L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 (1) Piano sanitario regionale 1994-1996. (2) (3) Indice Art. 1 Art. 2 Allegato “A” Art. 1 È approvato il Piano sanitario regionale per il triennio 1994-1996 di cui all’allegato “A”. Art. 2 La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione. Allegato “A” (4) Verbale Consiglio regionale n. 107/24 del 27 settembre 1994. Piano sanitario regionale per il triennio 1994-1996 (5). 1 - Il nuovo sistema sanitario della Regione Abruzzo: linee essenziali di riforma. 1.1 - Premessa. Il presente Piano sanitario regionale dell’Abruzzo (P.S.R.) per il triennio 1994/1996 nasce in un periodo di profondi mutamenti del quadro normativo, organizzativo e finanziario dell’assistenza sanitaria nel nostro Paese e di tutto il sistema di welfare state nel suo complesso, in misura tale da non fornire elementi certi di riferimento per la programmazione dei servizi territoriali. La mancanza, poi, di documenti programmatori già definiti ed avviati nella nostra Regione rende ulteriormente più complesso procedere nell’assunzione dei programmi, cioè di processi di trasformazione, giacché questi vanno ad incidere su una realtà di servizi territoriali ormai consolidata sul piano dell’esistente, molto meno su quello dell’efficienza. La trasformazione della U.L.S. in Azienda e la diretta responsabilizzazione delle stesse Regioni per la copertura dei disavanzi di gestione delle Aziende-U.S.L. e Ospedaliere danno una particolare connotazione al ruolo dell’Ente Regione che, accanto ai tradizionali compiti di indirizzo e programmazione degli interventi, dei modelli organizzativi e dei criteri di finanziamento, viene ad assumere una funzione-guida nell’elaborazione delle strategie generali di intervento ed un ruolo di coordinamento, di promozione e di supporto tecnico. La necessità di contemperare tale ruolo con gli spazi di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica delle nuove Aziende (da riconoscere e valorizzare) impone l’adozione di una programmazione a maglie larghe in termini di vincoli organizzativi ed autorizzativi. Si ritiene invece necessaria una puntuale definizione degli obiettivi, degli standard dei piani e dei programmi, degli strumenti di controllo della gestione, dei processi informativi e degli indicatori per la verifica dell’efficienza e della qualità delle prestazioni. (1) Pubblicata nel BURA 4 novembre 1994, n. 28 Speciale. Il presente piano è stato sostituito dal Piano sanitario 1999-2000, approvato con L.R. 27 luglio 1999, n. 37. (2) L'art. 13, comma 1, quarto alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:… - quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28 speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4 al capitolo “Poliambulatori”.». (3) Ad integrazione del presente Piano sanitario, in attuazione della legge n. 548 del 1993, si veda la L.R. 20 aprile 1995, n. 64 e la L.R. 31 luglio 1996, n. 61. Si veda anche l’art. 1, L.R. n. 112 del 1998, che inserisce in detto piano sanitario la previsione di un servizio di Radioterapia intraoperatoria nella ASL Lanciano VastoPresidio Ospedaliero “G. Renzetti” di Lanciano. (4) Vedi, anche, l’art. 212-quater, L.R. 8 febbraio 2005, n. 6, aggiunto dall’art. 17, L.R. 3 marzo 2005, n. 23. (5) Si omettono gli allegati al piano. Un’altra considerazione in premessa, necessaria per comprendere lo stesso documento di P.S.R., riguarda la consapevolezza che un’attività di programmazione sanitaria - come riferisce anche il Piano sanitario nazionale 1994/1996 - è oggi caratterizzata da elementi di novità rispetto al processo tradizionale ed anche a precedenti esperienze: il Piano si inserisce in una logica di processo, non si esaurisce dunque in un quadro onnicomprensivo, puntuale, di dettaglio e statico, definito una volta per tutte. Il Piano “non dice tutto”, ma costruisce un processo, descrive uno sviluppo progressivo fatto di successive approssimazioni ed avvicinamenti all’obiettivo. Pur essendo prescrittivo e vincolante, richiede - anzi, esige il coinvolgimento del livello della programmazione locale, costruendo un processo circolare che, dalle prime prescrizioni e definizioni regionali, necessita della messa a punto delle proposte delle Aziende-U.S.L. e Ospedaliere e della successiva approvazione regionale. 1.2 - I riferimenti normativi e programmatici. I riferimenti normativi e programmatici per impiantare e definire il P.S.R. Abruzzo 1994/1996 sono rappresentati da una serie di norme statali che si occupano della programmazione sanitaria e che costituiscono un vincolo ed un riferimento obbligato per 1e normative regionali di natura programmatoria. Le principali e più recenti sono: a - la legge 23 ottobre 1985, n. 595, “Norme per la programmazione sanitaria ed il Piano sanitario nazionale 1986/1988”; b - il D.M. Sanità del 13 settembre 1988, “Standard del personale ospedaliero”; c - la legge 30 dicembre 1991, n. 412, “Disposizioni in materia di finanza pubblica”; d - il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, su1 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, in attuazione della delega conferita al Governo con la legge 23 ottobre 1992, n. 421, come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993; e - la legge 24 dicembre 1993, n. 537: “Interventi correttivi di finanza pubblica”; f - il Piano sanitario nazionale 1994/1996. Le fonti normative sopra citate, ancorché riferite ad un arco di tempo che occupa circa 8 anni (dal 1985 al 1993), è indicativo di un trend ormai acquisito in ordine alla programmazione dei servizi sanitari e di quelli ospedalieri: in particolare la legge 30 dicembre 1991, n. 412, “Disposizioni in materia di finanza pubblica”, all’art. 4, comprende una serie di disposizioni in materia sanitaria e prevede l’assunzione di provvedimenti generali da parte delle Regioni, anche a stralcio del Piano sanitario regionale, con lo scopo di: - ristrutturare la rete ospedaliera; - rideterminare il fabbisogno in attività convenzionate riguardanti la specialistica esterna e le Case di cura. Per questi due settori le diverse disposizioni legislative succedutesi nel tempo ripropongono i meccanismi e gli indicatori della legge “595”, sopra citata, con le seguenti modifiche e specificazioni: a) - gli standard generali di Piano sono cosi rideterminati: - tasso di utilizzazione dei posti letto non inferiori al 75% in media annua; - dotazione complessiva fino al 5,5 p.l. per 1.000 abitanti, di cui 1/1000 riservato alla riabilitazione ed alla lungodegenza post-acuzie; - tasso di ospedalizzazione del 160/1000 abitanti; b) - lo standard minimo per singolo presidio ospedaliero è fissato a 120 p.l.; c) - a modifica di quanto previsto dalla legge n. 132 del 1968 negli ospedali viene previsto il modello delle aree funzionali omogenee con presenza obbligatoria di day-hospital, conservando alle unità operative che vi confluiscono l’autonomia funzionale in ordine alle patologie di competenza, in un’ottica Dipartimentale. In attuazione di questi standard, integrati dalle disposizioni contenute in eventuali atti di indirizzo e di coordinamento, la Regione provvede a ristrutturare la rete ospedaliera operando le trasformazioni di destinazione, di accorpamenti e le disattivazioni necessarie. In conclusione, il nuovo sistema sanitario della Regione Abruzzo si configura nelle linee già indicate nel documento politico-programmatico approvato dalla Giunta regionale il 20 settembre 1993. Il presente Piano sanitario regionale sviluppa linee che vengono riportate nell’Allegato A. Gli strumenti della programmazione sanitaria regionale sono costituiti da: - il presente Piano Sanitario; - le delibere attuative; - la relazione annuale sullo stato di attuazione del P.S.R. Le delibere attuative sono adottate dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare per gli affari sociali, per le singole funzioni o per loro raggruppamenti e per i progetti obiettivi. Con le stesse delibere si provvederà, altresì, agli adeguamenti resi eventualmente necessari nel triennio da nuove disposizioni nazionali nelle singole materie sanitarie ed in particolare dal Piano sanitario nazionale 19945-1996. La relazione sullo stato di attuazione del P.S.R. viene presentata dal Presidente della Giunta regionale, su iniziativa del componente di Giunta preposto al Settore Sanità e sentito il parere della conferenza RegioneU.S.L., al Consiglio regionale ogni anno, contemporaneamente alle direttive inerenti la formulazione del bilancio della U.S.L. 2 - Indirizzi di organizzazione del nuovo sistema sanitario. 2.1 Il Governo del sistema sanitario regionale; il settore sanità igiene e sicurezza sociale della Giunta regionale; l’osservatorio epidemiologico regionale; le Unità’ sanitarie locali. Senza entrare nelle valutazioni di merito delle scelte politiche che sottendono il D.Lgs. n. 502 del 1992 ed il successivo decreto correttivo n. 517 del 1993 ed a quelle di politica finanziaria che lo hanno preceduto, occorre consapevolmente considerare che essi hanno impresso una spinta decisiva al processo programmatorio sanitario sia a livello centrale, sia a livello regionale. Il decreto regionale legislativo sulla sanità, propone, senza dubbio, un grosso impegno per la Regione che è chiamata in causa quale destinataria di specifiche competenze che vanno ad integrare quelle già esistenti e a configurare un complesso di compiti davvero cospicuo. È impensabile che tutto ciò possa essere realizzato con l’attuale struttura organizzativa esistente presso il competente Settore. Infatti, a fronte di una carenza di personale dirigenziale pari quasi al 90% dell’organico previsto dalla L.R. n. 58 del 1985, devono essere posti in essere provvedimenti che richiedono l’apporto di professionalità particolarmente qualificate. La nuova struttura del Settore è imposta non soltanto dalle esigenze operative legate al transito al nuovo modello U.S.L., ma anche dalle esigenze di gestione ordinaria del sistema sanitario regionale. Nel nuovo sistema disegnato dalla legge delega e dal conseguente decreto legislativo, la Regione deve porre in essere, nei termini indicati, una serie di provvedimenti al fine di esercitare un effettivo governo della Sanità. In particolare si evidenziano i seguenti adempimenti: - definizione dei modelli organizzativi dei servizi sanitari; - fissazione dei criteri per la ripartizione delle risorse economiche; - predisposizione di controlli di efficacia e di efficienza sulle U.S.L. ed Aziende ospedaliere. Di conseguenza le funzioni da svolgere a livello regionale possono riassumersi in termini di: - programmazione; - indirizzo e coordinamento; - supporto tecnico; - vigilanza. Per conseguire questi obiettivi è necessaria un’organizzazione del Settore Sanità in termini di efficienza ed efficacia; di conseguenza, in sintonia e nel contesto della proposta di riorganizzazione generale della struttura regionale, il Settore Sanità va organizzato su quattro aree di intervento: “Area di programmazione e finanziamento”, “Area giuridico-amministrativa”, “Area tecnico-sanitaria” e “Area di vigilanza e controllo”. Le funzioni di coordinamento di cui all’art. 27, 1° comma del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni relative alla direzione regionale afferente all’intero Settore Sanità e Sicurezza Sociale sono espletate dal coordinatore, nominato dalla Giunta regionale, su designazione del componente della Giunta preposto alla Sanità, entro e non oltre un mese dall’entrata in vigore del presente piano . In linea di larga massima possono essere attribuiti a ciascuna “Area” i seguenti compiti: Area di programmazione e finanziamento: - programmazione e coordinamento economico - finanziario del sistema contabile sanitario regionale; assegnazione delle risorse finanziarie alle U.S.L. e costante monitoraggio della spesa sanitaria regionale nonché di analisi e verifiche costi-benefici; redazione ed aggiornamento dei piani sanitari regionali. Area giuridico-amministrativa: - ordinamento giuridico del personale delle U.S.L.: contrattazione, mobilità, formazione, organici, ruoli nominativi e reclutamento del personale; rapporti con le Università; organi istituzionali delle U.S.L. ed enti operanti nel SSN. Area tecnico-sanitaria: - strutture assistenziali private, assistenza sanitaria di base, specialistica e ospedaliera; farmaceutica; medicina veterinaria; tutela sociale, medicina legale e del lavoro; emergenza sanitaria; coordinamento dei servizi infermieristici U.S.L.; attività informatica. Area di vigilanza e controllo: - controllo di gestione; controllo ispettivo; contabile, giuridico-amministrativo e tecnico-sanitario; VRQ; verifica dei risultati. Alle suddette Aree è necessario affiancare un Servizio Regionale dell’Osservatorio Epidemiologico, indispensabile per il coordinamento dei dati statistici ed epidemiologici a livello regionale e locale. Ad esso vanno ricondotte, riaccorpandole, le diverse strutture costituite nel tempo per settori differenziati, con i relativi fondi. A detto Osservatorio vanno attribuite le seguenti funzioni: - valutare, documentandole, le conoscenze disponibili; - descrivere sulla popolazione le distribuzioni dei gradi dello stato di salute e dei loro determinanti; - studiare le associazioni fra possibili determinanti e gradi dello stato di salute; - informare la collettività delle evidenze prodotte; - formulare proposte per programmi di intervento sulla base delle evidenze epidemiologiche prodotte; - insegnare metodi e contenuti dell’Epidemiologia. Le informazioni prodotte da un O.E.R. costituiscono la base conoscitiva principale per le redazioni di piani sanitari e degli altri programmi regionali. All’individuazione delle strutture organizzative per ciascuna area, corrispondenti alla qualifica di “dirigente”, e delle relative funzioni provvede la Giunta regionale, su proposta del coordinatore responsabile del Settore, nel rispetto della disciplina prevista dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni nonché dall’art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. Spetta ugualmente alla Giunta regionale, nel rispetto delle richiamate disposizioni nazionali, la determinazione dei posti di dirigente, nella misura massima complessiva di 30 per l’intero Settore, nonché delle altre qualifiche funzionali da assegnare a ciascuna area del Settore Sanità, con la specificazione dei relativi profili professionali. Analogamente, secondo le modalità stabilite nella suddetta normativa, con separato provvedimento, la Giunta regionale procede a disegnare la struttura organizzativa dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Nelle more, resta confermata l’attuale articolazione strutturale. Con successivo provvedimento legislativo si procede, ove necessario, all’adeguamento della strutturazione del Settore scaturente dalle presenti disposizioni alla normativa di razionalizzazione dell’intero sistema organizzativo della Regione. La riorganizzazione del Settore Sanità, alla luce delle su esposte considerazioni, costituisce comunque presupposto propedeutico indispensabile per l’attuazione puntuale del decreto di riordino soprattutto per quanto concerne l’assetto organizzativo e gestionale dei servizi sanitari. In realtà con l’approvazione della legge-delega e l’emanazione del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni stiamo vivendo momenti di grande cambiamento, pur tra le immancabili polemiche che accompagnano quasi sempre i mutamenti nel nostro Paese. Proprio per questo occorre misurarsi con il nuovo sistema di erogazione del servizio sanitario, proponendo soluzioni organizzative che tengano conto della nuova configurazione giuridica della U.S.L. quale Azienda dotata di autonomia contabile e gestionale. Attualmente ci troviamo spesso di fronte ad un Servizio sanitario caratterizzato dall’essere un erogatore di prestazioni a domanda, piuttosto che un programmatore a tutela della salute. È necessario, pertanto, un cambiamento organizzativo che tenga conto dei punti critici che hanno condizionato l’operatività e quindi l’efficienza dei modelli fino ad ora seguiti. Oggi i poteri decisionali sono spesso mal identificati, dipende in genere dalla preparazione e professionalità dei singoli dirigenti essere o meno figure reali di riferimento. Il sistema dei controlli formali rende mal definite le responsabilità, le scarse risorse disponibili, peraltro erogate in notevole ritardo, impediscono una reale programmazione dei costi, mentre le analisi del rapporto tra spesa e servizio prodotto risulta in genere molto poco praticata. La regola fondamentale di ogni azienda - sapere quanto si spende e perché - non è considerata in genere un dovere comportamentale per il Servizio Sanitario. Occorre dunque dare innanzitutto rilevanza al ruolo della programmazione perché l’efficacia del sistema è strettamente legato alla possibilità di garantire la certezza di risorse e la loro correlazione con gli obiettivi. In secondo luogo occorre affrontare il problema dell’autonomia organizzativa dell’azienda U.S.L.; è necessario creare strutture flessibili, pur nell’ambito di norme di indirizzo di carattere generale fissate dalla Regione, al fini di non ingessare l’organizzazione in schemi rigidi che mal si adattano al dinamismo di un’azienda di servizi moderna e così peculiare come la sanità. Si propone, dunque, la necessità di affrontare il complesso problema dell’adeguamento del sistema organizzativo, nelle sue diverse articolazioni, ai cambiamenti che si vogliono realizzare in sanità. Cambiamenti organizzativi che per dare risultati concreti devono essere coerenti con la nuova logica aziendale ipotizzata . Dall’indicata premessa, discende che l’assetto istituzionale e territoriale del servizio sanitario regionale deve essere articolato come segue: - 6 Unità sanitarie locali; - una rete riorganizzata di ospedali-presidio; - circa sessanta distretti sanitari di base. L’istituzione di sei Unità sanitarie locali così individuate: Chieti: coincidente con gli ambiti territoriali dall’attuale U.L.S.S. di Chieti e di Ortona; Avezzano-Sulmona: coincidente con gli ambiti territoriali delle attuali U.L.S.S. di Avezzano, Sulmona, Castel di Sangro; Lanciano-Vasto: coincidente con gli ambiti territoriali delle attuali U.L.S.S. di Lanciano e di Vasto; L’Aquila: coincidente con l’ambito territoriale dell’attuale U.L.S.S. di L’Aquila; Pescara: coincidente con l’ambito territoriale della provincia di Pescara; Teramo coincidente con l’ambito territoriale della provincia di Teramo; risponde perfettamente al disposto dell’art. 3, comma 5, lettera a), del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, il quale provvede Unità sanitarie locali coincidenti di massima con gli ambiti provinciali, salvo deroghe e condizioni territoriali particolari derivanti dalla natura montana delle aree di interesse nonché dalla densità e distribuzione demografica sul territorio. Ed in effetti la configurazione delle U.S.L. derivante dal presente piano correla essenzialmente le U.S.L. di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo agli ambiti provinciali insistenti nella Regione Abruzzo salvaguardando, peraltro, la particolarità orografica e demografica proprie dei territori corrispondenti ad Avezzano, Castel di Sangro e Sulmona da un lato e a Lanciano e Vasto dall’altro. La previsione di sei U.S.L. nell’ambito del sistema sanitario abruzzese risponde altresì a motivazioni più ampie di carattere istituzionale, territoriale ed economico-finanziario. Sotto il profilo istituzionale, al nuova unità sanitaria locale ha una configurazione giuridica ben precisa, con propri poteri e responsabilità. È un’azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Essa, inoltre, ha il compito fondamentale di provvedere ad assicurare i livelli uniformi di assistenza sanitaria nel proprio ambito territoriale. Le due caratteristiche sono strettamente collegate nel senso che la U.S.L.-azienda non è necessariamente tenuta ad erogare direttamente i servizi sanitari. Il modello organizzativo di riferimento della nuova U.S.L. è pertanto più vicino ad un’ “authority” o ad una struttura di alta direzione che non a un servizio sanitario in senso stretto. Ciò richiede, da un lato, un’opzione di scala sufficientemente ampia nei riflessi territoriali e, dall’altro lato, una configurazione organizzativa interna della U.S.L. che sia molto qualificata e professionale in termini di direzione, di coordinamento e di controllo dell’insieme dei servizi erogati nel territorio da assicurare comunque agli utenti. Occorre un’organizzazione dinamica che si adatti e si corregga il più rapidamente possibile e che cerchi di sinergizzare al massimo le rispettive professionalità. La U.S.L. potrebbe dunque organizzarsi per livelli di direzione e di coordinamento con riferimento alle diverse funzioni di assistenza sanitaria da erogare nel territorio quali, per esempio: - assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e si lavoro (direzione e coordinamento della prevenzione, dell’igiene, della veterinaria, ecc.); - assistenza sanitaria di base (direzione e coordinamento della medicina di base, della pediatria, dell’assistenza farmaceutica, dell’assistenza nel territorio e domiciliare, ecc.); - assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale (direzione e coordinamento della medicina specialistica, dell’assistenza ai tossicodipendenti, dell’assistenza psichiatrica, dell’assistenza riabilitativa, dell’assistenza integrativa, ecc.); - assistenza ospedaliera (coordinamento dei presidi ospedalieri e dei servizi di emergenza, ecc.); - assistenza residenziale sanitaria a non autosufficienti e lungodegenti (direzione e coordinamento dell’assistenza agli anziani, ai tossicodipendenti, ai disabili, della riabilitazione, ecc.); - servizi di supporto (affari generali, personale, programmazione e controllo di gestione, finanziamento delle strutture, monitoraggio della spesa nell’ambito territoriale). In altri termini, la U.S.L. così configurata diventa la sede naturale degli organi di alta direzione e, in particolare, del Direttore generale e dei suoi collaboratori (direttore amministrativo, Direttore sanitario e dirigenti) dove, in stretto collegamento con le direttive e le azioni di promozione e di supporto dell’Assessorato regionale alla sanità (da riorganizzare), si svolge una vera attività di management intesa come quadro permanente di comando e di controllo dei sevizi da realizzare in maniera aperta ed efficiente, tenendo in debito conto il sistema delle interrelazioni con le altre U.S.L. È appena il caso di segnalare che questo modello non si concilia con al situazione esistente caratterizzata da una logica molto diversa che è quella dell’importanza non soltanto sanitaria che la U.S.L. assume nel territorio, spesso sostenuta da spinte campanilistiche e di parte, da ingiustificate posizioni di potere e comunque fondata su una frammentazione che ha dato luogo a quindici unità chiuse, anziché a un sistema aperto a rete di prestazioni e servizi. Sotto il profilo territoriale l’assenza di strumenti di pianificazione già definiti a livello regionale e di un quadro ordinato di distribuzione di poteri tra i vari enti complica certamente il problema e rende difficile, nel campo della sanità, la ricerca e l’introduzione di modelli alternativi fondati su ipotesi di assetto territoriale così incerte. Purtuttavia, occorre comunque avviare detto processo in una serena prospettiva di assestamento nel corso del tempo e di massima flessibilità del sistema. L’ipotesi territoriale delle U.S.L. individuate nel piano dovrebbe, d’altra parte, sdrammatizzare e semplificare il problema considerando la nuova configurazione delle U.S.L. medesime come “centri di direzione” e lo spostamento dell’attenzione sulla distribuzione territoriale delle strutture e dei servizi sanitari, secondo riferimenti il più possibile fondati sull’esigenza di soddisfare i bisogni laddove si manifestano, utilizzando per i fini di cui al presente capoverso e fino all’organizzazione dei servizi territoriali di base le attuali U.L.S.S. che diventano sezioni delle nuove U.L.S.S. In altri termini, è abbastanza indifferente la sede della U.S.L. per il cittadino-utente qualora i livelli di organizzazione amministrativa e sanitaria efficienti gli consentano di poter utilizzare i servizi senza particolari disagi logistici. Le spese per l’organizzazione istituzionale e per i servizi generali delle quindici U.S.L. esistenti hanno superato, nel 1992, 86 miliardi di lire e rappresentano il 4,66% della spesa complessiva. Appare pertanto evidente che, anche per effetto della trasformazione istituzionale delle U.S.L.-aziende e alla conseguente diversa configurazione degli organi, la riduzione drastica del numero delle U.S.L. medesime implica non soltanto una notevole semplificazione dei modelli di direzione e di gestione del sistema, ma anche consistenti economie. È da evidenziare che nell’organizzazione e nell’erogazione dei sevizi sanitari la funzione del personale gioca un ruolo fondamentale sia dal punto di vista dell’efficienza della struttura sia per l’efficacia dell’intervento. A tale riguardo si precisa che il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1991 è di circa 16.000 unità, di cui circa il 55% appartenente a ruolo sanitario, il 35% al ruolo tecnico ed il 10% al ruolo amministrativo. Il rapporto personale dipendente-popolazione è di circa 12,8 unità ogni 1.000 abitanti, mentre il rapporto personale dipendente-posti letto è di 1 a 2 unità. Il personale in servizio al momento della costituzione delle nuove Aziende U.S.L. viene trasferito nell’ambito delle stesse tento conto della dislocazione territoriale dell’ex U.L.S.S. L’assegnazione provvisoria e quella definitiva, dopo l’approvazione della relativa pianta organica, alle diverse unità operative è disposta dal Direttore generale nel rispetto della normativa vigente in materia di pubblico impiego, con particolare riguardo agli artt. 17, 19, 1° comma, e 26, comma 2 quinquies, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni. A tal proposito il Direttore generale di ciascuna U.S.L. provvederà ad individuare la strutture operative nell’ambito e nel rispetto delle indicazioni precedente e a definire le piante organiche, secondo le modalità indicate nell’art. 31 del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni. La Giunta regionale, alla quale è attribuita la nomina dei Direttori generali, con apposto provvedimento amministrativo, individuerà il massimo dimensionamento del personale assegnabile nell’ambito dei diversi ruoli nonché la percentuale annuale di copertura delle piante organiche, in relazione agli effetti dei cambiamenti introdotti dalla normativa nazionale riguardante il personale e dei vincoli di natura giuridica ed economica che verranno eventualmente fissati. Saranno, altresì, previste le modalità relative ai processi di mobilità per il personale eventualmente in esubero, con forme di gradualità che tengano nel debito conto, in particolare, le posizioni acquisite dai titolari di poli dirigenziali in atto. Nelle more dell’organizzazione complessiva disposta dal Direttore generale, la U.S.L. opera nel rispetto dei seguenti principio funzionali: - a livello centrale risiedono gli organi e le strutture di altra direzione con articolazioni operative corrispondenti ai livelli di direzione e coordinamento sopra specificati. L’attribuzione degli incarichi dirigenziali è effettuata dal Direttore generale nel rispetto dei criteri contenuti nell’art. 19, 1° comma, e 26, comma 2 quinquies, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni. - a livello territoriale, sono referenti prioritari del Direttore generale i responsabili dei presidi ospedalieri e di ciascun DSB ricadenti nella circoscrizione. A tal fine, contestualmente alla nomina del dirigente medico e di quello amministrativo di tali organismi, il Direttore generale provvede altresì all’individuazione, tra i due, del Dirigente Responsabile della gestione complessiva, nel rispetto degli artt. 17, 19, 1° comma, e 26, comma 2, quinquies, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni. Per quanto concerne le Aziende ospedaliere, sono state già da tempo avanzate, ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, specifiche proposte al Ministero della sanità, individuando al riguardo i quattro ospedali insistenti nei capoluoghi provinciali. In particolare, si è dato rilievo al triennio clinico per Chieti e L’Aquila e ai centri di riferimento della rete dei servizi di emergenza di Pescara e Teramo. Alla luce dell’esclusiva competenza riconosciuta in capo alle Regioni, per le specifiche fattispecie, dal D.Lgs. n. 517 del 1993, si provvede con delibera della Giunta regionale, alla costituzione dell’azienda degli ospedali sopra menzionati al perfezionarsi delle condizioni che giustificano l’acquisizione della loro nuova veste giuridica: protocolli d’intesa Regione-Università ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni; all’attivazione dei Dipartimenti di emergenza ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 27 marzo 1992 e successive modifiche ed integrazioni. Le Aziende ospedaliere sono rette secondo i principi fissati nel presente piano per le Aziende-U.S.L., con i necessari adeguamenti alla differente realtà strutturale, e nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti. In particolare, tali aziende sono dotate degli stessi organi previsti per la U.S.L. - Direttore generale e Revisori dei conti - ed assicurano la presenza di direttore amministrativo, Direttore sanitario e Consiglio dei Sanitari. La loro gestione risponde al principio dell’autonomia economico-finanziaria e dei preventivi e consuntivi per centri di costo basati sulle prestazioni effettuate. La disciplina delle Aziende ospedaliere in cui insiste la prevalenza del corso formativo del triennio clinico della facoltà di medicina soggiace altresì al disposto del sesto comma dell’art. 4 del D.Lgs. n. 502 del l992. Le delibere con le quali sono costituite le Aziende ospedaliere contengono le modalità di finanziamento delle stesse sulla base dei principi fissati al comma 7 del richiamato art. 4 del D.Lgs. n. 502 del 1992 come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, in attuazione della disciplina dettata dalla Regione in materia . Gli ospedali, al contrario, non costituiti in Azienda conservano la natura di presidi della U.S.L., con accorpamento funzionale di più stabilimenti secondo le linee fissate dal presente Piano, e in quanto tali tendono al conseguimento degli obiettivi che vengono individuati dal Direttore generale, sentito il responsabile del presidio, nell’ambito e nel rispetto degli indirizzi generali di carattere programmatorio fissati dalla Regione. Nel perseguimento delle cennate finalità, peraltro, godono di ampia libertà gestionale e di autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all’interno del bilancio delle U.S.L. I criteri di finanziamento sono precisati nel successivo Cap. 6 che prevede l’introduzione di parametri specifici rispetto a quello capitario disposto a livello nazionale. In particolare col finanziamento correlato al numero ed alla natura dei posti letto è dato anzitutto il necessario rilievo alla consistenza quantitativa delle singole strutture laddove il parametro ricavabile dalle risultanze dei controlli gestionali con riferimento ai centri di costo garantisce la modulazione delle erogazioni finanziarie secondo standard medi di produttività con ciò incentivando conduzioni di tipo aziendale che mettono in grado altresì le strutture in parola di reggere il confronto con quelle private nel nuovo regime fondato sul criterio dell’accreditamento. I fondi in conto capitale sono accreditati ai presidi ospedalieri secondo gli attuali parametri. L’utilizzo mirato e flessibile dei diversi parametri di ripartizione dei fondi consente peraltro di contemperare le finalità di sviluppo della conduzione aziendale con gli obiettivi imprescindibili di solidarietà propri dell’intervento pubblico che possono talvolta sostanziarsi in presenze diseconomiche in determinate aree geografiche. Il controllo sugli atti delle U.S.L. e dell'e Aziende ospedaliere è limitato agli atti di cui art. 4 comma 8 della legge 30 dicembre 1991 n. 412 ed è esercitato dalla Giunta regionale che si avvale di apposito servizio del Settore Sanità. Tale forma di controllo sugli atti che deve essere espletata secondo le modalità indicate nella L.R. n. 28 del 1992 è affiancata da un più incisivo controllo sulla gestione e sui risultati delle attività delle U.S.L. e delle Aziende ospedaliere una volta concretamente avviato il processo di aziendalizzazione. A tal fine attraverso apposita specifica struttura individuata nell’area di vigilanza e controllo prevista nel Settore Sanità si procederà ad una verifica dei risultati mediante l’introduzione progressiva di tecniche di monitoraggio e di controllo della gestione. È necessario pertanto procedere ad una verifica tra i costi sostenuti ed i servizi prestiti in relazione al raggiungimento degli obiettivi prefissati e quindi del grado di soddisfacimento degli utenti. Una corretta progettazione del sistema del controllo di gestione e di qualità parte necessariamente dall’analisi delle diverse tipologie di attività e funzioni in cui si individua l’azione dell’ente. Il sistema in parola consente di configurare una forma di controllo direzionale prevedendo la definizione di due fattori organizzativi fondamentali quali: a) i centri di responsabilità; b) i modelli organizzativi connessi ai diversi obiettivi posti dalla programmazione. I sistemi da utilizzare per rilevare e conoscere i prodotti ed i servizi resi e quindi avere elementi di valutazione delle proprie politiche sono quelli di contabilità analitiche di tipo direzionale e adozione del budget per centri di costo e di responsabilità in funzione del controllo di gestione e di qualità. Gli strumenti per detto controllo sono individuati con deliberazioni del Consiglio regionale da adottare entro il 30 dicembre 1994 relativamente ai singoli progetti obiettivo e settori di intervento. Le verifiche del processo e dei risultati devono essere effettuate con cadenza semestrale, a partire dal 30 giugno 1995, dall’apposita struttura prevista nel Settore Sanità. 2.2 Rideterminazione della rete ospedaliera. Parte I - Premessa. La rete ospedaliera della Regione Abruzzo viene riorganizzata sulla base delle indicazioni del Piano. Il piano da attuare è, infatti, lo strumento fondamentale per il Governo e lo sviluppo del Servizio sanitario regionale; si muove sulla base delle indicazioni contenute nel Piano sanitario nazionale e nell’ottica delle linee tracciate dal “Documento politico - programmatico” per l’attuazione nella Regione Abruzzo, del D.Lgs. n. 502 del 1992, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e del D.Lgs. n. 517 del 1993, in materia di riordino del Servizio sanitario nazionale. Può riuscire utile in premessa puntualizzare poche considerazioni generali, la prima delle quali si riferisce alla constatazione che un buon modello di rete ospedaliera, realmente integrato con il territorio, deve adottare una struttura policentrica a sistema planetario, convergente nei complessi ospedalieri maggiormente attrezzati, i quali, tuttavia, rappresentano, essi stessi, poli a funzioni multipla. Questa impostazione per essere veramente valida comporta, però, un’uniforme “qualità” dell’assistenza erogata, indipendentemente dalla localizzazione centrale, mediana o periferica dell’ospedale. Ancora, occorre riflettere che la “qualità” dei servizi erogati viene regolata da numerosi fattori tra loro anche molto distanti ma che, comunque, quello relativo all’indicatore “dimensione” deve considerarsi abbastanza significativo: Il piano deve delineare il quadro di riferimento entro il quale agire a livello regionale attraverso un’articolata individuazione di finalità generali, e obiettivi di breve e medio termine, indirizzi, linee di azione, criteri, vincoli e procedure che comunque tengano conto delle disposizioni di cui ai succitati decreti legislativi. Punto cardine delle programmazione è rappresentata della necessità di promuovere un’azione più incisiva che determini una migliore qualità nelle prestazioni e che pone il cittadino al centro delle problematiche assistenziali nel rispetto del principio della libera scelta della struttura sanitaria. Vengono inoltre definiti i principi per la riorganizzazione dei presidi sulla base dei quali la Giunta regionale potrà emanare, consultate le competenti commissioni consiliari, uno o più provvedimenti per disciplinare ulteriormente l’organizzazione e la gestione della rete ospedaliera e dei presidi ospedalieri. Per quanto riguarda la riorganizzazione dei presidi ospedalieri il primo obiettivo e quello di elaborare, sulla base di un’accurata ricognizione informativa relativa alla dotazione di posti letto pubblici e privati esistenti nella Regione, dei dati di produttività da questi stessi espressi, nonché dei puntuali standard ministeriali, un piano della rete ospedaliera regionale da attuare nel triennio 1994/1996. Il perseguimento di questo obiettivo incontra non poche difficoltà, comunque dall’esame dei dati in possesso sono possibili alcune riflessioni che, in sintesi, possono cosi venire riassunte: - l’Abruzzo può certamente considerarsi una delle più interessanti Regioni del paese per il confluire in essa di una serie di articolate caratteristiche, geomorfologiche, in massima parte montuose, demografiche, con una bassa ma articolata densità abitativa, economiche ed infrastrutturali, a mezza strada tra le realtà così contrastanti del Sud e del Nord, ma con una rete viaria notevolmente sviluppata rispetto alla popolazione, connotati tutti capaci certamente di incidere sulle congruità funzionale di un’organizzazione ospedaliera; - l’asse portante della rete ospedaliera pubblica è costituito da 25 presidi ospedalieri pubblici con 8.035 posti letto effettivi, pari ad un quoziente di 6,02/1.000 abitanti. Ed è appunto per le caratteristiche della Regione, con un’alta percentuale di presenze turistiche sia nel periodo estivo che in quello invernale, che il riferimento dei posti letto per abitante deve necessariamente essere effettuato sulla base di una popolazione pari ad almeno 1.300.000 abitanti, ciò al fine di evitare dannosi disagi agli utenti; - le dimensioni dei 25 ospedali appaiono notevolmente disomogenee con alcuni presidi al di sotto della soglia minima di 120 p.l., ma oltre la metà degli stabilimenti non ha dimensioni strutturali in grado di ospitare tecnologie o professionalità atte a soddisfare i bisogni sanitari delle popolazioni; - i principali parametri di produttività indicano una degenza media oscillante tra 7 e gli 11 giorni; un’occupazione media generalmente tra il 40 e 1’80% ed un tasso annuo di ospedalizzazione stimato in circa 175/1.000 abitanti; - una più attenta ed approfondita analisi di questi parametri mette in evidenza una marcata disomogeneità nell’efficienza dei diversi presidi: solo 4 ospedali, per un totale del 17,5% dei p.l. complessivi della Regione, si collocano al di sopra della soglia del 75% degli standard ministeriali, mentre ben 7 stabilimenti presentano un tasso medio di utilizzo addirittura <60%; e l’analisi dei dati degli ultimi 3 anni (1990 e 1992) non modifica in modo sostanziale quanto osservato in precedenza; - l’analisi dei due parametri di valutazione più indicativi (p.l. e tasso di utilizzo) opportunamente disaggregati per ospedale e per specialità di assistenza ha consentito di osservare che situazioni di più marcata improduttività si concentrano, oltre che in alcuni ospedali, anche in specifici settori di assistenza (pediatria, ostetrica, otorinolaringoiatria, oculistica); - si riscontra poi che a livello provinciale i p.l. pubblici e privati in convenzione sono male distribuiti sul territorio. Esaminato nel dettaglio, ed in particolare in ordine alle 5 differenti aree funzionali omogenee di assistenza ospedaliera individuate dal Ministero, i dati appaiono notevolmente articolati: - l’esubero di dotazione risulta, infatti, appannaggio esclusivo delle aree chirurgica e materno-infantile; - al contrario si registra una marcata carenza nell’area medica ed in quella di terapia intensiva. Emerge, allora, la necessità di procedere all’elaborazione di un modello di programmazione regionale, capace di soddisfare la domanda espressa, di prevenire ragionevolmente i bisogni futuri, di garantire un corretto utilizzo delle risorse e dei finanziamenti disponibili in proposito, modello che sia in linea con gli standard di organizzazione e di attività elaborati e definiti con misura e competenza del Ministero della Sanità. L’articolazione territoriale dei presidi pubblici e quello delle strutture private previste dal presente Piano risente della situazione esistente, soprattutto, della mancanza di precedenti strumenti di programmazione che, attualmente, avrebbero potuto favorire un approccio graduale al nuovo sistema sanitario previsto dal D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni. Alla fine del 1° semestre 1995, sulla base dei dati di attività riscontrati nel semestre stesso e in linea con il nuovo sistema di finanziamento alle Unità sanitarie locali ed agli ospedali, si procede ad un’ulteriore ridefinizione dell’assetto territoriale e decisionale dei Preside e del Sistema sanitario regionale. Nell’ottica di un adeguamento dell’esistente a quanto formulato dagli standard ministeriali, rispettivamente per quanto concerne i livelli tendenziali di produttività e la relativa proiezione in termini di p.l. nella realtà abruzzese, il dato quantitativo, se non il più importante, certamente il più sintetico rappresentato da un’eccedenza di oltre 2.000 posti letto. Da considerare, ancora, che gli standard ministeriali, accanto al previsto “tetto” di 5,50 p.l./1.000 abitanti, prescrivono contemporaneamente una percentuale oscillante tra il 5 ed il 10% di p.l. aggiuntivi per l’istituzione di “camere a pagamento”. Alla luce di quanto sopra appare necessario assorbire l’eccesso di letti attualmente in dotazione, mentre l’aspetto del riequilibrio nell’ambito delle 5 diverse aree funzionali omogenee, con conseguenti necessari interventi di riconversione, impone l’attivazione di una strategia che, comunque, individui preliminarmente una serie di vincoli, primari e secondari, che regolino l’operatività dell’intervento di riorganizzazione. L’individuazione di queste linee guida deve necessariamente risultare come espressione di una serie articolata di valutazioni, di esigenze, di ottiche, di istanze, di culture e competenze. In questo senso, si è potuto individuare una serie di criteri gerarchicamente ordinati in primari e secondari. Tra i primi criteri: - l’opportunità di demandare alla U.S.L. il compito di organizzazione e, quindi, di utilizzo di tutti i posti letto attribuiti; - l’attribuzione dei posti letto, distribuiti per disciplina e tenendo conto dei parametri di seguito indicati in rapporto alla popolazione residente presso ciascuna Provincia; - la necessità di procedere ad equa distribuzione sul territorio dei posti letto di medicina riabilitativa e di lungodegenza post-acuzie, nell’ambito dei presidi ospedalieri pubblici, o presso strutture private adeguate alle prescrizioni di cui alla L.R. n. 85 del 1989. La dotazione dei posti letto di Medicina riabilitativa e quelli di lungodegenza deve avere come obiettivo nel triennio la realizzazione del rapporto di 1 posto letto per 1.000 abitanti. Tra i secondi criteri: - l’opzione del riequilibrio territoriale delle risorse, al fine di garantire un’erogazione omogenea dell’assistenza ospedaliera di base; - il rispetto, per quanto possibile, nella riformulazione quantitativa delle unità operative dei moduli prescritti dalla già menzionata normativa ministeriale e la valutazione “parallela” per quanto riguarda l’area chirurgica, accanto al tasso di occupazione ed alla durata di degenza, anche degli indici di attività e di qualità operatoria. Parte II - Disciplina organizzativa e direttive. In considerazione di quanto riportato in premessa e tenuto conto delle direttive emanate dal Governo si stabilisce quanto segue. L’associazione di più attività è demandata al potere organizzativo delle U.S.L. Le Unità operative attivate ai sensi del presente piano e che risultino sottoutilizzate nel corso del 1° semestre 1995 sono entro i successivi 60 giorni, soppresse ovvero proporzionalmente ridimensionate nella dotazione di posti letto in modo da assicurare la utilizzazione secondo gli indici nazionali. La cardiochirurgia resta allocata negli ospedali di Chieti e Teramo. Il Direttore generale dell’Azienda U.S.L. di Teramo dovrà attivare cinque posti letto di terapia intensiva pediatrica unitamente a tre posti letto di rianimazione pediatrica al fine dello svolgimento dell’attività cardiochirurgica anche pediatrica. La Neurochirurgia resta allocata negli ospedali d Pescara e Teramo: devono essere approfondite le indagini sui tipi di intervento con particolare riferimento ai gruppi di patologia neurochirurgica vascolare, oncologica e traumatologica. È prevista presso la divisione di Neurologia dell’ospedale e L’Aquila un’unità per pazienti cerebrovascolari acuti (stroke unity) che provvederanno alla tenuta di uno stroke registry per monitorizzare l’andamento degli ictus nella Regione. Le astanterie sono considerate annesse alla chirurgia generale ed alla medicina interna. Vengono istituiti presso i Presidi di L’Aquila, Pescara, Lanciano e Vasto nell’ambito dell’area medica n. 10 posti letto ciascuno di Gastroenterologia, con annesso Servizio di Endoscopie Digestive. Presso il Presidio ospedaliero «G. Bernabeo» di Ortona è istituito un servizio autonomo di diagnostica e Chirurgia Endoscopica (6). Devono essere istituiti presso i Presidi ospedalieri di L’Aquila, Popoli, Teramo, Giulianova e Avezzano, nell’ambito dell’area chirurgica, i Servizi di Chirurgia Apparato Digerente-Endoscopie. Per i posti letto di malattie infettive si prevede di applicare un indice pari a 0,130 circa per mille abitanti. È previsto un incremento di posti letto di Geriatria. Per la Psichiatria è da considerare la necessità di creare posti letto Psicogeriatrici. La Terapia Intensiva Neonatale è suddivisa tra i centri di Pescara, L’Aquila e Chieti per le più urgenti necessità assistenziali. Per quanto riguarda l’istituzione del Centro Grande Ustionati esso sarà realizzato in collaborazione con le Regioni vicine per raggiungere il bacino d’utenza necessario, da ubicare in struttura ospedaliera facilmente raggiungibile anche per via aerea. I posti rene del Centri Dialisi sono considerati in day hospital e 1a loro localizzazione e consistenza è demandata alla programmazione della U.S.L. Per quanto attiene la “terapia intensiva” si prevedono posti letto di terapia intensiva e semintensiva cardiologica e terapia intensiva post-operatoria di regola in qualsiasi struttura pubblica o privata ove esiste attività operatoria. Per quanto riguarda la disciplina nefrologia-dialisi si rimanda a quanto determinato da apposita Delibera regionale n. l33/4 del 6 febbraio 1990, precisando che la parte relativa ai soggetti in età pediatrica (0-15) è da inserire con 5 letti di degenza e 2 posti di dialisi nel dipartimento materno-infantile di Pescara, tenendo conto che già esiste apposita struttura. Dovrà essere rispettata l’osservanza dei tempi di assistenza nelle diverse aree ospedaliere e, di conseguenza, la focalizzazione dell’intervento alle situazioni con più evidente carenza in ordine all’organico minimo necessario per assicurare i livelli assistenziali prescritti. Deve assumere un aspetto prioritario l’individuazione di specifiche aggregazioni di unità operative, in funzione essenzialmente dipartimentale, dovendosi procedere ad una diversa organizzazione interna degli ospedali con superamento della legge n. 132 del 1968 e D.P.R. n. 128 del 1969. Tale modalità organizzatoria risulta inderogabile, in particolare, in relazione alle unità operative con ridotto numero di posti letto. Vengono rispettate, per quanto possibile, le peculiari “vocazioni” locali, sia nell’ambito delle alte specialità sia in quello di specialità di base, in quanto espressioni di esperienze e di professionalità fortemente consolidate con il territorio. L’assetto della rete ospedaliera viene a modificarsi con i seguenti accorpamenti: - Avezzano con strutture decentrate di Pescina e Tagliacozzo; - Lanciano con strutture decentrate di Casoli e Atessa; - Popolo con strutture decentrate di Tocco da Casauria e San Valentino; - Vasto con struttura decentrata di Gissi; - Chieti con struttura decentrata di Guardiagrele; - L’Aquila: S. Salvatore con struttura decentrata di Collemaggio. (6) Comma introdotto dall’art. 1 della L.R. n. 132 del 1996. Si riportano anche gli articoli 2 e 3 della legge: Art. 2. Il Direttore generale della U.L.S. di Chieti provvederà ai provvedimenti di conseguenza. Art. 3. La spesa necessaria per l’istituzione del servizio per l’anno 1996 e per gli anni successivi farà carico al fondo sanitario nazionale, sulla quota parte assegnata alla U.L.S. di Chieti. Il Presidio ospedaliero di Castel di Sangro, pur sottodimensionato rispetto alla vigente normativa, rappresenta struttura da salvaguardare, per evidenti esigenze geografiche e territoriali, anche in deroga ai tassi di utilizzo. Relativamente all’articolazione per aree funzionali omogenee, il residuo squilibrio, soprattutto tra chirurgie e medicine, richiede ulteriori approfondimenti al fine di poter correttamente valutare se esso sia imputabile ad una disfunzione organizzativa, gestionale o programmatoria, o non rappresenti, invece, una coerente ed adeguata risposta ai reali bisogni sanitari espressi dalla popolazione abruzzese. È auspicabile quell’integrazione pubblico-privato necessaria al fine di consentire l’esercizio della “libera scelta” dell’utente e l’erogazione di prestazioni ad un miglior livello qualitativo ed allo scopo di raggiungere l’ottimizzazione dei costi. È, inoltre, da prevedere, nell’arco del triennio e compatibilmente alla disponibilità finanziaria e di personale, l’organizzazione, presso i presidi con dotazione di posti letto di neurologia, di un servizio di emergenza, funzionante nelle 24 ore, di neurofisiopatologia clinica per la monitorizzazione dello stato di coma o traumatologia cranica . Il processo di riorganizzazione 1. L’assistenza ospedaliera. La rete regionale dei presidi ospedalieri provvede a garantire, a tutti i soggetti assistiti dal S.S.N., l’accesso ai ricoveri ospedalieri necessari per trattare: - condizioni patologiche indifferibili che necessitino di interventi diagnostico-terapeutici di emergenza e/o d’urgenza; - patologie acute non gestibili in ambito ambulatoriale e/o domiciliare; - condizioni patologiche di lunga durata che richiedono un trattamento diagnostico-terapeutico non erogabile in forma extraospedaliera. Il livello uniforme di assistenza ospedaliera realizzato attraverso l’insieme di prestazioni ed attività di seguito elencate: - visite mediche, assistenze infermieristiche ed ogni atto e procedure diagnostica, terapeutica e riabilitativa necessari per risolvere i problemi di salute del paziente degente e compatibili con il livello di dotazione tecnologica delle singole strutture; - interventi di soccorso nei confronti di malati o infortunati in situazioni di urgenza o di emergenza medica ed eventuale trasporto in ospedale, anche coordinato da centrale operative collegata al sistema del numero telefonico unico 118. L’assistenza ospedaliera è erogata secondo le seguenti modalità di accesso: - in forma di ricovero di urgenza ed emergenza; - in forma di ricovero ordinario programmato anche a ciclo diurno (day-hospital); - in forma di ospedalizzazione domiciliare; - in trattamento sanitario obbligatorio, attuato nei casi e con 1e modalità espressamente previste dalle disposizioni legislative in vigore. 2. La rete ospedaliera ed i presidi ospedalieri. Nell’ambito di una rete ospedaliera strategicamente integrata, il Presidio ospedaliero si configura comune struttura complessa, ad alta intensità di dotazione professionale e tecnologica, in grado di erogare servizi e prestazioni sanitarie in regime di ricovero ordinario e a ciclo diurno e di tipo specialistico (preventivo, diagnostico e riabilitativo). In considerazione della qualità di prestazioni erogabili e dell’efficienza del sistema, la riorganizzazione dell’assistenza specialistica a livello di U.S.L. deve prevedere la localizzazione dei servizi specialistici esclusivamente a livello di Presidio ospedaliero. 3. La riorganizzazione. I Direttori generali provvederanno a riorganizzare i Presidi ospedalieri definiti dal presente provvedimento, insistenti nel territorio dell’Azienda U.S.L. di loro competenza, integrando in termini funzionali l’attività già sviluppata dagli stessi così da evitare agli utenti di doversi rivolgere a Presidi e Servizi di altre Aziende U.S.L. della Regione Abruzzo o di altre Regioni. Il processo di riorganizzazione dei Presidi ospedalieri dovrà prevedere la contestuale riconversione dei reparti ospedalieri non rientranti negli standard di cui al presente piano. Nell’attuazione di queste indicazioni il Direttore generale potrà provvedere al raggruppamento dei servizi tecnici generali, nonché dei servizi speciali di diagnosi e cura (laboratorio radiologia ecc.) e alla concentrazione delle relative risorse umane e strumentali disponibili nei diversi stabilimenti confluenti nel Presidio, sentita la Conferenza Regione-U.S.L. Il processo di riorganizzazione dei Presidi ospedalieri dovrà essere portato a compimento entro il primo anno di vigenza del piano, sulla base degli indici del presente provvedimento, utilizzando i coefficienti di attività sia qualitativa che quantitativa sviluppati dalle singole unità operative negli ultimi due anni. I Direttori generali delle Aziende U.S.L. possono promuovere interventi di Tanatoprassi anche mediante convenzione. 4. Posti letto per assistenza ospedaliera diurna. I posti letto per le prestazioni a ciclo diurno (day-hospital) sono ricompresi nel numero complessivo di posti letto definiti dagli indici nosografici allegati. Entro il triennio di vigenza del presente piano dovranno essere trasformati non meno del 10% dei posti letto di degenza ordinaria ridefiniti ai sensi delle vigenti disposizioni in posti letto di degenza a ciclo diurno. Su ogni posto letto in regime di ricovero a ciclo diurno potranno essere ricoverati fino a due pazienti L’attività dei posti letto per l’assistenza ospedaliera diurna è disciplinata mediante apposito regolamento adottato dal Direttore generale su proposta del Direttore sanitario, ai sensi del D.P.R. 22 ottobre 1992. Sono consentite sperimentazioni gestionali che, nella salvaguardia dei livelli uniformi di assistenza, consentano l’erogazione di prestazioni secondo modalità economicamente vantaggiose, tali comunque da soddisfare bisogni sanitari emergenti, anche nei confronti delle strutture private. Ai fini di un’uniforme corrispondenza tra denominazione delle articolazioni ospedaliere, con posti letto e non, dovranno essere utilizzate esclusivamente le definizioni corrispondenti alle specializzazioni approvate con D.M. pubblicato sulla G.U. n. 278 del 26 novembre 1993, corrispondenti a quelle esistenti in ambito C.E.E., e che qui di seguito vengono riportate per esteso. Area medica e delle specialità mediche: 1 Malattie dell’apparato respiratorio 2 Medicina interna 3 Allergologia e Immunologia Clinica 4 Cardiologia 5 Dermatologia e venereologia 6 Ematologia 7 Endocrinologia e malattie del ricambio 8 Gastroenterologia 9 Malattie Infettive l0 Medicina del Lavoro 11 Medicina tropicale 12 Nefrologia 13 Reumatologia 14 Geriatria l5 Neurologia 16 Psichiatria 17 Neuropsichiatria infantile 18 Medicina fisica e riabilitazione l9 Pediatria Area chirurgica e delle specialità chirurgiche. 20 Chirurgia Generale 21 Oftalmologia 22 Otorinolaringoiatria 23 Urologia 24 Chirurgia apparato digerente 25 Chirurgia maxillo-facciale 26 Chirurgia pediatrica 27 Chirurgia plastica e ricostruttiva 28 Chirurgia toracica 29 Chirurgia vascolare 30 Cardiochirurgia 31 Neurochirurgia 32 Ginecologia e Ostetricia 33 Ortopedia e Traumatologia Area della medicina diagnostica e dei servizi. 34 Anatomia patologica 35 Medicina nucleare 36 Microbiologia e virologia 37 Radiodiagnostica 38 Radioterapia 39 Biochimica clinica 40 Patologia clinica 41 Anestesia e Rianimazione 42 Farmacologia Specializzazioni riconosciute per specifiche esigenze del S.S.N. 43 Oncologia 44 Medicina legale 45 Igiene e medicina preventiva Gli indici per l’attribuzione dei posti letto ospedalieri. Sulla base della legge n. 537 del 1993 (finanziaria 1994), art. 8, comma 18, i posti letto ospedalieri su base regionale devono corrispondere ad un indice complessivo di 5,5 p.l. per 1.000 ab., di cui l’1 per 1.000 destinato alla riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie. Ai fini di un’equilibrata individuazione e allocazione territoriale dei posti letto ospedalieri, il Direttore generale dell’Azienda U.S.L. si atterrà agli indicatori di attività e di cui alla legge n. 412 del 1991 (legge finanziaria 1992) ed a quelli di seguito indicati: A) - Le “Aree” 1. Area delle terapie intensive: da 0,10 a 0,15 p.l. /1000 2. Area delle Chirurgie: da 1,60 a 2,10 p.l. /1000 3. Area delle Medicine: da 2,10 a 2,70 p.l. /1000 4. Area materno-infantile: da 0,60 a 0,70 p.1. /1000 5. Area della riabilitazione e della lungodegenza post-acuzie: 1 p.l./ 1000 B) - Indici di funzionalità e di efficienza della rete ospedaliera: 1. tasso di ospedalizzazione di 160/1.000 ab.; 2. utilizzazione dei posti letto ad un tasso non inferiore al 75% in media annua; 3. degenza media per acuti non superiore a 9 giorni; 4. tasso operatorio del 70%; 5. numero di interventi annui per gruppo operatorio non inferiore a 1.000; 6. un numero di parti/anno per punto nascita non inferiore a 500. C) Gli “indici” nosografici Diffusione delle discipline % di base (escluse riabilitazione e lungodegenza) riabilitazione e lungodegenza di media diffusione (area regionale) Disciplina di base 1. Medicina interna 2. Chirurgia generale 3. Ginecologia-Ostetricia 4. Pediatria (*) 5. Ortopedia-Traumatologia 6. Psichiatria 7. Cardiologia 8. Anestesia e rianimazione 9. Lungodegenza 10. Medicina fisica e riabilitazione Disciplina a media diffusione 11. Allergol. e Immunol. Clinica 12. Dermatologia e Ven. L. n. 412 del 1991 Finanz. 1994 4 p.l. 0,5 p.l. 0,58 p.l 2,9 p.l. 1,0 p.l. 0,5 p.l. Indic.Fin. ‘94 0,715 p.l./1.000 0,700 0,350 0,200 0,450 0,100 0,190 0,080 0,540 0,368=3,693 Indici Fin. 1994 0,010 p l /1.000 ab 0,065 13 Neurologia 14 Geriatria l5 Malattie Infettive 16 Malattie dell’Apparato Respir. 17 Oftalmologia 18 Otorinolaringoiatria 19 Urologia 20 Nefrologia 21 Ter. Intens. Cardiolog. (v. Cardiol.) 0,150 0,290 0,130 0,090 0,115 0,125 0,150 0,052 0,020=1.197 Disciplina a rara diffusione Indici Fin. 1994 22. Cure int. e subit neonatali (v. Pediatria) 0,030 p.l./1.000 23. Ematologia 0,037 24. Endocrinologia e Malattie del ricambio 0,035 25. Reumatologia 0,022 26. Cardiochirurgia 0,032 27. Neurochirurgia 0,045 28. Odontost. Chir. maxillo-facciale 0,018 29. Chir. plastica e ricostr. 0,015 30. Chir. toracica 0,026 31. Chir. vascolare 0,029 32. Chir. pediatrica 0,015 33. Nefrologia pediatrica (v. Nefrol.) 0,003 34. Neuropsichiatria infantile 0,021 35. Medicina del lavoro 0,012 36. Gastroenterologia 0,020 37. Radioterapia 0,045 38. Oncologia 0,060 39. Diabetologia (v. Endocrinologia e Malattie del Ricambio) 0,025 40. Varie (detenuti) 0,002= 0,425 totali 5,357/1.000 (*) Per le Culle+Neonatologia si adotta l’indice di 15 p.l. per 1.000 nati, di cui 2/3 per culle e 1/3 per neonatologia. Sulle base di 12.32l nati vivi nel 1991, potremo disporre su scala regionale di 185 posti letto: 125 per culle e 60 per neonatologia. 5. Posti letto di Riabilitazione e di Lungodegenza post-acuzie. Le unità operative di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie costituiscono attività di medio-bassa assistenza ai fini organizzativi e della dotazione organica del personale. Sono da intendersi attività specialistiche con esigenze riabilitative specifiche: - Cardiologie/Cardiochirurgia - Neurologia/Neurochirurgia - Ortopedia e Traumatologia - Pneumologia/Chirurgia toracica I restanti posti letto costituiscono attività di riabilitazione non specifica e possono trovare collocazione in tutti i Presidi ospedalieri pubblici e privati. Anche l’attività di lungodegenza va programmata a cura dei Direttori generali tenendo presenti le esigenze prevalenti (anche oltre il 50% dei posti letto disponibili) delle attività di lungodegenza delle specialità di Medicina generale, Geriatria e Psichiatria, rispetto a quelle più limitate delle altre specialità. Le “aree territoriali omogenee” ed i presidi ospedalieri. Il Direttore generale provvederà alla riorganizzazione per i presidi ospedalieri insistenti nel territorio di competenza sulla base delle indicazioni del presente provvedimento e nel rispetto degli indici di utilizzazione, entro il primo anno di vigenza del Piano sanitario regionale 1994 e 1996. Ai fini di un’interrelazione funzionale tra le specialità, la distribuzione delle unità operative deve tenere conto delle interdipendenze funzionali e delle relazioni di complementarità, per garantire che nel, presidio ospedaliero in cui vengono collocate sia assicurata la presenza delle funzioni specialistiche ad esse specificamente correlate. Tenendo conto della presenza delle branche specialistiche di base in tutti i Presidi ospedalieri, sono da considerasi come interrelazioni: Unità operativa specialistica - Gastroenterologia Interrelazione con - Dietetica, Endoscopia digestiva - Malattie infettive - Malattie apparato respiratorio - Radioterapia - Ematologia - Oncologia - Endocrinologia-malattie del ricambio - Geriatria - Cardiologia - Cardiochirurgia - Chirurgia maxillo-facciale - Chirurgia plastica - Chir. plastica + Centro ustioni - Chirurgia toracica - Chirurgia vascolare - Neurochirurgia - Medicina nucleare - Microbiologia, Virologia - Allergologia, Otorinolaringologia, Pneumologia - Fisica Sanitaria - Oncologia, Microbiologia, Centri Trasfusionali - Radioterapia, Medicina Nucleare - Diabetologia - Fisiopatologia dell’invecchiamento, Lungodegenza, Neurologia, Psicogeriatria, Pneumologia, Urologia, Riabilitazione - UTIC - Cardiologia con emo-dinamica, Microbiologia, Terapia intensiva - Odontostomatologia, Rianimazione, Otorinolaringoiatria Chirurgia plastica - Dermatologia - Nefrologia - Pneumologia - Angiologia, Cardiologia con emodinamica - Neurologia, Neuroradiologia, Terapia intensiva - Fisica sanitaria, Radioterapia Il Direttore generale, nell’ambito dell’organizzazione della U.S.L., insistente nel territorio di competenza, attribuisce ai Presidi ospedalieri posti letto delle specialità di base e di media diffusione sulla scorta delle indicazioni del presente Piano relativamente all’assetto della rete ospedaliera. Le specialità di dimensione regionale e la loro localizzazione, anche sotto forma di Centri di riferimento vengono individuate dalla Conferenza Regione-U.S.L. dopo l’approvazione del presente Piano regionale nell’intesa che la denominazione di Centro afferisce a strutture ospedaliere individuate nell’ambito delle allegate tabelle. Il Direttore generale la facoltà, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le U.S.L., di proporre la ridistribuzione dei posti letto pubblici indicati nelle successive tabelle, salvaguardando la funzionalità dei singoli presidi ospedalieri. Il Direttore generale ha, altresì, la facoltà di proporre l’istituzione o la modifica di posti letto di specialità previste o meno dalla presente rideterminazione della rete ospedaliera, previo acquisizione del parere da parte della Conferenza Regione-U.S.L., prevedendo, nel contempo, la riduzione di un numero di posti letto pari a quelli da istituire. Analogo potere di iniziativa è conferito al Direttore generale per quanto concerne l’istituzione o soppressione di Servizi, tenuto conto della qualità e quantità dell’attività, acquisendo comunque il parere della Conferenza Regione-U.S.L. Tutte le proposte del Direttore generale relative ad istituzioni o modifiche di posti letto, divisioni o sezioni sono comunque rimesse alle definitive determinazioni della Giunta regionale previa acquisizione del parere della Conferenza permanente Regione-U.S.L. Fino alle determinazioni di cui sopra restano attivi, con le attuali modalità di direzione, i Centri istituiti con provvedimenti legislativi. Il Centro per il glaucoma è a direzione universitaria; il Centro per la tiroide è a direzione ospedaliera . 6. Attività libero-professionale in regime di ricovero. I posti letto per l’attività libero-professionale in regime di ricovero, nella misura massima del 10% dei posti letto in dotazione ai Presidi ospedalieri sono aggiuntivi rispetto a quelli previsti, da non computarsi al numero degli stessi. Per l’organizzazione dell’attività libero-professionale in regime di ricovero, il Direttore generale adotterà una specifica regolamentazione ai sensi dell’art. 4, comma 10, del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993. Il tariffario per le prestazioni libero-professionali, con la previsione di un minimo e un massimo, viene definito, almeno ogni triennio, con provvedimento della Giunta regionale, facendo riferimento al tariffario in vigore, approvato con D.P.R. concernente “Approvazione della tariffa minima nazionale degli onorari per prestazioni medico-chirurgiche e odontoiatriche”. Il regolamento e le relative tariffe devono essere portate a conoscenza degli organi professionali, competenti per territorio alle associazioni dei consumatori e degli utenti che ne facciano richiesta. 7. Rapporti con le Case di cura private. Relativamente ai posti letto in convenzione da prevedere per le strutture private si ritiene di determinarne il numero come da tabelle allegate, tenendo conto che l’attuale sistema inerente le convenzioni con le Case di cura private deve cessare con l’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni, nel rispetto delle disposizioni inerenti la libera scelta dell’utente. Sono consentite sperimentazioni gestionali inerenti un’integrazione tra il Settore pubblico ed il Settore privato con particolare riferimento ad aspetti sanitari, alberghieri e dei servizi. I posti letto di Neuropsichiatria vengono considerati nel computo numerico dei posti letto regionali - e rimangono nell’area sanitaria per l’assistenza sanitaria a pazienti con handicap neuropsichiatrici gravi o gravissimi per trattamenti terapeutici in condizione di degenza anche di carattere riabilitativo per situazioni psichiatriche cronicizzate - in considerazione dell’applicazione di quanto previsto dal presente Piano per la creazione dei Dipartimenti di Salute Mentale e dell’allocazione dei pazienti cronici e nuovi in strutture alternative. In considerazione che per le problematiche inerenti i malati di mente il presente Piano prevede uno specifico progetto per l’istituzione del Dipartimento di Salute Mentale, alla determinazione di posti letto inerenti tali patologie si provvederà con deliberazione della Giunta regionale, d’intesa con la Commissione consiliare competente e sentita la conferenza permanente Regione-U.S.L. nell’ambito dell’approvazione dei piani attuativi che le U.S.L. o le strutture private devono presentare alla Giunta stessa. Si precisa che, per quanto attiene le unità funzionali, le Case di cura potranno richiederne eventuali trasformazioni sia ai fini di un riequilibrio dei tassi occupazionali che per attività specifiche non previste nel settore pubblico. I posti letto privati di cui all’allegata tabella (n. 2.785) devono essere considerati quali tetto massimo di p.l. autorizzabili nella Regione e costituiscono limite ai sensi dell’art. 2 punto 10 della L. n. 537 del 1993. Le strutture private non adeguabili alle norme di cui all’art. 8 punto 4 del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, non potranno essere utilizzate per attività sanitaria in regime di ricovero. Si precisa, comunque che i posti letto accreditabili nella Regione per prestazioni a carico del Fondo sanitario non può superare il numero di 1.850. Su richiesta degli interessati da sottoporre alla Giunta regionale per il tramite del Settore Sanità per le valutazioni afferenti la dislocazione territoriale e per la relativa autorizzazione all’esercizio, previo verifica da parte della U.S.L. competente per territorio o del Servizio Ispettivo della Regione, i posti letto rispondenti ai requisiti prescritti dalle norme statali e regionali sono autorizzati all’espletamento delle attività connesse alle residenze sanitarie assistenziali. Viene salvaguardato il criterio della libera scelta e si dispone che, nell’ambito dell’auspicata integrazione pubblico-privato, l’istituzione di ulteriori strutture di alta specialità avvenga con azione programmata da sottoporsi all’approvazione della Conferenza Regione-U.S.L., che sarà sentita per la definizione delle rette dell’alta specialità e delle prestazioni in day-hospital. Sarà favorita l’istituzione di day-hospital nell’ambito dei posti letto autorizzati dal Regione, prevedendone la diaria sulla base delle disposizioni ministeriali o, in carenza, con retta giornaliera da individuare con delibera della Giunta regionale. Saranno favorite iniziative di riconversione di posti letto provati autorizzati in residenze sanitarie assistenziali. Sono favorite iniziative inerenti le convenzioni tra le U.S.L. e le strutture private per attività liberoprofessionale intra-moenia in carenza di adeguati spazi nell’ambito dei presidi ospedalieri pubblici. Le Case di cura private autorizzate ed accreditate usufruiranno del sistema di pagamento a prestazione non appena la Regione attuerà le relative disposizioni ministeriali e comunque non oltre il termine ultimo previsto dall’art. 8, comma 7, del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni. Nelle more dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, la Giunta regionale determina l’importo complessivo da corrispondere alle strutture private sulla base dei posti letti ancora convenzionati con le U.S.L. La tabella allegata, inerente il numero dei posti letto autorizzabili per l’assistenza presso le strutture private a seguito di accreditamento, è stata formulata tenendo conto: a) del ruolo che le strutture private possono svolgere nell’ambito della medicina riabilitativa e della lungodegenza; b) della necessità di tenere presente la dislocazione territoriale delle strutture, per favorire il riequilibrio nell’ambito regionale; c) delle autorizzazioni regionali già rilasciate, o in via di definizione; d) della necessita di non escludere i posti letto neuropsichiatrici, in attesa di una programmata riconversione dei posti letto autorizzati o le cui richieste sono in via di definizione; e) del fatto che le convenzioni devono cessare entro il 1995; f) della necessità di dover procedere, con successivo atto, all’accreditamento previa verifica in ordine ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie di cui all’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 517 del 1993; g) della necessità di rideterminare i posti letto accreditabili tenendo conto delle autorizzazioni degli organi regionali e degli adeguamenti alle prescrizioni di cui alla L.R. n. 85 del 1989 ed alle norme di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni. 8. Organizzazioni dei dipartimenti di salute mentale. I Direttori generali, ciascuno per il territorio di competenza, entro il primo anno dall’entrata in vigore della presente legge e comunque nei tempi previsti alla normativa in materia in vigore, dovranno attuare le direttive regionali inerenti i dipartimenti di salute mentale. a tale scopo possono essere previste anche strutture di ricovero per la psicogeriatria. Le strutture utilizzate per ricovero di pazienti affetti da malattie mentali (strutture riabilitative protette, semiprotette, comunità alloggio, comunità protette) possono essere ubicate presso le strutture dismesse o riconvertite tenendo conto comunque della necessità di disporre di spazi per libere attività e di laboratori per attività ergoterapeutiche. 9. Autonomia economico-finanziaria dei Presidi ospedalieri. Con riferimento alle disposizioni contenute nel presente Piano relativamente ai finanziamenti si precisa che i Presidi ospedalieri conservano l’autonomia finanziaria in analogia a quanto previsto dall’art. - 4 comma 9 dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993. 10. Piante organiche delle Aziende U.S.L. Per tali strutture valgono le norme generali indicate in ordine agli organici al punto 2), punto 1) del presente Piano. 11. Consiglio dei sanitari. Presso ciascuna Azienda-U.L.S. è istituito il Consiglio dei sanitari il quale esprime parere obbligatorio al Direttore generale: a) per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti; b) per le attività di assistenza sanitaria. Il parere è da intendersi reso favorevolmente ove non sia stato espresso entro 10 giorni dalla richiesta. Il Consiglio dei sanitari, in considerazione della diversa tipologia assistenziale, e cosi composto: 1° per l’Azienda-U.S.L. da: - il Direttore sanitario della U.S.L. con funzioni di presidente; - tre medici ospedalieri appartenenti al 2° livello dirigenziale - primari ospedalieri; - tre medici ospedalieri appartenenti al 1° livello dirigenziale - aiuti corresponsabili ospedalieri; - i dirigenti medici responsabili delle funzioni igienico-organizzativo dei presidi ospedalieri della U.S.L.; - un veterinario; - un farmacista ospedaliero; - un medico di medicina generale convenzionata; - tre coordinatori medici dei distretti sanitari di base; - un medico specialista convenzionato, (la partecipazione è prevista fino all’entrata in vigore delle specifiche disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni): - uno psicologo; - un biologo; - un rappresentante per ciascuna categoria relativo a: capo dei Servizi sanitari ausiliari; ostetrica; capo-sala; infermiere professionale; tecnico di radiologia; tecnico di laboratorio. Il Consiglio dei sanitari può avvalersi della collaborazione dei Comitati tecnico-consultivi relativamente a problematiche afferenti ai presidi di rispettiva competenza. Le funzioni di segretario del Consiglio dei sanitari dell’azienda-U.S.L. sono svolte da un funzionario amministrativo individuato dal presidente. All’atto di insediamento i Direttori sanitari nominano il vice presidente tra i rappresentanti medici del Consiglio. Nelle Aziende U.S.L. ove insiste il triennio formativo in Medicina è prevista, nel Consiglio dei Sanitari, un’idonea rappresentanza universitaria (7). Il Consiglio dei sanitari è nominato con provvedimento del Direttore generale. Le designazioni dei singoli componenti e la relativa modalità di votazione a scrutinio segreto saranno disciplinate con apposito atto regolamentare dal Direttore generale che dovrà definire anche gli aspetti relativi al funzionamento. Alle riunioni del Consiglio dei sanitari possono partecipare, senza diritto di voto, il Direttore generale ed il Direttore amministrativo dell’azienda U.S.L. Il Consiglio dei sanitari dura in carica tre anni dalla data del provvedimento di nomina ed in sede di prima applicazione viene eletto entro 45 giorni dalla nomina del Direttore generale. Il tempo trascorso durante le sedute del Consiglio considerato a tutti gli effetti come orario di lavoro. Spetta al presidente convocare il Consiglio, dirigere le operazioni di voto, annunciare i risultati, assegnare le questioni ai vari componenti che dovranno relazionare in merito. 12. Comitati tecnico-consultivi. Per ogni presidio ospedaliero insistente nella U.S.L. viene istituito il Comitato tecnico-consultivo, composto come segue: - il Dirigente medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative con funzioni di Presidente; - due medici appartenenti al 2° livello dirigenziale (primari ospedalieri); - due medici appartenenti al 1° livello dirigenziale (aiuti corresponsabili ospedalieri); - un farmacista ospedaliero; - un biologo; - un rappresentante per ciascuna categoria relativo a: capo servizi sanitari ausiliari; caposala; infermiere professionale; tecnico di radiologia; tecnico di laboratorio. Il Comitato esercita la propria funzione consultiva esclusivamente per atti che presentano il carattere della generalità anche se è data facoltà ai dirigenti sanitario e amministrativo di richiedere pareri su provvedimenti specifici. 13. Diritto di riunione dei malati all’interno dei reparti. Allo scopo di consentire l’esercizio del diritto di riunione da parte dei pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri, le Unità sanitarie locali devono mettere a disposizione degli interessati, dei loro familiari e dei componenti qualificati di associazioni aventi per finalità statutaria la rappresentanza e la tutela dei diritti degli utenti del Servizio Sanitario, appositi locali idonei, per ubicazione, capienza ed arredamento, a tale scopo. Nel corso delle riunioni, da tenersi in giorni ore preventivamente concordati con i primari di ciascuna Unità operativa, i pazienti potranno discutere le questioni connesse alla loro condizione di ricoverati e proporre iniziative utili a migliorare l’indispensabile rapporto di collaborazione tra curanti e curati al fine di “umanizzare il più possibile la degenza” (come citato nell’art. 14, comma 1, del P.S.N.). Sono tassativamente escluse riunioni ed attività che possano interferire con il normale funzionamento del servizio ospedaliero, o che siano d’intralcio ai compiti d’istituto del personale sanitario, mettendo a rischio la salute dei pazienti e l’efficacia degli interventi terapeutici. Le presenti disposizioni sono estese nelle Case di cura private operanti nella Regione. Tabelle dei posti letto ospedalieri. I posti letto regionali sono distribuiti per coefficienti (in ambito provinciale) e per tasso di utilizzo, con riferimento agli ultimi dati in possesso della Regione (per presidi ospedalieri). I coefficienti tengono conto degli indici europei e di quelli di altre Regioni. ELENCO STABILIMENTI OSPEDALIERI PUBBLICI ATTUALMENTE IN ATTIVITÀ OSPEDALI PUBBLICI COMUNI PROVINCIA S. Liberatore Atri Teramo (7) Le parole “Nelle Aziende... rappresentanza universitaria” sono state aggiunte dall’art. 1 della L.R. n. 22 del 1996. S. Filippo e Nicola Rinaldi Umberto I SS. Annunziata S. Camillo De Lellis SS. Immacolata Generale prov.le Maria SS. Splendora Renzetti Vittorio Emanuele Consalvi S. Salvatore Collemaggio G. Bernabeo S. Massimo Spirito Santo SS. Trinità Filomusi Generale prov.le Dell’annunziata Generale prov.le Mazzini Generale prov.le Generale prov.le L’Aquila L’Aquila L’Aquila Chieti Chieti Chieti L’Aquila Teramo Chieti Chieti Chieti L’Aquila L’Aquila Chieti Pescara Pescara Pescara Pescara Pescara L’Aquila Teramo Teramo Chieti Chieti Avezzano Pescina Tagliacozzo Chieti Chieti Guardiagrele Castel di Sangro Giulianova Lanciano Atessa Casoli L’Aquila L’Aquila Ortona Penne Pescara Popoli Tocco Casauria S. Valentino Sulmona S. Omero Teramo Vasto Gissi Disciplina P. Letto Degenti Regione Abruzzo Ospedali pubblici n. 25 Anno 1992 Giorni deg. Deg. Teor. Tasso Cardiochirurgia Cardiologia Chirurgia generale Chirurgia maxillo-facciale Chirurgia pediatrica Chirurgia toracica Chirurgia vascolare Ematologia Geriatria Residuale manicomiale Malattie infettive e tropicali Medicina del lavoro Medicina generale Nefrologia Neurochirurgia Neurologia Neuropsichiatria infantile Oculistica Odontoiatria e stomatologia Ortopedia e traumatologia Ostetricia e ginecol. Otorinolaringoiatria Pediatria Psichiatria Urologia Terapia intensiva Unità coronariche 52 154 1.299 1.723 5.652 40.974 16.219 42.484 348.914 18.980 56.210 474.135 6 24 21 8 41 261 198 1.385 358 238 614 4.508 2.222 5.205 7.052 3.286 10.971 75.602 621 536 89 20 1.300 43 52 186 Int. Tur. Ind. Rot. 85,45 75,58 73,59 Deg. Med 9,41 7,52 8,52 1,60 2,43 3,06 33,13 36,70 31,54 Pres. Giorn. 44 116 956 2.190 8.760 7.665 2.920 14.965 95.265 101,46 59,42 92,00 112,53 73,31 79,36 11,22 3,76 19,70 13,81 17,87 16,77 (0,16) 2,57 1,71 (1,54) 6,50 4,36 33,00 57,71 17,05 29,75 14,98 17,27 6 14 19 9 30 207 195.038 226.665 86,05 363,88 559,01 0,86 534 1.565 89 39.654 1.354 1.611 4.102 19.468 453 406.697 11.290 18.212 42.160 32.485 7.300 474.500 15.695 18.980 67.890 59,93 6,21 85,71 71,93 95,95 62,10 12,44 5,09 10,26 8,34 11,30 10,28 8,32 76,93 1,71 3,25 0,48 6,27 17,58 4,45 30,50 31,49 30,98 22,05 53 1 1.114 31 50 116 15 232 594 7.765 4.707 56.614 5.475 84.680 85,97 66,86 7,92 7,29 1,29 3,61 39,60 33,47 13 155 24 1.161 4.114 8.760 46,96 3,54 4,00 48,38 11 814 766 234 534 82 380 56 88 31.255 25.931 7.784 13.757 2.046 10.597 1.780 3.786 223.868 171.108 53.486 78.119 30.797 98.908 12.243 25.466 297.110 279.590 85.410 194.910 29.930 138.700 20.440 32.120 75,35 61,20 62,62 40,08 102,90 71,31 59,90 79,28 7,16 6,60 6,87 5,68 15,05 9,33 6,88 6,73 2,34 4,18 4,10 8,49 (0,42) 3,76 4,61 1,76 38,40 33,85 33,26 25,76 24,95 27,89 31,79 43,02 613 469 147 214 84 271 34 70 Astanteria Dermatologia Recup. riabil. Funzion. Gastroenterologia Lungodegenti Neonatologia Oncologia Pneumologia Radioterapia Terapia intensiva neonatale Detenuti Anestesia e rianimazione Totale 48 92 1.511 2.199 11.399 22.877 17.520 33.580 65,06 68,13 7,54 10,40 4,05 4,87 31,48 23,90 31 63 38 0 122 93 20 174 20 9 370 0 1.170 2.063 313 2.852 779 185 11.208 0 29.000 16.842 5.476 37.257 3.927 2.345 13.870 0 44.530 33.945 7.300 63.510 7.300 3.285 80,81 0,00 65,12 49,62 75,01 58,66 53,79 71,39 30,29 0,00 24,79 8,16 17,50 13,06 5,04 12,68 7,19 0,00 13,27 8,29 5,83 9,21 4,33 5,08 9,74 0,00 9,59 22,18 15,65 16,39 38,95 20,56 31 0 79 46 15 102 11 6 2 1 6 730 0,82 6,00 724,00 0,50 0 15 8.035 571 223.031 4.135 2.109.175 5.475 2.932.775 75,53 71,92 7,24 9,46 2,35 3,69 38,07 27,76 11 5.779 PROVINCIA DI CHIETI PROVINCIA DI CHIETI Posti letto attribuiti alla Provincia Disciplina Indice Obiettivo p.l. nel triennio Rideterminazione p.l. Pubblici Privati Discipline di Base e di media diffusione Medicina Int. Chirurgia Gen. Ginec. Ostetr. Pediatria Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. -Tr. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Inf. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. 0.715 0.700 0.350 0.200 0.450 0.100 0.190 0.080 0.540 0.368 0.065 0.150 0.290 0.140 0.090 0.115 0.125 0.150 0.052 0.020 282 275 138 80 177 40 75 31 212 145 25 60 114 55 35 45 50 60 20 10 265 245 130 91 150 40 50 22 85 50 30 65 85 44 50 71 55 67 44 36 Discipline a rara diffusione Ter. Int. Neon. Cardiochirurgia Ter. Int. Cardioch. Odontoiatria Chirurgia Toracica Chirurgia Vascolare Gastroenterologia Radioterapia Oncologia Oncologia Endocrin. Mal. Ric. Diabetologia Detenuti 10 24 6 10 15 10 20 10 30 5 9 2 Totale posti letto - attribuiti 1826 650 Nati 3.689, Culle 44, Neonatologia 22 PROVINCIA DI CHIETI PROVINCIA DI CHIETI Posti letto attribuiti Disciplina P.O. Chieti Guardiagr. 90 80 40 31 (++) 50 20 20 8 20 15 20 20 30 24 50 *** 40 15 35 16 16 10 24 6 10 15 10 -10 10 5 3 2 P.O. Lanciano Atessa-Casoli 80 75 40 30 50 10 12 6 30 15 10 25 20 --15 20 20 10 8 ------10 -10 -2 -- P.O. Vasto Gissi 65 60 30 20° 30 10 12 6 25 10 -20 20 20 -10 10 12 8 8 ------10 -10 -2 -- P.O. Ortona p.l. Totali 30 30 20 10 20 -6 2 10 10 (°°) --15 --6 10 -10 4 ----------2 -- 265 245 130 91 150 40 50 22 85 50 30 65 85 44 50 71 55 67 44 36 10 24 6 10 15 10 20 10 30 5 9 2 Totale 739 500 400 187 1826 * Nati Culle Neonatolog. 1178 14 7 1235 14 7 784 10 5 492 6 3 Medicina Int. Chirurgia Gen. Ginec. Ostetr. Pediatria* Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rianimazione - Ter. In Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Infett. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Te. Int. Card. Ter. Int. Neon. Cardiochirurgia ** Ter. Int. Cardioch. Odontoiatria Chirurgia Toracica Chirurgia Vascolare Gastroenterologia Radioterapia-Oncol. Oncologia Endocrin. Mal. Ric. Diabetologia Detenuti ** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva post-operatoria anche pediatrici. (++) Comprendenti cinque p.l. di Gastroenterologia pediatrica. (°°) Si intendono posti letto riabilitativi per neurolesi. (***) Di cui 2 p.l. di ter. int. resp. nell’ambito della div. 1° Pneumologia - (°) Di cui 2 p.l. di terapia sub intensiva neonatale. PROVINCIA DI L’AQUILA PROVINCIA DI L’AQUILA Posti letto attribuiti alla Provincia Disciplina Indice Obiettivo p.l nel triennio Rideterminazione p.l. Pubblici Privati Discipline di base e di media diffusione Medicina Int. Chirurgia Gen. Ginec. Ostetr. Pediatria* Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Inf. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. 0.715 0.700 0.350 0.200 0.450 0.100 0.190 0.080 0.540 0.368 0.065 0.150 0.290 0.140 0.090 0.115 0.125 0.150 0.052 0.020 217 213 106 60 137 30 58 24 164 112 20 45 88 42 27 35 39 45 16 6 210 205 110 54 155 35 48 22 96 70 21 30 60 50 20 55 48 60 20 28 Discipline a rara diffusione Ter. Int. Neon. Ematologia Endocrinologia - Mal. Ric. Odontost.-Chirurgia Maxillo Facciale Chirurgia Toracica Chirurgia Vascolare Neuropsichiatria Infantile Oncologia Allergologia Gastroenterologia Radioterapia Diabetologia Detenuti 10 10 5 14 10 22 10 28 4 10 4 9 2 Totale posti letto attribuiti 1.535 576 * Nati 2.902, Culle 34, Neonatologia 16 N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 300 non sono contabilizzati. PROVINCIA DI L’AQUILA Posti letto attribuiti Disciplina Medicina Int. Chirurgia Gen. Ginec. Ostetr. Pediatria Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia P.O. L’Aquila P.O. Avezzano Pescina Tagliacozzo P.O. Sulmona P.O. Castel S. p.l. Totali 65 70 40 16 45 25 12 80 75 30 20 (°°) 55 10 15 40 (°) 40 (+) 25 12 35 -15 25 20 15 6 20 -6 210 205 110 54 155 35 48 Rianim. - Ter. Int. 8 8 4 2 22 Lungodegenza 35 35 10 16 96 Riabilitazione 10 35 15 10 70 Dermatologia 21 ---21 Neurologia 30 ---30 Geriatria 30 ** 20 10 -60 Allergologia 4 ---4 Mall. Infet. - AIDS 30 20 --50 Mal. App. Resp. 20 ---20 Oftalmologia 20 20 15 -55 Otorinolaring. 20 20 8 -48 Urologia 20 20 20 -60 Nefrologia 8 6 6 -20 Ter. Int. Card. 8 8 8 4 28 Ter. Int. Neon. 10 ---10 Ematologia 5 5 --10 Endocrin. Mal. Ric. 5 ---5 Odont. Ch. Max. Fac. 14 ---14 Chirurgia Toracica 10 ---10 Chirurgia Vascolare 16 6 --22 Neurops. Infantile 10 ---10 Oncologia 10 10 8 °°° -28 Gastroenterologia 10 ---10 Radioterapia 4 ---4 Diabetologia 3 2 2 2 9 Detenuti 2 ---2 Totali 636 500 273 126 1.535 Nati 955 1.451 344 152 Culle 12 14 6 -Neonatologia 6 7 3 -N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 300 non sono contabilizzati. (°) Ivi compresi p.l. per le sezioni di Gastroenterologia e Diabetologia e Day-hospital oncologico-ematologico. (**) Di cui 5 p.l. per la Fisiopat. Invecchiamento. (°°) Di cui 2 p.l. sub. intens. neon. (+) Di cui 2 p.l. Chir. Urgenza. (°°°) p.l. onco-ematologici nel centro trasfusionale. PROVINCIA DI PESCARA Disciplina PROVINCIA DI PESCARA Posti letto attribuiti alla Provincia Indice Obiettivo p.l. nel triennio Rideterminazione p.l Pubblici Privati Disciplina di base e di media diffusione Medicina int. Chirurgia Gentile. Ginec. Ostetr. Pediatria* Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. Ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Inf. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. 0.715 0.700 0.350 0.200 0.450 0.100 0.190 0.080 0.540 0.368 0.065 0.150 0.290 0.140 0.090 0.115 0.125 215 210 105 68 135 30 57 24 162 110 20 45 87 42 27 35 38 160 160 105 45 145 20 31 22 54 40 15 20 92 40 10 30 40 Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. 0.150 0.052 0.020 45 15 8 35 19 23 Discipline a rara diffusione Ter. Int. Neon. Ematologia Reumatologia Neourochirurgia Chirurgia Plastica Chirurgia Pediatrica Neuropsichiatria Inf. Medicina del Lavoro Gastroenterologia Radioterapia -Oncologia Diabetologia Detenuti Riab. S. Valentino a valenza regionale Totale posti letto attribuiti 18 70 20 30 10 22 5 10 10 20 9 2 60 1.392 985 *Nati 3.016, Culle 36, Neonatologia 18. La Gastroenterologia comprende il Servizio di Endoscopia Digestiva. Disciplina Medicina Int. Chirurgia Gener.*** Ginec. Ostetr. Pediatria * Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. Ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Infett. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. Ter. Int. Neon. Ematologia** Reumatologia Neurochirurgia*** Chirurgia Plastica Chirurgia Pediatr. Neurops. Inf. Medicina del Lavoro Gastroenterologia Radioterapia - Oncol. Diabetologia Detenuti Riabil. S. Valentino P.O. Pescara 90 85 60 25 80 20 15 12 20 15 15 -52 40 -20 25 25 12 15 18 70 20 30 10 22 5 -10 20 5 2 -- PROVINCIA DI PESCARA Posti letto attribuiti P.O. Popoli Tocco-S. Val . 35 40° 25 12 35 -10 6 20 15 -10 20 -10 ---3 4 ------ P.O. Penne p.l. Totali 10 --2 35 35 20 8 30 -6 4 14 10 -10 20 --10 15 10 4 4 ----------2 60 -- 160 160 105 45 145 20 31 22 54 40 15 20 92 40 10 30 40 35 19 23 18 70 20 30 10 22 5 10 10 20 9 2 60 a valenza regionale Totale 838 317 237 1.392 N.B. Attivazione del Dipartimento di Ematologia L.R. n. 48 del 1990. * Nati Culle Neonatologia 2.141 24 12 435 6 3 440 6 3 ** Comprensivi di posti letto di terapia intensiva e sub intensiva ematologica nonché dei p.l. tipo dayhospital per il servizio di Chemioimmunoterapia ematologica. *** Comprensivi anche di p.l. di terapia intensiva post operatoria. **** Comprende il modulo di Chirurgia Vascolare di 10 p.l. di cui 5 p.l. di Chir. apparato digerente ed endoscopia. PROVINCIA DI TERAMO - parte 1 Disciplina PROVINCIA DI TERAMO Posti letto attribuiti alla Provincia Indice Obiettivo p.l. nel triennio Rideterminazione p.l. Pubblici Privati Discipline di base e di media diffusione Medicina Int. Chirurgia Gene. Ginec. Ostetr. Pediatria* Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rianim. Ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Inf. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Inf. Card. 0.715 0.700 0.350 0.200 0.450 0.100 0.190 0.080 0.540 0.368 0.065 0.150 0.290 0.140 0.090 0.115 0.125 0.150 0.052 0.020 207 202 102 58 130 29 55 23 156 106 20 44 84 40 26 33 37 44 15 8 210 214 113 71 149 45 48 26 70 60 15 25 60 24 25 30 44 65 19 21 Discipline a rara diffusione Cardiochirurgia** Neurochirurgia *** Odont. Cb. Maxillo facciale Chirurgia Toracica Chirurgia Vascolare Radioterapia - Oncologia Oncologia Allergologia Diabetologia Detenuti Totale posti letto attribuiti * Nati 3.868, Culle 36, Neonatologia 18. ** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva. 34 34 18 20 15 10 34 2 9 2 1.512 *** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva. N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 321 non sono contabilizzati. PROVINCIA DI TERAMO - parte 2 Disciplina Medicina Int. Chirurgia Gener. Ginec. Ostetr. Pediatria Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. Ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Infet. - AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. Cardiochirurgia** Neurochirurgia*** Odont. - Ch. Max. Facc. Chirurgia Toracica Chirurgia Vascol. Radioterapia Oncologia Allergologia Diabetologia Detenuti P.O. Teramo 80 84 40 22° 45 15 20 12+ 20 20 15 25 20 24 25 15 15 30 10 12 34 34 -20 15 10 15 -3 2 PROVINCIA DI TERAMO Posti letto attribuiti P.O. P.O. S. Omero Atri 40 50 35 55°° 23 30°°° 15 17° 29 45 -15 8 10 4 6 15 20 10 15 ---20 _ -----15 -17 -15 -5 2 2 -----18 -------15 -2 2 2 --- Totale 682 203 354 *Nati 1.044 464 918 Culle 12 6 12 Neonatologia 6 3 6 ** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva. *** Comprensivi di 4 p.l. di terapia intensiva. N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 321 non sono contabilizzati. + di cui tre pediatrici. ° di cui 2 p.l. di terapia sub intens. Neonatale. °° di cui 5 p.l. per chirurgia apparato digerente endoscopia. °°° di cui 5 per endoscopia e laparoscopia ginecogica. P.O. Giulianova 40 40 20 17° 30 15 10 4 15 15 --20 ---12 20 4 5 ------4 -2 -- p.l. Totali 210 214 113 71 149 45 48 26 70 60 15 25 60 24 25 30 44 65 19 21 34 34 18 20 15 10 34 2 9 2 273 394 6 3 1.512 REGIONE ABRUZZO - parte 1 Disciplina Medicina Int. Chirurgia Gen. Ginec Ostetr. Pediatria REGIONE ABRUZZO Posti letto pubblici attribuiti per “Disciplina” Provincia Chieti l’Aquila Pescara 265 210 160 245 205 160 130 110 105 91 54 45 Teramo 210 214 113 71 Totali Regione 845 824 458 261 Ortop. Traum. Psichiatria Cardiologia Rian. Ter. Int. Lungodegenza Riabilitazione Dermatologia Neurologia Geriatria Mal. Infettive AIDS Mal. App. Resp. Oftalmologia Otorinolaring. Urologia Nefrologia Ter. Int. Card. Ter. Int. Neon. Ematologia Reumatologia Neurochirurgia Cardiochirurgia Ter. Int. Cardioch. Odont. Ch. Max. Facc. Ch. Plastica Ch. Pediatrica Chirurgia Toracica Chirurgia Vascol. Neurops. Inf. Med. Lavoro Gastroenterol. Radioterapia Radioter. Oncol. Oncologia Endocr. Mal. Ric. Allergologia Diabetologia Detenuti Riab. S. Valentino Totale 150 40 50 22 85 50 30 65 85 44 50 71 55 67 44 36 10 ---24 6 10 --15 10 --20 -10 30 5 -9 2 -- 155 35 48 22 96 70 21 30 60 50 20 55 48 60 20 28 10 10 ----14 --10 22 10 -10 4 -28 5 4 9 2 -- 145 20 31 22 54 40 15 20 92 40 10 30 40 35 19 23 18 70 20 30 ---10 22 --5 10 10 -20 ---9 2 60 149 45 48 26 70 60 15 25 60 24 25 30 44 65 19 21 ---34 34 -18 --20 15 ----10 34 -2 9 2 -- 599 140 177 92 305 220 81 140 297 158 105 186 187 227 102 108 38 80 20 64 58 6 42 10 22 45 47 15 10 40 4 40 92 10 6 36 8 60 1.826 1.535 1.392 1.512 6.265 REGIONE ABRUZZO - parte 2 POSTI LETTO PUBBLICI Rideterminati Provincia Discipline p.l. Totali p.l. % Ab Chieti L’Aquila Pescara Teramo Polispec. Riabilitaz. Lungodeg. 1.691 50 85 1.369 70 96 1.238 100 54 1.382 60 70 5.680 280 305 4,37 0,22 0,23 Totale 1.826 1.535 1.392 1.512 6.265 4,82 Residui Manicomiali ----- 300 ------ 321 621 Totale Gener. 1.826 1.835 1.392 1.833 6.886 REGIONE ABRUZZO - parte 3 CASE DI CURA PRIVATE Posti Letto Sede Autorizzazioni definite o in corso ° Denominazione Autorizzati in Convenz. dalla Regione S. Lucia Sulmona 76 (°) 40 S. Giuseppe L’Aquila 60 38 L’Immacolata Celano 150 150 Sanatrix L’Aquila 98 98 Villa Letizia L’Aquila 127 -------Ini-Canistro Canistro 150 100 Di Lorenzo Avezzano 150 150 Nova Salus Trasacco 109 -------S. Maria Avezzano 50 50 Villa Pini Chieti 500 500 Spatocco Chieti 150 150 Villa Serena Pescara 650 650 Pierangeli Pescara 200 185 De Cesaris Spolvero 165 150 Ist. S. Francesco D’Assisi Vasto 150 (°°) ----Totali 2.785 2.261 (°) La Casa di cura privata “S. Lucia” ha richiesto l’approvazione del progetto per p.l. 76 necessaria per l’adeguamento dell’attuale struttura alla L.R. n. 85 del 1989. (°°) L’Istituto “S. Francesco d’Assisi” ha in corso la richiesta di trasformazione di 150 p.l. da Centro di Riabilitazione e Medicina Riabilitativa. N.B. Alla “Nuova Salus” di Trasacco è stata rilasciata l’autorizzazione alla costruzione. REGIONE ABRUZZO - parte 4 Denominazione Casa di Cura S. Lucia S. Giuseppe L’Immacolata Sanatrix CASE DI CURA PRIVATE Organizzazione della Diagnosi e Cura Unità Funzionale Autorizzazioni definite o in corso P.l. Autorizz. in Convenz. dalla Regione Med. Riabilitativa 76 40 Totale 76 40 Med. Fitoterapia 60 38 Totale 60 38 Chir. Generale Ostetr. Urologia Medicina Gener. Cardiologia Clinica medica Malattie Respir. Lungodegenti 20 10 10 20 10 10 50 20 20 10 10 20 10 10 50 20 Totale 150 150 Chir. Gener. Ostetricia e Ginec. Urologia Otorino Medicina GenerCardiologia 26 10 10 10 27 15 26 10 10 10 27 15 Totale 98 98 Ini-Canistro Villa Letizia Di Lorenzo Spatocco Nova Salus S. Maria Villa Pini Villa Serena Pierangeli Chir. Generale Med. Generale Med. Riabilitativa 38 62 50 25 25 50 Totale 150 100 Chir. Generale Chir.Plastico icostruttiva - Orl. Oculistica Ortopedia e traum. Ostet. e Ginec. Med. Generale Med. Riabilitativa 23 10 12 12 10 30 30 -------- Totale 127 -- Chir. Generale Ostet. e Gin. Otorino Ortotraumatologia Urologia Oculistica Medic. Generale Cardiologia Pediatria Neonatologia 25 15 10 15 10 10 23 15 12 15 25 15 10 15 10 10 23 15 12 15 Totale 150 150 Chir. Generale Otorino Ort. e Traum. Ginecologia Medicina Generale Cardiologia Geriatria 60 10 10 10 20 25 15 60 10 10 10 20 25 15 Totale 150 150 Medic. Riabil. 109 -- Totale 109 -- Chir. Generale Ostetricia e Gin. 25 25 25 25 Totale 50 50 Neurop. Riabilitativa Lungodegenza post.ac. Medic.Riabil. 180 120 200 300 -200 Totale 500 500 Neurologia Medic. Riabil. Lungod. post acuz. Neuropsichiatria 40 156 120 334 40 156 120 334 Totale 650 650 Chir. Generale Urologia Otorino 78 12 20 63 12 20 De Cesaris Istituto S. Francesco D’Assisi Oculistica Medic. Generale Cardiologia 10 45 35 10 45 35 Totale 200 185 Ortopedia Chir. Generale Oculistica Otorino-Maxillo fac. Medicina Generale Gastroenterologia 45 10 10 10 60 30 40 10 10 -60 30 Totale 165 150 Medicina Riabilit. 150 -- Totale generale 2.785 2.261 N.B. Sotto la voce “P.l. autorizzati in convenzione dalla Regione” sono elencati i posti letto ricompresi in atti deliberativi con i quali la Giunta regionale ha autorizzato la stipula delle convenzioni. Sotto la voce “Autorizzazioni definite o in corso” sono ricompresi tutti i posti letto autorizzati dalla Regione o per i quali le relative pratiche sono in itinere e presentate prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 502 del 1992 e della legge n. 537 del 1993. REGIONE ABRUZZO - parte 5 CASE DI CURA PRIVATE Posti letto Sede definite o in corso Denominazione S. Lucia S. Giuseppe L’Immacolata Sanatrix Villa Letizia Ini-Canistro Di Lorenzo Nova Salus S. Maria Villa Pini Spatocco Villa Serena Pierangeli De Cesaris Ist. S. Francesco d’Assisi Sulmona L’Aquila Celano L’Aquila L’Aquila Canistro Avezzano Trasacco Avezzano Chieti Chieti Pescara Pescara Spoltore Vasto Totali Autorizzazioni in Convenz. dalla Regione Convenz. U.L.S.S. 76 (°) 60 150 98 127 150 150 109 50 500 150 650 200 165 150 (°) 40 38 150 98 -100 150 -50 500 150 650 185 150 -- 40 38 150 98 -50 150 -50 500 150 650 185 150 -- 2.785 2.261 2.211 REGIONE ABRUZZO - parte 6 Denominazione Casa di cura S. Lucia CASE DI CURA PRIVATE Organizzazione della Diagnosi e Cura Unità Funzionale POSTI LETTO CONVENZIONATI Aut.Regione Rec. U.L.S.S. Med. Riabilitativa 40 40 Totale 40 40 S. Giuseppe L’Immacolata (°) S. Cuore (Unificata con L’Immacolata) Med. Fitoterapia 38 38 Totale 38 38 Chir. Generale Ostetr. Urologia Ortopedia Medicina Generale Cardiologia Clinica Medica Malattie Respir. Lungodegenti 20 10 10 --20 10 10 50 20 20 10 --10 20 10 10 --20 Totale 150 100 TBC -- 50 50 San7atrix (°°) Ini-Canistro (°°°) Di Lorenzo S. Maria (+) Villa Pini Spatocco Chir.Generale Ostetricia e Ginec. Urologia Otorino Medicina Generale Cardiologia 26 10 10 10 27 15 26 10 10 10 27 15 Totale 98 98 Chir. Generale Med. Generale Med. Riabilitativa 25 25 50 25 25 -- Totale 100 50 Chir. Generale Ostet. e Gin. Otorino Ortotraumatologia Urologia Cardiologia Pediatria Oculistica Medic. generale Neonatologia 25 15 10 15 10 15 12 10 23 15 25 15 10 15 10 15 12 10 23 15 Totale 150 150 Chir. Generale Ortopedia Ostetricia e Gin. 25 -25 25 10 15 Totale 50 50 Neurop. Riabilitativa Medic. Riabil. Neuropsichiatria 300 200 -- --500 Totale 500 500 Chir. gen. Otorino Ort. e Traum. 60 10 10 60 10 10 Villa Serena Ginecologia Medicina Gener. Cardiologia Geriatria 10 20 25 15 10 20 25 15 Totale 150 150 Neurologia Medic. Riabil. Lungod. post acuz. Neuropsichiatria 40 156 120 334 --92 --558 Totale 650 650 Baiocchi Pierangeli unificata con Baiocchi (+++) De Cesaris Chir. Gener. Urologia Otorino Oculistica Medic. Generale Cardiologia 65 10 20 10 45 35 20 25 25 45 10 10 10 20 10 Totale 185 80 105 10 Ortopedia Chir. generale Oculistica Medicina Gener. Gastroenterologia Otorinolaring. 40 10 10 60 30 --- 80 10 --50 --10 Totale 150 150 Totali generali 2.261 2.211 (°) Unificata con la S. Croce, posti letto autorizzati prima dell’unificazione e ristrutturazione n. 220 di cui 150 convenzionati. (°°) Posti letto adeguati alla L.R. n. 85 del 1989. La Casa di cura è autorizzata e convenzionata anche per n. 6 p.l. di Emodialisi. (°°°) Posti letto autorizzati n. 150 di cui cento autorizzati convenzione con deliberazione del Consiglio regionale n. 112 del 1989. (+++) Dagli atti deliberativi nell’ambito della ristrutturazione si evince che la Casa di cura è autorizzata per 190 p.l. REGIONE ABRUZZO - parte 7 CASE DI CURA PRIVATE Rideterminazione posti letto autorizzati al convenzionamento Denominazione Sede Autorizzazioni Posti letto definite o in corso Rideterminati°° S. LUCIA S. GIUSEPPE L’IMMACOLATA SANATRIX VILLA LETIZIA INI-CANISTRO DI LORENZO NOVA SALUS S. MARIA VILLA PINI SPATOCCO VILLA SERENA PIERANGELI Sulmona L’Aquila Celano L’Aquila L’Aquila Canistro Avezzano Trasacco Avezzano Chieti Chieti Pescara Pescara 76 60 150 98 127 150 150 109 50 500 150 650 200 DE CESARIS IST. S. FRANCESCO Spoltore Vasto 165 150 TOTALI 2.785 1.750 N.B. Alla “Nova Salus” di Trasacco è stata rilasciata l’autorizzazione alla costruzione. * Struttura da adeguare alla L.R. n. 85 del 1989, adeguamento richiesto. ** Riduzione su richiesta di trasformazione in 130 p.l. di cui 50 di lungodegenza. *** Riduzione sulla base di n. 84 p.l. adeguati alla L.R. n. 85 del 1989. °° Le convenzioni dovranno essere rideterminate dopo le decisioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992. REGIONE ABRUZZO - parte 8 CASE DI CURA PRIVATE Posti Letto Sede POSTI LETTO ADEGUATI definiti in corso Denominazione S. LUCIA S. GIUSEPPE L’IMMACOLATA SANATRIX VILLA LETIZIA INI-CANISTRO DI LORENZO NOVA SALUS S. MARIA VILLA PINI SPATOCCO VILLA SERENA PIERANGELI DE CESARIS IST. S.FRANCESCO D’ASSISI Sulmona L’Aquila Celano L’Aquila L’Aquila Canistro Avezzano Trasacco Avezzano Chieti Chieti Pescara Pescara Spoltore --60 150 84 127 150 150 109 50 500 150 650 200 165 40 --14 ----------- Vasto 150 -- TOTALI 2.731 54 = 2.785 N.B. Salvo verifica p.l. Nova Salus, S. Francesco e Pierangeli la legge di riferimento è la L.R. n. 85 del 1989. Disciplina Pubblici POSTI LETTO RIDETERMINATI Pubblici e Privati per 1000 abit. Privati totale per 1000 abit. Polispec. Riabil. Lungodeg. 5.680 280 305 4,37 0,22 0,23 Totali 6.265 4,82 Ex MANICOM. 621 1.850 1,42 Totali per 1000 abit. 8.115 6,24 621 I posti letto rideterminati, sulla base del coefficiente previsto dai decreti ministeriali, comprendono quelli di cui alle convenzioni esistenti con le Case di cura private che entro il 1995 verranno a cessare per il passaggio, con l’accreditamento delle strutture private, al sistema a prestazione secondo il tariffario previsto che la Regione andrà a deliberare. Nel corso del 1° semestre 1995, il Settore Sanità della Giunta regionale, formula proposte di rideterminazione dei posti letto tese al raggiungimento del 5,5 per mille. I posti letto privati accreditabili devono essere contenuti nel numero di 1.850 e concorrono a1 raggiungimento del coefficiente previsto per i posti letto da autorizzare all’esercizio nell’ambito regionale. Le proposte del Settore sono sottoposte al vaglio della Conferenza permanente Regione-U.S.L. e sono approvate, con le modifiche ritenute necessarie, dalla Giunta regionale entro lo stesso 1° semestre anno 1995. Per gli anni 1994 e 1995 i fondi finalizzati al pagamento delle diarie giornaliere dei posti letto convenzionati saranno determinati in diminuzione con apposite deliberazioni della Giunta regionale. Per questo motivo la rideterminazione è effettuata sulle cifre globali senza tener conto delle singole discipline. Per quanto riguarda i posti letto necessari alla funzione didattica della Scuole di specializzazione delle Facoltà di Medicina e dovranno essere calcolati, dopo l’approvazione degli specifici protocolli d’intesa Università-Regione, fra quelli previsti per le singole discipline nei costituendi Dipartimenti UniversitariOspedalieri, configurando cosi l’auspicata collaborazione ed integrazione fra le strutture sanitarie universitarie e quelle ospedaliere. 2.3 I distretti sanitari di base (D.S.B.). Generalità. Il Distretto sanitario di base (D.S.B.) rappresenta un’articolazione organizzativo-funzionale della U.S.L. finalizzata a realizzare un elevato livello d’integrazione tra i diversi servizi che erogano 1e prestazioni sanitarie e tra questi ed i servizi socioassistenziali, in modo da costituire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni sanitari della popolazione. Le tipologie di distretti, necessariamente differenziate, sono informate al sistema residenziale rispettivamente ad alta, media e bassa densità, come analiticamente riportato nel documento politicoprogrammatico (Allegato A) approvato dalla Giunta regionale il 31 gennaio 1994. Correlativamente, i compiti e le funzioni di seguito indicati come propri dei distretti sono modulati, al pari degli organici, secondo sfere di ampiezza e di complessità varie che tengano altresì conto prioritariamente della realtà esistente sul territorio in termini di strutture di personale. Per i distretti a più ampia dimensione è consentito al Direttore generale di affidare al dirigente amministrativo del distretto la responsabilità gestionale ed organizzativa con l’attribuzione al D.S.B. di autonomia economico-finanziaria, all’interno del bilancio della U.S.L., mediante la definizione di un budget predeterminato e finalizzato al proseguimento degli obiettivi definiti dal Direttore generale. Il dirigente amministrativo e comunque nominato nel rispetto degli artt. 19, 1° comma e 26, comma 2 quinquies, del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato ed integrato. I1 Direttore generale dell’Azienda U.S.L. provvede altresì a nominare, in aderenza alle medesime norme, il dirigente medico D.S.B. tra i medici operanti nel distretto in possesso di competenze nell’ambito dell’organizzazione dei servizi sanitari di base dell’epidemiologia, dando priorità ai medici ex condotti qualora ne facciano richiesta. L’integrazione tra i diversi servizi, il supporto fornito dal medico di famiglia e la conseguente possibilità di adottare o di potenziare forme di assistenza integrativa rispetto all’attività ospedaliera possono consentire una sensibile riduzione della domanda di ricoveri ospedalieri con conseguenti minori costi umani, sociali ed economici. Il perseguimento di un’efficace integrazione tra le attività distrettuali, l’attività del medico di famiglia, l’attività poliambulatoriale e specialistica l’attività ospedaliera consente: - la continuità dell’assistenza nell’ambito dello stesso episodio di malattia, indipendentemente dai diversi luoghi del trattamento, riconducendo alla responsabilità del medico di base le decisioni diagnosticoterapeutiche effettuate al di fuori degli eventuali episodi di degenza ospedaliera; - la tempestività dell’invio del paziente all’ospedale, quando appropriato, fattore determinante rispetto all’efficacia del trattamento ospedaliero ed all’entità del consumo di risorse ad esso associato; - un efficace filtro alla domanda impropria di ricoverati ospedalieri; - l’attivazione di modalità di comunicazione tra i diversi servizi e tra i diversi professionisti che agiscono nell’ambito del S.S.N., tali da non costringere l’utente a fungere da veicolo delle informazioni necessarie per supportare la definizione delle scelte assistenziali; - la stessa richiesta di esami chimico-clinici e strumentali, i prelievi e la raccolta di campioni biologici e la consegna dei referti che deve avvenire utilizzando i supporti tele-informatici, a livello di D.S.B.; - il D.S.B. dovrà rispondere alle seguenti caratteristiche: - flessibilità nell’organizzazione che deve adeguarsi ai reali bisogni di intervento e non riflettesse il consolidamento dell’attività precedente; - metodo di lavoro interdisciplinare, finalizzato ad un’ottimale utilizzazione delle risorse disponibili attraverso l’integrazione delle competenze provenienti dai diversi Servizi della U.S.L.; - orientamento delle attività per progetti e/o per problemi; - valorizzazione della funzione - chiave dei medici di famiglia e raccordo delle attività dei medici tra di loro e con le strutture sanitarie e sociali allo scopo di garantire la continuità di trattamento ai singoli utenti, la razionalizzazione dell’accesso alle strutture ospedaliere e la responsabilizzazione nei riguardi della spesa. Le tipologie di attività che trovano un’ideale collocazione a livello di D.S.B. sono: 1. il supporto all’attività del medico e del pediatra di base; 2. l’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) per 1’erogazione coordinata e continuativa di prestazioni sanitarie e socio-asssitenziali da parte di diverse figure professionali fra loro funzionalmente integrate. L’A.D.I. può rappresentare una risposta assistenziale efficace ed efficiente nei confronti di persone disabili in conseguenza di forme morbose acute e croniche, così come di pazienti che necessitino di trattamenti palliativi, purché tecnicamente trattabili a domicilio; 3. le attività di ospedalizzazione domiciliare, per consentire l’erogazione di trattamenti che richiedano la disponibilità di competenze professionali di livello ospedaliero, ma che siano tecnicamente erogabili a domicilio del paziente; 4. la gestione coordinata degli accessi ai servizi attraverso: - la disponibilità presso la sede del D.S.B. dell’interfaccia con il Centro unificato di prenotazione (C.U.P.) sia per le prenotazioni ambulatoriali che ospedaliere; - la possibilità per l’utente di espletare le procedure amministrative a livello decentrato, in particolare verrà attivata la nuova procedura di scelta e revoca del medico in via completamente automatizzata; - la disponibilità decentrata di punti di prelievo per le indagini chimico-cliniche; - la disponibilità di sportelli per fornire informazione agli utenti. Appare infine opportuno sottolineare che presso la sede del D.S.B. (o nelle immediate vicinanze) trovino collocazione servizi pubblici di uso corrente (S.I.P. - E.N.E.L. - P.P.T.T. - Banche - servizi anagrafici ecc.), servizi sociali, servizi di volontariato, consultori, onde favorire la migliore integrazione tra l’attività sanitaria e l’ambito socio-economico di riferimento. Nell’ambito della programmazione dell’attività dell’azienda U.S.L., il Direttore generale attiverà il pieno funzionamento delle strutture predisposte ai sensi del presente provvedimento come sedi del D.S.B. e quello delle altre strutture già esistenti, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili. I distretti sanitari di base, previsti in numero di circa 60, verranno attivati, oltre che con le strutture per le quali intervengono i fondi dell’art. 20 della legge n. 67 del 1988, anche con la riconversione di strutture ospedaliere, quando necessario, o con l’utilizzo di strutture (Poliambulatori, centri sanitari polivalenti, ecc.) già esistenti sul territorio e gestite attualmente oltre che dalle U.L.S.S., anche dai Comuni e dalle Province anche se non sede di distretto. Il Direttore generale è autorizzato nelle more del completamento del Piano dei distretti, a stipulare contratti con l’imprenditoria privata per utilizzare strutture disponibili nell’ambito territoriale D.S.B., sentita la Conferenza Regione-U.S.L. Compiti e funzioni assolte a livello di D.S.B. Per guanto concerne il livello organizzativo di. ciascun distretto questo deve essere correttamente inteso nel senso di assicurare un’assistenza di base globale. Infatti nell’ambito dello stesso vengono effettuate prestazioni inerenti ai servizi di prima istanza, la vigilanza, la profilassi, l’assistenza veterinaria nonché funzioni relative alla tutela sanitaria della donna, della maternità, della tossicodipendenze, degli anziani e degli handicappati. Compatibilmente con le dimensioni territoriali e di popolazione, i Distretti sanitari di base potranno peraltro svolgere tutta la serie di compiti e funzioni sottoelencati, avvalendosi anche del Dipartimento di Prevenzione per la parte di competenza. Inoltre dovranno essere tenuti presenti i necessari collegamenti organizzativi e funzionali con l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e con i rispettivi Servizi territoriali. Prevenzione igiene pubblica e medicina del lavoro: - certificati di abitabilità; - libretti sanitari per esercizi pubblici; - controllo delle condizioni igieniche di abitazione e persone vigilanza ispezione su pubblici esercizi, alberghi, ecc.; - denuncia malattie infettive; - vaccinazioni obbligatorie e facoltative; - educazione alimentare; - educazione all’uso dei servizi sanitari; - educazione all’uso dei farmaci; - educazione igienico preventiva; - educazione sanitaria; - screening preventivi odontoiatrici, audiometrici, visivi, oncologici, metabolici, cardio-vascolari, pneumologici, ecc.; - accertamenti di idoneità e certificazioni correnti; - controllo degli ambienti lavorativi; - prevenzione e controllo delle condizioni di salute dei lavoratori; - prevenzione della tubercolosi e delle malattie polmonari; - polizia mortuaria. Medicina legale. - accertamenti preventivi di idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e regolamenti; - accertamenti per inidoneità lavorativa temporanea (artt. 5 e 30 legge n. 1204 del 1971 e legge n. 33 del 1980); - accertamenti per incapacità temporanea per infermità, puerperio, malattia professionale ed infortuni per pubblici dipendenti; - attività anche collegiale per invalidità permanente nei casi di infortuni sul lavoro, malattia professionale, causa di servizio, riduzione della capacità lavorativa generica e specifica (cecità, sordomutismo ecc.) e per l’invalidità civile, - accertamento dell’idoneità alla giuda di autoveicoli e di natanti; - accertamento dell’idoneità del porto d’armi. Tutela sanitaria dell’attività sportiva (come da L.R. n. 51 del 1992). Assistenza sanitaria di base: - centro e raccolta prelievi, medicazioni, terapia iniettiva; - guardia medica e pronto intervento; - guardia turistica; - visite preventive; - visite ambulatoriali e domiciliari della pediatria di base; - visite ambulatoriali e domiciliari della medicina generale; - tutela sanitaria della donna e della maternità (consultori). Assistenza specialistica: - radiologia, analisi chimico-cliniche, cardiologia, odontoiatria, ostetricia-ginecologia ed altre eventuali branche specialistiche nel rispetto dei parametri di utilizzazione indicati nel provvedimento concernente l’attività di medicina specialistica. Riabilitazione: - terapia fisica riabilitativa ambulatoriale e domiciliare. Tutela sociale: - assistenza sociale di base (tossicodipendenza, anziani, minori, handicap, collegamento con le R.S.A. e con il Servizio assistenza domiciliare integrata, ecc.). Veterinaria: - area funzionale di sanità animale: a) polizia veterinaria e zoonosi; b) profilassi delle malattie infettive e parassitarie degli animali; c) controllo del randagismo e igiene urbana veterinaria; d) identificazione e anagrafe degli animali e degli allevamenti; e) controllo sanitario della fauna terrestre e acquatica ivi compresa quella presente nelle aree protette; f) vigilanza sui trattamenti immunizzanti sulle inoculazioni diagnostiche e sull’esecuzione di piano volontari di profilassi di malattie infettive e parassitarie; g) vigilanza sul trasporto degli animali e sulla disinfezione dei mezzi di trasporto; h) vigilanza e controllo sull’eliminazione e/o riutilizzazione degli animali morti o abbattuti; i) provvedimenti autorizzativi; 1) educazione sanitaria. - aria funzionale dell’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati a) ispezione, controlli e vigilanza sui mezzi di trasporto e sugli impianti di produzione, trasformazione, commercializzazione, deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti di origine animale; b) ispezione, controllo e vigilanza sulle carni, sul latte, sulle uova, sui prodotti ittici, sul miele e sugli altri alimenti di origine animale e sui rispettivi derivati, nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito, trasporto, distribuzione e somministrazione; c) controllo e vigilanza sulla raccolta, lavorazione, conservazione, trasformazione e risanamento dei sottoprodotti e dei rifiuti della produzione e della lavorazione degli alimenti di origine animale nell’ambito degli impianti di cui alla lettera a); d) provvedimenti autorizzativi; e) educazione sanitaria ed alimentare. - area funzionale dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche a) vigilanza sul benessere animale; b) vigilanza sulla distribuzione e utilizzazione dei farmaci veterinari e sull’alimentazione medicati; c) vigilanza e controllo igienico-sanitario sugli animali, sui ricoveri, sugli impianti e sugli insediamenti naturali, ed in particolare su quelli destinati alla produzione di alimenti, in relazione agli ambienti rurale, silvestre e acquatico; d) vigilanza e controllo sulla produzione, commercializzazione, distribuzione e impiego degli alimenti destinati agli animali; e) vigilanza e controllo sulla trasformazione e utilizzazione degli avanzi animali destinati all’alimentazione del bestiame, e sui relativi impianti; f) vigilanza e controllo sulla riproduzione animale; g) vigilanza e controllo sulla sperimentazione con animali; h) provvedimenti autorizzativi; i) educazione sanitaria. Amministrativa: - attività di Segreteria generale del D.S.B e degli uffici in esso insistenti; - iscrizione al S.S.N.; - scelta e revoca del medico e del pediatra di base; - C.U.P (accesso al Centro unico di prenotazione); - autorizzazioni per l’accesso agli specialisti convenzionati esterni; - applicazione del regime delle esenzioni; - informazioni sull’accesso ai servizi sanitari e accettazione amministrativa; - terminale per il collegamento teleinformatico dei servizi di teleassistenza . Organizzazione strutturale minima. Per l’avvio concreto di un D.S.B. - la cui compiuta realizzazione non può essere graduale - è necessaria che sia perlomeno assicurata l’operatività delle strutture deputate ai seguenti compiti nell’ambito di quelli previsti per il distretto a regime. Prevenzione, igiene pubblica e medicina del lavoro: - denuncia malattie infettive; - vaccinazioni obbligatorie e facoltative; - educazione alimentare; - educazione all’uso dei servizi sanitari; - educazione all’uso dei farmaci; - educazione igienco preventiva; - educazione sanitaria - accertamenti di idoneità e certificazioni correnti. Medicina legale: - accertamenti preventivi di idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e regolamenti, - accertamenti per incapacità temporanea per infermità e puerperio. Assistenza sanitaria di base: - centro e raccolta prelievi, medicazioni, terapia iniettiva; - guardia medica e pronto intervento; - visite ambulatoriali e domiciliari della pediatria di base; - visite ambulatoriali e domiciliari della medicina generale. Assistenza specialistica: - chirurgia; - ostetricia e ginecologia; - odontoiatria; - oculistica; - cardiologia; - otorinolaringoiatria. Amministrativa: - iscrizione al S.S.N.; - scelta e revoca del medico e del pediatria di base; - C.U.P. (accesso al Centro unico di prenotazione); - autorizzazioni per l’accesso agli specialisti convenzionati esterni; - applicazione del regime delle esenzioni; - informazioni sull’accesso ai servizi sanitari e accettazione amministrativa; - terminale per il collegamento teleinformatico dei servizi di teleassistenza. Le strutture minime di ciascun distretto sono rappresentate, pertanto, da Unità operative preposte a ciascuna area di intervento sopra individuata, nelle quali confluisce un nucleo di operatori a professionalità specifica. La centralità del ruolo dei Distretto sanitario di base risiede, infine, nella capacità di selezionare la domanda sanitaria e promuovere il tempestivo e razionale intervento dei servizi integrativi. Quest’ultima fondamentale funzione si concretizza nell’attivazione presso ciascun distretto del cosiddetto C.U.P. - Centro Unificato di Prenotazione - un sistema di prenotazione computerizzato in grado di affrontare e avviare a soluzione, seppure per gradi il grave problema di razionalizzare gli accessi degli utenti ai diversi presidi e di consentire alle strutture di “parlare” tra di loro. Le restanti funzioni proprie del Distretto possono essere espletate da strutture a carattere interdistrettuale (consultori, Unità operative veterinarie e di specialità mediche) che assicurano, comunque, per l’utenza di ciascun distretto la globalità delle prestazioni. La pianta organica del Distretto sanitario di base. In riferimento alle dimensioni territoriale dei Distretti sanitari di base ed ai collegamenti funzionali con gli altri Distretti, il Direttore generale provvede alla definizione della pianta organica, nel rispetto della disciplina prevista dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni nonché dall’art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, prevedendo la costituzione di un gruppo di base, costituito da operatori dipendenti e convenzionati, utilizzati esclusivamente nel D.S.B. oppure anche in altri distretti e presidi, che si fa carico delle attività sanitaria di base, con particolare attenzione al controllo della salute ed alle attività di prevenzione, anche in collegamento funzionale con l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Il gruppo di base sarà composto dalle figure professionali del ruolo sanitario necessarie ad assicurare le funzioni attribuite al Distretto sanitario di base e sarà integrato da personale amministrativo e tecnico per le attività di segreteria e per le attività di supporto ai vari servizi. Le attività distrettuali vanno distinte in attività affidate a personale dipendente “residenziale” e attività affidate a personale appartenente ai vari servizi che può essere definito “itinerante” in quanto svolgerà la propria attività alternativamente nei vai distretti. Vista la necessità di garantire l’assistenza sanitaria di base e l’assistenza veterinaria nonché il C.U.P., in ciascun distretto, qualunque sia la densità abitativa, si individua nelle seguenti figure professionali la dotazione organica minimale. Personale dipendente “residenziale” Dirigente medico Infermiere professionale Assistente Sanitario Ausiliario specializzato Autista Assistente Amministrativo Operatore CED Personale itinerante Ginecologo Odontoiatra Chirurgo generale Cardiologo Oculista Otorinolaringoiatra Veterinario Per quanto concerne l’attività dei consultori familiari saranno previste le seguenti figure professionali: - Ostetrica - Assistente sociale - Psicologo La rete regionale dei Distretti sanitari di base. Gli ambiti territoriali dei distretti sanitari di base sono stati individuati sulla base dei criteri indicati nel documento politico-programmatico di attuazione del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni approvato dalla Giunta regionale d’Abruzzo con atto del 31 gennaio 1994, tenuto conto delle risorse finanziarie e delle dislocazioni territoriali dei Comuni afferenti al singolo D.S.B. Le strutture edilizie sedi delle attività distrettuali, ove non esistenti, sono state inserite nel programma di finanziamento previsto dall’art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 nel triennio di Piano e saranno finanziate con i relativi fondi, di cui all’apposita deliberazione che si riferisce ai Distretti sanitari sotto indicati e alle strutture di realizzazione prioritaria. Allo scopo di migliorare e diffondere l’erogazione di servizi sanitari di base alla popolazione di riferimento, i Direttori generali delle Aziende-U.S.L. possono procedere all’istituzione di ulteriori D.S.B. o alla modifica degli ambiti territoriali mediante soppressioni, integrazioni e accorpamenti sentiti la Conferenza dei Sindaci ed i Comuni interessati e in coerenza con i criteri, i compiti e le funzioni indicati nel presente Piano, d’intesa con la Conferenza Regione-U.S.L. La rete completa dei D.S.B. ha una realizzazione graduale, legata ai tempi tecnici di attuazione ed alle disponibilità finanziarie. Tendenzialmente, nel corso dell’anno 1994 potrà essere attivato il 20% e per ciascuno degli anni 1995 e 1996 un ulteriore 40% del numero complessivo, con i contributi di cui all’art. 20 della legge n. 67 del 1988 e compatibilmente con le risorse del Fondo sanitario regionale. Provincia di Chieti 1. PROVINCIA DI CHIETI 1.1. D.S.B. di Chieti: composto dai Comuni di Chieti Bucchianico Casalincontrada totale ab. 55.709 ab. 4.765 ab. 2.724 ab. 63.198 1.2. D.S.B. di Chieti Scalo S. Giovanni T. totale ab. 15.000 ab. 8.407 ab. 23.047 1.3 D.S.B. di Francavilla: composto dai Comuni di Francavilla s/Mare Torrevecchia T. totale ab. 21.546 ab. 3.165 ab. 24.711 1.4 D.S.B. di Guardiagrele: composto dai Comuni di Casacanditella ab. 1.393 Fara Filiorum Petri ab. 1.884 Guardiagrele ab. 10.118 Pennapiedimonte ab. 667 Pretoro ab. 1.091 Rapino ab. 1.519 Roccamontepiano ab. 1.986 S. Martino s/ Marrucc. ab. 918 totale ab. 19.576 1.5 D.S.B. di Miglianico: composto dai Comuni di Miglianico Ripa Teatina Vacri Villamagna totale ab. 4.358 ab. 3.584 ab. 1.703 ab. 2.418 ab. 13.063 1.6 D.S.B. di Ortona: composto dai Comuni di Ortona ab. 21.999 1.7 D.S.B. di Orsogna: composto dai Comuni di Ari Arielli Filetto Orsogna Poggiofiorito totale ab. 1.413 ab. 1.265 ab. 1.222 ab. 4.106 ab. 1.028 ab. 9.034 1.8 D.S.B. di Tollo: composto dai Comuni di Canosa Sannita Crecchio Giuliano Teatino Tollo totale ab. 1.586 ab. 3.067 ab. 1.366 ab. 4.134 ab. 10.153 1.9 D.S.B. di Lanciano: composto dai Comuni di Castel Frentano Lanciano totale ab. 3.914 ab. 34.062 ab. 37.976 1.10 D.S.B. di S. Vito: composto dai Comuni di Fossacesia Frisa Mozzagrogna Rocca S. Giovanni S. Maria Imbaro S. Vito Ch. Treglio totale ab. 4.844 ab. 2.041 ab. 1.976 ab. 2.364 ab. 1.490 ab. 5.046 ab. 1.131 ab.: 18.892 1.11 D.S.B. di Casoli: composto dai Comuni di Altino Casoli Palombaro S. Eusanio d/Sangro totale ab. 2.496 ab. 6.117 ab. 1.223 ab. 2.540 ab. 12.376 1.12 D.S.B. di Atessa: composto dai Comuni di Archi Atessa Paglieta Perano Torino di Sangro Tornareccio totale ab. 2.392 ab. 10.183 ab. 4.396 ab. 1.692 ab. 3.107 ab. 2.052 ab. 23.822 1.13 D.S.B. di Lama dei Peligni: composto dai Comuni di Civitella M.R. Fara S. Martino Lama dei Peligni Lettopalena Palena Taranta Peligna totale ab. 1.101 ab. 1.758 ab. 1.516 ab. 416 ab. 1.554 ab. 624 ab. 6.969 1.14 D.S.B. di Torricella Peligna: composto dai Comuni di Colledimacine Gessopalena Montenerodomo Roccascalegna Torricella Peligna ab. 370 ab. 1.915 ab. 1.019 ab. 1.557 ab. 1.832 totale ab. 6.724 1.15 D.S.B. di Quadri: composto dai Comuni di Borrello Civitaluparella Fallo Gamberale Pizzoferrato Quadri Roio d/Sangro Rosello totale ab. 520 ab. 471 ab. 217 ab. 485 ab. 1.303 ab. 1.040 ab. 245 ab. 431 ab. 4.712 1.16 D.S.B. di Villa S. Maria: composto dai Comuni di Bomba Colledimezzo Montazzoli Montebello s/Sangro Monteferrante Montelapiano Pennadomo Pietraferrazzana Villa S. Maria totale ab. 1.096 ab. 628 ab. 1.232 ab. 169 ab. 216 ab. 164 ab. 415 ab. 164 ab. 1.423 ab. 5.507 1.17 D.S.B. di Vasto: composto dai Comuni di Vasto ab. 32.810 1.18 D.S.B. di S. Salvo: composto dai Comuni di Celenza sul Trigno Cupello Fresagrandinaria Lentella Monteodorisio S. Salvo totale ab. 1.247 ab. 4.170 ab. 1.341 ab. 771 ab. 2.259 ab. 15.146 ab. 24.934 1.19 D.S.B. di Casalbordino: composto dai Comuni di Casalbordino Pollutri Scerni Villalfonsina totale ab. 6.481 ab. 2.470 ab. 3.848 ab. 1.126 ab. 13.925 1.20 D.S.B. di Gissi: composto dai Comuni di Carpineto Sinello Carunchio Casalanguida Dogliola Furci Gissi Guilmi Liscia Palmoli San Buono Tufillo totale ab. 815 ab. 869 ab. 1.197 ab. 448 ab. 1.411 ab. 3.313 ab. 658 ab. 887 ab. 1.291 ab. 1.336 ab. 641 ab. 12.866 1.21 D.S.B. di Castiglione Messer Marino: composto dai Comuni di Castelguidone Castiglione M. Marino Fraine ab. 547 ab. 869 ab. 527 Roccaspinalveti S. Giovanni Lipioni Schiavi D’Abruzzo Torrebruna totale ab. 1.913 ab. 421 ab. 1.966 ab. 1.386 ab. 9.352 Provincia di L’Aquila 2. PROVINCIA DI L’AQUILA 2.1.1 D.S.B. di L’Aquila: composto dai Comuni di L’Aquila ab. 66.863 2.2. D.S.B. di Torninparte: composto dai Comuni di Lucoli Pizzoli Scoppito Torninparte totale ab. 1.044 ab. 2.600 ab. 2.228 ab. 3.015 ab. 8.887 2.3. D.S.B. di Barisciano: composto dai Comuni di Barisciano Calascio Capestrano Caporciano Carapelle Calvisio Castel del Monte Castelvecchio Calv. Collepietro Navelli Ofena Poggio Picenze S. Benedetto in P. S. Pio delle Camere S. Stefano di Sess. Villa S. Lucia d/Ab. totale ab. 1.749 ab. 224 ab. 1.140 ab. 324 ab. 124 ab. 702 ab. 242 ab. 364 ab. 700 ab. 757 ab. 917 ab. 175 ab. 554 ab. 141 ab. 305 ab. 8.418 2.4 D.S.B. di S. Demetrio ne’ Vestini: composto dai Comuni di (8) Fossa Prata d’Ansidonia S. Demetrio nÈ Vest. S. Eusanio Forconese Villa S. Angelo Fontecchio Fagnano Alto Acciano Tione degli Abruzzi totale ab. 630 ab. 615 ab. 1.553 ab. 462 ab. 480 ab. 469 ab. 494 ab. 537 ab. 483 ab. 5.723 2.5. D.S.B. di Montereale: composta dai Comuni di Barete Cagnano Amiterno Campotosto Capitignano Montereale totale ab. 635 ab. 1.680 ab. 870 ab. 719 ab. 3.097 ab. 6.979 2.6 D.S.B. di Avezzano: composto dai Comuni di Avezzano ab. 37.076 2.7. D.S.B. di Tagliacozzo: composto dai Comuni di (8) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996. Cappadocia Magliano dei Marsi Massa d’Albe Sante Marie Scurcola Marsicana Tagliacozzo totale ab. 661 ab. 3.498 ab. 1.321 ab. 1.496 ab. 2.328 ab. 6.449 ab. 15.753 2.8 D.S.B. di Civitella Roveto: composto dai Comuni di Balsorano Canistro Capistrello Castellafiume Civita d’Antino Civitella Roveto Morino S. Vincenzo Valle R. totale ab. 3.641 ab. 1.017 ab. 5.588 ab. 980 ab. 1.062 ab. 3.252 ab. 1.603 ab. 2.831 ab. 19.974 2.9 D.S.B. di Carsoli: composto dai Comuni di Carsoli Oricola Pereto Rocca di Botte totale ab. 5.074 ab. 897 ab. 637 ab. 449 ab. 7.057 2.10. D.S.B. di Gioia dei Marsi: composto dai Comuni di Bisegna Gioia dei Marsi Lecce dei Marsi Ortucchio totale ab. 463 ab. 2.273 ab. 1.699 ab. 1.926 ab. 6.361 2.11. D.S.B. di Celano: composto dai Comuni di (9) Aielli Celano Cerchio Ovindoli totale ab. 1.453 ab. 10.928 ab. 1.737 ab. 1.198 ab. 15.316 2.12. D.S.B. di Rocca di Mezzo: composto dai Comuni di (10) Ocre Rocca di Cambio Rocca di Mezzo totale ab. 983 ab. 446 ab. 1.523 ab. 2.952 2.13. D.S.B. di Pescina: composto dai Comuni di Collarmele Ortona dè Marsi Pescina S. Benedetto dè M. totale ab. 1.048 ab. 988 ab. 4.686 ab. 3.915 ab. 10.637 2.14. D.S.B. di Trasacco: composto dai Comuni di Collelongo Luco dÈ Marsi Trasacco ab. 1.593 ab. 5.309 ab. 5.890 (9) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996. (10) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996. Villavallelonga totale ab. 1.069 ab. 13.861 2.15. D.S.B. di Sulmona: composto dai Comuni di Campo di Giove Cansano Pacentro Pettorano sul Gizio Rocca Pia Sulmona Introdacqua totale ab. 926 ab. 357 ab. 1.310 ab. 1.287 ab. 253 ab. 25.276 ab. 1.664 ab. 31.073 2.16. D.S.B. di Pratola Peligna: composto dai Comuni di Pratola Peligna Corfinio Vittorito Raiano Roccacasale Prezza totale ab. 7.800 ab. 969 ab. 1.135 ab. 2.701 ab. 767 ab. 1.221 ab. 14.593 2.17. D.S.B. di Scanno: composto dai Comuni di Anversa degli A. Bugnara Cocullo Scanno Villalago totale ab. 453 ab. 1.157 ab. 415 ab. 2.333 ab. 737 ab. 5.076 2.18. D.S.B. di Castelvecchio S.: composto dai Comuni di Castel di Ieri Castelvecchio S. Gagliano Aterno Goriano Sicoli Molina Aterno Secinaro totale ab. 437 ab. 1.448 ab. 397 ab. 683 ab. 554 ab. 545 ab. 4.064 2.19. D.S.B. di Castel di Sangro: composto dai Comuni di Alfedena Ateleta Castel di Sangro Scontrone totale ab. 742 ab. 1.370 ab. 5.468 ab. 561 ab. 8.141 2.20 D.S.B. di Roccaraso: composto dai Comuni di Pescocostanzo Rivisondoli Roccaraso totale ab. 1.284 ab. 792 ab. 1.666 ab. 3.742 2.21. D.S.B. di Pescasseroli: composto dai Comuni di Barrea Civitella Alfedena Opi Pescasseroli Villetta Barrea totale ab. 863 ab. 299 ab. 533 ab. 2.160 ab. 614 ab. 4.469 Provincia di Pescara 3. PROVINCIA DI PESCARA: DISTRETTO SANITARIO PESCARA 3.1. D.S.B. di Pescara totale ab.: 60.000 ca. 3.2. D.S.B. di Pescara Sud totale ab. 60.000 ca. 3.3 D.S.B. di Spoltore: comprendente i Comuni di Moscufo Pianella Spoltore totale ab. 2.840 ab. 7.118 ab. 12.882 ab. 22.840 3.4. D.S.B. di Cepagatti: comprendente i Comuni di Cepagatti Nocciano Rosciano totale ab. 7.865 ab. 1.560 ab. 3.023 ab. 12.448 3.5. D.S.B. di Popoli: comprendente i Comuni di Bussi sul Tirino Popoli Tocco da Casauria totale ab. 3.159 ab. 5.749 ab. 3.044 ab. 11.952 3.6. D.S.B. di Scafa: composto dai Comuni di Cugnoli Alanno Lettomanoppello Manoppello Scafa Serramonacesca Turrivalignani totale ab. 1.752 ab. 3.744 ab. 3.046 ab. 5.565 ab. 3.830 ab. 717 ab. 902 ab. 19.556 3.7. D.S.B. di Torre dei Passeri: composto dai Comuni di Torre dei Passeri Corvara Pietranico Castiglione Pescosansonesco Bolognano totale ab. 3.299 ab. 333 ab. 691 ab. 901 ab. 573 ab. 1.340 ab. 7.137 3.8. D.S.B. di S. Valentino in A. C.: composto dai Comuni di Abbateggio Caramanico Terme Roccamorice Salle S. Eufemia A M. S. Valentino A C. totale ab. 403 ab. 2.218 ab. 1.048 ab. 414 ab. 405 ab. 1.900 ab. 6.388 3.9. D.S.B. di Penne: composto dai Comuni di Farindola Montebello di B. Penne Picciano totale ab. 2.083 ab. 1.182 ab. 12.000 ab. 1.411 ab. 16.676 3.10 D.S.B. di Loreto Aprutino: composto dai Comuni di Collecorvino Loreto Aprutino totale ab. 4.822 ab. 7.235 ab. 12.057 3.11 D.S.B. di Civitella Casanova: composto dai Comuni di Brittoli Carpineto della Nora Catignano Civitaquana Civitella Casanova Vicoli Villa Celiera totale ab. 470 ab. 758 ab. 1.595 ab. 1.378 ab. 2.149 ab. 958 ab. 985 ab. 7.785 3.12 D.S.B. di Città S. Angelo: composto dai Comuni di Città S. Angelo Elice totale ab. 10.165 ab. 1.746 ab. 11.911 3.13 D.S.B. di Montesilvano: composto dai Comuni di Cappelle sul Tavo Montesilvano totale ab. 2.984 ab. 35.393 ab. 38.377 Provincia di Teramo 4. PROVINCIA DI TERAMO 4.1. D.S.B. di Teramo: composto dai Comuni di Campli Basciano Canzano Castellalto Cortino Rocca S. Maria Torricella Sicura Teramo Valle Castellana totale ab. 7.347 ab. 2.209 ab. 1.802 ab. 5.849 ab. 1.026 ab. 849 ab. 2.647 ab. 51.432 ab. 1.573 ab.: 74.734 4.2. D.S.B. di S. Egidio alla Vibrata: composto dai Comuni di Ancarano S. Egidio alla Vibrata Civitella del T. totale ab. 1.753 ab. 7.882 ab. 5.673 ab. 15.308 4.3. D.S.B. di Montorio al Vomano: composto dai Comuni di Crognaleto Fano Adriano Montorio al Vomano Pietracamela totale ab. 1.780 ab. 431 ab. 8.690 ab. 337 ab. 11.238 4.4. D.S.B. di Isola del Gran Sasso: composto dai Comuni di Castelli Isola del Gran Sasso Castel Castagna Colledara Tossicia totale ab. 1.598 ab. 4.949 ab. 609 ab. 2.149 ab. 1.462 ab. 10.767 4.5. D.S.B. di Tortoreto: composto dai Comuni di Alba Adriatica Colonnella Martinsicuro Tortoreto totale ab. 9.320 ab. 3.099 ab. 12.081 ab. 7.021 ab. 31.521 4.6. D.S.B. di Cermignano: composto dai Comuni di Cermignano Cellino Attanasio Penna S. Andrea totale ab. 2.199 ab. 2.935 ab. 1.632 ab. 6.766 4.7. D.S.B. di Atri: composto dai Comuni di Atri Castilenti totale ab. 11.118 ab. 1.628 ab. 12.746 4.8. D.S.B. di Bisenti: composto dai Comuni di Montefino Arsita Bisenti Castiglione M.R. totale ab. 1.259 ab. 1.056 ab. 2.506 ab. 2.583 ab. 7.404 4.9. D.S.B. di Silvi: composto dai Comuni di Pineto Silvi totale ab. 11.956 ab. 12.729 ab. 24.685 4.10 D.S.B. di S. Omero: composto dai Comuni di Nereto Controguerra Torano Nuovo S. Omero Corropoli totale ab. 4.397 ab. 2.494 ab. 1.712 ab. 5.088 ab. 3.689 ab. 17.380 4.11 D.S.B. di Giulianova: composto dai Comuni di Giulianova totale ab. 21.160 ab. 21.160 4.12 D.S.B. di Roseto d/Abruzzi: composto dai Comuni di Morro d’Oro Notaresco Roseto d/Abruzzi totale ab. 3.009 ab. 6.509 ab. 21.104 ab. 30.622 4.13 D.S.B. di Mosciano S. Angelo: composto dai Comuni di Bellante Mosciano S. Angelo totale ab. 6.291 ab. 7.553 ab. 13.844 COMPLESSIVAMENTE: 1. Provincia di Chieti n. 21 2. Provincia di L’Aquila n. 21 3. Provincia di Pescara n. 13 4. Provincia di Teramo n. 13 totale n. 68 2.4 La prevenzione sanitaria e la protezione ambientale: istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (A.R.P.A.); istituzione del Dipartimento di prevenzione delle U.S.L. Premessa. Per l’esercizio delle attività di prevenzione e controllo ambientale di cui al D.L. n. 496 del 1993 convertito nella legge 21 gennaio 1994, n. 61 già esercitate dall’Unità sanitarie locali, sarà istituita con apposito provvedimento legislativo l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente dell’Abruzzo. La legge regionale disciplina l’organizzazione, il funzionamento e le modalità gestionali dell’Agenzia nonché le modalità di coordinamento e integrazione della stessa con i Dipartimenti di prevenzione della Unità sanitaria locale e con l’Istituto zooprofilattico sperimentale per le attività di sanità pubblica veterinaria al fine di conseguire: a) un coordinato ed omogeneo svolgimento delle attività connesse: 1) alla prevenzione collettiva ed ai controlli ambientali; 2) all’erogazione di prestazioni di rilievo sia ambientale che sanitario ed in particolare di prestazioni laboratoristiche di supporto tecnico-specialistico per le funzioni proprie della Regione, delle Province, dei Comuni e delle strutture del Servizio sanitario nazionale; 3) a compiti di supporto tecnico per le funzioni di programmazione ed indirizzo della Regione in materia sanitaria ed ambientale; b) la definizione di una struttura organizzativa unitaria per tutto il territorio regionale, articolata per ambienti di attività operativa a livello sia regionale sia decentrato in aree territoriali di norma provinciali; c) la partecipazione degli enti locali titolari di funzioni amministrative in materia ambientale all’attività di programmazione dell’Agenzia. La medesima legge regionale determina inoltre le modalità ed i criteri per l’attribuzione all’Agenzia del personale, delle strutture operative, delle attrezzature e delle relative risorse finanziarie ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 496 del 1993 convertito nella legge 21 gennaio 1994, n. 61. Fino all’entrata in vigore della legge regionale ed all’effettiva costituzione dell’Agenzia, la U.S.L. non può modificare in diminuzione le piante organiche né le dotazioni di personale e le attrezzature dei servizi da trasferire all’Agenzia, assicurando nel contempo in via transitoria l’esercizio delle attività di interesse . Il Dipartimento di prevenzione della U.S.L. In ciascuna U.S.L. è istituito, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato con D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, per svolgere le funzioni previste dagli artt. 16, 20, 21 della legge 28 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni, il Dipartimento di prevenzione articolato nei seguenti servizi: a) Igiene, epidemiologia e sanità pubblica; b) Medicina della comunità; c) Igiene degli alimenti e della nutrizione; d) Tutela della salute nei luoghi di lavoro; e) Veterinari articolati distintamente in tre aree funzionali come previsto dal richiamato art. 7. I predetti servizi hanno autonomia tecnico-funzionale e si integrano tra loro per un’efficacia valutazione di tutti i dati e gli elementi conoscitivi ai fini di una compiuta e corretta pianificazione e programmazione degli interventi e delle relative risorse. Nell’esercizio delle funzioni e attribuzioni dei rispettivi servizi, i Dipartimenti di prevenzione delle U.S.L. curano, in stretta integrazione con i distretti sanitari di base, lo svolgimento delle attività demandate dalla normativa regionale. Alla struttura dipartimentale è preposto, su nomina del Direttore generale dell’Azienda U.S.L., un dirigente sanitario responsabile del Dipartimento, scelto tra i responsabili sanitari dei Servizi del Dipartimento stesso. L’incarico di responsabile del Dipartimento è di tipo funzionale, temporaneo, revocabile e rinnovabile ed ha la durata di anni tre. Il responsabile del Dipartimento, per il periodo dell’incarico, mantiene la direzione del proprio servizio, con possibilità di delegare compiti specifici dirigenti di 2° livello, o, in mancanza, a dirigente di 1° livello con più titoli. A supporto delle funzioni amministrative, gestionali e organizzative, il responsabile del Dipartimento di prevenzione della U.S.L. si avvale di un ufficio amministrativo al quale sono assegnati un Dirigente amministrativo per le funzioni relative agli affari generali, legali e del personale, ed un dirigente per gli affari economico-finanziari e tecnico economali. L’ufficio amministrativo opera in stretta integrazione con le corrispondenti strutture operative dell’Azienda U.S.L. Con apposita deliberazione della Giunta regionale saranno regolamentate le modalità di raccordo tra Dipartimento e l’Istituto zooprofilattico sperimentale per l’attività di sanità pubblica veterinaria. 2.5 - Le Residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.). Definizione. La Residenza sanitaria assistenziale è una struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero funzionale e sociale, a persone ultrasessantacinquenni e a soggetti disabili non autosufficienti od a grave rischio di non autosufficienza, non assistibili a domicilio e richiedenti trattamenti continui. Essa costituisce anche una forma di risposta alle situazioni di bisogno sanitario di tali persone che, inopportunamente, sono state finora o sono tuttora ricoverate in ospedale. La R.S.A. fa parte della rete territoriale dei servizi di 1° livello e rientra per la prevalenza sanitaria degli interventi tra le strutture del comparto sanitario. “Ciò non toglie però che le attività che vi si svolgono non siano adeguatamente integrate con quelle del comparto sociale: pertanto la R.S.A. si colloca in una posizione particolare e sostanziale diversa sia dalle unità operative ospedaliere geriatriche, di riabilitazione e di lungodegenza sia dalle attuali residenze extraospedaliere (case di riposo, case albergo, ecc.) che hanno per gran parte valenza sociale. Il processo d’ntegrazione fra sanitario e sociale si realizza a livello istituzionale mediante protocolli di intesa tra la U.S.L. e l’ente locale, e/o con enti privati con o senza scopo di lucro e il volontariato, nell’ambito della normativa nazionale e regionale” dalle linee guida per le R.S.A. del Min. sanità 31 marzo 1994) . Utenza delle R.S.A. Possono essere ammessi al trattamento in R.S.A. soggetti anziani e disabili non autosufficienti, parzialmente autosufficienti, autosufficienti ad alto rischio di invalidità, per i quali siano comprovate, da una parte, la mancanza del supporto familiare, indispensabile per l’attuazione degli interventi di assistenza domiciliare integrata e, dall’altra, l’assenza di patologie acute richiedenti il ricovero in ospedale. Modalità di accesso. L’indicazione al ricovero in R.S.A. spetta all’Unità valutativa geriatrica dopo valutazione multidimensionale dell’anziano, con particolare riferimento al grado di autosufficienza e alla consistenza del supporto formale (ADI) ed informale (famiglia, volontariato). È necessario che gli strumenti di valutazione e i conseguenti criteri di ammissione vengano stabiliti a livello regionale, scegliendo uno strumento che sia semplice, facilmente comparabile e soprattutto rigorosamente validato sul piano statistico per quel che concerne la sua riproducibilità. Tale valutazione multidimensionale permetterà di stabilire la necessità o meno dell’accesso dell’anziano alla R.S.A. o, in alternativa, ad altre strutture della rete dei servizi. Permetterà inoltre di compilare per l’anziano ammesso in R.S.A. un piano individualizzato di assistenza e di effettuare periodicamente controlli dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati inizialmente. Funzioni e servizi erogati. L’obiettivo assistenziale prioritario della R.S.A. deve essere il raggiungimento od il mantenimento del migliore livello possibile di qualità della vita degli ospiti. Le funzioni operative della R.S.A. devono essere finalizzate prevalentemente alla: 1) riabilitazione globale (neuro-motoria, occupazionale, urologica, ecc.) con lo scopo di ottenere un recupero che consenta il ritorno al proprio domicilio; 2) riabilitazione di mantenimento; 3) riattivazione psico-sociale onde evitare l’emarginazione e l’isolamento; 4) prevenzione della sindrome da immobilizzazione nei pazienti completamente non autosufficienti e stabilmente allettati. L’obiettivo complessivo è il recupero di ogni risorsa psico-fisica dell’anziano utilizzando le “normali” attività quotidiane ed evitando che i tempi diurni siano trascorsi a letto. Allo scopo di rendere più confortevole possibile il soggiorno nelle R.S.A. deve essere garantita un’abitabilità quanto più vicina possibile alle abitudini di vita dell’ospite quanto a stile abitativo, ritmi di vita, comfort, dandogli libertà di personalizzare il proprio ambiente. Devono cioè essere rispettati il più possibile i ritmi della normale quotidianità. Deve essere favorita la socializzazione mediante utilizzo di spazi comuni e soprattutto bisogna tenere la R.S.A. inserita nel territorio, nel quartiere, in modo da non privare l’anziano della vita sociale precedente all’ingresso, di non isolarlo dal gruppo familiare e/o amicale. L’integrazione con gli altri servizi. La R.S.A. deve avere una stretta interconnessione con i servizi socio-sanitari territoriali attraverso la Unità valutativa geriatrica cui compete la funzione di coordinamento. Essa deve essere in particolare collegata con le strutture ospedaliere, e con la Divisione di Geriatria, in particolare, per favorire le dimissioni programmate e quindi il più rapido turn over dei pazienti ricoverati nei reparti per acuti, e viceversa per garantire la disponibilità di un posto in ospedale qualora le condizioni cliniche del paziente dovessero richiederlo. Deve essere inoltre collegata con l’ADI per permettere la dimissione dalla R.S.A. ed il ritorno al proprio domicilio quando le condizioni fisiche e sociali del paziente siano migliorate o comunque quanto siano mutate le condizioni che avevano consigliato il ricovero. Personale delle R.S.A. Tenuto conto che la R.S.A. è inserita nei servizi di distretto e collegata al poliambulatorio e/o all’ospedale, le dotazioni indispensabili di personale sono le seguenti (per una R.S.A. tipo di 60 ospiti): 1) la responsabilità dell’assistenza sanitaria e affidata ad un medico geriatra che deve essere presente tutti i giorni per almeno 4 ore; deve comunque essere garantita la reperibilità per le urgenze 24 ore su 24; 2) la direzione organizzativa ed alberghiera è affidata ad un responsabile con profilo professionale non medico ma con comprovate abilità direzionali e manageriali; 3) infermieri: 1 ogni 7 ospiti prevedendo almeno 1 infermiere per turno, più un infermiere con mansioni direttive (capo-sala); 4) operatore tecnico o ausiliario socio-sanitario specializzato addetto all’assistenza: 1 ogni 4 ospiti; 5) terapista della riabilitazione: 1 ogni 20 ospiti; 6) terapista occupazionale: 1 ogni 10 ospiti. Va previsto inoltre personale, non a tempo pieno, per attività specialistiche (es. psicologo), di assistenza sociale, almeno un’unita di personale amministrativo, personale per le pulizie ed i servizi generali, che può variare in termini numerici in base all’organizzazione della R.S.A. (completamente autonoma, funzionalmente legata ai servizi distrettuali, al servizio ospedaliero ecc.). Costi - Partecipazione alla spesa da parte degli utenti. (11) L’assistenza in R.S.A. comporta la partecipazione finanziaria dell’assistito alla spesa alberghiera. Tale partecipazione ha inizio dopo il secondo mese di ricovero, se l’assistito proviene da una fase acuta di malattia in ospedale e l’avvio alla R.S.A. rappresenta una fase riabilitativa prima del ritorno al proprio domicilio. La partecipazione alla spesa è pari ad un’aliquota variabile dal 20% al 40% a seconda delle condizioni economiche. Nella R.S.A. non si pagano i tickets su farmaci e prestazioni diagnostiche. All’ingresso nella R.S.A. viene sospeso l’assegno di accompagnamento e la scelta del medico di base. Fabbisogno di R.S.A. in Abruzzo. Viene stimato che la domanda complessiva di strutture residenziali interessi il 4-5% degli ultrasessantacinquenni, vale a dire tra 280.000 e 350.000 persone su tutto il territorio nazionale. La popolazione residente in Abruzzo al 20 ottobre 1991 (censimento Istat) è pari a 1.249.054 abitanti di cui 201.201 di età superiore ai 65 anni, con una percentuale pari al 16.1% superiore alla media nazionale che e del 14.48%. Pertanto può essere calcolato un fabbisogno di posti letto in strutture residenziali compreso tra 8.046 e 10.060 (1779-2224 nella Provincia di Pescara, 2064-2580 nella Provincia di L’Aquila, 1689-2112 nella Provincia di Teramo, 2514-3143 nella Provincia di Chieti). La Regione Abruzzo con deliberazione del Consiglio regionale n. 88/8 del 23 dicembre 1993 ha già approvato l’attivazione in via sperimentale di due moduli di R.S.A. pubbliche nei Comuni di Pescina (AQ) e Città S. Angelo (PE). (11) Ai sensi dall'art. 25, comma 1, L.R. 13 gennaio 2014, n. 7, la disposizione di cui al presente punto trova applicazione fino al 31 dicembre 2013. Tali esperienze potranno servire da modello per l’attivazione di strutture analoghe pubbliche e/o private in tutto il territorio regionale. A tale scopo si potranno: 1) convertire in R.S.A. i posti ospedalieri in sovrannumero (reparti a basso indice di occupazione, ospedali che non raggiungono lo standard minino di 120 posti letto); 2) favorire la trasformazione di posti letto di Case di cura private in R.S.A.; 3) coprire una parte del fabbisogno con il ricorso a quelle strutture residenziali private convenzionate che accettino di adeguarsi strutturalmente e funzionalmente agli standard previsti dal D.P.C.M. del 22 dicembre 1989 e dal Piano sanitario nazionale; 4) adeguare alla normativa nazionale le strutture residenziali già esistenti sia a gestione pubblica diretta che a gestione di I.P.A.B. sottoposte al vincolo di non alienabilità dei beni e disposte a stipulare apposite convenzioni sulla durata di destinazione funzionale. Nell’individuazione delle suddette indicazioni non può non pesare in modo non indifferente la presenza di progetti già elaborati in sede di Piano d’intervento ex art. 20 legge n. 67 del 1988 e già inquadrati in un’ottica di fabbisogno decennale, la cui copertura è stata recentemente riassicurata dagli organi centrali. Pur tuttavia è necessaria procedere ad una risistemazione del programma succitato rendendolo il più possibile coerente con le indicazioni del P.S.R. mediante l’adozione di apposito atto che rimoduli l’intero programma regionale così come deliberato con atto del C.R. n. 141/36 del 21 marzo 1990. “La R.S.A. trova riferimento normativo nella legge n. 67 del 1988 e nel D.P.C.M. 22 dicembre 1989. Si differenzia dalle strutture riabilitative per la minore intensità delle cure sanitarie e per i tempi più prolungati di permanenza degli assistiti, che in relazione al loro stato psico fisico possono trovare nella stessa anche ospitalità permanente. Per quanto attiene gli aspetti strutturali ed organizzativi, l’unità di base è il modulo o nucleo, composto di 20-25 posti per gli anziani non autosufficienti e di 10-15 posti (secondo la gravità dei pazienti) per disabili fisici, psichici e sensoriali, utilizzando in maniera flessibile gli stessi spazi edilizi. In base alle loro condizioni psico-fisiche, sono ospiti delle R.S.A.: - anziani non autosufficienti (in media 4 moduli da 20/25 soggetti, fino ad un massimo di 6 moduli). Nelle R.S.A. per anziani, di norma, un modulo di 10-15 posti va riservato alle demenze; - disabili fisici, psichici e sensoriali (in media 2 moduli, massimo 3 da 10-15 soggetti” (da linee guida sulle R.S.A. del Min. sanità 31 marzo 1994) . Caratteristiche della struttura. Gli standard tipologici ed i requisiti dimensionali per le R.S.A. sono stabiliti dal D.P.C.M. del 22 dicembre 1989, che ribadisce la necessità di prevedere spazi comuni per attività ricreative ed occupazionali, per servizi sanitari e generali. La superficie totale utile funzionale della struttura viene fissata in mq 40-45 per ospite. Sul piano delle tipologie edilizie le residenze sanitarie assistenziali utilizzano come moduli base: - nuclei elementari singoli per anziani non autosufficienti da 20 a 25 posti che possono beneficiare anche dei servizi sanitari e sociali posti all’esterno; - nuclei elementari singoli per disabili fisici, psichici e sensoriali da l0 e 15 posti che possono beneficiare anche dei servizi sanitari e sociali posti all’esterno. Tali nuclei, variamente aggregati ed articolati tra loro, danno origine: - per soggetti anziani non autosufficienti a sistemi di più nuclei che non vanno di norma oltre gli 80 posti residenziali e che possono arrivare (garantendo un’idonea separazione tra nuclei) fino ad un massimo di 120 posti, in zona ad alta densità abitativa ed urbana. Tali strutture sono dotate di propri servizi sanitari e sociali secondo la composizione degli ospiti e con le adeguate connessioni con i servizi sanitari e sociali esistenti sul territorio. In ogni struttura con nuclei in numero di 4, o superiori a 4, va garantita la presenza di un nucleo riservato alle demenze; - per disabili fisici, psichici e sensoriali, a sistemi di 2 o 3 nuclei, secondo la gravità della patologia e quindi da 20 a 45 posti residenziali. È prevista l’istituzione di R.S.A. nelle località segnate nelle allegate tabelle da realizzare o completare con i contributi di cui all’art. 20 della legge n. 67 del 1988 per il triennio di riferimento del presente Piano con l’indicazione tendenziale di sviluppo nell’arco dei successivi trienni finanziati con la citata normativa. Il Direttore generale dell’U.S.L. ove è ubicata la R.S.A. provvederà, a completamento avvenuto della struttura con i fondi sopra indicati, a predisporre un bilancio per la gestione della struttura stessa, finalizzandone i relativi fondi. Con deliberazioni della Giunta regionale, sentita la Conferenza permanente Regione-U.S.L. saranno emanate disposizioni attuative inerenti gli aspetti organizzativi, gestionali ed economici delle R.S.A. pubbliche e private. Nel convenzionamento con il privato avranno precedenza le richieste che prevedano il riutilizzo di strutture a destinazione sanitaria già esistenti. A tal fine la Giunta regionale predispone un elenco di strutture esistenti che possono essere alienate per essere destinate a R.S.A. da parte del privato. In tale elenco possono essere inserite strutture di proprietà di enti pubblici diversi dalla Regione previa richiesta in tal senso degli enti interessati (12). Provincia di Chieti Localizzazione R. S. A. Bomba Castiglione Messer.Marino Casoli Ortona Ripa Teatina Vasto Villa degli Ulivi-Chieti Villa S.Maria (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) TOTALE p.l. 80 20 20 20 80 40 100 20 DA REALIZZARE (°) 1° tr. p.l. 2° 3° tr. * * * 20 * 20 * * 20 * 40 * * 40 * 380 140 p.l. 80 20 60 60 20 240 (C1) = R.S.A. per anziani (1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani (°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988 tr. = triennio Provincia di L’Aquila Localizzazione R. S. A. Avezzano per disabili ciechi Avezzano per anziani Comune Castel di Sangro L’Aquila - Collemaggio L’Aquila Montereale Pescassero Pescina Parlotta Peligna Sulmona (C2) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) TOTALE p.l. 60 60 20 116 40 60 20 20 20 60 476 DA REALIZZARE (°) 1° tr. p.l. 2° 3° tr. * 40 * * * 20 * * 60 * (1) * * 20 20 p.l. 20 60 116 40 * 20 * 60 160 316 (C1) = R.S.A. per anziani (C2) = R.S.A- per disabili (1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani (°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988 tr. = triennio Provincia di Pescara Localizzazione R. S. A. Cepagatti Città S. Angelo Penne Penne Pescara Pescara Tocco Casauria TOTALE (C1) (C1) (C1) (C2) (C1) (C2) (C1) p.l. 40 20 60 60 60 40 32 312 DA REALIZZARE (°) 1° tr. p.l. 2° 3° tr. * 40 (1) * 20 * * 60 * * 32 * 152 p.l. 60 60 40 160 (C1) = R.S.A. per anziani (C2) = R.S.A- per disabili (12) Si veda anche la Delib.G.R. 12 aprile 1996, n. 1175 recante “Norme di attuazione del Piano sanitario regionale 1994/1996 in materia di Residenze sanitarie assistenziali”. (1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani (°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988 tr. = triennio Provincia di Teramo Localizzazione R. S. A. Atri Castilenti Giulianova S. Omero Teramo (Ricon. “De Benedictis”) Teramo (Casalena) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) (C1) TOTALE p.l. 60 40 46 60 80 60 346 DA REALIZZARE (°) 1° tr. p.l. 2° 3° tr. * * 40 * 46 * * * 40 * * 20 146 p.l. 60 60 40 40 200 (C1) = R.S.A. per anziani (C2) = R.S.A- per disabili (1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani (°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988 tr. = triennio RIEPILOGO GENERALE R.S.A. Localizzazione R. S. A. Provincia di Chieti Provincia di l’Aquila Provincia di Pescara Provincia di Teramo p.l. 380 476 312 346 TOTALE 1.514 DA REALIZZARE (°) 1° tr. p.l. 2° 3° tr. * 140 * * 160 * * 152 * * 146 * 598 p.l. 240 316 160 200 916 (°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988 tr. = triennio 3 - Indirizzi di organizzazione e di funzionamento delle attività. 3.1 Le attività d’urgenza e di emergenza sanitaria. Il sistema di emergenza sanitaria. Le attività d’urgenza ed emergenza sanitaria, previste dal D.P.R. 27 marzo 1992, hanno come riferimento l’istituzione e l’attivazione del numero unico telefonico nazionale 118. Il sistema di emergenza sanitaria, imperniato appunto sul numero 118, rappresenta uno degli aspetti più qualificanti di questi ultimi anni, poiché evidenzia la voglia di cambiamento nella sanità che si intende inquadrare finalmente in una realtà nuova. Un’organizzazione razionale del sistema emergenze - urgenze può portare ad un aumento della “salute” in termini reali e immediati con un rapporto costi benefici altamente positivo. Diventa necessario, pertanto, un disegno strategico per la razionalizzazione dell’area emergenza - urgenza che abbia la finalità di gestire non solo le situazioni che implicano un approccio diagnostico e curativo, ma anche quelle di carattere igienico, veterinario e sanitario in genere, assicurando un funzionamento ottimale attraverso il coordinamento delle attività. La costruzione di un sistema per le emergenze deve portare ad un’organizzazione integrata delle varie componenti del soccorso che facciano capo ad un unico centro di coordinamento e concorrano in modo ottimale per soddisfare le esigenze di portare soccorso sul territorio con tempestività e di continuare, ove necessario, l’erogazione del trattamento sanitario in una struttura ospedaliera idonea al caso. L’intera organizzazione va commisurata alle effettive esigenze e va informata, pertanto, a criteri di gradualità nella realizzazione e di flessibilità nella gestione. Sistema direzionale per le emergenze: Centrale operativa. La Centrale operativa rappresenta il momento di coordinamento che permette di mettere in funzione, in tempi rapidi e nella maniera ottimale, i settori dei singoli servizi destinati alle emergenze, mediante un apporto multidisciplinare. Il sistema d’allarme sanitario fa capo al numero telefonico unico nazionale istituito per l’emergenza 118, la cui attivazione deve rispettare le seguenti condizioni: a) superamento di altri eventuali numeri di soccorso di strutture o servizi che entrano a far parte del sistema dell’emergenza sanitaria; b) tale disattivazione deve essere subordinata in ciascuna area all’attivazione completa del sistema (allarme, intervento territoriale, risposta ospedaliera); c) la disattivazione può consistere nel convogliamento automatico sulle Centrali operative del 118 delle chiamate di eventuali altri numeri abituali di soccorso; d) attivazione di meccanismi d’informazione - educazione multimediale per rendere edotti i cittadini sull’esistenza e sull’uso corretto del 118. Funzioni della centrale: - ricevere le chiamate di soccorso; - inviare l’unità operativa di soccorso idonea; - allertare le strutture sanitarie; - governare il traffico sanitario; - mantenere il contatto, conoscere la localizzazione e la disponibilità di tutte le unità operative di soccorso; - mantenere il contatto, conoscere la dislocazione e la disponibilità dei medici di guardia medica; - conoscere la situazione dei posti letto in tutti gli ospedali del territorio competente; - fungere da centro prenotazioni ambulanze per i trasporti programmati; - presiedere, in caso di disastri, catastrofi e calamità, all’organizzazione delle operazioni di soccorso; - governare le uscite dei mezzi di soccorso; - indicare e coordinare l’utilizzo di protocolli specifici. Sistema direzionale per le emergenze: comunicazioni e collegamenti. Le Centrali operative sono collegate fra di loro, con i servizi per l’emergenza ospedaliera, con enti ed istituzioni di norma impegnati in operazioni collaterali a quelle di soccorso sanitario, su linee dedicate telefoniche e assicurano i radio collegamenti con le autoambulanze, gli altri mezzi di soccorso coordinati e con i servizi del sistema di emergenza-urgenza sanitaria del territorio di riferimento, su frequenze dedicate e riservate al Servizio sanitario nazionale. Sistema direzionale per le emergenze: personale e responsabilità nella Centrale operativa. La Centrale operativa è attiva 24 ore su 24 e si avvale, nell’ambito delle competenze affidate, di personale dipendente infermieristico e medico, con esperienza nel settore delle emergenze, e di personale del servizio di guardia medica abilitato all’emergenza ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 25 gennaio 1991 n. 41 ed in attività, con incarico a tempo indeterminato formalizzato al 30 dicembre 1993 nel rispetto di quanto disposto dall’art. 8, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 517 del 1993. Il suddetto personale, che operi anche nelle emergenze territoriali, a rotazione sarà impegnato nelle attività sul territorio, in quella della Centrale operativa oltre che nell’attività ospedaliera. Nelle Centrali operative potrà essere eventualmente impegnato, con compiti non medici, sulla base di apposita convenzione con gli organismi di appartenenza, personale degli enti e delle associazioni pubbliche e private che siano in possesso della prevista autorizzazione sanitaria. Gli operatori sono supportati dalla disponibilità per 24 ore di un medico coordinatore, proveniente a rotazione dal pool di medici delle aree di emergenza ospedaliera (pronto soccorso, rianimazione) e dai medici di guardia medica abilitati per l’emergenza, con le seguenti funzioni: - supervisione dell’attività di soccorso coperto dai mezzi sul territorio; - radioconsulenza agli equipaggi dei mezzi di soccorso; - consulenza, su richiesta, agli operatori di centrali; - intervento nelle macro emergenze per le operazioni di “triage”; - rapporti con gli ospedali in caso di trasferimenti; - rapporti con le strutture regionali. La responsabilità medico-organizzativa della Centrale operativa è attribuita dalla U.S.L. nominativamente, anche a rotazione, a un medico ospedaliero con ex qualifica non inferiore ad aiuto, in possesso di documentata esperienza ed operante nell’area dell’emergenza. Il responsabile di centrale esercita le seguenti funzioni: organizzazione generale del servizio: - definizione degli aspetti tecnici che regolano i rapporti con le altre strutture di emergenza non sanitaria (VVFF, Carabinieri, Polizia, etc) e con gli enti convenzionati; - attrezzature dei mezzi di soccorso; - caratteristiche del personale (iter formativo - professionale), - ambiti di responsabilità degli enti a convenzione (il coordinamento generale rimane di responsabilità della U.S.L.). definizione dei protocolli operativi: - protocolli per la chiamata, la scelta del mezzo di soccorso e la definizione dell’ospedale di destinazione; - protocolli di accettazione ed effettuazione dei trasporti secondari assistiti; - definizione e caratteristiche dei mezzi e del personale di soccorso; - protocolli di triage; - protocolli di assistenza sul posto e in itinere; - definizione dei programmi di revisione della qualità; gestione del personale: - definizione dei programmi di aggiornamento e formazione; - caratteristiche della turnazione del personale nella Centrale operativa e dei mezzi di soccorso; - definizione delle caratteristiche generali del personale di eventuali altri enti (iter professionale richiesto, frequenza e programmi dei corsi di aggiornamento) . Sistema extra ospedaliero. Gli interventi extraospedalieri sono assicurati da Unità operative autosufficienti, coordinate dalla Centrale e costituite da mezzi e/o personale di soccorso dislocate sul territorio in modo da ridurre al minimo i tempi d’intervento, eventualmente anche con il concorso di enti e di associazioni pubbliche e private, in possesso della prevista autorizzazione sanitaria, sulla base di apposite convenzioni. Emergenze. a) Soccorso primario: 1) - ambulanza di soccorso con equipaggio composto da autista e da infermiere o soccorritore qualificato; 2) - auto medicalizzata con equipaggio composto da autista e medico abilitato per l’emergenza. b) Soccorso primario avanzato e secondario: 1) unità mobile di rianimazione: è necessario un mezzo ogni 100.000/150.000 abitanti, con sede in presidi ospedalieri; 2) eliambulanza: utilizzazione mirata e razionale (trasporti per pazienti critici, neonati a rischio, per trapianti di organi, ecc.). - Le unità operative semplici (ambulanze di soccorso) sono distribuite sul territorio tenendo conto di parametri generali (densità abitativa, viabilità, dati epidemiologici, ecc.) con l’obiettivo che ogni punto periferico sia raggiungibile in un tempo, di norma, non superiore a 15-20 minuti. Di norma le unita operative saranno localizzate seguendo le sottoelencate priorità: 1 - Ospedali (aree di Pronto Soccorso); 2 - Distretti sanitari; 3 - Altre sedi sanitarie dislocate sul territorio regionale. - Le auto medicalizzate avranno una distribuzione sovra-zonale e localizzazione preferibilmente ospedaliera o in alcuna delle sedi periferiche strategiche. I notevoli vantaggi derivanti dall’uso dell’auto medicalizzata sono evidenziati dalle considerazioni che seguono: a) svincola l’équipe medica dal trasporto diretto di pazienti; b) rende l’equipaggio estremamente mobile e agile sul territorio; c) è possibile attivare l’équipe solo su richieste motivate ed eventualmente interrompere l’intervento o dirottarlo su altri eventi; d) offre una notevole versatilità operativa, infatti può essere attivata: - direttamente dalla Centrale operativa eventualmente in contemporanea con 1’ambulanza di soccorso periferica, nei casi di evidente gravità; - su indicazione dell’ambulanza di soccorso inviata sul luogo dell’evento qualora, oltre la stabilizzazione, siano ritenuti necessari provvedimenti più specifici; in questi casi si può effettuare la medicalizzazione in itinere, con il trasbordo sull’ambulanza del medico e degli strumenti medicali necessari; - se a partenza da sede ospedaliera, può sostituire il mezzo mobile di rianimazione nel soccorso primario avanzato ed eventualmente inviare specifiche competenze mediche (pediatra, cardiologo, rianimatore, ecc.); - riduce notevolmente i costi di acquisto; ogni ambulanza di soccorso può trasformarsi, con il trasbordo dei materiali descritti appresso, in mezzo mobile di rianimazione. Per auto medicalizzata si intende un veicolo leggero con identificatori di emergenza (colorazione vistosa, sirena bitonale, lampeggiante azzurro) con a bordo un medico ed un autista che consente il diretto ed immediato intervento sul luogo dell’evento. Il veicolo è dotato delle seguenti attrezzature mediche alloggiate nel vano posteriore: - cardiodefibrillatore; - elettroaspiratore; - valigie farmaci/strumentario; - pallone Ambu adulti; - pallone Ambu pediatrico; - set intubazione completo in acciaio inox monouso; - respiratore ed accessori per assistenza respiratoria; - collari cervicali; - bombola 02 da 5 litri con riduttore di flusso, flussometro; - accessori tecnici (prese corrente 12 V e 220 V); - sistemi di comunicazione (radiofrequenza ed eventuale 900 MHz). - Le unita mobili di rianimazione avranno una localizzazione ospedaliera. La dotazione medicale e simile, nell’attrezzatura di base, a quella dell’auto medicalizzata, con possibilità di assemblare anche strumenti più sofisticati. - Le eliambulanze avranno valenza regionale. In considerazione degli elevati costi che un servizio di eliambulanza comporta, si può prevederne un’utilizzazione mirata e razionale eventualmente anche stabilendo rapporti con enti di soccorso non sanitari dotati di elicottero (VV.FF, Corpo Forestale, ecc.). In ogni caso l’eliambulanza è integrativa e non sostitutiva, né prioritaria nei tempi di realizzazione del servizio, della rete di mezzi terrestri di soccorso. Nonostante alcuni altri svantaggi, oltre il costo, quali la possibilità di volo solo in condizioni meteorologiche favorevoli, impossibilità di volo notturno strumentale se non tra aree attrezzate (aeroporti), l’eliambulanza motiva la sua competitività in: - rapidità d’intervento; - atraumaticità del trasporto (ogni organismo, specie in presenza di patologie traumatiche e non, può subire danni biologici a causa vibrazioni persistenti, soprattutto se comprese fra i 4 e i 12 Hz). Mentre le ambulanze presentano una frequenza vibratoria tra Ø e 15 Hz, insistente nello spettro della nocività, l’eliambulanza oscilla in un range tra l8 e 28 Hz, tra l’altro solo nelle fasi di decollo ed atterraggio. L’eliambulanza ha indicazioni particolari in: - trasporto secondario (interospedaliero di pazienti critici); - trasporto di neonati “a rischio” in incubatrici; - trasporto di forniture urgenti (sangue, plasma, antidoti, farmaci rari); - trasporti urgenti per trapianti d’organo; - trasporti primari su litorali, imbarcazioni e navi in transito, piattaforme; - trasporti primari nelle zone montane o altrimenti inaccessibili (con verricello di soccorso); - trasporti primari in incidenti di traffico, sportivi, ecc. Per quanto riguarda il personale non medico, l’impossibilita di avere disponibile un certo numero di infermieri professionali impone il ricorso ad altre figure di operatori. Il personale medico che opera sui mezzi di soccorso sarà costituito, di norma, da sanitari della guardia medica abilitati all’emergenza. Per i mezzi mobili di rianimazione e le eliambulanze la medicalizzazione verrà affidata, di norma e a seconda dei casi, a medici ospedalieri di aree critiche (Pronto Soccorso e Rianimazione). In casi particolari può essere prevista la presenza di altre competenze specialistiche (cardiologi, ecc). Per il trasporto del neonato a rischio verrà previsto un unico servizio a valenza regionale, facente capo alle Unità operative di Neonatologia degli Ospedali di L’Aquila e di Pescara. Urgenze. Guardia medica prefestiva, festiva e notturna. In considerazione della maggiore funzionalità del servizio assicurata dal coordinamento da parte della Centrale operativa collegata con i medici a mezzo di radiofrequenze o 900 MHz, dalla possibilità di assegnazione di nuovi incarichi “in itinere” senza necessità di ritorno in sede, dal minor carico di lavoro derivante dall’istituzione delle U.O. per le emergenze, dalla caduta dei rigidi schemi geografici di riferimento, le postazioni di guardia medica sono ridistribuite secondo parametri più rispondenti alla reali necessità del territorio. Di norma la postazione di guardia medica ha sede in ospedale o nei distretti sanitari. Dotazione: auto attrezzata di materiale medicale di soccorso e apparati di comunicazioni. Funzioni: la guardia medica assicura interventi domiciliari e territoriali sulle urgenze individuate dalla Centrale operativa su un bacino di riferimento, salvo indicazioni diverse della Centrale operativa. Le unità operative per l’emergenza e l’urgenza possono essere incrementate nel numero e/o nella dotazione organica, in occasione di incrementi stagionali o estemporanei di popolazione o per altre esigenze sanitarie, ricorrendo anche ad incarichi a tempo determinato. Sistema intraospedaliero Fermo restando quanto previsto dalla vigente normativa in materia di accettazione sanitaria, il sistema di emergenza sanitaria assicura: a) il servizio di pronto soccorso; b) il dipartimento di emergenza. Le funzioni di pronto soccorso Premesso che il pronto intervento di base viene comunque erogato da tutte le strutture ospedaliere del territorio, si individuano quali sedi di pronto soccorso attivo partecipanti al sistema di accettazione e di emergenza sanitaria gli ospedali dotati di un servizio autonomo di pronto soccorso, in grado di assicurare gli interventi necessari alla stabilizzazione del paziente, il trasporto protetto e almeno le seguenti competenze: - mediche; - chirurgiche; - di anestesia e rianimazione; - cardiologiche; - ortopediche; - pediatriche; - ostetriche; - di laboratorio di analisi chimico-cliniche; - radiologiche; - trasfusionali (banca sangue in attività). La responsabilità delle attività del pronto soccorso e il collegamento con le specialità di cui è dotato l’ospedale sono attribuiti nominativamente, anche a rotazione non inferiore a sei mesi, ad un medico con ex qualifica non inferiore ad aiuto, con documentata esperienza nel settore. Il dipartimento di emergenza. Quali sedi di dipartimento di emergenza vengono individuati gli ospedali principali dei quattro capoluoghi di provincia che, per la presenza di alte specializzazioni, costituiscono poli di riferimento infraregionale per l’emergenza. La responsabilità delle attività del dipartimento e il coordinamento con le unità operative specialistiche di cui è dotato l’ospedale sono attribuiti nominativamente, anche a rotazione non inferiore a sei mesi, ad un secondo livello dirigenziale medico, chirurgo o rianimatore, con documentata esperienza nel settore. La realtà regionale. La Regione Abruzzo ha già realizzato, attraverso la SIP, le Centrali operative per la ricezione di chiamate con il numero 118 e la rete telefonica, per mezzo di linee dedicate, necessaria al collegamento fra le Centrali medesime e i reparti ospedalieri d’urgenza. Le Centrali sono già ubicate in ogni capoluogo di provincia e saranno organizzate di norma su base provinciale, previa intesa tra la U.S.L. e le Aziende ospedaliere con attività di supporto di Centrali minori ubicate in Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto, sedi di distretto telefonico. Le funzioni di coordinamento regionale, nei casi in cui l’evento interessi più ambiti territoriali o non ne sia possibile la risoluzione con la sola organizzazione dell’ambito di riferimento, saranno espletate dalle Centrali operative di Pescara e Teramo. Il sistema deve essere completato con una rete di radiocollegamenti, indispensabile per assicurare i contatti fra la Centrale e gli operatori e i mezzi presenti sul territorio, e di un sistema informativo in grado di fornire in tempo reale tutti i dati indispensabili per le operazioni di emergenza (disponibilità posti letto, informazioni sull’organizzazione, dislocazione mezzi, ecc.) ed eventuali altri dati (es. statistiche). Gli impianti di comunicazione telefonica sono già collaudati. Potrà pertanto valutarsi l’opportunità di attivare il 118, in ambito provinciale, dove siano presenti condizioni di organizzazione utili per una prima fase di attività e sia possibile sfruttare l’esistenza di frequenze locali per i radiocollegamenti, con l’obiettivo, della realizzazione del sistema nell’arco del triennio 1994/1996. A tal fine, per la rapidità degli interventi, potranno essere assunte dalla Giunta regionale, se del caso, le opportune determinazioni. L’auspicabile presenza di nuclei territoriali già funzionanti faciliterà senz’altro la realizzazione totale dei servizi integrati per l’emergenza. Maxi - emergenze. Di concerto fra il Servizio Protezione Civile e il Settore Sanità della Regione saranno individuati gli adeguamenti da apportare all’organizzazione dei servizi urgenze-emergenze sanitarie e i piani di intervento intra-ospedaliero ed extra-ospedaliero, da adottare al verificarsi di eventi calamitosi causa di maxiemergenze, per fronteggiare le emergenze di carattere sanitario da tali eventi originate. Codifica degli interventi. Gli interventi di emergenza saranno classificati sulla base dei criteri di codificazione previsti dal decreto del Ministro della sanità 15 maggio 1992 e sue eventuali successive modificazioni e integrazioni, anche ai fini delle registrazioni necessarie per documentare le attività svolte e i soggetti interessati . Il trasporto di infermi e feriti. L’autorizzazione all’esercizio delle attività di trasporto di infermi e feriti è concessa, nei limiti delle esigenze del sistema sanitario, con decreto Presidente Giunta regionale previo accertamento dei requisiti tecnici effettuato dalla U.S.L. ad enti, istituti, organizzazioni ed associazioni di volontariato. Sono esclusi da detta autorizzazione i servizi di autoambulanza gestiti dalla Croce Rossa Italiana e da enti e corpi dello Stato quali Forze Armate e Vigili del Fuoco. Sono fatte salve le autorizzazioni attualmente in vigore rilasciate da organismi regionali. Le tariffe relative al trasporto di infermi e feriti sono stabilite dalla Giunta regionale, su proposta dell’Assessorato regionale alla sanità-igiene-sicurezza sociale sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali. I titolari delle autorizzazioni devono provvedere, almeno una volta ogni sei mesi e ogni qualvolta sia necessario a proprie spese, alla generale pulizia e alla disinfezione degli ambienti, degli arredi, dei veicoli, nonché alla loro manutenzione; tali operazioni devono essere registrate su un apposito registro e controfirmate dal responsabile sanitario e sono soggette a periodiche verifiche da parte della U.S.L., competente per territorio. In caso di violazione delle disposizioni di cui al presente Piano sanitario regionale la U.S.L. competente per territorio può ordinare, previa diffida, la sospensione dell’attività fino a quando le cause che hanno determinato il provvedimento non siano state rimosse: in caso di ripetute o gravi violazioni la U.S.L. può richiedere la revoca dell’autorizzazione (13) . 3.2 - La medicina generica di base. Premessa. La programmazione regionale, nel contesto del riordinamento della rete ospedaliera, la limitazione delle lungodegenze e l’obbligo di attivare ovunque i day hospital al fine di favorire la deospitalizzazione, deve necessariamente prevedere il potenziamento dei servizi territoriali. Con una tale impostazione si ha l’attuazione di un duplice fine: 1) notevole attenzione ai bisogni dei cittadini che comporta l’impegno a risolvere i problemi sanitari “prevalentemente nel luogo di abituale insediamento”, senza sradicamenti o disagi sociali ed economici; 2) assicurare la “continuità assistenziale” con il potenziamento dei Servizi territoriali ed il trattamento in sede locale di tutta la casistica che non richieda il ricovero ospedaliero, agevolando l’integrazione tra i servizi territoriali: Medicina Generale, Pediatrica di base, Specialistica, Attività consultoriale, Servizi semiresidenziali, Residenze sanitarie assistenziali. Convenzione unica per le diverse attività mediche. (13) Si veda anche art. 2 della L.R. n. 24 del 1996. Per la “disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali” si fa riferimento a quanto verrà stabilito in sede nazionale con la prevista convenzione unica. Accesso alla nuova convenzione. Saranno predisposti in base ai quali sarà disciplinato l’accesso alle attività che devono essere espletate nell’ambito del nuovo accordo. Creare, cioè, le premesse funzionali che rendano possibile il raccordo tra gli obiettivi del Piano sanitario regionale e l’art. 8/502 che disciplina normativamente l’attività dei medici necessari per il raggiungimento degli obiettivi stessi. A tal fine si rende necessario prevedere: a) trasferimento a richiesta dei medici già iscritti negli albi della generica e non incompatibili ai sensi della legge n. 412 del 30 dicembre 1991 nelle zone che si renderanno prossimamente carenti; b) concessione del tempo pieno in un’unica convenzione ai medici di guardia medica e di medicina dei servizi che ne facciano richiesta permettendo, comunque, ai restanti titolari la priorità, a domanda, di operare su opzione nel rispetto del tetto consentito in più ambiti convenzionali; c) aprire la possibilità di inserire altri medici in convenzione solo dopo aver soddisfatto i precedenti punti; d) prevedere un rapporto ottimale adeguato alla possibilità di libera scelta da parte dei cittadini e di corretta organizzazione e manuntenzione degli ambulatori e) istituire e far rispettare un massimale di cittadini in carico a ciascun medico, tenuto conto che tale massimale deve prevedere la possibilità per l’operatore di avere un’ampia statistica clinica e la possibilità di fare eventuale e ricerca; f) incentivare a tal fine l’esercizio della Medicina di gruppo; g) incentivare l’uso della moderna tecnologia negli ambulatori degli operatori; h) istituire corsi di formazione permanente a frequenza obbligatoria ed a partecipazione intercategoriale (medici di medicina generale, specialisti ed ospedalieri). Obiettivo assistenza sanitaria di base e correlativa attività. L’obiettivo dell’Assistenza sanitaria di base è quello di promuovere la salute, mediante attività di Educazione sanitaria e Medicina preventiva individuale, Diagnosi, Cura e Riabilitazione di primo livello. Le attività e le prestazioni di medicina generale e pediatrica si svolgono presso le strutture sanitarie già esistenti, o presso i distretti ed i poliambulatori. Il livello di Medicina Generale, Pediatria di libera scelta è costituito dal complesso delle attività e prestazioni di seguito elencate: - visita medica ambulatoriale; - visita medica domiciliare, in caso di impossibilità dell’assistito ad accedere all’ambulatorio del medico curante; - visita occasionale in caso di necessità in località diversa da quella di residenza del cittadino; - consulto con il medico specialista, in sede ambulatoriale o domiciliare, anche mediante l’accesso presso istituti di ricovero in fase di accettazione, degenza o dimissione del paziente; - rilascio della certificazione medica obbligatoria ai sensi della vigente legislazione; - prescrizione di farmaci e di prestazioni di assistenza integrativa; - richiesta di visite specialistiche, prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio ed altre prestazioni specialistiche in regime ambulatoriale; - proposta di ricovero in strutture di degenza anche a ciclo diurno; - proposta di invio a cure termali; - definizione e gestione del piano di trattamento individuale domiciliare di pazienti non deambulabili ed anziani; - rispetto dei programmi di V.R.Q. Si rende necessario quindi: a) istituzionalizzare un corretto rapporto informativo tra specialista ospedaliero e medico di medicina generale; b) deburocratizzare al massimo le prestazioni del medico di base; c) incentivare i ricoveri domiciliari, l’assistenza programmata ed integrata domiciliare al fine di razionalizzare la spesa ospedaliera e aumentare la fiducia e la collaborazione dei cittadini, fornendo ai medici di medicina generale i necessari supporti socio-sanitari domiciliari; d) attuare la verifica della qualità dell’organizzazione e delle prestazioni (V.R.Q.). Guardia medica - Emergenza territoriale. La guardia medica in forma attiva conta attualmente in Abruzzo circa 100 sedi in cui operano sanitari che garantiscono la copertura di turni prefestivi-festivi-notturni. Essendo ancora in fase di allestimento il Dipartimento di emergenza territoriale (D.A.E.U.), la guardia medica garantisce attualmente sia l’urgenza che l’emergenza. In osservanza dell’art. 22, del D.P.R. n. 41 del 1991 la Regione Abruzzo ha già terminato un primo corso per la selezione di personale riqualificato per l’emergenza; detto personale sarà impiegato sul territorio e per i compiti identificati nel D.P.R. di riferimento. A tal fine saranno privilegiate modalità di impiego a tempo pieno di detto personale nel programma per l’emergenza. L’obiettivo è la razionalizzazione del servizio di guardia medica creando le premesse funzionali per la sua integrazione nel D.A.E.U. Poiché la Regione Abruzzo sta predisponendo un D.A.E.U. nel quale il servizio di guardia medica è integrato funzionalmente, si ritiene indispensabile che detto servizio continui ad essere prestato in ambito territoriale. È prioritario identificare sia il numero delle sedi di guardia medica collocate in ambito distrettuale e che saranno collegate alle Centrali operative sia il contingente medico necessario per la copertura dei servizi. Dovranno essere prioritariamente i medici di guardia medica riqualificati con il corso per l’emergenza ed in servizio a tempo indeterminato al 30 dicembre 1993, a garantire l’emergenza sul territorio, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 8, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 517 del 1993. Si ritiene utile che ove possibile a detti operatori sia affidata anche la prima risposta sanitaria telefonica nella Centrale operativa, fermo restando il rapporto gerarchico con il responsabile sanitario (aiuto ospedaliero) della centrale stessa. Detta soluzione renderebbe possibile l’eventuale “surroga” degli infermieri ai quali è demandata, nella norma, detta funzione nel D.P.R. 27 marzo 1992 per l’emergenza. La possibilità che dal punto di vista organizzativo-gestionale le Centrali operative possono ispirarsi a criteri attuativi diversi, purché compatibili con gli standard di organizzazione, professionalità ed operatività...” rende attuabile la soluzione prospettata . Medicina dei servizi. Il contratto di medicina dei servizi è stato sostanzialmente strumento normativo ed economico per l’acquisizione di personale medico non specialistico. In Abruzzo gli ambiti operativi sono stati ribaditi con delibera della Giunta regionale n. 2923 del 7 maggio 1992 e sostanzialmente sono quelli della Medicina Preventiva di Comunità. Infatti vari servizi delle U.L.S.S. hanno acquisito personale medico tramite il contratto della medicina dei servizi per coprire le carenze degli organici massimamente nel settore più scoperto, quello della prevenzione. I compiti affidati sono di istituto e tutti previsti dalla legge n. 833 del 1978 e dalla legge n. 10 del 1980 regionale. I medici dei servizi garantiscono in buona parte delle U.L.S.S. abruzzesi le attività di cui alla circolare regionale n. 10205/4 del 19 maggio 1992 ed operano già a tempo pieno nelle U.L.S.S. di Vasto, di Pescara, di S. Omero, di Ortona, di Teramo e di Avezzano. I medici dei servizi a tempo indeterminato al 30 dicembre 1993 sono da considerarsi ad esaurimento ai sensi del coordinato disposto D.Lgs. n. 502 del 1992 e D.Lgs. n. 517 del 1993 e come tali da inquadrare nei servizi della U.S.L. ed ospedalieri (art. 8). L’obiettivo è quello di ottimizzare i servizi attualmente garantiti e razionalizzare, nel contempo, l’impiego del personale favorendo l’impegno a tempo pieno dello stesso; evitando di ricorrere a forme di incarico precario. Attualmente ogni U.L.S.S. ha un proprio protocollo operativo e anche il numero dei sanitari impiegati nei servizi è disomogeneo. È necessario creare protocolli operativi regionali che garantiscano le attività di medicina di comunità (medicina scolastica preventiva, educazione sanitaria e campagna AIDS, vaccinazione di massa obbligatoria, come per l’epatite B, e facoltative, medicina di base consultoriale) e che rispondano a parametri uniformi riguardo al rapporto operatore-numero utenti. anche per soddisfare le necessità della U.S.L. che garantisce con medici dei servizi la medicina fiscale e che impiega detti sanitari nei servizi di medicina del lavoro, nella medicina iniettiva e dei prelievi e nei presidi di diagnosi e cura occorre, quindi, assorbire detti sanitari nei servizi di appartenenza, con pari dignità operativa rispetto ai medici dipendenti. I compiti attualmente garantiti con la medicina dei servizi saranno quindi rimessi ai servizi della U.S.L. che provvederà a garantirli utilizzando il personale della nuova pianta organica. La riconduzione di detti sanitari ai servizi nei quali, di fatto, sono già inquadrati costituisce un’operazione di “consolidamento dell’esistente” a costo consente il più ampio utilizzo dei medici dei servizi. È necessario, inoltre: 1) attuare in ciascuna U.S.L. i parametri regionali più volte identificati riguardo il rapporto operatoripopolazione ed i compiti di istituto; 2) assegnare sollecitamente le ore carenti ai medici dei servizi a tempo indeterminato incentivando l’opzione per il tempo pieno e l’impiego del personale in aree omogenee di attività, al fine di favorirne l’arricchimento professionale ed una più semplice gestione. [3.3 Il riordino dell’assistenza specialistica ambulatoriale. L’erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale viene affidata a diverse strutture tipologiche: - il poliambulatorio ospedaliero; - il Distretto sanitario di base; - l’ambulatorio specialistico convenzionato esterno, nelle more della nuova tipologia di accreditamento prevista dall’art. 8, 5° comma del testo aggiornato del decreto legislativo n. 502 del 1992. In riferimento all’obiettivo generale - affermato anche a livello nazionale - di assicurare livelli uniformi di assistenza sanitaria, vengono di seguito determinate alcune indicazioni riguardanti gli standard di organizzazione e di attività dell’assistenza specialistica ambulatoriale che tengano conto della particolare flessibilità organizzativa che le norme legislative e contrattuali consentono nel settore. Per quanto attiene alle strutture, siano esse pubbliche che private, occorre garantire l’osservanza dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi che saranno emanati in applicazione del punto 4 - art. 8 D.Lgs. n. 502 del 1992 nonché delle norme nazionali in materia di protezione antisismica, protezione antincendio, protezione acustica, sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza antinfortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle radiazioni ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche, smaltimento dei rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas, materiali esplodenti, anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti del servizio. I principi in base ai quali questa Regione deve definire le modalità del soddisfacimento del livello uniforme di assistenza sanitaria specialistica riguardano: a) la valorizzazione delle strutture pubbliche, elevandone il potenziale tecnologico qualitativo e accrescendone la funzione di servizio attraverso forme di prenotazione unificata, nonché attraverso un allungamento dei tempi di apertura degli ambulatori specialistici pubblici e con un uso più intenso e produttivo delle strumentazioni di alta tecnologia, secondo corretti ed economici rapporti di ammortamento degli investimenti ad alto costo. b) il rispetto del pluralismo delle istituzioni e la conseguente apertura di spazi di collaborazione a favore di professionisti privati e di istituzioni private, come arricchimento della gamma delle risposte del Servizio sanitario ai bisogni dei cittadini e come introduzione di un fattore concorrenziale e di stimolo, sia per il pubblico che per il privato, per il miglioramento dell’assistenza erogata; nelle more del superamento delle convenzioni entro il 1995, in conformità dei principi del D.Lgs. n. 502 del 1992 modificato con D.Lgs. n. 517 del 1993, i D.S.B. assicurano il coordinamento del sistema dei presidi e delle istituzioni sanitarie pubbliche con quelle private, che normalmente integrano detto sistema e talvolta lo suppliscono in attività in cui il pubblico al livello locale o regionale non sia presente (litotripsia, chiroterapia, RMN, ecc.); c) l’ampliamento della sfera di libertà del cittadino, ricercando il giusto equilibrio tra il minimo indispensabile di salvaguardia delle esigenze del sistema dell’offerta e il massimo possibile del rispetto delle esigenze della domanda, entro il limite oggettivo delle disponibilità finanziarie per lo specifico livello assistenziale. Occorrerà inoltre definire, in base ad una preliminare ricognizione dell’esistente, standard e parametri indicativi, che consentano di stabilire il fabbisogno quantitativo e qualitativo, generale e specifico, di assistenza specialistica sul territorio, la tipologia delle prestazioni e la conseguente dotazione strumentale per ciascuna attività specialistica e per ciascuna struttura poliambulatoriale assicurando l’adeguamento delle strutture e delle attrezzature al progresso scientifico e tecnologico. Questo potrà permettere la misurazione della produttività delle singole branche specialistiche, commisurata ed adattata alla particolare situazione orografica e di viabilità del territorio, e confrontata con i dati demografici, economici e sociali riguardanti la popolazione e il suo stato di salute. La sistematicità e l’organicità della lettura e della valutazione del fabbisogno di assistenza specialistica verrà facilitata dall’introduzione dei Centri unici di prenotazione (C.U.P.). Per le prestazioni specialistiche a carico del Servizio sanitario regionale, anche ai fini dell’acquisizione di elementi informativi su cui fondare le verifiche di cui al punto precedente, vanno gradualmente nel tempo previsti l’obbligo della prescrizione su ricetta a lettura automatica, l’adozione del codice fiscale come numero distintivo del cittadino, l’adozione dei codici nazionali delle prescrizioni ai fini delle rilevazioni, del sistema informativo sanitario, la lettura automatica delle ricette con conseguente gestione informatizzata delle informazioni su di esse presenti per fini amministrativi, di controllo e di informazione sistematica ai singoli prescrittori ed esecutori delle prescrizioni, l’attivazione delle commissioni professionali di verifica e revisione della qualità e lo svolgimento dei programma di valutazione previsti dal contratto di lavoro e dalle convenzioni con riferimento all’assistenza specialistica. Nel quadro del sistema integrato di controllo sui meccanismi di spesa vanno trasmessi al Settore Sanità della Regione sistematicamente gli indicatori di risultato relativi a ciascuna struttura, pubblica o privata convenzionata, operante nel settore dell’assistenza specialistica, ai fini delle comparazioni di produttività. Obiettivo prefissato è quello di ridurre a livelli “fisiologici” i tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni di assistenza specialistica secondo le seguenti linee di tendenza previste dall’atto di intesa tra Stato e Regioni per la definizione del Piano sanitario nazionale relativo al triennio 1994-1996: - per le indagini di laboratorio: esecuzione entro quarantotto ore, fatti salvi esami che per ragioni tecniche vengono eseguiti con periodicità programmata e le situazioni di urgenza; - per la diagnostica per immagini: salvo urgenze, esecuzione entro cinque giorni; - per le visite specialistiche e la diagnostica strumentale: salvo urgenze, esecuzione entro sette giorni. Anche l’apertura al pubblico deve essere prevista da 5 a 6 giorni alla settimana, in conformità agli orari di apertura delle strutture pubbliche in generale, possibilmente con due turni giornalieri di lavoro in rapporto al carico lavorativo e al tipo di organizzazione complessiva adottata, e con prioritario riguardo alle esigenze della popolazione da assistere. Poiché attualmente non risulta attivato in alcuna Regione un sistema informativo delle prestazioni ambulatoriali su base individuale, altro obiettivo prefisso è, pertanto, quello di organizzare il sistema informativo su base individuale. Per ogni prestazione vanno rilevate le caratteristiche di identificazione del paziente e della prestazione erogata introducendo una scheda ambulatoriale individuale. Per quanto attiene alle tariffe si deve distinguere tra una specialistica “normale” ed una “ad alto costo”. La prima è quella per cui esiste l’elenco nel tariffario nazionale prodotto dal Ministero a cui si fa riferimento per i costi. Per le prestazioni ad alto costo non comprese in tale tariffario valgono le tariffe stabilite nelle convenzioni regionali. D’altra parte, a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 15 aprile 1994 con il quale sono stati stabiliti i nuovi criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, la Giunta regionale determinerà le nuove tariffe da applicare nel proprio ambito territoriale. Ciò presuppone l’instaurazione dei nuovi rapporti previsti dall’art. 8 del citato D.Lgs. n. 502 del 1992 fondati sul criterio dell’accreditamento delle strutture, sulla base di criteri di integrazione pubblico-privato, sulle modalità di pagamento a prestazioni e sulla facoltà di libera scelta delle suddette strutture o dei professionisti da parte dell’assistito . Nel frattempo valgono comunque le seguenti indicazioni: - le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio erogate direttamente devono essere rese entro quattro giorni dalla richiesta; - in caso d’impossibilità a rendere direttamente le prestazioni nel termine sopra indicato, il cittadino ha diritto di essere autorizzato, a richiesta, a rivolgersi ad una struttura convenzionata, che deve essere in condizioni di soddisfare la richiesta entro il termine stabilito di quattro giorni; - le prestazioni specialistiche, ovunque rese, devono corrispondere agli standard di qualità formalizzati da apposite normative o come tali riconosciuti dalla letteratura scientifica di settore e devono essere sottoposte ai controlli di qualità definiti dal Servizio sanitario nazionale. Salvo diverse disposizioni statali, si stabilisce che per quanto riguarda le seguenti apparecchiature ad alta tecnologia occorre apposita autorizzazione della Giunta regionale per l’installazione ed uso: - tomografia assiale computerizzata (T.A.C.) - risonanza magnetica nucleare (R.M.N.) - tomografia ad emissione di positroni (P.S.F.T.).] (14) (14) L'art. 13, comma 1, terzo alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:… - quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28 speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento 3.4 La nuova disciplina dell’attività degli stabilimenti di fisiokinesiterapia e terapia fisici, dei laboratori di analisi, dei laboratori di diagnostica, di medicina nucleare e dei poliambulatori. Stabilimenti di fisiokinesiterapia e di terapia fisica. Al fine di assicurare livelli uniformi di assistenza sanitaria, vengono di seguito determinate alcune indicazioni riguardanti gli standard d’organizzazione e di attività degli stabilimenti di fisiokinesiterapia e terapia fisica. Sono considerati stabilimenti privati di fisiokinesiterapia o terapia fisica le strutture non pubbliche che forniscono prestazioni per la prevenzione e cura di malattie e stati invalidanti. Gli stabilimenti privati di fisiokinesiterapia o terapia fisica erogano di norma prestazioni previste dall’accordo collettivo nazionale di cui al D.P.R. n. 120 del 23 marzo 1988. Chiunque intende aprire, trasformare, ampliare struttura o relativa attività o trasferire in altra sede uno stabilimento privato di fisiokinesiterapia o terapia fisica deve inoltrare domanda al Presidente della Giunta regionale per il tramite della U.S.L. competente all’istruttoria. La U.S.L. provvede: - ad accertare la regolarità della documentazione presentata; - ad acquisire il parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le U.S.L.; - alla verifica della compatibilità della struttura per quanto attiene alle carenze degli stabilimenti di fisiokinesiterapia o terapia fisica nell’ambito del territorio comunale, tenendo conto anche della distanza ove è ubicato un altro stabilimento. In ogni caso la necessità della zona va intesa nel senso che non possono essere rilasciate autorizzazioni di stabilimenti di fisiokinesiterapia o terapia fisica nelle località il cui fabbisogno di prestazioni risulti già soddisfatto da altri presidi pubblici e privati operanti nell’ambito territoriale comunale, nei rapporti di uno stabilimento ogni 20.000 abitanti, ovvero di un unico stabilimento nel caso di Comuni con una popolazione inferiore a 20.000 abitanti (15). Ai fini delle autorizzazioni già richieste ed in corso di esame o delle denuncie di inizio di attività di cui all’art. 2, comma 10, della legge n. 537 del 1993 presentate al componente la Giunta preposto al Settore Sanità alla data di entrata in vigore della presente legge, i vincoli posti dal presente PSR al numero degli stabilimenti di fisiokinesiterapia e terapia fisica non assumono rilevanza. Il rilascio dell’autorizzazione è di competenza del Presidente della Giunta regionale su proposta del Settore Sanità . Laboratorio analisi. L’attività diagnostica di laboratorio ricomprende la chimica-clinica, l’ematologia, la microbiologia, l’immunoematologia con attività trasfusionali, l’anatomia e la citoistologia patologica. L’indagine diagnostica di laboratorio si rende necessaria al supporto dell’assistenza sanitaria di base della specialistica ambulatoriale ed ospedaliera nonché per indagini di controllo di gruppi di popolazione. L’obiettivo primario da raggiungere nell’arco di validità del P.S.R. è la realizzazione tra le strutture pubbliche e private di un’organizzazione funzionalmente integrata. Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare struttura o prestazioni o trasferire in altra sede il laboratorio di analisi deve inoltrare al Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale per il tramite della U.S.L., competente per l’istruttoria, apposita domanda corredata da idonea documentazione. L’U.S.L. competente per territorio provvede all’istruttoria della domanda e all’accertamento dei requisiti previsti ed acquisisce all’occorrenza, in caso di esito positivo, il parere della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali. Il Presidente della Giunta regionale rilascia il provvedimento finale di autorizzazione con proprio decreto. Qualora siano state presentate più domande, in eccedenza alle necessità di una determinata zona, la Giunta regionale con le modalità innanzi fissate autorizza preferenziando i richiedenti in base ai seguenti elementi: a) ubicazione del laboratorio e degli eventuali centri di prelievo in relazione agli altri presidi dia gnostici pubblici e/o privati esistenti nella zona; delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4 al capitolo “Poliambulatori”.». (15) Per l’interpretazione autentica di tale comma si veda art. 1 della L.R. n. 55 del 1996 che recita: “Interpretazione autentica - La disposizione del capitolo 3, punto 3.4, capo 1°, comma 6°, deve essere intesa nel senso che i vincoli posti sono riferiti al rapporto intercorrente tra popolazione e strutture di fisiokinesiterapia o terapia fisica convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, mentre restano non contingentate le richieste di autorizzazione di libera iniziativa privata ed autonoma gestione degli stabilimenti”. b) qualità del laboratorio in relazione alle attività, agli spazi, alle attrezzature; c) tipo di laboratorio (generale di base con o senza settori specializzati, laboratori specializzati) in relazione a quanto previsto dalla Regione per la zona carente; d) mancanza di partecipazione in qualità di socio o di titolare unico alla gestione di altre strutture diagnostiche; e) data di presentazione della domanda. La necessità della zona va intesa nel senso che non possono essere rilasciate autorizzazioni per laboratori e/o centri di prelievo nelle località il cui fabbisogno di prestazioni risulti già soddisfatto da altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale nel rapporto recuperabile di un laboratorio generale di base e/o un punto di prelievo ogni 20.000 abitanti. Il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione, d’intesa con la U.S.L. competente per territorio, promuove il controllo di qualità degli esami diagnostici delle strutture pubbliche e private. Il controllo di qualità intralaboratorio ha lo scopo di garantire costantemente l’affidabilità del dato analitico. Il controllo di qualità interlaboratorio ha lo scopo di garantire l’uniformità dei risultati analitici nei laboratori della Regione. A tal fine la Giunta regionale individua, fra le strutture pubbliche della Regione, apposito centro di riferimento che provvede: a) all’acquisizione, conservazione e distribuzione degli standard e dei campioni di controllo per i programmi interlaboratorio, tenuto conto anche delle indicazioni degli organismi sanitari internazionali; b) alla valutazione statistica dei risultati dei programmi interlaboratori; c) alle ispezioni periodiche della documentazione dei programmi interlaboratorio; d) alle attività di consulenza per le questioni emergenti dai controlli. Il centro di riferimento comunica i risultati dei singoli controlli al laboratorio interessato ed alla U.S.L., nonché semestralmente un riepilogo riassuntivo al Settore Sanità della Regione. Il centro di riferimento, inoltre, in relazione al controllo di qualità interlaboratorio, provvede alle ispezioni periodiche delle carte di controllo ed all’attività di consulenza. Nel caso in cui i risultati delle analisi superino le deviazioni definite come massime tollerabili per ciascun parametro e metodica, il centro di riferimento in collaborazione con il laboratorio ne analizza i possibili motivi e propone le opportune modifiche alle attrezzature e alle metodiche utilizzate. Continuando a verificarsi tali irregolarità il centro di riferimento invia apposita relazione al Presidente della Giunta regionale che diffida il laboratorio a sospendere il ricorso alla metodica contestata e a eliminare le cause entro il più breve tempo possibile. Qualora il laboratorio non ottemperi a quanto prescritto con la diffida, il Presidente della Giunta regionale provvede a revocare l’autorizzazione. In relazione ai controlli di qualità intralaboratorio e interlaboratorio la Conferenza permanente per rapporti fra la Regione e le U.S.L., sentita dalla Giunta regionale anche al fine dell’emanazione degli indirizzi e delle direttive di natura tecnico-scientifica, propone l’aggiornamento delle modalità di espletamento dei controlli di qualità e ne verifica i risultati. Con apposito provvedimento della Giunta regionale da emanarsi entro trenta giorni dall’approvazione della presente legge, d’intesa con la V° Commissione consiliare, saranno fissati i requisiti strutturali e di personale dei laboratori in parola, nel rispetto della normativa nazionale in vigore. Sono abrogate le norme di cui alla L.R. n. 53 del 1978. Laboratori di diagnostica per immagini. Sono laboratori di radiologia quelli che detengono ed impiegano, sia a scopo terapeutico che a scopo diagnostico, apparecchi contenenti sostanze radioattivo in forma sigillata o apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti. Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare, struttura o prestazioni ovvero trasferire in altra sede un laboratorio radiologico deve inoltrare al Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Regione Abruzzo per il tramite della U.S.L. competente per territorio apposita domanda corredata da idonea documentazione. L’istruttoria della domanda è svolta dalle U.S.L. che provvede ad acquisire anche il parere della conferenza permanente per i rapporti tra la Regione e le U.S.L. Compete alle stesse U.S.L. acquisire il parere della Commissione per la protezione della popolazione contro i rischi da radiazioni ionizzanti. Non sono soggetti all’autorizzazione gli apparecchi radiologici di diagnostica impiegati a scopo complementare della professione medica o veterinaria. I possessori di tali apparecchi devono darne comunicazione, ai sensi dell’art. 92 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, alla Unità sanitaria locale nel cui territorio è installato l’apparecchio. Il rilascio dell’autorizzazione è di competenza del Presidente della Giunta regionale su proposta del Settore Sanità. Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno di prestazioni di laboratori di diagnostica per immagini risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale nel rispetto comunque di un rapporto non superabile di un laboratorio ogni 20.000 abitanti che ne costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland) . Laboratori di medicina nucleare. Sono laboratori di medicina nucleare quelli nei quali sono utilizzati a scopo diagnostico e/o terapeutico i radionuclidi non sigillati in forma libera e/o composta. I laboratori di medicina nucleare si classificano in: a) laboratori di medicina nucleare generali che eseguono prestazioni diagnostiche sia in “vivo” che in vitro; b) laboratori di medicina nucleare in “vivo” eseguono prestazioni diagnostiche che prevedono la somministrazione di sostanze radioattive e misure esterne su pazienti; c) laboratori di medicina nucleare in vitro che eseguono prestazioni che prevedono misure di radioattività su campioni biologici dopo somministrazione “in vivo” o aggiunta “in vitro” di traccianti radioattivi. L’attività terapeutica può essere effettuata solo nei laboratori di cui alla lett. c). Per l’autorizzazione all’apertura, all’ampliamento, alla trasformazione o al trasferimento di laboratori di medicina nucleare, la cui competenza è del Presidente della Giunta regionale, occorre inoltrare domanda al Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Giunta regionale per il tramite della U.S.L. competente all’istruttoria, corredata da idonea documentazione. Compete alla U.S.L. acquisire il parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra la Regione e le U.S.L. L’U.S.L., competente per territorio dopo l’istruttoria, trasmette la domanda e relativa documentazione al Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Giunta regionale unitamente al parere espresso dalla Commissione per la protezione contro i rischi di radiazioni ionizzanti appositamente dalla stessa richiesto. In caso di utilizzo di metodiche non radioattive l’U.S.L. deve esprimere il proprio parere in merito alla funzionalità ed alla qualità delle metodiche adottate dalla struttura. Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno di prestazioni di laboratori di medicina nucleare risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale nel rispetto comunque di un rapporto non superabile di un laboratorio ogni 20.000 abitanti, che ne costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland). [Poliambulatori. Per poliambulatori si intendono tutti i servizi e presidi privati aperti al pubblico ove si dia luogo da parte di più sanitari all’erogazione ambulatoriale di molteplici prestazioni rientranti nell’ambito di diverse specialità. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei poliambulatori è concessa con delibera della Giunta regionale su proposta del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale previo accertamento dei requisiti tecnici effettuato dalla U.S.L. competente e del parere della Conferenza permanente per i rapporti con la Regione e le Unità sanitarie locali. Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare struttura o prestazioni o trasferire in altra sede un Poliambulatorio deve inoltrare domanda per il tramite della U.S.L. competente per territorio al Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione. In caso di richiesta di apertura, nell’ambito del poliambulatorio, di un laboratorio di analisi o di un laboratorio radiologico, devono essere osservate tutte le norme previste per il rilascio delle autorizzazioni in materia. L’istruttoria della domanda è svolta dalla U.S.L. a cui compete acquisire il parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra la Regione e le U.S.L. Non possono essere rilasciate autorizzazioni nella località il cui fabbisogno di prestazioni di poliambulatori risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti dell’ambito territoriale nel rispetto comunque di un rapporto non superabile di un poliambulatorio ogni 20.000 abitanti, che ne costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland). Ai fini delle autorizzazioni già richieste ed in corso d’esame o delle denuncie di inizio di attività presentate al Settore Sanità alla data di entrata in vigore del presente piano, i vincoli posti, nel rapporto di un poliambulatorio ogni 20.000 abitanti, non assume rilevanza.] (16) (16) L'art. 13, comma 1, terzo alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:… - quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28 speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento 3.5 - L’assistenza farmaceutica. Premessa. In materia farmaceutica, il presente piano si propone di realizzare una corretta politica del farmaco attraverso la realizzazione di un progetto che assicuri, da un lato, il miglioramento delle prestazioni e, dall’altro, il contenimento della spesa farmaceutica. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante la ridefinizione del servizio farmaceutico sull’intero territorio regionale con l’attribuzione alle varie strutture di specifiche funzioni che consentano: - un efficace controllo sulla gestione del farmaco all’interno della struttura pubblica; - l’adozione di misure finalizzate alla razionalizzazione del consumo dei farmaci e al contenimento della spesa farmaceutica; - la realizzazione di programmi organici di intervento nel campo dell’informazione e dell’educazione sanitaria; - lo snellimento delle procedure di acquisto dei farmaci e del restante materiale sanitario secondo principi di economicità e trasparenza; - l’effettuazione di indagini di tipo epidemiologico e statistico, ivi comprese quelle di farmacovigilanza clinica, nell’ambito dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale; - una capillare azione di vigilanza sul corretto svolgimento dell’attività farmaceutica da parte delle farmacie convenzionate. A tal fine la struttura istituita presso il Settore Sanità Igiene Sicurezza Sociale nell’ambito dell’area tecnicosanitaria dovrà provvedere, oltre alle funzioni di coordinamento e di indirizzo ed ai compiti attualmente svolti in materia di concorsi, piante organiche, dispensari farmaceutici, autorizzazioni e decadenze: - alla raccolta ed all’elaborazione dei dati relativi all’attività farmaceutica, allo scopo di predisporre specifici progetti-obiettivi finalizzati alla razionalizzazione del consumo del farmaco e al contenimento della spesa farmaceutica; - alla stipula di protocolli di intesa con gli Ordini dei Farmacisti e con le associazioni di categoria per la realizzazione di programmi di emergenza, di farmacovigilanza, di informazione e di educazione sanitaria e con l’Istituto Mario Negri. Adempimenti della U.S.L. in materia di assistenza farmaceutica. In merito alla specifica materia farmaceutica l’U.S.L.: - predispone, su indicazione dei direttori delle farmacie interne ospedaliere e dei responsabili delle strutture extra-ospedaliere, i protocolli e i capitolati di appalto per l’acquisto di medicinali e del restante materiale sanitario di consumo, secondo principi di efficacia qualità ed economicità; - provvede agli adempimenti amministrativi relativi all’acquisto diretto di quanto indicato al punto precedente, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 25 e seguenti della L.R. 14.agosto.1981, n. 32; - vigila sulla corretta gestione del farmaco presso le strutture interne; - provvede alla verifica dei consumi dei farmaci, dei diagnostici e del restante materiale sanitario nelle strutture ospedaliere ed extra-ospedaliere della U.S.L.; - pone in atto tutte le iniziative idonee ad omogeneizzare l’uso del farmaco e dei diagnostici presso i presidi ospedalieri della U.S.L.; - interviene sul territorio per quanto previsto da leggi nazionali e regionali; - provvede, inoltre: 1) alla raccolta ed all’elaborazione dei dati relativi all’attività farmaceutica ai fini della pianificazione dei consumi e del contenimento della spesa, oltre che per indagini epidemiologiche e statistiche; 2) alla ricezione, al controllo ed all’elaborazione contabile delle ricette, ai fini della loro liquidazione; 3) alla raccolta ed all’elaborazione, attraverso la lettura ottica delle ricette, dei dati quali-quantitativi sul consumo dei farmaci e sulla spesa farmaceutica convenzionata, che consentono indagini di tipo epidemiologico e statistico riferite almeno ai seguenti indici: a) prescrizioni farmaceutiche per distretto, per medico, per farmacia e per assistito; b) indici di consumo e di spesa per gruppi di farmaci e per classe terapeutica; 4) alla vigilanza sulla corretta applicazione della convenzione nazionale; 5) alla formulazione e all’attuazione di programmi di farmacovigilanza, da svolgersi in collaborazione con le farmacie ed i medici convenzionati; 6) alla predisposizione ed all’attuazione di piani di vigilanza sull’uso e sul consumo dei farmaci ad uso veterinario. delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4 al capitolo “Poliambulatori”.». L’ U.S.L. svolge attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e su quelle di cui sono titolari i privati. Per la suddetta attività si avvale di una Commissione costituita: - dal responsabile del Servizio Farmaceutico dell’ U.S.L. o da un farmacista suo delegato; - da un farmacista designato dall’Ordine dei Farmacisti della Provincia. Assiste in qualità di segretario un funzionario dell’ U.S.L. La predetta Commissione può anche compiere ispezioni straordinarie. Copia del verbale dell’ispezione è inviata alla Giunta regionale per l’adozione di eventuali provvedimenti di competenza. L’U.S.L. inoltre svolge attività di controllo a domicilio dell’assistito, in relazione a quanto previsto dal comma 4 dell’art. 4 della legge 31 dicembre 1991, n. 412 e in tutti gli altri casi in cui si riscontri un anomalo consumo di farmaci (17). È abrogato l’art. 1 della L.R. 11 luglio 1991, n. 33. Ogni Presidio ospedaliero deve disporre di farmacia interna adeguatamente organizzata in relazione alle dimensioni ed all’attività svolta dalla stessa struttura. La farmacia interna dei Presidi ospedalieri della U.S.L. svolge i seguenti compiti: a) preparazioni galeniche e farmaceutiche secondo le norme previste dalle leggi sanitarie e, ove richiesto, preparazione dei reattivi coloranti e soluzioni titolate; b) distribuzione delle specialità medicinali e dei diagnostici; c) distribuzione dei materiali sterili e non sterili di medicazioni, delle siringhe, dei presidi sanitari e simili; d) controllo analitico, secondo le norme della farmacopea ufficiale delle sostanze medicamentose usate e del materiale di medicazione: e) controllo bromatologico e merceologico inerente al servizio ospedaliero; f) informazione al corpo sanitario delle caratteristiche dei materiali usati nel trattamento dei malati e nell’uso dei disinfettanti g) alla fornitura di medicinali, diagnostici e presidi medico-chirurgici a reparti e servizi; h) all’analisi dei consumi di quanto al comma precedente, al fine di verificare la congruità delle richieste di approvvigionamento pervenute dai vari reparti; i) all’inoltro, al settore farmaceutico ospedaliero, dei dati di competenza, al fine degli adempimenti relativi all’acquisto dei medicinali e del restante materiale sanitario di consumo; 1) all’attivazione di indagini contabili per centri di costo; m) svolge, inoltre, nell’ambito del presidio ospedaliero di appartenenza, attività di farmacovigilanza . 3.6 - Istituzione del Servizio infermieristico e di coordinamento ostetrico regionale. L’assistente sanitario, il dietista e l’assistente sociale (18). Generalità. L’elaborazione del primo Piano sanitario regionale rende possibile un positivo salto qualitativo nella produzione dei servizi sanitari nella nostra Regione che va messo in relazione ad una corretta allocazione e a un adeguato utilizzo delle risorse disponibili. Se consideriamo i diversi costituenti, la realtà complessa dell’assistenza sanitaria, possiamo senz’altro individuare nel sottosistema infermieristico un elemento importante in grado di incidere, sia per le sue dimensioni che per la qualità e quantità dei processi che ad esso fanno riferimento, sul risultato stesso della produzione di servizi. L’assistenza infermieristica infatti costituisce sia un aspetto basilare della qualità delle cure e dei servizi offerti, al punto da condizionare anche sensibilmente il giudizio degli utenti; sia uno dei determinati non secondari della spesa sanitaria e perciò non meno importante è il suo contributo sulla definizione di un adeguato rapporto costi/benefici nella produzione di servizi. Sia nell’una che nell’altra veste è evidente che per assumere un ruolo positivo l’assistenza infermieristica deve determinare e perseguire autonomamente le proprie scelte. Infatti: (17) Le parole “L’U.S.L. svolge attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie... si riscontri un anomalo consumo di farmaci” sono state introdotte dall’art. unico della L.R. n. 81 del 1995 in sostituzione delle precedenti: “L’U.S.L. svolge inoltre attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e su quelle di cui sono titolari i privati, nel rispetto delle norme di cui agli artt. 25 e seguenti della L.R. 14 agosto 1981, n. 32, nonché di controllo a domicilio dell’assistito, in relazione a quanto previsto dal 4° comma dell’art. 4 della legge 31 dicembre 1991, n. 412 ed in tutti gli altri casi in cui si riscontri un anomalo consumo dei farmaci.” (18) Le parole “, il dietista e l’assistente sociale” sono state aggiunte dall’art. 1 della L.R. n. 133 del 1996. - le procedure di verifica e revisione e revisione qualitativa per definizione non possono essere imposte né per via gerarchica, né da alcuna altra logica, ma assunte autonomamente e consapevolmente dagli stessi professionisti interessati; - il sottosistema infermieristico costituisce un ordinatore di costi, sia diretto che indiretto, il cui orientamento può essere determinato solo dalle esigenze specifiche della stessa assistenza infermieristica e quindi dalle competenze proprie della professione infermieristica. La molteplicità di modelli organizzativi, per altro il più delle volte contemporaneamente presenti all’interno del sistema di produzione dei servizi sanitari, può facilmente determinare una disarticolazione degli obiettivi stessi che ciascuna delle sottoarticolazioni del sistema fa propri, per cui in mancanza di interventi di integrazione organizzativa, si possono vedere disperse energie e risorse che vengono investite e, insieme, possono essere mancati gli scopi e gli obiettivi stessi che sono alla base dell’esistenza del Servizio Sanitario. Da questo punto di vista il Servizio infermieristico assume le caratteristiche di una “stazione” intermedia per l’integrazione di estremo interesse agendo contemporaneamente sia verso e con le diverse équipe infermieristiche, nell’intento di definirne gli obiettivi, le condizioni di miglior funzionamento, di garantire un razionale utilizzo delle risorse, sia verso gli altri sottosistemi (medico, amministrativo, tecnico, ecc.) i quali costituiscono i referenti essenziali perché il lavoro infermieristico possa procedere e dare il prodotto auspicato, inteso cioè sotto forma di servizi sanitari e, volendo essere ancora più precisi, di salute per la popolazione a cui il sistema si riferisce. L’istituzione del Servizio infermieristico e teso pertanto a creare una coerente connessione tra domanda di servizi e offerta in relazione alle competenze infermieristiche, in considerazione anche del fatto che questa dinamica tra domanda e offerta è viva in tutti gli ambiti territoriali ed è importante oltre che in relazione alla cura ed alla riabilitazione, anche ed in egual misura rispetto a prevenzione e promozione della salute. Per cui il Servizio infermieristico interviene con una visione globale sia all’interno dei Presidi ospedalieri che sul territorio con: - l’analisi rigorosa dei bisogni di assistenza infermieristica e delle risorse disponibili per una loro adeguata soddisfazione; - la definizione degli obiettivi e la programmazione ed organizzazione degli interventi infermieristici; - il coordinamento delle diverse équipe e dei diversi interventi; - il controllo e la promozione della qualità assistenziale. È evidente che l’istituzione del Servizio infermieristico costituisce una forte novità all’interno della nostra realtà che dovrà vedere una fase di sperimentazione e successivi momenti di aggiustamento ed approssimazione ai livelli ottimali di operatività. Ciò nonostante il Servizio deve, sin dalla nascita vedere garantita la sua articolazione in aree di lavoro in modo da permettere la sua effettiva funzionalità operativa. In particolare le aree di lavoro sono: - ricerca; - formazione; - assistenza ospedaliera; - assistenza extraospedaliera. Per le Aziende ospedaliere le aree di lavoro sono ovviamente solo tre, essendo da escludere l’area dell’assistenza extraospedaliera. Sono da considerarsi come competenze del Servizio infermieristico: a) la programmazione e la gestione delle risorse infermieristiche ed ausiliarie allocate nei servizi, presidi e strutture dell’U.S.L. o dell’azienda ospedaliera; b) l’organizzazione delle attività del personale infermieristico ed ausiliario operante all’interno dei servizi o presidi dell’U.L.S., dell’azienda ospedaliera e in tutti gli altri luoghi di erogazione delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale; c) la promozione della verifica e valutazione della qualità dell’assistenza all’interno dei gruppi di lavoro di presidio; d) la formazione del personale infermieristico e di supporto tramite le strutture scolastiche dell’U.S.L., dell’azienda ospedaliera o universitaria; e) la promozione ed il coordinamento dell’aggiornamento e della formazione permanente del personale in servizio in collaborazione con gli organismi previsti dalle vigenti disposizioni normative. Per quanto concerne le ostetriche il loro ruolo nel S.S.R. è individuato in tre moduli. Ostetrica. L’ostetrica è una figura professionale che ha subito un’evoluzione storica tanto da avere raggiunto un alto grado di professionalità e preparazione culturale e tecnologico. Il ruolo e la presenza dell’ostetrica sono individuati in tre moduli essenziali in funzione di un’organizzazione dipartimentale: a) assistenza ostetrica domiciliare o di primo livello. Il lavoro sul territorio, si prefigge l’obiettivo di raggiungere quelle fasce di popolazione, che per disinformazione o diffidenza, non si giovano dei servizi consultoriali e ambulatoriali e che interessi di varia natura (privatistica o ideologica) convogliano in strutture diverse e non sempre rispondenti alle reali esigenze dei cittadini. Sembra opportuno quindi impiegare le attuali ostetriche di territorio per: l) assistenza domiciliare in gravidanza e puerperio, con compiti di educazione sanitaria e ricerca dei fattori di rischio nella gestante; 2) vigilanza e prevenzione della mortalità materna ed infantile, con la richiesta di accertamenti e l’invio della donna negli appositi centri per le visite specialistiche, quando se ne ravvisi l’opportunità e per la preparazione al parto (psico-profilassi); 3) prelievi citologici o di altro materiale a domicilio per le donne anziane o che non siano in condizione di potersi allontanare dal proprio domicilio, svolgendo nello stesso momento opera educativa ed informativa per la prevenzione cancro dell’utero o della mammella; 4) informazione per la regolamentazione delle nascite e la corretta applicazione della legge n. 194, per la pianificazione familiare; 5) educazione sessuale, igiene ed educazione sanitaria per la prevenzione della sterilità e la corretta accurata anamnesi della coppia. Con la capillarizzazione della prevenzione e dell’assistenza extramuraria di primo livello si limiterebbe l’afflusso ai presidi ospedalieri che certamente risulterebbero agevolati in tutte le loro funzioni. Per l’ostetrica di primo livello o zonale deve essere definito un’organizzazione del lavoro e di servizio così detto flessibile. b) Assistenza ostetrica ambulatoriale o consultoriale. L’ostetrica consultoriale, in collaborazione con l’ostetrica-ginecologo, continuerà il lavoro iniziato dalla collega di primo livello. Il suo lavoro consisterà: 1) partecipare ai gruppi e incontri per la contraccezione istruendo tutte le donne in età feconda sull’uso del diaframma; 2) organizzare e partecipare alle riunioni di gruppo di gestanti e assistere l’ostetrico-ginecologo nell’esecuzione delle visite specialistiche e di interventi ambulatoriali; 3) preparare le gestanti al parto (che patrociniamo vada fatto al di fuori delle strutture ospedaliere); 4) eseguire prelievi per i pap-test in tutte le donne (screening di massa), per la prevenzione dei tumori; 5) insegnare alla donna l’autopalpazione del seno per la prevenzione del tumore alla mammella. c) Assistenza ostetrica ospedaliera. L’ostetrica ospedaliera conserva il diritto-dovere di assistere al parto fisiologico, secondo quanto prevede il D.P.R. n. 163 del 1975 e il D.M. 15 settembre 1975. Essa collabora con il medico ostetrico-ginecologo ed il pediatra. Essa conclude il lavoro iniziato dall’ostetrica di primo livello e continuato dall’ostetrica ambulatoriale e consultoriale. La donna dimessa dalla struttura ospedaliera torna al proprio domicilio, dove sarà seguita per tutto il periodo puerperale ed oltre, dall’ostetrica di primo livello. Questa controllerà l’andamento del puerperio e dell’allattamento indirizzando la donna nei presidi specialistici in caso di necessità e successivamente nei Consultori per l’esecuzione di esami al neonato e per l’eventuale contraccezione nel piano della regolamentazione delle nascite. In questo modo il cerchio assistenziale alla donna si chiude completandosi . Formazione e informazione. Relativamente all’area della formazione, le funzioni svolte dal servizio dovranno evidentemente prevedere uno stretto coordinamento operativo con le strutture preposte alla formazione. Infine, per poter svolgere le proprie funzioni, il servizio dovrà avvalersi dell’apporto di un nucleo operativo di direzione, la cui qualificazione e conoscenza dello “specifico infermieristico” e delle dinamiche di gestione nelle organizzazioni complesse, costituiscono la garanzia di capacità operativa del Servizio stesso. Pertanto è di fondamentale importanza il ruolo svolto dalle figure infermieristiche ed in particolare: - il responsabile del Servizio deve essere una figura infermieristica in possesso di titolo di D.A.I. (o a seconda delle denominazioni D.D.S.I. - I.I.D.); - lo stesso requisito deve essere richiesto ai responsabili delle diverse aree di intervento; - il personale che coadiuva con il responsabile di Servizio e delle diverse aree di intervento deve essere personale infermieristico particolarmente motivato e preparato rispetto ai compiti del servizio stesso; - il personale amministrativo e tecnico eventualmente assegnato al servizio ha le sole funzioni di ausilio per il funzionamento del servizio stesso. A livello regionale va previsto un coordinamento dei Servizi infermieristici e delle attività ostetriche, che costituisce il momento di raccordo e di indirizzo per i servizi delle U.S.L. e delle Aziende ospedaliere e rappresenta lo strumento di analisi e di elaborazione dell’Assessorato alla sanità relativamente alle problematiche di interesse infermieristico ed ostetrico. Al fine di permettere l’immediata attivazione dei Servizi infermieristici ai livelli regionali e territoriali e in considerazione delle limitazioni imposte dalla vigente normativa in materia di assunzione di personale, la Regione, l’U.S.L. e le Aziende ospedaliere attivano tutte le procedure rese disponibili in modo da garantire a detti Servizi un organico sufficiente alle diverse funzioni (mobilità, comando ecc.). In particolare il Servizio infermieristico presso l’Assessorato regionale alla sanità viene istituito attraverso il distacco di due operatori infermieristici in possesso del titolo di D.A.I. (Dirigente dell’assistenza infermieristica) e di un’ostetrica. L’assistente sanitario. L’assistente sanitario è l’operatore sanitario specializzato che svolge la sua attività anche attraverso l’elaborazione di dati statistici, per le sue conoscenze specifiche sanitarie, sociali, educative, legislative, interessanti i Settori della Prevenzione, della Cura e della Riabilitazione (D.P.R. n. 225 del 1974). Le specifiche competenze sono espletate nei seguenti ambiti: ospedali, distretti sanitari di base, Servizi di medicina sociale, Igiene e sanità pubblica. In ospedale, si occupa fondamentalmente di svolgere le proprie funzioni presso: 1) la direzione sanitaria: a) attività di medicina preventiva sociale b) igiene e sanità pubblica c) educazione sanitaria; 2) il centro trasfusionale; 3) la riabilitazione; 4) il servizio oncologico; 5) il servizio dialisi. Nell’ottica della deospedalizzazione del paziente cronico, si occupa di organizzare la dialisi domiciliare ed educa i familiari alla corretta gestione della stessa coordinando l’attività di pronto intervento infermieristico. Il dietista (19). a - Livello ospedaliero. Il dietista organizza e coordina le attività relative all’alimentazione generale ed alla dietistica in particolare: - offre la sua consulenza per la corretta impostazione dell’alimentazione normale e del dietetico presso la cucina centrale; - organizza e dirige la cucina dietetica; - collabora con gli organi preposti alla tutela dell’aspetto igienico-sanitario dell’alimentazione. Nel settore di degenza, il dietista ha un ruolo attivo nella terapia dietetica e di nutrizione clinica: - collabora con il medico nella stesura di schemi dietoterapici, nella loro realizzazione ed utilizzazione; - coadiuva in modo attivo all’attuazione della nutrizione artificiale. Può eseguire per delega del Direttore del Servizio, la semeiotica nutrizionale sui pazienti degenti in ospedale. b - Livello ambulatoriale. Collabora con il medico nella conduzione dell’ambulatorio, nella stesura della cartella clinico-dietetica e, consultato il direttore del servizio, si occupa della stesura di diete e/o supporti nutrizionali per l’alimentazione artificiale. Negli ambulatori specialistici, collabora con il medico specialista per quanto concerne l’aspetto nutrizionale sotto la guida di protocolli convenzionati. c - Livello di laboratorio. Collabora negli studi inerenti la chimica e la tossicologia alimentare, la bromatologia e la tecnica alimentare in generale. L’assistente sociale (20). 1) Collabora nello svolgimento di attività di rapporto con l’utenza dei servizi socio-assistenziali al fine di studiare, valutare e trattare situazioni di bisogno individuali, familiari e di gruppo attraverso la formulazione e l’attuazione di piani di intervento atti a valorizzare le risorse personali dell’utente e ad attivare le (19) La figura del dietista è stata aggiunta con l’art. 1, L.R. n. 133 del 1996. (20) La figura dell’assistente sociale è stata aggiunta con l’art. 1, L.R. n. 133 del 1996. prestazioni assistenziali, i servizi, gli interventi specifici di altri operatori esterni all’ente, per giungere alla soluzione dei problemi rilevati. A tal fine, sotto la supervisione del personale di servizio sociale di livello superiore: - attua colloqui, interviste e riunioni per accogliere e fornire informazioni, trattare i problemi prospettati, formulare con i diretti interessati piani e progetti di intervento; - collabora alla predisposizione, nell’ambito dell’ente, dei relativi atti amministrativi assumendosi la responsabilità dei giudizi e delle proposte formulate ed attua, nell’ambito delle direttive ricevute le decisioni prese dagli organi competenti; - collabora all’istruttoria ed all’applicazione di istituti giuridici disposti da organi giudiziari. 2) Collabora ad attività di progettazione, organizzazione e gestione di interventi, servizi e strutture, nell’ambito di programmi di servizio sociale definiti da personale di livello superiore della stessa professione. 3) Collabora ad attività di indagine e di studio sui problemi sociali e di servizi presenti nell’area operativa per la definizione di conseguenti piani di intervento volti alla riorganizzazione ed alla promozione di strutture e servizi. Home-Care. Si occupa prevalentemente di coordinare l’assistenza per i pazienti deospedalizzati quale raccordo con l’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.). Nel territorio l’assistente sanitario curerà il collegamento funzionale con tutti i servizi socio-sanitari occupandosi prevalentemente di svolgere: a) attività di medicina preventiva e sociale; b) igiene e sanità pubblica; c) educazione sanitaria. 3.7 - Riabilitazione. Nel contesto di una programmazione sanitaria la materia inerente la riabilitazione riveste, senza dubbio, elemento di grande rilievo se si tiene conto che in essa si racchiude il complesso di attività finalizzate a consentire il massimo recupero possibile delle funzioni lese in seguito ad eventi patogeni e l’inserimento psico-sociale della persona. L’esercizio dell’attività riabilitativa viene affidata dalla normativa statale e regionale ai Presidi ospedalieri pubblici o privati ed ai Centri di riabilitazione pubblici o privati. Al fine di fare chiarezza sui trattamenti di competenza dei Presidi ospedalieri, riconducibili alle norme di cui all’art. 8, punto 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e quelli resi dai Centri di riabilitazione, di cui all’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si rende necessario procedere alla formulazione di apposite direttive in materia. Si premette che la dislocazione dei posti letto di Medicina riabilitativa e stata prevista nel contesto della rideterminazione della rete ospedaliera, mentre relativamente ai Centri di riabilitazione si ritiene necessario fare chiarezza anche sulle procedure da seguire per il rilascio delle relative autorizzazioni. In particolare si stabiliscono i seguenti principi ai quali occorre ricondurre l’attività riabilitativa. Le attività riabilitative si classificano e vengono definite nei seguenti ambiti generali: - Medicina riabilitativa; - prestazioni di riabilitazione; - prestazioni protesiche. La Medicina riabilitativa è il complesso delle attività riabilitative erogate nella prima fase della malattia a rischio di disabilità, quando maggiore è il potenziale di recupero. Tali attività sono caratterizzate dal ricorso a tecniche, mezzi e operatori finalizzati alla soluzione di problemi medico-riabilitativi complessi, al fine di ridurre le conseguenze delle minorazioni che l’individuo ha riportato in seguito ad evento patologico per malattia o trauma. Le prestazioni di riabilitazione, di cui all’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono quelle tendenti a: - prevenire e contenere le conseguenze invalidanti di eventi morbosi; - curare i sintomi di deficit funzionali; - adattare il soggetto invalido alla minorazione permanente, mediante rieducazione funzionale; - rallentare l’evoluzione della malattia invalidante; - recuperare o rallentare l’evoluzione dei deficit funzionali, psichici o sensoriali dipendenti da qualsiasi causa. Le prestazioni sono erogate a soggetti non autosufficienti, parzialmente autosufficienti o a rischio della perdita dell’autosufficienza ovvero bisognosi di intervento plurimo e globale, coinvolgendo, oltre all’assistito, la famiglia, la scuola e l’intera comunità, attraverso le istituzioni ed i servizi di assistenza sociale. Le prestazioni protesiche consistono nell’erogazione di presidi concedibili ai sensi della normativa nazionale vigente. La Regione intende sviluppare nel corso del triennio 1994-1996 una rete integrata di servizi nell’area della riabilitazione articolata in: 1) interventi di medicina riabilitativa, attivati o riorganizzati in strutture ospedaliere pubbliche o private; 2) prestazioni di riabilitazione, da realizzarsi in strutture specializzate, pubbliche o private adeguate alla vigente normativa, ovvero per i pazienti non deambulabili, a domicilio degli stessi nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata, in collaborazione con i distretti sanitari e con i medici di base; 3) prestazioni protesiche, a livello di Distretto sanitario di base. La funzione di Medicina riabilitativa può essere esercitata, nell’ambito dei Presidi ospedalieri pubblici, presso le singole unità operative cui afferisce la patologia principale ovvero in appositi Servizi di rieducazione funzionale e riabilitazione autonomi dotati di posti letto. Può essere altresì assicurata mediante stipula di apposite convenzioni con centri, istituti o strutture private autorizzate ed autorizzabili all’esercizio di posti letto di Medicina riabilitativa e di riabilitazione, compatibilmente con le esigenze di riequilibrio nel territorio delle strutture se adeguate alle prescrizioni di cui alla L.R. 14 settembre 1989, n. 85, previo controllo del possesso dei prescritti requisiti ed a seguito di accertamento della qualità delle prestazioni, ai sensi dell’art. 8 - comma 4° - del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni. L’ammissione alle prestazioni di Medicina riabilitativa avviene su richiesta del reparto ospedaliero che ha trattato l’individuo nella fase acuta al Servizio di rieducazione funzionale e riabilitazione qualora istituito, ovvero su prescrizione del medico o pediatra di base convalidata dallo specialista competente o del medico responsabile del distretto di base. L’attivazione dei posti letto di Medicina riabilitativa può avvenire anche mediante la riconversione di posti letto pubblici o privati autorizzati alla data di entrata in vigore del presente Piano nel rispetto degli indici nazionali. La dislocazione dei posti letto di medicina riabilitativa deve tener conto di un riequilibrio nell’ambito del territorio regionale. La Giunta regionale, d’intesa con la Commissione consiliare competente, adotta il provvedimento di programmazione in ordine alla dislocazione dei posti letto nel rispetto dei vigenti indici nazionali posti letto/popolazione. A tal fine, provvede ad integrare l’attuale dotazione di posti letto pubblici e privati autorizzati con nuove strutture secondo i criteri sopra indicati. Al finanziamento del Presidio ospedaliero per la riabilitazione di S. Valentino e del Centro iperbarico polivalente di S. Atto di Teramo, istituito e disciplinato con L.R. n. 84 del 1992, si provvede con fondi finalizzati individuati, secondo la normativa vigente, nell’ambito dei provvedimenti di assegnazione delle quote del F.S.R. alle U.S.L. Vengono confermati in via definitiva l’assegnazione di personale di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 7210 del 1985 per il Servizio socio-psico-pedagogico di Chieti ed i corrispondenti posti in organico (21). Il Centro iperbarico è struttura della U.S.L. di Teramo ed eroga: - prestazioni di emergenza in cui è previsto l’uso dell’ossigeno iperbarico; - prestazioni anche di riabilitazione di tipo specialistico in ambiente iperbarico, umido ed umido iperbarico. La U.S.L. è collegata per la ricerca con le Università abruzzesi, con le quali può stipulare convenzioni. È consentita la sperimentazione gestionale pubblico-privato . Le prestazioni di riabilitazione comprendono le attività finalizzate a mantenere il paziente al più alto grado di autosufficienza possibile, nella fase subacuta e/o cronica della malattia congenita o acquisita. Esse vengono erogate a norma del D.M. 9 luglio 1985 e sue modificazioni: a) nelle strutture socio-sanitarie, con trattamenti previsti dagli artt. 26 e 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 - a seconda del tipo di danno e del livello di autosufficienza residua del paziente - in forma domiciliare, ambulatoriale, extramurale, semiresidenziale e residenziale ovvero con altre prestazioni attivabili mediante progetti-obiettivo e/o azioni programmate e finanziati con appositi stanziamenti del F.S.N., parte corrente, a destinazione vincolata. Tale attività può essere svolta dal Presidio ospedaliero di S. Valentino, per il quale è consentita la sperimentazione gestionale pubblico-privato; b) mediante prestazioni protesiche. (21) Con la delibera della Giunta regionale n. 7210 del 1985 veniva individuato il personale da assegnare alle Unità locali socio sanitarie ai sensi dell’art. 3 della L.R. n. 83 del 1980. Le prestazioni indicate alla lettera a) di cui sopra sono fornite presso i Centri di riabilitazione di cui all’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, quali strutture con organizzazione e con competenze multidisciplinari, idonee ad assicurare un complesso di interventi tecnicamente qualificati per il recupero funzionale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualsiasi causa. Uno stesso Centro può realizzare contemporaneamente molteplici tipi di trattamenti purché i locali, il personale e le attrezzature siano idonee all’espletamento delle diverse tecniche di intervento. I locali di diagnosi e terapia possono essere opportunamente accorpati in relazione al numero globale degli assistiti. Qualora per la natura del quadro clinico il soggetto assistito a degenza piena abbia bisogno di un breve soggiorno climatico, le strutture nelle quali avvengono i temporanei trasferimenti devono possedere i requisiti ambientali ed igienico-sanitari ascrivibili alle strutture comunitarie o strutture di soggiorno, da accertarsi ed autorizzarsi, sia pure in via provvisoria o limitata nel tempo, dall’autorità preposta. I trasferimenti degli assistiti devono essere autorizzati preventivamente dalla U.S.L. competente per territorio . I Centri di riabilitazione si distinguono a seconda del tipo di assistenza erogata: a) ad altra intensità assistenziali; b) a normale intensità assistenziali. I Centri ad alta intensità assistenziali sono quelli che effettuano trattamenti di esiti di plurimenomazioni gravi, di carattere cardiologico, pneumologico con particolare riguardo alle insufficienze respiratorie croniche, neuromotorie, lesioni midollari ed affezioni similari e devono essere forniti di moderne ed idonee attrezzature atte a consentire un’efficiente assistenza ai soggetti sottoposti alle terapie richieste dalla patologia specifica. A tale scopo devono prevedere anche la scelta della patologia da trattare e l’elencazione del personale medico specializzato in materia, sia esso alle dirette dipendenze della struttura che in convenzione. I Centri a normale intensità assistenziali sono quelli che effettuano trattamenti sanitari e sociali integrati tra loro, di cui all’art. 26 della legge n. 833 del 1978, regolamentati con L.R. 19 luglio 1984, n. 46 e relative modificazioni, nonché per trattamenti previsti dalla legge 9 febbraio 1992, n. 104. I soggetti ammessi a trattamenti presso i Centri di riabilitazione a normale intensità assistenziali sono quelli che, affetti da minorazione fisica, psichica o sensoriale dipendente da qualunque causa, sono ritenuti, a giudizio degli organi competenti della U.S.L. bisognosi di intervento terapeutico plurimo e globale, che richiede un’organizzazione complessa con competenze multidisciplinari. Tale intervento deve esser ritenuto idoneo al recupero fisico funzionale e psicologico dei soggetti. I soggetti assistibili si distinguono in mediogravi e gravissimi a seconda della menomazione di cui sono portatori. Sono ritenuti soggetti gravi-gravissimi quelli che hanno un riconoscimento di invalidità tra l’81% ed il 100% di cui alle tabelle indicative approvate con D.M. 25 luglio 1980, pubblicato sulla G.U. n. 282 del 14 ottobre 1980, e successive modificazioni ed integrazioni. Tra i soggetti assistibili sono compresi i disabili psichici portatori di una minorazione peculiare che sta al confine tra l’area dell’handicap psichico e quello della malattia psichiatrica e per la quale si richiedono forme di assistenza, fra l’attività territoriale dei Centri di salute mentale e l’ospedalizzazione obbligatoria o volontaria di sindromi psichiatriche ed acute o comunque da disarmonia dello sviluppo psichico affettivo e turbe comportamentali dipendenti da qualunque causa . L’Unità sanitaria locale, al fine d consentire agli utenti prestazioni riabilitative uniformi ed efficaci nell’ambito territoriale di residenza, predispone un piano di ridistribuzione dei Centri di competenza, secondo i parametri seguenti: a) i Centri riabilitativi residenziali con degenza tempo pieno vanno rapportati in ambito regionale ad un numero di 1 posto letto per ogni l.000 abitanti. La Giunta regionale, d’intesa con la competente Commissione consiliare, esaminate le proposte formulate dalla U.S.L. competente, predispone un piano di riequilibrio delle strutture nell’ambito territoriale; b) i Centri riabilitativi a degenza diurna e quelli per trattamenti ambulatoriali, domiciliari ed extramurali devono essere dislocati in maniera da assicurare la migliore assistenza ai cittadini privilegiando le zone territoriali marginali, montagnose comunque carenti di servizi riabilitativi, in collaborazione con i distretti. Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno delle prestazioni dei Centri risulti già assicurato dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale e almeno in un rapporto di un Centro ogni ventimila abitanti che ne costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland). Sono fatte salve le autorizzazioni già rilasciate, nonché l’esercizio dei Centri comunque funzionanti alla data di adozione da parte del Consiglio regionale della presente legge purché in possesso dei requisiti previsti dalla vigente normativa in materia. In ordine ai Centri a degenza diurna, la Giunta regionale, d’intesa con la competente Commissione consiliare, provvede alla determinazione o alla riorganizzazione territoriale degli stessi, anche mediante una diversa dislocazione ai quelli esistenti, privilegiando le zone carenti. I finanziamenti relativi agli interventi di alta e normale intensità assistenziale vengono individuati annualmente dalla Giunta regionale ed assegnati con vincolo della loro destinazione. La Giunta regionale nel piano di riorganizzazione dei Centri di cui alle lettere a) e b) di cui sopra deve tener conto delle strutture autorizzate ed adeguate alla vigente normativa regionale in materia, anche in relazione alla loro reale capacità operativa, ovvero di quelle che sono state finanziate in parte dallo Stato per la specifica attività riabilitativa. I Centri di riabilitazione possono essere: a) pubblici b) privati c) a gestione mista pubblico-privato. Le norme di cui alle LL.RR. n. 46 del 1984, n. 29 del 1991 e n. 13 del 1992 rimangono in vigore fino alla data di emanazione dei provvedimenti necessari per l’instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 fondati sul criterio dell’accreditamento delle istituzioni, sulle modalità di pagamento a prestazione e sull’adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate. I Centri di riabilitazione a degenza diurna devono avere gli stessi requisiti previsti per quelli residenziali, con esclusione dei dormitori. I Centri ambulatoriali accolgono i minorati soltanto per il tempo necessario alle visite mediche ed alle sedute per il trattamento. Ai Centri privati di riabilitazione convenzionati con le U.S.L. vengono corrisposte rette annualmente determinate sulla base del numero degli assistiti, della dotazione organica e dei relativi rapporti di lavoro, in conformità agli accordi stipulati a livello nazionale ai sensi degli artt. 14, lettera m), 26 e 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. I Centri di riabilitazione pubblici devono avere un numero di personale addetto pari a quello previsto per i centri privati. La vigilanza sui Centri di riabilitazione è esercitata dalla U.S.L. competente per territorio ovvero dal Servizio ispettivo regionale alla sanità, i quali sono tenuti ad operarla periodicamente. In caso di inadempienza alle prescrizioni di cui al presente Piano vengono adottati gli stessi provvedimenti previsti per le Case di cura private dall’art. 45, della L.R. 14 settembre 1989, n. 85. I Centri di riabilitazione autorizzati sono tenuti ad adeguarsi alle prescrizioni di cui al presente Piano entro i termini di validità dello stesso. 3.8 L’intervento per i nefropatici cronici. Generalità. La prevenzione e la diagnosi precoce di tali affezioni e gli interventi terapeutici atti ad impedire e/o rallentare l’evoluzione delle nefropatie verso la fase dell’uremia devono costituire un obiettivo preminente dell’impegno medico nell’ambito della programmazione sanitaria. Ancora oggi, infatti, una considerevole percentuale di nefropatie evolve in insufficienza renale cronica irreversibile. Queste attività possono essere completamente svolte presso le Divisioni e i Servizi di nefrologia e dialisi della Regione ed è indispensabile la presenza nell’ambito regionale di un numero sufficiente di strutture nefrologiche e di nefrologi che si occupino di questi problemi di grande impegno sociale ed economico. Il numero di pazienti con nefropatie croniche in fase terminale (uremia), che richiedono il trattamento sostitutivo della funzione renale, sia artificiale (dialisi), sia naturale (trapianto renale), ha raggiunto dimensioni di notevole rilevanza sul piano sociale. La dialisi ed il trapianto renale non sono in contrapposizione o in alternativa; devono piuttosto essere considerati come elementi integrativi di un unico programma terapeutico che l’obiettivo di mantenere in vita e di riabilitare il paziente uremico. Non tutti i pazienti in uremia terminale possono essere sottoposti a trapianto renale a causa dell’età avanzata, delle condizioni cliniche, ecc. (si calcola che circa la metà dei pazienti in trattamento dialitico, possa essere sottoposta a trapianto); d’altra parte, nella maggior parte dei casi, un trapianto non assicura la guarigione per tutta la vita, per cui possono rendersi necessari la ripresa della dialisi ed un nuovo trapianto. Le azioni programmate della Regione Abruzzo volte alla tutela dei nefropatici debbono porsi nel triennio 1994/1996 i seguenti obiettivi: 1) prevenzione e diagnosi delle nefropatie; 2) adeguamento, riorganizzazione e potenziamento delle strutture di dialisi; 3) programma di trapianto renale. Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Epidemiologia delle nefropatie. In questo quadro gli spazi di intervento che si possono individuare attengono principalmente all’attivazione sul territorio regionale di idonei strumenti di rilevazione per individuare le cause e definire l’epidemiologia delle nefropatie. Alle informazioni derivanti dallo studio epidemiologico è connessa la possibilità di attivare programmi mirati di prevenzione primaria che comportino il riconoscimento del rischio, la diagnosi precoce, la terapia tempestiva. La prevenzione secondaria rivolta a pazienti con nefropatie in fase iniziale è diretta a rallentare lo sviluppo e l’evoluzione della malattia stessa. Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Adeguamento, riorganizzazione e potenziamento delle strutture di neurologia e dialisi. Le strutture di nefrologia e dialisi comprendono gli ambulatori di nefrologia e i Presidi ospedalieri di nefrologia e dialisi. Gli ambulatori di nefrologia sono collocati presso le strutture ospedaliere e presso i Presidi ospedalieri di nefrologia e dialisi. Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Degenza nefrologica. La degenza nefrologica deve essere collocata nei Presidi ospedalieri di nefrologia e dialisi. Riguarda non solo pazienti che necessitano di accertamenti diagnostici e di provvedimenti terapeutici per nefropatie in atto in varie fasi di evoluzione, ma anche pazienti in trattamento sostitutivo della funzione renale (dialisi e trapianto renale) che hanno bisogno di ricoveri ospedalieri per controlli clinici o complicanze intercorse. Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Programma di trapianto renale. Un programma realistico di trapianto renale deve prendere in considerazione competenze già esistenti nella Regione ed i momenti successivi in cui si articola l’intervento terapeutico di trapianto. Questo intervento rappresenta indubbiamente un’attività multidisciplinare che risulta dalla stretta cooperazione di più centri: 1) Centro di trapianto renale 2) Centro di immunoematologia e tipizzazione tissutale 3) tutti i Centri di rianimazione della Regione (per il programma di prelievo dei reni) 4) tutti i Centri dialisi della Regione. Per il completamento di questo programma e stata già istituita dalla Regione la commissione medica per l’accertamento della morte clinica su base regionale, di supporto per tutti i Centri di rianimazione. Con provvedimenti successivi e modulati nel tempo saranno istituite le strutture sopra menzionate. Le esigenze amministrative. Nella Regione Abruzzo ogni anno 40 cittadini iniziano un trattamento dialitico cronico. Alla data del 31 dicembre 1993 risultano in trattamento 680 pazienti, di cui 51 in trattamento dialitico domiciliare e 79 in dialisi peritoneale. In questo novero non sono stati inclusi i pazienti con trapianto renale funzionante. La dotazione di posti di dialisi al 31 dicembre 1993 risulta pari a 230 di cui 6 in struttura privata e 224 in strutture pubbliche. Il tasso medio di utilizzazione nelle strutture pubbliche è di 2.70 pazienti per posto dialisi. Fra le esigenze organizzative si deve prevedere: a) un servizio di autoambulanze che assicuri il trasporto di pazienti non autosufficienti dal domicilio al Centro dialisi e viceversa; b) strutture di dialisi ad assistenza limitata, finalizzata al trattamento di pazienti addestrati all’autogestione, che non richiedano la presenza costante di personale medico, preferibilmente inserite nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata. Con successivi provvedimenti verrà data attuazione a quanto previsto nel presente Piano. 3.9. - Le strutture trasfusionali e il Piano sangue. Premessa. La legge 4 maggio 1990, n. 107 avente come oggetto “Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati” ed i successivi decreti ministeriali di attuazione hanno introdotto profonde innovazioni rispetto alla legislazione precedente. Con tale legge lo Stato prefigura un intervento programmatorio che ha come obiettivo fondamentale il raggiungimento su tutto il territorio nazionale dell’autosufficienza di sangue intero e di plasmaderivati, una maggiore tutela della salute e del ruolo sociale dei donatori e maggiori garanzie assistenziali per i pazienti. Tale obiettivo si realizza attraverso una riorganizzazione o razionalizzazione delle strutture trasfusionali e la promozione della donazione del sangue volontaria, periodica e gratuita. In tale contesto normativo le Regioni predispongono i Piani sangue regionali, che costituiscono parte integrante dei Piani sanitari regionali. Situazione attuale. Attualmente in Abruzzo vengono raccolte circa 30.000 unità di sangue annue, mentre il fabbisogno stimato è di 50.000. Molto più precaria è la situazione del plasma, infatti a fronte di un fabbisogno ottimale annuo di circa 13.000 litri/anno, se ne raccolgono meno di 3.000. A questa situazione si aggiunge una sensibile dilatazione della spesa farmaceutica per gli emoderivati dovuta ad un iperconsumo di tali specialità farmaceutiche che non trova nessun riscontro nelle corrette indicazioni della moderna Medicina trasfusionale. I donatori di sangue periodici sono circa 12.000 e per il raggiungimento degli obiettivi dell’autosufficienza regionale ne servirebbero circa 27.000. Da questo quadro sintetico emergono alcune fondamentali considerazioni: 1) Gli obiettivi per il raggiungimento dell’autosufficienza in Abruzzo prevedono approssimativamente il raddoppio degli attuali carichi di lavoro. 2) È quanto mai opportuna una rapida riorganizzazione e razionalizzazione del Servizio trasfusionale abruzzese che attualmente risulta sottodimensionato rispetto alle esigenze assistenziali ed agli obiettivi di autosufficienza. 3) Sul territorio regionale sono presenti numerosi presidi ospedalieri pubblici e privati, i quali, pur nell’ottica di una razionalizzazione conseguente all’attuazione del PSN, del D.L. n. 502 del 1992 e delle vigenti disposizioni in materia finanziaria, costituiscono delle realtà operative che dovranno continuare a fornire assistenza anche in campo immunoematologico e trasfusionale. 4) Dovrà essere data attuazione alla legge sul 118 per l’emergenza che prevede l’impegno di strutture trasfusionali adeguatamente organizzate. Obiettivi. Una razionale organizzazione dei servizi trasfusionali e delle associazioni di volontariato del sangue consentirà di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali: 1) l’autosufficienza regionale di sangue e di emoderivati; 2) la sicurezza per le malattie trasmissibili con riduzione dei relativi costi sociali; 3) notevoli risparmi sulla spesa farmaceutica per l’acquisto di emoderivati dalle industrie attraverso l’attuazione del Piano plasma regionale; 4) migliori garanzie assistenziali nei confronti dei pazienti emopatici ed immunopatici; 5) l’attuazione dei programmi di medicina trasfusionale e di autotrasfusione così come previsti dalla legge n. 107 del 1990 e dal Piano sangue nazionale. Organizzazione attuale del servizio trasfusionale regionale. Attualmente nella nostra Regione sono previste e/o operanti le seguenti strutture trasfusionali: Provincia di Pescara Pres. Osped. di Pescara: n. 1 SIT Pres. Osped. di Popoli: n. 1 CT con D.H. ematologico Pres. Osped. di Penne: n. 1 Sezione trasfusionale Centro di Raccolta AVIS - Pescara (fisso e mobile) Provincia dell’Aquila Pres. Osped. di l’Aquila: n. 1 CT (Croce Rossa) Pres. Osped. di Avezzano: n. l SIT Pres. Osped. di Sulmona: n. l CT con D.H. ematologico Provincia di Teramo Pres. Osped. di Teramo Pres. Osped. di Atri: n. 1 SIT con D.H. allergologico Pres. Osped. di Giulianova: n. 1 Sezione trasfusionale Provincia di Chieti Pres. Osped. di Chieti: n. 1 CT Pres. Osped. di Ortona: n. 1 CT Pres. Osped. di Lanciano: n. 1 CT Pres. Osped. di Vasto: n. 1 SIT con D.H. ematologico ed allergologico Ospedale di Gissi: n. 1 CT Ospedale di Guardiagrele: n. 1 Sezione trasfusionale Gli ospedali di Atessa, Casoli, Guardiagrele, S. Omero, Pescina, Tagliacozzo e Castel di Sangro, sono dotati di Servizio di Emoteca e centro di raccolta che funzionano in modo discontinuo con personale proveniente dai Servizi Trasfusionali collegati. Totale: n. 4 Servizi di immunoematologia e trasfusione n. 8 Centri trasfusionali n. 3 Sezioni trasfusionali n. 8 Centri di raccolta n. 7 Emoteche. Classificazione delle strutture trasfusionali: gli standard della legge n. 107 del 1990. Le attività trasfusionali su base regionale sono organizzate nelle seguenti strutture (legge n. 107 del 1990 artt. 4, 5, 6, 7, 8): - Servizi di Immunoematologia e trasfusione (SIT) Operano in bacini di utenza aventi una popolazione di almeno 400.000 abitanti, con un minimo di uno per provincia. - Centri trasfusionali (CT) Essi possono essere istituiti ad integrazione del SIT laddove il bacino di utenza di quest’ultimo superi i 400.000 abitanti. Ove costituiti i CT operano in bacini di utenza con una popolazione di almeno 150.000 abitanti. - Unità di raccolta (UR) Le unità di raccolta sono strutture fisse o mobili finalizzate alla raccolta di sangue intero e di plasma mediante emaferesi. Esse dipendono, sotto il profilo tecnico ed organizzativo dal SIT o dal CT territorialmente competente. Vengono individuate in base agli obiettivi dei Piani sangue regionali. - Frigoemoteche I Presidi ospedalieri che non dispongono di SIT o CT sono forniti di frigoemoteca collegata funzionalmente con il SIT o CT territorialmente competente. - Centro regionale di coordinamento e compensazione (CRCC). La Giunta regionale individua tra i SIT il servizio che esercita le funzioni di CRCC. Modello organizzativo teorico in base alla legge n. 107 del 1990: Problemi di attuazione. Il modello previsto dalla legge n. 107 del 1990 che definisce l’individuazione dei servizi trasfusionali esclusivamente in base al parametro della popolazione per bacino d’utenza (un SIT ogni 400.000 abitanti oppure uno per provincia - un CT ogni 150.000 abitanti oltre i 400.000 ab. previsti per il SIT), applicato alla realtà della Regione Abruzzo ed agli indirizzi con i quali si sta realizzando il nuovo Piano sanitario regionale, darebbe origine al seguente assetto organizzativo: Le strutture trasfusionali situate nelle U.S.L. vengono trasformate in SIT, mentre tutti gli altri CT esistenti sul territorio vengono declassati a semplici unità di raccolta con emoteca. Questo assetto organizzativo, calato nella nostra realtà assistenziale, difficilmente potrebbe garantire una razionale assistenza immunoematologica e trasfusionale ed il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge n. 107 del 1990. Bisogna infatti distinguere tre aspetti ben precisi delle attività trasfusionali ognuno dei quali prevede assetti organizzativi distinti e collocazioni diverse: a) I controlli di idoneità alla donazione, la raccolta del sangue intero e del plasma mediante plasmaferesi possono essere effettuati in tutte le strutture trasfusionali comprese le unità di raccolta. b) La tipizzazione, il frazionamento, 1a conservazione e la distribuzione del sangue e degli emoderivati di primo impiego, può essere effettuata solo dai SIT e dai CT. c) Le attività di medicina trasfusionale che si esprimono non soltanto come consulenza clinico-terapeutica, ma anche con interventi diretti sul paziente (autotrasfusione, emaferesi terapeutiche, assistenza ai pazienti emopatici, sia mediante ricovero day-hospital che in regime ambulatoriale). La prima conseguenza è che tutti i presidi ospedalieri d’Abruzzo, esclusi quelli siti nei capoluoghi di provincia, per le prestazioni immunoematologiche e trasfusionali di base e di media assistenza (di cui ai punti b) e c) dovrebbero rivolgersi esclusivamente al SIT di riferimento, venendo meno quella rete di strutture intermedie che dovrebbero erogare prestazioni di base e di media assistenza. Questa situazione, considerando la particolare conformazione geografica dell’Abruzzo e le distanze che separano i vari presidi ospedalieri, creerebbe un’organizzazione assistenziale caotica e troppo sbilanciata a favore dei Presidi ospedalieri sede di SIT, penalizzando fortemente gli altri ospedali provinciali, ad esclusione dell’aspetto della raccolta che invece risulterebbe omogeneamente distribuita e dell’alta specialità che sarebbe giustamente collocata in quelle strutture che sono destinate a diventare Aziende ospedaliere. Questa situazione comporterebbe alcune importanti disfunzioni: - Negli ospedali provinciali e zonali si determinerebbe un sicuro peggioramento delle condizioni assistenziali trasfusionali, condizionando negativamente anche quei reparti e servizi collocati nella fascia di assistenza di base e media assistenza le cui attività sono particolarmente legate all’efficienza dei servizi trasfusionali (ad. es. i reparti chirurgici). - Si determinerebbe una pesante discriminazione tra i cittadini. Mentre infatti sembra logico spostare i pazienti per l’erogazione di prestazioni trasfusionali di alta assistenza, è del tutto irrazionale doverli spostare per fornire prestazioni di media e bassa assistenza che invece dovrebbero essere omogeneamente distribuite su tutto il territorio regionale. - La penalizzazione di organizzazioni trasfusionali già molto efficienti e di professionalità consolidate, a fronte di strutture che dovranno essere totalmente riorganizzate o addirittura create ex-novo (vedi Chieti e L’Aquila). - Riduzione della qualità e sicurezza della terapia trasfusionale; è infatti esperienza ormai tristemente consolidata che tanto più i posti letto sono lontani dalla struttura trasfusionale, maggiori sono i rischi per il paziente. - Penalizzazione del volontariato del sangue; e infatti esperienza di tutti che le associazioni di volontariato crescono e si sviluppano soprattutto intorno a strutture trasfusionali efficienti e con personale motivato. - Difficile gestione delle urgenze immunoematologiche e trasfusionali; infatti le distanze non consentirebbero interventi sempre tempestivi e favorirebbero il rifiorire di soluzioni organizzative “locali” spesso affidate a personale non competente e non sufficientemente motivato. - Difficile realizzazione dell’organizzazione trasfusionale all’interno degli istituendi Dipartimenti di emergenza (118). Modello organizzativo delle attività trasfusionali nella Regione Abruzzo. In considerazione degli standard organizzativi e degli obiettivi posti dalla legge n. 107 del 1990 e dal D.Lgs. n. 502 del 1992 e dell’organizzazione trasfusionale attualmente esistente, si ritiene che, sia da un punto di vista operativo che dal punto di vista del rapporto costi-beneficio, la strutturazione della rete regionale dei servizi trasfusionali debba realizzarsi sulla base di un’organizzazione di tipo dipartimentale che possa garantire il miglior utilizzo delle risorse umane e tecnologiche in relazione all’attuale collocazione dei presidi ospedalieri e dei gruppi di volontariato del sangue. Inoltre, nella considerazione che in base agli standard dettati dalla L. n. 107 del 1990 ed a quanto previsto dal Piano sangue nazionale, il modello organizzativo verso cui si deve tendere è quello di quattro Servizi trasfusionali provinciali a carattere multizonale con sede decentrate situate presso i vari Presidi ospedalieri e funzionalmente collegate da un’organizzazione dipartimentale, si ritiene comunque che un intervento di razionalizzazione delle strutture trasfusionali debba avvenire con gradualità, in maniera armonica con i tempi di attuazione del Piano sanitario regionale e del raggiungimento dell’autosufficienza di sangue e plasma. Pertanto, limitatamente al triennio 1994-1996, valutando realisticamente i tempi necessari per la riorganizzazione dei SIT di Chieti, L’Aquila e Teramo, non può venire meno il determinante apporto organizzativo dei Centri trasfusionali che attualmente costituiscono realtà rilevanti ed indispensabili per gestire la fase di passaggio dall’attuale modello organizzativo a quello definitivo previsto dalla L. n. 107 del 1990. Conseguentemente le strutture per il triennio in esame, risultano adattate alle sei U.S.L. previste anche nell’organizzazione dipartimentale multizonale. Dipartimento n. l: Strutture della Provincia di L’Aquila: - SIT l’Aquila: presso il Presidio ospedaliero di L’Aquila (transitoriamente funge da SIT la struttura operante presso il Presidio ospedaliero di Avezzano, fino a quando non diventerà pienamente operativa quella di L’Aquila, secondo i requisiti di legge). Ambulatorio e D.H. immunoematologico. - CT Avezzano: presso il Presidio ospedaliero di Avezzano (salvo norma transitoria di cui sopra). Ambulatorio e D.H. immunoematologico. - Sulmona: sede distaccata del SIT di L’Aquila, presso il Presidio ospedaliero di Sulmona. D.H., ambulatorio, laboratorio ad indirizzo ematologico. - UR Castel di Sangro (con Emoteca): funzionalmente collegata a quella di Sulmona. - UR Pescina (con Emoteca): funzionalmente collegata al CT di Avezzano. - UR C.R.I. L’Aquila funzionalmente collegata con il SIT di L’Aquila. Dipartimento n. 2: Strutture della Provincia di Chieti: - SIT Chieti: presso il Presidio ospedaliero di Chieti. Ambulatorio e D.H. immunoematologico. - CT Vasto: presso il Presidio ospedaliero di Vasto, Ambulatorio, Laboratorio e D.H. ad indirizzo oncoematologico ed immunoallergologico. - Lanciano: sede distaccata del SIT di Chieti presso il Presidio ospedaliero di Lanciano. Ambulatorio e D.H. immunoematologico. - UR Casoli (con Emoteca): collegata a quella di Lanciano. - UR Atessa (con Emoteca): collegata a quella di Lanciano. - UR Ortona (con Emoteca): collegata a quella di Chieti. - UR Guardiagrele (con Emoteca): collegata a quella di Chieti. - UR Gissi (con Emoteca): collegata al CIT di Vasto. Dipartimento n. 3: Strutture della Provincia di Teramo: - SIT Teramo: presso il Presidio ospedaliero di Teramo. Ambulatorio e D.H. immunoematologico. - CT Atri: presso il Presidio ospedaliero di Atri. Ambulatorio, laboratorio e D.H. ad indirizzo immunoallergologico. - UR Giulianova (con Emoteca):collegata al SIT di Teramo. - UR S. Omero (con Emoteca): collegata al SIT di Teramo. Dipartimento n. 4: Strutture della provincia di Pescara: - SIT Pescara con funzione di Centro di coordinamento e compensazione regionale. Ambulatorio e D.H. immunoematologico. Laboratori di ematologia, microbiologia clinica e virologia, immunologia e tipizzazione tissutale, differenziazione cellulare, criobiologia e manipolazione cellulare. - Popoli: sede distaccata del SIT di Pescara - UR Penne: (con Emoteca): collegata al SIT di Pescara -UR A.V.I.S. Pescara: collegata al SIT di Pescara. 3.10 Termalismo e climatoterapia. Per stabilimento termale si intende ogni struttura aperta al pubblico che, a scopo preventivo, curativo e riabilitativo utilizza acque minerali peloidi quali fanghi, limi, muffe e simili nonché stufe naturali ed artificiali ai sensi dell’art. 14, lett. a), del R.D. 28 settembre 1919, n. 1924. L’autorizzazione all’apertura, all’ampliamento, alla trasformazione degli stabilimenti termali e concessa con delibera della Giunta regionale su proposta del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale, previo accertamento dei requisiti effettuato dalla U.S.L. competente per territorio e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali. Per l’autorizzazione di cui sopra, l’interessato deve inoltrare apposita domanda alla U.S.L. competente corredata da idonea documentazione fissata con delibera della Giunta regionale. Tali stabilimenti devono garantire la pronta assistenza medica per tutto l’orario giornaliero di apertura. La direzione tecnica dello stabilimento termale deve essere affidata ad un laureato in medicina e chirurgia con specifiche conoscenze in idrologia, idroterapia, terapia fisica o di igiene, iscritto nell’albo professionale. Il direttore tecnico risponde della regolarità del servizio e dell’organizzazione dello stabilimento termale fermo restando la responsabilità personale dei singoli operatori. L’impiego di personale sanitario, tecnico e paramedico deve essere in rapporto alla quantità ed alla qualità di prestazioni fornite dallo stabilimento termale. Le verifiche dell’adeguamento degli stabilimenti termali vengono effettuate dalla U.S.L. competente per territorio ovvero dal Servizio ispettivo del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Regione Abruzzo. 3.11 L’intervento di medicina legale e delle assicurazioni. Premessa. Il costante uso per anni della dizione di Servizi di medicina legale e del lavoro ha spinto i più a non riconoscere in quelle menzionate due differenti discipline che presentano una certa affinità ma che sono ben distinti per gli indirizzi e le finalità che perseguono. È necessario pertanto indicare le attività di esclusiva competenza medico-legale: - accertamenti preventivi d’idoneità e non idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e regolamenti; - accertamenti medico-legali per idoneità lavorativa temporanea ai sensi dell’art. 5 e 30 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, nonché l’art. 2 del D.L. n. 663 del 1979 convertito nella legge n. 33 del 1980; - accertamenti medico-legali per l’incapacità temporanea per infermità, puerperio, malattia professionale ed infortuni per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni; - attività anche collegiale per l’accertamento dell’invalidità permanente per gli infortuni sul lavoro e per malattia professionale, per causa di servizio, per riduzione della capacità di guadagno, per riduzione della capacità di lavoro generica e specifica, per cecità, sordomutismo o altre malformazioni; - coordinamento ed organizzazione del Servizio necroscopico con possibilità di offrire agli organi giudiziari strutture idonee all’esecuzione di attività autoptica e di laboratorio per problematiche forensi; - attività medico-collegiale per l’accertamento dell’invalidità civile; - assistenza tecnica medico-legale nelle controversie civili e nei procedimenti penali a tutela degli interessati del Servizio sanitario gestito dalla U.S.L.; - attività collegiale per il prelievo di organi per trapianti terapeutici; - attività di accertamento, anche collegiale, dell’idoneità alla guida di veicoli e natanti; - attività di accertamento dell’idoneità al porto d’armi; - attività didattiche . Medicina legale e Presidi ospedalieri. L’attività medico-legale delle strutture pubbliche, che non va inquadrata solo sul territorio, va rapportata anche alle strutture ospedaliere. Oltre al personale medico costituito da specialisti in medicina legale, dovranno essere previsti operatori addetti alle attività amministrative in misura diretta al carico di lavoro esistente, così da rendere realmente operative le strutture illustrate. 3.12 L’organizzazione della Veterinaria pubblica e il ruolo dell’istituto zooprofilattico di Teramo. Organizzazione nazionale dei Servizi veterinari: generalità. I Servizi veterinari (SV) sono organizzati nel Paese su tre livelli: - il livello centrale è rappresentato dalla direzione generale dei SV del Ministero della sanità che mantiene i compiti di raccordo internazionale, di controllo sull’importazione di animali e prodotti ai confini della Comunità, di indirizzo operativo e di controllo sulle Regioni e, per quanto attiene impianti e stabilimenti autorizzati nell’ambito della Comunità, anche al rilascio delle relative autorizzazioni; - il livello intermedio è rappresentato dall’apposita struttura delle Regioni che hanno compiti di pianificazione, indirizzo, coordinamento e verifica sui corrispondenti organismi territoriali; - il livello periferico è rappresentato dalle strutture veterinarie delle U.S.L. che hanno compiti operativi. Organizzazione regionale dei Servizi veterinari: generalità. Accanto ai livelli operativi dello Stato, delle Regioni e delle U.S.L. si pongono gli Istituti zooprofilattici con le competenze e l’ordinamento previsto dall’apposita normativa (D.Lgs. n. 270 del 1993 e decreti applicativi). La struttura regionale svolge funzioni programmatorie e propositive in materia di: - definizione delle strategie globali - allocazione delle risorse - progettazione e definizione del sistema informativo - definizione degli obiettivi e analisi dei risultati - offerta di servizi di supporto. La struttura veterinaria regionale è dotata di uno staff amministrativo diretto da un dirigente veterinario e si avvale della collaborazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale e all’occorrenza, di personale dipendente dalle U.S.L. L’azienda U.S.L. è un’entità autonoma e tale autonomia si riflette anche nella struttura veterinaria che va vista come un sistema integrato con un unico e coerente insieme di obiettivi di tipo operativo che si prestano a valutazioni quali-quantitative. Tale struttura veterinaria e articolata nelle tre aree funzionali di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e succ. mod., dotate ognuna di autonomia tecnica e funzionale. Ciascuna area è diretta da un dirigente veterinario del 2° livello. Il coordinamento tra le aree funzionali viene esercitato collegialmente da un comitato composto dai tre dirigenti, e diretto da uno di loro che presiede e convoca le sedute, designato al proprio interno. Le funzioni sono esercitate mediante équipe operative costituite sulla base di specifici programmi anche pluriennali - indirizzati alla realizzazione degli obiettivi individuati dall’autorità centrale, regionale e/o dalla stessa U.S.L. Le équipe, composte da personale di diverso profilo professionale e, se necessario, di diversa area funzionale, sono coordinate da un veterinario responsabile del progetto. Nel distretto sono erogate le prestazioni di ispezione, vigilanza, profilassi e polizia veterinaria dal personale veterinario specialistico, coadiuvato dalle altre figure professionali tecniche e sanitarie di supporto, mediante le équipe operative sopra menzionate. Nel distretto, ferme restando le competenze specifiche dei rispettivi servizi, si formano inoltre, secondo precisi protocolli operativi implementati nei progetti-obiettivo, le équipe interdisciplinari necessarie ad assicurare le attività proprie del dipartimento di prevenzione. La U.S.L. deve poter assicurare le prestazioni relative all’esecuzione delle profilassi obbligatorie pianificate stabilite dallo Stato e dalla Regione e l’organizzazione dell’assistenza zooiatrica anche mediante veterinari libero-professionisti incaricati secondo la vigente normativa. La U.S.L. potrà prevedere l’erogazione con proprio personale di forme di assistenza veterinaria a carico di enti o privati al fine di incrementare le risorse finanziarie da reimpiegare nell’ambito dei Servizi veterinari. In analogia con quanto stabilito per il Comitato per la veterinaria e la zootecnia istituito presso il Ministero per le politiche agricole, va previsto a livello regionale un organo tecnico-politico composto dagli assessori alla sanità ed all’agricoltura e da funzionari dei suddetti settori regionali, oltre che da una rappresentanza dei servizi veterinari delle U.S.L. e dell’Istituto zooprofilattico, tenuto ad esprimere pareri obbligatori su tutti i provvedimenti regionali di interesse veterinario . L’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”. Anche per l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” si deve procedere a riordinare le norme che ne disciplinano il funzionamento e che sono contenute nella L.R. 28 dicembre 1978, n. 84 “Regionalizzazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale - G. Caporale - per l’Abruzzo e Molise” e dell’accordo tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per l’organizzazione e la gestione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale. Nel procedere a tale riordino si tratta di tenere in considerazione non solo quanto è contenuto nel D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270: Riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali a norma dell’art. 1, comma 1°, lett. h) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ma anche quanto è riportato nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502: Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della stessa legge n. 42l del 1992. Il riordine dell’Istituto “G. Caporale”. Il punto 5 dell’art. 2 del D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270: Riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali a norma dell’art. 1, comma l°, lett h) della L. 23 ottobre 1992, n. 421, recita: “Le Regioni, entro il 31 dicembre 1993, disciplinano le modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli istituti, nel rispetto dei principi previsti dal presente D.Lgs. e dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nonché l’esercizio delle funzioni di vigilanza, di indirizzo e verifica sugli istituti. Nel caso di istituti interregionali, le Regioni provvedono di concerto. Le Regioni, inoltre, nell’esercizio delle proprie competenze sugli Istituti zooprofilattici sperimentali, adottano criteri di valutazione dei costi, dei rendimenti di verifica dell’utilizzazione delle risorse”. Alla luce di quanto sopra appare opportuno, piuttosto che emanare nuovi provvedimenti legislativi, modificare la L.R. 28 dicembre 1978, n. 84, il cui impianto si è dimostrato sostanzialmente valido permettendo, soprattutto nell’ultimo quinquennio, non solo un notevole sviluppo dell’Istituto e la sua affermazione sia a livello nazionale che internazionale, ma anche l’utilizzo dell’Istituto stesso nell’assolvere vari e numerosi compiti nell’interesse della Regione, soprattutto nel settore zootecnico e della tutela ambientale, con livelli di efficacia e di efficienza delle prestazioni esemplari. Il D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270, ha confermato sostanzialmente il contenuto delle leggi n. 503 del 1970 e n. 101 del 1974 che definivano istituzionalmente gli Istituti zooprofilattici sperimentali e ne individuavano funzioni e compiti. Ha confermato anche la validità della legge n. 745 del 1975, che trasferiva gli istituti alle Regioni. È stato confermato inoltre il ruolo dell’Istituto zooprofilattico zperimentale come “strumento tecnicoscientifico dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome” ed è stata confermata la sua funzione di ente di ricerca in grado di sviluppare tecnologie avanzate e di assicurare il trasferimento al territorio attraverso servizi di molteplice natura, indirizzati a soddisfare la domanda di vari soggetti istituzionali, delle imprese produttive e dei privati. Agli istituti viene affidata la responsabilità di soddisfare alcuni bisogni che sono venuti emergendo nel corso degli anni che sono intercorsi dall’emanazione dell’ultima legge sugli istituti nel 1975. Appare estremamente significativo che alcuni dei compiti individuati sono, peraltro, già da tempo stati affidati all’Istituto “G. Caporale” con varie leggi della Regione Abruzzo come ad esempio nel caso della formazione dei veterinari del Servizio sanitario nazionale e della sorveglianza epidemiologica come strumento di verifica e controllo delle azioni di sanità pubblica veterinaria. Lo stesso decreto legislativo ha abolito alcune delle norme relative alla modalità di gestione degli istituti provvedendo a sostituirle con norme più in assonanza con i nuovi indirizzi emersi nel corso dell’ultimo biennio in materia di Governo e gestione dell’apparato pubblico del Paese. Il decreto, infine, chiarisce quali siano le fonti di finanziamento dell’istituto statuendo, per la prima volta, che il Fondo sanitario nazionale contribuisce al finanziamento degli istituti cosi come vi contribuiscono sia il Ministero della sanità che le Regioni. L’istituto, inoltre, può continuare ad autofinanziarsi e ciò non più solo attraverso la vendita di prodotti biologici da esso prodotti, ma anche attraverso la vendita di servizi. È sulla base di questi principi generali che va modificata la L.R. 28 dicembre 1978, n. 84, “Regionalizzazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, ai sensi della L. 23 dicembre 1975, n. 745” e dell’“Accordo tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per l’organizzazione e la gestione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale” che è parte integrante della stessa legge regionale. I rapporti tra 1a Regione e l’Istituto zooprofilattico sperimentale. Il D.Lgs. n. 270 del 1993 ha confermato l’autonomia amministrativa, gestionale e tecnica dell’Istituto ed ha sancito a livello nazionale quanto la Regione Abruzzo era stato già statuito sin dal 1978 e cioè che l’istituto è strumento operativo di cui la Regione si avvale per esercitare funzioni che le sono proprie. Inoltre la Regione utilizza l’Istituto zooprofilattico “G. Caporale” per quanto disciplinato dall’art. 7 dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993. La natura dell’Istituto quale strumento della Regione viene vieppiù rafforzata considerando, da un lato, la modifica degli organi di gestione e, dall’altro, le innovazioni apportate alla disciplina di vigilanza e del controllo. Quest’ultima in particolare consente alla Regione un efficace controllo della gestione attraverso la verifica dei risultati raggiunti, ma la responsabilizza in modo tutto nuovo rispetto alla necessità di assicurare all’istituto le risorse finanziarie necessarie al suo finanziamento. Al riguardo appare indispensabile, per evitare gravami impropri sul bilancio della Regione, avere un chiarimento definitivo con lo Stato su quali siano le prestazioni che l’Istituto deve assicurare e quali siano le risorse che per tali prestazioni vengono assegnate allo stesso Istituto direttamente o attraverso il F.S.N. Se il D.Lgs. n. 270 del 1993, infatti, sancisce che sono le Regioni che devono assicurare il finanziamento degli Istituti per i compiti che esse affidano agli stessi è anche vero che lo stesso decreto sancisce per la prima volta che è lo Stato che garantisce il finanziamento all’Istituto attraverso il F.S.N. tenendo conto dei requisiti strutturali, tecnologici e dei livelli di funzionamento in relazione alle esigenze del territorio e alle attività da svolgere. Oltre ai compiti di cui alle leggi 23 giugno 1970, n. 503, e 11 marzo 1974, n. 101 e dal D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270, la Regione intende continuare ad affidare all’Istituto i compiti che essa gli ha attribuito con le proprie leggi n. 84 del 1978, n. 33 del 1981, n. 59 del 1982, n. 48 del 1990 e n. 78 del 1991. I rapporti tra i Dipartimenti di prevenzione e l’Istituto zooprofilattico sperimentale. Le strutture veterinarie dei Dipartimenti di prevenzione, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione tecnico-scientifica dell’Istituto zooprofilattico sperimentale. L’Istituto, pertanto, deve assicurare ai Dipartimenti di prevenzione tutte le prestazioni di laboratorio necessarie alle attività di sanità animale, di controllo dell’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto alimenti di origine animale e dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche. Peraltro, anche gli altri servizi dei Dipartimenti possono avvalersi, ove necessario, delle sue prestazioni. Oltre alle prestazioni di laboratorio, l’istituto, in particolare, assicura ai Dipartimenti il supporto tecnicoscientifico per l’espletamento delle prestazioni di sanità pubblica veterinaria; il supporto della gestione del sistema informativo veterinario regionale; il servizio di documentazione legislativa e bibliografica; la formazione e l’aggiornamento del personale. In linea generale le prestazioni richieste all’Istituto vengono definite in sede di programmazione delle attività dei Dipartimenti sulla scorta di precisi piani tecnico-finanziari che rispondano a criteri di efficacia, efficienza e qualità delle prestazioni. Nella redazione di tali piani, oltre a quanto sancito dalle normative nazionali e regionali, si dovrà tener conto di quanto verrà generato dal sistema di sorveglianza epidemiologica in sanità pubblica veterinaria regionale. Al fine di garantire un collegamento funzionale tra l’Istituto, la Regione e le strutture dei Dipartimenti viene istituita una Commissione costituita dal responsabile della struttura veterinaria della Regione, dai coordinatori delle aree funzionali veterinarie dei Dipartimenti e dal Direttore generale dell’Istituto. Le priorità. Prioritario appare nel triennio: - l’attivazione del sistema di gestione delle emergenze veterinarie e la sua integrazione anche con il sistema della protezione civile; - l’attivazione della rete regionale di sorveglianza epidemiologica finalizzata alla programmazione ed alla verifica delle azioni di sanità pubblica veterinaria; - il completamento del sistema informativo veterinario di gestione e di Governo basato su una rete telematica che consenta, dal punto di vista dell’informazione, l’integrazione funzionale dei Servizi dei dipartimenti, del Servizio veterinario regionale e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale in tutte le sue articolazioni territoriali; - l’attivazione del sistema telematico di documentazione legislativa e scientifica nell’ambito del sistema informativo veterinario; - l’attivazione di un sistema efficiente di acquisizione e trasporto dei materiali necessari all’erogazione delle prestazioni; - l’inizio della realizzazione della nuova sede centrale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale. 3.13 L’attività sociologica e psicologica. Premessa. A partire dalla storica definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, che risale agli anni 50, la salute non è da intendersi solo come assenza di malattia ma come uno stato di benessere fisico, psichico ed ambientale. Secondo questo nuovo modello interpretativo il passaggio dal bisogno alla domanda sanitaria non si realizza esclusivamente nel momento dell’effettiva insorgenza delle malattie, ma può esplicarsi in una gamma di comportamenti promozionali della salute. A fronte di una nuova e diffusa sensibilità rispetto al concetto di salute e del riconoscimento dell’importanza di fattori metaindividuali, sociali e socioculturali nella promozione del benessere psicofisico, emerge oggi la necessità di un approccio marcatamente sociologico alla “questione salute”. La sociologia, con il proprio specifico campo di indagine, con le proprie metodologie e peculiarità professionali, può meglio precisare i termini della “questione salute” e gli interventi da realizzare in modo da razionalizzare le risorse, mirando gli obiettivi e valutando gli interventi. La funzione della Regione risulta determinante in quanto, a norma dell’articolo 2 del decreto delegato di riforma interviene per definire le linee dell’organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela della salute, i criteri di finanziamento alla U.S.L. e alle Aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti della predetta U.S.L. e aziende, anche in relazione al controllo di gestione e valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie. Il provvedimento legislativo assegna sostanzialmente alle Regioni un ruolo di programmazione coerente con i principi definiti dal Piano sanitario nazionale. Tra questi, l’art. 1 del decreto ribadisce, a proposito dei progetti-obiettivo, l’integrazione funzionale ed operativa tra i servizi sanitari ed i servizi socio-assistenziali. Così come, all’art. 14 vengono dettati principi volti a garantire i diritti dei cittadini nella gestione della sanità pubblica. Riferimenti legislativi e ambiti di intervento. Con la promulgazione del D.P.R. n. 761 del 1979 la figura professionale del sociologo è stata formalmente inserita nel comparto della Sanità pubblica con un profilo articolato su tre posizioni funzionali. Il successivo D.P.R. n. 821 del 7 settembre 1984 precisava le attribuzioni per il personale non medico addetto a presidi, servizi e uffici delle Unità sanitarie locali. Agli articoli 46, 47 e 48 del citato decreto vengono definite le attribuzioni delle tre posizioni funzionali citate. A partire da tali articoli possiamo sintetizzare i compiti dei sociologi operanti nel Servizio sanitario nazionale come segue . Didattica - Ricerca. Si intende l’acquisizione di conoscenze - sapere fenomenologico interdisciplinare tramite l’analisi (strutturale, funzionale e fattoriale) con il trasferimento delle conoscenze acquisite anche attraverso la ricerca. Programmazione. Si intende indicare la pianificazione e la programmazione in un rapporto fine - mezzi in cui il piano indica gli obiettivi e i valori sociali da realizzare, il programma indica i mezzi ed i costi, le modalità e i tempi. Organizzazione - Direzione. È l’insieme di fattori - strumenti (organi) coordinati in vista del conseguimento di determinate finalità obiettivi. Valutazione. Valutare è quella attività che permette di misurare e giudicare il raggiungimento di determinati obiettivi. Attualmente i sociologi del comparto della sanità pubblica, anche sulla scorta di leggi nazionali e regionali, sono inseriti esclusivamente nei servizi socio-assistenziali (consultori, servizi per le tossicodipendenze, ecc.). Più in particolare il Dipartimento di “sicurezza sociale” si dovrà tendere a: - svolgere un’attività di documentazione, diffusione delle informazioni, ricerca, consulenza tecnica, promozione di programmi di formazione e dell’attività di volontariato; - coordinamento di eventuali progetti-obiettivo in materia socio-assistenziale; - gestione del sistema informativo socio-assistenziale (SISA); - promozione di servizi socio-assistenziali alternativi; - attivazione della rete di interventi di settore qualificandone l’integrazione socio-sanitaria. La sede operativa del Distretto dovrà configurarsi soprattutto quale ambito ottimale per l’integrazione e la ricomposizione unitaria delle competenze e delle attività sanitarie con gli interventi socio-assistenziali, la gestione del sistema informativo di base, l’informazione sui servizi esistenti, segretariato sociale, consulenza psico-sociale, attività conoscitiva rispetto all’andamento dei bisogni, oltre alle prestazioni specialistiche ed ambulatoriali di tipo sanitario. Quale asse portante del decentramento dell’assistenza sanitaria di base, il distretto rappresenta il luogo specifico entro cui può maturare una vera cultura preventiva. In tale ambito la presenza di un sociologo ha lo scopo di costruire un “Osservatorio” socio-sanitario di base ed “epidemiologico”, capace di trarre utili indicazioni sulla reale incidenza del Distretto in termini di prestazioni sanitarie e domiciliari capaci di ridurre il ricorso all’ospedale. Il citato decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992 sul riordino del Servizio sanitario nazionale, prevede, all’art. 14, che il Ministero della sanità definisce con proprio decreto, a proposito dei “diritti dei cittadini” utenti del Servizio sanitario nazionale, un sistema di indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché all’andamento delle prestazioni delle malattie. L’ambito della “prevenzione” taglia trasversalmente più servizi e più figure professionali. In questa sede vogliamo sottolineare una scelta che deve essere compiuta all’interno del Piano sanitario regionale e cioè quella della razionalizzazione del personale impiegato in tale ambito. L’attività psicologica. Il Servizio sanitario ha ribadito, quale centro di azione su cui far convergere ogni risorsa specialistica, intellettuale, economica, la persona umana nella sua interezza: in tal senso la persona nutre sempre più aspettative di benessere e di una migliore qualità della vita e accetta sempre meno di essere considerata solo portatrice di un disagio psichico o fisico e riabilitato unicamente per la patologia che manifesta. La psicologia vanta una lunga tradizione di ricerca, studio, analisi, intervento, volta ad attribuire alla persona, globalmente considerata, valori relativi alla sua sanità da intendersi come crescita biopsichica, emozionale, esistenziale e come promozione dell’individuo per l’acquisizione di migliori livelli di qualità della vita. La psicologia ha avvertito nel tempo la necessità di una maggiore specializzazione, adattandola nell’intervento pratico che essa svolge negli ambiti sanitari, sia ospedalieri che territoriali, ove oggi è prevista, manifestando la necessità di una struttura tecnico-organizzativa autonoma, anche in considerazione che la psicologia ha assunto, sempre più, caratteristiche scientifico-cliniche proprie. In considerazione del riordino territoriale delle U.S.L. in ambito più ampio di quelli attuali si ritiene necessaria una razionalizzazione delle risorse esistenti ed una previsione organica adeguata alla programmazione triennale dell’organizzazione sanitaria regionale. La dotazione organica regionale degli psicologi, descrittivamente riassunta per province, è la seguente: Provincia di l’Aquila: 35 psicologi Provincia di Teramo: 34 psicologi Provincia di Pescara: 29 psicologi Provincia di Chieti: 20 psicologi Tale dotazione subirà un incremento nell’ambito della prossima istituzione del Dipartimento di salute mentale. Si evidenzia, dunque, la necessità di una razionalizzazione delle prestazioni psicologiche, di una loro migliore qualificazione e di una maggiore omogeneità con possibilità di evidenziarne il rapporto costibenefici. A tal fine è prevista l’istituzione di un’apposita struttura articolata nei vari livelli di assistenza della U.S.L. e nelle realtà ospedaliere, attraverso moduli organizzativi specialistici da individuare negli ambiti distrettuali e nei Presidi ospedalieri. Tali moduli dovranno essere istituiti laddove già esiste un’operatività psicologica e ove se ne ravvisi la necessità (es. oncologia, cardiologia, ematologia, chirurgia, pediatria, ostetricia e ginecologia, ecc.). In fase di prima applicazione, il personale sarà riorganizzato per la strutturazione, secondo le disponibilità a seguito degli artt. 8 e 78 del D.P.R. n. 384 del 1990. La struttura in parola ha il compito di assicurare: 1) le modalità di coordinamento tecnico-scientifico delle attività svolte dagli psicologi; 2) la verifica dell’efficienza e dell’efficacia del lavoro svolto; 3) la programmazione delle attività in collaborazione con gli altri servizi; 4) una funzionale distribuzione del personale psicologi sul territorio; 5) la programmazione della formazione e dell’aggiornamento degli psicologi, individuando anche gli opportuni momenti di interscambio delle esperienze professionali maturate in ambiti operativi diversi; 6) la gestione del personale - psicologi, di concerto con il Consiglio dei sanitari; 7) la documentazione dell’attività svolta. Nella struttura di psicologia, attraverso la programmazione e pianificazione delle attività, la formazione e aggiornamento, la ricerca e la documentazione, la gestione operativa dei tirocini post-lauream, si svolgono le seguenti attività: - consulenza; - questionari, test; - colloquio di valutazione psico-clinica; - psicoterapia individuale di coppie e di gruppo; - formazione psicologica del personale; - educazione sanitaria in ambito psicologico; - assistenza psicologica alla famiglia e alla coppia; - assistenza psicologica alla donna in stato di gravidanza; - psico-profilassi al parto; - assistenza psicologica alla donna in menopausa; - assistenza psicologica per la contraccezione; - colloqui per le richieste di interruzione volontaria della gravidanza (I.V.G.); - interventi di educazione alla sessualità in ambito psicologico e relazionale; - consulenza alle problematiche adolescenziali; - consulenza psicologica per l’adozione e per l’affido familiare; - interventi in favore di soggetti portatori di handicap; - consulenza alle scuole e partecipazione a dinamiche di gruppo; - assistenza psicologica ai malati cronici e terminali (AIDS, ecc.); - attività di ricerca epidemiologica in ambito psicologico; - attività presso i SERT, di carattere individuale e familiare; - attività psicologica in ambito psichiatrico; - diagnosi psicologica, psicoterapia individuale e di gruppo; - attività di riabilitazione psicologica nelle strutture semiresidenziali, residenziali e di accoglienza psichiatrica; - attività psicologica nei servizi riabilitativi per gli handicap. Quanto sopra previsto trova puntuale accoglimento nei parametri contemplati dal D.Lgs. n. 502 del 1992, tenendo conto che la professionalità psicologica all’interno del S.S.N. è già prevista nella sua forma di disciplina autonoma e specifica ribadita dalla legge n. 56 del 1989. 3.14 L’intervento per la prevenzione e la cura del diabete mellito. La Regione Abruzzo istituisce un sistema organico di intervento per perseguire i seguenti obiettivi: - prevenzione e diagnosi precoce della malattia diabetica; - miglioramento delle modalità di cura dei cittadini diabetici; - promozione dell’educazione sanitaria del cittadino diabetico e della sua famiglia; - preparazione ed aggiornamento professionale del personale sanitario addetto ai servizi. Il sistema di intervento, istituito nel triennio 1994-1996, consente di assolvere le seguenti funzioni: - prevenzione primaria e secondaria del diabete mellito; - prevenzione delle sue complicanze; - terapia in situazioni di particolare necessità clinica; - consulenza diabetologica con il medico di base; - consulenza con divisioni ospedaliere in occasione dei ricoveri di cittadini diabetici; - addestramento, istruzione ed educazione del cittadino diabetico. In relazione alla densità della popolazione, alle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche delle zone di utenza e all’incidenza della malattia diabetica nell’ambito regionale, nel triennio 1994/1996 il sistema è articolato in tre livelli operativi di intervento costituiti da: 1) Livello regionale a) Comitato regionale diabetologico b) Servizio regionale di diabetologia pediatrica 2) Livello di area Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia 3) Livello di base a) Medici di base e pediatri di libera scelta b) Associazioni di volontariato diabetici. Ai fini dell’ottimale coordinamento delle azioni rivolte alla prevenzione ed alla cura del diabete, tutte le unità della rete dei servizi diabetologici partecipano ad attività inerenti alla standardizzazione dei criteri diagnostici, terapeutici ed assistenziali, curando i collegamenti tra i diversi livelli elencati. L’accesso ai servizi specialistici in precedenza elencati avviene, nel rispetto del diritto di libera scelta da parte dell’assistito, su richiesta del medico di base, che può anche prescrivere, se necessario, il “passaggio in cura”. Livello regionale. a) Comitato regionale diabetologico. Presso il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Giunta regionale è istituito il Comitato regionale diabetologico. Il Comitato formula proposte ed esprime pareri in ordine agli interventi di cui all’art. 1 della legge 16 marzo 1987, n. 115. Promuove altresì iniziative per il potenziamento della ricerca finalizzata e collabora con gli organi regionali per l’emanazione di direttive rivolte a fornire indirizzi uniformi e coordinati per l’attuazione della stessa legge. Ai fini poi dell’omogeneità e dell’integrazione delle attività di tutte le strutture coinvolte nelle problematiche poste in essere dalla malattia diabetica assolve le seguenti funzioni: - gestione di un registro regionale del diabete insulino-dipendente e non insulino-dipendente; studio della prevalenza ed incidenza del diabete nella popolazione, nell’ambito dell’osservatorio epidemiologico regionale. - coordinamento della prevenzione primaria: da svolgersi attraverso l’individuazione nella popolazione sana di soggetti a rischio della malattia, proponendo e/o esaminando protocolli diagnostici e terapeutici da attuarsi in tali soggetti; - definizione e conduzione, in stretta collaborazione con i servizi diabetologici dei diversi livelli di attività coordinate miranti alla standardizzazione ed all’omogeneità dei criteri diagnostici, terapeutici ed assistenziali. Dovrà inoltre essere in grado di favorire: - l’applicazione e lo sviluppo di tecnologie avanzate riguardanti sia le tecniche terapeutiche e diagnostiche tendenti al miglioramento della malattia, sia la cura ed il controllo delle complicanze ad essa connesse. b) Il Servizio regionale di diabetologia pediatrica. La divisione di pediatria del Presidio ospedaliero “SS. Annunziata” di Chieti, convenzionata con la facoltà di Medicina della stessa città (Clinica pediatrica), svolge il servizio per lo studio la prevenzione ed il trattamento del diabete infantile. Il Servizio di diabetologia pediatrica ha il compito di svolgere le seguenti funzioni relative al diabete mellito nell’età evolutiva: - diagnosi precoce; - ottimizzazione del controllo metabolico; - educazione sanitaria dei ragazzi con diabete mellito e delle loro famiglie; - coordinamento dell’accesso alle strutture specialistiche per la diagnosi precoce e la terapia delle complicanze del diabete; - consulenza diabetologica pediatrica in ambito ospedaliero e nel territorio; - attività educativa nelle scuole. Livello di area. Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia. I Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia, istituiti in ambito ospedaliero, sono aggregati ai Dipartimenti di medicina interna e partecipano all’organizzazione dipartimentale con particolare riguardo all’assistenza infermieristica. Svolgono consulenza a tutti i Dipartimenti ospedalieri in occasione di ricoveri di cittadini diabetici e ricevono prestazioni dagli stessi nei confronti dei propri pazienti in assistenza ambulatoriale. Le prestazioni vengono erogate normalmente in regime ambulatoriale e in day-hospital. Nell’ambito della struttura dipartimentale deve prevedersi una destinazione di posti letto per pazienti diabetici abbisognevoli di ricovero. Nei Presidi ospedalieri in cui il Servizio specialistico diabetologico ospedaliero è istituito ed è operante esso resta confermato. Le prestazioni minime erogate, in proprio o attraverso le strutture del presidio ospedaliero, sono: - accesso alla visita diabetologica per almeno 5 mattine ed un pomeriggio alla settimana; - agevole operatività per gli esami di base e specialistici; - accesso all’assistenza oftalmologica, neurologica; - espletamento di programmi di educazione collettiva ai pazienti diabetici e loro familiari; - compilazione di diete personalizzate; - collegamento con altre strutture per accertamenti e terapie più complessi. Livello di base. a) Medici di Medicina generale Questo intervento costituito dalla Medicina generale di base e dalla Medicina specialistica pediatrica, sarà assunto come riferimento naturale e privilegiato dalla rete dei Servizi di diabetologia. La funzione del medico di base è da ritenersi, difatti, essenziale per una corretta ed ottimale gestione della malattia diabetica. Tale funzione si esplica a livello preventivo, diagnostico e terapeutico. Sarà cura del medico di base indirizzare i pazienti neodiagnosticati alle strutture diabetologiche per dotare gli stessi del “diario clinico”, e per gestire i regimi terapeutici proposti dal servizio, sulla base di una valutazione specialistica del paziente. Tra medico di base e Servizio di diabetologia dovrà sussistere un reciproco rapporto continuativo di collaborazione per la gestione del paziente diabetico. Per iniziativa dei servizi degli altri livelli organizzativi, il medico ed il pediatra di base opereranno in modo coordinato sulla base di comuni predefiniti e concordati protocolli terapeutici (e di schede predisposte di comunicazione che costituiranno pertanto anche il principale input del sistema informativo sul diabete). La funzione del medico di base sarà predominante nella gestione del soggetto con diabete di tipo II, soprattutto se non complicato, consentendo una decongestione ed un’utilizzazione ottimale delle strutture specialistiche le quali effettueranno controlli routinari annuali, intensificando il controllo solo se richiesto dalle condizioni cliniche del paziente. Il medico di base infine esplica un ruolo di primaria importanza nelle indagini epidemiologiche sul territorio e sui programmi di educazione della popolazione sia diabetica che generale secondo le linee stabilite a livello regionale. b) Associazioni di volontariato di diabetici. Per il raggiungimento degli scopi predeterminati nel presente Piano, le U.S.L. si avvalgono della collaborazione e dell’aiuto delle associazioni di volontariato di diabetici, nelle forme e nei limiti previsti dalle rispettive leggi nazionale e regionale. Tali associazioni opereranno principalmente nelle forme di assistenza domiciliare nei confronti di diabetici disabili, nell’informazione e predisposizione di corsi per l’educazione sanitaria, nella collaborazione per la rilevazione dei dati, interessando le strutture scolastiche, sportive e socio-sanitarie. 4 - Gli elementi comuni e di razionalizzazione del nuovo sistema sanitario regionale. [4.1 La regolamentazione del rapporto università-Regione e aggiornamento professionale. Protocollo di intesa Regione-Università. Ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, così come modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, la Regione provvederà a stipulare tre specifici protocolli di intesa con le Università della Regione relativi rispettivamente agli ambiti di cui ai commi 1, 2 e 3 dello stesso art. 6. Ai sensi del 1° comma la Regione stipulerà protocolli d’intesa con l’Università "G. D’Annunzio" di Chieti e con l’Università di L’Aquila al fine di regolamentare l’apporto delle facoltà di Medicina di dette Università alle attività assistenziali del Servizio sanitario nel rispetto delle loro finalità istituzionali, didattiche e scientifiche, con l’obiettivo dell’integrazione delle attività assistenziali con le esigenze didattiche e scientifiche, con l’obiettivo dell’integrazione delle attività assistenziali con le esigenze di didattica e ricerca. In sintesi, detti protocollo si prefiggeranno i seguenti scopi: 1) le Università suddette contribuiscono, per quanto di competenza, all’elaborazione dei Piani sanitari regionali; 2) le attività di didattica e di ricerca, svolte dalla facoltà di Medicina, saranno inscindibilmente connesse con l’attività assistenziale delle stesse; 3) sulla base del Piano sanitario regionale uniformato alle indicazioni del Piano sanitario nazionale, che stabilisce gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione e con cui vengono ridefiniti i modelli riorganizzativi dei servizi, in funzione delle specifiche esigenze del territorio e delle risorse effettivamente a disposizione, i protocolli d’intesa non potranno in alcun modo costituire pregiudizio per l’ulteriore sviluppo delle Aziende ospedaliere e/o della U.S.L. oggetto d’intesa e delle Università “G. D’Annunzio” di Chieti e di L’Aquila, in relazione a specifiche potenzialità assistenziali specialistiche che le stesse saranno in grado di esprimere. Pertanto nella determinazione di eventuali posti aggiuntivi, ai sensi del 5° comma dell’art. 2 del D.P.R. 10 marzo 1982, l’Università dovrà tener conto delle indicazioni della Regione. L’inserimento del personale universitario nelle divisioni e servizi, avviene secondo la corrispondenza delle posizioni funzionali dei dipendenti delle Aziende ospedaliere e/o della U.S.L. con quelle universitarie. Tale inserimento avverrà gradualmente tenendo conto delle reali esigenze di sviluppo dell’assistenza, sia delle strutture ospedaliere che delle facoltà di Medicina e contestualmente alla riorganizzazione delle strutture ospedaliere attualmente convenzionate, in modo da costituire un’organica e completa struttura assistenziale e ospedaliera. Tale organizzazione, nella prospettiva di costituire policlinici autonomi, deve tendere ad una completa separazione degli organici universitari ed ospedalieri in modo tale che non si verifichino interferenze nei compiti istituzionali delle due strutture e si realizzino per entrambi gli organici le più ampie possibilità di sviluppo e di carriera. Ciò permetterà di realizzare successivamente, una progressiva integrazione, tramite la costituzione di strutture dipartimentali miste, sia per quanto riguarda la didattica e la ricerca, sia per quanto riguarda l’assistenza, dando da parte delle facoltà di Medicina, puntuale ed ampia applicazione delle norme inerenti l’attività didattica integrativa; 4) i diritti e i doveri che, per la parte assistenziale, il personale medico universitario assumerà, saranno quelli previsti per il personale medico di corrispondente qualifica del ruolo nominativo regionale. Il personale universitario per la parte assistenziale presterà servizio per un numero non inferiore a venti ore settimanali per il tempo pieno e a quindici ore settimanali per il tempo definito ed avrà diritto a tutti i compensi previsti per il personale ospedaliero di pari qualifica, nel rispetto della normativa prevista in materia; 5) i medici ospedalieri delle sedi oggetto d’intesa parteciperanno alle attività didattiche. I protocolli d’intesa saranno stipulati tra la Regione e le Università di Chieti e di L’Aquila, sulla base di principi, indicazioni e direttive, da emanarsi con atto della Giunta regionale, previo parere espresso da una commissione di esperti. Detta commissione, presieduta dal componente la Giunta preposto al Settore Sanità, sarà costituita da due membri nominati dall’Università “G. D’Annunzio” di Chieti da due menbri nominati dall’Università di L’Aquila e da otto membri nominati dalla Giunta regionale (22). La stessa commissione, inoltre, esprimerà il parere in merito ai singoli formali protocolli d’intesa da stipulare tra la Regione e le Università “G. D’Annunzio” di Chieti e di L’Aquila. Un risorsa cardine del rinnovamento dei servizi è data da una nuova organizzazione del lavoro che vede in qualità di protagonisti gli operatori con le loro azioni quotidianamente compiute nei vari presidi della U.S.L. Puntare alla formazione professionale ed all’aggiornamento del personale significa perseguire l’obiettivo del rinnovamento della Sanità e “della salute per tutti nel 2000” come indica l’O.M.S. Le modificazioni epocali che stanno vivendo i sistemi sanitari in tutto il mondo devono essere sostenute da operatori in possesso di nuove conoscenze, nuove competenze e abilità, rinnovata disponibilità alla relazione interpersonale d’aiuto, una nuova forma mentis sistematicamente “in progress”. La legge n. 833 del 1978 ha gettato gli elementi di fondo per la crescita di una nuova cultura della salute pur se le funzioni in materia di formazione sono state trasferite alle Regioni fin dal D.P.R. n. 10 del 1972, riconfermate con nuovo spirito dal D.P.R. n. 616 del 1977 e dal D.P.R. n. 761 del 1979 e dai contratti nazionali del comparto sanità. Sulla base di tali disposizioni statali, la Regione Abruzzo ha approvato la L.R. 23 dicembre 1982, n. 97. Il ruolo dell’Assessorato regionale alla sanità e della Giunta regionale è quello specifico di promozioneprogrammazione e coordinamento di tutte le attività formative. Il D.Lgs. n. 502 del 1992 e sue modificazioni ed integrazioni, all’art. 6 prevede una correlazione sempre più accentuata tra sistemi formativi del Servizio sanitario regionale con quelli dell’Università e degli istituti privati accreditati nell’ambito regionale fino a determinare una “rete formativa”. (22) Capoverso così modificato dall’art. 212-quinquies, L.R. 8 febbraio 2005, n. 6, aggiunto dall’art. 18, L.R. 3 marzo 2005, n. 23. Il recepimento inoltre di due importanti direttive comunitarie relative una ai neo-laureati in Medicina indirizzati alla pratica della “Medicina generale” e l’altra alle specializzazioni post-laurea in Medicina sottolinea la centralità della Regione in materia, che insieme all’Università individua il fabbisogno formativo. Finalità essenziale della dimensione formativa è il far acquisire competenze ed ottenere prestazioni ottimali, sviluppando la preparazione, la sicurezza, l’identità di appartenenza e l’autonomia dei singoli operatori, promuovendone la migliore utilizzazione integrata nell’équipe e nel servizio evitando l’uniformità standardizzata delle risposte ai bisogni per l’emersione di performance professionali che rispondono in maniera sempre più efficace alle necessità di salute della collettività. Per raggiungere questi obiettivi sostanziali, è necessario che la metodologia didattica formativa si basi sull’attuazione dell’insegnamento/apprendimento idoneo a raggiungerli e sulla verifica del loro effettivo raggiungimento in base a criteri valutativi pianificati. L’educazione formativa deve prediligere l’apprendimento attivo (imparare facendo) attraverso l’uso di metodologie didattiche nuove quali, il role playing e il lavoro di gruppo, lezioni magistrali, case/study, con la conduzione di tutor qualificati. Giornate di studio, corsi-seminari workshop, convegni, conferenze, atelier, congressi, calibrati su comprovati bisogni della popolazione supportati da sussidi didattici audiovisivi quali: filmati - diapositive - lucidi e da documentazione aggiornata anche presente nelle biblioteche universitarie e delle U.S.L. Saranno promosse iniziative per la realizzazione di studi e ricerche nel campo educativo e formativo sociosanitario, per la valutazione, revisione, qualità dell’assistenza dei vari profili professionali mediciinfermieristici-tecnico-sanitari e amministrativi. La formazione permanente del personale operante nell’ambito del SSN comprende tutte le attività formative, che successive alla formazione iniziale e di base, sono finalizzate alla ridefinizione professionale, al completamento e all’adeguamento continuo delle conoscenze, delle capacità operative e delle abilità professionali, in rapporto al progredire delle conoscenze scientifiche e tecnologiche ed in relazione alle esigenze di funzionalità del complesso dei servizi rispetto alla tutela della salute dei cittadini. Rispetto alle finalità vanno distribuiti gli interventi di: a) formazione, orientamento e inserimento lavorativo destinati ai neo-assunti; b) perfezionamento delle conoscenze tecnico scientifiche e delle abilità specifiche per profili professionali; c) formazione rivolta agli aspetti di metodologie del lavoro e di organizzazione dei servizi per aree di intervento, per l’impiego ottimale delle risorse umane e materiali e per lo sviluppo delle capacità di rapporto con gli utenti per un’organizzazione dei servizi di “gradimento della collettività”. I programmi di aggiornamento possono essere realizzati dalla Regione e dalle U.S.L. La Giunta regionale e le U.S.L. realizzano gli itinerari formativi direttamente o convenzionandosi con le Università o con altri soggetti pubblici o privati accreditati. La Giunta regionale e le U.S.L. svolgono tali iniziative anche con la partecipazione degli ordini professionali, collegi professionali, associazioni professionali, provinciali o regionali. Le attività di formazione permanente sono precipuamente destinate: 1) al personale del ruolo nominativo regionale nelle forme obbligatorie e facoltative previste dagli Istituti normativi del comparto; 2) al personale convenzionato ai sensi dell’art. 48 delle legge n. 833 del 1978 nella forma obbligatoria prevista dall’accordo nazionale della categoria. La formazione permanente dei medici di medicina generale è regolamentata dall’art. 32 del D.P.R. n. 314 del 1990 e quella dei medici specialisti e pediatri di libera scelta, dall’art. 31 del D.P.R. n. 315 del 1990. La Regione annualmente d’intesa con gli ordini dei medici e i sindacati medici di categoria maggiormente rappresentativi avvalendosi, ove è possibile, anche delle società professionali di medicina generale emanano norme sui temi prioritari dell’assistenza anche in relazione all’attuazione dei progetti obiettivo. La Regione Abruzzo considera prioritario l’approfondimento pratico/scientifico delle “tecniche del counseling” per i rapporti con i tossicodipendenti, i malati di Aids - i sieropositivi asintomatici, gli anziani, i giovani, le famiglie, i fanciulli. Per le finalità di formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione nonché per le esigenze connesse alla formazione degli specializzandi e all’accesso ai ruoli dirigenziali, la Regione e le Università abruzzesi stipuleranno ulteriori specifici protocolli d’intesa con le modalità e gli obiettivi sopra indicati. Sarà provveduto all’accreditamento, secondo la disciplina dettata con il prescritto decreto interministeriale, di strutture private, con le quali saranno stipulati appositi accordi ai sensi del richiamato art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni. Fino all’approvazione dei protocolli d’intesa e degli accordi citati, gli attuali rapporti con l’Università e gli Istituti privati conservano la loro efficacia. Sarà provveduto altresì all’accreditamento, secondo la disciplina dettata dal prescritto decreto i termini di strutture private, con le quali saranno stipulati appositi accordi ai sensi del richiamato art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni .] (23) 4.2 L’integrazione dei servizi sanitari e sociali. Il volontariato. Generalità. Il perseguimento, da parte dell’intero sistema di servizi, dei compiti di promozione e tutela del benessere sociale, individuati dalle norme ma ancor più oggi da un profondamente mutato orizzonte di bisogni dei cittadini, richiama l’attenzione sulle modalità di rapporto e di azione tra i soggetti che agiscono in questo ampio contesto, organizzativamente e istituzionalmente diversificato. La rilevanza che va attribuita a questo problema trova spiegazione da un lato nella situazione di frammentazione organizzativa che discende dal processo di specializzazione delle attività e delle competenze professionali, dall’altro nell’affermarsi di una domanda sociale che rimanda a risposte da parte dei servizi sempre più qualitative e integrate. A tali problematiche fa riferimento il D.P.C.M. 8 agosto 1985 che classifica gli interventi in due grandi gruppi: a) le attività direttamente ed esclusivamente socio assistenziali; b) le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali. Tralasciando le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali che, come previsto dal predetto decreto, sono a carico del F.S.N., bisognerà programmare un’integrazione funzionale ed operativa delle attività socio-assistenziali di cui alla lettera a) sia con quelle della lettera b), sia con altre attività svolte nell’ambito delle U.S.L. della nostra Regione, tenendo ben distinti gli aspetti finanziari e solo dopo l’effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie di cui all’art. 3, punto 3, ultimo comma della legge di riforma sanitaria. Appare chiaro da quanto sopra esposto, che allo stato attuale si possono proporre le sole basi dell’integrazione al fine di costruire tra di esse un’operatività funzionale di prevenzione, cura e riabilitazione che soddisfi in modo completo le esigenze del cittadino utente nel quadro di una razionalizzazione generale che consenta una riduzione delle spese e di un loro reinvestimento per il miglioramento dei servizi. A livello regionale la considerazione dell’esistenza di un complesso insieme di attività e di soggetti operanti sul territorio anche con elevati gradi di autonomia gestionale e operativa e con norme generali e regole di comportamento fortemente differenziate, deve essere valutata con aspetti innovativi di carattere istituzionale. Stabilito che sanità e assistenza dipendono da centri di riferimento istituzionale diversi, occorre prevedere l’individuazione di uno strumento generale di concertazione e di indirizzo politico-istituzionale, entro il quale si possano sviluppare tutte le ipotesi tecniche di integrazione operativa tra i vari servizi pubblici, enti e associazioni operanti sul territorio. Tale strumento può essere individuato nel protocollo d’intesa, che va visto come accordo generale tra gli enti gestori delle varie funzioni (Regione, Provincia, Comuni, I.P.A.B., etc.), per indirizzare alla soluzione delle problematiche di coordinamento e d’integrazione che si pongono a vari livelli tra sanità e assistenza. Per specifici problemi o tematiche, possono essere previste eventuali altre modalità di integrazione tra i due comparti. Nell’ambito dei protocolli d’intesa dovrà essere assicurato l’accordo politico che definisca la possibilità di mettere in atto forme e modalità di programmazione comune tra più soggetti, che riguardano l’analisi e la lettura dei bisogni emergenti, l’indicazione degli obiettivi generali e degli interventi da realizzare, nonché le modalità di valutazione e di verifica, anche attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale. Attraverso i protocolli d’intesa, verranno quindi individuati i soggetti e gli spazi tecnici per esercitare forme di collaborazione, di integrazione e di utilizzo sia del personale che delle strutture sanitarie e socioassistenziali. A seconda dello specifico obiettivo comune prefissato, verranno stabiliti a livello tecnico i criteri e le modalità di attuazione degli interventi integrati. Strumenti utili alla sperimentazione ed alla realizzazione di interventi ed iniziative d’integrazione e coordinamento tra sanità e assistenza sono i progetti obiettivo contenuti nel presente Piano (salute degli anziani, tutela materno-infantile, tutela della salute mentale, handicap, etc.), nonché alcuni servizi ed interventi trasversali ai progetti stessi (es. l’assistenza domiciliare) . Conclusioni. (23) Paragrafo abrogato dall'art. 2, comma 1, L.R. 21 dicembre 2012, n. 67 (vedi, anche i commi 2 e 3 del medesimo articolo). Allo stato attuale le norme legislative non consentono di stabilire nei dettagli una qualsiasi disciplina di integrazione dei servizi socio-assistenziali delle autonomie locali con i servizi delle UU.LL.SS.SS. della nostra Regione. Per tale motivo l’unica soluzione possibile che sia nello stesso tempo rispettosa delle legge, equa ed ugualitaria per tutti i cittadini, protesa ad un buon funzionamento del servizi sociosanitari e quella che stabiliva già da adesso la fase iniziale del processo di integrazione con un protocollo di intesa assunto integralmente nelle sue linee fondamentali del presente Piano sanitario regionale. Il volontariato. Il benessere fisico-psichico di una persona è l’elemento fondamentale perché una società moderna si evolva e sviluppi in tutti i suoi rapporti sociali, civili, di progresso nei vari settori e di ricchezza economica. Bisogna quindi tutelare l’uomo in tutte le fasi della sua vita affinché lo stesso possa essere perfettamente inserito in una società efficiente ed avanzata. Attualmente si osservano alcune forme molto diffuse sul territorio, di disagio sociale. Tra questi, per grandi linee, sono da collocare la vecchiaia emarginata, i poveri, i barboni, i nomadi, gli extracomunitari, gli immigrati clandestini, i disadattati sociali per varie cause ed infine le famiglie disaggregate. La situazione è tale da richiedere interventi che vadano ad integrare le iniziative poste in essere dalle istituzioni. In merito la via percorribile, anzi auspicabile, è quella di ricorrere all’opera del volontariato che, per fortuna, è in notevole crescita un po’ dappertutto. Nasce quindi l’esigenza, da parte della Regione Abruzzo, di eliminare gli impedimenti e di realizzare un sistema che, oltre a definire la partecipazione del volontariato, ne fissi i compiti, ne delinei i contorni e tenga conto della sede e dell’integrazione delle prestazioni. È in questa ottica che la Regione intende muoversi realizzando il Piano distrettuale del volontariato. Ad esso concorrono gli enti morali le organizzazioni del volontariato, le cooperative sociali, gli enti con finalità religiosa, le libere associazioni e le famiglie in forma autonoma o in forma collaborativa nella logica di una comunità solidale che produce le condizioni per lo sviluppo. In questo quadro un ruolo particolare viene esercitato dalla famiglia intesa con sede primaria di solidarietà, di cura e di promozione umana. Queste nuove attività finalizzate a promuovere la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali intermedie nella vita della Pubblica Amministrazione, possono trovare concreta espressione responsabilizzando a tutti i livelli quanti operano per esse. Di conseguenza i modelli organizzativi devono essere pensati e realizzati in funzione del cittadino e quindi su base distrettuale facendo propria la logica della prassi collaborativa fra Pubblica Amministrazione e persone a diverso titolo impegnate nei loro doveri di solidarietà sociale. La Giunta regionale emanerà direttive a concretizzare il Piano distrettuale del volontariato con le seguenti azioni prioritarie: - informazione di incontro per i soggetti e le classi che si intendono tutelare sia a livello di sede fissa che di invio nelle sedi nelle quali il fenomeno singolo o plurimo è presente; - rilevazione statistica e gestionale dei fenomeni presenti sul territorio; - indirizzo professionale dei metodi e delle attività da svolgere; - collegamenti funzionali con tutte le altre istituzioni statali e regionali che in parte od in toto hanno attinenza con l’emarginazione; - scelta non vincolante delle azioni da svolgere da parte dei movimenti di volontariato, che potranno subire variazioni ed adattamenti a seconda delle richieste dei cittadini e dell’evoluzione dei vari fenomeni da affrontare; - operatività funzionale su base distrettuale con istituzione, per ogni distretto, di un Centro movimento volontari (C.M.V.) con compiti di direzione delle azioni da svolgere e di intesa con i Servizi sanitari e socioassistenziali dei Distretti sanitari di base; - centro di coordinamento provinciale in stretto collegamento con l’Amministrazione regionale, provinciale, comunale e con la U.S.L.; - estensione del rapporto con le Prefetture ed il Commissario di Governo per i necessari collegamenti alle direttive statali ed alla richiesta dei relativi interventi; - istituzione di un distintivo di riconoscimento per gli operatori ed invio periodico dei nominativi degli stessi alle Prefetture ed agli enti di collegamento; - confluenza dei fondi occorrenti in uno speciale capitolo di bilancio regionale o della U.S.L.; - autorizzazione ai richiedenti, per l’espletamento della funzione, mediante scheda di adesione, variabile con il variare delle attività richieste o necessari, da approvare con delibera della Giunta regionale sentita la Commissione consiliare competente; - possibilità ai revoca motivata da parte della Giunta regionale dell’autorizzazione concessa. 4.3 L’informatizzazione delle U.S.L. Premessa. L’attuale fase di riorganizzazione globale delle U.L.S.S., delle loro strutture e funzioni rende indispensabile avviare un serio e concreto programma di informatizzazione della U.S.L. in modo organico, funzionale ed efficiente. Il decentramento territoriale - amministrativo e la conseguente istituzione dei Distretti sanitari di base, nell’ambito della U.S.L., costituiscono l’occasione propizia per rendere effettivamente migliore l’offerta sanitaria al cittadino, mediante un intervento, in campo informatico-telematico, a carattere generale, omogeneo e, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, economico. La Regione, in coerenza con le finalità programmatiche contenute nel presente piano, intende migliorare e ottimizzare il sistema informativo del Settore Sanità e della U.S.L. operando un rinnovamento sia tecnologico che procedurale attraverso l’utilizzo di metodologie appropriate, di tecnologie innovative mediante la progettazione di sistemi informatici autonomi ma nel contempo integrati. La situazione attuale. Le procedure e gli strumenti informatici utilizzati, in ambito regionale, dalle U.L.S.S. e dai presidi ospedalieri presentano una realtà estremamente variegata. Queste amministrazioni si sono dotate, nel tempo, in via del tutto autonoma di programmi ed elaboratori ritenuti idonei alla piena operatività e funzionalità delle medesime. Non esiste né è mai esistito, al riguardo, alcun coordinamento o collegamento tra le U.L.S.S. o tra le U.L.S.S. e la Regione. L’unico collegamento informatico esistente tra le U.L.S.S. e il Settore Sanità è quello dei flussi informativi attivato dal Ministero della sanità nel 1991 ai sensi della legge 28 febbraio 1986, n. 41. Questa situazione ha portato, di fatto, ad un buon livello operativo solo alcuni Presidi ospedalieri e U.L.S.S. (risultano dotati di strumenti informatici vari reparti ospedalieri, uffici amministrativi, contabilità, gestione magazzino, ecc.) mentre altri si trovano ancora in condizioni precarie in quanto sprovvisti della minima dotazione informatica (programmi e strumentazione) ovvero in possesso di apparecchiature ormai obsolete. È necessario, pertanto e pur mantenendo l’autonomia gestionale delle amministrazioni interessate, armonizzare e razionalizzare le varie procedure e strumenti informatici al fine di ottenere la piena funzionalità delle strutture e, nel contempo, un contenimento dei costi. Per le motivazioni sopra riportate, due sono le caratteristiche principali dei progetti informatici proposti nel presente piano: - l’efficienza che consente il raggiungimento degli obiettivi prefissati con un sensibile contenimento dei costi; - la flessibilità che consente di adattare tutto il sistema non solo alle variabili esterne (territorio, popolazione, ecc.) e alla mutata normativa statale e regionale (es. convenzioni) ma, soprattutto, alle continue innovazioni in campo tecnologico. Gli obiettivi. Gli obiettivi che si intende raggiungere a breve termine, anche se con gradualità, sono: - monitoraggio delle attività svolte nell’ambito del sistema sanitario con particolare riferimento ai progetti, strutture e risorse - controllo della programmazione - migliorare il rapporto tra l’organizzazione sanitaria, il cittadino e gli operatori del SSN, attraverso appositi strumenti informatici di gestione (C.U.P., scelta e revoca del medico, pagamento competenze ai medici in convenzione: generici, guardia medica, pediatri, specialisti, ecc.) - controllo ed analisi sullo stato di salute della popolazione (Osservatorio epidemiologico regionale da attivare). Sono, peraltro, di competenza regionale le altre procedure informatiche già attivate o in corso di attivazione quali quelle concernenti la scheda di dimissione ospedaliera, il Piano sangue, la cartella diabetologica e psichiatrica ecc. che sono da includere, nella loro specificità, tra gli obiettivi programmatici del PSR. Nell’ottica globale del miglioramento dei servizi occorre tener conto del notevole contributo che può offrire la telemedicina. Essa consiste essenzialmente nel connubio telematica/medicina ossia le potenzialità della telematica applicata alla medicina. Con la telemedicina è possibile trasmettere a distanza ed in tempo reale una serie di informazioni di carattere diagnostico-terapeutico (messaggi, dati, immagini, ecc.) utilizzando apparecchiature sofisticate (sia trasmittenti che riceventi) e la rete telefonica. Le principali applicazioni della telemedicina oggi sono il cardiotelefono, cardiobip, teleelettroencefalografia, autorefrattometro, teleanalisi, teleconsulto, telesoccorso. Appaiono evidenti i vantaggi dall’utilizzo della telemedicina che possono essere così sintetizzati: - disponibilità di diagnosi e terapie d’urgenza anche per i servizi di pronto soccorso periferici - disponibilità di competenze specialistiche di alto livello anche per gli ospedali di piccole dimensioni - disponibilità di normali prestazioni sanitarie agli utenti residenti in zone disagiate o lontane dai centri di cura - riduzione dei tempi di ricovero e del trasferimento degli utenti tra ospedali - elevazione del livello qualitativo dell’assistenza sanitaria e sociale, con particolare riferimento all’assistenza domiciliare tramite la teleassistenza/telesoccorso. Priorità. Le linee di intervento prioritarie, estrapolate dagli obiettivi sopra evidenziati, concernono i seguenti progetti per i quali è indispensabile il collegamento telematico in rete Regione - U.S.L.: - Centro unificato di prenotazione (C.U.P.) - Automazione della scelta e revoca del medico di base. Della telemedicina viene attivato prioritariamente il telesoccorso. Centro unificato di prenotazione (C.U.P.). È il sistema per la prenotazione di esami di laboratorio, di diagnostica strumentale, visite e prestazioni specialistiche erogate da tutte le strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, operanti nell’ambito di un’area predefinita (comunale, provinciale, ecc.). I punti di prenotazione del C.U.P. saranno dislocati, nella fase iniziale, presso i Presidi ospedalieri ed ambulatoriali esistenti per estenderlo successivamente, presso tutti gli sportelli degli istituendi Distretti sanitari di base. Sarà proprio la diffusione capillare del C.U.P. a portare i migliori benefici al cittadino; è, peraltro, auspicabile che l’utente possa accedere al C.U.P. direttamente dal medico di base, se in possesso di un personal computer e opportunamente collegato all’elaboratore centrale. Il C.U.P. consente il controllo diretto da parte dell’utente delle risorse a disposizione in tempo reale, l’autorizzazione immediata all’effettuazione delle prestazioni in convenzionata esterna in mancanza di disponibilità presso la struttura pubblica entro i primi 4 giorni, l’importo del ticket da pagare, le informazioni relative all’appuntamento (data, luogo, ora) e le indicazioni relative alla prestazione da effettuare (avvertenze, preparazione, ecc.). I vantaggi del C.U.P. si possono, pertanto, sintetizzare nella trasparenza, uguaglianza, efficacia, economicità globale del servizio che lo rendono uno strumento di gestione ed integrazione dei servizi sanitari in favore del cittadino. Il software del C.U.P. è stato realizzato dalla soc. Italsiel per conto del Ministero della sanità che lo ha messo gratuitamente a disposizione delle amministrazioni che ne fanno richiesta, unitamente ai periodici aggiornamenti e corsi preparatori del personale. Potranno, comunque, essere utilizzati anche altri software compatibilmente con gli ambienti operativi a disposizione (es. UNIX, IBM, ecc.) All’hardware devono provvedere la U.S.L., ma per alcune di esse il problema non si pone se non in termini minimali in quanto già dotate di adeguati sistemi di elaborazione; sarà necessario dotarsi di terminali o personal computer utilizzati come tali con apposita scheda di emulazione per i posti di lavoro dove sono previsti due video, uno per l’operatore ed uno per l’utente che può cosi controllare tutta l’operazione. Per offrire un servizio migliore è necessario armonizzare i C.U.P. già attivati presso alcune U.L.S.S. e ciò per consentire l’estensione delle prenotazioni almeno a livello provinciale. Il sistema C.U.P. può essere velocizzato con la CUP-CARD (Carta del cittadino) che è un tesserino (magnetico, a microprocessore, a lettura ottica) contenente i dati anagrafico-sanitari del cittadino e consente, d’accordo con i Comuni, di ottenere in via automatica, oltre l’acceso al C.U.P., una serie di certificati anagrafici su apposite macchine dislocate in vari punti del territorio. A tal fine occorre prendere opportuni contatti con le amministrazioni comunali per l’accesso all’anagrafe degli assistibili che, nella fase iniziale, può essere fornita tramite supporto magnetico e, successivamente, mediante collegamento diretto. Ciò consentirà l’aggiornamento continuo dell’archivio degli assistibili e potrà essere utilizzata anche per la procedura della scelta e revoca del medico eliminando così il fenomeno delle persone non più aventi diritto ma ancora in carico al medico di base quali: defunti, trasferiti ad altri comuni, ecc.; è evidente che ciò comporta anche un’economia di spesa non indifferente per la U.S.L. Sono previste, inoltre, nel sistema C.U.P. delle funzioni di supporto all’attività di sportello quali la gestione delle risorse, dei dati consuntivi, delle statistiche, ecc. Automazione della scelta e revoca del medico. L’attuale gestione delle procedure per il pagamento delle competenze spettanti ai medici per le convenzioni di Medicina convenzionata esterna è affidata al Servizio informatica per le funzioni della Regione. I dati relativi ai medici e agli assistiti pervengono a tale servizio mediante supporto cartaceo e, pertanto, le scelte e revoche del medico da parte dell’assistito devono essere inserite manualmente nell’elaboratore con grande aggravio di lavoro e notevole perdita di tempo comportando spesso ritardi nella liquidazione delle competenze e altri adempimenti inerenti alle varie convenzioni mediche. Per ovviare agli inconvenienti sopra lamentati la Giunta regionale ha approvato recentemente apposito atto deliberativo concernente le attività informatiche regionali per il Settore Sanità e procedure di calcolo per il pagamento dei medici di medicina convenzionata. È questa una procedura che consente una gestione tecnica e amministrativa snella, moderna ed efficiente. Essa consiste essenzialmente in un sistema informaticotelematico collegato in rete (Regione - U.S.L. - Distretti) che con l’ausilio dei terminali consente l’immissione diretta delle scelte e revoche in tempo reale presso l’elaboratore centrale il quale provvede automaticamente al calcolo delle competenze spettanti al medico. Quindi, grazie alla velocità dello strumento informatico, è evidente il vantaggio per l’assistito che in pochi minuti ha effettuato l’operazione di scelta o revoca con relativa stampa, per la U.S.L. che non deve più utilizzare alcun supporto cartaceo e può richiedere direttamente al sistema qualsiasi dato inerente alla procedura in parola (compreso, ovviamente, tutto quanto concerne la liquidazione delle competenze ai medici), per la Regione che gestisce il sistema in forma del tutto automatica e per il medico che è sicuro delle competenze spettantegli non solo per quanto concerne i calcoli ma anche per il numero effettivo degli assistiti in carico e per l’esatta applicazione della convenzione vigente. È, inoltre, possibile ottenere altre prestazioni quali statistiche, certificati del sostituto d’imposta (mod. 101) per la dichiarazione dei redditi, ecc. Uno degli elaboratori in rete (IBM AS/400) per la gestione dell’automazione delle scelte e revoche del medico è stato già installato presso il Settore Sanità e sono in corso le procedure d’asta per la realizzazione dello specifico software. Una volta installato il software è necessario, per l’attivazione del sistema, provvedere all’addestramento del personale che dovrà operare presso i centri della U.S.L. di scelta e revoca del medico. Il sistema proposto avrà una diffusione capillare presso i presidi amministrativi della U.S.L. e i Distretti sanitari di base. È, naturalmente, necessaria l’interconnessione con il sistema C.U.P. per avere a disposizione il data base relativo all’archivio degli assistibili aggiornato e altre eventuali informazioni che si ritiene utile acquisire. Nell’ambito dei sistemi proposti è necessario anche studiare le modalità per la predisposizione di un nuovo tesserino che può essere, come sopra evidenziato, di diverso tipo ma che dovrebbe assegnare come codice sanitario individuale il codice fiscale come già avvenuto presso altre regioni. I vantaggi di tale tesserino sono evidenti in tutte le procedure esaminate: velocità, praticità, sicurezza. Telesoccorso e teleassistenza. È un servizio che si sta diffondendo in modo capillare in quanto consente il controllo e l’assistenza continua degli anziani e dei disabili nonché, spesso, una precoce deospedalizzazione del paziente che comporta conseguentemente una riduzione della spesa sanitaria. La Regione Abruzzo possiede un alto indice di invecchiamento (circa il 16%): infatti la popolazione anziana oltre i 65 anni supera le 201.000 unità. Il servizio in parola viene anche in soccorso alle complesse problematiche degli anziani e dei disabili di carattere psicologico, riabilitativo e di disabilità attraverso, appunto, l’assistenza al proprio domicilio con un sistema organico di controlli. Per le finalità sueposte la Regione istituisce il servizio di telecontrollo-telesoccorso domiciliare attraverso l’attivazione sperimentale di Centri operativi (che ammette al servizio 300/400 utenti). Con successivo atto verranno stabilite l’indizione della gara, a mezzo appalto concorso, per l’affidamento del servizio, le modalità operative e i criteri generali per l’attivazione del medesimo. Per le caratteristiche specifiche dei sistemi in parola, le tecnologie, i collegamenti telematici, l’organizzazione dei servizi informatici nell’ambito delle U.S.L., l’integrazione e la compatibilità degli strumenti informatici esistenti verrà costituita apposita commissione composta da dipendenti della Regione e delle U.S.L. esperti in materia informatica. La Regione Abruzzo utilizza, per quanto compatibile, per il completamento del sistema informatico sanitario regionale il Centro di informatica e telematica della Val Vibrata (Tortoreto) di proprietà regionale. 4.4 La verifica della qualità delle prestazioni (VRQ). Affinché la VRQ possa diventare un “metodo ordinario di lavoro” che consenta agli operatori sanitari di divenire parte attiva del processo di miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, tenendo conto che le motivazioni alla base dell’adozione di tale metodologia sono di natura etica (Statuto OMS: ogni individuo ha diritto ad un’assistenza che sia di livello qualitativo il più elevato possibile), professionale (da tempo gli ordini e collegi professionali sostengono che sulla VRQ si gioca la credibilità della professione) ed economica (con la VRQ si tende ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse), alla luce di quanto già previsto dal legislatore (D.P.R. n. 270 del 1987, D.M. 13 settembre 1988, D.P.R. n. 384 del 1990, D.M. 5 dicembre 1991, D.P.R. n. 119 del 1988, D.P.R. n. 314 del 1990, D.P.R. n. 315 del 1990, D.P.R. n. 316 del 1990, D.P.R. n. 41 del 1991, D.P.R. n. 218 del 1992, L. n. 421 del 1992, D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche) si rende necessario quanto segue per l’attivazione di un efficace sistema regionale per la VRQ: 1. un organigramma regionale per la VRQ che preveda realtà istituzionali che siano punti di riferimento organizzativo per le attività di VRQ locali svolte dagli operatori sanitari. Tali realtà istituzionali sono: - un Comitato promotore regionale di VRQ con compiti di promozione, organizzazione e controllo delle attività di VRQ svolte in ambito regionale (previsto dal D.P.R. n. 384 del 1990). - le Commissioni professionali regionali che, nell’ambito di settori omogenei di intervento (Es. medicina di base, specialistica, ospedali, medicina dei Servizi territoriali), siano in grado di fornire un supporto tecnicoscientifico per la realizzazione di progetti di VRQ (previste nei D.P.R. n. 119 del 1988; D.P.R. n. 314 del 1990, D.P.R. n. 315 del 1990, D.P.R. n. 316 del 1990, D.P.R. n. 41 del 1991, D.P.R. n. 218 del 1992) - le Commissioni per la VRQ della U.S.L. che promuovano e coordinino attività di VRQ nell’ambito dei servizi territoriali ed abbiano una loro proiezione stabilite all’interno della direzione sanitaria del Presidio ospedaliero di maggiore rilevanza nella U.S.L. la quale operi come nucleo operativo ospedaliero per la promozione e la valutazione della qualità tecnico-scientifica ed umana dei servizi e delle prestazioni ospedaliere (previste dal D.P.R. n. 384 del 1990) 2. l’istituzione di Centri regionali a valenza provinciale di formazione in VRQ per consentire agli operatori sanitari di conoscere e saper utilizzare gli strumenti metodologici più appropriati per divenire soggetti attivi del processo di VRQ nel proprio ambito lavorativo e per individuare tra essi coloro che, in veste di “esperti”, assumano il ruolo di referenti per la VRQ e di conduttori dei gruppi di lavoro. 3. l’attivazione di un flusso informativo regionale per la verifica del grado di attuazione della VRQ che preveda: a) strumenti informativi che consistono essenzialmente in programmi e rapporti semestrali (previsti dal D.P.R. n. 384 del 1990) predisposti secondo i criteri riportati negli allegati 1 e 2 b) indicatori di attuazione della VRQ la cui elencazione è riportata nell’allegato 3. Affinché la VRQ diventi “componente fondamentale dell’organizzazione sanitaria” gli organi di gestione delle U.S.L. devono: - assicurare la presenza nei vari settori sanitari degli “esperti” in VRQ; - assicurare il collegamento alla VRQ dell’Istituto di incentivazione alla produttività; - favorire la costituzione di gruppi appositi ospedalieri o delle U.S.L. per il coordinamento di attività di VRQ in relazione ai seguenti temi: infezioni ospedaliere, buon uso del sangue, qualità della documentazione clinica, corretto uso dei farmaci, inchieste confidenziali sui decessi, tempi di risposta diagnostica, soddisfazione dei pazienti, grado di copertura vaccinale dei soggetti recettivi; - favorire, nell’ambito delle Aziende ospedaliere, la costituzione di “Servizi per la gestione della cartella clinica” che siano integrati funzionalmente ed operativamente in modo da consentire il “médical audit” e la uniforme registrazione nelle varie realtà operative; - favorire l’attivazione di flussi informativi utili non solo per scopi gestionali/amministrativi ma anche per la VRQ (all. 4) . 4.5 Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini. Nel contesto attuativo delle disposizioni contenute nell’art. 14 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, con provvedimento della Giunta regionale, alla luce anche dell’emanando decreto ministeriale, sono fissate le procedure di verifica dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini nonché le forme di consultazione con i cittadini e le loro organizzazioni tese alle informazioni sull’organizzazione dei servizi, anche attraverso la previsione di appositi organismi di consultazione presso la U.S.L. e le aziende ospedaliere. A livello regionale e di U.S.L. sono attivati corsi di aggiornamento per il personale addetto al contatto con il pubblico in ordine alla tutela dei diritti dei cittadini. 5 - I progetti obiettivo. 5.1 Tutela della salute degli anziani. Premessa. Un consistente e progressivo aumento della popolazione anziana caratterizza l’attuale trend demografico dell’Italia e di tutti i Paesi Occidentali. Qualunque progetto sanitario a tutela della salute pubblica e del benessere sociale deve dunque tener conto dei due fattori principali che domineranno lo scenario sociale del prossimo futuro: l’aumento della domanda di assistenza, che cresce parallelamente all’invecchiamento progressivo della popolazione e, di conseguenza, una maggiore fruizione dei servizi sociosanitari ed una lievitazione degli oneri sociali ed economici. Una razionale programmazione sanitaria non può quindi prescindere da un’attenta analisi della situazione demografica che caratterizza l’Italia e le sue diverse realtà territoriali. Nel nostro Paese, il progressivo invecchiamento della popolazione generale è dimostrato dal fatto che all’inizio del secolo gli ultrasessantenni erano in Italia 3.265.000, pari al 9,6% della popolazione totale. Negli ultimi decenni tale cifra si è quasi triplicata, passando nel 1991 a 8.596.878 ultrasessantacinquenni, che equivale al 14,89% della popolazione totale (dati Istat). Nella nostra Regione, al 20 ottobre 1991 (censimento Istat), su un totale di 1.249.054 residenti, gli ultrasessantacinquenni sono 201.201, pari al 16,1% della popolazione totale. La Regione Abruzzo si colloca al di sopra della media nazionale per quanto riguarda la percentuale degli anziani (16,1% contro il 14,89%), confermando l’esistenza di un diverso pattern di invecchiamento tra le Regioni del Centro-Nord (più “longeve”) e quelle meridionali (più “giovani”). La percentuale maggiore di anziani si osserva nelle aree geografiche montane o submontane (19% a Castel di Sangro, Popoli e Sulmona), mentre più “giovani” risultano le popolazioni delle aree costiere di Pescara (14,1% di ultrasessantacinquenni), Atri e Giulianova (14,5%), Chieti e Vasto (15%). La conoscenza di queste differenti realtà territoriali è estremamente importante ai fini della programmazione socio-sanitaria perché gli interventi dovranno essere diversificati a seconda della diversa tipologia di insediamento sul territorio. Bisogni assistenziali e domanda di servizi. Un bisogno di assistenza emerge quando l’anziano diventa incapace di svolgere autonomamente le comuni attività della vita quotidiana. Sebbene l’appartenenza all’età senile non configuri necessariamente una situazione di bisogno assistenziale, esiste una correlazione positiva tra numero totale di ultrasessantacinquenni e persone in situazioni di bisogno di cui la società ed il servizio pubblico devono farsi carico. In Italia sono attualmente disponibili solo alcuni dati preliminari sulla prevalenza di disabilità nella popolazione anziana, che confermano la rilevanza del fenomeno, documentando una disabilità grave, tale da determinare incapacità di spostarsi autonomamente, nel 16% degli ultrasessantacinquenni e nel 23% degli ultrasettanacinquenni. Esistono pertanto almeno 1.413.000 cittadini anziani affetti da disabilità grave, il cui bisogno di assistenza deve essere soddisfatto da parte della famiglia e/o della società. Proiettando tali stime sulla situazione demografica della nostra Regione, si ricava che attualmente vi siano in Abruzzo 33.283 anziani affetti da disabilità grave, che saliranno a 36.526 nel 1997 fino a raggiungere le 39.649 unità nel 2007. La rete dei servizi. In ottemperanza a quanto previsto dal Progetto obiettivo anziani ‘91/’95, per dare omogenea esecuzione alle “linee di indirizzo alle Regioni e dalla U.S.L.” contenute nel protocollo d’intesa Ministero-Sindacati (risoluzioni Camera e Senato n. 1 e 2 /1992) si propone una riorganizzazione dell’assistenza geriatrica nella Regione Abruzzo articolata nel modo seguente: a) Servizi socio-sanitari di base - non residenziali ambulatorio del medico di base servizi per la prevenzione della non-autosufficienza segretariato e servizio sociale assistenza domiciliare integrata (ADI) - semiresidenziali centri socio-assistenziali - residenziali strutture residenziali per anziani autosufficienti (residenze assistenziali, case albergo, comunità alloggio, ecc.). strutture residenziali per anziani non autosufficienti (residenze sanitarie assistenziali) b) Servizi socio-sanitari di tipo specialistico - non residenziali poliambulatorio per consulenze specialistiche e fisioterapia riabilitativa ospedalizzazione domiciliare - semiresidenziali day-hospital strutture territoriali di riabilitazione - residenziali Divisione di geriatria per acuti modulo di riabilitazione e lungodegenza Tra i servizi elencati sono specifici della geriatria, in quanto finalizzati alla tutela della salute dell’anziano, attraverso specifiche modalità di approccio e ben definite metodologie operative, i servizi che verranno di seguito descritti. Tra i servizi non residenziali: 1) Assistenza domiciliare integrata (ADI), che, attraverso un complesso di prestazioni di carattere sanitario e sociale, erogate in forma integrata da parte di figure professionali specifiche, è finalizzata alla permanenza dell’anziano al proprio domicilio; 2) Ospedalizzazione a domicilio, che consiste nell’erogazione, nel luogo di residenza del paziente, di piccoli interventi diagnostici e terapeutici che, normalmente praticati solo in ambiente ospedaliero, possono essere invece effettuati al domicilio, consentendo un notevole risparmio di costi assistenziali. Tra i servizi residenziali: 3) Residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.), destinate ad anziani non autosufficienti od a grave rischio di invalidità, che richiedono un trattamento continuativo e non possono essere assistiti con altre modalità; 4) Residenze assistenziali (RA), destinate ad ospitare anziani autosufficienti ma con gravi problematiche sociali non risolvibili in altro modo, abbisognevoli di assistenza alberghiera e ricreativa con una vigilanza infermieristica assai modesta; 5) Lungodegenza, funzione ospedaliera destinata alla degenza di pazienti in fase di convalescenza, per un primo trattamento di rieducazione funzionale, dopo ospedalizzazione per patologie acute o croniche riacutizzate; 6) Divisione di geriatria, per anziani con patologie acute o croniche riacutizzate e con livello di disabilità e dipendenza ancora reversibili. Il modello organizzativo deve essere quello dell’Unità operativa geriatrica U.O.G.) la cui metodologia di lavoro si ispira al principio della multidisciplinarietà dell’approccio e dell’integrazione funzionale tra figure professionali diverse. Tra i servizi semi-residenziali: 7) Day-hospital geriatrico, che fornisce un’alternativa all’ospedalizzazione a tempo pieno dell’anziano quando non siano presenti emergenze mediche ma occorrano semplici interventi diagnostici o terapeutici programmabili. Unità valutativa geriatrica. Cardine principe dell’assistenza agli anziani è la Unità valutativa geriatrica, modulo funzionale che utilizza la strategia della multidisciplinarietà della équipe e lo strumento della valutazione multidimensionale dei bisogni al fine dell’individuazione dei fattori di rischio e di non autosufficienza e della loro correzione mediante interventi personalizzati. Compiti della U.V.G. L’Unità valutativa geriatrica è un mezzo per realizzare l’integrazione tra i Servizi sociali e quelli sanitari e provvede alla gestione del paziente anziano nei servizi geriatrici intra ed extra ospedalieri. Le principali attività di coordinamento (in riferimento anche al decreto sugli standard ospedalieri del 13 settembre 1988) sono: 1) individuazione dei bisogni degli anziani attraverso la valutazione multidimensionale con strumenti specifici per ogni settore dell’assistenza geriatrica che abbiano già dimostrato di possedere notevole attendibilità, riproducibilità ed efficacia (scheda V.A.O.R.: Valutazione dell’anziano ospite di residenza scheda S.V.A.: Scala di valutazione dell’anziano a domicilio); 2) programmazione e controllo di qualità dell’assistenza geriatrica nella rete integrata dei servizi. Organizzazione. La funzione di Unità valutativa geriatrica è compito essenziale della Unità operativa geriatrica (Divisione di geriatria). Il nucleo fondamentale operativo è costituito da un medico geriatra, un infermiere professionale, un assistente sociale e un terapista della riabilitazione. Nelle sedi in cui non sia presente una divisione di geriatria, ovvero dove non sia sufficiente la sola Unità valutativa ospedaliera a soddisfare le esigenze assistenziali, possono essere attivate delle Unità valutative geriatriche territoriali, il cui organico è analogo a quello previsto per le U.V.G. ospedaliere e la cui coordinazione spetta comunque allo specialista in geriatria. Qualora in uno stesso territorio siano attivate, oltre alla U.V.G. ospedaliera, delle Unità valutative di distretto, i rispettivi compiti vengono così suddivisi: - alla U.V.G. ospedaliera compete l’individuazione dei bisogni e la programmazione degli interventi sugli anziani ricoverati in ospedale; la coordinazione delle U.V.G. territoriali; l’ospedalizzazione domiciliare; la gestione sanitaria degli interventi nelle R.S.A. in collaborazione con i servizi territoriali; - alla U.V.G. di distretto compete invece la gestione dell’assistenza domiciliare integrata, in collaborazione con il medico di base, e degli interventi nelle strutture residenziali per anziani autosufficienti. La divisione di geriatria. Fermo restando che l’assistenza ospedaliera debba avvenire, a prescindere dall’età dei pazienti, nei normali reparti medici e chirurgici, a seconda della patologia acuta che ne determina il ricovero, la divisione di geriatria rappresenta la sede più appropriata per il trattamento intensivo, in fase di acuzie, degli anziani non autosufficienti affetti da polipatologie o degli anziani affetti da patologie ad alto rischio invalidante. Essa si differenzia dai normali reparti di medicina non solo per la tipologia dei pazienti, ma per la specifica preparazione gerontologico-geriatrica del personale, per una diversa tipologia edilizia, per la necessaria presenza di strutture riabilitative, per il coordinamento ordinario nell’ambito dell’Unità valutativa geriatrica con la rete dei servizi territoriali (R.S.A., ADI, ospedalizzazione domiciliare, day-hospital). Obiettivi assistenziali. Obiettivi assistenziali prioritari nella divisione di geriatria sono: 1) la prevenzione di tutti i fattori in grado di influenzare l’autonomia della persona; 2) la cura delle malattie acute che possono determinare un peggioramento delle condizioni di autosufficienza; 3) la riabilitazione precoce e globale per evitare il deterioramento e facilitare il recupero funzionale; 4) l’ottimizzazione dell’intervento globale (preventivo, curativo e riabilitativo) attraverso la valutazione multidimensionale dei bisogni. Modalità assistenziali. È opportuno prevedere, accanto a quelle tradizionali (che comprendono anche l’attività di day-hospital nella misura del 10% del p.l.), modalità assistenziali che consentano flessibilità di trattamento ed una risposta più adeguata alle esigenze dei pazienti anziani, quali: 1) degenze settimanali parziali (5 giorni), con dimissioni temporanee il sabato e rientro il lunedì, riservate a pazienti in fase post-acuta orientata alla riabilitazione, per favorire il reinserimento dell’anziano nel nucleo familiare; 2) degenze giornaliere, nell’ambito dei Presidi dell’ospedalizzazione diurna; 3) degenze brevi e periodiche (2-3 giorni di degenza ogni 2-3 settimane) per determinare patologie di tipo evolutivo, per la rivalutazione del progetto terapeutico globale; 4) sperimentazione di forme di ospedalizzazione domiciliare, da attuarsi in stretta-collaborazione con la Unità valutativa geriatrica ospedaliera e territoriale, il medico di base, la famiglia e gli operatori sul territorio; 5) attività di consulenza nell’ambito della Unità valutativa geriatrica, che permette di individuare tra gli anziani ricoverati nelle altre Unità operative ospedaliere quelli a rischio e di proporre per loro interventi più opportuni. La lungodegenza. Si definisce come lungodegenza quella funzione ospedaliera cui afferiscono unicamente degenti in fase di convalescenza per un primo trattamento di rieducazione funzionale o pazienti in fase terminale. Nel suo significato attuale il termine lungodegenza, perde la connotazione di parcheggio per cronici, come avvenuto in un superato momento storico, per acquisire un ruolo dinamico nella funzione di recupero impostato in tempi medio-lunghi. Obiettivi assistenziali della lungodegenza. Data la tipologia dei pazienti afferenti alla lungodegenza, gli obiettivi assistenziali principali sono costituiti da: 1) continuità terapeutica, in pazienti che necessitano di trattamenti protratti post-acuzie; 2) programmi di riabilitazione a termine, che tendono ad una soluzione completa o comunque soddisfacente del problema; 3) programmi di riabilitazione globale a lungo termine, eventualmente da proseguire in strutture extraospedaliere, finalizzati al raggiungimento dal maggior grado di autosufficienza possibile; 4) trattamenti di prevenzione della sindrome da immobilizzazione in disabili stabilizzati. Caratteristiche organizzative e strutturali. La funzione di lungodegenza può essere svolta: 1) in spazi funzionalmente aggregati a quelli per acuti cui afferisce la patologia principale stabilizzata; 2) concentrata in un’apposita Unità operativa polifunzionale. Nel primo caso i posti letto della funzione di lungodegenza fanno capo al primario della divisione per acuti e dispongono di un organico distinto secondo gli standard sottospecificati; nel secondo caso fanno capo ad un responsabile espressamente destinato. La prima di queste soluzioni è quella considerata ottimale. Tenuto conto dell’elevato numero di soggetti in età geriatrica che prevedibilmente potranno necessitare del ricovero in moduli di e/o riabilitazione, si ritiene opportuno che: 1) venga riservato alla funzione di lungodegenza geriatrica il 45% dei posti letto della funzione di riabilitazione e lungodegenza previsti, pari a complessivi 562 posti letto; 2) i moduli di lungodegenza, sia quelli strutturalmente aggregati alla divisione per acuti che quelli concentrati in distinte Unità operative, debbano essere funzionalmente collegati alla divisione di geriatria dell’area territoriale di appartenenza. Le residenze assistenziali. Si tratta di strutture adibite ad ospitare anziani che non presentino deficit marcati della motilità, della cura della persona e del controllo delle funzioni fisiologiche, ma con gravi problematiche sociali non risolvibili in altro modo. Necessitano di assistenza alberghiera e ricreative con una vigilanza infermieristica assai modesta per prevenire il più possibile l’insorgere della non autosufficienza. Nell’ambito delle residenze assistenziali possono essere individuate varie tipologie abitative (comunità alloggio, casa-albergo, casa di riposo) che si differenziano essenzialmente per le dimensioni ed il numero degli anziani ospitati, ma che devono essere in ogni caso rispondenti ad una serie di caratteristiche fondamentali: 1) abolizione delle barriere architettoniche; 2) collocazione in ambito urbano o comunque ben collegate con mezzi pubblici a centri abitati; 3) ripartizione delle comunità più ampie in moduli autonomi il più possibile riproducenti le condizioni di vita familiari; 4) assistenza alberghiera e ricreativa (animatori). Non esiste attualmente un decreto ministeriale che stabilisca i requisiti delle strutture residenziali di questo tipo ed i relativi standard di personale. Tale compito è pertanto demandato alle singole Regioni. Assistenza domiciliare integrata. L’assistenza domiciliare integrata (ADI) è un complesso coordinato di prestazioni di carattere sanitario e socio-assistenziale, rese al domicilio del malato in forma integrata e con la partecipazione di figure professionali specifiche. Lo scopo è quello di favorire il più a lungo possibile la permanenza al proprio domicilio degli anziani o dei soggetti disabili in cui risulti compromessa, in via temporanea o permanente, la capacità di provvedere autonomamente alle esigenze della vita quotidiana, evitando il ricovero improprio ed assicurando una migliore qualità della vita. L’organizzazione funzionale dell’ADI deve basarsi su: 1) interdisciplinarietà delle figure professionali coinvolte, che costituiscono una équipe che assicura la globalità e specificità degli interventi; 2) effettiva integrazione tra le prestazioni sociali e quelle sanitarie mediante protocolli d’intesa tra le U.S.L. ed enti locali (Comune). Tale integrazione si realizza di fatto attraverso momenti di coordinamento collegiale tra tutti gli operatori coinvolti, per l’identificazione dei bisogni assistenziali, la programmazione degli interventi necessari e la verifica dei risultati. Il modello organizzativo. All’Unità valutativa geriatrica ospedaliera o territoriale, qualora questa sia presente, costituita da una équipe multidisciplinare articolata come descritto nel paragrafo relativo, spetta il compito di realizzare l’effettiva integrazione tra gli interventi sanitari e socio-assistenziali. Alla U.V.G. perverranno le segnalazioni da parte degli anziani stessi, dai familiari, dei medici di base o di altri servizi; si procederà quindi alla valutazione dei bisogni assistenziali, alla formulazione di un piano personalizzato di interventi, all’erogazione coordinata delle prestazioni ed al controllo periodico dei risultati con la stretta collaborazione del medico di base. Lo strumento fondamentale della U.V.G. e la valutazione multidimensionale; essa consente l’integrazione operativa attraverso modalità specifiche, esplorando tutti i settori in cui può verificarsi la perdita dell’autosufficienza ed emergere un fabbisogno assistenziale. Tale valutazione dello stato funzionale dell’anziano, indispensabile per stabilirne l’eleggibilità al servizio, verrà effettuata, direttamente al domicilio del potenziale utente, mediante apposita scheda di raccolta dati, validata specificamente per il servizio di ADI e definita a livello regionale. Sono inoltre fondamentali verifiche periodiche di efficacia mediante riunioni collettive della U.V.G. con i medici di famiglia e gli operatori sul territorio, somministrazione di scale di valutazione appropriate, compilazione di cartelle cliniche al domicilio del paziente. Utente dell’A.D.I. Il servizio è destinato ad anziani con parziale o totale compromissione dell’autosufficienza, in maniera temporanea o permanente, che vivono da soli od in nuclei familiari che non sono in grado di fornire un’assistenza completa ed efficace. L’ADI, intesa come insieme di prestazioni sanitarie sociali fornite al domicilio del paziente per soddisfare specifici bisogni assistenziali, vuole rappresentare per questi soggetti un’opportunità di prevenzione, cura e riabilitazione, finalizzata ad elevare la qualità di vita degli assistiti, ad evitare il loro isolamento ed emarginazione sociale, nonché ricoveri ospedalieri incongrui od impropri. Dotazione di personale e prestazioni. Gli standard assistenziali minimi per assistito, il personale necessario, le prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative e sociali di competenza del servizio di ADI sono indicati nel Progetto obiettivo anziani 1991/1995, a cui si fa riferimento. L’ospedalizzazione domiciliare. Per Servizio di ospedalizzazione domiciliare si intende l’effettuazione al domicilio del malato dei principali interventi diagnostici e terapeutici normalmente possibili in ospedale, eventualmente integrati da una breve presenza in ospedale con accesso e trasporto facilitati. Le prestazioni di ospedalizzazione domiciliare sono quindi prettamente ospedaliere (alimentazione parenterale totale, trattamenti del dolore, cicli di chemioterapia antiblastica, ecc.) e sono funzione integrante della Unità operativa geriatrica (divisione di geriatria). La loro praticabilità è comunque subordinata alla presenza di familiari al domicilio del paziente ed all’esistenza di sufficienti garanzie per il mantenimento nell’ambito domestico dei livelli di cura ospedalieri. L’ospedalizzazione domiciliare risulta particolarmente utile nelle seguenti condizioni: 1) anziani con riacutizzazioni di patologie croniche, dimessi precocemente dopo il primo trattamento per evitare gli effetti negativi di una prolungata degenza ospedaliera; 2) anziani con grave compromissione generale per patologie a carattere evolutivo, che richiederebbero ricoveri ospedalieri periodici per controlli e trattamenti speciali; 3) anziani che in seguito ad interventi mutilanti richiedono l’assistenza medica, rieducativa, psicologica, per il reinserimento socio-familiare; 4) anziani in fase terminale, che si trovano in grave disagio psico-fisico in ambiente ospedaliero. Tipo di prestazioni. L’ospedalizzazione domiciliare assicura di regola le seguenti prestazioni: 1) due ore di presenza infermieristica giornaliera; 2) un passaggio giornaliero del medico curante, che può essere o un medico ospedaliero o un medico di medicina generale dei servizi territoriali operante in collegamento con la divisione ospedaliera geriatrica; 3) il collegamento permanente 24 ore su 24 con l’équipe ospedaliera preposta all’ospedalizzazione domiciliare per situazioni di emergenza (almeno un medico ed un infermiere reperibili, collegamento telefonico diretto con la sede équipe); 4) la possibilità di consulenze specialistiche specifiche: 5) l’educazione sanitaria dei familiari. La formazione del personale. L’attuazione di un’assistenza geriatrica articolata su una rete integrata di servizi ha come presupposto fondamentale l’utilizzo di personale specificamente preparato. I programmi di formazione, attuati secondo linee di indirizzo omogenee, dovranno essere sviluppati adattandoli e differenziandoli a seconda delle diverse categorie di personale cui sono rivolti. Devono essere individuati differenti livelli di formazione: 1) Formazione di base: rivolta a medici, geriatri e laureati di altre facoltà (psicologi, sociologi, ecc.), a diplomati delle scuole dirette a fini speciali, a terapisti della riabilitazione, ad assistenti sociali, ad infermieri professionali, ecc., prevede l’integrazione dei programmi formativi con un insegnamento più incisivo della geriatria, organizzato anche con un congruo numero di ore di tirocinio pratico da svolgere nelle sedi dove si attua l’assistenza geriatrica. 2) Primo livello di inserimento lavorativo: riguarda la verifica dell’attitudine e della preparazione del futuro operatore sia esso neo-diplomato che laureato, mediante corsi-concorsi, corsi di orientamento, ecc. 3) Formazione permanente: rivolta a tutti gli operatori che già si occupano di assistenza all’anziano. La U.V.G., individuata come fulcro dell’assistenza geriatrica e caratterizzata dal lavoro di un’équipe multidisciplinare, si configura come il centro della formazione professionale per tutti gli operatori. Il ciclo di formazione dovrebbe comunque essere integrato da attività da svolgersi nei vari servizi geriatrici ospedalieri e territoriali. Controlli sulla qualità dei servizi. L’attività di vigilanza e controllo dell’andamento generale delle strutture e dei servizi preposti all’assistenza geriatrica è finalizzata alla verifica del rispetto della normativa statale e regionale (standard organizzativi e gestionali) e della qualità delle prestazioni erogate. Lo strumento operativo a livello regionale, indicato nell’ambito del Progetto obiettivo anziani dal documento Ministro della sanità-sindacati, del 27 gennaio 1992, è rappresentata dall’istituzione di un Gruppo tecnico regionale di vigilanza e controllo. Oltre a svolgere attività di verifica e revisione della qualità, tale gruppo dovrà stabilire gli strumenti da utilizzare per effettuare tale verifica (questionari, visite, ecc.) e per il monitoraggio e la valutazione delle strutture e delle attività, individuando una serie di indicatori di riferimento specifici. Tali indicatori, derivanti dagli obiettivi propri del servizio e “riproducibili”, tali cioè da fornire gli stessi risultati anche ad osservatori diversi, dovranno riguardare le seguenti dimensioni da analizzare: 1) condizioni della struttura (spazi, attrezzature, arredi, personale, organizzazione, ecc.); 2) accessibilità (rapporto tra dimensione del bisogno e risposta/offerta della struttura); 3) volume delle attività (tipologia/quantità degli ospiti e delle prestazioni fornite); 4) procedure (modalità di espletamento delle attività); 5) esiti (indicatori di autonomia, socializzazione, malattia, mortalità, ecc.). Attività di coordinamento. Allo scopo di collegare funzionalmente le varie strutture geriatriche presenti nelle aree territorialmente omogenee, appare necessaria, sul piano operativo, un’attività di coordinamento che integri i vari servizi per dare modo alla U.V.G. di indirizzare nel modo più opportuno l’intervento nei riguardi del paziente geriatrico. Ai fini della migliore allocazione del paziente, appare infatti utile conoscere in tempo reale la disponibilità dei posti letto nei reparti acuti e nelle lungodegenze, il movimento dei residenti nelle R.A.S., la disponibilità di accesso all’A.D.I., ecc. Si può pertanto prevedere l’istituzione presso l’Unità centrale, identificato con il reparto di geriatria per acuti, di un servizio di coordinamento, da organizzare attraverso una segreteria che, mediante una rete informatica, sia collegata da un lato ai servizi della propria area, dall’altro che possa dialogare con tutte le strutture geriatriche operanti nella Regione. Tale rete informatica permetterà all’Unità centrale di ricevere continuamente le informazioni sulla situazione operativa di ciascuna struttura e permetterà di organizzare con più rapidità ed efficienza eventuali ricoveri o trasferimento da una struttura all’altra. Servizio di teleassistenza e telesoccorso. Si rinvia al capitolo 4.2. Conclusioni. Alla luce di quanto sopra esposto, considerando che: - l’assistenza geriatrica si basa su una rete integrata di servizi, articolata in attività territoriali ed ospedaliere (A.D.I., R.S.A., day-hospital, reparto per acuti, lungodegenza, ospedalizzazione a domicilio) che hanno il loro punto di riferimento nelle Unità valutative geriatriche ospedaliere, le quali rivestono funzioni di coordinamento e di controllo; - la soluzione ideale per la realizzazione di questo obiettivo è da individuarsi nel dipartimento geriatrico, in cui si integrino il reparto per acuti, la lungodegenza, le strutture riabilitative e specialistiche; - l’O.M.S. indica come ottimale un quoziente di posti letto per malati geriatrici acuti pari al 2,5/1000 ultrasessantacinquenni, corrispondenti allo 0,4/1000 sulla popolazione generale; - le Regioni in cui l’assistenza geriatrica (e sanitaria in generale) è più sviluppata (Veneto, Emilia, Marche, Liguria) hanno individuato per i reparti di geriatria per acuti un indice di posti letto pari in media allo 0,3/1000; - in accordo con la legge finanziaria del 1994 deve essere riservata alla funzione di lungodegenza/ riabilitazione una riserva tendenziale di 1 p.l./1000 abitanti; - a fronte di un’assoluta mancanza nella nostra Regione di strutture protette rispondenti ai requisiti strutturali ed organizzativi stabiliti per legge, è invece calcolabile, sulla base di una domanda complessiva di strutture residenziali per anziani del 4/5% degli ultrasessantacinquenni, un fabbisogno di posti letto in R.S.A. pari a 8.046-/10.060; - l’assistenza domiciliare integrata rappresenta l’elemento fondamentale e qualificante dell’assistenza geriatrica, garantendo una riduzione dei costi assistenziali (riduzione dei ricoveri impropri, precoce deospedalizzazione) a fronte di un miglioramento della qualità di vita degli anziani (continuità terapeutica, permanenza al proprio domicilio, deistituzionalizzazione); - la Regione Abruzzo ha già approvato con delibera del Consiglio regionale n. 88/8 del 23 dicemebre1993 l’attivazione in via sperimentale di due moduli di R.S.A. e di quattro progetti di A.D.I. ed ha inoltre proposto, con l’attivazione dell’art. 20 della L. n. 67 del 1988, l’istituzione di altre. Si provvederà ad una graduale rideterminazione organizzatoria dell’intervento per anziani, compatibilmente con le risorse finanziarie ed in armonia con le esigenze locali, sviluppando anche collaborazioni con istituzioni qualificate ed, in particolare con l’I.N.R.C.A. 5.2 - Tutela della salute materno-infantile. Quadro di riferimento. I1 complesso delle attività sanitarie, sociali e psicologiche che sono rivolte alla tutela di situazioni e condizioni particolari e decisive della vita individuale e collettiva quali la maternità, la salute della donna, la nascita, l’infanzia, l’età evolutiva, l’adolescenza. Per molti di queste situazioni e condizioni esiste una legislazione nazionale e regionale orientata alla prevenzione, all’integrazione tra le attività ospedaliere e territoriali, all’integrazione sociosanitaria. Aspetti di cui tenere conto al fine di introdurre modalità organizzative a carattere dipartimentale, meccanismi di integrazione operativa con forte connessione interdisciplinare, soprattutto a livello di Distretto sanitario. Gli interventi generali e specifici dell’area materno-infantile sono spesso interventi di natura diversa e tra loro differenziati che, solo per comodità di lettura, vengono così ordinati. A - Gravidanza e nascita. Il compito di intervenire per gli aspetti attinenti la tutela della salute della donna, la gravidanza, il parto ricade, in maniera prevalente, sull’attività ostetrico-ginecologica territoriale, sugli specialisti ambulatoriali e sull’attività ospedaliera. Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente attinenti l’organizzazione e la pianificazione dei servizi ospedalieri - in particolare la riduzione dei punti nascita - si rinvia al documento del presente Piano sanitario relativo alla rete ospedaliera regionale. Con le seguenti attenzioni di specificità: 1) Le strutture ostetriche devono essere dotate di guardia specialistica attiva che svolga anche funzioni di accettazione e di pronto soccorso, poiché in ostetricia l’emergenza è una regola; 2) È opportuno che le attività ostetriche e ginecologiche (a maggior ragione se vi è un’intensa attività oncologica) siano svolte in sezioni separate; 3) Nei reparti e nelle divisioni di Ginecologia e Ostetricia deve essere assicurata la disponibilità di: - attrezzatura ecografica con adeguamento tecnologico almeno ogni 5 anni; - attrezzature cardiotomografiche in numero sufficiente per le necessità in sala parto e per il controllo in pronto soccorso o ambulatoriale; - attrezzature endoscopiche per laparoscopia e isteroscopia; - colposcopio, in ambulatorio, per la prevenzione delle neoplasie; 4) I reparti e le divisioni di ginecologia e ostetricia dei Presidi ospedalieri devono, mediante l’istituzione di apposite unità operative o moduli organizzativi dotati di personale non obiettore stabile e di un numero di posti letto in day-hospital rapportato al numero di IVG espletato nell’anno - assicurare la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 per l’interruzione volontaria della gravidanza. Con attenzione al rispetto della dignità della donna, alla qualità del servizio, alle “convenienze” di accesso, alla riduzione di tutti i condizionamenti imputabili al controllo sociale; 5) L’attività di day-hospital, degli ambulatori e delle altre strutture specialistiche deve funzionare per appuntamento - a partire dal collegamento funzionale con la rete territoriale dei consultori familiari - e pertanto, nel caso che per le pazienti esterne si abbiano almeno 75 prestazioni la settimana, si devono prevedere figure professionali per i compiti di segreteria, registrazione e conservazione delle cartelle cliniche ambulatoriali; 6) Allo scopo di supportare tutte le esigenze organizzative e sanitarie e per impostare un valido sistema di verifica e revisione della qualità e della quantità delle prestazioni - VRQ - si ritiene utile avviare un sistema informativo all’interno della stessa struttura organizzativa per la gestione del paziente (identificazione, prenotazioni, accettazione, dimissioni, trasferimento); per la gestione dei reparti di degenza (attività mediche ed infermieristiche, emergenze, day-hospital, IVG, servizio sociale); per i servizi diagnostici (laboratori, dipartimenti immagini, farmacia, sale operatorie); per servizi ausiliari; per la gestione ed il controllo (analisi, costi, pianificazione delle risorse); 7) Adozione della cartella clinica unificata. Per quanto riguarda gli interventi sul territorio occorre: a. Individuare i centri di 1° e 2° livello per l’assistenza ostetrico-ginecologica ed i centri super specialistici. a.1. I centri di l° livello sono rappresentati dalla rete dei Consultori familiari, inseriti nei distretti sanitari di base. L’attività consultoriale, per quanto attiene l’assistenza ostetrico-ginecologica, deve essere coordinata mediante: - L’adozione di protocolli comuni per il controllo della gravidanza nell’arco dei tre trimestri. Sono previsti controllo con obbligatorietà di rilevamento standardizzato nella 7/12 settimana; 20/28 settimana; 32/38 settimana; controllo a 60 giorni dopo il parto; - L’adozione della cartella clinica ambulatoriale unica; - La predisposizione e l’uso di un terminale intelligente e colloquiante in rete. Collegamento con i centri di 1° e 2° livello; con centri super specialistici e la rete ospedaliera, al fine di privilegiare e velocizzare le prenotazioni delle pazienti e per una più puntuale applicazione della legge n. 194 del 1978 ed eliminare definitivamente quella serie di disservizi che penalizzano il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza, a partire dalla drastica riduzione delle liste di attesa che si ripercuotono negativamente sulle settimane di gestazione al momento dell’intervento di IVG. a.2. Sono inoltre definiti centri di 1° livello le strutture diagnostico-preventive in grado di effettuare almeno 2000 controllo annui. Nell’ambito dei suddetti centri devono essere previsti servizi di diagnostica ecografica per il monitoraggio della gravidanza, con un minimo di 3 ecografie (una per trimestre) per ogni gestante. Sono previsti interventi per la prevenzione della flogosi dell’apparato genitale femminile, con particolare attenzione alla trasmissione del virus HIV e delle malattie sessualmente trasmesse. Ed ancora interventi per la prevenzione delle neoplasie dell’apparato genitale femminile attraverso l’esame obiettivo, il pap-test, la colposcopia, l’ecografia pelvica, lo screening per la patologia mammaria, lo studio della coppia infertile. I centri di 1° livello collaborano, in stretto collegamento con i centri di 2° livello per la consulenza e/o l’affidamento di gravidanze complicate da patologie. In particolari situazioni geografiche è prevedibile che l’assistenza ostetrico-ginecologica consultoriale e quella di 1° livello coesistano nella stessa struttura. a.3. Il centro di 2° livello, che funge da centro di riferimento, deve essere necessariamente ubicato nell’ambito di un’ampia struttura assistenziale e dotato, sia di un team di specialisti - anche attraverso la utilizzazione degli operatori e degli spazi resi disponibili dal rispetto funzionale della rete ospedaliera -, che di posti letto per i casi da sottoporre a complicate procedure diagnostiche e/o terapeutiche. Le finalità operative ostetriche dei centri di 2° livello riguardano: - la prevenzione secondaria delle anomalie congenite; - lo studio della patologia malformativa; - la gestione di gravidanze complicate da patologia fetale malformativa; - il monitoraggio delle gravidanze ad alto rischio per patologie materne (diabete, isoimmunizzazione Rh, ipertensione, malattie infettive, empatie, cardiopatie, ecc.); - la centralizzazione dei dati epidemiologici. Le finalità operative ginecologiche riguardano: - la prevenzione e le azioni diagnostiche complesse per lo studio dei tumori dell’apparato genitale femminile (ovaia, vulva, utero e mammella); - la terapia, gestione e follow up della paziente ginecologica; - la terapia, gestione e follow up delle coppie infertili. b. valutare e dotare ciascun centro delle attrezzature minime per il corretto espletamento delle attività sopra individuate. b.1. Per i Consultori è prevista l’attrezzatura standard dell’ambulatorio specialistico. b.2. Nei centri di 1° livello dovrebbero essere disponibili un microscopio a contrasto di fase, il colposcopio, l’ecografo, uno sterilizzatore a secco, un diatermocoagulatore e lo strumentario di piccola chirurgia. b.3. Al centro di 2° livello invece: cardiografi computerizzati, colposcopi con videoregistratore. Inoltre un isteroscopio diagnostico, e possibilmente il laser ed il laparoscopio. b.4. Per l’ottimizzazione dell’assistenza ostetricoginecologica nella Regione devono essere impegnati, con costanza di risorse finanziarie per la continuità delle sorse finanziarie per la continuità delle prestazioni, i due laboratori di citogenetica delle Cattedre di Genetica umana e Genetica medica delle Università degli Studi di Chieti e di L’Aquila per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale di cui alla L.R. 9 settembre 1987, n. 54 “Prevenzione degli handicap: preconcezionale, prenatale e neonatale”. Gli interventi da attivare e potenziare riguardano: - l’integrazione con i consultori familiari - certificazione, prenotazione degli interventi, visite di controllo, prevenzione contraccettiva post IVG - per quanto riguarda la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978; - e, sempre in ambito consultoriale, i corsi di preparazione psico-fisica al parto, la prevenzione dei tumori femminili, la prevenzione dei distrurbi della menopausa; - l’introduzione delle condizioni di assistenza alle gestanti, che richiedano di espletare il parto al proprio domicilio, ai sensi della L.R. 11 aprile 1990, n. 35 “Norme per la tutela della salute e del benessere psicofisico della donna partoriente e del neonato” e la sperimentazione di nuove modalità organizzative come la rotazione delle ostetriche tra ospedale e territorio. La possibilità del parto domiciliare è da valutare attentamente in quanto la Commissione OstetricoGinecologica regionale la giudica, nella situazione attuale, improponibile anche per le alte percentuali nella Regione Abruzzo di parti distocici. Comunque tali attività devono essere ricondotte nell’ambito dei programmi di assistenza domiciliare integrata; - infine l’adozione di una scheda epidemiologica ostetrico-neonatale riguardante lo stato di salute alla nascita. B - Infanzia ed età evolutiva. I servizi impegnati in questo ambito - servizi di pediatria ospedalieri e territoriali - sono descritti analiticamente nei capitoli di Piano concernente la riorganizzazione della rete ospedaliera, il Dipartimento di prevenzione, la medicina di base. Ad integrazione di quanto trattato nei suddetti capitoli e per il miglioramento dell’assistenza pediatrica si ritiene debbano essere potenziati le seguenti prestazioni e/o servizi: - il Servizio regionale per lo screening delle malattie endocrino-metaboliche congenite della Cattedra di Endocrinologia dell’Università degli Studi di Chieti, ai sensi della sopra richiamata L.R. 9 settembre 1987, n. 54 “Prevenzione degli handicap: preconcezionale, prenatale e neonatale”; - il Centro regionale di riferimento per la cura della mucoviscidosi e della fibrosi cistica - legge 23 dicembre 1993, n. 548 - del presidio ospedaliero di Teramo; - i servizi di Neuropsichiatria infantile e di riabilitazione, con particolare attenzione al livello territoriale di distretto; - le Unità vaccinali per le vaccinazioni obbligatorie e per l’offerta attiva delle vaccinazioni consigliate contro il morbillo, rosolia e parotite. In tale ambito occorre consolidare la raccolta dei dati epidemiologici per le verifiche di qualità; - la medicina scolastica, con particolare attenzione agli interventi programmati di educazione sanitaria, in collaborazione con la scuola e la famiglia, per quanto riguarda l’alimentazione, la prevenzione della carie, le intossicazioni (da fumo, alcool, farmaci), la prevenzione degli incidenti domestici, i comportamenti e le norme di sicurezza per gli incidenti extradomestici, gli stili di vita; - il trasporto del neonato a rischio nelle strutture di neonatologia, che rientra a pieno titolo nel sistema delle emergenze. Gli interventi da attivare o potenziare riguardano: - lo sviluppo di una sistematica collaborazione con le istituzioni scolastiche e di servizio sociale, le associazioni di genitori; - il sostegno ed il coordinamento dei centri diurni di terapia e riabilitazione per i bambini affetti da gravi problemi psichici e/o fisici attuati dalle associazioni di volontariato (come ad es. l’Associazione famiglie bambini Dawn e UILDM di Pescara, l’Associazione APTDH e XXIV luglio di L’Aquila, l’AIAS di Sulmona, ecc.); - il coordinamento della rete dei servizi pubblici e del privato sociale operanti a favore dei minori e delle loro famiglie. Per questa particolare funzione di Servizio sociale, l’organizzazione dei Consultori rappresenta il luogo privilegiato, in quanto si realizza all’interno di una struttura che garantisce il necessario approccio multidisciplinare di analisi e di intervento; - l’attività di terapia familiare . C - Periodo preconcezionale. In questo ambito di intervento sono presenti i problemi che riguardano l’adolescenza, la sessualità, la procreazione responsabile, nonché la prevenzione di malattie genetiche e malformazioni. I Servizi impegnati sono soprattutto i Consultori Familiari. Gli interventi da attivare o potenziare riguardano: - gli spazi consultoriali per l’educazione sanitaria e l’educazione sessuale riservati agli adolescenti, da istituire in rapporto all’effettiva necessità misurata in base alla prevalenza sul territorio della popolazione giovanile; - l’informazione capillare della tutela della gravidanza mediante la divulgazione di opuscoli informativi contenenti tutte le indicazioni sulle metodiche di tutela e di prevenzione delle gravidanze a rischio contenenti i recapiti delle strutture di riferimento (indirizzo, numero telefonico, orario di apertura). Inoltre, per garantire l’obiettivo di efficacia rispetto alla distribuzione dell’opuscolo in relazione al target individuato, oltre alla tradizionale rete dei Consultori familiari si suggerisce di coinvolgere le associazioni femminili organizzate nel Progetto Donna, di cui alla L.R. 5 aprile 1992, n. 42 e le associazioni di volontariato operanti nel settore della prevenzione e della riabilitazione dell’handicap. C.1 - Consultori familiari. Compiti Protezione sanitaria materno-infantile, assistenza pediatrica e tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile. Aree di intervento 1) Relazionale di coppia e di famiglia - informazione, consulenza individuale di coppia e di famiglia per i problemi relazionali e per difficoltà genitoriali; - consulenza per problemi collegati a separazione e divorzio; - consulenza sul diritto di famiglia; - pareri relativi al matrimonio fra minori; - eventuali interventi di terapia familiare a bacino di utenza interdistrettuale o provinciale; - istruttoria per valutazione di coppie richiedenti adozioni e/o disponibili per affidi familiari; - educazione sanitaria. 2) Procreazione e sessualità - informazione, controllo sanitario di gravidanza, diagnosi precoce di gravidanze a rischio; - educazione sanitaria mirata, corsi di preparazione al parto, assistenza domiciliare al puerperio; - informazione, consulenza e/o somministrazione dei mezzi necessari per il conseguimento delle scelte inerenti la procreazione responsabile; - consulenza psico-sessuale per l’accettazione di sé e del proprio corpo nelle varie fasi dei cicli vitali; - controlli sanitari ed interventi psico-sociali per problematiche inerenti la contraccezione; - informazione, consulenza, certificazione IVG, ex art. 5 della legge n. 194 del 1978; - interventi di prevenzione del ricorso alla IVG per fasce di popolazione femminile a rischio. 3) Salute della donna - informazione ai fini della diagnosi precoce dei tumori femminili; informazione guidata alle opportunità ed agli accessi; - interventi di sostegno psicologico individuale e/o di gruppo a donne mastectomizzate ed isterectomizzate; - diagnosi e cura delle patologie ginecologiche che non richiedano strumentazione complessa e che impediscano o sconsiglino la somministrazione e/o l’applicazione dei mezzi contraccettivi prescelti; - educazione sanitaria; - informazione e assistenza nel climaterio e nell’età post fertile; informazione sulla prevenzione delle patologie ad essa collegate. 4) AIDS - la diffusione di informazioni sulle modalità di trasmissione delle infezioni in genere ed in particolare quelle da HIV; - l’informazione alle donne sieropositive gestanti circa il rischio di trasmissione delle infezioni al prodotto del concepimento; - l’effettuazione del counseling ed eventualmente del prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi; - l’avvio delle donne sieropositive ai centri di secondo e terzo livello e dei nati da madre sieropositiva ai centri designati per il follow up di neonati e minori sieropositivi; - l’informazione alle coppie in cui uno dei partner sia sieropositivo sulle modalità per evitare la trasmissione dell’infezione al partner ancora sieronegativo; - l’attivazione in collaborazione con altri servizi sanitari e sociali, delle misure per sostenere le gestanti sieropositive nelle loro esigenze cliniche, psicologiche e sociali. Riferimenti legislativi - L. n. 405 del 1975 “Istituzione dei Consultori familiari”; - L.R. n. 21 del 1978 “Istituzione del servizio per l’assistenza alla famiglia, all’infanzia, alla maternità e paternità responsabili”; - L. n. 833 del 1978, art. 4, lett d); - L. n. 194 del 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”; - L.R. n. 35 del 1990. “Norme per la tutela della salute e del benessere psicofisico della donna partoriente e del neonato”; - “Atto di intesa tra Stato e Regioni per la definizione di indirizzi ai fini di un’organica distribuzione dei compiti tra le strutture ospedaliere ed i servizi territoriali nelle attività di prevenzione e di assistenza delle infezioni da HIV” del 7 novembre 1991. Ambito Assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale. (v. livelli uniformi di assistenza sanitaria). Collocazione Distretto (intendendo il distretto come spazio organizzato per la gestione programmata dei servizi); per cui, a seconda della dimensione demografica, la collocazione è distrettuale o interdistrettuale. Parametri: pop. 10/15.000 ab. nelle zone interne; pop. 30/40.000 ab. nelle zone costiere e/o urbane. Deve essere comunque garantita una sede unitaria per la copertura dei bisogni socio-sanitari della popolazione, pena la dequalificazione del servizio. Il frazionamento delle prestazioni in ministrutture periferiche rispetto al Consultorio di distretto comporta il progressivo impoverimento del livello qualitativo delle prestazioni, anche perché viene a mancare il nesso metodologico e multidisciplinare. Personale (a tempo pieno) assistente sociale, ostetrica e assistente sanitaria, psicologo; (a convenzione, ex ACN per la medicina specialistica ambulatoriale) ginecologo, pediatra. Interventi di piano 1) Riduzione delle sedi consultoriali laddove non sono rispettati i parametri di incidenza demografica e potenziamento delle prestazioni e delle risposte a livello centralizzato. 2) Riproposizione degli orari e della presenza contemporanea degli operatori non solo per favorire, ma per indurre la pratica del lavoro in équipe. 3) Studio di fattibilità per quanto riguarda i collegamenti preferenziali tra i consultori e le strutture di assistenza ostetrico-ginecologica di l° e 2° livello per la diagnosi precoce delle patologie dell’apparato genitale femminile (v. documento elaborato dalla Commissione di ostetricia e ginecologia “Interventi sul territorio”). 4) Attivazione di adeguate politiche informative e di offerta attiva di prevenzione rispetto alla contraccezione, l’informazione sulle metodiche contraccettive e relativo grado di sicurezza di ciascuna di essa, ai fini di ridurre il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. 5) Collegamento diretto con gli ospedali per guanto riguarda la prenotazione degli interventi di IVG e relativi accertamenti diagnostici. Ricerca e sperimentazione di soluzioni che, all’interno dei presidi sanitari, possano garantire il diritto alla riservatezza della donna ed un approccio di tipo relazionale. 6) Predisposizione di una scheda epidemiologica per la rilevazione dei dati sull’utenza e sulle prestazioni. Dotazione di un P.C. in ogni consultorio per la raccolta e la prima elaborazione dei dati da trasmettere all’O.E.R. D - Partecipazione e volontariato. Sia la legge n. 833 del 1978 che il D.Lgs. n. 502 del 1992, al Titolo IV “Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini”, dedicano ampio spazio a tutte le possibili modalità di relazione in grado di garantire un diverso rapporto tra il SSN ed il cittadino-utente. Questo particolare aspetto organizzativo dei servizi che sottolinea la centralità della persona, del cittadino/utente, in una dimensione etica delle reciproche responsabilità, trova la giusta collocazione all’interno del Progetto obiettivo della tutela sanitaria materno-infantile. Infatti tra le priorità di Piano in questa direzione si intende privilegiare il sostegno alla famiglia nell’esercizio delle sue funzioni educative e di socializzazione. Questo è uno dei compiti istituzionali dei consultori che l’hanno svolto con la collaborazione dei Comitati di gestione sociale. I Comitati, formati dai rappresentanti delle utenti, delle associazioni femminili, delle forze sociali - là dove sono stati istituiti -, hanno svolto un’utile funzione di raccordo con il territorio e con la domanda sociale. Un’esperienza che ha prodotto capacità di ascolto e disponibilità a collaborare con l’associazionismo e con il volontariato. Un’esperienza da proseguire e migliorare, creando le condizioni favorenti il coinvolgimento solidale. Un processo ed un percorso che deve essere programmato, promosso e guidato, garantendo: a) l’informazione, che grazie all’impiego delle moderne tecnologie ed all’istituzione dell’Osservatorio epidemiologico regionale (OER), deve essere costante; b) la consultazione, ossia il luogo e le modalità dell’informazione (convocazione di incontri in sequenza, consultazione diretta e coinvolgimento dei tecnici, tempi di riflessione); c) la negoziazione, ossia le scelte di fattibilità valutate dall’utente attraverso la conoscenza del budget in rapporto ai bisogni da soddisfare; d) il controllo. Di conseguenza, il risultato atteso nel triennio dalla partecipazione dei cittadini e delle associazioni di volontariato nell’area materno-infantile, è di: - ridurre l’asimmetria informativa su cui si fonda la relazione utenti e servizi; - promuovere l’umanizzazione dei servizi attraverso l’integrazione del sociale con il sanitario; - migliorare la qualità degli interventi mediante la connessione in rete delle risorse pubbliche e del privato sociale. 5.3 - Tutela della salute mentale. Per il raggiungimento delle finalità di cui al Progetto obiettivo nazionale sulla tutela della salute mentale, la Regione Abruzzo, in considerazione anche della particolare situazione attuale inerente l’assistenza psichiatrica che fa rilevare un alto numero di posti letto neuropsichiatrici nel settore privato, per il triennio 1994/1996 formula i seguenti indirizzi organizzativi dei Dipartimenti di salute mentale e ne disciplina il funzionamento. La Regione Abruzzo, nell’ambito degli obiettivi indicati dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e di quelli indicati dal Progetto obiettivo nazionale sulla tutela della salute mentale, detta norme per l’organizzazione dei servizi per la tutela della salute mentale, fatto salvo l’adeguamento al nuovo ordinamento di cui all’art. 1, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni e nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli n. 26 e n. 31 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni nonché alle disposizioni di cui all’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 allo scopo di perseguire le seguenti finalità: a) decentramento territoriale dei servizi attraverso la realizzazione di una rete regionale di strutture dipartimentali funzionalmente omogenee miranti ad attuare la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei disturbi psichici anche mediante la riorganizzazione dei presidi di assistenza psichiatrica esistenti nel territorio regionale; b) favorire le misure necessarie a contrastare processi di istituzionalizzazione attraverso il superamento definitivo di presidi ospedalieri psichiatrici e la loro conversione in strutture assistenziali riabilitative come previsto di seguito alla lettera g). I posti letto neuropsichiatrici vengono considerati nel computo numerico dei posti letto regionali e rimangono nell’area sanitaria per l’assistenza a pazienti con handicap neuropsichiatrici gravi o gravissimi, per trattamenti terapeutici in condizione di degenza anche di carattere riabilitativo per situazioni psichiatriche cronicizzate, in considerazione dell’applicazione di quanto previsto dal presente piano per la creazione dei Dipartimenti di salute mentale e per l’allocazione dei pazienti cronici e nuovi cronici nelle strutture alternative; c) riqualificazione, formazione, aggiornamento del personale operante nel settore. Nell’ambito della U.S.L. sono istituiti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, Dipartimenti di salute mentale, di norma in ragione di 1 ogni 100/150 mila abitanti, fatti salvi i Dipartimenti con annessi servizi esistenti istituiti ai sensi della L.R. 27 agosto 1982, n. 71, comprendenti: a) i Centri di salute mentale (C.S.M.) per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali e domiciliari e per attività preventiva e riabilitativa con annesso Centro Crisi dotato di adeguato personale di assistenza sociale; b) il Servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura dotato di 1 posto letto per ogni 10.000 abitanti previsto dalla legge 13 maggio 1978, n. 180 e dall’art. 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istituito presso uno o più Presidi ospedalieri nel territorio di competenza con annesso il Servizio di Emergenza in collegamento con il Centro di salute mentale; c) un servizio territoriale di neuropsichiatria infantile in ogni U.S.L. (24) d) la Divisione di Neuropsichiatria Infantile clinicizzata presso il Presidio ospedaliero di L’Aquila; e) le strutture degli ex ospedali psichiatrici pubblici di L’Aquila e di Teramo da riconvertire gradualmente in comunità alloggio e comunità protette; f) le cliniche psichiatriche universitarie che svolgono in regime convenzionale attività diagnosticoterapeutica-riabilitativa e di ricerca; g) le strutture riabilitative residenziali protette e le strutture riabilitative residenziali semiprotette (case famiglia), le comunità protette e le comunità alloggio, i centri diurni e i day-hospital; h) il servizio di psicologia quale nucleo organizzativo di tutte le operatività di psicologia all’interno del Dipartimento di salute mentale; Concorrono con gli obiettivi e le finalità del Dipartimento di salute mentale, le Case di cura private ad indirizzo specifico convenzionate, ai sensi dell’art. 8 commi 5 e 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Il Dipartimento di salute mentale svolge le seguenti attività: a) interventi di prevenzione; b) attività di diagnosi e cura in regime di ricovero volontario o obbligatorio a tempo pieno o parziale; c) attività di consulenza specialistica; d) attività di riabilitazione e risocializzazione; e) interventi di emergenza e di pronta disponibilità; f) studi epidemiologici di settore ed attività di ricerca; g) didattica per la formazione e l’aggiornamento degli operatori addetti ai servizi e presidi dipartimentali di salute mentale; h) attività di didattica e ricerca anche secondo il regime convenzionale; i) erogazione delle prestazioni di psicologia diagnostica, terapeutica e riabilitativa ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56; l) attività di servizio di assistenza sociale, nell’ambito della riabilitazione psichiatrica. Le funzioni di cui sopra sono esercitate in base a schemi di lavoro programmati ed articolati dal Comitato tecnico. Al fine di garantire un’univocità ed un reale coordinamento degli interventi, presso ciascuna U.S.L. è istituito un Comitato tecnico, composto da: - i coordinatori dei dipartimenti; - i dirigenti sanitari dei servizi territoriali di neuropsichiatria infantile; - un rappresentante pubblico del servizio di psicologia, designato dal Direttore generale; - un rappresentante medico delle strutture pubbliche eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i medici dei dipartimenti stessi; - un rappresentante delle categorie professionali delle strutture pubbliche operanti nei dipartimenti, eletto a maggioranza in apposita assemblea; - un rappresentante dei dirigenti dei raggruppamenti eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i dirigenti delle strutture private operanti nei singoli Dipartimenti; - un rappresentante medico eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i medici delle strutture private operanti nei singoli Dipartimenti; - un rappresentante delle Organizzazioni della tutela dei diritti dei soggetti affetti da malattia psichiatrica; - un funzionario amministrativo della U.S.L. con funzioni di segretario. Il Comitato tecnico è convocato e presieduto da uno dei coordinatori di dipartimento nominato dal Direttore generale della U.S.L. Il Comitato tecnico viene rinnovato ogni tre anni. Il Direttore generale della U.S.L. competente per territorio nomina un coordinatore per ogni Dipartimento di salute mentale scegliendolo tra i medici psichiatri apicali operanti presso strutture pubbliche nell’ambito del dipartimento stesso. Il coordinatore del Dipartimento di salute mentale emana indirizzi operativi al fine di assicurare l’unitarietà degli interventi delle strutture del Dipartimento. Il ruolo dell’Università, nell’ambito dell’assistenza psichiatrica, è determinato sulla scorta dei protocolli d’intesa previsti dall’art. 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Le Case di cura private operanti in regime convenzionale per i fini di cui sopra si attengono agli indirizzi del Comitato tecnico. (24) Lettera così modificata dall’art. 1 della L.R. n. 16 del 1996. Le Case di cura private organizzano le strutture e la loro attività psichiatrica con esclusione di quella relativa ai Centri di salute mentale ed ai Servizi di neuropsichiatria infantile, che sono riservati alla competenza pubblica, nel rispetto dei criteri di cui al presente progetto. Il Centro di salute mentale svolge attività ambulatoriale, domiciliare, territoriale, di consulenza specialistica e funge da filtro dei ricoveri. Fornisce prestazioni farmacologiche, psicoterapeutiche e socioterapeutiche, di prima assistenza attraverso il Centro Crisi e svolge attività preventiva e riabilitativa. Le strutture di diagnosi e cura in regime di ricovero devono essere istituite nell’ambito dei Presidi ospedalieri delle U.S.L. Il Servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura è parte integrante del Dipartimento di salute mentale anche quando l’Ospedale in cui è ubicato sia amministrativamente autonomo dalla U.S.L. o appartenente ad altra Azienda ospedaliera. Il numero di posti letto di cui ciascun servizio deve essere dotato è fissato preferibilmente in 16 posti letto con un minimo di 12 ed un massimo di 20 posti letto in relazione alla popolazione assistita secondo un fabbisogno tendenziale commisurato ad un posto ogni l0.000 abitanti. L’attività del servizio è prestata dall’équipe medico-professionale dipartimentale allo scopo di garantire la continuità dell’intervento sanitario a tutela della salute mentale, anche utilizzando la competenza professionale del servizio di psicologia. Tali strutture svolgono attività inerenti i trattamenti psichiatrici e psico-sociali in condizione di degenza a tempo pieno finalizzata alla diagnosi e terapia del paziente psichiatrico nella fase acuta e subacuta della malattia ed alla riabilitazione dello stesso a breve e medio termine. Le strutture di diagnosi e cura devono provvedere, inoltre, a soddisfare tutte le esigenze derivanti da prestazioni inerenti al Trattamento sanitario obbligatorio previsto dalla legge 13 maggio 1978, n. 180. Nell’ambito di ciascuna struttura di diagnosi e cura in regime di ricovero deve essere altresì prevista una rete di collegamento con il Servizio di emergenza istituito a livello regionale nonché i Distretti sanitari di base ed un’interazione con il Centro di salute mentale al fine di garantire la continuità terapeutica. Il Servizio territoriale di neuropsichiatria infantile eroga assistenza ambulatoriale e domiciliare e interventi di consulenza nella famiglia, nella scuola ex legge 5 febbraio 1992, n. 104 e nei luoghi di lavoro, fornendo prestazioni farmacologiche, psicosocioterapeutiche e neuroriabilitative. Il Centro diurno di risocializzazione e riabilitazione svolge attività tesa al raggiungimento di un miglioramento delle abilità e delle condizioni sociali e socio-relazionali del paziente. Le U.S.L. devono prevedere adeguati locali ed attrezzature per l’attività dei centri, distinti per soggetti adulti e di età evolutiva. Il day-hospital gestisce tutte le situazioni di accertato miglioramento della patologia ovvero le condizioni di diagnosi precoce e di prevenzione di aggravamento della malattia, utilizzando attività diagnostiche e terapeutico-riabilitative. Per le attività inerenti ai day-hospital devono essere previste attrezzature e personale adeguato, nonché locali di riposo a rotazione. Per le attività dei Centri diurni e quelle in day-hospital alle strutture private viene corrisposta, per ciascun paziente trattato, una diaria giornaliera ridotta rispetto a quella prevista dalla normativa nazionale vigente per una giornata di ricovero presso le strutture riabilitative residenziali protette, che sarà fissata con delibera attuativa. Relativamente al personale operante presso i day-hospital privati la dotazione organica deve essere rapportata a quanto previsto dagli accordi nazionali sulla determinazione delle diarie giornaliere da corrispondere alle strutture ad indirizzo specifico, decurtato del personale necessario per il turno notturno. Devono essere previsti, inoltre, sale di ristoro e spazi ricreativi. Per le attività sanitarie di cui sopra possono essere stipulate convenzioni con Cooperative finalizzate alla riabilitazione psichica, costituite ai sensi della legge 8 novembre 1991, n. 381, con priorità per le Cooperative che già operano nel settore . Le Strutture riabilitative residenziali protette svolgono attività sanitaria assistenziale finalizzate alla riabilitazione e risocializzazione del paziente affetto da patologia psichiatrica cronica, che necessita di interventi terapeutici a lungo termine mediante attività medico-psico-riabilitativa ed ergoterapeutica. Le Strutture riabilitative residenziali semiprotette - Case famiglia - sono strutture sanitarie assistenziali destinate alla riabilitazione e risocializzazione di pazienti affetti da patologie psichiatriche ad evoluzione cronica che necessitano di organizzazione ambientale e di interventi terapeutici finalizzati principalmente ad un assetto risocializzante della vita del soggetto trattato anche mediante attività medico-psico-riabilitativa ed ergoterapeutica. Le Comunità protette sono strutture destinate a pazienti degli ex ospedali psichiatrici che necessitano di trattamenti terapeutico-riabilitativi e di assistenza continua, condotti anche in accordo con il Centro di salute mentale. Le Comunità alloggio sono strutture residenziali destinate ai pazienti degli ex ospedali psichiatrici con un buon livello di assistenza e che quindi richiedono interventi assistenziali non continuativi, condotti anche in accordo con il Centro di salute mentale. L’attività di diagnosi e cura si esplica, altresì, presso le Cliniche universitarie convenzionate in aderenza con quanto stabilito dal protocollo di intesa tra Università e Regione. Il servizio di psicologia svolge le sue funzioni in base agli artt. 1, 3 e 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 organizzando le proprie attività nelle Unità operative. I Centri di salute mentale sono istituiti, esclusivamente nell’ambito dei Presidi pubblici, di norma in ragione di un centro per ogni 100.000 abitanti. Le Strutture riabilitative residenziali protette sono istituite per ogni Dipartimento con un posto letto ogni 10.000 abitanti. Le Strutture riabilitative residenziali semiprotette - Case famiglia - sono istituite secondo i medesimi criteri e parametri di quelle protette. Le Comunità protette devono essere organizzate in moduli da venti posti letto ciascuna. Le Comunità alloggio devono essere organizzate in moduli da otto/dodici posti letto ciascuna. Le U.S.L. devono porre in essere tutte le procedure atte a favorire l’attuazione definitiva della deistituzionalizzazione dei pazienti ricoverati negli ex ospedali psichiatrici con l’inserimento dei pazienti stessi in Comunità protette o Comunità alloggio. Le Case di cura private che ospitano pazienti cronici, sono tenute, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a presentare alla Giunta regionale - Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale e alla U.S.L. competente per territorio un piano attuativo inerente l’inserimento di detti pazienti in Strutture riabilitative residenziali protette o semiprotette, appositamente strutturate dalle stesse, a seconda della necessità di intervento che ciascun paziente richiede. L’attuazione del piano di cui al precedente punto 1 deve essere definita entro 24 mesi dalla sua approvazione da parte della Giunta regionale. È istituito presso i1 Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione la Consulta per 1a tutela della salute mentale con compiti di consulenza e di proposta nei confronti delle U.S.L. e della Regione. A tal fine la Consulta si avvale, tra l’altro, dell’Osservatorio epidemiologico regionale per la salute mentale. La Consulta per la tutela della salute mentale è presieduta dall’assessore regionale alla sanità, igiene e sicurezza sociale o da un suo delegato ed è composta da: - il coordinatore del Comitato tecnico delle U.S.L.; - quattro esperti designati dalla Giunta regionale; - un rappresentante del servizio di psicologia designato dalla Giunta regionale; - un rappresentante del tribunale del malato; - un rappresentante dell’Associazione dei familiari dei pazienti psichiatrici; - un rappresentante dell’Associazione italiana ospedalità privata; - un funzionario regionale con compiti di segretario. La dotazione organica dei dipartimenti è definita sulla scorta dei seguenti standard tendenziali: équipe del dipartimento Medici 1:10.000 abitanti Psicologi 1:15.000 abitanti Assistenti Sociali 1:15.000 abitanti Infermieri Professionali 1:2.000/5.000 abitanti Terapisti e/o educatori professionali ovvero tecnici di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla normativa statale 1:30.000 abitanti Ausiliari specializzati in numero adeguato un Capo sala un Assistente Sanitario un Tecnico di neurofisiopatologia (EEG) un operatore C.E. due assistenti amministrativi Il predetto personale viene così distribuito: a) Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura: - cinque medici - un capo sala - 18 infermieri professionali - ausiliari specializzati in numero adeguato b) day-hospital e Centri diurni: - un medico - uno psicologo - due infermieri professionali - due terapisti e/o educatori professionali ovvero tecnici di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla normativa statale - un assistente sanitario c) Struttura riabilitativa residenziale semiprotetta: per ogni tre posti letto: - un infermiere professionale - un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla normativa statale d) Struttura riabilitativa residenziale protetta: per ogni posto letto fino a sei posti letto e per ogni due p.l. oltre i sei p.l.: - un infermiere professionale - un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla normativa statale. Il restante personale operante nell’ambito del dipartimento viene utilizzato dal Centro di salute mentale e da altre strutture. Le Cliniche universitarie convenzionate sono escluse dal computo del personale di cui alla presente. Le Case di cura private convenzionate sono tenute al rispetto della specifica normativa in vigore anche in relazione al numero del personale addetto, considerando ogni Struttura riabilitativa residenziale, sia essa protetta che semiprotette quale Unità funzionale nell’ambito di un raggruppamento, con esclusione solo dei Centri diurni e dei day-hospital per i quali il personale deve essere commisurato come stabilito in precedenza. Gli ex ospedali psichiatrici devono disporre del seguente personale: - un medico ogni 50 pazienti - uno psicologo ogni 75 pazienti - un assistente sociale ogni 75 pazienti - un capo sala ogni 50 ricoverati - un infermiere professionale ogni 2,5 ricoverati - un ausiliario ogni 5 ricoverati - un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla normativa statale ogni 50 ricoverati Il personale in servizio presso tali Presidi ospedalieri sarà gradualmente assorbito nelle strutture di riconversione previste nel dipartimento di salute mentale. Presso l’Assessorato regionale alla sanità, igiene e sicurezza sociale è istituita una commissione di verifica con compiti di vigilanza sull’effettiva applicazione delle prescrizioni di cui alla presente legge, presieduta dall’Assessore competente o da un suo delegato e composta da: - due psichiatri ed uno psicologo designati dalla Giunta regionale su proposta della Consulta regionale; - da un dirigente regionale del Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale; - da un funzionario regionale con compiti di segretario. La Commissione di cui sopra riferisce annualmente alla Giunta regionale sullo stato di attuazione della presente legge. La Giunta regionale, per il tramite della Commissione consiliare competente, riferisce al Consiglio regionale sulla situazione psichiatrica territoriale. Le Unità sanitarie locali inoltrano alla Giunta regionale - Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale -, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i piani attuativi delle prescrizioni di cui sopra, quantificandone la spesa e programmandone i tempi. La Giunta regionale, esaminati i piani presentati dalle Unità sanitarie locali, sulla scorta delle disponibilità finanziarie predispone, d’intesa con la Commissione consiliare competente, la finalizzazione dei fondi per garantire l’esercizio delle attività psichiatriche. Alle spese necessarie per il funzionamento dei Dipartimenti di Salute Mentale, ivi comprese quelle riferite alle strutture private o alle cooperative sociali per le attività di carattere sanitario, si fa fronte mediante imputazione sul Fondo sanitario nazionale annualmente assegnato alle Unità sanitarie locali. Il ricavato di eventuali alienazioni di beni immobili e delle aree degli ex ospedali psichiatrici deve essere utilizzato prioritariamente per l’attivazione delle strutture alternative ed il potenziamento complessivo del Dipartimento. Entro 18 mesi dall’approvazione del piano, sarà attivata almeno una Struttura riabilitativa residenziale protetta in ciascuna U.S.L. e almeno una struttura semi-residenziale (day hospital e Centro diurno) in ciascun dipartimento. 5.4 - Prevenzione, cura e recupero delle tossicodipedenze e interventi in materia di alcooldipendenza. Premessa. I Ser.T., servizi per le tossicodipendenze, sono dotati di caratteristiche di intervento multidisciplinari i quali debbono assicurare la disponibilità dei principali trattamenti di carattere medicofarmacologico, psicologico, socio-riabilitativo e degli interventi di prevenzione, in relazione con le attività di altre istituzioni in modo coinvolgente, aprendo spazi e obblighi di interazione. Il fenomeno delle tossicodipendenze evidenzia oggi la necessita di un approccio più idoneo in termini di prevenzione. Un approccio che tenga conto della complessità del fenomeno e delle sue connessioni con forme di disagio nelle varie sfere del vissuto sociale. L’individuo con i suoi bisogni e le sue attese, la perdita di identità sociale, i sistemi di relazioni, i modelli ed i significati culturali, i meccanismi della comunicazione, i ruoli e le strutture di socializzazione, le tensioni e i conflitti sociali. L’intervento di prevenzione diventa allora sempre più azione di “promozione”, intesa come un processo da innescare, un’esperienza di ricerca e di verifica. Un approccio “costruttivo”, positivo, complesso e integrato in tutte le dimensioni del vivere sociale. Non ha più senso parlare di “prevenzione” in termini di cause da rimuovere, ma più propriamente di “promozione” di un rinnovamento sociale e culturale, di promozione di valori credibili a cui far riferimento. Un progetto complessivo per un territorio, per una comunità. In Italia, a differenza delle altre Nazioni, sette malati di AIDS su dieci hanno contratto l’infezione a causa del proprio stato di eroinodipendenza ed in Abruzzo circa un tossicodipendente su dieci che afferiscono ai servizi pubblici sono sieropositivi. In Abruzzo, oltre il 60% di questa popolazione, è infetta dai virus epatite B e C, infezioni queste che nei tossicodipendenti hanno una maggiore tendenza alla cronicizzazione. In Italia, ogni anno, vi sono più di mille decessi per overdose da eroina. In una situazione di questo genere, uno dei principali obiettivi dell’intervento dei Ser.T. deve essere quello di fare in modo che non aumentino queste percentuali, che nel caso dell’infezione da HIV e dell’overdose rappresentano gli eventi di massima gravità che possano manifestarsi in una popolazione di tossicodipendenti. Pertanto questo Piano sanitario regionale intende recepire formalmente le seguenti indicazioni dei vari Organismi internazionali. a) - il punto 34 del programma di Azione globale adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 23 febbraio 1990, nel corso della 17a Sessione speciale, dedicata al problema della cooperazione internazionale contro la produzione, l’offerta e la domanda, il traffico e la distribuzione illecita di sostanze stupefacenti e psicotrope, il quale incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a lavorare con i Governi in modo da facilitare l’accesso ai programmi di cura delle tossicodipendenze. b) - il punto 35 della Risoluzione di cui al punto a) incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a lavorare con i Governi al fine di sviluppare “politiche per la riduzione del rischio e del danno provocato dall’abuso di droga, con mezzi di prevenzione della trasmissione da parte dei tosicodipendenti del virus HIV”. c) - la Dichiarazione politica del vertice mondiale sulla riduzione della domanda di sostanze stupefacenti, tenutosi a Londra nell’aprile 1990. In tale dichiarazione si ravvisa: - la necessità di sviluppare opzioni globali che dovrebbero comprendere programmi per entrare in contatto con gruppi di tossicodipendenti difficilmente raggiungibili; - la necessità di accettare, constatato che non sempre è possibile conseguire in tempi brevi il distacco dalla droga, anche degli obiettivi parziali per evitare l’aggravamento della salute del tossicodipendente; - al paragrafo 16 si dichiara: “Crediamo che il pericolo di una diffusione dell’HIV e dell’AIDS sia tale da rendere la prevenzione dell’abuso di sostanze stupefacenti ancora più importante di prima. Di fronte a questa minaccia dobbiamo impegnarci in maniera più attiva per portare in contatto con i servizi di assistenza un numero ancora maggiore di tossicodipendenti, in particolare quelli per via endovenosa. Tali programmi debbono offrire sia trattamenti senza farmaci che con metadone protratto”; d) - la dichiarazione politica della Conferenza straordinaria dei Ministri del Gruppo Pompidou in seno al Consiglio d’Europa tenutasi a Londra nel maggio del 1989. In tale occasione i Ministri hanno tra l’altro: - riconosciuta la massima priorità alle misure volte a far affluire un numero sempre maggiore di tossicodipendenti ai servizi socio sanitari; - riconosciuta la necessità di introdurre misure volte ad aiutare i tossicodipendenti a rischio che non sono immediatamente disposti (o non possono) astenersi dall’uso per via endovenosa di droghe e ciò per ridurre il rischio dell’acquisizione dell’infezione dell’HIV. Gli obiettivi della cura dei tossicodipendenti nei Ser.T. sono tra l’altro: 1) - l’abolizione dell’uso di droghe. Ove questo obiettivo non fosse immediatamente perseguibile si può considerare come obiettivo intermedio quello della riduzione dell’uso di droghe al fine di ridurre il rischio di overdose, AIDS, epatite e di operare per rendere infine disponibile il paziente a perseguire l’obiettivo primario. 2) - Il migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria per le patologie correlate. 3) - Il migliorare la qualità della vita del tossicodipendente. Tali obiettivi si perseguono con un trattamento multimodale e, ove possibile, integrato. I programmi terapeutici - La formazione degli operatori dei SER.T. La necessità di strutturare forme di intervento diversificate per una diversa tipologia di pazienti è il principio cardine del trattamento multimodale, che permette di adattare il programma terapeutico alle esigenze del singolo paziente. È possibile raggruppare in maniera indicativa i tre filoni principali che lo compongono e che si integrano fra di loro in varie combinazioni nel trattamento del singolo paziente, come segue: a) - indirizzo farmacologico, con la possibilità di usare farmaci antiastinenziali, antigraving, sostitutivi ed antagonisti; b) - indirizzo psicoterapeutico; c) - indirizzo socio riabilitativo, con trattamenti di tipo residenziale o meno. Nel riconoscimento del ruolo primario dei Ser.T. nell’ambito della prevenzione, cura e recupero dei tossicodipendenti e delle peculiarità proprie degli enti ausiliari si auspica una sempre maggiore integrazione tra il settore pubblico e il settore privato. I presupposti di tale integrazione sono il rispetto dei reciproci ruoli, la chiarezza e la correttezza dei rapporti, la comune aspirazione ed un miglioramento delle prestazioni terapeutico/riabilitative che, scevro da condizionamenti ideologici, può essere perseguito anche attraverso lo scambio di conoscenze e di esperienze. Il maggior spazio dato nei gruppi di lavoro multidisciplinari all’interno dei Ser.T., agli Psicologi, agli Assistenti sociale e agli Educatori permette un collegamento tra i Ser.T. e le strutture del privato sociale tale da costruire una rete di opportunità e di metodologie di intervento. Le esigenze formative degli operatori dei Ser.T. fanno riferimento a due premesse fondamentali. La prima riguarda l’aspetto innovativo dell’organizzazione del servizio che si è reso necessario di fronte alla complessità e poliedricità del fenomeno. La seconda attiene alla necessità del consolidamento della propria identità professionale anche attraverso un confronto interdisciplinare. Non vi è dubbio che una più solida identità professionale ed una capacità maggiore di confronto tra varie culture e discipline possono portare ad una migliore organizzazione del servizio. Per le suddette finalità viene prevista l’istituzione di corsi di formazione per operatori delle comunità terapeutiche. Sulla scorta di tale premesse occorre far maturare una cultura organizzativa che sia in grado di rispondere sia agli stimoli esterni che alle sollecitazioni interne. Su questi obiettivi occorre mettere in piedi alcuni moduli formativi centrati soprattutto sui seguenti aspetti: 1) - programmazione, ovvero individuazione degli obiettivi di un servizio; 2) - sistema informativo, inteso come maturazione di una cultura che faccia comprendere l’importanza degli strumenti adottabili per raggiungere l’obiettivo prescelto; 3) - valutazione degli interventi intrapresi; 4) - capacità di interazione interprofessionale. Tali obiettivi presuppongono un cambiamento radicale anche nello stile di lavoro che dovrà orientarsi verso una logica progettuale e non basata essenzialmente sulle prestazioni. La valutazione rappresenta un aspetto fondamentale per la vita di tutte le organizzazioni. Nel caso specifico del Ser.T. ciò assume un’importanza maggiore in quanto si tratta di servizi che hanno bisogno di essere rimodellati continuamente in quanto fanno riferimento ad un fenomeno in continua evoluzione. L’esigenza è quindi quella di dotare i servizi di un sistema permanente di monitoraggio del fenomeno e valutazione dell’organizzazione e della qualità. Questi tre aspetti che vanno comunemente inglobati sotto il termine “verifica” rispondono effettivamente a tre ordini di esigenze: - il servizio di un sistema permanente di monitoraggio del fenomeno e del servizio che viene definito “osservatorio”; - valutare, con appositi standard, il grado di efficienza interna dell’organizzazione; - valutare la qualità delle prestazioni sui singoli o su altri settori di intervento della struttura. La discussione in atto su tali temi ha posto l’accento sulla stretta interdipendenza tra processo valutativo e processo decisionale. Ciò significa che chi verifica deve anche avere la possibilità di riformulare gli obiettivi dell’intervento e migliorare la qualità dell’assistenza e dell’organizzazione stessa. Anche per l’aspetto valutativo bisognerà pensare a moduli organizzativi presso i Ser.T. che siano in grado di mettere in piedi tutti gli strumenti che rendano possibile la valutazione degli interventi ed il Governo dell’organizzazione tramite decisioni vincolate al processo valutativo. È del tutto evidente che l’aspetto della verifica mostra l’interdipendenza di tutti e tre gli aspetti e che lo strumento del sistema informativo deve tener conto di tale interdipendenza. Qualsiasi altro modello valutativo risulterebbe parziale e non adatto a fare valutazioni di qualsiasi natura. Riorganizzazione dei SER.T. Tra le novità più importanti introdotte dal Piano sanitario vi è quella dell’istituzione dei Distretti sanitari che assumono un’importanza fondamentale nella riorganizzazione dei servizi esistenti. La riorganizzazione dei Ser.T. deve avere come presupposti i seguenti elementi: a) I Ser.T. dovranno essere strutture agili, localizzate nell’ambito della U.S.L. rideterminate con la proiezione in strutture sovradistrettuali a seconda delle esigenze dell’utenza, capaci di impegnare le proprie risorse in ogni singola zona del territorio di competenza in rapporto alle esigenze emergenti e che possono mutare nel corso del tempo; b) i Ser.T. dovranno assicurare il servizio all’utente nell’arco completo della giornata; c) i Ser.T. non possono strutturare il loro intervento in termini esclusivamente psicodinamici. Debbono assicurare la disponibilità del trattamento farmacologico con farmaci sostitutivi nell’ambito delle varie forme di assistenza di carattere medico, psicologico, sociale e riabilitativo per garantire la disponibilità di un trattamento multimodale; d) i Ser.T. sono una struttura territoriale complessa che opera nel campo della terapia, della prevenzione e della riabilitazione con interventi professionali di alta specializzazione; e) il Ser.T. costituisce un servizio specifico all’interno della U.S.L. e viene dotato di una propria struttura amministrativa in grado di gestire anche le risorse disponibili per le convenzioni con le Comunità terapeutiche. Con atto deliberativo della Giunta regionale è stato costituito un gruppo di lavoro per l’elaborazione del “Progetto obiettivo regionale di prevenzione cura e riabilitazione della tossicodipendenza”. Il gruppo di lavoro ha l’incarico di: 1) redigere il progetto regionale di riduzione del danno da droga; 2) elaborare e predisporre protocolli riguardanti: a) gli interventi psicoterapeutici, di counselling farmacologici; b) i percorsi preferenziali, all’interno della U.S.L., per quanto riguarda la prevenzione primaria e secondaria, le infezioni correlate alla tossicodipendenza, la VRQ e i relativi indicatori di efficacia; c) i rapporti con i provveditorati agli studi in ordine alla collaborazione con i CIC, ex art. 106 del D.P.R. n. 309 del 1990, nell’ambito del protocollo d’intesa tra Assessorato regionale alla sanità e sovrintendenza scolastica regionale per l’Abruzzo; d) i rapporti con le istituzioni carcerarie e con il servizio sociale adulti del Ministero di giustizia; 3) attivare necessari collegamenti con il centro di riferimento regionale per la lotta all’AIDS, istituito ai sensi dell’art. 9 della legge n. 135 del 1990; 4) espletare i compiti di cui agli artt. 8 e 9 della L.R. 21 luglio 1993, n. 28 “Disciplina delle attività di prevenzione e di recupero dei soggetti in stato di tossicodipendenza, in attuazione del D.P.R. n. 309 del 1990 - Istituzione dell’Albo regionale degli enti Ausiliari; 5) studiare la possibilità di installare una “linea verde” telefonica che possa assolvere alle seguenti funzioni: - raccordo tra SER.T., U.S.L. e Mondo Scuola; - coordinamento informativo dei CIC e docenti referenti; - riferimento informativo dei discenti con problematiche di tossicodipendenze o AIDS; - coordinamento informativo dei progetti finanziati ex D.P.R. n. 309 del 1990; - prosecuzione logica-operativa del protocollo d’intesa tra la Sovrintendenza scolastica regionale e l’Assessorato regionale alla sanità; - collaborazione ed informazione su tutte le comunità terapeutiche e centri di accoglienza presenti sul territorio. 6) programma di interventi urgenti nella prevenzione e nella lotta contro l’A.I.D.S.: 1 - unità mobile, 2 - macchine distributrici di siringhe sterili e preservativi, 3 - assistenza domiciliare e assistenza residenziale. Interventi in materia di alcooldipendenza. Le linee di intervento della Regione Abruzzo, in attuazione di quanto disposto dal Ministero della Sanità con D.M. 3 agosto 1993 (pubblicato sulla G.U. n. 197 del 23 agosto 1993), volte ad una proficua realizzazione degli ra e reinserimento sociale degli alcooldipendenti, si articolano, come già previsti con deliberazione della Giunta regionale n. 1828 del 27 aprile 1994, nel modo seguente: a) Direttori generali delle U.S.L. devono dare graduale attuazione al D.M. 3 agosto 1993 attraverso l’istituzione delle previste équipe per le alcooldipendenze. Ciascuna équipe attiva interventi integrati nel quadro di strategie complesse che affrontino la globalità del problema dell’alcooldipendenza nelle dimensioni sanitaria, psicologica e sociale stabilendo raccordi e collaborazioni con le istituzioni territoriali e le strutture delle U.S.L. aventi compiti di prevenzione e di educazione sanitaria, con i reparti ospedalieri, con i medici di base, con il Ser.T., con i servizi sociali comunali, nonché con le associazioni di volontariato ed il privato sociale. L’operatività dell’équipe, informata nella parte gestionale ai criteri afferenti i Ser.T. di media utenza, dovrà sostanzialmente uniformarsi alle seguenti linee guida: - globalità dell’intervento; - integrazione tra le diverse professionalità; - collaborazione con i vari servizi e con i soggetti non istituzionali; - pluralità dei percorsi diagnostici e terapeutici; - definizione di obiettivi e verifica; - informazione e sensibilizzazione. b) il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale ha il compito di: - programmare e coordinare la promozione della salute, la prevenzione, la cura, la riabilitazione ed il reinserimento dei soggetti con problemi e patologie alcoolcorrelati; - incentivare la ricerca, la formazione e l’aggiornamento degli operatori; - definire un sistema informativo di raccolta dati sull’andamento del fenomeno regionale, assicurando i flussi nazionali previsti dalla normativa vigente. c) le U.S.L. hanno l’obbligo di relazionare, almeno semestralmente, all’Assessorato regionale alla sanità, sugli interventi mirati a favore delle alcooldipendenze, attraverso le previste équipe, che devono trovare allocazione, di massima, nell’ambito degli istituendi distretti sanitari di base. Interventi in materia di dipendenza dal tabagismo. La Regione Abruzzo intende procedere, nell'ambito del danno alla salute provocato dal tabagismo, introducendo concetti e principi e riferimenti che tendono a contrastare o prevenire le conseguenze. 1) Ai fini di cui sopra, la Regione, su proposta dell'Assessore alla Sanità istituisce con delibera della Giunta regionale, un gruppo di lavoro che ha sede presso l'assessorato alla Sanità, del quale fanno parte un medico rappresentante di ogni AUSL della regione, su nomina del Direttore Generale, con competenze specifiche in materia di pneumologia e/o malattie dal tabagismo. Il gruppo di lavoro, al quale può partecipare anche l'assessore alla Sanità o un suo delegato, sarà coordinato dal primario della divisione di pneumologia dell'ospedale S.Camillo di Chieti. Al gruppo di lavoro, sarà assegnato un dipendente regionale, da parte dell'assessorato alla sanità, con funzioni di segreteria. Il gruppo di lavoro redige le linee guida per la prevenzione e la lotta al tabagismo nella Regione Abruzzo, riunendo si con cadenza regolare presso l'Assessorato alla Sanità entro sei mesi dalla costituzione. 2) Le linee guida, oltre all'analisi delle situazioni sociali, economiche, comportamentali, psicologiche etc., che sono alla base della dipendenza al fumo nella Regione, dovranno prevedere per l'approccio terapeutico e della prevenzione anche l'istituzione di almeno una unità di riferimento, per la prevenzione e la disassuefazione dal tabagismo, per ogni AUSL regionale. Tali unità di riferimento dovranno sorgere all'interno dei reparti di pneumologia o, in mancanza, di oncologia e potranno prevedere anche delle subunità nell'ambito dei Distretti Sanitari di Base. Le unità di riferimento regionali, che saranno coordinate da quella istituita presso la Divisione di pneumologia dell'Ospedale S.Camillo di Chieti, opereranno raccordandosi con i Dipartimenti di prevenzione delle AUSL e concordando con i responsabili dei medesimi la programmazione delle attività dettate dalle linee guida. L'articolazione delle unità di riferimento dovrà prevedere un coordinatore da individuare, a cura del Direttore Generale, tra le figure di dirigente medico di 20 livello della divisione di pneumologia, oppure del Reparto di oncologia, ovvero nella persona del responsabile del Dipartimento di prevenzione dell'AUSL. Della predetta unità faranno parte altresì: un dirigente medico di 1° e 20 livello per ogni Divisione o Servizio di pneumologia ospedaliera e/o territoriale dell'AUSL ed un medico di medicina generale indicato dalla S.I.M.G.. Per ciò che concerne la strutturazione dell'unità di riferimento dell'AUSL di Chieti con funzioni di coordinamento regionale, essa dovrà comprendere, oltre alle figure suddette, anche il Direttore della cattedra di oncologia medica dell'Università od un suo delegato, il Direttore sanitario della AUSL o un suo delegato, che la dirigerà sotto il profilo amministrativo-gestionale, mentre, sotto l'aspetto organizzativo, sarà coordinato dal dirigente medico di 2° livello della Divisione di pneumologia dell'Ospedale S.Camillo di Chieti. Dell'unità fara parte altresì, il responsabile del dipartimento di prevenzione dell'AUSL. Le eventuali sub-unità territoriali delle unità di riferimento saranno costituite: dal responsabile del distretto dell'AUSL, dall'oncologo specialista ambulatoriale, dallo pneumologo specialista ambulatoriale e dal responsabile della medicina di comunità dell'AUSL. Il coordinamento verrà assunto dal responsabile del DSB con maggior numero di abitanti. In tali casi il coordinatore farà parte anche dell'unità di riferimento dell'AUSL. Le linee guida dovranno prevedere l'attuazione di campagne di informazione nei riguardi dei danni provocati dal fumo, da attuare nelle diverse realtà della Regione (scuole, ospedali, luoghi di lavoro ecc.) e l'istituzione di un centro antifumo per ogni AUSL della regione, attraverso la quale le unità di riferimento potranno attuare la fase di disassuefazione dal fumo. Nella fase iniziale si realizzerà un centro antifumo pilota presso la divisione di pneumologia dell'Ospedale S.Camillo di Chieti, sul quale si svilupperà successivamente la realizzazione degli altri centri antifumo nella Regione. Al centro pilota verrà assegnato un Dirigente medico di 1° livello in posseso della specializzazione in pneumologia, ed una unità amministrativa con esperienza dei sistemi informatici. Le Unità suddette saranno reperite dal Direttore Generale della USL di Chieti all'interno degli organici dell'Azienda. I centri antifumo dovranno essere costituiti da figure professionali e tecniche, quali medici, infermieri professionali, psicologi, sociologi, ecc. e potranno dotarsi di attrezzature necessarie per la diagnosi e la terapia dei soggetti dipendenti. Nella fase iniziale potrà essere utile realizzare un centro pilota da lo-calizzare presso la Divisione di pneumologia dell'Ospedale 5. Camillo di Chieti, sul quale sviluppare successivamente la istituzione de-gli altri centri antifumo. 3) Il gruppo di lavoro previsto dal punto 2 potrà essere integrato da altre figure tecniche, che siano particolarmente impegnate nella prevenzione del tabagismo, e provenienti da strutture pubbliche ovvero dal privato sociale. 4) Le linee guida di cui al punto i sono approvate dalla Giunta regionale e costituiscono direttiva per le AUSL, le quali le recepiranno con atto deliberativo. 5) Le linee guida per la prevenzione e la lotta al tabagismo devono inoltre indicare l'entità del finanziamento, in termini percentuali, rispetto allo stanziamento previsto per l'attività di prevenzione ed educazione sanitana dalla Regione Abruzzo, oltre ad eventuali fondi appositamente riservati per la lotta al tabagismo (25). 5.5 Prevenzione degli handicap. Epidemiologia. Non esistono rilevazioni generali sul numero, le cause e la distribuzione territoriale degli handicap, tuttavia si ritiene in via approssimativa e deduttiva che il dato quantitativo del bisogno nazionale da fronteggiare in questo delicato settore sia almeno di 2.000.000 portatori di handicap, di cui non meno di 200.000 gravi e gravissimi. Nello specifico si rileva che nell’anno 1992 i cittadini abruzzesi portatori di handicap che hanno beneficiato degli interventi socio assistenziali delle U.S.L. previsti dalla L.R. n. 60 del 1980 sono stati n. 687. L’obiettivo dell’azione regionale dovrà essere quello di creare una serie di condizioni che, a vario titolo, aiutino ad incrementare il potenziale di offerta onde favorire l’assetto organizzativo dei servizi per soddisfare più ampiamente le attese dei portati di handicap. Premessa. La situazione assistenziale del settore dell’handicap è stata sinora caratterizzata da una molteplicità di interventi settoriali con l’aggravante che i soggetti portatori di handicap si sono segmentati nel tempo in una molteplicità di gruppi distinti per tipo di menomazione (ciechi, sordomuti, distrofici, reumatici, ecc.) per motivo di invalidità (guerra, lavoro, servizio, ecc.), per condizione previdenziale. Ogni gruppo ha portato avanti specifiche rivendicazioni di tutela socio sanitaria, economica, lavorativa o ha attuato peculiari modelli di assistenza, talché è oggi molto difficile intravedere una linea organica di risposta al problema generale dell’handicap. Obiettivi. (25) Per tali interventi si veda la L.R. n. 19 del 1998. Le iniziative, in linea generale, saranno tese al miglioramento della qualità della vita dei portatori di handicap. La strategia di intervento regionale a favore di cittadini portatori di handicap si prefigge di organizzare una risposta effettiva, unitaria, globale e integrata alle problematiche dell’handicap. L’azione regionale è basata sulla realizzazione di una serie di iniziative di portata generale che superano i particolarismi che sinora hanno caratterizzato questo settore di assistenza. Risulta inoltre necessaria un’azione di delegificazione e rideterminazione dei servizi erogati onde evitare la disorganicità degli interventi. Gli obiettivi primari della linea strategica regionale a favore dei cittadini portatori di handicap sono: 1) predisporre una rete socio sanitaria dei servizi attraverso un coordinamento operativo e metodologico delle attività socio sanitarie delle U.S.L. con quelle sociali erogate da Comuni, Province, Comunità montane, Provveditorati agli studi ed altre istituzioni ed enti appartenenti al privato convenzionato, privato sociale e volontariato, favorendo anche la stipula degli accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e garantendo l’integrazione dei servizi socio assistenziali a quelli sanitari; 2) attivare la costituzione del Comitato regionale per le politiche dell’handicap per: a) la rilevazione, analisi e verifica dei dati inerenti l’intervento nel settore, nonché della loro elaborazione al fine di acquisire tutti gli elementi conoscitivi utili alla programmazione; b) l’assistenza tecnica agli enti locali della regione; c) la promozione di atti legislativi ed amministrativi; d) l’attuazione della legge quadro n. 104 del 1992; 3) promuovere interventi alternativi al ricovero, diretti ad offrire un’autonoma vita a domicilio attraverso un’assistenza domiciliare, presso Centri diurni, tenendo conto anche dei bisogni del contesto familiare ivi compreso il disagio abitativo; 4) favorire intese tra gli enti competenti e altri soggetti, comunque interessati, per l’inserimento nella scuola dell’obbligo nonché per l’accesso all’istruzione superiore e universitaria secondo le caratteristiche e i bisogni individuali; 5) favorire alla conclusione dell’obbligo scolastico l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap gravi e medi attraverso: a) la determinazione dei criteri per stabilire il numero dei disabili da inserire in attività lavorative finanziate dalla Regione; b) l’adeguamento dei beni strumentali ed il posto di lavoro destinato all’attività lavorativa dell’handicappato; c) la creazione di opportunità e di formazione al lavoro; 6) definire in collaborazione con l’Università i programmi e le modalità organizzative delle iniziative di riqualificazione ed aggiornamento del personale impiegato nell’attività dei servizi socio assistenziali; 7) promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle organizzazioni di volontariato; 8) prevedere forme di verifica e revisione di qualità delle prestazioni al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e rendere l’assistenza di livello qualitativo il più elevato possibile; 9) incentivare le iniziative tese a favorire il trasporto e la mobilità dei portatori di handicap . Azioni. Il Presidio ospedaliero, le Strutture riabilitative della U.S.L. e le Commissioni di cui all’art. 4 della legge n. 104 del 1992, che constatano l’handicap sono obbligate a compilare un modulo informativo (secondo lo schema redatto dal Comitato regionale per le politiche dell’handicap) e trasmetterlo, alla struttura individuata dal Direttore generale per la predisposizione ed attivazione del Piano abilitativo riabilitativo individuale, in sigla P.A.R.I. I1 P.A.R.I. considera la situazione “complessa” che l’handicap determina ed avvia i piani d’intervento individualizzati di tipo sanitario e con protocolli d’intesa con i soggetti istituzionali interessati, anche quelli socio educativi, nel rispetto dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992. Vengono mantenute le funzioni socio assistenziali della U.S.L. previste dalla L.R. n. 60 del 1980 e successive modificazioni, con i relativi finanziamenti. Le competenze socio assistenziali che vengono individuate e finanziate dalla Regione hanno carattere integrativo rispetto alle competenze dell’ente chiamato a rispondere in via principale. Si individuano nel P.A.R.I. interventi individuali mirati e specifici, relativi: a) al sostegno alla famiglia ed alla persona; b) alla rilevazione del disagio abitativo; c) alla riabilitazione sulle funzioni della persona; d) all’educazione individuale; e) alla formazione individuale; f) alla socializzazione; g) all’inserimento lavorativo; h) al tempo libero. La U.S.L.: 1.assicura flussi informativi generali e complessivi al Comitato regionale per le politiche dell’handicap; 2. predispone progetti di aggiornamento del personale; 3. coordina le attività di settore a livello distrettuale; 4. programma attraverso gli operatori il P.A.R.I.; 5. verifica l’efficacia dell’intervento; 6. identifica, qualitativamente e quantitativamente le risorse da attivare e programma la loro utilizzazione; 7. promuove e cura i rapporti interistituzionali (Provveditorato agli studi, enti locali ed altri soggetti istituzionali interessati) ed allo scopo elabora proposte operative e predispone opportuni protocolli d’intesa; 8. promuove e cura i rapporti con le Associazioni di volontariato, con gli istituti pubblici e privati di assistenza all’handicap e con le Associazioni dell’handicap. La strategia d’intervento delle U.S.L. si finalizza al raggiungimento degli obiettivi previsti nel presente progetto. Sarà presentato apposito disegno di legge regionale per la disciplina della materia entro 60 giorni dall’approvazione del presente piano. 5.6 Prevenzione dalle infezioni da HIV e la lotta contro l’AIDS. Premessa. L’AIDS (o sindrome da immunodeficienza acquisita) è sicuramente un problema che suscita emozioni forti, da cui scaturiscono coinvolgimenti immediati per passare, attraverso l’emergenza, ad un progetto permanente di tutela della salute e di organizzazione di servizi. Certamente la diffusione dell’infezione da HIV (human immunodeficency virus) comporta per l’organizzazione sanitaria problemi complessi ai diversi livelli. Tra i paesi europei l’Italia, con 21.463 notifiche pervenute al COA (Centro Operativo AIDS) al 31 dicembre 1993, presenta unitamente alla Spagna un pattern di diffusione dell’AIDS e dell’infezione da HIV peculiare per la via di acquisizione dell’infezione più rilevante rappresentata dall’uso di droghe per via endovenosa. Infatti tuttora in Italia i tossicodipendenti costituiscono i due terzi dei casi di AIDS conclamati notificati al Registro nazionale. Circa la metà dei soggetti affetti da AIDS risultano già deceduti mentre per quanto riguarda l’analisi delle caratteristiche epidemiologiche dell’infezione da HIV si evidenzia che in Italia il maggior numero dei casi di AIDS si concentra in alcune Regioni (Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria). In Abruzzo, con 137 casi notificati al 31 dicembre 1993 il tasso di incidenza cumulativa risulta pari a circa 10 casi x 100.000 abitanti. È prevedibile che il numero di casi di AIDS continui ad aumentare per l’elevato numero di sieropositivi ormai esistenti, soprattutto nelle categorie a rischio, anche se la crescita esponenziale iniziale sembra rallentata ma non per questo l’attenzione al problema deve attenuarsi. Le stime quantitative della prevalenza di AIDS e gli aspetti qualitativi riguardo le modalità di diffusione dell’epidemia forniscono dati sufficientemente affidabili ed importanti per la messa a punto di strategie di prevenzione e per la definizione dei bisogni di assistenza e cura. È evidente che l’assistenza sanitaria, da quella di base a quella rivolta alle patologie più insidiose, si ottimizza se implementata all’interno di un sistema e di un’organizzazione in base a precise scelte di politica sanitaria che forniscono gli strumenti per fronteggiare in maniera appropriata la complessità della grave situazione. A questo scopo la Regione Abruzzo, al momento di dare attuazione al “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”, di cui alla legge 5 giugno 1990, n. 135, ha individuato un Centro di riferimento regionale per attuare un sistema di interventi di prevenzione, cura e sorveglianza epidemiologica, che si fonda su una rete di presidi territoriali e Reparti di cura. (Delibera Consiglio regionale n. 10/41 del 30 novembre 1990 avente per oggetto: “Legge n. 135 del 1990 - Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS - Programmi di intervento”). Inoltre è stato costituito un “Comitato regionale di coordinamento delle attività di prevenzione e assistenza delle infezioni da HIV” di cui alla Delib.G.R. n. 7167 del 20 dicembre 1993. Riferimenti legislativi. - Legge 5 giugno 1990, n. 135: “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”; - “Atto di intesa tra Stato e Regioni per la definizione di indirizzi ai fini di un’organica distribuzione dei compiti tra le strutture ospedaliere e i servizi territoriali nelle attività di prevenzione e assistenza delle infezioni da HIV” approvato nella seduta del 7 novembre 1991. - “Atto di intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la definizione del progetto obiettivo AIDS 1994-1996”. Obiettivo e linee di intervento. La strategia di intervento complessiva, tenendo conto dei mutamenti delle conoscenze intervenute e delle nuove risultanze epidemiologiche, mira a contrastare la diffusione delle infezioni da HIV mediante attività di prevenzione e attraverso idonei interventi di assistenza alle persone affette da tale patologia. Allo stato attuale, in mancanza di un’efficace terapia contro l’AIDS, tutti gli sforzi devono essere concentrati sulla prevenzione, effettuata in maniera coordinata attraverso gli strumenti dell’educazione sanitaria e mediante una corretta e capillare informazione della popolazione. La prevenzione, infatti, è sicuramente possibile ma occorre che la collettività conosca bene la patologia, le sue modalità di trasmissione e le norme comportamentali per prevenire il contagio, acquisendo tutti gli strumenti conoscitivi che consentano una crescita culturale e l’evitamento di dannosi stereotipi e ghettizzazioni. Contestualmente occorre garantire un’organizzazione assistenziale adeguata ed efficiente al fine di affrontare, con tutti gli opportuni interventi e collegamenti, le esigenze di assistenza e l’incremento della domanda legata al progressivo aumento dei casi conclamati di AIDS e del numero dei sieropositivi. La delibera del Consiglio regionale n. 10/41 del 30 novembre 1990 ha fissato le modalità attuative del “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”, di cui alla legge 5 giugno 1990, n. 135, individuando il Centro di riferimento regionale ed un sistema di interventi di prevenzione, cura e sorveglianza epidemiologica dell’infezione da HIV su una rete di Presidi territoriali e Reparti di cura. Le aree di intervento riguardano principalmente: - prevenzione dell’infezione da HIV; - informazione ed educazione sanitaria; - formazione e aggiornamento, esteso il più possibile a tutto il personale; - attività ambulatoriale per accertamento e diagnosi della sieropositività; - assistenza e trattamento dei soggetti sieropositivi nei servizi territoriali e nelle strutture ospedaliere; - assistenza domiciliare; - volontariato. Piano di coordinamento delle attività del Servizio sanitario della Regione Abruzzo in materia di infezioni HIV e di AIDS. Il coordinamento di tutte le attività del Servizio sanitario della Regione Abruzzo in materia di infezioni HIV e di AIDS è svolto a livello regionale dal Comitato di coordinamento regionale istituito dalla Giunta regionale con deliberazione n. 7167 del 20 dicembre 1993. Compito del Comitato è quello di assicurare efficacia ed organicità agli interventi necessari per la prevenzione dell’infezione da HIV, per l’assistenza e il trattamento dei soggetti ammalati di AIDS. Per le funzioni operative il Comitato di coordinamento si avvale del Centro di riferimento regionale per la lotta all’AIDS, individuato dal Consiglio della Regione Abruzzo con delibera del 22 novembre 1990 e costituito da due poli operativi, uno presso la Cattedra di Malattie infettive dell’Università dell’Aquila e l’altro presso la Cattedra di Malattie infettive dell’Università di Chieti. Le funzioni del Centro di riferimento regionale, previste dall’art. 9 della legge n. 135 del 1990, sono le seguenti: - coordinamento delle Unità operative di I e II livello; - gestione, in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico regionale, dei sistemi di sorveglianza epidemiologica, dei sistemi informativi e degli studi analitici definiti dal Comitato di coordinamento regionale; - definizione degli strumenti epidemiologici e gestione della raccolta ed elaborazione dei dati per la verifica dell’efficacia, nonché la rispondenza a criteri etici, delle procedure diagnostiche e terapeutiche; - collaborazione al disegno, alla conduzione ed al monitoraggio di studi clinici controllati per la valutazione dell’efficacia e dell’eventuale tossicità dei farmaci; - contribuire all’importazione e collaborare alla gestione dei programmi di ricerca policentrici per la sperimentazione di farmaci e di metodi diagnostici; - coordinamento e conduzione di attività di informazione e formazione, nonché gli interventi di educazione sanitaria in materia di AIDS; - coordinamento delle attività di trattamento a domicilio dei pazienti con AIDS. I programmi annuali di attività del Centro di riferimento e le modalità di collaborazione ed integrazione con le Unità operative di I e II livello vengono definiti dal Comitato di coordinamento regionale di concerto con l’Assessore regionale alla Sanità che lo presiede o da chi ne fa le veci. Il Centro di riferimento regionale dovrà avere una sede autonoma presso l’Assessorato regionale alla sanità e si avvarrà del personale ad esso appositamente assegnato ed afferente all’Assessorato regionale alla sanità o alle Cattedre di Malattie infettive della Università di L’Aquila e di Chieti. Contestualmente alla fase organizzativa del Centro di riferimento regionale, sarà proseguita ed intensificata l’attività di formazione. I maggiori oneri di spesa per la strutturazione ed il funzionamento del Centro di riferimento regionale previsto dal presente piano di coordinamento sono a carico del finanziamento specifico assegnato ai sensi della L. n. 135 del 1990. Rete assistenziale di primo livello. 1) Fanno parte della rete assistenziale di primo livello - costituita dal complesso dei servizi territoriali che rappresentano in collegamento con i medici e i pediatri di base, il primo momento di contatto del cittadino con il sistema sanitario pubblico, nonché da alcuni presidi ambulatoriali cui sono demandate attività specifiche di prevenzione, informazione ed assistenza nell’area di cui trattasi - in particolare: a) le strutture appartenenti ai distretti sanitari di base; b) i poliambulatori ospedalieri; c) i consultori familiari; d) i servizi di igiene pubblica e di medicina preventiva (medicina scolastica); e) i servizi per le malattie a trasmissione sessuale; f) i servizi per l’assistenza ai tossicodipendenti; g) i poliambulatori extraospedalieri; h) altri servizi che siano stati costituiti in rapporto a specifiche esigenze sanitarie di gruppi di popolazione. 2) Sono collegati con presidi e servizi territoriali di primo livello, per quanto di loro competenza: - i medici e i pediatri di base: - le comunità terapeutiche residenziali e non residenziali; - i centri trasfusionali nell’esecuzione delle attività di cui all’art. 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107; - i servizi sanitari penitenziari ai fini dello svolgimento delle attività previste nelle apposite convenzioni con la Unità sanitaria locale, sulla base dello schema tipo concordato tra il Ministero della sanità ed il Ministero di grazia e giustizia, sentito il Consiglio sanitario nazionale. 3) I servizi e presidi territoriali di primo livello forniscono ogni utile collaborazione ai centri di informazione e consulenza nelle scuole (CIC) previsti dall’art. 87 della legge n. 162 del 1990, ai fini dell’attuazione di programmi di educazione alla salute, con particolare riguardo alla diffusione, attraverso opportune modalità, delle informazioni concernenti le infezioni da HIV. I compiti dei servizi e presidi territoriali di primo livello sono i seguenti: - svolgere attività di educazione sanitaria promuovendo anche l’adesione volontaria all’esecuzione del test per la ricerca degli anticorpi anti HIV; - garantire, anche in collegamento con i servizi psicologici e psichiatrici e con altri servizi, il “counselling” nella fase che precede l’effettuazione del test, curando l’avvio dei pazienti alle strutture di secondo livello; - acquisire informazioni anche in merito alla sorveglianza clinica praticata dai centri di secondo e terzo livello su sieropositivi asintomatici e per il monitoraggio dei pazienti; - informare i soggetti con comportamenti a rischio e i sieropositivi sull’assoluta necessità di non donare sangue e sul rispetto delle norme per la prevenzione della trasmissione dell’infezione, in modo particolare ai partner sessuali e informare le donne in età fertile sui rischi dell’infezione da HIV e sulla trasmissione dell’infezione al prodotto del concepimento. Compiti specifici sono previsti in particolare: a) per i consultori familiari: informazione alle donne sieropositive gestanti, effettuazione “counselling” ed eventualmente prelievo per il test; sostegno alle coppie in cui uno dei partner risulti sieropositivo; alle gestanti e ai neonati e minori sieropositivi sulle loro esigenze cliniche, psicologiche e sociali, attivando in collaborazione con altri servizi sanitari e sociali, tutte le misure necessarie; b) per i Ser.T.: adozione di opportune iniziative per favorire l’esecuzione del test nei confronti dei tossicodipendenti assistiti, nel rispetto della normativa vigente, avvio di sieropositivi nei centri di secondo e terzo livello; collegamento con le comunità terapeutiche; c) per i servizi penitenziari: promozione e adesione volontaria al test; assistenza e sostegno ai sieropositivi con la consulenza di specialisti ed in collegamento con i centri di secondo e terzo livello; attuazione terapie antivirali; d) per i servizi per le malattie a trasmissione sessuale, per i servizi di immunologia e trasfusione (limitatamente ai donatori) informazioni concernenti le modalità di trasmissione dell’infezione da HIV, counselling pre e post-test, prelievo, avvio centri 2° e 3° livello per i “follow-up”. Nell’ambito dei poliambulatori ospedalieri le strutture per le effettuazioni dei prelievi del test e la consegna dei referti devono essere dotati di attrezzature e spazi adeguati tutelando il diritto alla riservatezza del paziente. Un flusso informativo costante su tutta l’attività deve essere assicurato dai presidi e servizi di primo livello nell’ambito del sistema informativo sanitario regionale e nazionale. 4) In relazione alle attività diagnostiche ambulatoriali i poliambulatori identificati - dotati di idonee strutture per l’effettuazione dei prelievi, dei test e la consegna dei referti - effettuano previo “counselling” i prelievi per la ricerca degli anticorpi anti HIV avviando i soggetti ai centri di secondo e terzo livello per la risposta dell’eventuale “follow-up” . Rete assistenziale di secondo livello. La rete assistenziale di secondo livello è costituita dai centri ospedalieri ed universitari dotati di Divisioni di Malattie infettive, che svolgono attività di diagnosi e cura e dagli ambulatori relativi, così come individuato nella deliberazione del Consiglio regionale n. 10/41 del 30 novembre 1990. In attuazione dell’art. 1 della legge n. 135 del 1990, comma b), per quanto attiene la costruzione e/o ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive comprese le attrezzature e gli arredi, la realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno e l’istituzione ed il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia in relazione alle previsioni epidemiologiche e alle conseguenti esigenze assistenziali gli interventi in itinere riguardano: - Clinica - Divisione - Divisione - Divisione - Divisione - Divisione Mal. Inf. “ “ “ “ “ P.O. “ “ “ “ “ “SS. Annunziata” “S. Filippo” “S. Salvatore” “Spirito Santo” “Istituti Riuniti” “Ospedale Civile” p.l. Chieti Avezzano L’Aquila Pescara Teramo Vasto 19 5 24 20 20 H.D. 3 3 4 6 3 3 Per quanto attiene il personale è stato attivato, altresì, il potenziamento previsto dal Piano medesimo, secondo le procedure dettate dalla normativa vigente. I centri di secondo livello hanno i seguenti compiti: - “counselling” nella fase che precede e in quella che segue l’effettuazione del test; - effettuare prelievi, test, consegna referti, sorveglianza clinica dei soggetti asintomatici; - collaborare all’attuazione di trattamenti domiciliari; - attuare trattamenti terapeutici, tenendo informati i centri di primo livello, fornendo loro consulenza e collaborazione specialistica; curando i rapporti con i Ser.T., le comunità terapeutiche e le associazioni di volontariato; - assistere soggetti sieropositivi sintomatici attuando la stadiazione e la sorveglianza periodica sia clinica che di laboratorio; - organizzare interventi multidisciplinari sia diagnostici che terapeutici (ematologia, immunologia clinica, neurologia, psichiatria, pneumologia, oculistica, dermatologia, ecc.) ed attuare, sia in regime di ricovero ordinario che di “day hospital”, i protocolli di terapia. Deve essere costantemente assicurato il flusso informativo secondo le indicazioni regionali e nell’ambito del sistema informativo sanitario nazionale. Deve essere garantito inoltre il collegamento con tutta la rete ospedaliera per quanto attiene le diverse problematiche (Ostetricia e Ginecologia, Neonatologia, Pediatria, ecc.) Presso i centri di secondo livello tra il personale deve essere assicurata, altresì, la presenza di psicologi. Conclusioni. Anche in Abruzzo, come nel resto del Paese, è prevedibile che nei prossimi anni il numero di casi di AIDS continui ad aumentare per l’elevato numero di sieropositivi ormai esistenti, soprattutto nelle categorie a rischio nei confronti delle quali vanno prese tutte le iniziative tendenti a modificare i comportamenti a rischio. Risultati a breve scadenza non se ne possono pretendere in quanto una diminuzione dell’incidenza di nuove infezioni, a causa dei lunghi tempi di incubazione della malattia, si rifletterà in un decremento dei casi di AIDS soltanto a distanza di anni. Ovviamente non va assolutamente abbassata la guardia ma occorre, attraverso il collegamento delle diverse aree di intervento, delle reti assistenziali, del Comitato di coordinamento e del Centro di riferimento regionale dare il massimo di efficienza ed organicità agli interventi necessari per la prevenzione e l’assistenza delle infezioni da HIV. Tutto questo sarà senza dubbio facilitato dall’esistenza di una legge quale la n. 135 del 1990 e dai necessari atti di indirizzo e coordinamento, nonché dai relativi decreti che finanziano l’attuazione del programma per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS, secondo ambiti di intervento che riguardano l’adeguamento delle strutture, il potenziamento del personale, la formazione e l’aggiornamento, il potenziamento dei Ser.T., l’assistenza domiciliare. Tutte le risorse in ambito regionale devono essere mobilitate e raccordate, attraverso il Settore Sanità, con il livello nazionale (Ministero della sanità, Centro operativo AIDS, Commissione nazionale), ribadendo che il compito fondamentale della Regione è programmare, indirizzare e coordinare l’attività dei servizi per la tutela della salute collettiva. Per quanto riguarda il Progetto-Obiettivo AIDS si rinvia all’“Atto di intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la definizione del progetto obiettivo AIDS 1994-1996” ed ai documenti del “Comitato regionale di coordinamento delle attività di prevenzione e assistenza sulle infezioni da HIV”, istituito con il compito di coordinare le attività dei servizi e presidi della rete assistenziale, al fine di garantire efficacia ed organicità ai necessari interventi per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS. 6 - La disciplina del finanziamento, della gestione patrimoniale ed economico-finanziaria del Sistema sanitario regionale. 6.1. La disciplina del finanziamento, della gestione patrimoniale ed economico-finanziaria del Sistema sanitario regionale. Finanziamento. Come è noto, il processo di riforma sanitaria in Abruzzo implica un’attenta valutazione delle effettive risorse finanziarie disponibili sia per assicurare i livelli desiderati di assistenza, sia per realizzare obiettivi di sviluppo in tale campo. Nel mutato contesto istituzionale e organizzativo del sistema sanitario, anche l’aspetto finanziario subisce profonde trasformazioni al punto che le Regioni assumono la piena responsabilità dell’equilibrio finanziario della gestione delle U.S.L.-Azienda potendo ricorrere, qualora fosse necessario, anche all’inasprimento delle aliquote dei tributi propri e dei contributi sociali di malattia ad esse attribuiti. Ciò significa, nel caso della Regione Abruzzo, che occorre realizzare il cambiamento introducendo misure idonee al contenimento della spesa sanitaria entro la quota del F.S.N. che sarà assegnata evitando, già in partenza, pericolose situazioni di squilibrio. Anche per questo motivo l’istituzione degli ospedali azienda merita particolare attenzione e va per ora rinviata non solo in attesa del pieno conseguimento di quelle caratteristiche strutturali di fondo che ne legittimano l’esistenza, ma anche in considerazione dell’esigenza di attivare, in maniera davvero difficile e problematica, canali autonomi di finanziamento di una quota consistente dei costi complessivi (fino al 80 %), come previsto dall’art. 4 - comma 7 - lettera a), del decreto legislativo n. 502 del 1992. Si è già detto come nella stessa direzione di realizzare economie di scala si muova la proposta di istituzione di sei U.S.L.-Azienda in luogo delle quindici esistenti. Misure di razionalizzazione della spesa sanitaria sono necessarie al fine di evitare che si possano determinare situazioni di squilibrio non più superabili con provvedimento di sanatoria a “piè di lista”. Allo stesso modo, la graduale realizzazione dei distretti sanitari di base, il potenziamento delle strutture ospedaliere e la realizzazione di altre strutture sanitarie sono rigorosamente previste nel Piano sanitario regionale, con espresso riferimento al volume effettivo delle risorse disponibili per gli investimenti, nel rispetto di un vincolo coerente di subordinazione sia sotto l’aspetto quantitativo sia con riferimento ai tempi di realizzazione delle opere e di acquisizione delle risorse finanziarie ad esse destinate. È tuttavia in corso una forte vertenza tra le Regioni e lo Stato sulla persistente sottostima del F.S.N. e conseguentemente della minore spesa pro-capite che per il corrente anno è stata determinata in lire 1.495.000 rispetto ad un fabbisogno di lire 1.620.000. D’altra parte, il passaggio alla ripartizione basata sulla quota capitaria compensata dai costi attinenti alla mobilità ospedaliera richiede un’attenta considerazione di quest’ultimo fenomeno che vede per la nostra Regione un saldo negativo di ricoveri. Sul versante interno, le modalità di finanziamento della U.S.L., attualmente in vigore, sono basate sul criterio della quota capitaria, con riferimento alle distinte attività della U.S.L. medesime, tenendo conto della mobilità e delle quote di riequilibrio, ai sensi della L.R. 11 febbraio 1992, n. 7. Secondo questa legge, la quota del FF.SS. va ripartita in quattro grandi settori di attività e per le principali funzioni di spesa, ma sempre conservando, nella sua globalità, il carattere di quota indistinta. Il F.S.N. per il 1994 è stato determinato in mld 81.150 di lire stimando in miliardi 47.674 circa il gettito dei contributi sanitari; l’integrazione a carico dello Stato dovrebbe essere, di conseguenza, di lire 33.746 mld. Considerando che i criteri di riparto suddetti stabiliti con la recente L.R n. 7 del 1992, sono già tendenzialmente in linea con le innovazioni previste dal D.Lgs. n. 502 del 1992, così come modificato dal n. 517 del 1993, occorrerà pertanto procedere a una revisione dei criteri medesimi per meglio adeguarli alle U.S.L.-Azienda. Al riguardo si fa presente che il sistema di finanziamento introdotto dal decreto legislativo n. 502 innova pressoché completamente i criteri e le modalità a tutt’oggi applicati per il finanziamento delle U.S.L., evidenziando, in via preliminare, una sostanziale differenziazione tra le procedure applicabili al finanziamento delle U.S.L aziende e quelle relative al finanziamento delle Aziende ospedaliere. L’articolo 12 del decreto legislativo citato prevede che il Fondo sanitario nazionale sia ripartito tra le Regioni per quote capitarie di finanziamento da determinarsi, in relazione ai livelli uniformi di assistenza, sulla base di un sistema di coefficienti parametrici che tengano conto: a) della popolazione residente; b) della mobilità sanitaria. Tale impostazione nazionale non può non avere effetti diretti, in linea di massima, sulle impostazioni che dovranno essere adottate da questa Regione per la ripartizione del fondo a livello locale. Ciò soprattutto al fine di evitare le incongruenze ed i conseguenti riflessi negativi sui livelli assistenziali da garantirsi alla popolazione che deriverebbero dalla utilizzazione di criteri diversificati. Tale considerazione non sta peraltro a significare che i criteri nazionali non possano e non debbano essere integrati con altri, qualora tale integrazione si renda necessaria in relazione a specifiche esigenze e situazioni. Proprio in considerazione di ciò, il presente piano prevede, in aggiunta ai parametri nazionali che appaiono compatibili con la nostra situazione, di utilizzare, per la ripartizione del Fondo sanitario, due ulteriori parametri ricavabili: a) dal numero dei posti letto attivati nei presidi ospedalieri delle U.S.L.; b) dalle risultanze dei controlli gestionali. L’introduzione del primo parametro deriva dalla constatazione che le U.S.L. abruzzesi hanno dotazioni di posti letto ospedalieri quantitativamente diversificate; in alcuni casi anche in misura notevole, per cui l’applicazione sic et simpliciter alla funzione ospedaliera del parametro capitario previsto dal livello nazionale darebbe senz’altro origine a situazioni di finanziamento discriminanti. L’introduzione del secondo è invece diretta conseguenza della nuova contabilità analitica articolata per centri di costo, che una volta a regime consentirà, attraverso lo strumento dei controlli di gestione, di fissare degli standard medi di produttività e di costi da utilizzare anche per i finanziamenti. Per quanto riguarda il finanziamento delle Aziende ospedaliere, si invia alla disciplina che sarà dettata al momento della loro istituzione nel rispetto dell’art. 4, 7° comma, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni. Per il finanziamento di attività specifiche, e/o per fronteggiare esigenze impreviste, è previsto l’accantonamento del 5% del F.S.R. parte corrente che verrà finalizzato con apposito atto deliberativo della Giunta regionale sentita la conferenza Regione-U.S.L. Patrimonio. L’art. 5 del decreto legislativo n. 502 del 1992 disciplina esclusivamente il trasferimento alle U.S.L. ed alle altre aziende del Servizio sanitario dei beni già appartenenti al patrimonio dei Comuni e delle Province con vincolo di destinazione sanitaria, nonché dei beni di cui all’art. 65 della legge 833 (beni già appartenenti agli enti mutualistici soppressi). La legislazione nazionale ha evitato di dettare norme per la gestione del patrimonio, del sistema inventariale e della relativa rendicontazione, demandando così alla Regione il compito di disciplinare tale regime e di armonizzarlo con la normativa contabile che, come è noto, deve ispirarsi ai principi di contabilità economica. Si rende, pertanto, necessaria una nuova impostazione del regime patrimoniale dei beni delle U.S.L. avendo presente il regime giuridico generale dei beni patrimoniali appartenenti agli enti pubblici quale risulta in particolare dagli artt. 826-828-830 del codice civile. Con riferimento pertanto ai decreti legislativi n. 502 del 1992 e 517 del 1993 ed ai principi del codice civile dianzi richiamati, il presente Piano ha affrontato il tema del regime giuridico amministrativo dei beni appartenenti al patrimonio delle U.S.L. e delle altre aziende del Servizio sanitario regionale prevedendo in particolare: a) la distinzione dei beni in indisponibili e disponibili, a seconda della loro diversa destinazione; b) la disciplina dell’amministrazione e dell’utilizzazione diretta e indiretta dei beni patrimoniali e i criteri di formazione degli inventari che diano rilievo al dato giuridico costituito dal fatto che un sistema di contabilità economica deve necessariamente partire dalla valorizzazione di una situazione patrimoniale iniziale attendibile ed analitica; c) la determinazione dei criteri per l’ammortamento del costo dei beni patrimoniali ai fini della formazione dello Stato patrimoniale; d) la disciplina delle figure dei consegnatari dei beni; e) le modalità per l’alienazione dei beni disponibili secondo le procedure previste per la cessione dei beni pubblici dal momento che la costituzione in aziende delle U.S.L. non ha comportato la perdita della natura pubblicistica delle stesse; f) le modalità per la cancellazione dei beni dal patrimonio indisponibile prevedendo in particolare, in tal caso, la necessità di una preventiva autorizzazione regionale. La materia del patrimonio viene pertanto ad assumere; in conseguenza dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 un’estrema rilevanza nell’ambito delle U.S.L. e delle altre aziende. Va infatti rilevato che il previsto passaggio da una gestione finanziaria del tutto scollegata dalla gestione patrimoniale ad una gestione di tipo economico, che prevede per sua natura un’utilizzazione dei beni in forma dinamica ed imprenditoriale, determina come conseguenza necessaria la connessione delle scritture contabili relative al patrimonio, rappresentate dallo stato patrimoniale, con le scritture di bilancio. Da ciò deriva che la necessità di una contabilizzazione attendibile ed analitica dello stato patrimoniale rende indispensabile l’armonizzazione dello stesso con la tenuta delle scritture inventariali quali documenti rappresentativi della posizione di partenza dello stato patrimoniale. Gestione economico-finanziaria. Le norme a suo tempo introdotte dalla legge n. 833 del 1978 hanno previsto per le U.S.L. la tenuta della sola contabilità finanziaria. Il decreto legislativo n. 502 del 1992 così come modificato ed integrato dal n. 517 del 1993 ha invece introdotto un nuovo sistema di contabilità a carattere economico-patrimoniale (definita anche contabilità generale) integrato con un sistema di contabilità analitica. Le differenze essenziali tra i vari tipi di contabilità possono brevemente individuarsi nelle seguenti: 1) la contabilità finanziaria e quella generale si occupano, sia pure con modalità diverse, di fatti che pongono l’azienda a contatto con terze economie attraverso scambi o trasferimenti monetari; la contabilità analitica si occupa invece dei fenomeni interni all’azienda ed in particolare della formazione dei costi e dei ricavi delle varie prestazioni erogate e dei servizi che le producono; 2) per contabilità finanziaria si intende un sistema di scritture fondato: - sull’adozione di un bilancio di previsione finanziario costituente un piano di gestione per un determinato arco di tempo futuro, di norma annuale, e una volta approvato, un insieme di vincoli e di limiti da rispettare; - sulla sistematica rilevazione dei fatti amministrativi che attengono la gestione del bilancio di previsione finanziario; - sulla dimostrazione a consuntivo delle modalità attraverso le quali si è data attuazione al bilancio di previsione e quindi sulla dimostrazione del rispetto dei limiti e dei vincoli posti con l’approvazione del bilancio preventivo. Sia il bilancio di previsione che il consuntivo vengono redatti secondo il duplice criterio di competenza e di cassa. Il criterio della competenza prevede e rileva le entrate accertate e le spese impegnate. Le entrate accertate sono quelle per le quali è sorto il diritto alla riscossione; le spese impegnate sono quelle approvate con deliberazione, cui farà seguito l’emissione dell’ordine o la stipula del contratto. Il criterio di cassa prevede e rileva le riscossioni ed i pagamenti effettivi in un determinato periodo che possono quindi riferirsi ad entrate accertate od a spese impegnate in uno o più anni precedenti (residui attivi e passivi); 3) la contabilità generale considera invece la gestione sotto l’aspetto patrimoniale ed economico. L’aspetto patrimoniale ingloba quello finanziario in quanto la disponibilità o i debiti finanziari costituiscono rispettivamente componenti attivi e passivi del patrimonio. I conti della contabilità generale sono di tipo patrimoniale (stato patrimoniale) ed economico (conto economico). Lo stato patrimoniale elenca le varie componenti all’attivo (immobili, cassa, crediti) ed al passivo (debiti); la differenze determina il patrimonio netto. Il conto economico (perdite e profitti) elenca i ricavi e le rimanenze finali all’attivo, i costi e le rimanenze iniziali al passivo e dà per differenza l’utile o la perdita di esercizio. La contabilità generale registra le entrate e le uscite finanziarie al momento in cui esse si verificano analogamente a quanto la contabilità finanziaria registra secondo il criterio di cassa; tuttavia a differenza di quest’ultima che considera solo l’aspetto finanziario, la contabilità generale rileva anche la cancellazione del relativo credito o debito, precedentemente registrati, in corrispondenza di un ricavo o di un costo di gestione; 4) la contabilità analitica integra quella generale con l’obiettivo specifico di attribuire tra l’altro i costi ed i ricavi di gestione a singole unità organizzative (centri di costo) individuati in un apposito elenco definito piano dei centri di costo. Uno strumento contabile caratteristico della contabilità generale e della contabilità analitica è il piano dei conti nel quale sono elencati in maniera dettagliata tutti i conti dell’azienda. La contabilità analitica assume nel contesto di un’azienda estrema rilevanza soprattutto perché consente di analizzare i costi delle specifiche attività svolte, in maniera dettagliata, di accertare eventuali disfunzioni e conseguentemente predisporre i necessari correttivi. Premesse tali considerazioni di ordine generale si provvederà con apposita legge alla disciplina della materia. Per una più compiuta conoscenza della problematica si rinvia all’allegato schema di “Bilancio e Piano dei Conti” analitico (Allegato 5), nella considerazione che la contabilità analitica assume nel contesto di un’azienda rilevanza soprattutto perché consente di analizzare i costi delle specifiche attività svolte, in maniera dettagliata, di accertare eventuali disfunzioni e conseguentemente predisporre i necessari correttivi. 6.2 Ricaduta economica della manovra. I criteri sopra esposti dovranno essere assunti dalla Regione non solo come punti chiave per la riorganizzazione-razionalizzazione dell’intera rete ospedaliera ma anche come fondamentali punti di riferimento per la politica degli investimenti in conto capitale. Infatti, in vista di un così profondo processo di revisione delle dotazioni, appare indubbiamente opportuno, specialmente nel breve termine, considerare ed eventualmente riconsiderare le politiche di investimento da attuare nell’ambito dei servizi ospedalieri. La manovra di riorganizzazione-razionalizzazione della rete ospedaliera regionale da attuare sulla base dei sopra esposti criteri guida, oltre a comportare un notevole sviluppo della qualità dei servizi ospedalieri, è contestualmente orientata a favorire il rientro della spesa, connessa al funzionamento di tali servizi, nelle compatibilità fissate dallo Stato con la recente legislazione in materia finanziaria. Più specificatamente, considerato che i costi di funzionamento degli ospedali pubblici, hanno assorbito, nel 1992, circa 1.200 miliardi di lire, la manovra ipotizzata porterebbe, relativamente a tale compito, ad un taglio di spesa quantificabile nell’ordine dei 146 miliardi di lire annui. Tale cifra è la risultante di un calcolo teorico dei risparmi ottenibili dalla riduzione dei posti letto delle strutture ospedaliere. Ulteriori risparmi potrebbero ottenersi con l’attivazione di un processo di riconversione di alcuni degli attuali stabilimenti ospedalieri in R.S.A., anche se tale conversione non può certamente essere condotta a costi nulli, considerato che occorre sostenere spese per le operazioni di trasformazione. Per quanto riguarda i D.S.B. da attivare, i costi relativi alla loro costituzione sono assicurati dai finanziamenti previsti dall’art. 20 della legge n. 67 del 1988 mentre i costi di gestione e funzionamento possono essere fronteggiati, per la massima parte, con i fondi attualmente utilizzati dalle U.L.S.S. a tali fini e per la restante parte con le economie derivanti dalla riorganizzazione della rete ospedaliera che potrebbero essere realizzate agendo sull’attuale configurazione della rete ospedaliera. Ovviamente il risparmio teorico sarebbe maggiormente elevato rapportando la dotazione delle strutture ospedaliere prefigurata dalla proposta di razionalizzazione-riorganizzazione alla dotazione prevista nel PSR. Una quota di risparmio è poi configurabile anche con riferimento ai criteri precedentemente proposti relativamente al comparto privato convenzionato. In quest’ambito sono stati infatti stimati risparmi per complessivi 20 miliardi di lire dovuti a: - riduzione di posti letto convenzionati; - cessazione del convenzionamento con alcune strutture che non presentano caratteristiche di effettiva integrazione all’attività dei presidi pubblici. Infine altri risparmi potrebbero attuarsi dalla riconversione totale degli ex-ospedali psichiatrici in strutture per il potenziamento dei servizi psichiatrici territoriali. Riepilogando la manovra di razionalizzazione-riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, valutata nelle sue componenti pubblica e privata convenzionata, conduce alla stima di un complessivo risparmio di spesa valutabile intorno ai 106 miliardi di lire. Dall’accorpamento delle U.S.L., inoltre, si avrà la possibilità di espletare gli appalti a livello centralizzato, con ulteriore e certo risparmio attualmente non quantificabile. Tali economie dovrebbero garantire sia l’estensione della rete dei Distretti, naturalmente graduale nel tempo, sia l’istituzione di Centri regionali per attività sanitarie di alta qualificazione. In via generale, è da ritenere che le quote del F.S.N. che sono assegnate alle Regioni vengono determinate sulla base delle quote capitarie ragguagliate ai livelli uniformi di assistenza. Dette quote capitarie sono state stabilite dal D.P.R. 1° marzo 1994 concernente l’approvazione del P.S.N. per il triennio 1994/1996 nel modo seguente: Anno 1994 lire 1.495.000 Anno 1995 1ire 532.400 Anno 1996 lire 563.000 Tali quote sono da ritenere valide in assenza di: - mobilità ospedaliera - rinnovi contrattuali e rapporti convenzionati - eventuali oneri derivanti da ulteriori disposizioni legislative. Le stesse quote potranno essere oggetto di revisione in conseguenza del riflesso sul F.S.N. della manovra governativa per il riequilibrio finanziario per gli anni 1995/1996. Le quote del F.S.N. previste per la Regione Abruzzo, relativamente al triennio 1994/1996, sono, fermo restando le predette condizioni, le seguenti: anno 1994 lire 1867,487 mld (lire 1.495.000 q.c. x 1.249.156 res.) anno 1995 lire 1914,206 mld (lire 1.532.400 q.c. x 1.249.156 res.) anno 1996 lire 1952,430 mld (lire 1.563.000 q.c. x 1.249.156 res.) Tali quote derivano dal prodotto della quota capitaria per il numero dei residenti al lordo delle entrate proprie delle U.L.S.S. per autofinanziamento e della quota di mobilità sanitaria interregionale per tipologia di prestazioni da compensare a livello nazionale in più o in meno. Si precisa, pertanto, che la quota del F.S.N. assegnata alla Regione Abruzzo, con deliberazione C.I.P.E. del 2 giugno 1994, per l’esercizio 1994, risulta pari a lire 1829,767 miliardi al netto delle entrate proprie delle U.L.S.S. pari a lire 37.720 milioni e della quota della mobilità sanitaria pari a lire 839 milioni in meno. Si precisa invece che alle quote di F.S.N. relative agli esercizi 1995 e 1996 vanno aggiunte o detratte le quote della mobilità sanitaria interregionale che, allo stato non sono determinabili. Le predette quote vanno ripartite in quattro grandi settori di attività e per le principali funzioni di spesa così di seguito specificata, ma sempre considerate nella loro globalità come quote indistinte, secondo le indicazioni dei livelli uniformi di assistenza determinati dal Ministero della sanità. Livelli Prevenzione collettiva Assist. Sanitaria base RIPARTIZIONE DELLE QUOTE DEL F.S.N. (26) Anno 1994 Pro capite Anno 1995 Pro capite 90.769.000.000 72.665 93.056.414.988 74.495 647.577.000.000 518.412 663.896.198.577 531.476 Anno 1996 Pro capite 94.914.620.639 95.983 677.153.271.376 542.089 (27) Assistenza ospedaliera Attività di supporto e servizi generali 1.044.000.000.000 84.807.000.000 835.676 1.070.309.216.224 67.891 86.944.170.211 856.826 1.091.681.785.049 69.602 88.680.322.936 873.934 70.992 6.3 La ricaduta della manovra nei singoli settori di intervento . In ordine a singoli settori di intervento previsti nel presente piano risulta facilmente desumibile del prospetto sopra riportato l’ammontare del fondi destinati alla rideterminazione della rete ospedaliera (2.2 del piano), alla prevenzione sanitaria (2.4), alla R.S.A. (2.5), alla medicina generale di base (3.2), al riordino dell’assistenza specialistica ambulatoriale (3.3 e 3.4), all’assistenza farmaceutica (3.5), alla riabilitazione (3.7), al termalismo (3.10). Relativamente, invece, alla copertura finanziaria degli oneri conseguenti all’attivazione dei distretti (2.3) si rileva anzitutto che il distretto opererà sulla scorta di personale attualmente già impegnato sul territorio oltre che del prevedibile organico che risulterà in esubero a seguito del ridimensionamento del posti letto ospedalieri. Al tempo stesso, come è bene evidenziato a pag. 72 e ss. del presente piano, l’attivazione stessa del distretto dovrebbe consentire una sensibile riduzione della domanda, di ricoveri ospedalieri con conseguenti minori costi economici. La riduzione, poi, del numero delle U.S.L. con conseguente utilizzazione del personale amministrativo presso i distretti comporta un ulteriore limitazione di spesa per il personale da impegnare presso i distretti stessi. Pertanto non sono prevedibili incrementi rilevanti di spesa per quanto concerne la dotazione organica. Relativamente alle strutture edilizie, a pag. 81 del presente piano è indicata la fonte prioritaria di finanziamento nell’art. 20 della legge 11 marzo 88, n. 67 con erogazioni pari al lire 77.790 milioni di cui 60.000 milioni per D.S.B., 8.500 milioni per poliambulatori, 9.290 milioni per strutture territoriali. È altresì chiarito nel cap. 2.3 del piano che la rete completa dei D.S.B. ha necessariamente nella Regione Abruzzo una realizzazione graduale, legata ai tempi tecnici di attuazione ed alle disponibilità finanziarie. Le strutture sanitarie pubbliche già istituite o realizzate, fermo restando il numero complessivo e la sede indicata dei distretti, diventano articolazioni decentrate dell’organizzazione distrettuale sul territorio. Considerato altresì che il D.S.B. è caratterizzato essenzialmente da un’ottimale utilizzazione di risorse già disponibili mediante l’integrazione delle competenze provenienti dai diversi servizi già esistenti presso le U.S.L., un distretto tipo di medie dimensioni dovrebbe presuntivamente comportare una spesa aggiuntiva di circa 1 miliardo annuo, per cui nella previsione di attivazione graduale le spese relative al 1994 sono (26) Si omettono le percentuali di incidenza delle singole voci. (27) Nella versione integrale della tabella vengono previste nell’ambito dell’assistenza sanitaria di base le seguenti voci: medicina non convenzionata, assistenza domiciliare, farmaceutica, specialistica, tossicodipendenti, riabilitazione, protesica, psichiatria, termale, integrativa, disabili, anziani non autosufficienti. Per ciascuna di queste voci sono previsti importi e percentuali nell’ambito delle somme complessive stanziate, rispettivamente, per gli anni 1994, 1995 e 1996. prevedibili in lire 13.600 milioni. Tale spesa risulterà ulteriormente incrementata di lire 27.200 milioni per ciascuno dei successivi esercizi 1995 e 1996. A tale spesa si fa fronte con quota parte del F.S.R. parte corrente, destinata, così come risulta evidenziato nel prospetto generale di riferimento del finanziamento dell’intero sistema sanitario regionale, a prevenzione collettiva, attività di supporto, servizi generali ed assistenza sanitaria di base, in particolare le voci: - medicina generale convenzionata - assistenza territoriale domiciliare - farmaceutica - specialistica - riabilitazione - tossicodipendenze - protesica - integrativa. Per quanto concerne le attività di urgenza e emergenza sanitaria (3.1) la spesa relativa al personale risulta contenuta per l’apporto di parte delle forze lavorative rese utilizzabili a seguito della riduzione del sistema ospedaliero. Pertanto risulta fondata la previsione di un incremento di personale lei limiti di 30 unità nella fase iniziale con conseguenti costi parti a lire 1.590 milioni circa e della pressione di una spesa pari a lire 8.500 milioni per costi di esercizio. Alla spesa globale per ciascun esercizio, prevista in lire 10.090 milioni si fa fronte con quota parte del F.S.R. parte corrente, destinata all’attività di supporto e servizi generali e assistenza ospedaliera e per l’assistenza sanitaria di base, in particolare l’assistenza farmaceutica, come risulta evidenziato nel prospetto generale di riferimento. La rete di posti dialisi (3.8) esistenti nella Regione Abruzzo risulta complessivamente soddisfacente per cui costi aggiuntivi per il presente settore di intervento non sono prevedibili nell’immediato. Chiaramente laddove si creeranno maggiori disponibilità finanziarie complessive e in particolare per l’assistenza ospedaliera si tenderà ad un miglioramento della qualità e quantità di servizi. Sono comunque già disponibili fondi regionali lire 1.500 milioni per rimborso spese trasporto dializzati. Per quanto attiene il funzionamento necessario per la riorganizzazione delle strutture trasfusionali ed il piano sangue (3.9) si evidenzia che i progetti presentati dalla Regione sono stati approvati dal Ministero per l’ammontare di lire 3.500 milioni dei quali 1.500 già finanziati. All’uopo si fa, comunque presente che per la gestione della nuova organizzazione prevista dal P.S.R. non è presumibile una spesa aggiuntiva in quanto la rete strutturale ed organica attualmente esistente appare sufficiente ed abbisognevole soltanto di una ridistribuzione sul territorio. Non sono prevedibili nell’immediato spese aggiuntive per la Medicina legale e delle Assicurazioni (3.11) trattandosi di un’attività già in corso con strutture proprie. Nel capitolo relativo all’attività sociologica e psicologica (3.13) è rimarcata la rilevanza dell’attività in parola, focalizzandone il portato, e pertanto non sono previste spese aggiuntive specifiche. Per quanto riguarda la prevenzione e cura del diabete mellito (3.14), è prevista una spesa di lire 200 milioni annui per la gestione di un sistema che appare già stabilizzato sul territorio. A detta spesa si farà fronte con quota parte dei fondi relativi all’assistenza ospedaliera, all’attività di supporto e servizi generali ed all’assistenza sanitaria di base con particolare riguardo alla Medicina generale convenzionata, all’assistenza territoriale domiciliare, farmaceutica, specialistica, ripartita nel più volte citato quadro generale. Per quanto concerne l’informatizzazione del sistema (4.3), secondo la priorità indicate nel settore di intervento in parola, prioritaria ed essenziale è l’istituzione di Centri unificati di prenotazione (C.U.P.), il cui software è stato già realizzato dal Ministero della sanità e messo gratuitamente a disposizione unitamente ai periodici aggiornamenti del personale. Le spese concernono essenzialmente pertanto l’acquisizione della strumentazione di base in quanto il personale potrà essere acquisito preminentemente attraverso una riconversione professionale di organici già esistenti. Le spese previste per il settore di intervento sono ricomprese in quelle più generali del distretto sanitario di base. Relativamente ai singoli progetti obiettivi prefigurati nel piano, si possono fare le seguenti precisazioni di ordine finanziario. Progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani” La spesa relativa alla realizzazione del progetto obiettivo sopra esposto è fronteggiato con: 1) la disponibilità di cui alla delibera C.I.P.E. del 31 gennaio 1992 relativa, quale progetto sperimentale, all’assistenza domiciliare integrata e all’attivazione sperimentale delle R.S.A. pari a lire 5.152.000.000; 2) la disponibilità del Fondo sanitario regionale - parte corrente - destinata all’assistenza sanitaria agli anziani non autosufficienti come evidenziato nel prospetto generale di finanziamento dell’assistenza sanitaria regionale pari a lire 54.713 milioni per il 1994, lire 56.091 milioni per il 1995 e lire 57.211 milioni per il 1996. Tutela della salute materno-infantile. L’onere finanziario degli interventi di razionalizzazione dell’esistente e di conseguimento degli obiettivi fa capo a: 1) le risorse rese disponibili dal S.S.N. per il raggiungimento dei livelli uniformi di assistenza individuati dal Piano sanitario nazionale, in particolare per quanto attiene a: - l’assistenza ospedaliera (investimenti tecnologici, p.l. in day hospital, unità di personale aggiuntivo); - l’assistenza specialistica territoriale (centri di 1° e 2° livello: strutture attrezzature, organici, consultori); - l’assistenza sanitaria collettiva (profilassi vaccinale, medicina scolastica, educazione sanitaria); - le attività di riabilitazione; 2) i fondi regionali per la prevenzione degli handicap preconcezionali, prenatali e neonatali - L.R. 9 settembre 1987, n. 54 e successive leggi di rifinanziamento: lire 500 milioni; 3) la disponibilità di cui alla delibera C.I.P.E. 31 gennaio 1992 per il programma di tutela della salute materno-infantile che, nella prima fase di attivazione del piano sono da destinarsi all’identificazione e potenziamento delle strutture di prevenzione, diagnosi e trattamento delle disabilità infantili: lire 529 milioni parte corrente, lire 278 milioni conto capitale; 4) i fondi regionali per i consultori familiari - L.R. 26 aprile 1978, n. 21: lire 2.000 milioni. La spesa complessiva è di lire 3.307 milioni tutta finanziata con leggi regionali e con erogazioni da parte del C.I.P.E. Tutela della salute mentale. Il progetto consente, per quanto attiene le due strutture pubbliche ex manicomiali di L’Aquila e Teramo, un recupero sulle spese inerenti ai ricoveri giornalieri, che attualmente si aggira sulle lire 40.000 pro capite, e quindi una riduzione delle somme previste nel bilancio che vanno a coprire il fabbisogno delle spese necessarie per gli adeguamenti previsti per i C.S.M. Relativamente poi alla copertura delle spese necessarie al ricovero di pazienti psichici-cronici o nuovi cronici presso le Strutture sanitarie protette e semiprotette, si fa presente che la dismissione di detti soggetti dalle due strutture neuropsichiatriche di Villa Serena e Villa Pini, comporta una diminuzione delle spese, tenuto conto che la diaria giornaliera da corrispondere per il soggiorno in dette strutture è inferiore a quelle attualmente corrisposte per ricoveri presso strutture neuropsichiatriche. Alla spesa necessaria, quindi per l’attivazione del processo di trasformazione globale previsto dal progetto obiettivo, tenendo conto anche dei ricoveri presso le diagnosi e cura, dei trattamenti in day-hospital e della creazione dei dipartimenti di salute mentale, si fa fronte con la quota del F.S.R., parte corrente, destinata all’assistenza psichiatrica, come risulta evidenziato nel prospetto generale di riferimento del finanziamento dell’assistenza sanitaria regionale pari a lire 59.889 milioni per il 1994, lire 61.388 milioni per il 1995 e lire 62.624 milioni per l’anno 1996. Prevenzione, cura e recupero delle tossicodipendenze. L’onere finanziario per il conseguimento degli obiettivi del progetto fa capo a: 1) le risorse rese disponibili dal S.S.N. per il raggiungimento dei livelli uniformi di assistenza individuata dal P.S.N., in particolare per quanto attiene a: - l’assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale (sedi attrezzature Ser.T., organici, interventi di recupero in regime semiresidenziale per le comunità terapeutiche); - l’assistenza sanitaria residenziale (interventi di recupero in regime residenziale delle comunità terapeutiche); - l’assistenza sanitaria collettiva (medicina scolastica, educazione sanitaria). La disponibilità della quota del F.S.R. - parte corrente - destinato all’assistenza dei tossicodipendenti come risulta evidenziato nel prospetto generale di finanziamento regionale è pari a lire 20.497 milioni per il 1994, lire 21.013 milioni per il 1995 e lire 21.433 milioni per il 1996; 2) la disponibilità di cui alla delibera del C.I.P.E. 30 maggio 1991, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 162 del 1990 per il triennio 1990/1992, pari a lire 4.918 milioni; 3) lo stanziamento della Regione di cui alla L.R. 21 luglio 1993, n. 28 a favore degli enti ausiliari per la ricerca e l’innovazione in materia di prevenzione e recupero: lire 700 milioni. Prevenzione handicap. Per quanto riguarda la prevenzione degli handicap e l’assistenza ai disabili, l’onere finanziario graverà per la parte sociale sul bilancio regionale con fondi propri della Regione mentre per la parte sanitaria sulla quota del F.S.R. parte corrente nel modo seguente: - parte sociale lire 2.700 milioni per il 1994 lire 2.700 milioni per il 1995 lire 2.700 milioni per il 1996 - parte sanitaria lire 9.660 milioni per il 1994 lire 9.903 milioni per il 1995 lire 10.101 milioni per il 1996 come risulta evidenziato, rispettivamente, nel bilancio regionale 1994 al cap. 71571 e nel prospetto generale di finanziamento regionale relativo all’assistenza ai disabili. Prevenzione delle infezioni da HIV e la lotta contro l’AIDS. Le risorse finanziarie relative al progetto in parola sono essenzialmente derivate dalla legge n. 135 del 1990 con fondi attribuiti alla Regione nella misura di lire 30.441.603.082, per spese in conto capitale e per lire 7.692.000.000, per parte corrente.