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lectio-2004-2005-c (giovani)
MI VUOI ASCOLTARE?
“Lectio divina” (Lc 8,5-6 . 11-15)
Borgomanero, 15 gennaio 2005
L’incontro scorso è riassumibile in un verbo: radunarsi; anzi, venire
radunati. Soggetto apparente di questo avvenimento, di cui parla il libro
dell’Esodo, sembrava Mosè. In realtà attraverso di lui, era il Signore a radunare
il suo popolo. Egli lo aveva liberato, attraverso Mosè, da un tremendo periodo
nel quale per le tribù di Israele non c’era libertà, ma schiavitù: la schiavitù
dell’Egitto. Ma Dio voleva andare oltre e fare di quelle tribù il suo popolo.
Da Mosè a Gesù: la parola di Dio ci viene incontro
Negli anni del deserto questa trasformazione avvenne. Avvenne, in
particolare, ascoltando Mosè che, dopo lunghi periodi di preghiera trascorsi in
solitudine sulla montagna, scendeva e si rivolgeva al popolo perché adorasse
l’unico Dio e decidesse di metterlo al centro della propria vita. Dal libro
dell’Esodo abbiamo ascoltato, la volta scorsa, questa risposta del popolo:
“Quanto il Signore ci ha ordinato, noi lo eseguiremo”.
Ma uno più grande di Mosè, duemila anni fa, ha rivolto la sua parola:
Gesù. Egli ripercorreva le strade della Galilea e delle altre regioni della
Palestina insegnando. Attorno a lui si stringevano dei discepoli che facevano
propria la sua parola. E dopo la morte e risurrezione di Gesù altri discepoli si
aggiunsero ai primi: “Erano perseveranti nell’ascolto degli insegnamenti degli
apostoli” (At 2,42), i quali non facevano altro che dare eco alla parola di Gesù.
Fino a noi giunge la parola che ha ispirato i patriarchi e i profeti
dell’Antico Testamento. Giunge a noi soprattutto la parola di Gesù: di lui che è
la parola vivente del Padre, il Verbo di Dio fatto carne, venuto a porre la sua
tenda tra noi. Come ai tempi di Mosè e di Gesù era fondamentale l’ascolto, così
lo è oggi. E’ per tale motivo che quando noi cristiani ci riuniamo per celebrare la
santa Messa, prima di tutto viviamo quella che si chiama la “liturgia della
parola”: è la vera porta di ingresso nella parte più segreta della celebrazione;
essa ci apre alla conoscenza e all’amore di Dio per noi e alla vocazione che egli
ha dato a ciascuno e a tutto il suo popolo, che è la Chiesa.
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La liturgia della parola
Avverto che qualcuno di voi potrebbe dirmi: “La liturgia della Parola? Che
cosa è mai? L’ultima cosa che penso, uscendo di casa per andare in Chiesa
alla Messa è che vado ad ascoltare Gesù”. Qualcun altro potrebbe aggiungere:
“Quando sono in Chiesa e ascolto la lettura delle Sacre Scritture, capisco ben
poco. Mi succede persino di fronte alle pagine del Vangelo, che pur credo di
conoscere; non parliamo poi del resto! Di qui la tentazione di non andarci
nemmeno alla Messa”. E ancora, qualcuno, quasi come confessione, potrebbe
aggiungere: “A dir la verità, non vedo relazione tra la parola che ascolto e la mia
vita quotidiana. Non posso dire che per me il Vangelo è “parola di vita”. Forse
qualche giovane vorrebbe farmi una domanda più rilevante e radicale: “Si tratta
veramente della parola di Dio?”.
Questi interrogativi chiamano in causa noi tutti: voi stessi, adolescenti e
giovani, perché ci sono dei passi che tocca a ciascuno fare e che non possiamo
pretendere di lasciare semplicemente ad altri. Ma chiamano in causa chi guida
la comunità, chi prepara la celebrazione, chi proclama le pagine della Sacra
Scrittura, chi commenta tali pagine con l’omilia, chi deve favorire il silenzio
necessario, chi deve formulare le preghiere di intercessione, così che siano una
prima traduzione di ciò che si è ascoltato.
La parabola del seminatore
Fermiamoci dunque sulla porta di ingresso nella celebrazione
eucaristica. Lasciamoci illuminare da quella notissima parabola evangelica che
vuol proprio aiutarci a sondare il nostro rapporto, personale e comunitario, con
la Parola di Dio. E’ la parabola del seminatore.
“Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte
cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono.
Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di
umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con
essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento
volte tanto”. Detto questo esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”.
“Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi
caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo
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e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati.
Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la
parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo; ma nell’ora della
tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che,
dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni,
dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme
caduto sulla terra buona sono coloro che dopo aver ascoltato la parola con
cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro
perseveranza” (Lc 8,5-6.11-15).
Il seminatore, il seme, il campo
“Uscì il seminatore”
Mentre Gesù racconta la parabola, parla di se stesso; anzi, di ciò che sta
facendo in quello stesso momento. In quel giorno la semina della Parola di Dio
era in atto. Notiamo che la Parola di Dio viene paragonata al seme. Ciò è
abbastanza insolito nel libri della Bibbia, anche se già l’Antico Testamento
illustra la potenza vitale della Parola di Dio: essa ha una intrinseca forza di
crescere. L’immagine poteva essere molto significativa per i destinatari del
Vangelo di Luca, e cioè i nuovi cristiani provenienti non dall’ebraismo, ma dal
paganesimo. Per loro tale immagine della Parola di Dio era una grande novità.
“Uscì per seminare”
Attenzione al verbo “uscire”. Gesù l’ha fatto non soltanto nel giorno in cui
racconta questa parabola, ma lungo tutto il tempo della sua vita pubblica,
durata circa tre anni. L’ha fatta anche quando percepiva di non essere
ascoltato, e spesso era persino duramente rifiutato. Ma nulla l’ha distolto dal
compito del seminatore. Così dovranno fare, in seguito, anche i suoi apostoli.
Anch’essi dovranno pensare se stessi come seminatori della parola di Gesù,
persuasi che quel seme ha la forza che gli proviene da Gesù, parola vivente di
Dio. Anch’essi potranno essere accolti o rifiutati. Ma ciò con dovrà mai bastare
perché tacciano: “Non possiamo non dire ciò che abbiamo udito e visto”,
dissero un giorno Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio (At 4, 20).
Deve essere così anche oggi. Gesù dice ancora ai suoi discepoli:
“Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo”. La Chiesa di Gesù è
chiamata ad essere sempre missionaria.
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“Il seme cadde”
Per ben quattro volte si ripete questo verbo. Dove cadde? Parte sulla
strada, parte su un terreno sassoso, parte tra le spine, parte in un terreno
buono. E’ evidente che, in questo modo, l’evangelista Luca, ricordando la
parabola, vuole invitare la comunità dei primi cristiani a compiere una verifica
circa l’ascolto dato alla parola di Gesù. Questa verifica va fatta anche oggi, da
parte di tutti noi. La compio insieme con voi.
La strada, i sassi, le spine, la terra buona
Non siamo in campo neutro
Della semente caduta sulla strada si dice che “venne calpestata”, che “gli
uccelli la divorarono”. Si dice anche che la strada indica coloro che vengono
raggiunti dal diavolo che toglie la parola dal loro cuore.
Queste annotazioni sono molto realiste, soprattutto per voi adolescenti e
giovani: Gesù vuol deporre il seme della sua parola nel vostro cuore, ma c’è
qualcuno che disprezza Gesù e la sua parola e fa di tutto per calpestarla, anche
di fronte a voi stessi, per metterla sotto ai piedi; e che, se vede che voi invece
accogliete la parola di Gesù, fa di tutto - con l’ironia e gli sberleffi, con la
supponenza di chi vi giudica fuori del tempo, con gli inviti e la spinta sulla via
del male (la menzogna, l’odio, la durezza del cuore, il disordine sessuale,
l’abbandono della preghiera, l’ingresso in un giro di ‘amici’ senza regole né
principi morali, ecc) - per strapparvela dal cuore.
Nessuno di voi è in campo neutro. Tutti avete una battaglia da affrontare.
E’ necessaria per accogliere la parola del Signore e per conservare la fede.
Mettetela in conto. Non spaventatevene. La grazia di Dio è più forte del nemico
di Cristo.
Dare acqua al proprio terreno
Della semente caduta tra le pietre si dice che germinò, ma non crebbe
“per mancanza di umidità”. Il terreno sassoso indica “coloro che accolgono la
parola, ma non hanno radice: per un momento credono e nel momento della
tentazione si allontanano”.
Altre annotazioni realistiche. Il terreno sassoso è la superficialità.
Consiste nel ritenere valido e buono per il cristiano tutto ciò che, in vario
modo, viene oggi proposto dal mondo, e che perciò non viene messo in
discussione. Consiste nel pretendere di star bene nello spirito senza nutrire
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ogni giorno lo spirito: una pretesa, che applicata al corpo, appare assurda, così
come appare sciocco al contadino non irrigare il terreno e pensare che il
frumento cresca ugualmente.
Molti adolescenti e giovani si perdono perché sono come imbambolati.
Pensano che vada bene tutto e il contrario di tutto. “Tanto – dicono – io poi me
la cavo”. Terribile illusione e ingenua pretesa. Tutto sembra congiurare, nel
clima di oggi, per anestetizzare lo spirito. Bisogna ribellarsi e non escludere
scelte contro corrente.
Attenzione al respiro
Della semente caduta tra le spine si dice che “cresciute le spine”, le
spine la soffocarono. Questo terreno indica “coloro che dopo aver ascoltato,
strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai
piaceri della vita . Che cosa significano questi termini? Mi limito a considerarne
uno, quello delle “preoccupazioni”.
Ce ne sono molte che debbono essere dette lecite e buone. Si pensi, per
un papà, al lavoro. Ma se il lavoro prende tutto il tempo e il cuore, così che non
vi è più tempo né premura per gli affetti, la comunicazione coniugale e familiare,
l’amore viene soffocato. Con quel modo di vivere la famiglia non andrà molto
bene e anche il matrimonio facilmente andrà in crisi, senza dire che i figli
saranno un po’ orfani. Questo esempio fa capire che il ritmo della nostra vita
quotidiana va bene decifrato per verificare se sia umanamente giusto per
salvaguardare valori assolutamente fondamentali come l’amore, la
responsabilità educativa, un cammino di vita condiviso.
Si può avere un ritmo di vita che non prevede più nessuno spazio per
Dio, per la Parola di Dio, per la preghiera. Prima o poi si arriverà al giorno in cui
Dio sarà come morto, la Parola di Dio come una lingua ignota, la
comunicazione con Dio del tutto interrotta. E’ questo che vogliamo?
La parola di Dio vuole” dimorare” in te
Della semente caduta in terra buona si dice che “germina e dà frutto
cento volte tanto”. Si identificano con la terra buona “coloro che, dopo aver
ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono
frutto con la loro perseveranza”.
Nessuno di noi dica: “Fin lì non ci arrivo”. Il Vangelo ci presenta dei casi
concreti di persone che sembravano le meno idonee a lasciarsi afferrare dalla
parola di Gesù. Dalle pagine evangeliche emergono discepoli del tutto inattesi:
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Maria Maddalena, la donna peccatrice, Nicodemo, il fariseo, Zaccheo,
pubblicano e ricco. A nessuno Gesù dice: “Il mio messaggio non è per te”.
Tu puoi essere il terreno buono. Lo sei se hai “cuore onesto e buono”. Se
sei sincero nell’ascolto. Se coinvolgi, ma non solo la tua mente, ma anche il
cuore. Se coltivi la volontà di “fare” quanto Gesù ti dice. Se “trattieni
saldamente” la parola, pensandola e ripensandola; prendendo in mano, anche
fisicamente, il libro del Vangelo, leggendolo, sottolineando, in certo modo
sciupando le pagine con il frequente uso personale e comunitario. Potrai essere
terreno buono soprattutto partecipando alla Messa domenicale con il desiderio
di ascoltare la parola del Signore, seguendone con attenzione la spiegazione,
lasciando scendere nel profondo del tuo cuore qualche frammento di ciò che,
all’interno di quel momento fondamentale della vita della comunità cristiana, il
Signore ti dona perché sia con te, lungo la settimana, dovunque tu andrai. Sarai
dunque questo terreno buono che dà frutto fino a cento volte tanto?
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Come vorrei dire a tutti voi quanto ha scritto l’evangelista Giovanni:
“Scrivo a voi giovani perché siete forti, la Parola di Dio dimora in voi, voi avete
vinto il Maligno” (1 Gv 2,13-14).
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