Ci sarà anche la Russia nel futuro dell’Unione Europea? Ma intanto resta
un altro “muro”
E il Papa continua a sognare
Il desiderio di vistare Mosca, il no di Alessio II. E il Santo Padre gioca la
carta dell’icona
Unione Europea e Russia sempre più vicine? Sembra proprio di sì, stando alle dichiarazioni
rilasciate nel recente vertice di San Pietroburgo, che ha visto riuniti intorno a Putin per i trecento
anni dell’ex capitale russa l’Europa di oggi e quella di domani, i quindici del nucleo storico più i
dieci che nel 2004 entreranno nell’Ue. Si parlava del diritto alla libera circolazione in Europa
rivendicato da Putin in nome dei suoi concittadini, come conseguenza dell’allargamento
dell’Unione ai Paesi che un tempo ricadevano entro i confini dell’Impero sovietico. “Si tratta - ha
avvertito Putin - di un diritto fondamentale che riguarda milioni di russi. Non vorremmo ritrovarci
separati da un nuovo muro: il muro di Schengen”.
Eppure un altro muro continua a separare i due polmoni del Vecchio Continente. Un muro costruito
dal patriarca ortodosso Alessio II di fronte al desiderio, più volte espresso dal Papa, di visitare come
pellegrino Mosca. Ma si sa, le vie del Signore sono infinite. E Giovanni Paolo II non demorde. È
arrivato in tutti i Paesi confinanti con la Russia, tranne la Bielorussia. E ha messo in programma per
fine agosto un viaggio in Mongolia ed uno scalo “tecnico” in territorio russo a Kazan, a 800 Km da
Mosca. Il Papa desidera restituire alla Chiesa ortodossa russa la veneratissima icona della Madonna
di Kazan. Così facendo, metterebbe il Patriarca nelle condizioni di non rifiutare il dono e questo
minimo gesto di ospitalità.
COSA C’É DIETRO IL “NIET” DI ALESSIO II. Ma perché questa ritrosia di Alessio II, quando
altri rappresentanti delle Chiese ortodosse europee hanno accolto con ben altro spirito il vecchio
Papa? Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie vuole che siano prima risolti due problemi: il
presunto proselitismo dei cattolici e il presunto uniatismo della Chiesa cattolica.
Problemi “presunti”, appunto. Non si può parlare di proselitismo - ossia di espansione missionaria
dei cattolici in “territorio canonico” dell’ortodossia russa - perché la Chiesa cattolica non ha oggi né
più diocesi né più fedeli di quanti ne avesse prima della rivoluzione sovietica. Quanto all’uniatismo
(ossia il metodo di unione con la Chiesa cattolica di comunità più o meno consistenti provenienti
dal mondo ortodosso), è stato ufficialmente abbandonato. Ma i milioni di fedeli delle Chiese
orientali cattoliche e, in questo caso, della Chiesa greco-cattolica uscraina, che ha subito quasi
mezzo secolo di terribili persecuzioni e di esproprio di chiese ed edifici (molti dei quali passati dal
regime sovietico alla Chiesa ortodossa russa), non possono certo essere lasciati soli. Eppure la
legittima richiesta degli ucraini greco-cattolici di tornare in possesso di almeno parte dei propri
edifici sacri e la vivacità pastorale di questa Chiesa uscita dalle catacombe è bollata come
aggressività “uniate”.
UN GESTO DI BUONA VOLONTà. È chiaro che se Alessio II continua con queste due obiezioni
il Papa non riuscirà a metter piede a Mosca neanche tra vent’anni. Roma da tempo invoca una
miglior cooperazione ecumenica, senza secondi fini. Come gesto di buona volontà, la Santa Sede ha
chiesto ai fedeli greco-cattolici presenti in Russia di attendere ancora prima di veder riconosciuto il
loro patriarcato.
Altro gesto di buona volontà è stata la destinazione a una diocesi polacca per il vescovo Jerzy
Mazur, cittadino polacco e primo pastore della diocesi siberiana di Irkutsk, espulso dal Paese con un
provvedimento amministrativo delle autorità del Cremlino. Una violazione della più elementare
libertà religiosa. Tuttavia la S. Sede ha preferito provvedere a questa sede vacante da un anno con
un nuovo vescovo nato in Kazakstan.
E ora arriva la speranza di romprere il ghiaccio con questa sosta a Kazan?. Non appena la notizia è
stata diffusa da alcuni media, dal patriarcato russo hanno negato tutto. Ma le trattative continuano,
come ha confermato il cardinal Sodano. Staremo a vedere.