ontologica

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1a. Vienna, Europa!
0. Il ragno di Bacone
L'immagine che per molto tempo la critica è andata restituendo del Circolo di Vienna e dei suoi esponenti consiste di un
complesso dogmatico di affermazioni indistinte e decontestualizzate sulla filosofia proposta dai viennesi, come se Carnap o
Neurath o Schlick, per citare alcuni importanti esponenti del Circolo, non fossero che nomi alternativi per indicare il Circolo
stesso. E come se il Circolo si fosse autogenerato, e si nutrisse davvero di null'altro che di "vino nuovo in botti nuove",
secondo il provocatorio motto di Philip Frank, così da trarre la tela dalla sua sostanza cerebrale come un ragno baconiano.
Questa visione è ormai stata superata a favore di una lettura che metta in chiara luce le caratteristiche individuali dei suoi
esponenti e il contesto in cui il Circolo di Vienna operò. La lettura "contestuale", pur essendo un passo avanti rispetto alla
precedente, è risultata a sua volta a tratti eccessiva, bisognosa di precisazioni e distinguo, tuttavia qui non sarà possibile
presentare una discussione di quest'ultimo punto adeguata al dibattito contemporaneo, per diverse ragioni. In linea con la
tendenza "contestuale" bisognerà fare un passo indietro, e risalire prima alle origini di quella che è detta nella letteratura
specializzata filosofia austriaca, o più propriamente e meno comodamente filosofia analitica continentale. E questa si puo` far
iniziare nel 1837 con la pubblicazione della Wissenschaftslehre del filosofo boemo Bernard Bolzano e finire nel 1939, con lo
scoppio della guerra in Polonia. I pensatori che ne fanno parte sono innegabilmente "continentali" per nascita, ma non per
questo privi della chiarezza e del rigore che ne connota l'incontestabile orientamento analitico. Questa tradizione è lo sfondo
generale importante per capire Carnap e il Circolo di Vienna. Ne fanno parte austriaci, boemi, moravi, tedeschi, svizzeri,
polacchi e ungheresi: Bolzano, Lotze, Frege, Brentano e i brentaniani (Husserl, Meinong, Marty, Stumpf etc.), infine la scuola
polacca di Leopoli-Varsavia fondata da un altro brentaniano, Kazimierz Twardowski.
i. Nomi e domande I: Filosofia Analitica/Filosofia Continentale
Cosa intendi dire con i tuoi asserti?
H. Hahn, R. Carnap, O. Neurath, La concezione scientifica del mondo, tr. it., p. 76
Prendiamo la tabella qui sotto.
[1]
[2]
Fichte
Bolzano
Schelling
Brentano
Schopenhauer
Mach
Hegel
Marty
Stirner
Meinong
Nietzsche
Twardowski
Bergson
Neurath
Heidegger
Popper
Adorno
Schlick
Horkheimer
Wittgenstein
Derrida
Carnap
Deleuze
Russell
Foucault
Quine
Sartre
Davidson
Putnam
Kripke
Supponiamo di mostrare il riquadro [1] e soltanto il riquadro bianco di [2] a un gruppo di persone con cultura filosofica
media, ossia non necessariamente esperti del pensiero di qualcuno dei nomi citati, e di chiedere loro quale sia il criterio per
cui questi siano stati così ripartiti. Probabilmente non otterremo risposte molto definite. Se aggiungiamo il riquadro marrone,
forse già andrà meglio; ma avremo probabilmente la risposta, del tutto in linea con la vulgata dei manuali e delle
caratterizzazioni spicciole, che i primi sono filosofi continentali e i secondi filosofi analitici quando avremo mostratto anche il
riquadro blu. I filosofi delle due liste propongono concezioni metafilosofiche diverse; hanno radici diverse; linguaggi diversi;
nemici diversi; temi diversi; interessi diversi. Hanno anche avuto fortuna molto diversa (nel senso latino).Quando qui
parliamo di "filosofia analitica continentale" (vedi sopra),però, non intendiamo ossimoricamente sia l'una che l'altra tradizione,
o una fascia di pensatori che siano caratterizzati dall'una e dell'altra etichetta. Infatti l'opposizione tra filosofia analitica e
filosofia cosiddetta "continentale" esiste, ed è radicale, ma la terminologia è davvero mal scelta, dato che i termini sono
pensati per esprimere due indirizzi e atteggiamenti filosofici drammaticamente diversi. Pare dunque quantomeno curioso che
a uno stile filosofico, quello analitico, si opponga una connotazione geografica, "filosofia continentale". Nell'ambito del
panorama filosofico del Novecento, per "filosofia analitica" si intende - con buona approssimazione - un atteggiamento che
tende a sottoporre i problemi filosofici alla preliminare analisi del linguaggio in cui questi problemi vengono posti. Ne è
caratteristica saliente la chiarezza espositiva e il rigore argomentativo, oltre a una spiccata attenzione e apprezzamento per il
lavoro degli scienziati, e ciò spiega perché il ragionamento deduttivo, e, da un certo punto in poi, la logica formale in
particolare, siano stati considerata tra gli studiosi di quest'orientamento uno strumento indispensabile per l'analisi filosofica.
Con "filosofia continentale", che Barry Smith ha definito "peculiare creatura dell'Università nordamericana", non solo non ci si
riferisce, malgrado le apparenze, alla filosofia fatta da Lisbona a Calcutta, Canton o Phuket, che certo si trovano nel
continente più di Oxford, ma non ci riferisce neanche alla filosofia europea nel suo complesso. Si intende invece una molto
limitata parte di essa, francese e tedesca, e magari relative appendici italiane, che coincide con uno stile filosofico piuttosto
specifico, oracolare, del tutto opposto alla chiarezza che gli analitici tendono a perseguire, che, limitatamente ai
contemporanei, ha Heidegger come suo modello e ispiratore, e che è contraddistinto, al contrario, da una spiccata antipatia
per la scienza e i suoi metodi.
Ora, il privilegio dato in ambito analitico angloamericano alla propria tradizione filosofica e il disinteresse (e conseguente
larga nonché programmatica ignoranza della) per la storia della filosofia spiega l'uso di questa terminologia bizzarra: tutto ciò
che non è Gran Bretagna e USA è "continentale", dominato da idealismo tedesco, heideggerismo e esistenzialismo. Ha
provocato, inoltre, il mancato sfruttamento di indagini e soluzioni di gran lunga precedenti a molte delle attuali speculazioni,
e il cui contributo allo sviluppo del dibattito è davvero essenziale. Così in tempi di annunciata (da decenni) fine della filosofia
analitica, da tempo è ancora il ravvicinamento all'heideggerismo che viene auspicato, e non già lo studio delle proprie origini,
che si collocano, a veder bene, proprio nel Vecchio Continente, accanto e in opposizione a tendenze "continentali" certo ben
presenti. Questo atteggiamento astorico ha portato dunque alla fioritura di indirizzi di ricerca che ambiscono a fondere le
due - inconciliabili - tradizioni: spesso si tratta semplicemente di lavori che identificano la filosofia analitica come quella un
gruppo molto ristretto di autori , limitato cioè ai nomi del nostri riquadri marrone e blu, e addirittura a volte solo a
quest'ultimo, o semplicemente di trattazioni che fanno un uso impreciso e vago dei termini della questione.[1]
ii. Nomi e domande II: Filosofia Austriaca. Dall' Austria Felix alla Finis Austriae. Stazione di Vienna Sud
In riferimento a un certa tradizione analitica europea post-kantiana da un certo di tempo si parla dunque di filosofia
austriaca, grazie ad alcuni pioneristici studi di Rudolf Haller, in relazione alla quale la filosofia nata, fatta e diffusa a e da
Vienna è considerata un evidente sottosettore. Ma l'oggetto che con il termine "Filosofia austriaca" si vuole denotare, in realtà,
ha caratteristiche non immediatamente evidenti. Vediamo dunque di individuarlo meglio. Carnap arriva a Vienna, come
vedremo, dopo il 1920, per cui la sua Austria era già la nostra. A noi interessa, però, quel che accadeva prima, quando
l'Austria aveva una forma assai diversa, ai tempi dell'Impero Austro-Ungarico. Supponiamo che la filosofia nata, fatta e diffusa
nelle istituzioni dell'Impero Austro-Ungarico dal 1837 al 1939 sia un oggetto sufficientemente unitario, e conveniamo per ora
di chiamare con "filosofia austriaca" quest'oggetto.
Friedrich Stadler fa cominciare il suo panorama sulla filosofia austriaca, del tutto a ragione, con il teologo, filosofo,
matematico, "educatore popolare" boemo, di idee liberali - era considerato un proto-socialista - Bernard Bolzano, l'anti-Kant
(dal titolo di un importante libro di Melchior Palágyi), la cui monumentale Wissenschaftslehre viene pubblicata nel 1837. Le
sue idee si ripercossero tramite i suoi allievi, in particolare Robert Zimmermann, nella vita culturale austriaca, nella riforma
scolastica, con la ricezione indiretta attraverso Gottlob Frege, Kazimierz Twardowski (e Edmund Husserl, si può aggiungere).
Tra parentesi, Hans Hahn, il matematico del Circolo di Vienna, lesse i "Paradossi dell'infinito" (come Russell, tra l'altro) e fece
l'edizione nel 1913 insieme a Alois Höfler di alcuni scritti bolzaniani, e Walter Dubislav in Berlino agì anch'egli come diffusore
delle idee bolzaniane. Stadler sostiene però, con largo appoggio di critica, del resto, che il vero mentore della filosofia
scientifica austriaca fu però Franz Brentano. Nonostante Bolzano fosse stato una mente filosofica di grande e ancora
sottovalutato peso, che pure - si pensi al suo allievo prediletto Robert Zimmermann - ebbe anche una specie di "scuola" e una
rilevantissima influenza indiretta, anche grazie a Zimmermann, autore di una "Propedeutica Filosofica" (1860) di grande
successo, su tutta la tradizione austriaca, la sua attività, di fatto, non fu paragonabile come influenza diretta a quella di
Brentano. Quest'ultimo fu il fondatore di una filosofia empirica su una base di tipo oggettivistico-fenomenologico (Stadler),
opposto a Kant e all'idealismo tedesco. Brentano fu, dando grande rilievo alle idee di David Hume e John Stuart Mill.
l'iniziatore di quello che Peter Simons chiama "l'asse analitico austrobritannico" - largamente estraneo a Bolzano. Nella scuola
i temi chiave furono l'intenzionalità, il concetto di (verità come) evidenza, la critica della lingua, la metafisica analitica.
Giustamente famosa è rimasta una delle tesi centrali dell'abilitazione brentaniana "il vero metodo della filosofia non è altro
che quello delle scienze naturali". Queste posizioni furono diffuse dai suoi allievi, che in particolare si dedicarono (o diedero i
natali) alla fenomenologia (Husserl, poi migrato verso altri più oscuri lidi) alla psicologia della Gestalt (o "della forma")
(Christian von Ehrenfels (che poi creò la Scuola di Berlino, di cui fecero parte Wolfgang Köhler, Max Wertheimer e Kurt
Koffka), all'analisi del linguaggio (Anton Marty) e alla metafisica analitica (Alexius Meinong, Twardowski). Molto interessante
è anche prendere in considerazione la generazione degli allievi di Twardowski, ossia la Scuola di Leopoli-Varsavia (Jan
Lukasiewicz, Stanislaw Lesniewski, Kazimierz Ajdukiewicz, Tadeusz Kotarbinski, la generazione successiva di Alfred Tarski)
che qualcuno è tentato di descrivere come la terza e quarta generazione di brentaniani. Ripercussioni di quest'ultima si fecero
sentire su Roman Ingarden (da alcuni non inserito nella Scuola) e sul Circolo di Cracovia (Jozef Bochenski, Jan Salamucha).
Per motivi clerico-politici simili a quelli che costarono a Bolzano la cattedra, Brentano lasciò l'incarico di Vienna nel 1895. In
qualche modo il vuoto a Vienna fu riempito da un'altra figura centrale, il fisico-filosofo Ernst Mach. Dopo aver insegnato a
Graz e Praga, tornò di nuovo a Vienna dal 1895 sulla cattedra di "Filosofia, in particolare storia e teoria delle scienze
induttive" creata apposta per lui. Il suo tentativo di una fondazione storico-sociale ed evoluzionista della scienza era in stretto
legame con la sua attività politica sulla scia dell'illuminismo inglese e francese. Mach propagandava un'immagine del mondo
monistica, aspirando alla sostituzione del materialismo meccanicista in un'unità di fisica, fisiologia e psicologia. Le sue idee
ebbero effetti considerevoli, in bene e male, sulla filosofia, le scienze naturali, la politica e l'arte: la sua visione della scienza e
della conoscenza, cui parte integrante facevano, tra l'altro, il famoso principio di economia e il metodo storico-critico, rese
attuale una concezione scientifica del mondo interdisciplinare caratterizzata anche dall'aspirazione all'umanizzazione e la
democratizzazione della scienza e della società. Indipendentemente dall'aspetto specifico del fenomenismo di Mach - per
inciso così come la scuola brentaniana fu indipendente da alcune posizioni del maestro - questi furono anche gli elementi
comuni agli autori del Circolo di Vienna, il cui "organo di popolarizzazione" (1929-1934) si chiamò proprio "Società Ernst
Mach". Dopo il 1902 e fino al 1906 il suo posto fu preso da Ludwig Boltzmann. Dopo il 1907 il fisico Philipp Frank, il
sociologo ed economista Otto Neurath, Hans Hahn e Richard von Mises formarono un circolo di discussione, un
"proto-circolo di Vienna", legato a Mach, sulla scientificità della filosofia, in particolare riguardo a una sintesi di empirismo e
convenzionalismo. In particolare Frank e von Mises erano interessati all'impiego della nuova logica di Frege e Bertrand
Russell. Neurath fu l'ispiratore di tendenze olistiche, come si ritroveranno poi in Quine (in connessione con l'opera di P.
Duhem). Risale al 1922 l'evento, decisivo per la formazione del Circolo di Vienna, dell'avvicendarsi sulla cattedra di Mach e
Boltzmann a Moritz Schlick. Con "Circolo di Vienna" (Wiener Kreis) si intende il gruppo di studiosi costituitosi intorno a
Schlick e al seminario che egli teneva, a partire dal 1923. Il circolo cominciò nel 1925 a riunirsi il giovedì sera, continuando
così la tradizione di Hahn, Frank e Neurath. Nel 1926 si aggiunge Carnap, invitato da Schlick come assistente. Con il
manifesto La concezione scientifica del mondo , a firma di Neurath, Carnap, e Hahn, il Circolo di Vienna si presentava al
pubblico nel 1929. Il circolo di Vienna ebbe quattro fasi. 1. Il circolo del 1907-1914; 2. (1918-1924) in cui Hans Hahn, che Frank
considerava il vero fondatore, giocò un ruolo significativo; 3. (1924-1928) fase non pubblica, caratterizzata dal contatto con
Ludwig Wittgenstein; il Tractatus logico-philosophicus era letto attentamente durante le sedute; 4. fondazione della Società
"Erst Mach" e fase pubblica: "manifesto" e partecipazione al primo convegno sulla teoria della conoscenza e le scienze esatte
di Praga. Questa è la fase dei contatti frequenti con Karl R. Popper. Facevano parte del circolo - oltre ai filosofi già citati Herbert Feigl, Friedrich Waismann, Béla Juhos, Heinrich Neider, Josef Schächter, Edgar Zilsel, Felix Kaufmann, Karl Menger, il
grande logico Kurt Gödel, Gustav Bergmann, Heinrich Löwy, Theodor Radakovic, e la generazione più giovane di Walter
Hollitscher, Rose Rand, Marcel Natkin, Josef Frank.
Nel 1930 Reichenbach e Carnap fondano Erkenntnis, la rivista ufficiale del movimento, che si pubblica ancor oggi. A questi
anni risale il contatto con i polacchi di Varsavia Tarski, Lesniewski, Ajdukiewicz e Kotarbinski.
Gli anni 1933/34 segnano l'inizio dell'ondata emigratoria in USA, Irlanda, Gran Bretagna; l'omicidio di Schlick nel 1936, a
suggello della fine del Circolo di Vienna, è seguito in Polonia dalla morte di Twardowski (1938) e Lesniewski (1939), e dalle
uccisioni di Mordechaj Wajsberg e Adolf Lindenbaum, tra gli altri, ad opera del regime nazista. Scegliamo il 1939, l'anno
dell'invasione della Polonia da parte di Germania e Russia come fine di questa tradizione.
iii. Criteri e definizioni
Torniamo alle nostre liste di nomi. Tutti i filosofi della lista analitica contenuti nei riquadri bianco e marrone sono pensatori
analitici austriaci nel senso descritto sopra. Per lunghi anni altri filosofi analitici questo non lo hanno saputo loro stessi, e
spesso non si fa attenzione a quanto Quine, Russell etc. devono a quei loro "precursori". Un piccolo libro, Alle origini della
filosofia analitica, scritto da un autorevole studioso del filosofo e logico Gottlob Frege, Michael Dummett, ha contribuito a
mettere in luce come in una certa tradizione dell'Europa continentale andavano ricercate le radici della filosofia analitica, cosa
del resto da molto tempo nota a chi di queste radici si era sempre occupato . Sono i secondi, gli austriaci, che hanno influito come è evidente - sulla filosofia anglo-americana. Nessuna meraviglia: di fatto per ragioni politiche o razziali gli esponenti
austriaci che sopravvissero si videro costretti a lasciare l'Europa (Carnap, Tarski). Ma la tradizione della "filosofia analitica
continentale", o "filosofia austriaca", ad esempio, come si caratterizza esattamente, ma, soprattutto, esiste davvero come
fenomeno unitario? La tesi dell'esistenza di una filosofia austriaca con caratteri unitari è un passo in avanti rispetto
all'immagine stereotipata del Circolo di Vienna e dintorni, abbiamo visto. Noi vogliamo ora guardare da vicino questi caratteri
unitari, e vedere che tipo di criterio è applicabile, e, in relazione, a questo, se la "filosofia austriaca" esiste. Per quanto non si
voglia sostenere che il solo fatto di essere nati a Vienna, Graz e Innsbruck, Praga, Cracovia o Leopoli sia bastato a fare di
Gödel o Meinong quello che sono stati, non sembra del tutto folle sostenere che qui un elemento storico-geografico sia
rilevante. Esso si basa su una considerazione di tipo politico-sociale, che è alla base della cosiddetta "tesi Neurath-Haller" :
l'Austria ha avuto tradizioni liberali e illuministe tali da consentire lo sviluppo di istituzioni che permettessero l'impiantarsi di
questo tipo di filosofia. Tuttavia sembra approrpiato chiedersi che senso abbia inserire Carnap, tedesco di nascita e
formazione in questa tradizione. Approfondiamo la questione e aggiungiamo altre osservazioni. Se noi dovessimo riassumere
le caratteristiche delle opere degli esponenti della "filosofia austriaca", otteniamo il seguente (molto rozzo) riassunto:
1. Metafilosofia:Minimalismo filosofico e conseguente pluralismo
2. Radici e fonti ispiratrici: filosofia empirista britannica
3. Mezzo: linguaggio logico ideale
4. Nemici: relativismo e storicismo
5. Temi: a priori, verità, interrelazioni fra i macrofenomeni (scienze sociali, etica) e i microfenomeni, o le esperienza mentali
6. Atteggiamenti: Ontologismo e mereologia, riduzionismo
Non tutti gli autori austriaci hanno 1-6 in comune, o hanno mantenuto ferme le loro posizioni. Si noti che, ad esempio,
l'elemente di maggior varietà in questa tradizione è la differenziazione delle Weltanschauungen individuali - ovvero
orientamenti di visione globale del mondo e della realtà. Questo, però, deriva da 1., ossia dal carattere fondamentale del
minimalismo filosofico che li contraddistingue. Un altro elemento di differenziazione è l'atteggiamento verso la metafisica; un
altro ancora la diversa valutazione del kantismo; un altro ancora è l'interesse vivo o scarso per i risultati di alcune scienze
empiriche come la fisica. E' vero anche che altri autori pur non essendo per niente "austriaci" hanno avuto tutto questo in
comune, specialmente se si guarda al mondo britannico di Russell e Moore. E' vero anche che il Circolo di Vienna ha
caratteristiche molto diverse dalla scuola di Brentano, e che la tradizione brentaniana fu molto meglio conservata in Polonia
che trasmessa direttamente ai Neurath&Co.. La tesi che Brentano fu il vero padre della filosofia austriaca è fortemente
sostenuta da Barry Smith, che la propone come rinforzo, ma forse sarebbe meglio dire "focalizzazione", alla cosiddetta "tesi
Neurath-Haller". Smith si ispira a un dualismo Austria/Germania, secondo la quale, a grandi linee, l'Austria rappresentò un
luogo filosofico analitico e la Germania uno continentale; e propone una definizione in negativo come rovescio delle tendenze
unificatrici, livellanti e nazionaliste imperanti nella vicina Germania e ispirate all'idealismo.
iv. Risposte
Da una parte, la tradizione analitica da Bolzano a Popper di cui sopra ha sufficienti caratteristiche per essere considerata
unitaria, ma sempre e solo in un 'accezione molto debole. Una possibile formulazione potrebbe essere: filosofia nata, fatta,
diffusa o sviluppata in connessione con alcune specifiche attività di ricerca dalla spiccata connotazione analitica, originatesi
nelle istituzioni dell'Impero Austro-Ungarico dal 1837 fino all'invasione russa e nazista della Polonia (1939), i cui tratti
distintivi siano

l'attenzione per gli usi e gli abusi del linguaggio,

l'aspirazione alla chiarezza concettuale e espositiva legata alla convinzione che il linguaggio filosofico debba essere
un mezzo, non già un mezzo che si faccia contenuto iniziatico,

il rispetto per il lavoro e il metodo degli scienziati.
La definizione qui proposta riesce a catturare, mi sembra, Bolzano, Brentano e i brentaniani, il Circolo di Vienna, la Scuola di
Leopoli-Varsavia, Wittgenstein, Reichenbach e il circolo di Berlino, e qualche caso isolato con rapporti sufficientemente stretti
con qualcuno di questi - tra parentesi esclude sicuramente Frege, troppo isolato, conosciuto relativamente tardi via Russell
[2], e i britannici. D'altro canto, però, questa tradizione presenta anche bastanti aspetti per essere considerate suddivisa
almeno in 4-5 unità: Bolzano, Brentano e le generazioni di brentaniani, la Scuola di Leopoli-Varsavia, il Circolo di Vienna e
outsider isolati come Wittgenstein. Questo è il motivo per cui - malgrado così non sembri - l'accordo della critica su per cosa
"filosofia austriaca" sia un nome, sembra poco più che apparente. Si concorda davvero solo sul fatto che Brentano e i
brentaniani siano sussunti sotto il termine. Si sceglie di usare "filosofia austriaca" per tutta la tradizione, o lasciare che
"filosofia austriaca" includa giusto Brentano e la sua scuola, ed escludere tutto il resto; includere o meno il Circolo di Vienna
e Wittgenstein; escludere il Circolo di Vienna e Wittgenstein, includere Bolzano e la Scuola di Leopoli-Varsavia, per cui è
felicemente utilizzabile l'etichetta "filosofia austro-polacca" o filosofia mitteleuropea", il che è in ultimo la proposta qui
avanzata (Bolzano, i Brentaniani e la Scuola di Leopoli-Varsavia formano un complesso unitario, per cui vogliamo usare il
nome di "filosofia mitteleuropea", caratterizzato dall'interesse ontologico semantico e da una spiccata '"ossessione per la
verità" ). Possiamo infine includere gli outsider, come i berlinesi, Lotze e Frege e parlare di "filosofia analitica continentale". Se
infine vogliamo allargare ancora il campo, includere Russell, Moore, Ramsey e i britannici, e non ultimo anche gli scandinavi,
dovremmo parlare infine di "filosofia analitica europea".
Riassumendo, certamente il Circolo di Vienna non fu un ragno baconiano - tutt'altro! - e si impiantò grazie a una tradizione
con cui ha elementi comuni, ma ebbe sviluppi propri che si debbono far risalire soprattutto a Mach e altre influenze. Il
"contesto", inoltre, andrebbe forse ricercato con maggiore convinzione nelle condizioni socio-politiche della Vienna del tempo.
Non bisogna certo dimenticare che l'Europa di Neurath era stata sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale e l'Austria - in cui i
circolisti erano intellettuali di fronda - un paese che avrebbe pochi anni dopo aderito entusiasticamente al Reich hitleriano,
lontanissima ormai dalla Vienna fin de siècle di Brentano e Twardowski. L'influenza filosofica di Bolzano e dei brentaniani fu
forse poco più che indiretta; molti tipici orientamenti brentaniani, rispetto per la metafisica scientifica in primis - benché
completamente alternativi e radicalmente diversi rispetto a quelli dei cosiddetti "continentali" - sarebbero stati molto
humeanamente condannati alle fiamme dell'inferno dai circolisti viennesi.
1b. Rudolf Carnap (1891-1970): da Frege
alla Costruzione logica del mondo
i. Le liste di Carnap
Al tempo della sua Autobiografia intellettuale Carnap scriveva che gli autori che lo avevano più infuenzato nel suo sviluppo
intellettuale al tempo dell'Aufbau erano Gottlob Frege, Bertrand Russell e Ludwig Wittgestein.
Però in una lettera a Dingler del 1920 Carnap fornisce tutt'altra lista:
Kant
Riemann
Helmholtz
Mach
Avenarius
Poincaré
Natorp
Ostwald
Einstein
Weyl
Solo per dire che anche i grandi, a volte, valutano male o in modo poco obiettivo il loro passato. Questo potrebbe dunque
riguardare anche le notizie che seguono, tratte dall'Autobiografia.
ii. Vita e formazione (fino all'Aufbau)
Carnap era tedesco. Nacque nel 1891 a Ronsdorf, vicino Bramen, nella Germania nord-occidentale, dove la famiglia si
trasferisce dopo la morte del padre nel 1898 e lì frequenta il ginnasio classico. Nel 1909 si sposta a Jena. Studia dal 1910 al
1914 all'Università di Jena e Friburgo, dapprima filosofia e matematica, poi filosofia e fisica. Ha la fortuna di studiare con
Gottlob Frege a Jena - definito l'unico "logico autentico". A Jena studia dettagliatamente la Critica della Ragion Pura kantiana,
i cui echi si ritrovano nelle sue prime opere, a cominciare dallo Spazio (1920). Si appassiona alla matematica come scienza
incontrovertibile opposta alle litigiosità filosofiche, ma è Frege a offrirgli gli stimoli migliori, nella "zona di confine tra filosofia
e matematica", la logica simbolica e i fondamenti della matematica. Professore associato a Matematica, Frege era quel tempo
sconosciuto e grandemente sottovalutato dai tedeschi suoi contemporanei: la sua riscoperta avvenne grazie a un suo critico,
l'inglese Bertrand Russell. Carnap frequenta nel 1910 il corso fregeano sull' Ideografia (Begriffschrift, scrittura per concetti,
critta nel 1879), e poi ancora nel 1913, incuriosito dal programma logicista, ossia dalla possibilità di ricostruire l'intera
matematica a partire dai soli concetti logici. Da quanto dice Carnap nella sua Autobiografia, Frege non seppe mettere in
evidenza il significato filosofico della propria opera logica. Carnap ne comprese il senso rileggendo Frege e Russell dopo la
Grande Guerra. 1914: corso di Frege La logica nella matematica, in cui Frege deplorava il disinteresse dei matematici per la
costruzione di un sistema matematico unificato e ben fondato. Carnap inizia la ricerca nel 1913, con l'intenzione di
addottorarsi in fisica sperimentale, ma lo scoppio della guerra nel 1914 lo distoglie. Si interessa di psicologia, però ne deplora
la mancanza di chiarezza esplicativa e la poca omogeneità fondazionale. Durante gli anni di studio Carnap diventò ateo, e
assunse una posizione naturalistica secondo la quale ogni cosa che accade è parte della natura e l'uomo è la più alta forma di
vita, mortale come la sua anima. L'idea carnapiana antimetafisica, secondo la quale "le principali affermazioni della metafisica
sono fuori del campo della scienza e irrilevanti per la conoscenza scientifica" nasce in questi anni e non vi è estranea la
considerazione critica della teologia. Prende parte alla guerra scoprendo l'impegno politico: nel 1917 a Berlino si avvicina agli
ambienti socialisti. Nello stesso anno scopre e comincia a studiare la teoria della relatività einsteiniana. Dopo la guerra lavora
alla ricerca filosofica a Jena e vicino Friburgo. I suoi interessi riguardano soprattutto la fisica teorica e la filosofia. Nel 1919
studia i Principia Mathematica, colpito soprattutto dalla teoria delle relazioni là elaborata. Il suo primo tentativo di
addottorarsi con una dissertazione circa un sistema di assiomi per una teoria fisica dello spazio e del tempo cozza contro la
rigida separazione accademica dei compiti tra filosofia e fisica teorica. Si addottora poi nel 1921 con Lo spazio, un lavoro sulla
diversa, triplice concezione di spazio sostenuta da filosofi, matematici e fisici di ispirazione parzialmente neokantiana. A
partire dal 1920 aveva intanto riscoperto il pensiero di Frege studiando i Grundgetze der Arithmetik (Principi dell'aritmetica,
1893/1903), il cui già citato logicismo influenza ora Carnap nella convinzione che la logica e la matematica, analitica come la
logica, debbano fornire le forme dei concetti, delle asserzioni e delle inferenze applicabili ovunque, e dunque a campi
non-logici come la scienza empirica. La distinzione logica/non-logica gli appare fondamentale (si veda descritto a p. 13 della
sua Autobiografia il divario con Tarski e Quine). In particolare Carnap impara da Frege da l'attenzione per la chiarezza e
l'accuratezza dell'analisi linguistica, compresa l'importanza della distinzione fra espressione e "ciò per cui un'espressione sta",
e riprende da lui la famosa distinzione fra Sinn (senso, significatum) e Bedeutung (significato, denotazione, nominatum). Se
Frege influenzò logica e semantica carnapiana, Russell - a cui riconosce di dovere moltissimo - fu importante per il quadro
più propriamente filosofico: nel 1921 lesse La conoscenza del mondo esterno (1914) secondo il quale lo studio della logica è lo
studio più importante per la filosofia, giacché ne fornisce il metodo d'indagine. Carnap vede dunque il suo compito
nell'applicazione del "nuovo strumento logico all'analisi dei concetti scientifici e alla chiarificazione dei problemi filosofici". Nel
1924 Carnap tenta di rendere fruibile la logica simbolica e mettere in opera i suoi intenti filosofici preparando un manuale
tratto dai Principia Mathematica, che all'epoca non erano di facile reperimento, che sarà la prima versione del successivo
Abbozzo di logistica (Abriss der Logistik, 1929). Nel 1923 intanto, aveva incontrato Hans Reichenbach, con cui era già da
tempo in corrispondenza, a una conferenza a Erlangen . La collaborazione con Reichenbach è motivata da comuni interessi e
simili idee sulla teoria della conoscenza e sulla logica, sui fondamenti filosofici della fisica, sulla teoria della relatività e
connessi problemi metodologici che si impiantavano sulla comune formazione fisico-filosofica. Carnap individuò nella
conferenza di Erlangen l'inizio del movimento della filosofia scientifica in Germania. Nel 1923-26 pubblica contributi sui
fondamenti della fisica. Ma nel periodo 1922-1925 Carnap si concentra sulle considerazioni che daranno origine alla
Costruzione logica del mondo (1928): l'analisi dei concetti del linguaggio ordinario che si riferiscono a oggetti del nostro
ambiente, e loro proprietà e relazioni osservabili e la costruzione di definizioni logico-simboliche di tali concetti. Se il
procedimento di tale ricostruzione razionale del sapere scientifico e comune doveva passare necessariamente dalla
considerazione di fatti psicologici, non era la descrizione dell'effettivo processo genetico della conoscenza che interessava
Carnap, bensì la trattazione analitica del problemi critici del conoscere. Tale analisi doveva infatti restituire uno schema di
procedimento razionale immaginario, che conducesse però agli stessi risultati dei processi psicologici effettivi. Scomponendo
progressivamente un processo percettivo, Carnap arrivava a quelli che l'austriaco Ernst Mach (1838-1916) chiamava elementi.
Tentò dapprima di legare la dottrina fenomenista machiana alla logica delle relazioni di Russell applicata all'analisi di
strutture materiali complesse. Quando si rivolse però alla psicologia della forma (Gestaltpsychologie) del boemo Max
Wertheimer (1880-1943) e del tedesco orientale Wolfgang Köhler (1887-1967), trovò l'approccio olistico assai più corretto.
Sostituì dunque agli elementi machiani non singoli dati sensoriali, ma esperienze istantanee complessive dette
Elementarerlebnisse (o vissuti elementari). Operando tramite una "quasi-analisi" basata sulla relazione di similarità tra
esperienze, si giungeva alla costruzione logica di queste entità, si arriva ai vari dominî sensibili (dominio visivo, posizioni,
colori e somiglianze di colore, ordine temporale etc.). Si costituiscono poi le cose percepite nello spazio tridimensionale,
compreso il proprio corpo, successivamente gli altri corpi e poi le altre menti. Nello scrivere la costruzione logica del mondo,
Carnap adoperò quattro linguaggi differenti (quello neutrale della logica simbolica, e rispettivamente tre linguaggi di
traduzione delle formule del precedente, linguaggio ordinario, linguaggio realistico della scienza naturale, linguaggio
operazionale). In questa scelta si rispecchiava un'indifferenza per le controversie di tipo ontologico, evidente anche nelle
indicazioni carnapiane per la riformulazione del sistema dei concetti dell'Aufbau, là in chiave fenomenica, in chiave
fisicalistica. Questo aspetto di indifferenza ontologica permea tutta la produzione carnapiana: nell'Aufbau la scelta della base
fenomenica, sulla scorta di Mach e del tedesco Richard Avenarius (1843-1896), non era motivata da convinzioni ontologiche,
ma dall'opportunità metodologica di dare conto anche delle relazioni epistemologiche tra i concetti oltre che di quelle logiche.
La costituzione del mondo fisico in sequenza temporale è descritta da un sistema di quadruple ordinate di numeri reali come
sistema di coordinate di punti spazio-temporali. La prima versione del libro fu ultimata nel 1925, poi riveduta e pubblicata
finalmente nel 1928. Carnap si aspettava che qualcuno seguisse e perfezionasse il suo esempio, ma vide deluse le sue
aspettative, fino al 1951, quando Nelson Goodman pubblicherà La struttura dell'apparenza. E' interessante notare che la
valutazione dell'approccio fenomenico dell'Aufbau da parte di Carnap nel 1973 non era più del tutto positiva, ma questo non
pregiudicava (ancora una volta) il fatto che i problemi posti e alcune delle soluzioni fossero utili e attuali.
Note
[1] L'opposizione in questione ha avuto anche l'attenzione di un dibattito (in gran parte italiano) sul Sole 24 ore (luglio `97)
in cui un certo spazio è stato dedicato ai nuovi indirizzi di pensiero che tendono a conciliare i due schieramenti. Non a caso,
perché riviste e studi che hanno per obiettivo il confronto fra i due indirizzi sembrano spuntare a un ritmo ben sostenuto.
Ancora più di recente, nell'ultimo numero della Rivista di Filosofia, Massimo Ferrari pubblica una recensione all'ultimo libro
di Friedrich Stadler, che si conclude abbastanza singolarmente con un'esortazione a tener conto dei risultati della ricerca che
tende a mettere in risalto i debiti di Carnap e dell'empirismo logico con la "filosofia continentale". Ferrari cita l'introduzione
di Sergio Cremaschi "L'isola che non c'è: l'arcipelago analitico e le filosofie continentali" a un volume a cura di quest'ultimo,
Filosofia analitica e filosofia continentale, Firenze, La Nuova Italia, 1997, in cui si arriva a prendere come il dialogo tra Russell
e Brentano come fuorviante esempio di dialogo tra analitici e continentali.
[2] Per inciso Russell, figura di riferimento all'interno del Circolo di Vienna, era venuto a contatto con Brentano e Meinong
subito dopo il suo rifiuto - in tandem con Moore - dell'idealismo e la rivolta contro Bradley e McTaggart, e grazie anche a G.
F. Stout.
Arianna Betti, ultima revisione novembre 1999
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