I temi del primo Seminario di Formazione novembre 2003 Eucaristia: popolo che celebra la vita testimoniando la Pace APPROFONDIMENTO TEOLOGICO ALCUNI PERCORSI PER EUCARISTIA E PACE 1. Di quale prassi celebrativa dell’Eucaristia unita al perdono/pace abbiamo esperienza? Partiamo, nella nostra riflessione, dall’esperienza concreta di prassi rituale e celebrativa dell’Eucaristia che abbiamo. In primo piano c’è allora il dato antropologico costituito dal convenire per il pasto nel contesto della famiglia. Parlare dell’esperienza rituale che abbiamo mi fa tornare con la memoria ai Padri della Chiesa, testimoni di un’intensa esperienza eucaristica nelle loro comunità: “La nostra maniera di pensare si accorda con l’Eucaristia e l’Eucaristia è conforme al nostro modo di pensare”, scrive S. Ignazio d’Antiochia, il quale afferma anche che i doceti disertavano l’Eucaristia e che questo bastava a svelare la loro eresia! Infatti “essi non si danno cura della carità (agape), né della vedova, né dell’orfano, né di chi è oppresso, né di chi è prigioniero o libero, né di chi ha fame o sete”1. Dunque l’unità della fede, che ha come segno visibile la partecipazione all’Eucaristia, s’esprime anche nell’unità dell’amore. Non si può che “partecipare a una sola Eucaristia: una infatti è la carne del Signore e uno il calice per l’unione del sangue di lui, uno l’altare, come uno il vescovo…”2. Il primo punto per connettere Eucaristia e pace è dunque verificare se la prassi eucaristica fedele informa la nostra vita alla fedeltà al Vangelo della pace, dell’accoglienza del diverso e del perdono; verificare, cioè, se la prassi rituale raggiunge e trasforma i nostri vissuti, favorisce il cambio di mentalità e di cuore, soprattutto nella rinuncia alla logica mondana della rivalsa e dell’egoismo. Così l’Eucaristia si manifesta come “sacramento dell’unità”: della Chiesa certo, ma anche della vita. Un altro grande Padre della Chiesa, S. Agostino, approfondisce il nesso tra Eucaristia e unità, soffermandosi sul rapporto di “somiglianza” che intercorre tra l’Eucaristia e la Chiesa: “[L’Eucaristia] è il sacramento della pietà, il segno dell’unità, il vincolo della carità”. Per Agostino l’unità ecclesiale, per la quale Gesù pregò, è un mistero di recupero dell’unità perduta in Adamo. Tale processo interessa l’arco dell’intera storia umana creando la comunione delle membra della Chiesa, quale frutto della carità diffusa dallo Spirito Santo nel cuore dei credenti. La comprensione del pane eucaristico si dilata enormemente, in Agostino, nel quotidiano del Regno di Dio e della Chiesa. L’Eucaristia è: - il pane di giustizia; - il dono dello Spirito Santo che, facendo credere in Cristo, rende il credente un uomo nuovo; 1 2 Smirnesi 6,2. Filadelfiesi 3,4. II - la preghiera, che trascina in libertà gli uomini al sacramento dell’altare; - la gioia del cuore, resa possibile solo a chi è capace di amore; - il pane della concordia; - la sazietà di Cristo, anche se nel tempo della storia non potrà essere piena; - l’unità ecclesiale, sempre possibile di essere ricostruita tramite il perdono, invocato e donato in ogni celebrazione eucaristica. L’Eucaristia resta per Agostino inserita nella storia in cammino di crescita, di tensione verso un compiersi che ha il suo epilogo oltre il tempo a disposizione dell’uomo. Ci domandiamo: - - Questa l’esperienza delle comunità più antiche. Noi da quale profonda unità tra Eucaristia e vita possiamo partire? Quale esperienza abbiamo del nesso unitàperdono-pace-Eucaristia? L’Eucaristia segna il cammino della Chiesa nella storia: il mondo inconsapevolmente sopravvive al riparo di questa vittima che è il Cristo e la sua Chiesa nell’Eucaristia. Quanto viviamo l’Eucaristia in questa prospettiva di storia lanciata verso l’eschaton e per questo pienamente responsabile della storia e degli uomini? 2. Gesti e parole dell’Eucaristia nei vangeli: quale vissuto di Gesù? Tenendo presente la nostra prassi celebrativa, torniamo a quanto i Sinottici e 1Cor 11 riportano sul racconto dell’ultima Cena e dell’istituzione dell’Eucaristia. Notiamo alcuni punti di questi testi. III Tutto inizia con un’annotazione temporale: il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito: annotazione importante che fa da cornice a tutto il racconto successivo che possiamo immaginare come un quadro. Noi nell’Eucaristia facciamo memoria, celebriamo un fatto storico accaduto in un tempo e in un luogo, e questo è molto significativo; direi che l’originalità cristiana risiede tutta in queste parole. Noi non celebriamo un amore di Dio "in genere", ma un fatto preciso. Ho detto che è la novità cristiana: in fondo tutte le religioni bene o male vi diranno che Dio ama l’uomo, qualcuno aggiungerà anche ogni uomo, ma il cristiano crede in un Dio che si è fatto uomo per amore dell’uomo. È un fatto, è un evento, guai se perdiamo questo spessore e questa concretezza storica. Ecco allora perché la Chiesa, in tutte le parti del mondo, per celebrare l’Eucaristia, per far memoria di Gesù, prende il pane e il vino anche là dove il pane e il vino non sono gli alimenti abituali di una determinata cultura: per ricordare che il Signore Gesù si è incarnato in quel luogo, in quegli anni, sulle sponde del Mediterraneo dove ci sono il pane e il vino. La memoria storica non può sparire, non ci sono attualizzazione o universalizzazione che tengano. Della concretezza storica fa parte quella notte in cui veniva tradito, che ci mette subito in direzione della croce, perché la notte in cui fu tradito accade nell’imminenza della croce. Del Signore vivo e risorto oggi io devo ricordare che in quella notte è stato tradito. Se a questo punto guardo la croce come tradimento, sulla croce io vedo la malvagità dell’uomo e la cattiveria del mondo. Certo il Cristo fu crocifisso perché innocente, perché ha detto la verità e questo è lo scandalo che attraversa tutta la storia umana: il giusto condannato perché giusto. Sulla croce devo vedere tale malvagità, tutte le volte che celebro IV l’Eucaristia devo ricordarla, e al tempo stesso devo ricordare che Gesù è oggetto della cattiveria, colpito dalla cattiveria, che se è sulla croce è perché qualcuno lì lo ha messo. Però è lui che prende il pane, lo spezza e lo dona; la croce è anche dono di Cristo. La violenza che subisce è trasformata da Gesù, che muore per coloro che lo uccidono, in perdono. Ecco allora da una parte la cattiveria degli uomini e dall’altra un amore più forte della cattiveria, perché sulla croce c'è un crocifisso condannato, un crocifisso che non scende dalla croce, ma rimane sulla croce perché deve dimostrare il suo amore. Dalla croce viene perciò perdono e, se non credessi a questo perdono, smarrirei tutte le mie speranze, la mia fede. S. Francesco è ben consapevole che nel corpo e sangue del Signore Gesù Cristo «tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente»3. È dunque il sacramento della nostra pace e riconciliazione! Ora ci chiediamo: cosa ha fatto il Signore Gesù, nel momento in cui veniva tradito? Ecco i gesti di Gesù: prese il pane, rese grazie, lo spezzò, disse “questo è il mio corpo che è per voi”, lo diede. Questi sono gesti molto significativi, biblici, che mostrano una spiritualità che è la spiritualità di Gesù; diciamo che sono dei tratti della persona di Gesù, di come egli si è posto davanti a Dio, davanti al mondo, davanti agli uomini; dicono cioè la logica dell’esistenza di Gesù. Evidentemente nell’Eucaristia non possiamo raccontare tutto ciò che Gesù ha fatto, però la logica che ha guidato tutte le cose che lui ha fatto. Questa logica è espressa molto bene nei gesti. Anzitutto prese il pane e rese grazie; questo rendere grazie è ovviamente un rendere grazie al Padre, a Dio e, se 3 Lettera a tutto l’Ordine, I, 13: FF 217. V Gesù rende grazie, è perché sa che il pane è dono di Dio; ma il pane è lui, lui è un dono di Dio, la sua esistenza è un dono di Dio. La preghiera del ringraziamento denota che un uomo percepisce il mondo, se stesso, le cose che ha, come dono. La spiritualità del dono, della gratuità è tutto il contrario della arroganza di chi si crede padrone di sé, padrone del mondo, padrone delle cose. La spiritualità eucaristica è una spiritualità gioiosa, di ringraziamento e di gioia: i doni di Dio li devi guardare, li devi prendere, li devi condividere, insomma li devi godere. Una spiritualità che prende il dono, il quale deve però essere spezzato e dato. Questa è tutta una filosofia, un modo di guardare il mondo e la vita, ed è il modo di guardare Gesù Cristo: lui è vissuto così, il suo essere figlio dono del padre, il suo essere figlio è ciò che lo ha reso contento, gioioso, Signore vero del mondo. Qui troviamo una radice della pace: l’Eucaristia è la pace perché inscritta in questa logica! Poi Gesù pronuncia le parole: “Questo è il mio corpo che è per voi” e poi dopo: “Questo è il calice della nuova Alleanza nel mio sangue”. Corpo e sangue dicono la totalità della persona di Gesù; l’Eucaristia non è ciò che Gesù ha fatto: è ciò che Gesù è, la sua persona e non solo la sua azione, la totalità: corpo e sangue. Però Gesù afferma che il corpo è spezzato, il pane è spezzato e il sangue, almeno nella versione di Luca, è un sangue sparso. Gesù è un dono, si dona, ma il dono, anziché essere accettato, è rifiutato, il dono è deriso, il dono è martirizzato e questo è l’amore sconfitto. Da una parte l’amore è la cosa più bella del mondo e dall’altra parte pare improduttivo. Sembrano vincere gli altri: l’amore sarà pure bello, ma tu sei poeta, la violenza, l’efficienza è ben altro; e allora anche Cristo è un pane spezzato, un sangue sparso. Gesù ha vissuto questa VI esperienza dell’amore che appare sconfitto, ma la lieta notizia è che la realtà è vittoriosa. S. Francesco è stupito dinanzi a questo mistero e lo canta in termini inequivocabili: «O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!»4. Celebrare l’Eucaristia significa accogliere e testimoniare con gesti di pace questa lieta notizia che ribalta ogni logica mondana e immette nella storia un lievito nuovo di fraternità e di pace. Gesù compie i gesti appena richiamati e poi comanda: «Fate questo in memoria di me»5. Non si tratta appena di ripetere fedelmente un rito, come non era ancora “rito” la croce del Signore. «Questo»: cioè «il mio corpo per voi»; «il mio sangue per voi». Allora «fate questo» non vuol dire appena «celebrate», ma vuol dire anche «fate altrettanto, cioè date il vostro corpo e il vostro sangue; concepite la vita in questa direzione». È come se il Signore dicesse: «Amatevi come io ho amato voi». Così il «fate questo» è simultaneamente il comando di celebrare e il comando di vivere la legge della carità. È il comando di porre un rito e il comando di vivere il «culto spirituale», che non è semplicemente la celebrazione, ma è l’esistenza intera secondo il disegno di Dio e, quindi, secondo Gesù Cristo. «Fate» che la celebrazione diventi il «culto spirituale» della vostra vita, perché «questo» (dare il corpo e il sangue) diventi la legge, la norma, la forma, la prospettiva della vostra vita. Lettera a tutto l’Ordine, II, 27: FF 221 Queste riflessioni si ispirano ad alcune pagine di Giovanni Moioli in Il mistero dell’Eucaristia. 4 5 VII In questo modo si chiarifica che la vita prende la forma della Pasqua perché diventa come l’Eucaristia «realizzata». Questo culto si esprime in una vita donata, una vita “persa” in gesti di pace e di affermazione del valore unico dell’altro: questo richiede un esodo permanente da se stessi, per orientarsi radicalmente all’altro. S. Francesco ci suggerisce ancora: «Nulla di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre»6 Ci domandiamo: 6 - La nostra prassi eucaristica mette facilmente tra parentesi il contesto di tradimento e di amore sconfitto del dono che Gesù fa di sé? Celebriamo in modo trionfalistico (= tanto la vittoria è assicurata) senza permanere nello scandalo della vulnerabilità del mistero che si offre a noi? Accogliamo un mistero che si dona a noi proprio nella forma della debolezza e della ferita? Apprendiamo allora dall’Eucaristia a permanere nel conflitto, nel buio delle relazioni infrante e dell’amore non riconosciuto, nel perdono respinto…? - In questo contesto quale rapporto possiamo approfondire tra Eucaristia e pace-perdono? - Il “corpo dato” e il “vino versato”: la prassi eucaristica alimenta una spiritualità della gratuità, del dono senza ritorno, della gioia di godere dei beni della creazione (fraternità, relazioni liberanti, premura per l’ultimo, cura per la totalità della vita dell’altro ecc.)? Lettera a tutto l’Ordine, II, 29: FF 221 VIII - «Fate questo»: ponete il rito, ma insieme vivete il dono del corpo e del sangue; ubbidite nella fede ponendo il rito, ma continuate questa ubbidienza nella vita e, così, vivete una vita che prende forma dall’Eucaristia. Quale forma nei vissuti di pace e di riconciliazione? Fr. Massimo Fusarelli, ofm IX