Zapruder, quando la conflittualità si fa storia

Voi di “Liberazione” ci aiutate a non restare confinati nel mondo dell’accademia
Intervista ad Eros Francescangeli
di Stefano Galieni, “Liberazione”, 13 gennaio 2011
"Zapruder" è una rivista quadrimestrale di "storia della conflittualità sociale", di cui spesso si è parlato
dalle pagine di Liberazione. Da quasi otto anni, un gruppo nutrito di storici e di ricercatori, sforna
numeri che uniscono ad un ottima grafica un forte rigore scientifico la capacità di coniugare gli studi
accademici con quanto si elabora nei luoghi del conflitto sociale. Eros Francescangeli, fra i fondatori
della rivista, considera, anche come storico, pericolosissima l'eventualità che giornali come Liberazione
possano sparire dalle edicole: «Di fatto, per noi che scriviamo, voi come Il Manifesto, Carta e pochi
altri siete tanto nostri sponsor affezionati, quanto strumenti per tenerci in una dinamica di rete estesa e,
non da ultimo, diventate anche nostre fonti per il lavoro futuro». Zapruder sfugge alle logiche
economiche dell'editoria con un volontariato militante spinto agli estremi: non solo la rivista è
autoprodotta ma chi vi collabora paga anche l'abbonamento, viaggia a proprie spese per le
presentazioni che si fanno ormai non solo in Italia - per la Giornata della Memoria sono a New York :«E poi dedichiamo ore e ore nelle riunioni di redazione a selezionare gli articoli, a correggerli, a
metterli in ordine con le note a margine. Correzioni di bozze che vengono fatte anche tre o quattro volte
perché vogliamo mantenere un buon livello. Poi ogni anno facciamo un simposio di alcuni giorni a cui
si avvicinano molti giovani che vogliono sapere e produrre ricerca. Certo anche se abbiamo un ottimo
rapporto con la casa editrice che ha creduto in noi, Odradek, abbiamo il problema della distribuzione
che ci mette in difficoltà. Il distributore spesso non si impegna per poche copie di una rivista che ha una
periodicità così lunga, mentre per noi far arrivare una copia a Caltanissetta o due a Ivrea è
fondamentale». Per questo Francescangeli considera prezioso lo spazio dedicato alla rivista da
Liberazione :«Ci aiutate a non restare confinati negli ambienti dell'accademia, a fare in modo aprirci ad
una rete orizzontale di relazioni che ci permette anche una vendita militante. Quello che tentiamo di
fare è mettere in piedi un laboratorio storiografico che viaggi su un piano orizzontale e che riapra il
racconto della conflittualità sociale nel discorso storico. Fino alla fine degli anni Ottanta gli storici si
dedicavano soprattutto alla microstoria, al culturalismo, alla storia della mentalità quando non alla
storia dell'impresa. Oggi c'è un terreno fertile e fecondo di persone che fanno ricerca sul femminismo,
sul colonialismo, sulla storia politica e sociale, sui movimenti degli anni Sessanta e Settanta e sul
neofascismo. Ci capita di trovare numerose tesi di dottorato che sono anche state stimolate dal nostro
lavoro e questa una delle ragioni che ci spinge a continuare. Tra l'altro quello che notiamo, anche
rispetto ad analoghe ricerche effettuate negli anni Settanta è il fatto che prevale un approccio
scientifico, non consolatorio». Secondo Francescangeli il racconto dei fatti, l'analisi e la riflessione
storica dovrebbero essere parte integrante anche del lavoro del vostro giornale. Quello che si chiamava
un tempo con ricerca dovrebbe, mutati i tempi, divenire la cifra di uno strumento di informazione che
non si vuole uniformare a Repubblica ». Certo, come ammette l'esponente della redazione di Zapruder,
esiste anche una deformazione da storico che porta ad una lettura del giornale in maniera diversa:«La
storia non interessa a tutti e per molti è pura filosofia, ma non è così, penso che se alcune tematiche di
cui si parla molto nella cronaca trovassero un legame con i processi storici, se ne avrebbe una
comprensione diversa. Penso alle vicende dimenticate del colonialismo italiano e dai lasciti che questo
ha lasciato in questo Paese nel rapporto fra colonizzati e colonizzatori, un tema che ci è molto caro,
oppure ai rigurgiti fascisti e parafascisti che si sentono in tutta Europa, non si possono comprendere
senza evidenziarne gli antecedenti». Il prossimo numero della rivista sarà dedicato al controllo sociale
nei luoghi di lavoro, il titolo è "Legami di Autorità, obbedire e disobbedire nella storia del lavoro". Si
parlerà delle insurrezioni in Francia, dal 1830 al 1848, delle lotte operaie nei paesi del ex "Patto di
Varsavia" di quanto accaduto alla "Renault" e in Gran Bretagna sotto la Tatcher. Ci pare ovvio che oggi
il lavoro torni al centro delle discussioni e sappiamo che anche su questo ci incontriamo».
Francescangeli considera l'inserto "Lotte" un esempio dei nostri tempi di quella che Panzieri chiamava
con-ricerca, :«Ti racconti e quindi costruisci un immaginario che parte dalla realtà, che costruisce
categorie mentali interpretative. Tra l'altro, e mi permetto in questo senso di rivolgervi un
suggerimento, il racconto permette di uscire da uno schema di propaganda che spesso annega il valore
dei giornali di partito. La propaganda serve ma serve molto alla sinistra di classe fare i conti con la
propria storia, fare outing con i problemi, lasciar parlare precari, studenti e lavoratori anche quando
dicono cose scomode o politicamente poco piacevoli da sentire. Se non si affrontano questi temi si
perde in utilità e si resta in fase di stallo. Il giornale deve tornare anche ad essere, secondo me, uno
strumento di formazione dei quadri e se c'è da spiegare perché un operaio a Palermo vota Berlusconi o
perché nei lavoratori al nord sia diffuso il razzismo è giusto che si faccia senza remore. La verità deve
essere sempre rivoluzionaria. Lo dico da persona che condivide alcune vostre cose ma non ne
condivide altre, ma che vi ritiene utili e necessari, non solo per Zapruder».