Diocesi Piacenza-Bobbio Ufficio Stampa: Servizio documentazione Cattedrale Veglia di Pentecoste Concelebrazione Eucaristica Presiede Mons. Luciano Monari, Vescovo 18 maggio 2002 Letture: Genesi (11,1-7); Esodo (19,3-7.16-20); Ezechiele (37,1-14); Gioele (3,1-5); Romani (8,22-27); Giovanni (7,37-39). 1. La Parola e lo Spirito Com’è possibile che una distesa di “ossa inaridite” (cfr. Ez 37,1-2) possa diventare “un esercito grande, sterminato di viventi” (Ez 37,10)? Chiaramente, dice il Profeta, attraverso “la Parola di Dio” (Ez 37,4); è Parola che ha creato il mondo dal nulla (cfr. Gen 1,3 nota “f” Bibbia della TOB), ed è Parola che è capace di dare vita, anche a delle “ossa inaridite”. Allora al Profeta viene detto: “Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore” (Ez 37,4). Quando Ezechiele profetizza le ossa si muovono e incominciano a adattarsi una all’altra (cfr. Ez 37,7); cioè incominciano a prendere una forma e cresce uno scheletro; poi sullo scheletro i nervi, poi sui nervi la carne, poi sulla carne la pelle (cfr. Ez 37,8a). Le ossa hanno ormai una forma umana; “ma non c’era spirito in loro” (Ez 37,8b). Allora, il profeta deve intervenire una seconda volta: “[9] Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell’uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”. [10]Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato” (Ez 37,9-10). Dunque, la Parola e lo Spirito. La Parola che dà una forma, un ordine, in modo che gli elementi dispersi, queste ossa disperse, assumano pian piano la figura equilibrata, corretta e armonica dell’uomo. Ma insieme con la Parola, lo Spirito, perché quella forma, che è forma umana, diventi persona vivente, abbia uno spirito e un cuore e una libertà, viva un rapporto personale con Dio. 1.1. La Parola e lo Spirito sono due realtà strettamente collegate tra di loro Però, intendete bene, sono due realtà strettamente collegate tra di loro, non sono elementi disparati che si devono cercare di collegare. No, stanno strettamente insieme: dove c’è la Parola, e viene riconosciuta non come parola umana ma come Parola di Dio, quella Parola suscita lo Spirito; dove c’è lo Spirito, che sia davvero Spirito di Dio e non spirito del mondo, lì quello Spirito ha una forma che è data dalla Parola. 1 Che le due realtà vadano strettamente insieme si vede chiaramente dal Vangelo. Questo brevissimo Vangelo, ma stupendo, fa riferimento all’ultimo grande giorno della “festa delle capanne”, quella che ricordava quarant’anni di Israele nel deserto (cfr. Lv 23,42-43) e quindi la Provvidenza di Dio che aveva dissetato il suo popolo facendo scaturire l’acqua dalla roccia (cfr. Es 17,1-7). Ebbene: “[37]Nel settimo giorno, il grande giorno della festa (il più solenne della festa), Gesù si alza in piedi e grida: Chi ha sete venga a me e beva [38]chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,37-38). E Giovanni spiega: “[39]Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7,39). Dunque, anche qui lo Spirito, ma è uno Spirito che scaturisce da Cristo, dall’uomo Gesù di Nazaret, dalla sua forma precisa; non viene da qualunque parte, non esce da qualunque origine; esce dal costato di Cristo in croce. Quando il costato di Cristo viene squarciato, di lì escono sangue e acqua (cfr. Gv 19,34), che sono il segno della fecondità della morte del Signore, e di una fecondità che si esprime come dono dello Spirito. “Fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. “Fiumi” significa una quantità immensa che vince ogni bisogno e desiderio dell’uomo, che può dissetarlo in qualunque situazione; ma appunto questo Spirito esce, scaturisce dal Cristo. La forma precisa di Gesù e l’energia illimitata dello Spirito insieme in Gesù. Vuole dire: se uno vuole cercare lo Spirito non deve andare a cercare “a destra e a sinistra”, ma deve andare dall’uomo di Gesù di Nazaret, nella Pasqua del Signore, alla sua croce, perché di lì esce lo Spirito. Di fatto, spiega Giovanni: “non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato”. Vuole dire: tra lo Spirito e Gesù c’è un rapporto così stretto che è necessario che Gesù porti a compimento la sua vita nella passione e nella morte, perché lo Spirito sia liberato per riempire e salvare l’uomo. Voglio dire: se lo Spirito fosse una cosa, Gesù lo avrebbe potuto dare anche prima; come aveva dato da mangiare alle folle affamate nel deserto (cfr. Gv 6,31) e come aveva guarito i malati. Ma lo Spirito è Lui, non è una cosa; lo Spirito è la sua vita, è la ricchezza di amore che Lui ha dentro di sé. Per questo può donare il suo Spirito quando dona la vita; quando il dono della vita è pieno ed è totale, allora lo Spirito è donato e incomincia a percorrere le vie del mondo per portare ad ogni uomo la ricchezza di vita di Gesù. Solo di lì, dal sacrificio del Signore, lo Spirito può raggiungere gli uomini. Ricordate che diceva ai suoi discepoli: “è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16,7). E quel “me ne vado” era evidentemente il riferimento alla passione; è necessario che il Signore passi attraverso il dono totale di sé, che è la croce, perché lo Spirito sia effettivamente donato. 2. Lo Spirito Santo, scaturito dal costato di Cristo, trasforma gli uomini Quando lo Spirito, che scaturisce dal costato di Cristo in croce, viene comunicato agli uomini, la trasformazione è quella che ci hanno ricordato le letture. 2.1. Lo Spirito Santo costruisce un legame di parentela e di comunione tra gli uomini La prima lettura parla della dispersione delle lingue, di quella Babele, di quella confusione, che è evidente dentro al mondo e per la quale gli uomini fanno fatica a comunicare e a capirsi, perché ciascuno ha la sua lingua. Ma s’intende, non solo la lingua nel senso del linguaggio; ciascuno ha il suo interesse, le sue abitudini e le sue difese e tutti questi elementi impediscono agli uomini di costituire realmente un’unica famiglia. Ma per questo è dato lo Spirito, perché, unico, vivifichi tutti gli uomini e costituisca tra di loro un legame invisibile ma reale di parentela e di comunione. Il racconto degli Atti degli Apostoli (cfr. At 2,1-11), che ascolteremo domani, lo ricorda molto bene, quando nel giorno di Pentecoste tutti sentono gli Apostoli parlare nella propria lingua, e sentono che le parole degli Apostoli non sono per loro estranei, non vengono da un pianeta diverso o da una realtà opposta che può impensierire o impaurire. Al contrario, quella parola, che “annuncia le grandi opere 2 di Dio” (At 2,11), è percepita da tutti come familiare, come una parola che fa appello al cuore e fa uscire dal nostro cuore la gioia e la speranza. 2.2. Lo Spirito Santo unisce gli uomini in un’unica lingua e vivifica il popolo di Dio in un’unica fraternità e legge Questo discorso è ripreso nella seconda lettura, perché: “il terzo giorno (…) al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dal paese d’Egitto (…) (Es 19,16.1). “Il terzo mese” è il giorno della Pentecoste, dopo la Pasqua. Ai piedi del Sinai gli israeliti sembrano arrivati proprio in quella festa che diventerà la Pentecoste, e lì il Signore fa a loro l’offerta di comunione che farebbe di loro il suo popolo: “ 4 Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. 5 Ora, se vorrete ascoltare la mia parola e custodirete il mio patto, voi sarete per me la proprietà fra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! 6 Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19,4-6). In questo modo Israele – che è uscito come un’accozzaglia di gente, senza un legame di cultura, di legge, di tradizione, ciascuno quindi con il suo mondo – diventa il popolo di Dio, unico popolo che accoglie la Parola di Dio e si lascia guidare da questa Parola. Lo Spirito fa questo: unisce gli uomini in un’unica lingua, vivifica il popolo di Dio in un’unica fraternità e legge; quando questo avviene, allora il popolo di Dio diventa anch’esso capace di interpretare e comprendere la storia dal punto di vista di Dio, di dare un significato alla sua vita. 2.3. Lo Spirito Santo dona la profezia del senso della storia del mondo che si chiama Gesù Cristo Quando il profeta Gioele dice: “1 Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. 2 Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito” (Gl 3,1-2). Vuole dire: nessuno ormai è escluso da questo dono di profezia. Ma “profezia” non significa che uno sa in anticipo quello che succederà nell’anno prossimo. No, uno sa in anticipo il senso della storia del mondo, perché “il senso della storia del mondo” si chiama Gesù Cristo. Perché il compimento della fatica dell’uomo è la trasformazione della sua vita in amore e in obbedienza e fedeltà a Dio, in fraternità e perdono reciproco; cioè in quello che Gesù ha vissuto e ci ha insegnato. Quando uno conosce questo, può dare un significato alle sue esperienze, alla vita di tutti i giorni, ai momenti di gioia e anche di sofferenza; non perché non ci sia più niente di oscuro nella sua vita, di oscurità ce ne sono e ne rimarranno tante; ma sa, anche che in mezzo all’oscurità, dove il Signore lo sta chiamando; sa che la direzione che deve percorrere gli è indicata dalla Parola di Dio e dallo Spirito di Dio: ed è quella dell’imitazione di Gesù e dell’amore fraterno, della vita trasformata in dono. 3. Sappiamo molto bene che il nostro cammino è tutt’altro che facile 3.1. Viviamo la tensione delle “doglie del parto”, ma la viviamo nella Speranza “Sappiamo molto bene” che tutto questo è cammino tutt’altro che facile, che viviamo dentro di noi una tensione, cui fa riferimento Paolo nella Lettera ai Romani, quando dice: “22 Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; 23 essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rm 5,22-23). Vuole dire che noi sperimentiamo in noi stessi una tensione: siamo figli di Dio, e nello stesso tempo siamo creature povere e fragili sottomesse a tutte le debolezze della condizione mondana. La prima debolezza fondamentale si chiama morte, poi ci sono quelle che le vanno dietro e sono tutte le sofferenze, le miserie e le debolezze, e tutto quello che costituisce il cammino dell’uomo concreto sulla terra. Allora, viviamo queste de realtà: figli di Dio e nello stesso tempo creature di questo mondo; 3 chiamati dalla comunione con Dio, e condizionate da tutte le necessità che sono proprie della vita del mondo. Viviamo questa tensione, ma la viviamo nella Speranza; cioè la tensione non ci distrugge, non ci schiaccia. In questa tensione abbiamo viva la speranza di quello che compie lo Spirito del Signore: lo Spirito è in noi come “primizia”, e siccome è primizia ci dà in qualche modo la garanzia del compimento; non l’abbiamo ancora raggiunto e quindi abbiamo da soffrire, abbiamo da faticare e da patire dentro di noi. Dice Paolo: viviamo in qualche modo “le doglie del parto”, doglie tremende e dolorose, ma feconde perché aprono la via ad un’esistenza nuova e più vera. Ecco, tutto questo la Parola di Dio ci insegna a percorrere come cammino di vita. 3.2. Possiamo metterci dentro le “ossa aride” ma possono ricevere la vita attraverso la Parola e lo Spirito Dicevamo, possiamo metterci in qualche modo dentro le “ossa aride” di Ezechiele, che rappresentano la condizione degli Ebrei in esilio, che dicono: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,11); che in qualche modo si portano dietro un po’ l’esperienza dell’uomo di tutti i tempi. Però queste “ossa inaridite” possono ricevere la vita, attraverso la Parola e lo Spirito. Parola e Spirito, che per noi sono condensati in Gesù di Nazaret; sono presenti lì, e quindi sono la conoscenza di Gesù e l’amore per Lui che libera dentro la nostra vita. 4. Quando lo Spirito e la Parola operano, allora la pluralità degli uomini diventa un “unico popolo, il popolo di Dio” Quando lo Spirito e la Parola operano, allora la pluralità degli uomini diventa un “unico popolo”, anzi diventa “il popolo di Dio” (Dt 7,6); anzi diventa un popolo capace di vivere nella storia trovando la volontà di Dio, un popolo che continua a sperimentare le lacerazioni e a vivere delle oscurità, ma in tutto questo è mantenuto dentro la speranza per la “primizia dello Spirito” che gli ha dato. Il messaggio delle letture è lì, ed è in questo invito a mantenere salda la speranza, a ritornare allo Spirito che abbiamo ricevuto come garanzia del compimento della nostra vita. * Documento rilevato dalla registrazione, adattato al linguaggio scritto, non rivisto dall’autore. 4