia spontanea (tratta da Paul Mercier) – che conferiscono all’analisi una particolare pregnanza; proposte di concezioni antropologiche – come per esempio quella dell’uomo come animale migrante – che inducono a leggere sotto una nuova luce molti aspetti della cultura e della storia dell’umanità; una concezione critica della nozione di identità (sulla base delle riflessioni di Georges Devereux) che entra in contrasto con l’uso così diffuso di questa nozione. Non sempre questo tipo di tensione concettuale viene mantenuta. Alcune pubblicazioni – come, per esempio, Il culto della droga (1989) e altre che si riferiscono al tema della qualità della vita – risentono di una minore messa a fuoco degli argomenti trattati. Altri testi, invece, come quelli che riprendono il tema delle migrazioni, degli etnicismi e delle identità forniscono contributi apprezzabili, in cui lo spessore teorico si unisce a formulazioni dotate di notevoli spunti di innovatività, unitamente a una considerazione aggiornata e professionale della letteratura esistente. P.G. Solinas La vasta produzione scientifica di Gualtiero Harrison è distribuita lungo una esperienza biografica intellettuale operosa, marcata da una passione di ricerca costantemente intrecciata alla responsabilità militante dell’operatore di cultura e dello studioso delle trasformazioni in atto nella realtà sociale del Meridione. Degni di considerazione e riflessione, ancora oggi, per la loro radicata aderenza alla rilevanza sociologica della transizione, tra la metà degli anni sessanta e l’inizio del decennio successivo, i libri che riguardano la “cultura analfabeta ”, il vissuto culturale entro un orizzonte sociale e storico marcato da un tempo nel quale “il passato è sempre remoto e il futuro è sempre presente” (La Danza degli Orsi, P. 98). In questi libri, fra gli altri, La danza degli orsi, scritto in collaborazione, si percorrono itinerari d’esperienza antropologica di terreno significativi e densi di interesse etnologico: la topografia e lo spazio urbano nella Sicilia contemporanea, il terremoto del Belice, la cultura dell’insularità, a Lampedusa, Vi si scorge, tra l’altro, forse ora con maggior evidenza di quanto non accadesse allorché furono pubblicati, una concezione del lavoro antropologico originale. Vi si trova nitidamente espresso e praticato, infatti, un rapporto specifico fra responsabilità intellettuale e problematica teorica, una formula di comunicazione dell’incontro etnografico nella quale, ci sembra, la presa sui fatti di cultura, di cultura “subordinata”, si qualifica per l’appercezione d’una loro dimensione non dipendente dai codici di acculturazione e di dottrina indotti dalla società inglobante. Un principio d’ispirazione cui lo stesso Harrison attribuisce rilievo primario nel suo lavoro, è quello della “formazione di un nuovo operatore culturale” (a cominciare dalla trasformazione degli stessi intellettuali tradizionali) fino al punto da raggiungere quel che sembra proporsi come esito auspicato, e meta d’orientamento: modelli utopici divengono “prassi istituzionalizzata”, la comunità sopravvive e si rigenera. Compito dell’antropologia è quello di “agire in modo corrispondente a questo mutamento sociale” (La doppia identità, 1979, p. 62) Lavori di interesse monografico, sull’emigrazione(Homo Migrans, 1998, sulla tossicodipendenza (Il culto della droga), lavori di interesse teorico (Antropologia Psicologica, 1988) definiscono un profilo di interessi molteplici, ma articolati in relazioni coerenti che, a nostro giudizio, traggono comune ispirazione dall’incontro fra sociologia e psicologia, non del tutto distaccata dall’influenza della migliore esperienza che proviene dalla scuola di “cultura e personalità”. L’attenzione che l’autore dedica alla organizzazione dei criteri di valore nelle culture e soprattutto nelle subculture (la subcultura giovanile, le sue più recenti estensioni, alternative, marginali, la “doppia identità” nel caso arberesh) è volto, ci pare, ad una esplorazione, alla ricerca dei livelli profondi nei quali si stabiliscono modelli psico-antropologici collettivi entro e come parte d’un insieme complesso e interattivo. Se, riprendendo Bachelard, Harrison ricorda che “il semplice non esiste”, nello stesso tempo egli segue una procedura di scomposizione che semplifica per poter estendere la sua prospettiva ai complessi vettori d’interazione che fanno dell’unità delle parti, nel sociale, un tutto. Candidata Gabriella MONDARDINI A.Buttitta L’attività della candidata si segnala per continuità didattica e per un impegno di ricerca altrettanto continuo e coerente. Il centro di interesse dei suoi studi ruota intorno alle comunità e alla cultura del mare. Non mancano inoltre scritti relativi a altri ambiti, quali: antropologia urbana, rituali festivi, fenomeni migratori, norme sociali. Si tratta però di lavori che, pur non demeritando, appaiono marginali rispetto al suo interesse precipuo. Non è da trascurare tuttavia il suo impegno, coerente con una impostazione metodologica antropologicamente coonotata, nel settore di quella che potremo chiamare medicina sociale. La qualità scientifica della candidata si testimonia comunque al meglio nei suoi numerosi lavori concernenti la produzione e la cultura alieutiche. Questi lavori non sono soltanto interessanti in quanto documentano un vivo interesse per la cosiddetta cultura materiale, affermatosi nel nostro Paese soltanto a partire dagli anni Ottanta, ma risultano apprezzabili sia per la puntualità della ricerca sia per la percezione, non sempre presente in indagini di questa natura, del rapporto indissociabile tra fatti ergologici e modalità del loro esprimersi sociale. Rispetto a una certa asettica etnografia nella quale i soggetti umani appaiono solo par la figure, le pagine della Mondardini ci restituiscono uomini nella integrità della loro identità. Il lavoro della Mondardini risulta pertanto apprezzabile anche da un punto di vista metodologico. In atto tuttavia esso non testimonia, soprattutto per la troppo insistita monotematicità, una personalità scientifica del tutto definita, pur essendo già presenti nei suoi lavori gli elementi che possono legittimare, se non per il presente, sicuramente per il futuro un giudizio pienamente positivo. M. Callari Galli Le attività didattiche e scientifiche della candidata si sono svolte con continuità dal 1976 ad oggi. Per chiarezza espositiva i suoi contributi scientifici possono essere suddivisi in due filoni: nel primo farei rientrare i lavori dedicati alla "cultura del mare" mentre nel secondo quelli dedicati ad argomenti diversi: antropologia medica, antropologia della memoria, aspetti normativi della società, rapporti donne e società, museologia. Lo studio delle "comunità marittime" si è sviluppato nel tempo con una produzione costante di volumi, di curatele (di volumi e di un numero monografico di una rivista), di saggi dalla lunghezza variabile , di interventi (conferenze, convegni, congressi). In questo filone i due volumi più impegnativi prodotti interamente dalla candidata - "Il mare le barche i pescatori. Cultura e produzione alieutica in Sardegna (1990)" e "Gente di mare in Sardegna. Antropologia dei saperi, dei luoghi e dei corpi (1997)" - si segnalano soprattutto per la documentazione etnografica raccolta. Il primo, corredato da un pregevole apparato fotografico opera di Paolo Pani, si focalizza sulle tecniche di costruzione e di manutenzione delle barche. Si nota anche un tentativo, più accennato che risolto, di aprire la descrizione a riflessioni di carattere economico e simbolico. Il secondo, risultato di due anni di ricerca che presenta anche alcuni saggi precedentemente pubblicati, è suddiviso in due parti: la prima, dedicata all'etnografia dei mestieri del mare con una buona documentazione fotografica (non opera della candidata) intitolata "Immagini dal campo", la seconda dedicata ad un'antropologia dei saperi, dei luoghi, dei corpi. Grande attenzione è rivolta in tutto il volume alla ricostruzione, puntuale ed esauriente, delle tecniche e degli strumenti; curata anche la ricostruzione del contesto storico, mentre meno convincente il tentativo di costruire la "memoria corporea del fare". Il terzo volume interamente scritto dalla candidata - "Spazio e tempo nella cultura dei pescatori. Studi e ricerche in area mediterranea (1988)" - si segnala per lo sforzo di affrontare in chiave comparativa i diversi temi propri di una cultura di pescatori. La comparazione, tuttavia, si ferma, nella maggioranza dei casi, all'accostamento di esempi diversi o analoghi, senza aggiungere approfondimenti particolarmente utili per il livello esplicativo. Un altro volume -"I figli di Glaukos. Temi e materiali di culture marinare in Sardegna e nel Mediterraneo (1995)" - nella prima parte presenta precedenti articoli, scritti dalla candidata in occasione di mostre e convegni; nella seconda parte presenta contributi di autrici diverse. Il livello descrittivo indica buone capacità di indagine etnografica, anche se i temi enucleati dalla candidata sono più accennati che approfonditi. Ha curato nel 1985 un volume - "La cultura del mare centri costieri del Mediterraneo tra continuità e mutamento" - scrivendo un'introduzione e due saggi. Il materiale sarà ripreso con pochi adattamenti, sia per quanto riguarda l'elaborazione che la bibliografia, nei saggi e nei capitoli dei volumi pubblicati negli anni seguenti. Nel 1990 ha curato un numero monografico de "La ricerca folclorica" dedicato alla cultura del mare; nel 1997 ha curato un volume intitolato "Pesca e pescatori in Sardegna. Mestieri del mare e delle acque interne". In ambedue oltre all'introduzione ha scritto un saggio. Nei saggi più brevi dedicati alla cultura del mare - quali "Razionalità economica e crisi della piccola pesca: per uno studio della comunità dei pescatori", "Villaggi di pescatori in Sardegna. Disgregazione e rurbanizzazione", "Pescatori in Sardegna", i due contributi ai due volumi di Symes, "Pesca e pescatori in Sardegna" - si raggiunge sempre un buon livello descrittivo, anche se spesso l'articolazione teorica e metodologica presenta passaggi faticosi quando non contraddittori. Il rapporto tra le fonti diverse usate - letterarie, statistiche, orali - non è risolto, né viene affrontato il problema della diversa validità. Nella produzione che appartiene al secondo filone si nota una certa discontinuità: i diversi temi sono affrontati senza la dovuta completezza, i problemi più generali della teoria e della metodologia antropologica sono per lo più solo abbozzati. Così il volume "Narrazioni sulla scena del parto. Saperi medici e saperi locali nelle testimonianze di levatrici continentali in Sardegna (1887-1898) (1999)" è una presentazione agile e ben organizzata di testimonianze di "levatrici" continentali. I temi scelti sono interessanti e i riferimenti bibliografici pertinenti. Sarebbe stato forse opportuno soffermarsi maggiormente sulla parte teorica (circa 50 pagine sulle 150 del volume) e soprattutto stabilire collegamenti più espliciti tra le testimonianze scelte e il piano metodologico che rimane comunque implicito e in secondo piano. Nei saggi dedicati all'analisi delle attività dei consultori si segnala una buona presentazione delle tematiche che sono tuttavia sviluppate più in chiave sociologica che antropologica. Interessante il tentativo di saldare i due livelli, anche se la soluzione è più cercata che risolta; l'apparato delle note frequentemente risulta dialogare con fatica con il testo. "Storie di vita e di lavoro" (1989) presenta i risultati di una ricerca sull'industria di conservazione del pesce, attiva a Porto Torres "dai primi anni del '50 ai primi anni del '70; si basa su una raccolta di storie di vita e di interviste. Scarsa è l'attenzione prestata alla metodologia usata e alle modalità in base alle quali i risultati sono riferibili ai diversi tipi di fonti. Anche la scelta delle variabili in cui è scomposto il campione non è né discussa né valutata. Deboli appaiono una serie di lavori scritti negli anni '80. Ad esempio ne "La divisione del lavoro nei settori non razionali e la marginalità sociale (1977/78) in otto pagine si affronta un tema di grande rilievo per molti settori degli studi antropologici: inevitabile la superficialità e l'approssimazione. Ed ancora, in "Norme e controllo socilale. Introduzione allo studio antropologico delle norme (1980)"le ipotesi sono presentate con scarsa problematicità e le letture cui si fa ampio riferimento sono utilizzate rigidamente, spesso in modo settoriale. Altre produzioni più recenti, quali "Fra rurale e urbano: appunti per un'antropologia del quotidiano" (1983), "Un laboratorio della memoria", "Infanzia, educazione, memoria. Fra antropologia e storia" (1997), pur ponendo una serie di rapporti teorici rilevanti, quali antropologia e storia, spazio/tempo, memoria/presente, spazio/educazione, appaiono poco elaborate, fermandosi all'esposizione delle problematiche senza seguire con accuratezza i necessari approfondimenti e sviluppi. Il saggio "Rientro emigrati, il caso della Sardegna" (1988), scritto in collaborazione con A. Merler, non può essere valutato in quanto il testo - per la verità breve, da p.11 a p. 26 - non è suddiviso tra gli autori. In conclusione siamo di fronte ad una produzione ampia che trova la sua specificità nelle ricerche sulla cultura del mare che hanno assorbito la maggior parte del lavoro della candidata. La descrizione etnografica è convincente anche se il livello interpretativo è raramente affrontato. La concentrazione su un ambito di ricerca è forse responsabile della ripetitività di temi ed anche di dati che si nota passando da un volume all'altro, da un saggio all'altro e che conferisce una certa staticità alla produzione della candidata. S. Miceli All’universo della pesca e dei pescatori di Sardegna è dedicata gran parte della produzione presentata dalla candidata, che affronta e riorganizza i vari aspetti della sua tematica in lavori di taglio diverso: brevi articoli, alcuni riproposti anche in volume, saggi di stile monografico, articolati quadri di più complessiva sistemazione. Alcuni brevi lavori sviluppano inoltre in direzioni ulteriori argomenti anzitutto connessi al suo principale settore di ricerca, e pochi toccano tematiche differenti. I lavori presentati, considerati nel loro complesso, si dimostrano di diseguale apprezzabilità. Così al volumetto Norme e controllo sociale. Introduzione allo studio antropologico delle norme, che affastella informazioni con un’impostazione ancora da esercitazione scolastica, si contrappongono le sintetiche annotazioni metodologiche che, ad apertura di alcuni più recenti saggi sulla cultura del mare, dimostrano le più mature e personalmente rimeditate competenze acquisite dalla candidata. D’altro canto se scolasticità e approssimazione sono ancora rilevabili in lavori recenti (si veda per esempio il saggio contenuto nel suo ultimo lavoro Narrazioni sulla scena del parto, col suo tono resocontistico e i suoi distratti riferimenti bibliografici), non è invece fra i lavori più recenti la lucida e puntuale etnografia della barca proposta in Il mare, le barche, i pescatori. In effetti è proprio nello studio della cultura del mare che la candidata mostra crescita di competenze e affinamento nelle capacità di osservazione e di analisi. Dalle genericità sociologiche e ingenuità analitico-metodologiche dei primi lavori all’ampio e puntiglioso volume Gente di mare. Antropologia dei saperi dei luoghi dei corpi, il padroneggiamento delle tematiche relativo alle culture marinare e la capacità di osservarle secondo molteplici prospettive si precisano infatti fino a dare risultati positivamente apprezzabili sia nell’impostazione delle ricerche su campo che negli esiti di testualizzazione. Nel complesso dunque la candidata si dimostra studiosa ormai ben accorta del mondo dei pescatori di Sardegna, attenta anche ad accogliere sollecitazioni dell’antropologia contemporanea utili a guidarla nell’esplorazione di questa tematica, mentre d’altro canto rivela tuttora limiti e ingenuità quando, fuori di questo orizzonte, si confronta con problematiche diverse del settore disciplinare. F. Remotti La candidata dimostra di operare una scelta piuttosto chiara fin dall’inizio del suo curriculum: ovvero quella di spostarsi verso i confini tra l’antropologia e la sociologia, piuttosto che verso i confini tra l’antropologia e la storia delle tradizioni popolari o ciò che lei chiama il “gusto dell’esotico”. Sotto questo profilo si comprendono i primi scritti che caratterizzano la sua produzione, come Norme e controllo sociale (1980) e Villaggi di pescatori in Sardegna (1981), nel quale la candidata dimostra di possedere una discreta strumentazione teorica nell’area di sovrapposizione tra antropologia e sociologia, e l’utilizzazione talvolta inattesa di spunti teorici, come per esempio la contrapposizione in Sapir tra cultura spuria e cultura genuina. La successione di altri lavori, dedicati ai pescatori dell’area settentrionale della Sardegna, manifesta un progressivo distacco dalla strumentazione di tipo sociologico e un’acquisizione più critica e consapevole della strumentazione di tipo antropologico (v. soprattutto Spazio e tempo nella cultura dei pescatori del 1988). La candidata non disdegna di proporre testi di carattere più divulgativo, ma il carattere progressivo della sua ricerca è testimoniato dall’approfondimento della tematica relativa al sapere tecnico dei pescatori e alla dimensione cognitiva della loro cultura (v. Gente di mare in Sardegna, 1997), così come dall’apertura verso la considerazione della “cultura del mare” in una visione più ampiamente comparativa. Da rilevare, sotto questo punto di vista, i contatti di tipo internazionale che la candidata ha saputo coltivare, così da porre in connessione le sue ricerche con prospettive e risultati ottenuti in altri contesti. Significativa è pure l’apertura verso altri temi, come quell’antropologia medica e del corpo, in cui si era già imbattuta nello studio della cultura dei pescatori. I riferimenti teorici risultano corretti ed efficaci, anche se la preclusione nei confronti di ciò che viene definito come esotico e troppo lontano – scelta che affiora fin dai primi scritti – rischia di rinchiudere eccessivamente la ricerca della candidata entro limiti alquanto ristretti sotto il profilo antropologico. Al di là di questo rilievo, la candidata dimostra tuttavia di aver fornito contributi significativi, dotati di originalità, di continuità di impegno e dunque anche di organicità e di progressione. P. G. Solinas Per la gran parte i suoi studi sono dedicati alla cultura del mare, alle comunità di pescatori, alla cultura materiale, alla sociologia ed ai rapporti sociali nella produzione, alle forme di controllo, gestione e categorizzazione dello spazio in questo specifico ambito. Tutto ciò principalmente negli insediamenti costieri della sardegna nord-occidentale, anche con attenzione comparativa ad altri luoghi e contesti di cultura marittima mediterranea. Ciò, in particolare, nei lavori quali I figli di Glaukos, Temi e materiali di culture marinare in Sardegna e nel Mediterraneo (1995), come pure nel fascicolo monografico de La Ricerca Folklorica, La cultura del mare, a sua cura La cura descrittiva, sistematicamente diretta soprattutto allo studio dell’ergologia, dei saperi e delle competenze cognitive e tecniche connesse alla pratica produttiva, appare diretta da una scrupolosa linea etnografica di trattamento delle informazioni che definisce un profilo di ricerca piuttosto maturo, benché non principalmente orientato ad interessi di preminente interesse teorico e analitico. Appaiono rilevanti, non solo nel percorso di progressiva acquisizione dei materiali etnografici, ma anche nei risultati che costituiscono oggi un corpus di indicazioni piuttosto organico, e che lasciano intravedere le linee d’una antropologia dell’ambiente e delle comunità in questo settore, gli elementi che riguardano la percezione dello spazio, l'ergologia, i sistemi di classificazione, i “saperi naturalistici”. Il mare acquista, attraverso la lettura antropologica che la Mondardini propone nella sua descrizione interpretativa dei saperi popolari, un sistema ricco di qualità sensibili, coordinazioni logiche, principi di relazione che offrono interessanti prospettive di elaborazione analitica. L’attenzione comparativa che accompagna il lavoro non è privo di interesse e di originalità. La Mondardini include tale specifica dimensione della sua ricerca in un quadro di considerazione storica e spaziale che concerne le migrazioni, le colonizzazioni che dai principali centri di pesca e di insediamento marinaro lungo le coste del Mediterraneo hanno configurato, per l’area di suo principale interesse, la costituzione – relativamente recente, e in gran parte alloctona, di specifiche forme di popolamento e di presa sullo spazio. Se ne ricava l’immagine d’un panorama culturale (specifico e ben qualificato nelle sue diverse dimensioni) esteso, distribuito in una sorta di seconda dimensione della geografia e del popolamento mediterraneo, ad un tempo mobile e strutturato. Candidata Giannetta MURRU CORRIGA A. Buttitta Il curriculum della candidata e l’elenco delle sue pubblicazioni segnalano una studiosa interessante anche se in via di formazione. M. Callari Galli Dalla documentazione presentata si evince che la candidata ha svolto con continuità la sua attività didattica e scientifica. Non essendo pervenuto il plico delle pubblicazioni non è possibile valutare i risultati delle sue ricerche. S. Miceli Dalla documentazione presentata si constata impegno costante nella ricerca e continuità di attività didattica. Non essendo pervenuto il plico delle pubblicazioni nono è possibile formulare alcuna valutazione del suo lavoro scientifico. F. Remotti Apprezzabile la continuità del suo impegno didattico e scientifico, quale risulta dal curriculum presentato, nonché dall’elenco delle sue pubblicazioni. Non essendo pervenuto tuttavia il plico delle pubblicazioni non è possibile procedere ad una valutazione dei risultati delle sue ricerche. P.G. Solinas Dalla documentazione pervenuta, che non comprende i titoli scientifici, non pervenuti alla Commissione, è possibile ricavare il profilo di una studiosa attiva e impegnata in ricerche di rilevante interesse tematico. Tuttavia, data la non disponibilità delle pubblicazioni relative, non è possibile formulare un giudizio di merito. Candidato Glauco SANGA A. Buttitta L’insieme della produzione scientifica del candidato, che fra l’altro ha anche al suo attivo apprezzate attività didattiche e editoriali, testimonia uno spiccato interesse per l’ambito della dialettologia (vedi p.e. Dialetto e folklore. Ricerca a Cigole e la raccolta Saggi di Antropologia linguistica) anche quando non espressamente tematizzato in questo senso (vedi p.e. la raccolta di saggi I dinosauri. Studi sulla cultura dei marginali). Per questo aspetto, come per altri concernenti, secondo la definizione del candidato, argomenti di filologia folklorica, la sua attività pubblicistica presenta caratteri evidenti di impegno e rigore. In particolare gli scritti dialettologici possono ritenersi un contributo non effimero a una migliore conoscenza di parlate dialettali e di lingue speciali. Particolarmente pregevoli appaiono alcune considerazioni, per esempio in ordine al rapporto tra marginalità sociali e gerghi (vedi Currendo libido. Il viaggio nella cultura dei marginali). Altri due centri di interesse di Sanga sono la fiaba e l’emigrazione. Riguardo al primo di questi temi i saggi relativi sono stati raccolti dal candidato stesso in Studi sulla fiaba italiana. Mentre i lavori concernenti la trasmissione delle fiabe, pur deboli per l’aspetto storico-filologico, si fanno apprezzare per novità di scelte tematiche e prospettive euristiche, gli altri, quelli in particolare in cui si propongono analisi formali o strutturali di testi, rispetto alla letteratura scientifica prodottasi in questi ultimi decenni e agli avanzamenti teorico-metodologici acquisiti non riescono a occultare il loro valore marginale. Fragili per l’aspetto antropologico e sociologico, al di là del loro sicuro interesse dialettologico, sono soprattutto i lavori riguardanti l’emigrazione alpina, fenomeno di cui, da parte del candidato, non sempre appare interamente percepita la dimensione antropologica oltre che storico-sociale. Nel complesso la personalità scientifica del candidato appare apprezzabilmente definita per gli aspetti dialettologico e etnografico, ma non ancora del tutto delineata per quello propriamente antropologico. M. Callari Galli Presenta un’abbondante ed ampia produzione, svolta a partire dagli anni ’70: saggi di lunghezza diversa, introduzioni, note, recensioni, cura di volumi e di numeri monografici di riviste, interventi a convegni nazionali ed internazionali. I volumi presentati sono raccolte di saggi. I suoi interessi si articolano principalmente nell’area della dialettologia e dell’antropologia linguistica. Molte le aree di ricerca affrontate, con un’attenzione più spiccata a quelle inerenti ai settori più squisitamente linguistici e in particolare dialettologici. Tenta sovente l’innesto di apparati metodologici propri della linguistica su temi di carattere antropologico ma spesso i livelli rimangono separati, più giustapposti che interagenti. Per l’area antropologica ha in particolare indagato l’ambito dell’antropologia alpina e della cultura dei marginali. In ambedue queste aree ha svolto numerose ricerche sul campo dando la preminenza alla raccolta di fonti orali e all’indagine su materiali di archivio. Non sempre l’abbondanza dei dati presentati riesce a saldarsi con le ipotesi avanzate. I saggi di antropologia alpina e della cultura della marginalità in cui il candidato espone i risultati conseguiti sono numerosi; in essi si individuano intuizioni e spunti interessanti e a volte brillanti. Tuttavia alcune ipotesi avanzate, ad esempio quelle tese a stabilire e ad individuare le “permanenze” presenti in alcune aree culturali contemporanee appaiono non sufficientemente corroborate da un adeguato corpo di dati. In generale ci troviamo di fronte ad uno studioso che rivela una buona preparazione nei settori linguistici, meno teoricamente ed epistemologicamente fondata nel settore antropologico. La sua attività didattica si è svolta dal 1978 al 1989 con cicli annuali di lezioni sulle tradizioni popolari italiane nell’ambito del corso di Dialettologia dell’Università di Pavia, dal 1989 a tutt’oggi come professore associato presso l’Università di Venezia (corso di Etnologia). Ha svolto corsi di Dialettologia presso l’Università di Bergamo, l’Università di Zurigo e l’University of California. Svolge da anni con continuità un’intensa attività editoriale. S. Miceli Dell’ampia produzione presentata dal candidato la parte più significativa è costituita dai saggi di antropologia linguistica dell’Italia, dove si coniugano impianto storico-filologico e documentario e ricerca sul terreno. Oltre a studi che più precisamente associano interessi dialettologici e demologici, presenta anche alcune interessanti ricerche su gruppi marginali, anche qui con interesse dominante per la produzione orale studiata in chiave etnolinguistica, e poche indagini di più ampia pertinenza antropologica, per esempio La colonia in patria, contributo al volume Premana, o Il peso della carne, su un culto millenaristico italiano. Ricche le documentazioni e testimonianze raccolte e accurata la presentazione dei contesti, anche se gli aspetti più vivaci e originali dei suoi lavori si riconoscono connessi all’osservazione linguistica, cui l’ottica antropologica risulta spesso subordinata. I lavori più specificamente antropologici - per esempio quelli adesso raccolti nel vol. VI delle sue raccolte tematiche o quelli sull’emigrazione alpina raccolti nel vol. VII - dimostrano una certa schematicità dell’elaborazione concettuale e della sistemazione teorica e una inadeguata attenzione al dibattito teorico-epistemologico attraversato dall’antropologia sul piano internazionale. Va positivamente segnalato il suo continuativo impegno nel settore dell’attività editoriale e della promozione degli studi. F. Remotti Curriculum e pubblicazioni presentate fanno emergere il profilo di uno studioso dotato di una duplice competenza: da un lato la dialettologia e più in generale la linguistica, dall’altro la storia delle tradizioni popolari (o demologia) e più in generale l’etno-antropologia. Occorre anche sottolineare che la formazione principale del candidato è di tipo dialettologico e linguistico, come appare in diversi suoi testi (per esempio Dialetto e folklore. Ricerca a Cigole del 1979). Una certa carenza di spunti e strumentazione antropologica e una certa frettolosità di indagine sono rilevabili anche in altri lavori, più dichiaratamente collocati nell’ambito demo-etno-antropologico. Questi rilievi possono essere riferiti anche alla serie di volumi che il candidato ha pubblicato in proprio nel 1992 (raccolte di scritti precedenti). In alcuni di questi volumi, il candidato affronta più direttamente tematiche etno-antropologiche, come per esempio l’ipotesi della “continuità tra la cultura dei cacciatori-raccoglitori preistorici e la cultura dei marginali storici” (zingari, vagabondi ecc.), la quale richiederebbe tuttavia approfondimenti e precisazioni di non poco conto. In tempi più recenti, il candidato ha affrontato temi di notevole interesse, ai confini dei settori disciplinari di sua competenza (sotto questo profilo, da segnalare il saggio del 1995 su “Scrivere tessere tracciare, contare cantare sognare”). La capacità di lavoro e il costante impegno del candidato in aree di confine inter-disciplinare sono elementi indubbiamente positivi, anche se – a giudicare dal punto di vista più propriamente etno-antropologico – sarebbero auspicabili contributi di maggiore incisività e portanza disciplinare. P.G. Solinas Una solida esperienza professionale in ambito linguistico e socio–linguistico, unita alla specifica competenza etnografica ed etnostorica sostanziano la produzione scientifica di Glauco Sanga, scandita da numerosissimi saggi monografici, curatele, articoli e recensioni. La sua linea di ricerca può definirsi di etnografia filologica e sperimentale; accurata nella raccolta e nella selezione critica dei supporti documentari, attenta alla definizione dei contesti storici e delle implicazioni sociologiche, persegue itinerari ben definiti e durevoli intorno ad aree tematiche di piena pertinenza antropologica: i testi folklorici e le loro connotazioni socio–culturali, i saperi naturalistici, l’alimentazione, la scrittura, l’emigrazione in ambiente alpino. Particolare menzione meritano i suoi tentativi di osservazione ed analisi sull’emigrazione alpina in rapporto alla duplice dimensione dell’economia di montagna, con alternanza di fasi stanziali e fasi di itinerazione, mestieri sedentari e mestieri ambulanti. Stimolanti, sostenuti da una determinatezza euristica e fattuale non priva di originalità critica, alcuni degli scritti più consistenti (da “Il gergo dei pastori bergamaschi”, 1977, a “La filologia folklorica…”,1994, a “Scrivere, tessere, tracciare…” 1995, fra gli altri) si distinguono per larghezza di ispirazione critica, per consistenza e ricchezza informativa, per sicurezza d’esposizione. Il Candidato merita, per quanto sopra indicato, un giudizio positivo tanto sotto l’aspetto della preparazione e della pertinenza disciplinare quanto sotto quello della consistenza e congruenza della produzione. Le sue numerose iniziative di promozione della ricerca, di coordinamento e diffusione non possono che confermare ed accrescere questa valutazione. Candidato Pier Paolo VIAZZO A. Buttitta Dall’insieme dei lavori sottoposti dal candidato al giudizio della Commisione emergono come preminenti due ambiti di interesse: la condizione socio-antropologica delle comunità alpine, le dinamiche della mortalità infantile in età moderna e contemporanea. Le due tematiche apparentemente indipendenti, in realtà, stante il punto di vista attraverso il quale sono osservate e gli ambienti considerati, risultano strettamnete correlate. Per questo aspetto il lavoro del candidato presenta pertanto evidente coerenza e controllato rigore, che ne qualificano l’alto grado di specializzazione, non appannato da scritti minori (voci di enciclopedie e così via) in cui al marginale impegno corrisponde altrettanta marginalità valorativa. Per il resto, tanto per gli esiti quanto per le strategie metodologiche adottate ai fini del loro conseguimento, gli scritti di Viazzo sollecitano e meritano un livello di attenzione che deve necessariamente tracimare l’ordine della loro progressione quantitativa. Per quanto concerne i risultati conoscitivi relativi alla realtà studiata, non appare questionabile il fatto che essi rappresentano un avanzamento significativo rispetto a errate o superficiali letture delle culture alpine, anche da parte di autori di alto profilo scientifico come F. Braudel. In questo senso non è solo notevole avere stabilito, contro un vecchio pregiudizio, la mobilità sociale e dunque culturale degli insediamenti alpini, ma è anche di decisivo pregio epistemico l’avere riconosciuto nelle loro culture fenomeni caratterizzati da arcaismi non sempre dovuti a persistenze a-storiche, quanto piuttosto riferibili a processi storici di progressivo degrado rispetto a precedenti situazione di più avanzato sviluppo anche intellettuale. A questo significativo risultato, che d’un sol colpo ha messo tra parentesi i compiaciuti primitivismi romanticheggianti di una certa etnografia municipalistica, Viazzo è pervenuto grazie al percorso metodologico scelto, all’incrocio di antropologia sociale e demografia storica. E’ proprio qui, a livello teorico-metodologico, che il lavoro di Viazzo se da un lato si impone per la sua novità, dall’altro denuncia uno spessore speculativo in qualche caso incerto. Questo duplice carattere dell’esteso impegno scientifico di Viazzo si protesta esplicitamente nel volume Comunità alpine, traduzione rivista e arricchita rispetto alla edizione inglese, e sostanziale recupero nonché sintesi della più parte delle sue ricerche e dei suoi lavori. Sarebbe scorretto riferire questa ambiguità alla diretta responsabilità all’Autore. In realtà la trascuranza non si sa quanto voluta consapevolmente, attribuibile a distrazione o peggio a disinformazione riguardo alle emergenze più significative della tradizione epistemologica del pensiero europeo, è propria di una certa antropologia sociale di area anglosassone, cui Viazzo significativamente deve la sua formazione. Le indubbie capacità critiche di cui l’opera di Viazzo offre evidente testimonianza, molto probabilmente consentiranno in un prossimo futuro a questo studioso di intendere la fragilità speculativa della folla di minori su cui si sostiene l’antropologia sociale anglosassone. Viazzo comunque mostra di possedere gli strumenti intellettuali, adeguatamente verificati dall’esperienza sul terreno, che ne definiscono la personalità scientifica in termini del tutto positivi e convincenti. M. Callari Galli Il candidato presenta una ricca produzione che si articola in volumi, saggi, curatele e recensioni. I nuclei più rilevanti su cui ha organizzato la sua ricerca e la sua riflessione sono lo studio delle comunità alpine, delle forme familiari in Europa, di numerosi aspetti della vita infantile, inseriti nell'ambito degli studi di storia della popolazione. I temi sono affrontati da una duplice prospettiva che affianca la ricerca storica e demografica all'analisi antropologica; ed anche aspetti ecologici ed economici sono sovente indagati ed introdotti per dare profondità e "certezza" alle presentazioni dei dati e delle ipotesi. Si potrebbe dire che il suo sforzo sia di leggere antropologicamente dati storici, statistici, demografici, economici e geografici. Negli articoli e nei saggi brevi questi molteplici livelli a volte non trovano la piena armonizzazione in quanto non sempre il candidato riesce a finalizzare all'interpretazione culturale i contributi delle diverse discipline (cfr. come esempi i numeri 28, 30, 45, 48 dell'elenco delle pubblicazioni accluso) Nel suo volume più importante, "Comunità alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo a oggi" (traduzione italiana di un volume precedentemente pubblicato dalla Cambridge University Press, "Upland Communities. Environment, Population and Social Structure in the Alps since the Sixteenth Century") la ricerca antropologica e la ricerca storica, affiancate da quella demografica, ci offrono un modello di integrazione multidisciplinare ben riuscito. Così come è buona l’ideazione e raffinata la realizzazione di altre opere in cui ricerca sul campo e teoria antropologica si fondono con grande equilibrio. Il candidato privilegia un'esposizione chiara ed equilibrata delle sue ipotesi, sempre saldamente ancorate ai dati; imposta con chiarezza le linee della sua ricerca che specie nei lavori più recenti ha un'apertura interessante sul piano comparativo. Forse l'aderenza agli schemi di riferimento della contemporanea ricerca antropologica britannica sulla struttura sociale che si può desumere dalla storia della popolazione è a volte troppo fedele impedendo al candidato di considerare, sia pure criticamente, gli apparati e i contributi della ricerca antropologica più qualitativa. Sempre accurato, ampio e pertinente il corredo bibliografico; alcuni saggi possono essere considerati brillanti e critiche rassegne bibliografiche (n. 18, 29, 52, 54). Una serie di saggi, alcune curatele, scritti con altri autori non possono essere valutati in quanto le singole parti non sono attribuite (n. 9, 12, 14, 31, 40,44, 49, 51, 53, 58, 60, 67). S. Miceli La produzione presentata dal candidato verte quasi integralmente su quello che è il suo campo di specializzazione, l’antropologia alpina. Il lavoro più impegnativo, Upland Communities (1989), di cui la posteriore edizione italiana Comunità alpine è una versione rivista e aggiornata, organizza in un disegno unitario i risultati di una complessa indagine interdisciplinare i cui esiti parziali sono discussi nella saggistica. Interessato alle problematiche poste dal rapporto cultura-ambiente e muovendosi in un quadro di riferimento teorico-metodologico in sostanza neo-funzionalista, il candidato integra le sue competenze etnoantropologiche con altre specifiche di demografia storica per affrontare, a partire dall’iniziale ricerca su campo ad Alagna Valsesia (1979-1981), lo studio comparativo delle comunità alpine in prospettiva di lungo periodo. Continuità di impegno in quest’ambito di studi è testimoniata sia dalla produzione saggistica posteriore al volume, dove è ripresa e sviluppata in direzioni collaterali la problematica storico-antropologica di suo centrale interesse, sia dalle edizioni italiane di classici del settore da lui stesso curate (da solo o in collaborazione) e lucidamente introdotte. Se le competenze antropologiche immediatamente e mediatamente presupposte alla sua scelta di campo sono evidenti nella sua produzione più specialistica, i lavori minori, recensioni comprese, consentono un più puntuale apprezzamento delle competenze non solo settoriali del candidato, ed anche l’apprezzamento delle sue qualità di interprete intelligente e critico della storia del pensiero antropologico. La produzione presentata benché quantitativamente da ridimensionare, poiché nell’ampia saggistica molte tematiche ricorrono, rivisitate o riproposte apporta contributi rigorosi e originali all’antropologia storica delle Alpi attestando anche, nel suo complesso, la solida preparazione generale del candidato. F. Remotti Se si provvede a scremare quanto il candidato ha pubblicato in collaborazione e non è valutabile, a causa della mancata indicazione dei singoli contributi individuali, risulta che la produzione del candidato è caratterizzata dalla presenza di un volume in lingua inglese, Upland Communities, edito dalla Cambridge University Press nel 1989 e poi tradotto in italiano con il titolo Comunità alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo a oggi (Bologna 1990), in cui si riscontrano alcune modifiche, ampliamenti e aggiornamenti, e da una serie di 38 articoli e saggi, di cui circa 24 dedicati in gran parte all’antropologia alpina. Il volume è la testimonianza di un’ottima impostazione di ricerca, nella quale si rilevano: solidità della preparazione metodologica; consapevolezza interdisciplinare; capacità di muoversi tra ricerche più tradizionali e classiche dell’antropologia di comunità, e antropologia ecologica, antropologica storica e demografia; necessità di approfondire e fondare con ricerche storiche (d’archivio) le indagini antropologiche. Si può dire che il volume si impone come un modello di ricerca nel campo prescelto. Esso infatti presenta una visione molto ampia, di stile comparativo, estesa a tutto l’arco alpino, senza dimenticare la considerazione degli habitat di montagna in generale, a cominciare dal rapporto tra ambiente fisico e organizzazione sociale. Dimostra inoltre una notevole sicurezza nei riferimenti alla letteratura antropologica, storica e demografica e una chiara consapevolezza del ruolo interdisciplinare che l’antropologia viene ad assumere. La scrittura è sempre molto chiara, fiondata com’è su una solida organizzazione del discorso e una strumentazione analitica particolarmente penetrante. Dal contributo dell’autore che – come già dimostra la sua originaria pubblicazione in inglese ha avuto riconoscimenti di ordine internazionale – si evince sul piano sostantivo, l’idea, che l’arco alpino può essere proficuamente concepito come un prezioso laboratorio antropologico e, sul piano epistemologico, la tesi dell’importanza e dell’imprescindibilità delle ricerche di ordine storico per le stesse indagini antropologiche. Se alcuni dei 24 contributi dedicati all’antropologia alpina alcuni risultano preparatori al lavoro principale del 1989, altri sono successivi e costituiscono approfondimenti ulteriori. I temi possono variare – per esempio, l’alfabetizzazzione, il rapporto tra popolazione e risorse, la nuzialità, la fecondità, l’emigrazione, il rapporto tra abitazione e gruppo domestico, l’equilibrio demografico, il declino del dialetto, il rapporto tra ambiente esterno e struttura sociale, i tipi di famiglia e di parentela, la mobilità del lavoro –, ma tutti sono trattati con estrema competenza dovuta a) una prolungata ricerca sul campo (primavera 1979-autunno 1981); b) acquisizione di solida strumentazione antropologica; c) approfondita ricerca storica (consultazione di archivi; apprendimento di mestiere di storico); d) acquisizione di problemi e strumenti tipici di un gruppo di materie confinanti con l’antropologia, tra cui soprattutto la demografia, e in particolare la demografia storica; e) conoscenza e discussione accurata della letteratura relativa ai vari argomenti trattati, sia essa di tipo antropologico, sia essa appartenente a discipline affini. Quest’ultimo punto è dimostrato anche da scritti appositamente dedicati ad autori e teorie, che il candidato analizza e introduce nel dibattito dell’antropologia italiana (Robert Netting, John Cole e Eric R. Wolf). Altri saggi (circa 9) sono invece dedicati all’altro argomento che contraddistingue la produzione del candidato, e cioè la problematica della struttura famigliare e della questione infantile (dall’allattamento alla mortalità infantile) in un contesto più vastamente europeo. Ciò che caratterizza questo filone di studi è ancora una volta la combinazione tra strumentazione antropologica e strumentazione demografica all’interno di una prospettiva storica. Da rilevare che egli conduce questi studi inserito in un gruppo di ricerca di valore internazionale, quello diretto da Peter Laslett e in quanto direttore degli studi all’Istituto degli Innocenti di Firenze. La stessa problematica della mortalità infantile viene inoltre affrontata anche nel terreno della sua ricerca sul campo, riuscendo così a saldare lungo un percorso organico e costruttivo i suoi principali interessi d’indagine. Solidità, compattezza, penetrazione analitica, rigore metodologico, affidabilità nei risultati contraddistinguono la figura scientifica di questo studioso. P.G. Solinas Si deve a Pier Paolo Viazzo lo sviluppo, tanto metodicamente coltivato quanto epistemologicamente ambizioso, d’una linea di ricerca a carattere antropologico-demografico che ha consentito di aprire feconde connessioni interdisciplinari con la demografia storica. Oltre alla ricca serie di ricerche a carattere monografico che concernono le comunità alpine walser, il cui frutto più significativo è il volume Upland Communities: EnvironmentPopulation and Social Structure in the Alps since the Sixteeenth Century (1989), largamente apprezzato in ambito internazionale, poi pubblicato in edizione italiana presso Il Mulino, è significativa la consistente massa di lavori che riguardano gli studi relativi alla storia dell’infanzia, alla mortalità infantile e alla fecondità in età moderna, all’emigrazione, alle morfologie familiari e parentali, sul duplice registro della economia e della conservazione simbolica delle identità. Considerevoli, e da poorre fra i meriti scientifici di P.P. Viazzo, la competenza e l’originalità metodologica con i quali egli ha lavorato per l’introduzione di autori quali Netting, Cole e Wolf, P. Laslett, nella cultura antropologica del nostro Paese. Accanto alla traduzione ed alla divulgazione de La frontiera nascosta, di Wolf e Cole, si può dire che abbia preso corpo l’affermarsi d’un nuovo e più robusto approccio all’etnografia alpina, cui continuano a fornire contributi rilevanti i seminari di antropologia alpina che Viazzo promuove da diversi anni in collaborazione con altri studiosi del settore. Nel merito delle più rilevanti tematiche trattate da Viazzo, d’ordine teorico, storico e etnografico al medesimo tempo, è necessario ricordare le questioni connesse al rapporto fra equilibrio ecologico-demografico (in rapporto con i modelli omeostatici e neo-darwiniani) e modelli socio-culturali di organizzazione familiare, fondiaria, successorale. Lungo almeno cinque lustri Viazzo conduce con autorevolezza, non meno che con chiarezza e linearità argomentativa, un accurato lavoro di dibattito e proposta teorica, su riviste internazionali (“Population, resources and homeostatic regulation”…, 1986; “Il Problema dell’equilibrio demografico in montagna”, 1988; “An Anthropological perspective of environment, population and social structures in the Alps”1990; “The peasant family in Northern Italy”, 1990, “Famille, parenté et co-résidence dans un village walser des Alpes” (1994). Rilevante, per lo studio antropologico della transizione, e per la definizione dei nuovi modelli di fecondità, l’esperienza di ricerca interdisciplinare sul declino della mortalità infantile, nella quale Viazzo ha avuto, insieme a Carlo Corsini, un ruolo primario; proviene da questo lavoro la cura del volume collettivo The Decline of Infant and Child Mortality (1997) GIUDIZI COLLEGIALI Mario Atzori Il candidato, continuativamente impegnato in attività didattiche e di ricerca, presenta un’ampia produzione dedicata principalmente alla documentazione e all’analisi del folklore sardo. Dei suoi interessi più generalmente etnoantropologici è data testimonianza in uno studio dedicato alla colonizzazione del Congo e alla lettura delle sue tradizioni nell’ottica etnocentrica e ideologica delle relazioni di viaggio di missionari. Lo studio, più in particolare, della demologia della Sardegna, condotto in un’ottica di fondo storico-materialistica e con richiami alla prospettiva demartiniana, utilizza ampie ricognizioni storico-bibliografiche, attente ricerche d’archivio e indagini sul campo, e dedica puntuale attenzione alle trasformazioni nel tempo del sistema produttivo e della situazione socio-politica delle comunità sarde come sfondo alle dinamiche culturali indagate. La Commissione apprezza la continuità e assiduità dell’impegno di studio e di lavoro del candidato, che alla documentazione delle tradizioni popolari della Sardegna ha dedicato più di un trentennio, e la puntualità di alcune sue ricerche, in particolare dedicate alla cultura materiale. Alcuni commissari hanno tuttavia avanzato riserve sulle modalità di utilizzazione degli apparati teorico-metodologici cui il candidato fa riferimento e sulla validità scientifica delle sue analisi. La maggioranza dei commissari ritiene comunque il candidato meritevole di considerazione per il valore e l’originalità del contributo dato allo studio del folklore sardo. Armando Catemario La Commissione rileva e apprezza la continuità dell’impegno didattico del candidato. Rileva altresì che le pubblicazioni presentate (quattro volumi) caratterizzano diversi momenti del suo percorso e testimoniano non solo un impegno scientifico, ma anche una attenzione particolare a problematiche di ordine morale e civile. La sua produzione si segnala inoltre per interessi di natura interdisciplinare, sostenuti da ampia conoscenza del pensiero filosofico e della psicologia contemporanea. D’altra parte, oltre a sollevare dubbi di pertinenza per una almeno delle pubblicazioni presentate, la Commissione non ritiene del tutto persuasive certe analisi da lui proposte. Francesca Declich La Commissione riconosce la preparazione e formazione professionale della candidata in campo antropologico (dottorato di ricerca), nonché le sue molteplici attività: partecipazione a progetti di ricerca spesso di carattere internazionale, interventi in ambiti applicativi di interesse professionale, didattica anche presso istituzioni straniere, e ricerche sul campo in Africa orientale. Rileva tuttavia che la sua produzione che può essere presa in considerazione ai fini della procedura di valutazione comparativa, è allo stato attuale alquanto esigua, e non offre ancora contributi consistenti sul piano scientifico. Paola De Sanctis Ricciardone La Commissione riconosce alla candidata, oltre alla sua attività didattica, un impegno di ricerca che l’ha condotta da interessi più demologici (studio di festività popolari) a tematiche di natura più teorica (il gioco e la dimensione ludica della cultura). Anche se alcuni commissari individuano una maggiore innovatività e originalità nella prima fase della sua produzione e altri nella seconda, tutti sottolineano la vivacità intellettuale che contraddistingue spesso la sua produzione e che si accompagna bene alla diversificazione dei suoi interessi. La Commissione rileva tuttavia la opportunità di approfondimenti, così da rendere i suoi contributi più solidi e continuativi. Luisa Faldini Pizzorno La Commissione apprezza la continuità dell’impegno didattico e scientifico della candidata, riconoscendo la pertinenza dei suoi studi nel settore disciplinare demoetnoantropologico. Ha studiato aspetti delle culture amazzoniche e delle civiltà precolombiane, anche sotto il profilo museografico, nonché movimenti religiosi afroamericani. Il suo contributo si può ritenere valido per l’aspetto sia conoscitivo sia analitico soprattutto per i fenomeni indagati direttamente sul campo. Anche se la sua produzione ha in parte carattere divulgativo (specialmente nella sua prima fase), si colgono i presupposti di una più matura qualificazione scientifica. Gualtiero Harrison La estesa e densa produzione scientifica del candidato, del quale insieme alla continuità dell’attività didattica la Commissione rileva anche l’interesse per un’antropologia socialmente impegnata, riguarda prevalentemente tematiche di grande attualità, quali: le dinamiche dell’esclusione culturale, l’emergere consapevole delle etnicità nelle società contemporanee, i problemi determinati dai flussi migratori e dal conseguente formarsi di società multietniche, la trasformazione delle forme di famiglia, il disagio sociale connesso al progressivo ampliarsi delle aree di marginalità, la diffusione del consumo di droghe, la qualità della vita nelle società avanzate. Lo studio e la lettura di questi e di altri fenomeni appaiono caratterizzati da rigore metodologico, da piena percezione della loro dimensione problematica, nonché dalla novità delle interpretazioni proposte. La Commissione unanime giudica pertanto l’attività complessiva del candidato, per continuità e originalità dei contributi, meritevole di particolare considerazione. Gabriella Mondardini La Commissione apprezza l’attività didattica della candidata e i suoi diversi impegni organizzativi, anche in ambito internazionale. La Commissione riconosce inoltre che la candidata ha saputo determinare il suo specifico campo di ricerca (la cultura dei pescatori e più in generale la cultura del mare), in relazione al quale ha prodotto contributi assai significativi, affinando vieppiù la sua strumentazione analitica. Debolezze sul piano metodologico e informativo e mancanze di approfondimento vengono rilevati in certi momenti della produzione della candidata, specialmente quando si discosta dal suo principale tema di ricerca. A giudizio di alcuni commissari, tuttavia, questi rilievi non intaccano la solidità della sua produzione, rimanendo marginali rispetto a un impegno scientifico che si è articolato e arricchito nel tempo. Giannetta Murru Corriga La Commissione rileva e apprezza la continuità dell’impegno didattico e scientifico della candidata, quale risulta dal curriculum e dall’elenco delle pubblicazioni allegati alla domanda. La mancanza del plico delle pubblicazioni non ha tuttavia consentito ai commissari di procedere ad una valutazione puntuale relativamente al merito specifico dei suoi contributi scientifici. Glauco Sanga L’attività del candidato è documentata da un denso curriculum in cui alla ricerca scientifica si accompagnano anche la continuità didattica e l’impegno editoriale. Le numerose pubblicazioni presentate testimoniano il suo interesse soprattutto riguardo a quattro ambiti di ricerca: le parlate locali e settoriali, lo studio della narrativa tradizionale, la cultura delle comunità marginali, le dinamiche migratorie nelle aree alpine. Per alcune delle tematiche relative a questi ambiti, in particolare quelle di interesse linguistico, le ricerche del candidato si segnalano per rigore metodologico e per originalità dei contributi. Per altre, al contrario, le analisi mancano talvolta di necessari approfondimenti e di un sostegno di più ampie conoscenze bibliografiche. La Commissione pertanto, pur apprezzando la sicura qualità dell’attività scientifica del candidato, ritiene che essa sarebbe risultata del tutto convincente se il punto di vista antropologico nell’analisi dei fenomeni considerati fosse stato meglio percepito e definito. Pier Paolo Viazzo La Commissione rileva, oltre alla serietà della formazione e preparazione professionale in campo antropologico (dottorato di ricerca in antropologia sociale) e all’impegno didattico in Università italiane e straniere, una continuità e una pluralità di ricerche (indagini sul campo e coordinamento di progetti per conto di enti nazionali e internazionali.) Riconosce inoltre l’importanza delle connessioni interdisciplinari (specialmente con la demografia storica e l’ecologia culturale) che il candidato ha saputo sviluppare nel corso delle sue ricerche sia nell’ambito dell’antropologia alpina, sia nell’ambito degli studi relativi alla famiglia europea e alla mortalità infantile. Oltre alla solidità di impostazione metodologica, la Commissione apprezza l’originalità e l’innovatività dei risultati raggiunti e la rilevanza, spesso internazionale, delle sue pubblicazioni, che denotano progressione e piena maturità scientifica. La Commissione unanime ritiene pertanto il candidato meritevole di particolare considerazione. GIUDIZI INDIVIDUALI DEI SINGOLI COMMISSARI SULLA PROVA DIDATTICA DELLA CANDIDATA Francesca Declich Buttitta La candidata ha mostrato piena conoscenza della letteratura relativa al tema della lezione. E’ stata coerente nella organizzazione delle argomentazioni e pur nella rapidità discorsiva è riuscita a fornire gli elementi necessari per una sufficiente trattazione del tema. M. Callari Galli Impostazione curata e pertinente. L’esposizione, organizzata più per concetti che per dinamica storica, non risulta sempre chiara. Adeguati e ampi i riferimenti critici. Didatticamente efficace. S. Miceli L’esposizione è pertinente al tema prescelto e arricchita da adeguati riferimenti bibliografici. Gli argomenti sono proposti con vivacità e ben impostati nella parte introduttiva della lezione, anche se la loro trattazione è nel seguito alquanto approssimativa e poco lucida risulta infine la messa a fuoco delle molteplici questioni evocate. F. Remotti Lezione indubbiamente informata, pertinente, con opportuni e mirati bibliografici. Non sempre la chiarezza espositiva è stata pienamente conseguita. Buona tuttavia l’efficacia didattica. P. G. Solinas La candidata espone il tema proposto con sufficiente pertinenza ed ampiezza di riferimenti. Qualche limite di sistematicità. Buona l’efficacia comunicativa. GIUDIZIO COLLEGIALE Pertinenza, informazione, ricchezza di riferimenti bibliografici sono stati elementi unanimemente rilevati, così come è risultata adeguata l’efficacia didattica e comunicativa. Meno convincente sul piano della chiarezza e della sistematicità nell’affrontare i problemi suscitati. RELAZIONE RIASSUNTIVA La Commissione, composta dai Professori: Matilde Callari Galli presidente Silvana Miceli membro eletto Antonino Buttitta membro eletto Francesco Remotti membro eletto Pier Giorgio Solinas segretario si è riunita presso la Presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari, nei seguenti giorni ed orari: I riunione: II riunione: III riunione: IV riunione: V riunione: VI riunione: giorno 16.10.2000 dalle ore 10 alle ore 13,30; giorno 4.12.2000 dalle ore 9,30 alle ore 20; giorno 5.12. 2000 dalle ore 9.30 alle ore 20; giorno 6.12.2000 dalle ore 9.30 alle ore 19, 50; giorno 7.12.2000 dalle ore 9.30 alle ore 20; giorno 8.12.2000 dalle ore 9.30 alle ore 21. La Commissione ha tenuto complessivamente sei riunioni iniziando i lavori il 16.10.2000 e concludendoli il giorno 8.12.2000. 1. Nella prima riunione la Commissione ha proceduto alla nomina del Presidente nella persona della Professoressa Matilde Callari Galli e del Segretario nella persona del Prof. Pier Giorgio Solinas. La Commissione ha preso visione dell’elenco dei candidati ammessi alla procedura di valutazione comparativa, e ciascun commissario ha dichiarato di non avere relazione di parentela o affinità entro il quarto grado incluso con gli altri commissari o con i candidati; prima di procedere nei lavori, la Commissione ha preso visione del bando di valutazione comparativa, e dell’elenco dei candidati, e ha stabilito i criteri di massima per la valutazione dei candidati e per la valutazione delle prove didattiche. Tali criteri sono stati trasmessi al responsabile della valutazione comparativa per gli adempimenti di competenza. La Commissione ha deciso quindi di convocare le Candidate Rita Cedrini e Francesca Declich, non provviste del titolo di professore associato, per l’estrazione e la scelta del tema oggetto della prova didattica il giorno 6 dicembre 2000 alle ore 11. 2. Nella seconda riunione, che si è tenuta il 4.12.2000, la Commissione ha preso visione della documentazione concorsuale fornita dagli Uffici. Successivamente, dopo aver verificato la corrispondenza fra le pubblicazioni scientifiche messe a disposizione dagli Uffici e l’elenco delle stesse allegato alle domande di partecipazione, ha proceduto alla lettura delle pubblicazioni contenute nei pacchi. 3. Nella terza riunione, che si è tenuta il 5.12.2000, la Commissione ha proseguito nella lettura dei titoli scientifici e dei curricula dei candidati. Nel corso di tale riunione si prende atto della rinuncia dei candidati Ottavio Cavalcanti, Rita Cedrini, Francesco Faeta. 4. Nella quarta riunione, che si è tenuta il giorno 6 dicembre 2000, la Commissione ha proceduto alla formulazione dei cinque temi per il sorteggio e la scelta dell’argomento della prova didattica. Nella stessa riunione alle ore 11 la candidata Francesca Declich procede all’estrazione dei tre temi (n. 1, 3, 4) e sceglie il tema n.3 per la prova didattica. Successivamente la Commissione ha completato la lettura delle pubblicazioni e proceduto nell’elaborazione dei profili e nella formulazione dei giudizi individuali dei seguenti candidati: Mario Atzori, Armando Catemario, Francesca Declich, Paola De Sanctis Ricciardone, Luisa Faldini, Gualtiero Harrison, Gabriella Mondardini, Giannetta Murru Corriga, Glauco Sanga, Pier Paolo Viazzo (allegato A). 5. Nella quinta riunione, che si è tenuta il giorno 7.12.2000, la Commissione ha proceduto alla formulazione dei giudizi collegiali (Allegato B). Alle ore 11 la candidata Declich sostiene la prova didattica, alla fine della quale i commissari formulano i giudizi individuali e successivamente il giudizio collegiale relativo alla stessa prova (allegato C). La Commissione quindi avvia la discussione relativa alla valutazione comparativa dei candidati. 6. Nella sesta riunione, tenuta il giorno 8.12.2000, la Commissione ha proseguito nella valutazione comparativa ed è pervenuta, dopo ampia discussione, alla deliberazione relativa alle idoneità. I risultati della votazione sono stati i seguenti: il candidato Mario Atzori ottiene tre voti; il candidato Gualtiero Harrison ottiene cinque voti; la candidata Gabriella Mondardini ottiene due voti; il candidato Pier Paolo Viazzo ottiene cinque voti. Vengono dichiarati idonei i candidati Mario Atzori, Gualtiero Harrison, Pier Paolo Viazzo. La Commissione ha proceduto quindi alla redazione della presente Relazione riassuntiva finale e alla predisposizione del plico contenente i verbali della procedura di valutazione comparativa. La Commissione ha dato quindi mandato ai prof. Buttitta, Callari Galli, Miceli di consegnare al Responsabile della procedura di valutazione comparativa il plico contenente: tre copie dei verbali complete dei relativi allegati e un dischetto recante la registrazione di tutti i verbali e della relazione finale. Tutto il materiale concorsuale viene sistemato in un plico chiuso e firmato da tutti i componenti la Commissione sui lembi di chiusura. La Commissione viene sciolta alle ore 21. Letto approvato e sottoscritto seduta stante. Sassari 8 12 2000 La Commissione F.to Prof. Matilde Callari Galli F.to Prof Antonino Buttitta F.to Prof. Francesco Remotti F.to Prof. Silvana Miceli F.to Prof. Pier Giorgio Solinas presidente componente componente componente segretario)