L.R. n. 72 del 1994 - Consiglio regionale dell`Abruzzo

L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 (1)
Piano sanitario regionale 1994-1996. (2) (3)
Indice
Art. 1
Art. 2
Allegato “A”
Art. 1
È approvato il Piano sanitario regionale per il triennio 1994-1996 di cui all’allegato “A”.
Art. 2
La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Allegato “A” (4)
Verbale Consiglio regionale n. 107/24 del 27 settembre 1994.
Piano sanitario regionale per il triennio 1994-1996 (5).
1 - Il nuovo sistema sanitario della Regione Abruzzo: linee essenziali di riforma.
1.1 - Premessa.
Il presente Piano sanitario regionale dell’Abruzzo (P.S.R.) per il triennio 1994/1996 nasce in un periodo di
profondi mutamenti del quadro normativo, organizzativo e finanziario dell’assistenza sanitaria nel nostro
Paese e di tutto il sistema di welfare state nel suo complesso, in misura tale da non fornire elementi certi di
riferimento per la programmazione dei servizi territoriali.
La mancanza, poi, di documenti programmatori già definiti ed avviati nella nostra Regione rende
ulteriormente più complesso procedere nell’assunzione dei programmi, cioè di processi di trasformazione,
giacché questi vanno ad incidere su una realtà di servizi territoriali ormai consolidata sul piano dell’esistente,
molto meno su quello dell’efficienza.
La trasformazione della U.L.S. in Azienda e la diretta responsabilizzazione delle stesse Regioni per la
copertura dei disavanzi di gestione delle Aziende-U.S.L. e Ospedaliere danno una particolare connotazione
al ruolo dell’Ente Regione che, accanto ai tradizionali compiti di indirizzo e programmazione degli
interventi, dei modelli organizzativi e dei criteri di finanziamento, viene ad assumere una funzione-guida
nell’elaborazione delle strategie generali di intervento ed un ruolo di coordinamento, di promozione e di
supporto tecnico.
La necessità di contemperare tale ruolo con gli spazi di autonomia organizzativa, amministrativa,
patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica delle nuove Aziende (da riconoscere e valorizzare) impone
l’adozione di una programmazione a maglie larghe in termini di vincoli organizzativi ed autorizzativi. Si
ritiene invece necessaria una puntuale definizione degli obiettivi, degli standard dei piani e dei programmi,
degli strumenti di controllo della gestione, dei processi informativi e degli indicatori per la verifica
dell’efficienza e della qualità delle prestazioni.
(1) Pubblicata nel BURA 4 novembre 1994, n. 28 Speciale. Il presente piano è stato sostituito dal Piano
sanitario 1999-2000, approvato con L.R. 27 luglio 1999, n. 37.
(2) L'art. 13, comma 1, quarto alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di
autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie
pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:…
- quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28
speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento
delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4
al capitolo “Poliambulatori”.».
(3) Ad integrazione del presente Piano sanitario, in attuazione della legge n. 548 del 1993, si veda la L.R. 20
aprile 1995, n. 64 e la L.R. 31 luglio 1996, n. 61. Si veda anche l’art. 1, L.R. n. 112 del 1998, che inserisce in
detto piano sanitario la previsione di un servizio di Radioterapia intraoperatoria nella ASL Lanciano VastoPresidio Ospedaliero “G. Renzetti” di Lanciano.
(4) Vedi, anche, l’art. 212-quater, L.R. 8 febbraio 2005, n. 6, aggiunto dall’art. 17, L.R. 3 marzo 2005, n. 23.
(5) Si omettono gli allegati al piano.
Un’altra considerazione in premessa, necessaria per comprendere lo stesso documento di P.S.R., riguarda la
consapevolezza che un’attività di programmazione sanitaria - come riferisce anche il Piano sanitario
nazionale 1994/1996 - è oggi caratterizzata da elementi di novità rispetto al processo tradizionale ed anche a
precedenti esperienze: il Piano si inserisce in una logica di processo, non si esaurisce dunque in un quadro
onnicomprensivo, puntuale, di dettaglio e statico, definito una volta per tutte.
Il Piano “non dice tutto”, ma costruisce un processo, descrive uno sviluppo progressivo fatto di successive
approssimazioni ed avvicinamenti all’obiettivo. Pur essendo prescrittivo e vincolante, richiede - anzi, esige il coinvolgimento del livello della programmazione locale, costruendo un processo circolare che, dalle prime
prescrizioni e definizioni regionali, necessita della messa a punto delle proposte delle Aziende-U.S.L. e
Ospedaliere e della successiva approvazione regionale.
1.2 - I riferimenti normativi e programmatici.
I riferimenti normativi e programmatici per impiantare e definire il P.S.R. Abruzzo 1994/1996 sono
rappresentati da una serie di norme statali che si occupano della programmazione sanitaria e che
costituiscono un vincolo ed un riferimento obbligato per 1e normative regionali di natura programmatoria.
Le principali e più recenti sono:
a - la legge 23 ottobre 1985, n. 595, “Norme per la programmazione sanitaria ed il Piano sanitario nazionale
1986/1988”;
b - il D.M. Sanità del 13 settembre 1988, “Standard del personale ospedaliero”;
c - la legge 30 dicembre 1991, n. 412, “Disposizioni in materia di finanza pubblica”;
d - il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, su1 “Riordino della disciplina in materia sanitaria”, in attuazione
della delega conferita al Governo con la legge 23 ottobre 1992, n. 421, come modificato dal D.Lgs. n. 517
del 1993;
e - la legge 24 dicembre 1993, n. 537: “Interventi correttivi di finanza pubblica”;
f - il Piano sanitario nazionale 1994/1996.
Le fonti normative sopra citate, ancorché riferite ad un arco di tempo che occupa circa 8 anni (dal 1985 al
1993), è indicativo di un trend ormai acquisito in ordine alla programmazione dei servizi sanitari e di quelli
ospedalieri: in particolare la legge 30 dicembre 1991, n. 412, “Disposizioni in materia di finanza pubblica”,
all’art. 4, comprende una serie di disposizioni in materia sanitaria e prevede l’assunzione di provvedimenti
generali da parte delle Regioni, anche a stralcio del Piano sanitario regionale, con lo scopo di:
- ristrutturare la rete ospedaliera;
- rideterminare il fabbisogno in attività convenzionate riguardanti la specialistica esterna e le Case di cura.
Per questi due settori le diverse disposizioni legislative succedutesi nel tempo ripropongono i meccanismi e
gli indicatori della legge “595”, sopra citata, con le seguenti modifiche e specificazioni:
a) - gli standard generali di Piano sono cosi rideterminati:
- tasso di utilizzazione dei posti letto non inferiori al 75% in media annua;
- dotazione complessiva fino al 5,5 p.l. per 1.000 abitanti, di cui 1/1000 riservato alla riabilitazione ed alla
lungodegenza post-acuzie;
- tasso di ospedalizzazione del 160/1000 abitanti;
b) - lo standard minimo per singolo presidio ospedaliero è fissato a 120 p.l.;
c) - a modifica di quanto previsto dalla legge n. 132 del 1968 negli ospedali viene previsto il modello delle
aree funzionali omogenee con presenza obbligatoria di day-hospital, conservando alle unità operative che vi
confluiscono l’autonomia funzionale in ordine alle patologie di competenza, in un’ottica Dipartimentale.
In attuazione di questi standard, integrati dalle disposizioni contenute in eventuali atti di indirizzo e di
coordinamento, la Regione provvede a ristrutturare la rete ospedaliera operando le trasformazioni di
destinazione, di accorpamenti e le disattivazioni necessarie.
In conclusione, il nuovo sistema sanitario della Regione Abruzzo si configura nelle linee già indicate nel
documento politico-programmatico approvato dalla Giunta regionale il 20 settembre 1993.
Il presente Piano sanitario regionale sviluppa linee che vengono riportate nell’Allegato A.
Gli strumenti della programmazione sanitaria regionale sono costituiti da:
- il presente Piano Sanitario;
- le delibere attuative;
- la relazione annuale sullo stato di attuazione del P.S.R.
Le delibere attuative sono adottate dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare per gli affari
sociali, per le singole funzioni o per loro raggruppamenti e per i progetti obiettivi.
Con le stesse delibere si provvederà, altresì, agli adeguamenti resi eventualmente necessari nel triennio da
nuove disposizioni nazionali nelle singole materie sanitarie ed in particolare dal Piano sanitario nazionale
19945-1996.
La relazione sullo stato di attuazione del P.S.R. viene presentata dal Presidente della Giunta regionale, su
iniziativa del componente di Giunta preposto al Settore Sanità e sentito il parere della conferenza RegioneU.S.L., al Consiglio regionale ogni anno, contemporaneamente alle direttive inerenti la formulazione del
bilancio della U.S.L.
2 - Indirizzi di organizzazione del nuovo sistema sanitario.
2.1 Il Governo del sistema sanitario regionale; il settore sanità igiene e sicurezza sociale della Giunta
regionale; l’osservatorio epidemiologico regionale; le Unità’ sanitarie locali.
Senza entrare nelle valutazioni di merito delle scelte politiche che sottendono il D.Lgs. n. 502 del 1992 ed il
successivo decreto correttivo n. 517 del 1993 ed a quelle di politica finanziaria che lo hanno preceduto,
occorre consapevolmente considerare che essi hanno impresso una spinta decisiva al processo
programmatorio sanitario sia a livello centrale, sia a livello regionale.
Il decreto regionale legislativo sulla sanità, propone, senza dubbio, un grosso impegno per la Regione che è
chiamata in causa quale destinataria di specifiche competenze che vanno ad integrare quelle già esistenti e a
configurare un complesso di compiti davvero cospicuo.
È impensabile che tutto ciò possa essere realizzato con l’attuale struttura organizzativa esistente presso il
competente Settore.
Infatti, a fronte di una carenza di personale dirigenziale pari quasi al 90% dell’organico previsto dalla L.R. n.
58 del 1985, devono essere posti in essere provvedimenti che richiedono l’apporto di professionalità
particolarmente qualificate.
La nuova struttura del Settore è imposta non soltanto dalle esigenze operative legate al transito al nuovo
modello U.S.L., ma anche dalle esigenze di gestione ordinaria del sistema sanitario regionale.
Nel nuovo sistema disegnato dalla legge delega e dal conseguente decreto legislativo, la Regione deve porre
in essere, nei termini indicati, una serie di provvedimenti al fine di esercitare un effettivo governo della
Sanità.
In particolare si evidenziano i seguenti adempimenti:
- definizione dei modelli organizzativi dei servizi sanitari;
- fissazione dei criteri per la ripartizione delle risorse economiche;
- predisposizione di controlli di efficacia e di efficienza sulle U.S.L. ed Aziende ospedaliere.
Di conseguenza le funzioni da svolgere a livello regionale possono riassumersi in termini di:
- programmazione;
- indirizzo e coordinamento;
- supporto tecnico;
- vigilanza.
Per conseguire questi obiettivi è necessaria un’organizzazione del Settore Sanità in termini di efficienza ed
efficacia; di conseguenza, in sintonia e nel contesto della proposta di riorganizzazione generale della
struttura regionale, il Settore Sanità va organizzato su quattro aree di intervento: “Area di programmazione e
finanziamento”, “Area giuridico-amministrativa”, “Area tecnico-sanitaria” e “Area di vigilanza e controllo”.
Le funzioni di coordinamento di cui all’art. 27, 1° comma del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive
modificazioni ed integrazioni relative alla direzione regionale afferente all’intero Settore Sanità e Sicurezza
Sociale sono espletate dal coordinatore, nominato dalla Giunta regionale, su designazione del componente
della Giunta preposto alla Sanità, entro e non oltre un mese dall’entrata in vigore del presente piano .
In linea di larga massima possono essere attribuiti a ciascuna “Area” i seguenti compiti:
Area di programmazione e finanziamento:
- programmazione e coordinamento economico - finanziario del sistema contabile sanitario regionale;
assegnazione delle risorse finanziarie alle U.S.L. e costante monitoraggio della spesa sanitaria regionale
nonché di analisi e verifiche costi-benefici; redazione ed aggiornamento dei piani sanitari regionali.
Area giuridico-amministrativa:
- ordinamento giuridico del personale delle U.S.L.: contrattazione, mobilità, formazione, organici, ruoli
nominativi e reclutamento del personale; rapporti con le Università; organi istituzionali delle U.S.L. ed enti
operanti nel SSN.
Area tecnico-sanitaria:
- strutture assistenziali private, assistenza sanitaria di base, specialistica e ospedaliera; farmaceutica;
medicina veterinaria; tutela sociale, medicina legale e del lavoro; emergenza sanitaria; coordinamento dei
servizi infermieristici U.S.L.; attività informatica.
Area di vigilanza e controllo:
- controllo di gestione; controllo ispettivo; contabile, giuridico-amministrativo e tecnico-sanitario; VRQ;
verifica dei risultati.
Alle suddette Aree è necessario affiancare un Servizio Regionale dell’Osservatorio Epidemiologico,
indispensabile per il coordinamento dei dati statistici ed epidemiologici a livello regionale e locale. Ad esso
vanno ricondotte, riaccorpandole, le diverse strutture costituite nel tempo per settori differenziati, con i
relativi fondi.
A detto Osservatorio vanno attribuite le seguenti funzioni:
- valutare, documentandole, le conoscenze disponibili;
- descrivere sulla popolazione le distribuzioni dei gradi dello stato di salute e dei loro determinanti;
- studiare le associazioni fra possibili determinanti e gradi dello stato di salute;
- informare la collettività delle evidenze prodotte;
- formulare proposte per programmi di intervento sulla base delle evidenze epidemiologiche prodotte;
- insegnare metodi e contenuti dell’Epidemiologia.
Le informazioni prodotte da un O.E.R. costituiscono la base conoscitiva principale per le redazioni di piani
sanitari e degli altri programmi regionali.
All’individuazione delle strutture organizzative per ciascuna area, corrispondenti alla qualifica di
“dirigente”, e delle relative funzioni provvede la Giunta regionale, su proposta del coordinatore responsabile
del Settore, nel rispetto della disciplina prevista dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29 e successive modificazioni ed integrazioni nonché dall’art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.
Spetta ugualmente alla Giunta regionale, nel rispetto delle richiamate disposizioni nazionali, la
determinazione dei posti di dirigente, nella misura massima complessiva di 30 per l’intero Settore, nonché
delle altre qualifiche funzionali da assegnare a ciascuna area del Settore Sanità, con la specificazione dei
relativi profili professionali.
Analogamente, secondo le modalità stabilite nella suddetta normativa, con separato provvedimento, la
Giunta regionale procede a disegnare la struttura organizzativa dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale.
Nelle more, resta confermata l’attuale articolazione strutturale. Con successivo provvedimento legislativo si
procede, ove necessario, all’adeguamento della strutturazione del Settore scaturente dalle presenti
disposizioni alla normativa di razionalizzazione dell’intero sistema organizzativo della Regione.
La riorganizzazione del Settore Sanità, alla luce delle su esposte considerazioni, costituisce comunque
presupposto propedeutico indispensabile per l’attuazione puntuale del decreto di riordino soprattutto per
quanto concerne l’assetto organizzativo e gestionale dei servizi sanitari.
In realtà con l’approvazione della legge-delega e l’emanazione del decreto legislativo n. 502 del 1992 e
successive modificazioni ed integrazioni stiamo vivendo momenti di grande cambiamento, pur tra le
immancabili polemiche che accompagnano quasi sempre i mutamenti nel nostro Paese.
Proprio per questo occorre misurarsi con il nuovo sistema di erogazione del servizio sanitario, proponendo
soluzioni organizzative che tengano conto della nuova configurazione giuridica della U.S.L. quale Azienda
dotata di autonomia contabile e gestionale.
Attualmente ci troviamo spesso di fronte ad un Servizio sanitario caratterizzato dall’essere un erogatore di
prestazioni a domanda, piuttosto che un programmatore a tutela della salute.
È necessario, pertanto, un cambiamento organizzativo che tenga conto dei punti critici che hanno
condizionato l’operatività e quindi l’efficienza dei modelli fino ad ora seguiti.
Oggi i poteri decisionali sono spesso mal identificati, dipende in genere dalla preparazione e professionalità
dei singoli dirigenti essere o meno figure reali di riferimento.
Il sistema dei controlli formali rende mal definite le responsabilità, le scarse risorse disponibili, peraltro
erogate in notevole ritardo, impediscono una reale programmazione dei costi, mentre le analisi del rapporto
tra spesa e servizio prodotto risulta in genere molto poco praticata.
La regola fondamentale di ogni azienda - sapere quanto si spende e perché - non è considerata in genere un
dovere comportamentale per il Servizio Sanitario.
Occorre dunque dare innanzitutto rilevanza al ruolo della programmazione perché l’efficacia del sistema è
strettamente legato alla possibilità di garantire la certezza di risorse e la loro correlazione con gli obiettivi.
In secondo luogo occorre affrontare il problema dell’autonomia organizzativa dell’azienda U.S.L.; è
necessario creare strutture flessibili, pur nell’ambito di norme di indirizzo di carattere generale fissate dalla
Regione, al fini di non ingessare l’organizzazione in schemi rigidi che mal si adattano al dinamismo di
un’azienda di servizi moderna e così peculiare come la sanità.
Si propone, dunque, la necessità di affrontare il complesso problema dell’adeguamento del sistema
organizzativo, nelle sue diverse articolazioni, ai cambiamenti che si vogliono realizzare in sanità.
Cambiamenti organizzativi che per dare risultati concreti devono essere coerenti con la nuova logica
aziendale ipotizzata .
Dall’indicata premessa, discende che l’assetto istituzionale e territoriale del servizio sanitario regionale deve
essere articolato come segue:
- 6 Unità sanitarie locali;
- una rete riorganizzata di ospedali-presidio;
- circa sessanta distretti sanitari di base.
L’istituzione di sei Unità sanitarie locali così individuate:
Chieti: coincidente con gli ambiti territoriali dall’attuale U.L.S.S. di Chieti e di Ortona;
Avezzano-Sulmona: coincidente con gli ambiti territoriali delle attuali U.L.S.S. di Avezzano, Sulmona,
Castel di Sangro;
Lanciano-Vasto: coincidente con gli ambiti territoriali delle attuali U.L.S.S. di Lanciano e di Vasto;
L’Aquila: coincidente con l’ambito territoriale dell’attuale U.L.S.S. di L’Aquila;
Pescara: coincidente con l’ambito territoriale della provincia di Pescara;
Teramo coincidente con l’ambito territoriale della provincia di Teramo;
risponde perfettamente al disposto dell’art. 3, comma 5, lettera a), del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come
modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, il quale provvede Unità sanitarie locali coincidenti di massima con
gli ambiti provinciali, salvo deroghe e condizioni territoriali particolari derivanti dalla natura montana delle
aree di interesse nonché dalla densità e distribuzione demografica sul territorio. Ed in effetti la
configurazione delle U.S.L. derivante dal presente piano correla essenzialmente le U.S.L. di Chieti,
L’Aquila, Pescara e Teramo agli ambiti provinciali insistenti nella Regione Abruzzo salvaguardando,
peraltro, la particolarità orografica e demografica proprie dei territori corrispondenti ad Avezzano, Castel di
Sangro e Sulmona da un lato e a Lanciano e Vasto dall’altro.
La previsione di sei U.S.L. nell’ambito del sistema sanitario abruzzese risponde altresì a motivazioni più
ampie di carattere istituzionale, territoriale ed economico-finanziario.
Sotto il profilo istituzionale, al nuova unità sanitaria locale ha una configurazione giuridica ben precisa, con
propri poteri e responsabilità.
È un’azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa,
patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica.
Essa, inoltre, ha il compito fondamentale di provvedere ad assicurare i livelli uniformi di assistenza sanitaria
nel proprio ambito territoriale.
Le due caratteristiche sono strettamente collegate nel senso che la U.S.L.-azienda non è necessariamente
tenuta ad erogare direttamente i servizi sanitari.
Il modello organizzativo di riferimento della nuova U.S.L. è pertanto più vicino ad un’ “authority” o ad una
struttura di alta direzione che non a un servizio sanitario in senso stretto.
Ciò richiede, da un lato, un’opzione di scala sufficientemente ampia nei riflessi territoriali e, dall’altro lato,
una configurazione organizzativa interna della U.S.L. che sia molto qualificata e professionale in termini di
direzione, di coordinamento e di controllo dell’insieme dei servizi erogati nel territorio da assicurare
comunque agli utenti.
Occorre un’organizzazione dinamica che si adatti e si corregga il più rapidamente possibile e che cerchi di
sinergizzare al massimo le rispettive professionalità.
La U.S.L. potrebbe dunque organizzarsi per livelli di direzione e di coordinamento con riferimento alle
diverse funzioni di assistenza sanitaria da erogare nel territorio quali, per esempio:
- assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e si lavoro (direzione e coordinamento della prevenzione,
dell’igiene, della veterinaria, ecc.);
- assistenza sanitaria di base (direzione e coordinamento della medicina di base, della pediatria,
dell’assistenza farmaceutica, dell’assistenza nel territorio e domiciliare, ecc.);
- assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale (direzione e coordinamento della medicina
specialistica, dell’assistenza ai tossicodipendenti, dell’assistenza psichiatrica, dell’assistenza riabilitativa,
dell’assistenza integrativa, ecc.);
- assistenza ospedaliera (coordinamento dei presidi ospedalieri e dei servizi di emergenza, ecc.);
- assistenza residenziale sanitaria a non autosufficienti e lungodegenti (direzione e coordinamento
dell’assistenza agli anziani, ai tossicodipendenti, ai disabili, della riabilitazione, ecc.);
- servizi di supporto (affari generali, personale, programmazione e controllo di gestione, finanziamento delle
strutture, monitoraggio della spesa nell’ambito territoriale).
In altri termini, la U.S.L. così configurata diventa la sede naturale degli organi di alta direzione e, in
particolare, del Direttore generale e dei suoi collaboratori (direttore amministrativo, Direttore sanitario e
dirigenti) dove, in stretto collegamento con le direttive e le azioni di promozione e di supporto
dell’Assessorato regionale alla sanità (da riorganizzare), si svolge una vera attività di management intesa
come quadro permanente di comando e di controllo dei sevizi da realizzare in maniera aperta ed efficiente,
tenendo in debito conto il sistema delle interrelazioni con le altre U.S.L.
È appena il caso di segnalare che questo modello non si concilia con al situazione esistente caratterizzata da
una logica molto diversa che è quella dell’importanza non soltanto sanitaria che la U.S.L. assume nel
territorio, spesso sostenuta da spinte campanilistiche e di parte, da ingiustificate posizioni di potere e
comunque fondata su una frammentazione che ha dato luogo a quindici unità chiuse, anziché a un sistema
aperto a rete di prestazioni e servizi.
Sotto il profilo territoriale l’assenza di strumenti di pianificazione già definiti a livello regionale e di un
quadro ordinato di distribuzione di poteri tra i vari enti complica certamente il problema e rende difficile, nel
campo della sanità, la ricerca e l’introduzione di modelli alternativi fondati su ipotesi di assetto territoriale
così incerte.
Purtuttavia, occorre comunque avviare detto processo in una serena prospettiva di assestamento nel corso del
tempo e di massima flessibilità del sistema.
L’ipotesi territoriale delle U.S.L. individuate nel piano dovrebbe, d’altra parte, sdrammatizzare e
semplificare il problema considerando la nuova configurazione delle U.S.L. medesime come “centri di
direzione” e lo spostamento dell’attenzione sulla distribuzione territoriale delle strutture e dei servizi
sanitari, secondo riferimenti il più possibile fondati sull’esigenza di soddisfare i bisogni laddove si
manifestano, utilizzando per i fini di cui al presente capoverso e fino all’organizzazione dei servizi
territoriali di base le attuali U.L.S.S. che diventano sezioni delle nuove U.L.S.S.
In altri termini, è abbastanza indifferente la sede della U.S.L. per il cittadino-utente qualora i livelli di
organizzazione amministrativa e sanitaria efficienti gli consentano di poter utilizzare i servizi senza
particolari disagi logistici.
Le spese per l’organizzazione istituzionale e per i servizi generali delle quindici U.S.L. esistenti hanno
superato, nel 1992, 86 miliardi di lire e rappresentano il 4,66% della spesa complessiva.
Appare pertanto evidente che, anche per effetto della trasformazione istituzionale delle U.S.L.-aziende e alla
conseguente diversa configurazione degli organi, la riduzione drastica del numero delle U.S.L. medesime
implica non soltanto una notevole semplificazione dei modelli di direzione e di gestione del sistema, ma
anche consistenti economie.
È da evidenziare che nell’organizzazione e nell’erogazione dei sevizi sanitari la funzione del personale gioca
un ruolo fondamentale sia dal punto di vista dell’efficienza della struttura sia per l’efficacia dell’intervento.
A tale riguardo si precisa che il personale in servizio alla data del 31 dicembre 1991 è di circa 16.000 unità,
di cui circa il 55% appartenente a ruolo sanitario, il 35% al ruolo tecnico ed il 10% al ruolo amministrativo.
Il rapporto personale dipendente-popolazione è di circa 12,8 unità ogni 1.000 abitanti, mentre il rapporto
personale dipendente-posti letto è di 1 a 2 unità.
Il personale in servizio al momento della costituzione delle nuove Aziende U.S.L. viene trasferito
nell’ambito delle stesse tento conto della dislocazione territoriale dell’ex U.L.S.S.
L’assegnazione provvisoria e quella definitiva, dopo l’approvazione della relativa pianta organica, alle
diverse unità operative è disposta dal Direttore generale nel rispetto della normativa vigente in materia di
pubblico impiego, con particolare riguardo agli artt. 17, 19, 1° comma, e 26, comma 2 quinquies, del D.Lgs.
3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni.
A tal proposito il Direttore generale di ciascuna U.S.L. provvederà ad individuare la strutture operative
nell’ambito e nel rispetto delle indicazioni precedente e a definire le piante organiche, secondo le modalità
indicate nell’art. 31 del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni.
La Giunta regionale, alla quale è attribuita la nomina dei Direttori generali, con apposto provvedimento
amministrativo, individuerà il massimo dimensionamento del personale assegnabile nell’ambito dei diversi
ruoli nonché la percentuale annuale di copertura delle piante organiche, in relazione agli effetti dei
cambiamenti introdotti dalla normativa nazionale riguardante il personale e dei vincoli di natura giuridica ed
economica che verranno eventualmente fissati.
Saranno, altresì, previste le modalità relative ai processi di mobilità per il personale eventualmente in
esubero, con forme di gradualità che tengano nel debito conto, in particolare, le posizioni acquisite dai
titolari di poli dirigenziali in atto.
Nelle more dell’organizzazione complessiva disposta dal Direttore generale, la U.S.L. opera nel rispetto dei
seguenti principio funzionali:
- a livello centrale risiedono gli organi e le strutture di altra direzione con articolazioni operative
corrispondenti ai livelli di direzione e coordinamento sopra specificati. L’attribuzione degli incarichi
dirigenziali è effettuata dal Direttore generale nel rispetto dei criteri contenuti nell’art. 19, 1° comma, e 26,
comma 2 quinquies, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni.
- a livello territoriale, sono referenti prioritari del Direttore generale i responsabili dei presidi ospedalieri e di
ciascun DSB ricadenti nella circoscrizione. A tal fine, contestualmente alla nomina del dirigente medico e di
quello amministrativo di tali organismi, il Direttore generale provvede altresì all’individuazione, tra i due,
del Dirigente Responsabile della gestione complessiva, nel rispetto degli artt. 17, 19, 1° comma, e 26,
comma 2, quinquies, del D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni.
Per quanto concerne le Aziende ospedaliere, sono state già da tempo avanzate, ai sensi del D.Lgs. n. 502 del
1992, specifiche proposte al Ministero della sanità, individuando al riguardo i quattro ospedali insistenti nei
capoluoghi provinciali. In particolare, si è dato rilievo al triennio clinico per Chieti e L’Aquila e ai centri di
riferimento della rete dei servizi di emergenza di Pescara e Teramo.
Alla luce dell’esclusiva competenza riconosciuta in capo alle Regioni, per le specifiche fattispecie, dal
D.Lgs. n. 517 del 1993, si provvede con delibera della Giunta regionale, alla costituzione dell’azienda degli
ospedali sopra menzionati al perfezionarsi delle condizioni che giustificano l’acquisizione della loro nuova
veste giuridica: protocolli d’intesa Regione-Università ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e
successive modificazioni ed integrazioni; all’attivazione dei Dipartimenti di emergenza ai sensi dell’art. 9
del D.P.R. 27 marzo 1992 e successive modifiche ed integrazioni.
Le Aziende ospedaliere sono rette secondo i principi fissati nel presente piano per le Aziende-U.S.L., con i
necessari adeguamenti alla differente realtà strutturale, e nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti.
In particolare, tali aziende sono dotate degli stessi organi previsti per la U.S.L. - Direttore generale e
Revisori dei conti - ed assicurano la presenza di direttore amministrativo, Direttore sanitario e Consiglio dei
Sanitari. La loro gestione risponde al principio dell’autonomia economico-finanziaria e dei preventivi e
consuntivi per centri di costo basati sulle prestazioni effettuate. La disciplina delle Aziende ospedaliere in
cui insiste la prevalenza del corso formativo del triennio clinico della facoltà di medicina soggiace altresì al
disposto del sesto comma dell’art. 4 del D.Lgs. n. 502 del l992.
Le delibere con le quali sono costituite le Aziende ospedaliere contengono le modalità di finanziamento delle
stesse sulla base dei principi fissati al comma 7 del richiamato art. 4 del D.Lgs. n. 502 del 1992 come
modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, in attuazione della disciplina dettata dalla Regione in materia .
Gli ospedali, al contrario, non costituiti in Azienda conservano la natura di presidi della U.S.L., con
accorpamento funzionale di più stabilimenti secondo le linee fissate dal presente Piano, e in quanto tali
tendono al conseguimento degli obiettivi che vengono individuati dal Direttore generale, sentito il
responsabile del presidio, nell’ambito e nel rispetto degli indirizzi generali di carattere programmatorio
fissati dalla Regione.
Nel perseguimento delle cennate finalità, peraltro, godono di ampia libertà gestionale e di autonomia
economico-finanziaria con contabilità separata all’interno del bilancio delle U.S.L.
I criteri di finanziamento sono precisati nel successivo Cap. 6 che prevede l’introduzione di parametri
specifici rispetto a quello capitario disposto a livello nazionale. In particolare col finanziamento correlato al
numero ed alla natura dei posti letto è dato anzitutto il necessario rilievo alla consistenza quantitativa delle
singole strutture laddove il parametro ricavabile dalle risultanze dei controlli gestionali con riferimento ai
centri di costo garantisce la modulazione delle erogazioni finanziarie secondo standard medi di produttività
con ciò incentivando conduzioni di tipo aziendale che mettono in grado altresì le strutture in parola di
reggere il confronto con quelle private nel nuovo regime fondato sul criterio dell’accreditamento.
I fondi in conto capitale sono accreditati ai presidi ospedalieri secondo gli attuali parametri.
L’utilizzo mirato e flessibile dei diversi parametri di ripartizione dei fondi consente peraltro di contemperare
le finalità di sviluppo della conduzione aziendale con gli obiettivi imprescindibili di solidarietà propri
dell’intervento pubblico che possono talvolta sostanziarsi in presenze diseconomiche in determinate aree
geografiche.
Il controllo sugli atti delle U.S.L. e dell'e Aziende ospedaliere è limitato agli atti di cui art. 4 comma 8 della
legge 30 dicembre 1991 n. 412 ed è esercitato dalla Giunta regionale che si avvale di apposito servizio del
Settore Sanità.
Tale forma di controllo sugli atti che deve essere espletata secondo le modalità indicate nella L.R. n. 28 del
1992 è affiancata da un più incisivo controllo sulla gestione e sui risultati delle attività delle U.S.L. e delle
Aziende ospedaliere una volta concretamente avviato il processo di aziendalizzazione. A tal fine attraverso
apposita specifica struttura individuata nell’area di vigilanza e controllo prevista nel Settore Sanità si
procederà ad una verifica dei risultati mediante l’introduzione progressiva di tecniche di monitoraggio e di
controllo della gestione. È necessario pertanto procedere ad una verifica tra i costi sostenuti ed i servizi
prestiti in relazione al raggiungimento degli obiettivi prefissati e quindi del grado di soddisfacimento degli
utenti.
Una corretta progettazione del sistema del controllo di gestione e di qualità parte necessariamente
dall’analisi delle diverse tipologie di attività e funzioni in cui si individua l’azione dell’ente.
Il sistema in parola consente di configurare una forma di controllo direzionale prevedendo la definizione di
due fattori organizzativi fondamentali quali:
a) i centri di responsabilità;
b) i modelli organizzativi connessi ai diversi obiettivi posti dalla programmazione.
I sistemi da utilizzare per rilevare e conoscere i prodotti ed i servizi resi e quindi avere elementi di
valutazione delle proprie politiche sono quelli di contabilità analitiche di tipo direzionale e adozione del
budget per centri di costo e di responsabilità in funzione del controllo di gestione e di qualità.
Gli strumenti per detto controllo sono individuati con deliberazioni del Consiglio regionale da adottare entro
il 30 dicembre 1994 relativamente ai singoli progetti obiettivo e settori di intervento.
Le verifiche del processo e dei risultati devono essere effettuate con cadenza semestrale, a partire dal 30
giugno 1995, dall’apposita struttura prevista nel Settore Sanità.
2.2 Rideterminazione della rete ospedaliera.
Parte I - Premessa.
La rete ospedaliera della Regione Abruzzo viene riorganizzata sulla base delle indicazioni del Piano.
Il piano da attuare è, infatti, lo strumento fondamentale per il Governo e lo sviluppo del Servizio sanitario
regionale; si muove sulla base delle indicazioni contenute nel Piano sanitario nazionale e nell’ottica delle
linee tracciate dal “Documento politico - programmatico” per l’attuazione nella Regione Abruzzo, del
D.Lgs. n. 502 del 1992, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e del D.Lgs. n. 517 del 1993, in materia di
riordino del Servizio sanitario nazionale.
Può riuscire utile in premessa puntualizzare poche considerazioni generali, la prima delle quali si riferisce
alla constatazione che un buon modello di rete ospedaliera, realmente integrato con il territorio, deve
adottare una struttura policentrica a sistema planetario, convergente nei complessi ospedalieri maggiormente
attrezzati, i quali, tuttavia, rappresentano, essi stessi, poli a funzioni multipla.
Questa impostazione per essere veramente valida comporta, però, un’uniforme “qualità” dell’assistenza
erogata, indipendentemente dalla localizzazione centrale, mediana o periferica dell’ospedale.
Ancora, occorre riflettere che la “qualità” dei servizi erogati viene regolata da numerosi fattori tra loro anche
molto distanti ma che, comunque, quello relativo all’indicatore “dimensione” deve considerarsi abbastanza
significativo:
Il piano deve delineare il quadro di riferimento entro il quale agire a livello regionale attraverso un’articolata
individuazione di finalità generali, e obiettivi di breve e medio termine, indirizzi, linee di azione, criteri,
vincoli e procedure che comunque tengano conto delle disposizioni di cui ai succitati decreti legislativi.
Punto cardine delle programmazione è rappresentata della necessità di promuovere un’azione più incisiva
che determini una migliore qualità nelle prestazioni e che pone il cittadino al centro delle problematiche
assistenziali nel rispetto del principio della libera scelta della struttura sanitaria.
Vengono inoltre definiti i principi per la riorganizzazione dei presidi sulla base dei quali la Giunta regionale
potrà emanare, consultate le competenti commissioni consiliari, uno o più provvedimenti per disciplinare
ulteriormente l’organizzazione e la gestione della rete ospedaliera e dei presidi ospedalieri.
Per quanto riguarda la riorganizzazione dei presidi ospedalieri il primo obiettivo e quello di elaborare, sulla
base di un’accurata ricognizione informativa relativa alla dotazione di posti letto pubblici e privati esistenti
nella Regione, dei dati di produttività da questi stessi espressi, nonché dei puntuali standard ministeriali, un
piano della rete ospedaliera regionale da attuare nel triennio 1994/1996.
Il perseguimento di questo obiettivo incontra non poche difficoltà, comunque dall’esame dei dati in possesso
sono possibili alcune riflessioni che, in sintesi, possono cosi venire riassunte:
- l’Abruzzo può certamente considerarsi una delle più interessanti Regioni del paese per il confluire in essa
di una serie di articolate caratteristiche, geomorfologiche, in massima parte montuose, demografiche, con
una bassa ma articolata densità abitativa, economiche ed infrastrutturali, a mezza strada tra le realtà così
contrastanti del Sud e del Nord, ma con una rete viaria notevolmente sviluppata rispetto alla popolazione,
connotati tutti capaci certamente di incidere sulle congruità funzionale di un’organizzazione ospedaliera;
- l’asse portante della rete ospedaliera pubblica è costituito da 25 presidi ospedalieri pubblici con 8.035 posti
letto effettivi, pari ad un quoziente di 6,02/1.000 abitanti. Ed è appunto per le caratteristiche della Regione,
con un’alta percentuale di presenze turistiche sia nel periodo estivo che in quello invernale, che il riferimento
dei posti letto per abitante deve necessariamente essere effettuato sulla base di una popolazione pari ad
almeno 1.300.000 abitanti, ciò al fine di evitare dannosi disagi agli utenti;
- le dimensioni dei 25 ospedali appaiono notevolmente disomogenee con alcuni presidi al di sotto della
soglia minima di 120 p.l., ma oltre la metà degli stabilimenti non ha dimensioni strutturali in grado di
ospitare tecnologie o professionalità atte a soddisfare i bisogni sanitari delle popolazioni;
- i principali parametri di produttività indicano una degenza media oscillante tra 7 e gli 11 giorni;
un’occupazione media generalmente tra il 40 e 1’80% ed un tasso annuo di ospedalizzazione stimato in circa
175/1.000 abitanti;
- una più attenta ed approfondita analisi di questi parametri mette in evidenza una marcata disomogeneità
nell’efficienza dei diversi presidi: solo 4 ospedali, per un totale del 17,5% dei p.l. complessivi della Regione,
si collocano al di sopra della soglia del 75% degli standard ministeriali, mentre ben 7 stabilimenti presentano
un tasso medio di utilizzo addirittura <60%; e l’analisi dei dati degli ultimi 3 anni (1990 e 1992) non
modifica in modo sostanziale quanto osservato in precedenza;
- l’analisi dei due parametri di valutazione più indicativi (p.l. e tasso di utilizzo) opportunamente
disaggregati per ospedale e per specialità di assistenza ha consentito di osservare che situazioni di più
marcata improduttività si concentrano, oltre che in alcuni ospedali, anche in specifici settori di assistenza
(pediatria, ostetrica, otorinolaringoiatria, oculistica);
- si riscontra poi che a livello provinciale i p.l. pubblici e privati in convenzione sono male distribuiti sul
territorio.
Esaminato nel dettaglio, ed in particolare in ordine alle 5 differenti aree funzionali omogenee di assistenza
ospedaliera individuate dal Ministero, i dati appaiono notevolmente articolati:
- l’esubero di dotazione risulta, infatti, appannaggio esclusivo delle aree chirurgica e materno-infantile;
- al contrario si registra una marcata carenza nell’area medica ed in quella di terapia intensiva.
Emerge, allora, la necessità di procedere all’elaborazione di un modello di programmazione regionale,
capace di soddisfare la domanda espressa, di prevenire ragionevolmente i bisogni futuri, di garantire un
corretto utilizzo delle risorse e dei finanziamenti disponibili in proposito, modello che sia in linea con gli
standard di organizzazione e di attività elaborati e definiti con misura e competenza del Ministero della
Sanità.
L’articolazione territoriale dei presidi pubblici e quello delle strutture private previste dal presente Piano
risente della situazione esistente, soprattutto, della mancanza di precedenti strumenti di programmazione
che, attualmente, avrebbero potuto favorire un approccio graduale al nuovo sistema sanitario previsto dal
D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni.
Alla fine del 1° semestre 1995, sulla base dei dati di attività riscontrati nel semestre stesso e in linea con il
nuovo sistema di finanziamento alle Unità sanitarie locali ed agli ospedali, si procede ad un’ulteriore
ridefinizione dell’assetto territoriale e decisionale dei Preside e del Sistema sanitario regionale.
Nell’ottica di un adeguamento dell’esistente a quanto formulato dagli standard ministeriali, rispettivamente
per quanto concerne i livelli tendenziali di produttività e la relativa proiezione in termini di p.l. nella realtà
abruzzese, il dato quantitativo, se non il più importante, certamente il più sintetico rappresentato da
un’eccedenza di oltre 2.000 posti letto.
Da considerare, ancora, che gli standard ministeriali, accanto al previsto “tetto” di 5,50 p.l./1.000 abitanti,
prescrivono contemporaneamente una percentuale oscillante tra il 5 ed il 10% di p.l. aggiuntivi per
l’istituzione di “camere a pagamento”.
Alla luce di quanto sopra appare necessario assorbire l’eccesso di letti attualmente in dotazione, mentre
l’aspetto del riequilibrio nell’ambito delle 5 diverse aree funzionali omogenee, con conseguenti necessari
interventi di riconversione, impone l’attivazione di una strategia che, comunque, individui preliminarmente
una serie di vincoli, primari e secondari, che regolino l’operatività dell’intervento di riorganizzazione.
L’individuazione di queste linee guida deve necessariamente risultare come espressione di una serie
articolata di valutazioni, di esigenze, di ottiche, di istanze, di culture e competenze.
In questo senso, si è potuto individuare una serie di criteri gerarchicamente ordinati in primari e secondari.
Tra i primi criteri:
- l’opportunità di demandare alla U.S.L. il compito di organizzazione e, quindi, di utilizzo di tutti i posti letto
attribuiti;
- l’attribuzione dei posti letto, distribuiti per disciplina e tenendo conto dei parametri di seguito indicati in
rapporto alla popolazione residente presso ciascuna Provincia;
- la necessità di procedere ad equa distribuzione sul territorio dei posti letto di medicina riabilitativa e di
lungodegenza post-acuzie, nell’ambito dei presidi ospedalieri pubblici, o presso strutture private adeguate
alle prescrizioni di cui alla L.R. n. 85 del 1989. La dotazione dei posti letto di Medicina riabilitativa e quelli
di lungodegenza deve avere come obiettivo nel triennio la realizzazione del rapporto di 1 posto letto per
1.000 abitanti.
Tra i secondi criteri:
- l’opzione del riequilibrio territoriale delle risorse, al fine di garantire un’erogazione omogenea
dell’assistenza ospedaliera di base;
- il rispetto, per quanto possibile, nella riformulazione quantitativa delle unità operative dei moduli prescritti
dalla già menzionata normativa ministeriale e la valutazione “parallela” per quanto riguarda l’area
chirurgica, accanto al tasso di occupazione ed alla durata di degenza, anche degli indici di attività e di qualità
operatoria.
Parte II - Disciplina organizzativa e direttive.
In considerazione di quanto riportato in premessa e tenuto conto delle direttive emanate dal Governo si
stabilisce quanto segue.
L’associazione di più attività è demandata al potere organizzativo delle U.S.L.
Le Unità operative attivate ai sensi del presente piano e che risultino sottoutilizzate nel corso del 1° semestre
1995 sono entro i successivi 60 giorni, soppresse ovvero proporzionalmente ridimensionate nella dotazione
di posti letto in modo da assicurare la utilizzazione secondo gli indici nazionali.
La cardiochirurgia resta allocata negli ospedali di Chieti e Teramo.
Il Direttore generale dell’Azienda U.S.L. di Teramo dovrà attivare cinque posti letto di terapia intensiva
pediatrica unitamente a tre posti letto di rianimazione pediatrica al fine dello svolgimento dell’attività
cardiochirurgica anche pediatrica.
La Neurochirurgia resta allocata negli ospedali d Pescara e Teramo: devono essere approfondite le indagini
sui tipi di intervento con particolare riferimento ai gruppi di patologia neurochirurgica vascolare, oncologica
e traumatologica.
È prevista presso la divisione di Neurologia dell’ospedale e L’Aquila un’unità per pazienti cerebrovascolari
acuti (stroke unity) che provvederanno alla tenuta di uno stroke registry per monitorizzare l’andamento degli
ictus nella Regione.
Le astanterie sono considerate annesse alla chirurgia generale ed alla medicina interna.
Vengono istituiti presso i Presidi di L’Aquila, Pescara, Lanciano e Vasto nell’ambito dell’area medica n. 10
posti letto ciascuno di Gastroenterologia, con annesso Servizio di Endoscopie Digestive.
Presso il Presidio ospedaliero «G. Bernabeo» di Ortona è istituito un servizio autonomo di diagnostica e
Chirurgia Endoscopica (6).
Devono essere istituiti presso i Presidi ospedalieri di L’Aquila, Popoli, Teramo, Giulianova e Avezzano,
nell’ambito dell’area chirurgica, i Servizi di Chirurgia Apparato Digerente-Endoscopie.
Per i posti letto di malattie infettive si prevede di applicare un indice pari a 0,130 circa per mille abitanti.
È previsto un incremento di posti letto di Geriatria.
Per la Psichiatria è da considerare la necessità di creare posti letto Psicogeriatrici.
La Terapia Intensiva Neonatale è suddivisa tra i centri di Pescara, L’Aquila e Chieti per le più urgenti
necessità assistenziali.
Per quanto riguarda l’istituzione del Centro Grande Ustionati esso sarà realizzato in collaborazione con le
Regioni vicine per raggiungere il bacino d’utenza necessario, da ubicare in struttura ospedaliera facilmente
raggiungibile anche per via aerea.
I posti rene del Centri Dialisi sono considerati in day hospital e 1a loro localizzazione e consistenza è
demandata alla programmazione della U.S.L.
Per quanto attiene la “terapia intensiva” si prevedono posti letto di terapia intensiva e semintensiva
cardiologica e terapia intensiva post-operatoria di regola in qualsiasi struttura pubblica o privata ove esiste
attività operatoria.
Per quanto riguarda la disciplina nefrologia-dialisi si rimanda a quanto determinato da apposita Delibera
regionale n. l33/4 del 6 febbraio 1990, precisando che la parte relativa ai soggetti in età pediatrica (0-15) è da
inserire con 5 letti di degenza e 2 posti di dialisi nel dipartimento materno-infantile di Pescara, tenendo conto
che già esiste apposita struttura.
Dovrà essere rispettata l’osservanza dei tempi di assistenza nelle diverse aree ospedaliere e, di conseguenza,
la focalizzazione dell’intervento alle situazioni con più evidente carenza in ordine all’organico minimo
necessario per assicurare i livelli assistenziali prescritti.
Deve assumere un aspetto prioritario l’individuazione di specifiche aggregazioni di unità operative, in
funzione essenzialmente dipartimentale, dovendosi procedere ad una diversa organizzazione interna degli
ospedali con superamento della legge n. 132 del 1968 e D.P.R. n. 128 del 1969.
Tale modalità organizzatoria risulta inderogabile, in particolare, in relazione alle unità operative con ridotto
numero di posti letto.
Vengono rispettate, per quanto possibile, le peculiari “vocazioni” locali, sia nell’ambito delle alte specialità
sia in quello di specialità di base, in quanto espressioni di esperienze e di professionalità fortemente
consolidate con il territorio.
L’assetto della rete ospedaliera viene a modificarsi con i seguenti accorpamenti:
- Avezzano con strutture decentrate di Pescina e Tagliacozzo;
- Lanciano con strutture decentrate di Casoli e Atessa;
- Popolo con strutture decentrate di Tocco da Casauria e San Valentino;
- Vasto con struttura decentrata di Gissi;
- Chieti con struttura decentrata di Guardiagrele;
- L’Aquila: S. Salvatore con struttura decentrata di Collemaggio.
(6) Comma introdotto dall’art. 1 della L.R. n. 132 del 1996. Si riportano anche gli articoli 2 e 3 della legge:
Art. 2. Il Direttore generale della U.L.S. di Chieti provvederà ai provvedimenti di conseguenza.
Art. 3. La spesa necessaria per l’istituzione del servizio per l’anno 1996 e per gli anni successivi farà carico
al fondo sanitario nazionale, sulla quota parte assegnata alla U.L.S. di Chieti.
Il Presidio ospedaliero di Castel di Sangro, pur sottodimensionato rispetto alla vigente normativa,
rappresenta struttura da salvaguardare, per evidenti esigenze geografiche e territoriali, anche in deroga ai
tassi di utilizzo.
Relativamente all’articolazione per aree funzionali omogenee, il residuo squilibrio, soprattutto tra chirurgie e
medicine, richiede ulteriori approfondimenti al fine di poter correttamente valutare se esso sia imputabile ad
una disfunzione organizzativa, gestionale o programmatoria, o non rappresenti, invece, una coerente ed
adeguata risposta ai reali bisogni sanitari espressi dalla popolazione abruzzese.
È auspicabile quell’integrazione pubblico-privato necessaria al fine di consentire l’esercizio della “libera
scelta” dell’utente e l’erogazione di prestazioni ad un miglior livello qualitativo ed allo scopo di raggiungere
l’ottimizzazione dei costi.
È, inoltre, da prevedere, nell’arco del triennio e compatibilmente alla disponibilità finanziaria e di personale,
l’organizzazione, presso i presidi con dotazione di posti letto di neurologia, di un servizio di emergenza,
funzionante nelle 24 ore, di neurofisiopatologia clinica per la monitorizzazione dello stato di coma o
traumatologia cranica .
Il processo di riorganizzazione
1. L’assistenza ospedaliera.
La rete regionale dei presidi ospedalieri provvede a garantire, a tutti i soggetti assistiti dal S.S.N., l’accesso
ai ricoveri ospedalieri necessari per trattare:
- condizioni patologiche indifferibili che necessitino di interventi diagnostico-terapeutici di emergenza e/o
d’urgenza;
- patologie acute non gestibili in ambito ambulatoriale e/o domiciliare;
- condizioni patologiche di lunga durata che richiedono un trattamento diagnostico-terapeutico non erogabile
in forma extraospedaliera.
Il livello uniforme di assistenza ospedaliera realizzato attraverso l’insieme di prestazioni ed attività di
seguito elencate:
- visite mediche, assistenze infermieristiche ed ogni atto e procedure diagnostica, terapeutica e riabilitativa
necessari per risolvere i problemi di salute del paziente degente e compatibili con il livello di dotazione
tecnologica delle singole strutture;
- interventi di soccorso nei confronti di malati o infortunati in situazioni di urgenza o di emergenza medica
ed eventuale trasporto in ospedale, anche coordinato da centrale operative collegata al sistema del numero
telefonico unico 118.
L’assistenza ospedaliera è erogata secondo le seguenti modalità di accesso:
- in forma di ricovero di urgenza ed emergenza;
- in forma di ricovero ordinario programmato anche a ciclo diurno (day-hospital);
- in forma di ospedalizzazione domiciliare;
- in trattamento sanitario obbligatorio, attuato nei casi e con 1e modalità espressamente previste dalle
disposizioni legislative in vigore.
2. La rete ospedaliera ed i presidi ospedalieri.
Nell’ambito di una rete ospedaliera strategicamente integrata, il Presidio ospedaliero si configura comune
struttura complessa, ad alta intensità di dotazione professionale e tecnologica, in grado di erogare servizi e
prestazioni sanitarie in regime di ricovero ordinario e a ciclo diurno e di tipo specialistico (preventivo,
diagnostico e riabilitativo).
In considerazione della qualità di prestazioni erogabili e dell’efficienza del sistema, la riorganizzazione
dell’assistenza specialistica a livello di U.S.L. deve prevedere la localizzazione dei servizi specialistici
esclusivamente a livello di Presidio ospedaliero.
3. La riorganizzazione.
I Direttori generali provvederanno a riorganizzare i Presidi ospedalieri definiti dal presente provvedimento,
insistenti nel territorio dell’Azienda U.S.L. di loro competenza, integrando in termini funzionali l’attività già
sviluppata dagli stessi così da evitare agli utenti di doversi rivolgere a Presidi e Servizi di altre Aziende
U.S.L. della Regione Abruzzo o di altre Regioni.
Il processo di riorganizzazione dei Presidi ospedalieri dovrà prevedere la contestuale riconversione dei
reparti ospedalieri non rientranti negli standard di cui al presente piano.
Nell’attuazione di queste indicazioni il Direttore generale potrà provvedere al raggruppamento dei servizi
tecnici generali, nonché dei servizi speciali di diagnosi e cura (laboratorio radiologia ecc.) e alla
concentrazione delle relative risorse umane e strumentali disponibili nei diversi stabilimenti confluenti nel
Presidio, sentita la Conferenza Regione-U.S.L.
Il processo di riorganizzazione dei Presidi ospedalieri dovrà essere portato a compimento entro il primo anno
di vigenza del piano, sulla base degli indici del presente provvedimento, utilizzando i coefficienti di attività
sia qualitativa che quantitativa sviluppati dalle singole unità operative negli ultimi due anni.
I Direttori generali delle Aziende U.S.L. possono promuovere interventi di Tanatoprassi anche mediante
convenzione.
4. Posti letto per assistenza ospedaliera diurna.
I posti letto per le prestazioni a ciclo diurno (day-hospital) sono ricompresi nel numero complessivo di posti
letto definiti dagli indici nosografici allegati. Entro il triennio di vigenza del presente piano dovranno essere
trasformati non meno del 10% dei posti letto di degenza ordinaria ridefiniti ai sensi delle vigenti disposizioni
in posti letto di degenza a ciclo diurno.
Su ogni posto letto in regime di ricovero a ciclo diurno potranno essere ricoverati fino a due pazienti
L’attività dei posti letto per l’assistenza ospedaliera diurna è disciplinata mediante apposito regolamento
adottato dal Direttore generale su proposta del Direttore sanitario, ai sensi del D.P.R. 22 ottobre 1992.
Sono consentite sperimentazioni gestionali che, nella salvaguardia dei livelli uniformi di assistenza,
consentano l’erogazione di prestazioni secondo modalità economicamente vantaggiose, tali comunque da
soddisfare bisogni sanitari emergenti, anche nei confronti delle strutture private.
Ai fini di un’uniforme corrispondenza tra denominazione delle articolazioni ospedaliere, con posti letto e
non, dovranno essere utilizzate esclusivamente le definizioni corrispondenti alle specializzazioni approvate
con D.M. pubblicato sulla G.U. n. 278 del 26 novembre 1993, corrispondenti a quelle esistenti in ambito
C.E.E., e che qui di seguito vengono riportate per esteso.
Area medica e delle specialità mediche:
1 Malattie dell’apparato respiratorio
2 Medicina interna
3 Allergologia e Immunologia Clinica
4 Cardiologia
5 Dermatologia e venereologia
6 Ematologia
7 Endocrinologia e malattie del ricambio
8 Gastroenterologia
9 Malattie Infettive
l0 Medicina del Lavoro
11 Medicina tropicale
12 Nefrologia
13 Reumatologia
14 Geriatria
l5 Neurologia
16 Psichiatria
17 Neuropsichiatria infantile
18 Medicina fisica e riabilitazione
l9 Pediatria
Area chirurgica e delle specialità chirurgiche.
20 Chirurgia Generale
21 Oftalmologia
22 Otorinolaringoiatria
23 Urologia
24 Chirurgia apparato digerente
25 Chirurgia maxillo-facciale
26 Chirurgia pediatrica
27 Chirurgia plastica e ricostruttiva
28 Chirurgia toracica
29 Chirurgia vascolare
30 Cardiochirurgia
31 Neurochirurgia
32 Ginecologia e Ostetricia
33 Ortopedia e Traumatologia
Area della medicina diagnostica e dei servizi.
34 Anatomia patologica
35 Medicina nucleare
36 Microbiologia e virologia
37 Radiodiagnostica
38 Radioterapia
39 Biochimica clinica
40 Patologia clinica
41 Anestesia e Rianimazione
42 Farmacologia
Specializzazioni riconosciute per specifiche esigenze del S.S.N.
43 Oncologia
44 Medicina legale
45 Igiene e medicina preventiva
Gli indici per l’attribuzione dei posti letto ospedalieri.
Sulla base della legge n. 537 del 1993 (finanziaria 1994), art. 8, comma 18, i posti letto ospedalieri su base
regionale devono corrispondere ad un indice complessivo di 5,5 p.l. per 1.000 ab., di cui l’1 per 1.000
destinato alla riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie.
Ai fini di un’equilibrata individuazione e allocazione territoriale dei posti letto ospedalieri, il Direttore
generale dell’Azienda U.S.L. si atterrà agli indicatori di attività e di cui alla legge n. 412 del 1991 (legge
finanziaria 1992) ed a quelli di seguito indicati:
A) - Le “Aree”
1. Area delle terapie intensive:
da 0,10 a 0,15 p.l. /1000
2. Area delle Chirurgie:
da 1,60 a 2,10 p.l. /1000
3. Area delle Medicine:
da 2,10 a 2,70 p.l. /1000
4. Area materno-infantile:
da 0,60 a 0,70 p.1. /1000
5. Area della riabilitazione e della lungodegenza post-acuzie:
1 p.l./ 1000
B) - Indici di funzionalità e di efficienza della rete ospedaliera:
1. tasso di ospedalizzazione di 160/1.000 ab.;
2. utilizzazione dei posti letto ad un tasso non inferiore al 75% in media annua;
3. degenza media per acuti non superiore a 9 giorni;
4. tasso operatorio del 70%;
5. numero di interventi annui per gruppo operatorio non inferiore a 1.000;
6. un numero di parti/anno per punto nascita non inferiore a 500.
C) Gli “indici” nosografici
Diffusione delle discipline %
di base (escluse riabilitazione e lungodegenza)
riabilitazione e lungodegenza
di media diffusione (area regionale)
Disciplina di base
1. Medicina interna
2. Chirurgia generale
3. Ginecologia-Ostetricia
4. Pediatria (*)
5. Ortopedia-Traumatologia
6. Psichiatria
7. Cardiologia
8. Anestesia e rianimazione
9. Lungodegenza
10. Medicina fisica e riabilitazione
Disciplina a media diffusione
11. Allergol. e Immunol. Clinica
12. Dermatologia e Ven.
L. n. 412 del
1991
Finanz. 1994
4 p.l.
0,5 p.l.
0,58 p.l
2,9 p.l.
1,0 p.l.
0,5 p.l.
Indic.Fin. ‘94
0,715 p.l./1.000
0,700
0,350
0,200
0,450
0,100
0,190
0,080
0,540
0,368=3,693
Indici Fin. 1994
0,010 p l /1.000 ab
0,065
13 Neurologia
14 Geriatria
l5 Malattie Infettive
16 Malattie dell’Apparato Respir.
17 Oftalmologia
18 Otorinolaringoiatria
19 Urologia
20 Nefrologia
21 Ter. Intens. Cardiolog. (v. Cardiol.)
0,150
0,290
0,130
0,090
0,115
0,125
0,150
0,052
0,020=1.197
Disciplina a rara diffusione
Indici Fin. 1994
22. Cure int. e subit neonatali (v. Pediatria)
0,030 p.l./1.000
23. Ematologia
0,037
24. Endocrinologia e Malattie del ricambio
0,035
25. Reumatologia
0,022
26. Cardiochirurgia
0,032
27. Neurochirurgia
0,045
28. Odontost. Chir. maxillo-facciale
0,018
29. Chir. plastica e ricostr.
0,015
30. Chir. toracica
0,026
31. Chir. vascolare
0,029
32. Chir. pediatrica
0,015
33. Nefrologia pediatrica (v. Nefrol.)
0,003
34. Neuropsichiatria infantile
0,021
35. Medicina del lavoro
0,012
36. Gastroenterologia
0,020
37. Radioterapia
0,045
38. Oncologia
0,060
39. Diabetologia (v. Endocrinologia e Malattie del Ricambio)
0,025
40. Varie (detenuti)
0,002= 0,425
totali
5,357/1.000
(*) Per le Culle+Neonatologia si adotta l’indice di 15 p.l. per 1.000 nati, di cui 2/3 per culle e 1/3 per
neonatologia. Sulle base di 12.32l nati vivi nel 1991, potremo disporre su scala regionale di 185 posti
letto: 125 per culle e 60 per neonatologia.
5. Posti letto di Riabilitazione e di Lungodegenza post-acuzie.
Le unità operative di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie costituiscono attività di medio-bassa
assistenza ai fini organizzativi e della dotazione organica del personale.
Sono da intendersi attività specialistiche con esigenze riabilitative specifiche:
- Cardiologie/Cardiochirurgia
- Neurologia/Neurochirurgia
- Ortopedia e Traumatologia
- Pneumologia/Chirurgia toracica
I restanti posti letto costituiscono attività di riabilitazione non specifica e possono trovare collocazione in
tutti i Presidi ospedalieri pubblici e privati.
Anche l’attività di lungodegenza va programmata a cura dei Direttori generali tenendo presenti le esigenze
prevalenti (anche oltre il 50% dei posti letto disponibili) delle attività di lungodegenza delle specialità di
Medicina generale, Geriatria e Psichiatria, rispetto a quelle più limitate delle altre specialità.
Le “aree territoriali omogenee” ed i presidi ospedalieri.
Il Direttore generale provvederà alla riorganizzazione per i presidi ospedalieri insistenti nel territorio di
competenza sulla base delle indicazioni del presente provvedimento e nel rispetto degli indici di
utilizzazione, entro il primo anno di vigenza del Piano sanitario regionale 1994 e 1996.
Ai fini di un’interrelazione funzionale tra le specialità, la distribuzione delle unità operative deve tenere
conto delle interdipendenze funzionali e delle relazioni di complementarità, per garantire che nel, presidio
ospedaliero in cui vengono collocate sia assicurata la presenza delle funzioni specialistiche ad esse
specificamente correlate.
Tenendo conto della presenza delle branche specialistiche di base in tutti i Presidi ospedalieri, sono da
considerasi come interrelazioni:
Unità operativa specialistica
- Gastroenterologia
Interrelazione con
- Dietetica, Endoscopia digestiva
- Malattie infettive
- Malattie apparato respiratorio
- Radioterapia
- Ematologia
- Oncologia
- Endocrinologia-malattie del ricambio
- Geriatria
- Cardiologia
- Cardiochirurgia
- Chirurgia maxillo-facciale
- Chirurgia plastica
- Chir. plastica + Centro ustioni
- Chirurgia toracica
- Chirurgia vascolare
- Neurochirurgia
- Medicina nucleare
- Microbiologia, Virologia
- Allergologia, Otorinolaringologia, Pneumologia
- Fisica Sanitaria
- Oncologia, Microbiologia, Centri Trasfusionali
- Radioterapia, Medicina Nucleare
- Diabetologia
- Fisiopatologia dell’invecchiamento, Lungodegenza, Neurologia,
Psicogeriatria, Pneumologia, Urologia, Riabilitazione
- UTIC
- Cardiologia con emo-dinamica, Microbiologia, Terapia intensiva
- Odontostomatologia, Rianimazione, Otorinolaringoiatria
Chirurgia plastica
- Dermatologia
- Nefrologia
- Pneumologia
- Angiologia, Cardiologia con emodinamica
- Neurologia, Neuroradiologia, Terapia intensiva
- Fisica sanitaria, Radioterapia
Il Direttore generale, nell’ambito dell’organizzazione della U.S.L., insistente nel territorio di competenza,
attribuisce ai Presidi ospedalieri posti letto delle specialità di base e di media diffusione sulla scorta delle
indicazioni del presente Piano relativamente all’assetto della rete ospedaliera.
Le specialità di dimensione regionale e la loro localizzazione, anche sotto forma di Centri di riferimento
vengono individuate dalla Conferenza Regione-U.S.L. dopo l’approvazione del presente Piano regionale
nell’intesa che la denominazione di Centro afferisce a strutture ospedaliere individuate nell’ambito delle
allegate tabelle.
Il Direttore generale la facoltà, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione
e le U.S.L., di proporre la ridistribuzione dei posti letto pubblici indicati nelle successive tabelle,
salvaguardando la funzionalità dei singoli presidi ospedalieri.
Il Direttore generale ha, altresì, la facoltà di proporre l’istituzione o la modifica di posti letto di specialità
previste o meno dalla presente rideterminazione della rete ospedaliera, previo acquisizione del parere da
parte della Conferenza Regione-U.S.L., prevedendo, nel contempo, la riduzione di un numero di posti letto
pari a quelli da istituire.
Analogo potere di iniziativa è conferito al Direttore generale per quanto concerne l’istituzione o
soppressione di Servizi, tenuto conto della qualità e quantità dell’attività, acquisendo comunque il parere
della Conferenza Regione-U.S.L.
Tutte le proposte del Direttore generale relative ad istituzioni o modifiche di posti letto, divisioni o sezioni
sono comunque rimesse alle definitive determinazioni della Giunta regionale previa acquisizione del parere
della Conferenza permanente Regione-U.S.L.
Fino alle determinazioni di cui sopra restano attivi, con le attuali modalità di direzione, i Centri istituiti con
provvedimenti legislativi. Il Centro per il glaucoma è a direzione universitaria; il Centro per la tiroide è a
direzione ospedaliera .
6. Attività libero-professionale in regime di ricovero.
I posti letto per l’attività libero-professionale in regime di ricovero, nella misura massima del 10% dei posti
letto in dotazione ai Presidi ospedalieri sono aggiuntivi rispetto a quelli previsti, da non computarsi al
numero degli stessi.
Per l’organizzazione dell’attività libero-professionale in regime di ricovero, il Direttore generale adotterà
una specifica regolamentazione ai sensi dell’art. 4, comma 10, del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come
modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993.
Il tariffario per le prestazioni libero-professionali, con la previsione di un minimo e un massimo, viene
definito, almeno ogni triennio, con provvedimento della Giunta regionale, facendo riferimento al tariffario in
vigore, approvato con D.P.R. concernente “Approvazione della tariffa minima nazionale degli onorari per
prestazioni medico-chirurgiche e odontoiatriche”.
Il regolamento e le relative tariffe devono essere portate a conoscenza degli organi professionali, competenti
per territorio alle associazioni dei consumatori e degli utenti che ne facciano richiesta.
7. Rapporti con le Case di cura private.
Relativamente ai posti letto in convenzione da prevedere per le strutture private si ritiene di determinarne il
numero come da tabelle allegate, tenendo conto che l’attuale sistema inerente le convenzioni con le Case di
cura private deve cessare con l’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992
e successive modificazioni, nel rispetto delle disposizioni inerenti la libera scelta dell’utente.
Sono consentite sperimentazioni gestionali inerenti un’integrazione tra il Settore pubblico ed il Settore
privato con particolare riferimento ad aspetti sanitari, alberghieri e dei servizi.
I posti letto di Neuropsichiatria vengono considerati nel computo numerico dei posti letto regionali - e
rimangono nell’area sanitaria per l’assistenza sanitaria a pazienti con handicap neuropsichiatrici gravi o
gravissimi per trattamenti terapeutici in condizione di degenza anche di carattere riabilitativo per situazioni
psichiatriche cronicizzate - in considerazione dell’applicazione di quanto previsto dal presente Piano per la
creazione dei Dipartimenti di Salute Mentale e dell’allocazione dei pazienti cronici e nuovi in strutture
alternative.
In considerazione che per le problematiche inerenti i malati di mente il presente Piano prevede uno specifico
progetto per l’istituzione del Dipartimento di Salute Mentale, alla determinazione di posti letto inerenti tali
patologie si provvederà con deliberazione della Giunta regionale, d’intesa con la Commissione consiliare
competente e sentita la conferenza permanente Regione-U.S.L. nell’ambito dell’approvazione dei piani
attuativi che le U.S.L. o le strutture private devono presentare alla Giunta stessa.
Si precisa che, per quanto attiene le unità funzionali, le Case di cura potranno richiederne eventuali
trasformazioni sia ai fini di un riequilibrio dei tassi occupazionali che per attività specifiche non previste nel
settore pubblico. I posti letto privati di cui all’allegata tabella (n. 2.785) devono essere considerati quali tetto
massimo di p.l. autorizzabili nella Regione e costituiscono limite ai sensi dell’art. 2 punto 10 della L. n. 537
del 1993.
Le strutture private non adeguabili alle norme di cui all’art. 8 punto 4 del D.Lgs. n. 502 del 1992, così come
modificato dal D.Lgs. n. 517 del 1993, non potranno essere utilizzate per attività sanitaria in regime di
ricovero.
Si precisa, comunque che i posti letto accreditabili nella Regione per prestazioni a carico del Fondo sanitario
non può superare il numero di 1.850.
Su richiesta degli interessati da sottoporre alla Giunta regionale per il tramite del Settore Sanità per le
valutazioni afferenti la dislocazione territoriale e per la relativa autorizzazione all’esercizio, previo verifica
da parte della U.S.L. competente per territorio o del Servizio Ispettivo della Regione, i posti letto rispondenti
ai requisiti prescritti dalle norme statali e regionali sono autorizzati all’espletamento delle attività connesse
alle residenze sanitarie assistenziali.
Viene salvaguardato il criterio della libera scelta e si dispone che, nell’ambito dell’auspicata integrazione
pubblico-privato, l’istituzione di ulteriori strutture di alta specialità avvenga con azione programmata da
sottoporsi all’approvazione della Conferenza Regione-U.S.L., che sarà sentita per la definizione delle rette
dell’alta specialità e delle prestazioni in day-hospital.
Sarà favorita l’istituzione di day-hospital nell’ambito dei posti letto autorizzati dal Regione, prevedendone la
diaria sulla base delle disposizioni ministeriali o, in carenza, con retta giornaliera da individuare con delibera
della Giunta regionale.
Saranno favorite iniziative di riconversione di posti letto provati autorizzati in residenze sanitarie
assistenziali.
Sono favorite iniziative inerenti le convenzioni tra le U.S.L. e le strutture private per attività liberoprofessionale intra-moenia in carenza di adeguati spazi nell’ambito dei presidi ospedalieri pubblici.
Le Case di cura private autorizzate ed accreditate usufruiranno del sistema di pagamento a prestazione non
appena la Regione attuerà le relative disposizioni ministeriali e comunque non oltre il termine ultimo
previsto dall’art. 8, comma 7, del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni. Nelle more
dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed
integrazioni, la Giunta regionale determina l’importo complessivo da corrispondere alle strutture private
sulla base dei posti letti ancora convenzionati con le U.S.L.
La tabella allegata, inerente il numero dei posti letto autorizzabili per l’assistenza presso le strutture private a
seguito di accreditamento, è stata formulata tenendo conto:
a) del ruolo che le strutture private possono svolgere nell’ambito della medicina riabilitativa e della
lungodegenza;
b) della necessità di tenere presente la dislocazione territoriale delle strutture, per favorire il riequilibrio
nell’ambito regionale;
c) delle autorizzazioni regionali già rilasciate, o in via di definizione;
d) della necessita di non escludere i posti letto neuropsichiatrici, in attesa di una programmata riconversione
dei posti letto autorizzati o le cui richieste sono in via di definizione;
e) del fatto che le convenzioni devono cessare entro il 1995;
f) della necessità di dover procedere, con successivo atto, all’accreditamento previa verifica in ordine ai
requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie di cui
all’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 517 del 1993;
g) della necessità di rideterminare i posti letto accreditabili tenendo conto delle autorizzazioni degli organi
regionali e degli adeguamenti alle prescrizioni di cui alla L.R. n. 85 del 1989 ed alle norme di cui al D.Lgs.
n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni.
8. Organizzazioni dei dipartimenti di salute mentale.
I Direttori generali, ciascuno per il territorio di competenza, entro il primo anno dall’entrata in vigore della
presente legge e comunque nei tempi previsti alla normativa in materia in vigore, dovranno attuare le
direttive regionali inerenti i dipartimenti di salute mentale. a tale scopo possono essere previste anche
strutture di ricovero per la psicogeriatria.
Le strutture utilizzate per ricovero di pazienti affetti da malattie mentali (strutture riabilitative protette, semiprotette, comunità alloggio, comunità protette) possono essere ubicate presso le strutture dismesse o
riconvertite tenendo conto comunque della necessità di disporre di spazi per libere attività e di laboratori per
attività ergoterapeutiche.
9. Autonomia economico-finanziaria dei Presidi ospedalieri.
Con riferimento alle disposizioni contenute nel presente Piano relativamente ai finanziamenti si precisa che i
Presidi ospedalieri conservano l’autonomia finanziaria in analogia a quanto previsto dall’art. - 4 comma 9 dei decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993.
10. Piante organiche delle Aziende U.S.L.
Per tali strutture valgono le norme generali indicate in ordine agli organici al punto 2), punto 1) del presente
Piano.
11. Consiglio dei sanitari.
Presso ciascuna Azienda-U.L.S. è istituito il Consiglio dei sanitari il quale esprime parere obbligatorio al
Direttore generale:
a) per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti;
b) per le attività di assistenza sanitaria.
Il parere è da intendersi reso favorevolmente ove non sia stato espresso entro 10 giorni dalla richiesta.
Il Consiglio dei sanitari, in considerazione della diversa tipologia assistenziale, e cosi composto:
1° per l’Azienda-U.S.L. da:
- il Direttore sanitario della U.S.L. con funzioni di presidente;
- tre medici ospedalieri appartenenti al 2° livello dirigenziale - primari ospedalieri;
- tre medici ospedalieri appartenenti al 1° livello dirigenziale - aiuti corresponsabili ospedalieri;
- i dirigenti medici responsabili delle funzioni igienico-organizzativo dei presidi ospedalieri della U.S.L.;
- un veterinario;
- un farmacista ospedaliero;
- un medico di medicina generale convenzionata;
- tre coordinatori medici dei distretti sanitari di base;
- un medico specialista convenzionato, (la partecipazione è prevista fino all’entrata in vigore delle specifiche
disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni):
- uno psicologo;
- un biologo;
- un rappresentante per ciascuna categoria relativo a:
capo dei Servizi sanitari ausiliari;
ostetrica;
capo-sala;
infermiere professionale;
tecnico di radiologia;
tecnico di laboratorio.
Il Consiglio dei sanitari può avvalersi della collaborazione dei Comitati tecnico-consultivi relativamente a
problematiche afferenti ai presidi di rispettiva competenza.
Le funzioni di segretario del Consiglio dei sanitari dell’azienda-U.S.L. sono svolte da un funzionario
amministrativo individuato dal presidente.
All’atto di insediamento i Direttori sanitari nominano il vice presidente tra i rappresentanti medici del
Consiglio.
Nelle Aziende U.S.L. ove insiste il triennio formativo in Medicina è prevista, nel Consiglio dei Sanitari,
un’idonea rappresentanza universitaria (7).
Il Consiglio dei sanitari è nominato con provvedimento del Direttore generale.
Le designazioni dei singoli componenti e la relativa modalità di votazione a scrutinio segreto saranno
disciplinate con apposito atto regolamentare dal Direttore generale che dovrà definire anche gli aspetti
relativi al funzionamento.
Alle riunioni del Consiglio dei sanitari possono partecipare, senza diritto di voto, il Direttore generale ed il
Direttore amministrativo dell’azienda U.S.L.
Il Consiglio dei sanitari dura in carica tre anni dalla data del provvedimento di nomina ed in sede di prima
applicazione viene eletto entro 45 giorni dalla nomina del Direttore generale.
Il tempo trascorso durante le sedute del Consiglio considerato a tutti gli effetti come orario di lavoro.
Spetta al presidente convocare il Consiglio, dirigere le operazioni di voto, annunciare i risultati, assegnare le
questioni ai vari componenti che dovranno relazionare in merito.
12. Comitati tecnico-consultivi.
Per ogni presidio ospedaliero insistente nella U.S.L. viene istituito il Comitato tecnico-consultivo, composto
come segue:
- il Dirigente medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative con funzioni di Presidente;
- due medici appartenenti al 2° livello dirigenziale (primari ospedalieri);
- due medici appartenenti al 1° livello dirigenziale (aiuti corresponsabili ospedalieri);
- un farmacista ospedaliero;
- un biologo;
- un rappresentante per ciascuna categoria relativo a:
capo servizi sanitari ausiliari;
caposala;
infermiere professionale;
tecnico di radiologia;
tecnico di laboratorio.
Il Comitato esercita la propria funzione consultiva esclusivamente per atti che presentano il carattere della
generalità anche se è data facoltà ai dirigenti sanitario e amministrativo di richiedere pareri su provvedimenti
specifici.
13. Diritto di riunione dei malati all’interno dei reparti.
Allo scopo di consentire l’esercizio del diritto di riunione da parte dei pazienti ricoverati nei reparti
ospedalieri, le Unità sanitarie locali devono mettere a disposizione degli interessati, dei loro familiari e dei
componenti qualificati di associazioni aventi per finalità statutaria la rappresentanza e la tutela dei diritti
degli utenti del Servizio Sanitario, appositi locali idonei, per ubicazione, capienza ed arredamento, a tale
scopo.
Nel corso delle riunioni, da tenersi in giorni ore preventivamente concordati con i primari di ciascuna Unità
operativa, i pazienti potranno discutere le questioni connesse alla loro condizione di ricoverati e proporre
iniziative utili a migliorare l’indispensabile rapporto di collaborazione tra curanti e curati al fine di
“umanizzare il più possibile la degenza” (come citato nell’art. 14, comma 1, del P.S.N.).
Sono tassativamente escluse riunioni ed attività che possano interferire con il normale funzionamento del
servizio ospedaliero, o che siano d’intralcio ai compiti d’istituto del personale sanitario, mettendo a rischio la
salute dei pazienti e l’efficacia degli interventi terapeutici.
Le presenti disposizioni sono estese nelle Case di cura private operanti nella Regione.
Tabelle dei posti letto ospedalieri.
I posti letto regionali sono distribuiti per coefficienti (in ambito provinciale) e per tasso di utilizzo, con
riferimento agli ultimi dati in possesso della Regione (per presidi ospedalieri).
I coefficienti tengono conto degli indici europei e di quelli di altre Regioni.
ELENCO STABILIMENTI OSPEDALIERI PUBBLICI ATTUALMENTE
IN ATTIVITÀ
OSPEDALI PUBBLICI
COMUNI
PROVINCIA
S. Liberatore
Atri
Teramo
(7) Le parole “Nelle Aziende... rappresentanza universitaria” sono state aggiunte dall’art. 1 della L.R. n. 22
del 1996.
S. Filippo e Nicola
Rinaldi
Umberto I
SS. Annunziata
S. Camillo De Lellis
SS. Immacolata
Generale prov.le
Maria SS. Splendora
Renzetti
Vittorio Emanuele
Consalvi
S. Salvatore
Collemaggio
G. Bernabeo
S. Massimo
Spirito Santo
SS. Trinità
Filomusi
Generale prov.le
Dell’annunziata
Generale prov.le
Mazzini
Generale prov.le
Generale prov.le
L’Aquila
L’Aquila
L’Aquila
Chieti
Chieti
Chieti
L’Aquila
Teramo
Chieti
Chieti
Chieti
L’Aquila
L’Aquila
Chieti
Pescara
Pescara
Pescara
Pescara
Pescara
L’Aquila
Teramo
Teramo
Chieti
Chieti
Avezzano
Pescina
Tagliacozzo
Chieti
Chieti
Guardiagrele
Castel di Sangro
Giulianova
Lanciano
Atessa
Casoli
L’Aquila
L’Aquila
Ortona
Penne
Pescara
Popoli
Tocco Casauria
S. Valentino
Sulmona
S. Omero
Teramo
Vasto
Gissi
Disciplina
P. Letto
Degenti
Regione Abruzzo
Ospedali pubblici n. 25
Anno 1992
Giorni deg. Deg. Teor. Tasso
Cardiochirurgia
Cardiologia
Chirurgia generale
Chirurgia
maxillo-facciale
Chirurgia pediatrica
Chirurgia toracica
Chirurgia vascolare
Ematologia
Geriatria
Residuale
manicomiale
Malattie infettive e
tropicali
Medicina del lavoro
Medicina generale
Nefrologia
Neurochirurgia
Neurologia
Neuropsichiatria
infantile
Oculistica
Odontoiatria e
stomatologia
Ortopedia e
traumatologia
Ostetricia e ginecol.
Otorinolaringoiatria
Pediatria
Psichiatria
Urologia
Terapia intensiva
Unità coronariche
52
154
1.299
1.723
5.652
40.974
16.219
42.484
348.914
18.980
56.210
474.135
6
24
21
8
41
261
198
1.385
358
238
614
4.508
2.222
5.205
7.052
3.286
10.971
75.602
621
536
89
20
1.300
43
52
186
Int. Tur.
Ind. Rot.
85,45
75,58
73,59
Deg.
Med
9,41
7,52
8,52
1,60
2,43
3,06
33,13
36,70
31,54
Pres.
Giorn.
44
116
956
2.190
8.760
7.665
2.920
14.965
95.265
101,46
59,42
92,00
112,53
73,31
79,36
11,22
3,76
19,70
13,81
17,87
16,77
(0,16)
2,57
1,71
(1,54)
6,50
4,36
33,00
57,71
17,05
29,75
14,98
17,27
6
14
19
9
30
207
195.038
226.665
86,05
363,88
559,01
0,86
534
1.565
89
39.654
1.354
1.611
4.102
19.468
453
406.697
11.290
18.212
42.160
32.485
7.300
474.500
15.695
18.980
67.890
59,93
6,21
85,71
71,93
95,95
62,10
12,44
5,09
10,26
8,34
11,30
10,28
8,32
76,93
1,71
3,25
0,48
6,27
17,58
4,45
30,50
31,49
30,98
22,05
53
1
1.114
31
50
116
15
232
594
7.765
4.707
56.614
5.475
84.680
85,97
66,86
7,92
7,29
1,29
3,61
39,60
33,47
13
155
24
1.161
4.114
8.760
46,96
3,54
4,00
48,38
11
814
766
234
534
82
380
56
88
31.255
25.931
7.784
13.757
2.046
10.597
1.780
3.786
223.868
171.108
53.486
78.119
30.797
98.908
12.243
25.466
297.110
279.590
85.410
194.910
29.930
138.700
20.440
32.120
75,35
61,20
62,62
40,08
102,90
71,31
59,90
79,28
7,16
6,60
6,87
5,68
15,05
9,33
6,88
6,73
2,34
4,18
4,10
8,49
(0,42)
3,76
4,61
1,76
38,40
33,85
33,26
25,76
24,95
27,89
31,79
43,02
613
469
147
214
84
271
34
70
Astanteria
Dermatologia
Recup. riabil.
Funzion.
Gastroenterologia
Lungodegenti
Neonatologia
Oncologia
Pneumologia
Radioterapia
Terapia intensiva
neonatale
Detenuti
Anestesia e
rianimazione
Totale
48
92
1.511
2.199
11.399
22.877
17.520
33.580
65,06
68,13
7,54
10,40
4,05
4,87
31,48
23,90
31
63
38
0
122
93
20
174
20
9
370
0
1.170
2.063
313
2.852
779
185
11.208
0
29.000
16.842
5.476
37.257
3.927
2.345
13.870
0
44.530
33.945
7.300
63.510
7.300
3.285
80,81
0,00
65,12
49,62
75,01
58,66
53,79
71,39
30,29
0,00
24,79
8,16
17,50
13,06
5,04
12,68
7,19
0,00
13,27
8,29
5,83
9,21
4,33
5,08
9,74
0,00
9,59
22,18
15,65
16,39
38,95
20,56
31
0
79
46
15
102
11
6
2
1
6
730
0,82
6,00
724,00
0,50
0
15
8.035
571
223.031
4.135
2.109.175
5.475
2.932.775
75,53
71,92
7,24
9,46
2,35
3,69
38,07
27,76
11
5.779
PROVINCIA DI CHIETI
PROVINCIA DI CHIETI
Posti letto attribuiti alla Provincia
Disciplina
Indice
Obiettivo p.l. nel triennio
Rideterminazione p.l.
Pubblici
Privati
Discipline di Base e di media diffusione
Medicina Int.
Chirurgia Gen.
Ginec. Ostetr.
Pediatria
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. -Tr. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Inf. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
0.715
0.700
0.350
0.200
0.450
0.100
0.190
0.080
0.540
0.368
0.065
0.150
0.290
0.140
0.090
0.115
0.125
0.150
0.052
0.020
282
275
138
80
177
40
75
31
212
145
25
60
114
55
35
45
50
60
20
10
265
245
130
91
150
40
50
22
85
50
30
65
85
44
50
71
55
67
44
36
Discipline a rara diffusione
Ter. Int. Neon.
Cardiochirurgia
Ter. Int. Cardioch.
Odontoiatria
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascolare
Gastroenterologia
Radioterapia Oncologia
Oncologia
Endocrin. Mal. Ric.
Diabetologia
Detenuti
10
24
6
10
15
10
20
10
30
5
9
2
Totale posti letto - attribuiti
1826
650
Nati 3.689, Culle 44, Neonatologia 22
PROVINCIA DI CHIETI
PROVINCIA DI CHIETI
Posti letto attribuiti
Disciplina
P.O.
Chieti
Guardiagr.
90
80
40
31 (++)
50
20
20
8
20
15
20
20
30
24
50 ***
40
15
35
16
16
10
24
6
10
15
10
-10
10
5
3
2
P.O.
Lanciano
Atessa-Casoli
80
75
40
30
50
10
12
6
30
15
10
25
20
--15
20
20
10
8
------10
-10
-2
--
P.O.
Vasto
Gissi
65
60
30
20°
30
10
12
6
25
10
-20
20
20
-10
10
12
8
8
------10
-10
-2
--
P.O.
Ortona
p.l.
Totali
30
30
20
10
20
-6
2
10
10 (°°)
--15
--6
10
-10
4
----------2
--
265
245
130
91
150
40
50
22
85
50
30
65
85
44
50
71
55
67
44
36
10
24
6
10
15
10
20
10
30
5
9
2
Totale
739
500
400
187
1826
* Nati
Culle
Neonatolog.
1178
14
7
1235
14
7
784
10
5
492
6
3
Medicina Int.
Chirurgia Gen.
Ginec. Ostetr.
Pediatria*
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rianimazione - Ter. In
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Infett. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Te. Int. Card.
Ter. Int. Neon.
Cardiochirurgia **
Ter. Int. Cardioch.
Odontoiatria
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascolare
Gastroenterologia
Radioterapia-Oncol.
Oncologia
Endocrin. Mal. Ric.
Diabetologia
Detenuti
** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva post-operatoria anche pediatrici.
(++) Comprendenti cinque p.l. di Gastroenterologia pediatrica.
(°°) Si intendono posti letto riabilitativi per neurolesi.
(***) Di cui 2 p.l. di ter. int. resp. nell’ambito della div. 1° Pneumologia - (°) Di cui 2 p.l. di terapia sub intensiva neonatale.
PROVINCIA DI L’AQUILA
PROVINCIA DI L’AQUILA
Posti letto attribuiti alla Provincia
Disciplina
Indice
Obiettivo p.l
nel triennio
Rideterminazione p.l.
Pubblici
Privati
Discipline di base e di media diffusione
Medicina Int.
Chirurgia Gen.
Ginec. Ostetr.
Pediatria*
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Inf. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
0.715
0.700
0.350
0.200
0.450
0.100
0.190
0.080
0.540
0.368
0.065
0.150
0.290
0.140
0.090
0.115
0.125
0.150
0.052
0.020
217
213
106
60
137
30
58
24
164
112
20
45
88
42
27
35
39
45
16
6
210
205
110
54
155
35
48
22
96
70
21
30
60
50
20
55
48
60
20
28
Discipline a rara diffusione
Ter. Int. Neon.
Ematologia
Endocrinologia - Mal. Ric.
Odontost.-Chirurgia Maxillo Facciale
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascolare
Neuropsichiatria Infantile
Oncologia
Allergologia
Gastroenterologia
Radioterapia
Diabetologia
Detenuti
10
10
5
14
10
22
10
28
4
10
4
9
2
Totale posti letto attribuiti
1.535
576
* Nati 2.902, Culle 34, Neonatologia 16
N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 300 non sono contabilizzati.
PROVINCIA DI L’AQUILA
Posti letto attribuiti
Disciplina
Medicina Int.
Chirurgia Gen.
Ginec. Ostetr.
Pediatria
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
P.O.
L’Aquila
P.O.
Avezzano
Pescina
Tagliacozzo
P.O.
Sulmona
P.O.
Castel S.
p.l.
Totali
65
70
40
16
45
25
12
80
75
30
20 (°°)
55
10
15
40 (°)
40 (+)
25
12
35
-15
25
20
15
6
20
-6
210
205
110
54
155
35
48
Rianim. - Ter. Int.
8
8
4
2
22
Lungodegenza
35
35
10
16
96
Riabilitazione
10
35
15
10
70
Dermatologia
21
---21
Neurologia
30
---30
Geriatria
30 **
20
10
-60
Allergologia
4
---4
Mall. Infet. - AIDS
30
20
--50
Mal. App. Resp.
20
---20
Oftalmologia
20
20
15
-55
Otorinolaring.
20
20
8
-48
Urologia
20
20
20
-60
Nefrologia
8
6
6
-20
Ter. Int. Card.
8
8
8
4
28
Ter. Int. Neon.
10
---10
Ematologia
5
5
--10
Endocrin. Mal. Ric.
5
---5
Odont. Ch. Max. Fac.
14
---14
Chirurgia Toracica
10
---10
Chirurgia Vascolare
16
6
--22
Neurops. Infantile
10
---10
Oncologia
10
10
8 °°°
-28
Gastroenterologia
10
---10
Radioterapia
4
---4
Diabetologia
3
2
2
2
9
Detenuti
2
---2
Totali
636
500
273
126
1.535
Nati
955
1.451
344
152
Culle
12
14
6
-Neonatologia
6
7
3
-N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 300 non sono contabilizzati. (°) Ivi compresi p.l. per le sezioni di
Gastroenterologia e Diabetologia e Day-hospital oncologico-ematologico.
(**) Di cui 5 p.l. per la Fisiopat. Invecchiamento.
(°°) Di cui 2 p.l. sub. intens. neon.
(+) Di cui 2 p.l. Chir. Urgenza.
(°°°) p.l. onco-ematologici nel centro trasfusionale.
PROVINCIA DI PESCARA
Disciplina
PROVINCIA DI PESCARA
Posti letto attribuiti alla Provincia
Indice
Obiettivo p.l. nel triennio
Rideterminazione p.l
Pubblici
Privati
Disciplina di base e di media diffusione
Medicina int.
Chirurgia Gentile.
Ginec. Ostetr.
Pediatria*
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. Ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Inf. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
0.715
0.700
0.350
0.200
0.450
0.100
0.190
0.080
0.540
0.368
0.065
0.150
0.290
0.140
0.090
0.115
0.125
215
210
105
68
135
30
57
24
162
110
20
45
87
42
27
35
38
160
160
105
45
145
20
31
22
54
40
15
20
92
40
10
30
40
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
0.150
0.052
0.020
45
15
8
35
19
23
Discipline a rara diffusione
Ter. Int. Neon.
Ematologia
Reumatologia
Neourochirurgia
Chirurgia Plastica
Chirurgia Pediatrica
Neuropsichiatria Inf.
Medicina del Lavoro
Gastroenterologia
Radioterapia -Oncologia
Diabetologia
Detenuti
Riab. S. Valentino a valenza
regionale
Totale posti letto attribuiti
18
70
20
30
10
22
5
10
10
20
9
2
60
1.392
985
*Nati 3.016, Culle 36, Neonatologia 18.
La Gastroenterologia comprende il Servizio di Endoscopia Digestiva.
Disciplina
Medicina Int.
Chirurgia Gener.***
Ginec. Ostetr.
Pediatria *
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. Ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Infett. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
Ter. Int. Neon.
Ematologia**
Reumatologia
Neurochirurgia***
Chirurgia Plastica
Chirurgia Pediatr.
Neurops. Inf.
Medicina del Lavoro
Gastroenterologia
Radioterapia - Oncol.
Diabetologia
Detenuti
Riabil. S. Valentino
P.O.
Pescara
90
85
60
25
80
20
15
12
20
15
15
-52
40
-20
25
25
12
15
18
70
20
30
10
22
5
-10
20
5
2
--
PROVINCIA DI PESCARA
Posti letto attribuiti
P.O.
Popoli
Tocco-S. Val
.
35
40°
25
12
35
-10
6
20
15
-10
20
-10
---3
4
------
P.O.
Penne
p.l.
Totali
10
--2
35
35
20
8
30
-6
4
14
10
-10
20
--10
15
10
4
4
----------2
60
--
160
160
105
45
145
20
31
22
54
40
15
20
92
40
10
30
40
35
19
23
18
70
20
30
10
22
5
10
10
20
9
2
60
a valenza regionale
Totale
838
317
237
1.392
N.B. Attivazione del Dipartimento di Ematologia L.R. n. 48 del 1990.
* Nati
Culle
Neonatologia
2.141
24
12
435
6
3
440
6
3
** Comprensivi di posti letto di terapia intensiva e sub intensiva ematologica nonché dei p.l. tipo dayhospital per il servizio di Chemioimmunoterapia ematologica.
*** Comprensivi anche di p.l. di terapia intensiva post operatoria.
**** Comprende il modulo di Chirurgia Vascolare di 10 p.l. di cui 5 p.l. di Chir. apparato digerente ed
endoscopia.
PROVINCIA DI TERAMO - parte 1
Disciplina
PROVINCIA DI TERAMO
Posti letto attribuiti alla Provincia
Indice
Obiettivo p.l.
nel triennio
Rideterminazione p.l.
Pubblici
Privati
Discipline di base e di media diffusione
Medicina Int.
Chirurgia Gene.
Ginec. Ostetr.
Pediatria*
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rianim. Ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Inf. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Inf. Card.
0.715
0.700
0.350
0.200
0.450
0.100
0.190
0.080
0.540
0.368
0.065
0.150
0.290
0.140
0.090
0.115
0.125
0.150
0.052
0.020
207
202
102
58
130
29
55
23
156
106
20
44
84
40
26
33
37
44
15
8
210
214
113
71
149
45
48
26
70
60
15
25
60
24
25
30
44
65
19
21
Discipline a rara diffusione
Cardiochirurgia**
Neurochirurgia ***
Odont. Cb. Maxillo
facciale
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascolare
Radioterapia - Oncologia
Oncologia
Allergologia
Diabetologia
Detenuti
Totale posti letto attribuiti
* Nati 3.868, Culle 36, Neonatologia 18.
** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva.
34
34
18
20
15
10
34
2
9
2
1.512
*** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva.
N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 321 non sono contabilizzati.
PROVINCIA DI TERAMO - parte 2
Disciplina
Medicina Int.
Chirurgia Gener.
Ginec. Ostetr.
Pediatria
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. Ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Infet. - AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
Cardiochirurgia**
Neurochirurgia***
Odont. - Ch. Max. Facc.
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascol.
Radioterapia
Oncologia
Allergologia
Diabetologia
Detenuti
P.O.
Teramo
80
84
40
22°
45
15
20
12+
20
20
15
25
20
24
25
15
15
30
10
12
34
34
-20
15
10
15
-3
2
PROVINCIA DI TERAMO
Posti letto attribuiti
P.O.
P.O.
S. Omero
Atri
40
50
35
55°°
23
30°°°
15
17°
29
45
-15
8
10
4
6
15
20
10
15
---20
_
-----15
-17
-15
-5
2
2
-----18
-------15
-2
2
2
---
Totale
682
203
354
*Nati
1.044
464
918
Culle
12
6
12
Neonatologia
6
3
6
** Comprensivi di 6 p.l. di terapia intensiva.
*** Comprensivi di 4 p.l. di terapia intensiva.
N.B. I posti letto inerenti i residui manicomiali pari a n. 321 non sono contabilizzati.
+ di cui tre pediatrici.
° di cui 2 p.l. di terapia sub intens. Neonatale.
°° di cui 5 p.l. per chirurgia apparato digerente endoscopia.
°°° di cui 5 per endoscopia e laparoscopia ginecogica.
P.O.
Giulianova
40
40
20
17°
30
15
10
4
15
15
--20
---12
20
4
5
------4
-2
--
p.l.
Totali
210
214
113
71
149
45
48
26
70
60
15
25
60
24
25
30
44
65
19
21
34
34
18
20
15
10
34
2
9
2
273
394
6
3
1.512
REGIONE ABRUZZO - parte 1
Disciplina
Medicina Int.
Chirurgia Gen.
Ginec Ostetr.
Pediatria
REGIONE ABRUZZO
Posti letto pubblici attribuiti per “Disciplina”
Provincia
Chieti
l’Aquila
Pescara
265
210
160
245
205
160
130
110
105
91
54
45
Teramo
210
214
113
71
Totali
Regione
845
824
458
261
Ortop. Traum.
Psichiatria
Cardiologia
Rian. Ter. Int.
Lungodegenza
Riabilitazione
Dermatologia
Neurologia
Geriatria
Mal. Infettive AIDS
Mal. App. Resp.
Oftalmologia
Otorinolaring.
Urologia
Nefrologia
Ter. Int. Card.
Ter. Int. Neon.
Ematologia
Reumatologia
Neurochirurgia
Cardiochirurgia
Ter. Int. Cardioch.
Odont. Ch. Max. Facc.
Ch. Plastica
Ch. Pediatrica
Chirurgia Toracica
Chirurgia Vascol.
Neurops. Inf.
Med. Lavoro
Gastroenterol.
Radioterapia
Radioter. Oncol.
Oncologia
Endocr. Mal. Ric.
Allergologia
Diabetologia
Detenuti
Riab. S. Valentino
Totale
150
40
50
22
85
50
30
65
85
44
50
71
55
67
44
36
10
---24
6
10
--15
10
--20
-10
30
5
-9
2
--
155
35
48
22
96
70
21
30
60
50
20
55
48
60
20
28
10
10
----14
--10
22
10
-10
4
-28
5
4
9
2
--
145
20
31
22
54
40
15
20
92
40
10
30
40
35
19
23
18
70
20
30
---10
22
--5
10
10
-20
---9
2
60
149
45
48
26
70
60
15
25
60
24
25
30
44
65
19
21
---34
34
-18
--20
15
----10
34
-2
9
2
--
599
140
177
92
305
220
81
140
297
158
105
186
187
227
102
108
38
80
20
64
58
6
42
10
22
45
47
15
10
40
4
40
92
10
6
36
8
60
1.826
1.535
1.392
1.512
6.265
REGIONE ABRUZZO - parte 2
POSTI LETTO PUBBLICI
Rideterminati
Provincia
Discipline
p.l.
Totali
p.l.
% Ab
Chieti
L’Aquila
Pescara
Teramo
Polispec.
Riabilitaz.
Lungodeg.
1.691
50
85
1.369
70
96
1.238
100
54
1.382
60
70
5.680
280
305
4,37
0,22
0,23
Totale
1.826
1.535
1.392
1.512
6.265
4,82
Residui Manicomiali
-----
300
------
321
621
Totale Gener.
1.826
1.835
1.392
1.833
6.886
REGIONE ABRUZZO - parte 3
CASE DI CURA PRIVATE
Posti Letto
Sede
Autorizzazioni definite
o in corso °
Denominazione
Autorizzati in Convenz.
dalla Regione
S. Lucia
Sulmona
76 (°)
40
S. Giuseppe
L’Aquila
60
38
L’Immacolata
Celano
150
150
Sanatrix
L’Aquila
98
98
Villa Letizia
L’Aquila
127
-------Ini-Canistro
Canistro
150
100
Di Lorenzo
Avezzano
150
150
Nova Salus
Trasacco
109
-------S. Maria
Avezzano
50
50
Villa Pini
Chieti
500
500
Spatocco
Chieti
150
150
Villa Serena
Pescara
650
650
Pierangeli
Pescara
200
185
De Cesaris
Spolvero
165
150
Ist. S. Francesco D’Assisi
Vasto
150 (°°)
----Totali
2.785
2.261
(°) La Casa di cura privata “S. Lucia” ha richiesto l’approvazione del progetto per p.l. 76 necessaria per l’adeguamento
dell’attuale struttura alla L.R. n. 85 del 1989.
(°°) L’Istituto “S. Francesco d’Assisi” ha in corso la richiesta di trasformazione di 150 p.l. da Centro di Riabilitazione e
Medicina Riabilitativa.
N.B. Alla “Nuova Salus” di Trasacco è stata rilasciata l’autorizzazione alla costruzione.
REGIONE ABRUZZO - parte 4
Denominazione Casa di
Cura
S. Lucia
S. Giuseppe
L’Immacolata
Sanatrix
CASE DI CURA PRIVATE
Organizzazione della Diagnosi e Cura
Unità Funzionale
Autorizzazioni
definite o in
corso
P.l. Autorizz. in
Convenz. dalla
Regione
Med. Riabilitativa
76
40
Totale
76
40
Med. Fitoterapia
60
38
Totale
60
38
Chir. Generale
Ostetr.
Urologia
Medicina Gener.
Cardiologia
Clinica medica
Malattie Respir.
Lungodegenti
20
10
10
20
10
10
50
20
20
10
10
20
10
10
50
20
Totale
150
150
Chir. Gener.
Ostetricia e Ginec.
Urologia
Otorino
Medicina GenerCardiologia
26
10
10
10
27
15
26
10
10
10
27
15
Totale
98
98
Ini-Canistro
Villa Letizia
Di Lorenzo
Spatocco
Nova Salus
S. Maria
Villa Pini
Villa Serena
Pierangeli
Chir. Generale
Med. Generale
Med. Riabilitativa
38
62
50
25
25
50
Totale
150
100
Chir. Generale
Chir.Plastico icostruttiva - Orl.
Oculistica
Ortopedia e traum.
Ostet. e Ginec.
Med. Generale
Med. Riabilitativa
23
10
12
12
10
30
30
--------
Totale
127
--
Chir. Generale
Ostet. e Gin.
Otorino
Ortotraumatologia
Urologia
Oculistica
Medic. Generale
Cardiologia
Pediatria
Neonatologia
25
15
10
15
10
10
23
15
12
15
25
15
10
15
10
10
23
15
12
15
Totale
150
150
Chir. Generale
Otorino
Ort. e Traum.
Ginecologia
Medicina Generale
Cardiologia
Geriatria
60
10
10
10
20
25
15
60
10
10
10
20
25
15
Totale
150
150
Medic. Riabil.
109
--
Totale
109
--
Chir. Generale
Ostetricia e Gin.
25
25
25
25
Totale
50
50
Neurop. Riabilitativa
Lungodegenza post.ac.
Medic.Riabil.
180
120
200
300
-200
Totale
500
500
Neurologia
Medic. Riabil.
Lungod. post acuz.
Neuropsichiatria
40
156
120
334
40
156
120
334
Totale
650
650
Chir. Generale
Urologia
Otorino
78
12
20
63
12
20
De Cesaris
Istituto S. Francesco
D’Assisi
Oculistica
Medic. Generale
Cardiologia
10
45
35
10
45
35
Totale
200
185
Ortopedia
Chir. Generale
Oculistica
Otorino-Maxillo fac.
Medicina Generale
Gastroenterologia
45
10
10
10
60
30
40
10
10
-60
30
Totale
165
150
Medicina Riabilit.
150
--
Totale generale
2.785
2.261
N.B. Sotto la voce “P.l. autorizzati in convenzione dalla Regione” sono elencati i posti letto ricompresi
in atti deliberativi con i quali la Giunta regionale ha autorizzato la stipula delle convenzioni. Sotto la
voce “Autorizzazioni definite o in corso” sono ricompresi tutti i posti letto autorizzati dalla Regione o
per i quali le relative pratiche sono in itinere e presentate prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 502
del 1992 e della legge n. 537 del 1993.
REGIONE ABRUZZO - parte 5
CASE DI CURA PRIVATE
Posti letto
Sede
definite o in
corso
Denominazione
S. Lucia
S. Giuseppe
L’Immacolata
Sanatrix
Villa Letizia
Ini-Canistro
Di Lorenzo
Nova Salus
S. Maria
Villa Pini
Spatocco
Villa Serena
Pierangeli
De Cesaris
Ist. S. Francesco d’Assisi
Sulmona
L’Aquila
Celano
L’Aquila
L’Aquila
Canistro
Avezzano
Trasacco
Avezzano
Chieti
Chieti
Pescara
Pescara
Spoltore
Vasto
Totali
Autorizzazioni
in Convenz. dalla
Regione
Convenz.
U.L.S.S.
76 (°)
60
150
98
127
150
150
109
50
500
150
650
200
165
150 (°)
40
38
150
98
-100
150
-50
500
150
650
185
150
--
40
38
150
98
-50
150
-50
500
150
650
185
150
--
2.785
2.261
2.211
REGIONE ABRUZZO - parte 6
Denominazione
Casa di cura
S. Lucia
CASE DI CURA PRIVATE
Organizzazione della Diagnosi e Cura
Unità Funzionale
POSTI LETTO CONVENZIONATI
Aut.Regione
Rec. U.L.S.S.
Med. Riabilitativa
40
40
Totale
40
40
S. Giuseppe
L’Immacolata (°)
S. Cuore (Unificata
con L’Immacolata)
Med. Fitoterapia
38
38
Totale
38
38
Chir. Generale
Ostetr.
Urologia
Ortopedia
Medicina Generale
Cardiologia
Clinica Medica
Malattie Respir.
Lungodegenti
20
10
10
--20
10
10
50
20
20
10
--10
20
10
10
--20
Totale
150
100
TBC
--
50
50
San7atrix (°°)
Ini-Canistro (°°°)
Di Lorenzo
S. Maria
(+)
Villa Pini
Spatocco
Chir.Generale
Ostetricia e Ginec.
Urologia
Otorino
Medicina Generale
Cardiologia
26
10
10
10
27
15
26
10
10
10
27
15
Totale
98
98
Chir. Generale
Med. Generale
Med. Riabilitativa
25
25
50
25
25
--
Totale
100
50
Chir. Generale
Ostet. e Gin.
Otorino
Ortotraumatologia
Urologia
Cardiologia
Pediatria
Oculistica
Medic. generale
Neonatologia
25
15
10
15
10
15
12
10
23
15
25
15
10
15
10
15
12
10
23
15
Totale
150
150
Chir. Generale
Ortopedia
Ostetricia e Gin.
25
-25
25
10
15
Totale
50
50
Neurop. Riabilitativa
Medic. Riabil.
Neuropsichiatria
300
200
--
--500
Totale
500
500
Chir. gen.
Otorino
Ort. e Traum.
60
10
10
60
10
10
Villa Serena
Ginecologia
Medicina Gener.
Cardiologia
Geriatria
10
20
25
15
10
20
25
15
Totale
150
150
Neurologia
Medic. Riabil.
Lungod. post acuz.
Neuropsichiatria
40
156
120
334
--92
--558
Totale
650
650
Baiocchi
Pierangeli unificata
con Baiocchi (+++)
De Cesaris
Chir. Gener.
Urologia
Otorino
Oculistica
Medic. Generale
Cardiologia
65
10
20
10
45
35
20
25
25
45
10
10
10
20
10
Totale
185
80
105
10
Ortopedia
Chir. generale
Oculistica
Medicina Gener.
Gastroenterologia
Otorinolaring.
40
10
10
60
30
---
80
10
--50
--10
Totale
150
150
Totali generali
2.261
2.211
(°) Unificata con la S. Croce, posti letto autorizzati prima dell’unificazione e ristrutturazione n. 220 di
cui 150 convenzionati.
(°°) Posti letto adeguati alla L.R. n. 85 del 1989. La Casa di cura è autorizzata e convenzionata anche
per n. 6 p.l. di Emodialisi.
(°°°) Posti letto autorizzati n. 150 di cui cento autorizzati convenzione con deliberazione del Consiglio
regionale n. 112 del 1989.
(+++) Dagli atti deliberativi nell’ambito della ristrutturazione si evince che la Casa di cura è autorizzata
per 190 p.l.
REGIONE ABRUZZO - parte 7
CASE DI CURA PRIVATE
Rideterminazione posti letto autorizzati al convenzionamento
Denominazione
Sede
Autorizzazioni
Posti letto
definite o in corso
Rideterminati°°
S. LUCIA
S. GIUSEPPE
L’IMMACOLATA
SANATRIX
VILLA LETIZIA
INI-CANISTRO
DI LORENZO
NOVA SALUS
S. MARIA
VILLA PINI
SPATOCCO
VILLA SERENA
PIERANGELI
Sulmona
L’Aquila
Celano
L’Aquila
L’Aquila
Canistro
Avezzano
Trasacco
Avezzano
Chieti
Chieti
Pescara
Pescara
76
60
150
98
127
150
150
109
50
500
150
650
200
DE CESARIS
IST. S. FRANCESCO
Spoltore
Vasto
165
150
TOTALI
2.785
1.750
N.B. Alla “Nova Salus” di Trasacco è stata rilasciata l’autorizzazione alla costruzione.
* Struttura da adeguare alla L.R. n. 85 del 1989, adeguamento richiesto.
** Riduzione su richiesta di trasformazione in 130 p.l. di cui 50 di lungodegenza.
*** Riduzione sulla base di n. 84 p.l. adeguati alla L.R. n. 85 del 1989.
°° Le convenzioni dovranno essere rideterminate dopo le decisioni di cui all’art. 8 del D.Lgs.
n. 502 del 1992.
REGIONE ABRUZZO - parte 8
CASE DI CURA PRIVATE
Posti Letto
Sede
POSTI LETTO ADEGUATI
definiti
in corso
Denominazione
S. LUCIA
S. GIUSEPPE
L’IMMACOLATA
SANATRIX
VILLA LETIZIA
INI-CANISTRO
DI LORENZO
NOVA SALUS
S. MARIA
VILLA PINI
SPATOCCO
VILLA SERENA
PIERANGELI
DE CESARIS
IST. S.FRANCESCO
D’ASSISI
Sulmona
L’Aquila
Celano
L’Aquila
L’Aquila
Canistro
Avezzano
Trasacco
Avezzano
Chieti
Chieti
Pescara
Pescara
Spoltore
--60
150
84
127
150
150
109
50
500
150
650
200
165
40
--14
-----------
Vasto
150
--
TOTALI
2.731
54 = 2.785
N.B. Salvo verifica p.l. Nova Salus, S. Francesco e Pierangeli la legge di riferimento è la L.R.
n. 85 del 1989.
Disciplina
Pubblici
POSTI LETTO RIDETERMINATI
Pubblici e Privati
per 1000 abit.
Privati totale
per 1000 abit.
Polispec.
Riabil.
Lungodeg.
5.680
280
305
4,37
0,22
0,23
Totali
6.265
4,82
Ex MANICOM.
621
1.850
1,42
Totali
per 1000 abit.
8.115
6,24
621
I posti letto rideterminati, sulla base del coefficiente previsto dai decreti ministeriali, comprendono quelli di
cui alle convenzioni esistenti con le Case di cura private che entro il 1995 verranno a cessare per il
passaggio, con l’accreditamento delle strutture private, al sistema a prestazione secondo il tariffario previsto
che la Regione andrà a deliberare.
Nel corso del 1° semestre 1995, il Settore Sanità della Giunta regionale, formula proposte di
rideterminazione dei posti letto tese al raggiungimento del 5,5 per mille. I posti letto privati accreditabili
devono essere contenuti nel numero di 1.850 e concorrono a1 raggiungimento del coefficiente previsto per i
posti letto da autorizzare all’esercizio nell’ambito regionale.
Le proposte del Settore sono sottoposte al vaglio della Conferenza permanente Regione-U.S.L. e sono
approvate, con le modifiche ritenute necessarie, dalla Giunta regionale entro lo stesso 1° semestre anno
1995.
Per gli anni 1994 e 1995 i fondi finalizzati al pagamento delle diarie giornaliere dei posti letto convenzionati
saranno determinati in diminuzione con apposite deliberazioni della Giunta regionale.
Per questo motivo la rideterminazione è effettuata sulle cifre globali senza tener conto delle singole
discipline.
Per quanto riguarda i posti letto necessari alla funzione didattica della Scuole di specializzazione delle
Facoltà di Medicina e dovranno essere calcolati, dopo l’approvazione degli specifici protocolli d’intesa
Università-Regione, fra quelli previsti per le singole discipline nei costituendi Dipartimenti UniversitariOspedalieri, configurando cosi l’auspicata collaborazione ed integrazione fra le strutture sanitarie
universitarie e quelle ospedaliere.
2.3 I distretti sanitari di base (D.S.B.).
Generalità.
Il Distretto sanitario di base (D.S.B.) rappresenta un’articolazione organizzativo-funzionale della U.S.L.
finalizzata a realizzare un elevato livello d’integrazione tra i diversi servizi che erogano 1e prestazioni
sanitarie e tra questi ed i servizi socioassistenziali, in modo da costituire una risposta coordinata e
continuativa ai bisogni sanitari della popolazione.
Le tipologie di distretti, necessariamente differenziate, sono informate al sistema residenziale
rispettivamente ad alta, media e bassa densità, come analiticamente riportato nel documento politicoprogrammatico (Allegato A) approvato dalla Giunta regionale il 31 gennaio 1994. Correlativamente, i
compiti e le funzioni di seguito indicati come propri dei distretti sono modulati, al pari degli organici,
secondo sfere di ampiezza e di complessità varie che tengano altresì conto prioritariamente della realtà
esistente sul territorio in termini di strutture di personale.
Per i distretti a più ampia dimensione è consentito al Direttore generale di affidare al dirigente
amministrativo del distretto la responsabilità gestionale ed organizzativa con l’attribuzione al D.S.B. di
autonomia economico-finanziaria, all’interno del bilancio della U.S.L., mediante la definizione di un budget
predeterminato e finalizzato al proseguimento degli obiettivi definiti dal Direttore generale. Il dirigente
amministrativo e comunque nominato nel rispetto degli artt. 19, 1° comma e 26, comma 2 quinquies, del
D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato ed integrato.
I1 Direttore generale dell’Azienda U.S.L. provvede altresì a nominare, in aderenza alle medesime norme, il
dirigente medico D.S.B. tra i medici operanti nel distretto in possesso di competenze nell’ambito
dell’organizzazione dei servizi sanitari di base dell’epidemiologia, dando priorità ai medici ex condotti
qualora ne facciano richiesta.
L’integrazione tra i diversi servizi, il supporto fornito dal medico di famiglia e la conseguente possibilità di
adottare o di potenziare forme di assistenza integrativa rispetto all’attività ospedaliera possono consentire
una sensibile riduzione della domanda di ricoveri ospedalieri con conseguenti minori costi umani, sociali ed
economici.
Il perseguimento di un’efficace integrazione tra le attività distrettuali, l’attività del medico di famiglia,
l’attività poliambulatoriale e specialistica l’attività ospedaliera consente:
- la continuità dell’assistenza nell’ambito dello stesso episodio di malattia, indipendentemente dai diversi
luoghi del trattamento, riconducendo alla responsabilità del medico di base le decisioni diagnosticoterapeutiche effettuate al di fuori degli eventuali episodi di degenza ospedaliera;
- la tempestività dell’invio del paziente all’ospedale, quando appropriato, fattore determinante rispetto
all’efficacia del trattamento ospedaliero ed all’entità del consumo di risorse ad esso associato;
- un efficace filtro alla domanda impropria di ricoverati ospedalieri;
- l’attivazione di modalità di comunicazione tra i diversi servizi e tra i diversi professionisti che agiscono
nell’ambito del S.S.N., tali da non costringere l’utente a fungere da veicolo delle informazioni necessarie per
supportare la definizione delle scelte assistenziali;
- la stessa richiesta di esami chimico-clinici e strumentali, i prelievi e la raccolta di campioni biologici e la
consegna dei referti che deve avvenire utilizzando i supporti tele-informatici, a livello di D.S.B.;
- il D.S.B. dovrà rispondere alle seguenti caratteristiche:
- flessibilità nell’organizzazione che deve adeguarsi ai reali bisogni di intervento e non riflettesse il
consolidamento dell’attività precedente;
- metodo di lavoro interdisciplinare, finalizzato ad un’ottimale utilizzazione delle risorse disponibili
attraverso l’integrazione delle competenze provenienti dai diversi Servizi della U.S.L.;
- orientamento delle attività per progetti e/o per problemi;
- valorizzazione della funzione - chiave dei medici di famiglia e raccordo delle attività dei medici tra di loro
e con le strutture sanitarie e sociali allo scopo di garantire la continuità di trattamento ai singoli utenti, la
razionalizzazione dell’accesso alle strutture ospedaliere e la responsabilizzazione nei riguardi della spesa.
Le tipologie di attività che trovano un’ideale collocazione a livello di D.S.B. sono:
1. il supporto all’attività del medico e del pediatra di base;
2. l’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) per 1’erogazione coordinata e continuativa di prestazioni
sanitarie e socio-asssitenziali da parte di diverse figure professionali fra loro funzionalmente integrate.
L’A.D.I. può rappresentare una risposta assistenziale efficace ed efficiente nei confronti di persone disabili
in conseguenza di forme morbose acute e croniche, così come di pazienti che necessitino di trattamenti
palliativi, purché tecnicamente trattabili a domicilio;
3. le attività di ospedalizzazione domiciliare, per consentire l’erogazione di trattamenti che richiedano la
disponibilità di competenze professionali di livello ospedaliero, ma che siano tecnicamente erogabili a
domicilio del paziente;
4. la gestione coordinata degli accessi ai servizi attraverso:
- la disponibilità presso la sede del D.S.B. dell’interfaccia con il Centro unificato di prenotazione (C.U.P.)
sia per le prenotazioni ambulatoriali che ospedaliere;
- la possibilità per l’utente di espletare le procedure amministrative a livello decentrato, in particolare verrà
attivata la nuova procedura di scelta e revoca del medico in via completamente automatizzata;
- la disponibilità decentrata di punti di prelievo per le indagini chimico-cliniche;
- la disponibilità di sportelli per fornire informazione agli utenti.
Appare infine opportuno sottolineare che presso la sede del D.S.B. (o nelle immediate vicinanze) trovino
collocazione servizi pubblici di uso corrente (S.I.P. - E.N.E.L. - P.P.T.T. - Banche - servizi anagrafici ecc.),
servizi sociali, servizi di volontariato, consultori, onde favorire la migliore integrazione tra l’attività sanitaria
e l’ambito socio-economico di riferimento.
Nell’ambito della programmazione dell’attività dell’azienda U.S.L., il Direttore generale attiverà il pieno
funzionamento delle strutture predisposte ai sensi del presente provvedimento come sedi del D.S.B. e quello
delle altre strutture già esistenti, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili.
I distretti sanitari di base, previsti in numero di circa 60, verranno attivati, oltre che con le strutture per le
quali intervengono i fondi dell’art. 20 della legge n. 67 del 1988, anche con la riconversione di strutture
ospedaliere, quando necessario, o con l’utilizzo di strutture (Poliambulatori, centri sanitari polivalenti, ecc.)
già esistenti sul territorio e gestite attualmente oltre che dalle U.L.S.S., anche dai Comuni e dalle Province
anche se non sede di distretto.
Il Direttore generale è autorizzato nelle more del completamento del Piano dei distretti, a stipulare contratti
con l’imprenditoria privata per utilizzare strutture disponibili nell’ambito territoriale D.S.B., sentita la
Conferenza Regione-U.S.L.
Compiti e funzioni assolte a livello di D.S.B.
Per guanto concerne il livello organizzativo di. ciascun distretto questo deve essere correttamente inteso nel
senso di assicurare un’assistenza di base globale. Infatti nell’ambito dello stesso vengono effettuate
prestazioni inerenti ai servizi di prima istanza, la vigilanza, la profilassi, l’assistenza veterinaria nonché
funzioni relative alla tutela sanitaria della donna, della maternità, della tossicodipendenze, degli anziani e
degli handicappati.
Compatibilmente con le dimensioni territoriali e di popolazione, i Distretti sanitari di base potranno peraltro
svolgere tutta la serie di compiti e funzioni sottoelencati, avvalendosi anche del Dipartimento di Prevenzione
per la parte di competenza. Inoltre dovranno essere tenuti presenti i necessari collegamenti organizzativi e
funzionali con l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e con i rispettivi Servizi territoriali.
Prevenzione igiene pubblica e medicina del lavoro:
- certificati di abitabilità;
- libretti sanitari per esercizi pubblici;
- controllo delle condizioni igieniche di abitazione e persone vigilanza ispezione su pubblici esercizi,
alberghi, ecc.;
- denuncia malattie infettive;
- vaccinazioni obbligatorie e facoltative;
- educazione alimentare;
- educazione all’uso dei servizi sanitari;
- educazione all’uso dei farmaci;
- educazione igienico preventiva;
- educazione sanitaria;
- screening preventivi odontoiatrici, audiometrici, visivi, oncologici, metabolici, cardio-vascolari,
pneumologici, ecc.;
- accertamenti di idoneità e certificazioni correnti;
- controllo degli ambienti lavorativi;
- prevenzione e controllo delle condizioni di salute dei lavoratori;
- prevenzione della tubercolosi e delle malattie polmonari;
- polizia mortuaria.
Medicina legale.
- accertamenti preventivi di idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e regolamenti;
- accertamenti per inidoneità lavorativa temporanea (artt. 5 e 30 legge n. 1204 del 1971 e legge n. 33 del
1980);
- accertamenti per incapacità temporanea per infermità, puerperio, malattia professionale ed infortuni per
pubblici dipendenti;
- attività anche collegiale per invalidità permanente nei casi di infortuni sul lavoro, malattia professionale,
causa di servizio, riduzione della capacità lavorativa generica e specifica (cecità, sordomutismo ecc.) e per
l’invalidità civile,
- accertamento dell’idoneità alla giuda di autoveicoli e di natanti;
- accertamento dell’idoneità del porto d’armi.
Tutela sanitaria dell’attività sportiva (come da L.R. n. 51 del 1992).
Assistenza sanitaria di base:
- centro e raccolta prelievi, medicazioni, terapia iniettiva;
- guardia medica e pronto intervento;
- guardia turistica;
- visite preventive;
- visite ambulatoriali e domiciliari della pediatria di base;
- visite ambulatoriali e domiciliari della medicina generale;
- tutela sanitaria della donna e della maternità (consultori).
Assistenza specialistica:
- radiologia, analisi chimico-cliniche, cardiologia, odontoiatria, ostetricia-ginecologia ed altre eventuali
branche specialistiche nel rispetto dei parametri di utilizzazione indicati nel provvedimento concernente
l’attività di medicina specialistica.
Riabilitazione:
- terapia fisica riabilitativa ambulatoriale e domiciliare.
Tutela sociale:
- assistenza sociale di base (tossicodipendenza, anziani, minori, handicap, collegamento con le R.S.A. e con
il Servizio assistenza domiciliare integrata, ecc.).
Veterinaria:
- area funzionale di sanità animale:
a) polizia veterinaria e zoonosi;
b) profilassi delle malattie infettive e parassitarie degli animali;
c) controllo del randagismo e igiene urbana veterinaria;
d) identificazione e anagrafe degli animali e degli allevamenti;
e) controllo sanitario della fauna terrestre e acquatica ivi compresa quella presente nelle aree protette;
f) vigilanza sui trattamenti immunizzanti sulle inoculazioni diagnostiche e sull’esecuzione di piano volontari
di profilassi di malattie infettive e parassitarie;
g) vigilanza sul trasporto degli animali e sulla disinfezione dei mezzi di trasporto;
h) vigilanza e controllo sull’eliminazione e/o riutilizzazione degli animali morti o abbattuti;
i) provvedimenti autorizzativi;
1) educazione sanitaria.
- aria funzionale dell’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e
trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati
a) ispezione, controlli e vigilanza sui mezzi di trasporto e sugli impianti di produzione, trasformazione,
commercializzazione, deposito, distribuzione e somministrazione degli alimenti di origine animale;
b) ispezione, controllo e vigilanza sulle carni, sul latte, sulle uova, sui prodotti ittici, sul miele e sugli altri
alimenti di origine animale e sui rispettivi derivati, nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito,
trasporto, distribuzione e somministrazione;
c) controllo e vigilanza sulla raccolta, lavorazione, conservazione, trasformazione e risanamento dei
sottoprodotti e dei rifiuti della produzione e della lavorazione degli alimenti di origine animale nell’ambito
degli impianti di cui alla lettera a);
d) provvedimenti autorizzativi;
e) educazione sanitaria ed alimentare.
- area funzionale dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche
a) vigilanza sul benessere animale;
b) vigilanza sulla distribuzione e utilizzazione dei farmaci veterinari e sull’alimentazione medicati;
c) vigilanza e controllo igienico-sanitario sugli animali, sui ricoveri, sugli impianti e sugli insediamenti
naturali, ed in particolare su quelli destinati alla produzione di alimenti, in relazione agli ambienti rurale,
silvestre e acquatico;
d) vigilanza e controllo sulla produzione, commercializzazione, distribuzione e impiego degli alimenti
destinati agli animali;
e) vigilanza e controllo sulla trasformazione e utilizzazione degli avanzi animali destinati all’alimentazione
del bestiame, e sui relativi impianti;
f) vigilanza e controllo sulla riproduzione animale;
g) vigilanza e controllo sulla sperimentazione con animali;
h) provvedimenti autorizzativi;
i) educazione sanitaria.
Amministrativa:
- attività di Segreteria generale del D.S.B e degli uffici in esso insistenti;
- iscrizione al S.S.N.;
- scelta e revoca del medico e del pediatra di base;
- C.U.P (accesso al Centro unico di prenotazione);
- autorizzazioni per l’accesso agli specialisti convenzionati esterni;
- applicazione del regime delle esenzioni;
- informazioni sull’accesso ai servizi sanitari e accettazione amministrativa;
- terminale per il collegamento teleinformatico dei servizi di teleassistenza .
Organizzazione strutturale minima.
Per l’avvio concreto di un D.S.B. - la cui compiuta realizzazione non può essere graduale - è necessaria che
sia perlomeno assicurata l’operatività delle strutture deputate ai seguenti compiti nell’ambito di quelli
previsti per il distretto a regime.
Prevenzione, igiene pubblica e medicina del lavoro:
- denuncia malattie infettive;
- vaccinazioni obbligatorie e facoltative;
- educazione alimentare;
- educazione all’uso dei servizi sanitari;
- educazione all’uso dei farmaci;
- educazione igienco preventiva;
- educazione sanitaria
- accertamenti di idoneità e certificazioni correnti.
Medicina legale:
- accertamenti preventivi di idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e regolamenti,
- accertamenti per incapacità temporanea per infermità e puerperio.
Assistenza sanitaria di base:
- centro e raccolta prelievi, medicazioni, terapia iniettiva;
- guardia medica e pronto intervento;
- visite ambulatoriali e domiciliari della pediatria di base;
- visite ambulatoriali e domiciliari della medicina generale.
Assistenza specialistica:
- chirurgia;
- ostetricia e ginecologia;
- odontoiatria;
- oculistica;
- cardiologia;
- otorinolaringoiatria.
Amministrativa:
- iscrizione al S.S.N.;
- scelta e revoca del medico e del pediatria di base;
- C.U.P. (accesso al Centro unico di prenotazione);
- autorizzazioni per l’accesso agli specialisti convenzionati esterni;
- applicazione del regime delle esenzioni;
- informazioni sull’accesso ai servizi sanitari e accettazione amministrativa;
- terminale per il collegamento teleinformatico dei servizi di teleassistenza.
Le strutture minime di ciascun distretto sono rappresentate, pertanto, da Unità operative preposte a ciascuna
area di intervento sopra individuata, nelle quali confluisce un nucleo di operatori a professionalità specifica.
La centralità del ruolo dei Distretto sanitario di base risiede, infine, nella capacità di selezionare la domanda
sanitaria e promuovere il tempestivo e razionale intervento dei servizi integrativi. Quest’ultima fondamentale
funzione si concretizza nell’attivazione presso ciascun distretto del cosiddetto C.U.P. - Centro Unificato di
Prenotazione - un sistema di prenotazione computerizzato in grado di affrontare e avviare a soluzione,
seppure per gradi il grave problema di razionalizzare gli accessi degli utenti ai diversi presidi e di consentire
alle strutture di “parlare” tra di loro.
Le restanti funzioni proprie del Distretto possono essere espletate da strutture a carattere interdistrettuale
(consultori, Unità operative veterinarie e di specialità mediche) che assicurano, comunque, per l’utenza di
ciascun distretto la globalità delle prestazioni.
La pianta organica del Distretto sanitario di base.
In riferimento alle dimensioni territoriale dei Distretti sanitari di base ed ai collegamenti funzionali con gli
altri Distretti, il Direttore generale provvede alla definizione della pianta organica, nel rispetto della
disciplina prevista dagli artt. 30 e 31 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni ed
integrazioni nonché dall’art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, prevedendo la costituzione di un
gruppo di base, costituito da operatori dipendenti e convenzionati, utilizzati esclusivamente nel D.S.B.
oppure anche in altri distretti e presidi, che si fa carico delle attività sanitaria di base, con particolare
attenzione al controllo della salute ed alle attività di prevenzione, anche in collegamento funzionale con
l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.
Il gruppo di base sarà composto dalle figure professionali del ruolo sanitario necessarie ad assicurare le
funzioni attribuite al Distretto sanitario di base e sarà integrato da personale amministrativo e tecnico per le
attività di segreteria e per le attività di supporto ai vari servizi.
Le attività distrettuali vanno distinte in attività affidate a personale dipendente “residenziale” e attività
affidate a personale appartenente ai vari servizi che può essere definito “itinerante” in quanto svolgerà la
propria attività alternativamente nei vai distretti.
Vista la necessità di garantire l’assistenza sanitaria di base e l’assistenza veterinaria nonché il C.U.P., in
ciascun distretto, qualunque sia la densità abitativa, si individua nelle seguenti figure professionali la
dotazione organica minimale.
Personale dipendente “residenziale”
Dirigente medico
Infermiere professionale
Assistente Sanitario
Ausiliario specializzato
Autista
Assistente Amministrativo
Operatore CED
Personale itinerante
Ginecologo
Odontoiatra
Chirurgo generale
Cardiologo
Oculista
Otorinolaringoiatra
Veterinario
Per quanto concerne l’attività dei consultori familiari saranno previste le seguenti figure professionali:
- Ostetrica
- Assistente sociale
- Psicologo
La rete regionale dei Distretti sanitari di base.
Gli ambiti territoriali dei distretti sanitari di base sono stati individuati sulla base dei criteri indicati nel
documento politico-programmatico di attuazione del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed
integrazioni approvato dalla Giunta regionale d’Abruzzo con atto del 31 gennaio 1994, tenuto conto delle
risorse finanziarie e delle dislocazioni territoriali dei Comuni afferenti al singolo D.S.B.
Le strutture edilizie sedi delle attività distrettuali, ove non esistenti, sono state inserite nel programma di
finanziamento previsto dall’art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 nel triennio di Piano e saranno
finanziate con i relativi fondi, di cui all’apposita deliberazione che si riferisce ai Distretti sanitari sotto
indicati e alle strutture di realizzazione prioritaria.
Allo scopo di migliorare e diffondere l’erogazione di servizi sanitari di base alla popolazione di riferimento,
i Direttori generali delle Aziende-U.S.L. possono procedere all’istituzione di ulteriori D.S.B. o alla modifica
degli ambiti territoriali mediante soppressioni, integrazioni e accorpamenti sentiti la Conferenza dei Sindaci
ed i Comuni interessati e in coerenza con i criteri, i compiti e le funzioni indicati nel presente Piano, d’intesa
con la Conferenza Regione-U.S.L.
La rete completa dei D.S.B. ha una realizzazione graduale, legata ai tempi tecnici di attuazione ed alle
disponibilità finanziarie.
Tendenzialmente, nel corso dell’anno 1994 potrà essere attivato il 20% e per ciascuno degli anni 1995 e
1996 un ulteriore 40% del numero complessivo, con i contributi di cui all’art. 20 della legge n. 67 del 1988 e
compatibilmente con le risorse del Fondo sanitario regionale.
Provincia di Chieti
1. PROVINCIA DI CHIETI
1.1. D.S.B. di Chieti: composto dai Comuni di
Chieti
Bucchianico
Casalincontrada
totale
ab. 55.709
ab. 4.765
ab. 2.724
ab. 63.198
1.2. D.S.B. di Chieti Scalo
S. Giovanni T.
totale
ab. 15.000
ab. 8.407
ab. 23.047
1.3 D.S.B. di Francavilla: composto dai Comuni di
Francavilla s/Mare
Torrevecchia T.
totale
ab. 21.546
ab. 3.165
ab. 24.711
1.4 D.S.B. di Guardiagrele: composto dai Comuni di
Casacanditella
ab. 1.393
Fara Filiorum Petri
ab. 1.884
Guardiagrele
ab. 10.118
Pennapiedimonte
ab. 667
Pretoro
ab. 1.091
Rapino
ab. 1.519
Roccamontepiano
ab. 1.986
S. Martino s/ Marrucc.
ab. 918
totale
ab. 19.576
1.5 D.S.B. di Miglianico: composto dai Comuni di
Miglianico
Ripa Teatina
Vacri
Villamagna
totale
ab. 4.358
ab. 3.584
ab. 1.703
ab. 2.418
ab. 13.063
1.6 D.S.B. di Ortona: composto dai Comuni di
Ortona
ab. 21.999
1.7 D.S.B. di Orsogna: composto dai Comuni di
Ari
Arielli
Filetto
Orsogna
Poggiofiorito
totale
ab. 1.413
ab. 1.265
ab. 1.222
ab. 4.106
ab. 1.028
ab. 9.034
1.8 D.S.B. di Tollo: composto dai Comuni di
Canosa Sannita
Crecchio
Giuliano Teatino
Tollo
totale
ab. 1.586
ab. 3.067
ab. 1.366
ab. 4.134
ab. 10.153
1.9 D.S.B. di Lanciano: composto dai Comuni di
Castel Frentano
Lanciano
totale
ab. 3.914
ab. 34.062
ab. 37.976
1.10 D.S.B. di S. Vito: composto dai Comuni di
Fossacesia
Frisa
Mozzagrogna
Rocca S. Giovanni
S. Maria Imbaro
S. Vito Ch.
Treglio
totale
ab. 4.844
ab. 2.041
ab. 1.976
ab. 2.364
ab. 1.490
ab. 5.046
ab. 1.131
ab.: 18.892
1.11 D.S.B. di Casoli: composto dai Comuni di
Altino
Casoli
Palombaro
S. Eusanio d/Sangro
totale
ab. 2.496
ab. 6.117
ab. 1.223
ab. 2.540
ab. 12.376
1.12 D.S.B. di Atessa: composto dai Comuni di
Archi
Atessa
Paglieta
Perano
Torino di Sangro
Tornareccio
totale
ab. 2.392
ab. 10.183
ab. 4.396
ab. 1.692
ab. 3.107
ab. 2.052
ab. 23.822
1.13 D.S.B. di Lama dei Peligni: composto dai Comuni di
Civitella M.R.
Fara S. Martino
Lama dei Peligni
Lettopalena
Palena
Taranta Peligna
totale
ab. 1.101
ab. 1.758
ab. 1.516
ab. 416
ab. 1.554
ab. 624
ab. 6.969
1.14 D.S.B. di Torricella Peligna: composto dai Comuni di
Colledimacine
Gessopalena
Montenerodomo
Roccascalegna
Torricella Peligna
ab. 370
ab. 1.915
ab. 1.019
ab. 1.557
ab. 1.832
totale
ab. 6.724
1.15 D.S.B. di Quadri: composto dai Comuni di
Borrello
Civitaluparella
Fallo
Gamberale
Pizzoferrato
Quadri
Roio d/Sangro
Rosello
totale
ab. 520
ab. 471
ab. 217
ab. 485
ab. 1.303
ab. 1.040
ab. 245
ab. 431
ab. 4.712
1.16 D.S.B. di Villa S. Maria: composto dai Comuni di
Bomba
Colledimezzo
Montazzoli
Montebello s/Sangro
Monteferrante
Montelapiano
Pennadomo
Pietraferrazzana
Villa S. Maria
totale
ab. 1.096
ab. 628
ab. 1.232
ab. 169
ab. 216
ab. 164
ab. 415
ab. 164
ab. 1.423
ab. 5.507
1.17 D.S.B. di Vasto: composto dai Comuni di
Vasto
ab. 32.810
1.18 D.S.B. di S. Salvo: composto dai Comuni di
Celenza sul Trigno
Cupello
Fresagrandinaria
Lentella
Monteodorisio
S. Salvo
totale
ab. 1.247
ab. 4.170
ab. 1.341
ab. 771
ab. 2.259
ab. 15.146
ab. 24.934
1.19 D.S.B. di Casalbordino: composto dai Comuni di
Casalbordino
Pollutri
Scerni
Villalfonsina
totale
ab. 6.481
ab. 2.470
ab. 3.848
ab. 1.126
ab. 13.925
1.20 D.S.B. di Gissi: composto dai Comuni di
Carpineto Sinello
Carunchio
Casalanguida
Dogliola
Furci
Gissi
Guilmi
Liscia
Palmoli
San Buono
Tufillo
totale
ab. 815
ab. 869
ab. 1.197
ab. 448
ab. 1.411
ab. 3.313
ab. 658
ab. 887
ab. 1.291
ab. 1.336
ab. 641
ab. 12.866
1.21 D.S.B. di Castiglione Messer Marino: composto dai Comuni di
Castelguidone
Castiglione M. Marino
Fraine
ab. 547
ab. 869
ab. 527
Roccaspinalveti
S. Giovanni Lipioni
Schiavi D’Abruzzo
Torrebruna
totale
ab. 1.913
ab. 421
ab. 1.966
ab. 1.386
ab. 9.352
Provincia di L’Aquila
2. PROVINCIA DI L’AQUILA
2.1.1 D.S.B. di L’Aquila: composto dai Comuni di
L’Aquila
ab. 66.863
2.2. D.S.B. di Torninparte: composto dai Comuni di
Lucoli
Pizzoli
Scoppito
Torninparte
totale
ab. 1.044
ab. 2.600
ab. 2.228
ab. 3.015
ab. 8.887
2.3. D.S.B. di Barisciano: composto dai Comuni di
Barisciano
Calascio
Capestrano
Caporciano
Carapelle Calvisio
Castel del Monte
Castelvecchio Calv.
Collepietro
Navelli
Ofena
Poggio Picenze
S. Benedetto in P.
S. Pio delle Camere
S. Stefano di Sess.
Villa S. Lucia d/Ab.
totale
ab. 1.749
ab. 224
ab. 1.140
ab. 324
ab. 124
ab. 702
ab. 242
ab. 364
ab. 700
ab. 757
ab. 917
ab. 175
ab. 554
ab. 141
ab. 305
ab. 8.418
2.4 D.S.B. di S. Demetrio ne’ Vestini: composto dai Comuni di (8)
Fossa
Prata d’Ansidonia
S. Demetrio nÈ Vest.
S. Eusanio Forconese
Villa S. Angelo
Fontecchio
Fagnano Alto
Acciano
Tione degli Abruzzi
totale
ab. 630
ab. 615
ab. 1.553
ab. 462
ab. 480
ab. 469
ab. 494
ab. 537
ab. 483
ab. 5.723
2.5. D.S.B. di Montereale: composta dai Comuni di
Barete
Cagnano Amiterno
Campotosto
Capitignano
Montereale
totale
ab. 635
ab. 1.680
ab. 870
ab. 719
ab. 3.097
ab. 6.979
2.6 D.S.B. di Avezzano: composto dai Comuni di
Avezzano
ab. 37.076
2.7. D.S.B. di Tagliacozzo: composto dai Comuni di
(8) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996.
Cappadocia
Magliano dei Marsi
Massa d’Albe
Sante Marie
Scurcola Marsicana
Tagliacozzo
totale
ab. 661
ab. 3.498
ab. 1.321
ab. 1.496
ab. 2.328
ab. 6.449
ab. 15.753
2.8 D.S.B. di Civitella Roveto: composto dai Comuni di
Balsorano
Canistro
Capistrello
Castellafiume
Civita d’Antino
Civitella Roveto
Morino
S. Vincenzo Valle R.
totale
ab. 3.641
ab. 1.017
ab. 5.588
ab. 980
ab. 1.062
ab. 3.252
ab. 1.603
ab. 2.831
ab. 19.974
2.9 D.S.B. di Carsoli: composto dai Comuni di
Carsoli
Oricola
Pereto
Rocca di Botte
totale
ab. 5.074
ab. 897
ab. 637
ab. 449
ab. 7.057
2.10. D.S.B. di Gioia dei Marsi: composto dai Comuni di
Bisegna
Gioia dei Marsi
Lecce dei Marsi
Ortucchio
totale
ab. 463
ab. 2.273
ab. 1.699
ab. 1.926
ab. 6.361
2.11. D.S.B. di Celano: composto dai Comuni di (9)
Aielli
Celano
Cerchio
Ovindoli
totale
ab. 1.453
ab. 10.928
ab. 1.737
ab. 1.198
ab. 15.316
2.12. D.S.B. di Rocca di Mezzo: composto dai Comuni di (10)
Ocre
Rocca di Cambio
Rocca di Mezzo
totale
ab. 983
ab. 446
ab. 1.523
ab. 2.952
2.13. D.S.B. di Pescina: composto dai Comuni di
Collarmele
Ortona dè Marsi
Pescina
S. Benedetto dè M.
totale
ab. 1.048
ab. 988
ab. 4.686
ab. 3.915
ab. 10.637
2.14. D.S.B. di Trasacco: composto dai Comuni di
Collelongo
Luco dÈ Marsi
Trasacco
ab. 1.593
ab. 5.309
ab. 5.890
(9) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996.
(10) Punto così modificato dall’art. 1 della L.R. n. 24 del 1996.
Villavallelonga
totale
ab. 1.069
ab. 13.861
2.15. D.S.B. di Sulmona: composto dai Comuni di
Campo di Giove
Cansano
Pacentro
Pettorano sul Gizio
Rocca Pia
Sulmona
Introdacqua
totale
ab. 926
ab. 357
ab. 1.310
ab. 1.287
ab. 253
ab. 25.276
ab. 1.664
ab. 31.073
2.16. D.S.B. di Pratola Peligna: composto dai Comuni di
Pratola Peligna
Corfinio
Vittorito
Raiano
Roccacasale
Prezza
totale
ab. 7.800
ab. 969
ab. 1.135
ab. 2.701
ab. 767
ab. 1.221
ab. 14.593
2.17. D.S.B. di Scanno: composto dai Comuni di
Anversa degli A.
Bugnara
Cocullo
Scanno
Villalago
totale
ab. 453
ab. 1.157
ab. 415
ab. 2.333
ab. 737
ab. 5.076
2.18. D.S.B. di Castelvecchio S.: composto dai Comuni di
Castel di Ieri
Castelvecchio S.
Gagliano Aterno
Goriano Sicoli
Molina Aterno
Secinaro
totale
ab. 437
ab. 1.448
ab. 397
ab. 683
ab. 554
ab. 545
ab. 4.064
2.19. D.S.B. di Castel di Sangro: composto dai Comuni di
Alfedena
Ateleta
Castel di Sangro
Scontrone
totale
ab. 742
ab. 1.370
ab. 5.468
ab. 561
ab. 8.141
2.20 D.S.B. di Roccaraso: composto dai Comuni di
Pescocostanzo
Rivisondoli
Roccaraso
totale
ab. 1.284
ab. 792
ab. 1.666
ab. 3.742
2.21. D.S.B. di Pescasseroli: composto dai Comuni di
Barrea
Civitella Alfedena
Opi
Pescasseroli
Villetta Barrea
totale
ab. 863
ab. 299
ab. 533
ab. 2.160
ab. 614
ab. 4.469
Provincia di Pescara
3. PROVINCIA DI PESCARA: DISTRETTO SANITARIO
PESCARA
3.1. D.S.B. di Pescara
totale ab.: 60.000 ca.
3.2. D.S.B. di Pescara Sud
totale ab. 60.000 ca.
3.3 D.S.B. di Spoltore: comprendente i Comuni di
Moscufo
Pianella
Spoltore
totale
ab. 2.840
ab. 7.118
ab. 12.882
ab. 22.840
3.4. D.S.B. di Cepagatti: comprendente i Comuni di
Cepagatti
Nocciano
Rosciano
totale
ab. 7.865
ab. 1.560
ab. 3.023
ab. 12.448
3.5. D.S.B. di Popoli: comprendente i Comuni di
Bussi sul Tirino
Popoli
Tocco da Casauria
totale
ab. 3.159
ab. 5.749
ab. 3.044
ab. 11.952
3.6. D.S.B. di Scafa: composto dai Comuni di
Cugnoli
Alanno
Lettomanoppello
Manoppello
Scafa
Serramonacesca
Turrivalignani
totale
ab. 1.752
ab. 3.744
ab. 3.046
ab. 5.565
ab. 3.830
ab. 717
ab. 902
ab. 19.556
3.7. D.S.B. di Torre dei Passeri: composto dai Comuni di
Torre dei Passeri
Corvara
Pietranico
Castiglione
Pescosansonesco
Bolognano
totale
ab. 3.299
ab. 333
ab. 691
ab. 901
ab. 573
ab. 1.340
ab. 7.137
3.8. D.S.B. di S. Valentino in A. C.: composto dai Comuni di
Abbateggio
Caramanico Terme
Roccamorice
Salle
S. Eufemia A M.
S. Valentino A C.
totale
ab. 403
ab. 2.218
ab. 1.048
ab. 414
ab. 405
ab. 1.900
ab. 6.388
3.9. D.S.B. di Penne: composto dai Comuni di
Farindola
Montebello di B.
Penne
Picciano
totale
ab. 2.083
ab. 1.182
ab. 12.000
ab. 1.411
ab. 16.676
3.10 D.S.B. di Loreto Aprutino: composto dai Comuni di
Collecorvino
Loreto Aprutino
totale
ab. 4.822
ab. 7.235
ab. 12.057
3.11 D.S.B. di Civitella Casanova: composto dai Comuni di
Brittoli
Carpineto della Nora
Catignano
Civitaquana
Civitella Casanova
Vicoli
Villa Celiera
totale
ab. 470
ab. 758
ab. 1.595
ab. 1.378
ab. 2.149
ab. 958
ab. 985
ab. 7.785
3.12 D.S.B. di Città S. Angelo: composto dai Comuni di
Città S. Angelo
Elice
totale
ab. 10.165
ab. 1.746
ab. 11.911
3.13 D.S.B. di Montesilvano: composto dai Comuni di
Cappelle sul Tavo
Montesilvano
totale
ab. 2.984
ab. 35.393
ab. 38.377
Provincia di Teramo
4. PROVINCIA DI TERAMO
4.1. D.S.B. di Teramo: composto dai Comuni di
Campli
Basciano
Canzano
Castellalto
Cortino
Rocca S. Maria
Torricella Sicura
Teramo
Valle Castellana
totale
ab. 7.347
ab. 2.209
ab. 1.802
ab. 5.849
ab. 1.026
ab. 849
ab. 2.647
ab. 51.432
ab. 1.573
ab.: 74.734
4.2. D.S.B. di S. Egidio alla Vibrata: composto dai Comuni di
Ancarano
S. Egidio alla Vibrata
Civitella del T.
totale
ab. 1.753
ab. 7.882
ab. 5.673
ab. 15.308
4.3. D.S.B. di Montorio al Vomano: composto dai Comuni di
Crognaleto
Fano Adriano
Montorio al Vomano
Pietracamela
totale
ab. 1.780
ab. 431
ab. 8.690
ab. 337
ab. 11.238
4.4. D.S.B. di Isola del Gran Sasso: composto dai Comuni di
Castelli
Isola del Gran Sasso
Castel Castagna
Colledara
Tossicia
totale
ab. 1.598
ab. 4.949
ab. 609
ab. 2.149
ab. 1.462
ab. 10.767
4.5. D.S.B. di Tortoreto: composto dai Comuni di
Alba Adriatica
Colonnella
Martinsicuro
Tortoreto
totale
ab. 9.320
ab. 3.099
ab. 12.081
ab. 7.021
ab. 31.521
4.6. D.S.B. di Cermignano: composto dai Comuni di
Cermignano
Cellino Attanasio
Penna S. Andrea
totale
ab. 2.199
ab. 2.935
ab. 1.632
ab. 6.766
4.7. D.S.B. di Atri: composto dai Comuni di
Atri
Castilenti
totale
ab. 11.118
ab. 1.628
ab. 12.746
4.8. D.S.B. di Bisenti: composto dai Comuni di
Montefino
Arsita
Bisenti
Castiglione M.R.
totale
ab. 1.259
ab. 1.056
ab. 2.506
ab. 2.583
ab. 7.404
4.9. D.S.B. di Silvi: composto dai Comuni di
Pineto
Silvi
totale
ab. 11.956
ab. 12.729
ab. 24.685
4.10 D.S.B. di S. Omero: composto dai Comuni di
Nereto
Controguerra
Torano Nuovo
S. Omero
Corropoli
totale
ab. 4.397
ab. 2.494
ab. 1.712
ab. 5.088
ab. 3.689
ab. 17.380
4.11 D.S.B. di Giulianova: composto dai Comuni di
Giulianova
totale
ab. 21.160
ab. 21.160
4.12 D.S.B. di Roseto d/Abruzzi: composto dai Comuni di
Morro d’Oro
Notaresco
Roseto d/Abruzzi
totale
ab. 3.009
ab. 6.509
ab. 21.104
ab. 30.622
4.13 D.S.B. di Mosciano S. Angelo: composto dai Comuni di
Bellante
Mosciano S. Angelo
totale
ab. 6.291
ab. 7.553
ab. 13.844
COMPLESSIVAMENTE:
1. Provincia di Chieti
n. 21
2. Provincia di L’Aquila
n. 21
3. Provincia di Pescara
n. 13
4. Provincia di Teramo
n. 13
totale
n. 68
2.4 La prevenzione sanitaria e la protezione ambientale: istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente (A.R.P.A.); istituzione del Dipartimento di prevenzione delle U.S.L.
Premessa.
Per l’esercizio delle attività di prevenzione e controllo ambientale di cui al D.L. n. 496 del 1993 convertito
nella legge 21 gennaio 1994, n. 61 già esercitate dall’Unità sanitarie locali, sarà istituita con apposito
provvedimento legislativo l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente dell’Abruzzo.
La legge regionale disciplina l’organizzazione, il funzionamento e le modalità gestionali dell’Agenzia
nonché le modalità di coordinamento e integrazione della stessa con i Dipartimenti di prevenzione della
Unità sanitaria locale e con l’Istituto zooprofilattico sperimentale per le attività di sanità pubblica veterinaria
al fine di conseguire:
a) un coordinato ed omogeneo svolgimento delle attività connesse:
1) alla prevenzione collettiva ed ai controlli ambientali;
2) all’erogazione di prestazioni di rilievo sia ambientale che sanitario ed in particolare di prestazioni
laboratoristiche di supporto tecnico-specialistico per le funzioni proprie della Regione, delle Province, dei
Comuni e delle strutture del Servizio sanitario nazionale;
3) a compiti di supporto tecnico per le funzioni di programmazione ed indirizzo della Regione in materia
sanitaria ed ambientale;
b) la definizione di una struttura organizzativa unitaria per tutto il territorio regionale, articolata per ambienti
di attività operativa a livello sia regionale sia decentrato in aree territoriali di norma provinciali;
c) la partecipazione degli enti locali titolari di funzioni amministrative in materia ambientale all’attività di
programmazione dell’Agenzia.
La medesima legge regionale determina inoltre le modalità ed i criteri per l’attribuzione all’Agenzia del
personale, delle strutture operative, delle attrezzature e delle relative risorse finanziarie ai sensi dell’art. 3 del
D.L. n. 496 del 1993 convertito nella legge 21 gennaio 1994, n. 61.
Fino all’entrata in vigore della legge regionale ed all’effettiva costituzione dell’Agenzia, la U.S.L. non può
modificare in diminuzione le piante organiche né le dotazioni di personale e le attrezzature dei servizi da
trasferire all’Agenzia, assicurando nel contempo in via transitoria l’esercizio delle attività di interesse .
Il Dipartimento di prevenzione della U.S.L.
In ciascuna U.S.L. è istituito, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato con
D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, per svolgere le funzioni previste dagli artt. 16, 20, 21 della legge 28
dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni, il Dipartimento di prevenzione articolato nei seguenti
servizi:
a) Igiene, epidemiologia e sanità pubblica;
b) Medicina della comunità;
c) Igiene degli alimenti e della nutrizione;
d) Tutela della salute nei luoghi di lavoro;
e) Veterinari articolati distintamente in tre aree funzionali come previsto dal richiamato art. 7.
I predetti servizi hanno autonomia tecnico-funzionale e si integrano tra loro per un’efficacia valutazione di
tutti i dati e gli elementi conoscitivi ai fini di una compiuta e corretta pianificazione e programmazione degli
interventi e delle relative risorse.
Nell’esercizio delle funzioni e attribuzioni dei rispettivi servizi, i Dipartimenti di prevenzione delle U.S.L.
curano, in stretta integrazione con i distretti sanitari di base, lo svolgimento delle attività demandate dalla
normativa regionale.
Alla struttura dipartimentale è preposto, su nomina del Direttore generale dell’Azienda U.S.L., un dirigente
sanitario responsabile del Dipartimento, scelto tra i responsabili sanitari dei Servizi del Dipartimento stesso.
L’incarico di responsabile del Dipartimento è di tipo funzionale, temporaneo, revocabile e rinnovabile ed ha
la durata di anni tre.
Il responsabile del Dipartimento, per il periodo dell’incarico, mantiene la direzione del proprio servizio, con
possibilità di delegare compiti specifici dirigenti di 2° livello, o, in mancanza, a dirigente di 1° livello con
più titoli.
A supporto delle funzioni amministrative, gestionali e organizzative, il responsabile del Dipartimento di
prevenzione della U.S.L. si avvale di un ufficio amministrativo al quale sono assegnati un Dirigente
amministrativo per le funzioni relative agli affari generali, legali e del personale, ed un dirigente per gli
affari economico-finanziari e tecnico economali.
L’ufficio amministrativo opera in stretta integrazione con le corrispondenti strutture operative dell’Azienda
U.S.L.
Con apposita deliberazione della Giunta regionale saranno regolamentate le modalità di raccordo tra
Dipartimento e l’Istituto zooprofilattico sperimentale per l’attività di sanità pubblica veterinaria.
2.5 - Le Residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.).
Definizione.
La Residenza sanitaria assistenziale è una struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento,
prestazioni sanitarie, assistenziali e di recupero funzionale e sociale, a persone ultrasessantacinquenni e a
soggetti disabili non autosufficienti od a grave rischio di non autosufficienza, non assistibili a domicilio e
richiedenti trattamenti continui.
Essa costituisce anche una forma di risposta alle situazioni di bisogno sanitario di tali persone che,
inopportunamente, sono state finora o sono tuttora ricoverate in ospedale.
La R.S.A. fa parte della rete territoriale dei servizi di 1° livello e rientra per la prevalenza sanitaria degli
interventi tra le strutture del comparto sanitario.
“Ciò non toglie però che le attività che vi si svolgono non siano adeguatamente integrate con quelle del
comparto sociale: pertanto la R.S.A. si colloca in una posizione particolare e sostanziale diversa sia dalle
unità operative ospedaliere geriatriche, di riabilitazione e di lungodegenza sia dalle attuali residenze
extraospedaliere (case di riposo, case albergo, ecc.) che hanno per gran parte valenza sociale.
Il processo d’ntegrazione fra sanitario e sociale si realizza a livello istituzionale mediante protocolli di intesa
tra la U.S.L. e l’ente locale, e/o con enti privati con o senza scopo di lucro e il volontariato, nell’ambito della
normativa nazionale e regionale” dalle linee guida per le R.S.A. del Min. sanità 31 marzo 1994) .
Utenza delle R.S.A.
Possono essere ammessi al trattamento in R.S.A. soggetti anziani e disabili non autosufficienti, parzialmente
autosufficienti, autosufficienti ad alto rischio di invalidità, per i quali siano comprovate, da una parte, la
mancanza del supporto familiare, indispensabile per l’attuazione degli interventi di assistenza domiciliare
integrata e, dall’altra, l’assenza di patologie acute richiedenti il ricovero in ospedale.
Modalità di accesso.
L’indicazione al ricovero in R.S.A. spetta all’Unità valutativa geriatrica dopo valutazione multidimensionale
dell’anziano, con particolare riferimento al grado di autosufficienza e alla consistenza del supporto formale
(ADI) ed informale (famiglia, volontariato).
È necessario che gli strumenti di valutazione e i conseguenti criteri di ammissione vengano stabiliti a livello
regionale, scegliendo uno strumento che sia semplice, facilmente comparabile e soprattutto rigorosamente
validato sul piano statistico per quel che concerne la sua riproducibilità.
Tale valutazione multidimensionale permetterà di stabilire la necessità o meno dell’accesso dell’anziano alla
R.S.A. o, in alternativa, ad altre strutture della rete dei servizi.
Permetterà inoltre di compilare per l’anziano ammesso in R.S.A. un piano individualizzato di assistenza e di
effettuare periodicamente controlli dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati inizialmente.
Funzioni e servizi erogati.
L’obiettivo assistenziale prioritario della R.S.A. deve essere il raggiungimento od il mantenimento del
migliore livello possibile di qualità della vita degli ospiti.
Le funzioni operative della R.S.A. devono essere finalizzate prevalentemente alla:
1) riabilitazione globale (neuro-motoria, occupazionale, urologica, ecc.) con lo scopo di ottenere un recupero
che consenta il ritorno al proprio domicilio;
2) riabilitazione di mantenimento;
3) riattivazione psico-sociale onde evitare l’emarginazione e l’isolamento;
4) prevenzione della sindrome da immobilizzazione nei pazienti completamente non autosufficienti e
stabilmente allettati.
L’obiettivo complessivo è il recupero di ogni risorsa psico-fisica dell’anziano utilizzando le “normali”
attività quotidiane ed evitando che i tempi diurni siano trascorsi a letto.
Allo scopo di rendere più confortevole possibile il soggiorno nelle R.S.A. deve essere garantita un’abitabilità
quanto più vicina possibile alle abitudini di vita dell’ospite quanto a stile abitativo, ritmi di vita, comfort,
dandogli libertà di personalizzare il proprio ambiente.
Devono cioè essere rispettati il più possibile i ritmi della normale quotidianità.
Deve essere favorita la socializzazione mediante utilizzo di spazi comuni e soprattutto bisogna tenere la
R.S.A. inserita nel territorio, nel quartiere, in modo da non privare l’anziano della vita sociale precedente
all’ingresso, di non isolarlo dal gruppo familiare e/o amicale.
L’integrazione con gli altri servizi.
La R.S.A. deve avere una stretta interconnessione con i servizi socio-sanitari territoriali attraverso la Unità
valutativa geriatrica cui compete la funzione di coordinamento.
Essa deve essere in particolare collegata con le strutture ospedaliere, e con la Divisione di Geriatria, in
particolare, per favorire le dimissioni programmate e quindi il più rapido turn over dei pazienti ricoverati nei
reparti per acuti, e viceversa per garantire la disponibilità di un posto in ospedale qualora le condizioni
cliniche del paziente dovessero richiederlo.
Deve essere inoltre collegata con l’ADI per permettere la dimissione dalla R.S.A. ed il ritorno al proprio
domicilio quando le condizioni fisiche e sociali del paziente siano migliorate o comunque quanto siano
mutate le condizioni che avevano consigliato il ricovero.
Personale delle R.S.A.
Tenuto conto che la R.S.A. è inserita nei servizi di distretto e collegata al poliambulatorio e/o all’ospedale, le
dotazioni indispensabili di personale sono le seguenti (per una R.S.A. tipo di 60 ospiti):
1) la responsabilità dell’assistenza sanitaria e affidata ad un medico geriatra che deve essere presente tutti i
giorni per almeno 4 ore; deve comunque essere garantita la reperibilità per le urgenze 24 ore su 24;
2) la direzione organizzativa ed alberghiera è affidata ad un responsabile con profilo professionale non
medico ma con comprovate abilità direzionali e manageriali;
3) infermieri: 1 ogni 7 ospiti prevedendo almeno 1 infermiere per turno, più un infermiere con mansioni
direttive (capo-sala);
4) operatore tecnico o ausiliario socio-sanitario specializzato addetto all’assistenza: 1 ogni 4 ospiti;
5) terapista della riabilitazione: 1 ogni 20 ospiti;
6) terapista occupazionale: 1 ogni 10 ospiti.
Va previsto inoltre personale, non a tempo pieno, per attività specialistiche (es. psicologo), di assistenza
sociale, almeno un’unita di personale amministrativo, personale per le pulizie ed i servizi generali, che può
variare in termini numerici in base all’organizzazione della R.S.A. (completamente autonoma,
funzionalmente legata ai servizi distrettuali, al servizio ospedaliero ecc.).
Costi - Partecipazione alla spesa da parte degli utenti. (11)
L’assistenza in R.S.A. comporta la partecipazione finanziaria dell’assistito alla spesa alberghiera.
Tale partecipazione ha inizio dopo il secondo mese di ricovero, se l’assistito proviene da una fase acuta di
malattia in ospedale e l’avvio alla R.S.A. rappresenta una fase riabilitativa prima del ritorno al proprio
domicilio.
La partecipazione alla spesa è pari ad un’aliquota variabile dal 20% al 40% a seconda delle condizioni
economiche.
Nella R.S.A. non si pagano i tickets su farmaci e prestazioni diagnostiche.
All’ingresso nella R.S.A. viene sospeso l’assegno di accompagnamento e la scelta del medico di base.
Fabbisogno di R.S.A. in Abruzzo.
Viene stimato che la domanda complessiva di strutture residenziali interessi il 4-5% degli
ultrasessantacinquenni, vale a dire tra 280.000 e 350.000 persone su tutto il territorio nazionale.
La popolazione residente in Abruzzo al 20 ottobre 1991 (censimento Istat) è pari a 1.249.054 abitanti di cui
201.201 di età superiore ai 65 anni, con una percentuale pari al 16.1% superiore alla media nazionale che e
del 14.48%.
Pertanto può essere calcolato un fabbisogno di posti letto in strutture residenziali compreso tra 8.046 e
10.060 (1779-2224 nella Provincia di Pescara, 2064-2580 nella Provincia di L’Aquila, 1689-2112 nella
Provincia di Teramo, 2514-3143 nella Provincia di Chieti).
La Regione Abruzzo con deliberazione del Consiglio regionale n. 88/8 del 23 dicembre 1993 ha già
approvato l’attivazione in via sperimentale di due moduli di R.S.A. pubbliche nei Comuni di Pescina (AQ) e
Città S. Angelo (PE).
(11) Ai sensi dall'art. 25, comma 1, L.R. 13 gennaio 2014, n. 7, la disposizione di cui al presente punto trova
applicazione fino al 31 dicembre 2013.
Tali esperienze potranno servire da modello per l’attivazione di strutture analoghe pubbliche e/o private in
tutto il territorio regionale.
A tale scopo si potranno:
1) convertire in R.S.A. i posti ospedalieri in sovrannumero (reparti a basso indice di occupazione, ospedali
che non raggiungono lo standard minino di 120 posti letto);
2) favorire la trasformazione di posti letto di Case di cura private in R.S.A.;
3) coprire una parte del fabbisogno con il ricorso a quelle strutture residenziali private convenzionate che
accettino di adeguarsi strutturalmente e funzionalmente agli standard previsti dal D.P.C.M. del 22 dicembre
1989 e dal Piano sanitario nazionale;
4) adeguare alla normativa nazionale le strutture residenziali già esistenti sia a gestione pubblica diretta che a
gestione di I.P.A.B. sottoposte al vincolo di non alienabilità dei beni e disposte a stipulare apposite
convenzioni sulla durata di destinazione funzionale.
Nell’individuazione delle suddette indicazioni non può non pesare in modo non indifferente la presenza di
progetti già elaborati in sede di Piano d’intervento ex art. 20 legge n. 67 del 1988 e già inquadrati in
un’ottica di fabbisogno decennale, la cui copertura è stata recentemente riassicurata dagli organi centrali.
Pur tuttavia è necessaria procedere ad una risistemazione del programma succitato rendendolo il più
possibile coerente con le indicazioni del P.S.R. mediante l’adozione di apposito atto che rimoduli l’intero
programma regionale così come deliberato con atto del C.R. n. 141/36 del 21 marzo 1990.
“La R.S.A. trova riferimento normativo nella legge n. 67 del 1988 e nel D.P.C.M. 22 dicembre 1989. Si
differenzia dalle strutture riabilitative per la minore intensità delle cure sanitarie e per i tempi più prolungati
di permanenza degli assistiti, che in relazione al loro stato psico fisico possono trovare nella stessa anche
ospitalità permanente.
Per quanto attiene gli aspetti strutturali ed organizzativi, l’unità di base è il modulo o nucleo, composto di
20-25 posti per gli anziani non autosufficienti e di 10-15 posti (secondo la gravità dei pazienti) per disabili
fisici, psichici e sensoriali, utilizzando in maniera flessibile gli stessi spazi edilizi.
In base alle loro condizioni psico-fisiche, sono ospiti delle R.S.A.:
- anziani non autosufficienti (in media 4 moduli da 20/25 soggetti, fino ad un massimo di 6 moduli). Nelle
R.S.A. per anziani, di norma, un modulo di 10-15 posti va riservato alle demenze;
- disabili fisici, psichici e sensoriali (in media 2 moduli, massimo 3 da 10-15 soggetti” (da linee guida sulle
R.S.A. del Min. sanità 31 marzo 1994) .
Caratteristiche della struttura.
Gli standard tipologici ed i requisiti dimensionali per le R.S.A. sono stabiliti dal D.P.C.M. del 22 dicembre
1989, che ribadisce la necessità di prevedere spazi comuni per attività ricreative ed occupazionali, per servizi
sanitari e generali.
La superficie totale utile funzionale della struttura viene fissata in mq 40-45 per ospite.
Sul piano delle tipologie edilizie le residenze sanitarie assistenziali utilizzano come moduli base:
- nuclei elementari singoli per anziani non autosufficienti da 20 a 25 posti che possono beneficiare anche dei
servizi sanitari e sociali posti all’esterno;
- nuclei elementari singoli per disabili fisici, psichici e sensoriali da l0 e 15 posti che possono beneficiare
anche dei servizi sanitari e sociali posti all’esterno.
Tali nuclei, variamente aggregati ed articolati tra loro, danno origine:
- per soggetti anziani non autosufficienti a sistemi di più nuclei che non vanno di norma oltre gli 80 posti
residenziali e che possono arrivare (garantendo un’idonea separazione tra nuclei) fino ad un massimo di 120
posti, in zona ad alta densità abitativa ed urbana. Tali strutture sono dotate di propri servizi sanitari e sociali
secondo la composizione degli ospiti e con le adeguate connessioni con i servizi sanitari e sociali esistenti
sul territorio. In ogni struttura con nuclei in numero di 4, o superiori a 4, va garantita la presenza di un
nucleo riservato alle demenze;
- per disabili fisici, psichici e sensoriali, a sistemi di 2 o 3 nuclei, secondo la gravità della patologia e quindi
da 20 a 45 posti residenziali.
È prevista l’istituzione di R.S.A. nelle località segnate nelle allegate tabelle da realizzare o completare con i
contributi di cui all’art. 20 della legge n. 67 del 1988 per il triennio di riferimento del presente Piano con
l’indicazione tendenziale di sviluppo nell’arco dei successivi trienni finanziati con la citata normativa.
Il Direttore generale dell’U.S.L. ove è ubicata la R.S.A. provvederà, a completamento avvenuto della
struttura con i fondi sopra indicati, a predisporre un bilancio per la gestione della struttura stessa,
finalizzandone i relativi fondi.
Con deliberazioni della Giunta regionale, sentita la Conferenza permanente Regione-U.S.L. saranno emanate
disposizioni attuative inerenti gli aspetti organizzativi, gestionali ed economici delle R.S.A. pubbliche e
private.
Nel convenzionamento con il privato avranno precedenza le richieste che prevedano il riutilizzo di strutture a
destinazione sanitaria già esistenti. A tal fine la Giunta regionale predispone un elenco di strutture esistenti
che possono essere alienate per essere destinate a R.S.A. da parte del privato. In tale elenco possono essere
inserite strutture di proprietà di enti pubblici diversi dalla Regione previa richiesta in tal senso degli enti
interessati (12).
Provincia di Chieti
Localizzazione R. S. A.
Bomba
Castiglione Messer.Marino
Casoli
Ortona
Ripa Teatina
Vasto
Villa degli Ulivi-Chieti
Villa S.Maria
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
TOTALE
p.l.
80
20
20
20
80
40
100
20
DA REALIZZARE (°)
1° tr.
p.l.
2° 3° tr.
*
*
*
20
*
20
*
*
20
*
40
*
*
40
*
380
140
p.l.
80
20
60
60
20
240
(C1) = R.S.A. per anziani
(1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani
(°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988
tr. = triennio
Provincia di L’Aquila
Localizzazione R. S. A.
Avezzano per disabili ciechi
Avezzano per anziani Comune
Castel di Sangro
L’Aquila - Collemaggio
L’Aquila
Montereale
Pescassero
Pescina
Parlotta Peligna
Sulmona
(C2)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
TOTALE
p.l.
60
60
20
116
40
60
20
20
20
60
476
DA REALIZZARE (°)
1° tr.
p.l.
2° 3° tr.
*
40
*
*
*
20
*
*
60
*
(1) *
*
20
20
p.l.
20
60
116
40
*
20
*
60
160
316
(C1) = R.S.A. per anziani
(C2) = R.S.A- per disabili
(1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani
(°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988
tr. = triennio
Provincia di Pescara
Localizzazione R. S. A.
Cepagatti
Città S. Angelo
Penne
Penne
Pescara
Pescara
Tocco Casauria
TOTALE
(C1)
(C1)
(C1)
(C2)
(C1)
(C2)
(C1)
p.l.
40
20
60
60
60
40
32
312
DA REALIZZARE (°)
1° tr.
p.l.
2° 3° tr.
*
40
(1) *
20
*
*
60
*
*
32
*
152
p.l.
60
60
40
160
(C1) = R.S.A. per anziani
(C2) = R.S.A- per disabili
(12) Si veda anche la Delib.G.R. 12 aprile 1996, n. 1175 recante “Norme di attuazione del Piano sanitario
regionale 1994/1996 in materia di Residenze sanitarie assistenziali”.
(1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani
(°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988
tr. = triennio
Provincia di Teramo
Localizzazione R. S. A.
Atri
Castilenti
Giulianova
S. Omero
Teramo (Ricon. “De Benedictis”)
Teramo (Casalena)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
(C1)
TOTALE
p.l.
60
40
46
60
80
60
346
DA REALIZZARE (°)
1° tr.
p.l.
2° 3° tr.
*
*
40
*
46
*
*
*
40
*
*
20
146
p.l.
60
60
40
40
200
(C1) = R.S.A. per anziani
(C2) = R.S.A- per disabili
(1) = R.S.A. prevista nel progetto obiettivo anziani
(°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988
tr. = triennio
RIEPILOGO GENERALE R.S.A.
Localizzazione R. S. A.
Provincia di Chieti
Provincia di l’Aquila
Provincia di Pescara
Provincia di Teramo
p.l.
380
476
312
346
TOTALE
1.514
DA REALIZZARE (°)
1° tr.
p.l.
2° 3° tr.
*
140
*
*
160
*
*
152
*
*
146
*
598
p.l.
240
316
160
200
916
(°) = da realizzare con i fondi previsti dall’art. 20 L. 67 del 1988
tr. = triennio
3 - Indirizzi di organizzazione e di funzionamento delle attività.
3.1 Le attività d’urgenza e di emergenza sanitaria.
Il sistema di emergenza sanitaria.
Le attività d’urgenza ed emergenza sanitaria, previste dal D.P.R. 27 marzo 1992, hanno come riferimento
l’istituzione e l’attivazione del numero unico telefonico nazionale 118.
Il sistema di emergenza sanitaria, imperniato appunto sul numero 118, rappresenta uno degli aspetti più
qualificanti di questi ultimi anni, poiché evidenzia la voglia di cambiamento nella sanità che si intende
inquadrare finalmente in una realtà nuova.
Un’organizzazione razionale del sistema emergenze - urgenze può portare ad un aumento della “salute” in
termini reali e immediati con un rapporto costi benefici altamente positivo.
Diventa necessario, pertanto, un disegno strategico per la razionalizzazione dell’area emergenza - urgenza
che abbia la finalità di gestire non solo le situazioni che implicano un approccio diagnostico e curativo, ma
anche quelle di carattere igienico, veterinario e sanitario in genere, assicurando un funzionamento ottimale
attraverso il coordinamento delle attività.
La costruzione di un sistema per le emergenze deve portare ad un’organizzazione integrata delle varie
componenti del soccorso che facciano capo ad un unico centro di coordinamento e concorrano in modo
ottimale per soddisfare le esigenze di portare soccorso sul territorio con tempestività e di continuare, ove
necessario, l’erogazione del trattamento sanitario in una struttura ospedaliera idonea al caso.
L’intera organizzazione va commisurata alle effettive esigenze e va informata, pertanto, a criteri di
gradualità nella realizzazione e di flessibilità nella gestione.
Sistema direzionale per le emergenze: Centrale operativa.
La Centrale operativa rappresenta il momento di coordinamento che permette di mettere in funzione, in
tempi rapidi e nella maniera ottimale, i settori dei singoli servizi destinati alle emergenze, mediante un
apporto multidisciplinare.
Il sistema d’allarme sanitario fa capo al numero telefonico unico nazionale istituito per l’emergenza 118, la
cui attivazione deve rispettare le seguenti condizioni:
a) superamento di altri eventuali numeri di soccorso di strutture o servizi che entrano a far parte del sistema
dell’emergenza sanitaria;
b) tale disattivazione deve essere subordinata in ciascuna area all’attivazione completa del sistema (allarme,
intervento territoriale, risposta ospedaliera);
c) la disattivazione può consistere nel convogliamento automatico sulle Centrali operative del 118 delle
chiamate di eventuali altri numeri abituali di soccorso;
d) attivazione di meccanismi d’informazione - educazione multimediale per rendere edotti i cittadini
sull’esistenza e sull’uso corretto del 118.
Funzioni della centrale:
- ricevere le chiamate di soccorso;
- inviare l’unità operativa di soccorso idonea;
- allertare le strutture sanitarie;
- governare il traffico sanitario;
- mantenere il contatto, conoscere la localizzazione e la disponibilità di tutte le unità operative di soccorso;
- mantenere il contatto, conoscere la dislocazione e la disponibilità dei medici di guardia medica;
- conoscere la situazione dei posti letto in tutti gli ospedali del territorio competente;
- fungere da centro prenotazioni ambulanze per i trasporti programmati;
- presiedere, in caso di disastri, catastrofi e calamità, all’organizzazione delle operazioni di soccorso;
- governare le uscite dei mezzi di soccorso;
- indicare e coordinare l’utilizzo di protocolli specifici.
Sistema direzionale per le emergenze: comunicazioni e collegamenti.
Le Centrali operative sono collegate fra di loro, con i servizi per l’emergenza ospedaliera, con enti ed
istituzioni di norma impegnati in operazioni collaterali a quelle di soccorso sanitario, su linee dedicate
telefoniche e assicurano i radio collegamenti con le autoambulanze, gli altri mezzi di soccorso coordinati e
con i servizi del sistema di emergenza-urgenza sanitaria del territorio di riferimento, su frequenze dedicate e
riservate al Servizio sanitario nazionale.
Sistema direzionale per le emergenze: personale e responsabilità nella Centrale operativa.
La Centrale operativa è attiva 24 ore su 24 e si avvale, nell’ambito delle competenze affidate, di personale
dipendente infermieristico e medico, con esperienza nel settore delle emergenze, e di personale del servizio
di guardia medica abilitato all’emergenza ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 25 gennaio 1991 n. 41 ed in attività,
con incarico a tempo indeterminato formalizzato al 30 dicembre 1993 nel rispetto di quanto disposto dall’art.
8, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 517 del 1993.
Il suddetto personale, che operi anche nelle emergenze territoriali, a rotazione sarà impegnato nelle attività
sul territorio, in quella della Centrale operativa oltre che nell’attività ospedaliera.
Nelle Centrali operative potrà essere eventualmente impegnato, con compiti non medici, sulla base di
apposita convenzione con gli organismi di appartenenza, personale degli enti e delle associazioni pubbliche e
private che siano in possesso della prevista autorizzazione sanitaria.
Gli operatori sono supportati dalla disponibilità per 24 ore di un medico coordinatore, proveniente a
rotazione dal pool di medici delle aree di emergenza ospedaliera (pronto soccorso, rianimazione) e dai
medici di guardia medica abilitati per l’emergenza, con le seguenti funzioni:
- supervisione dell’attività di soccorso coperto dai mezzi sul territorio;
- radioconsulenza agli equipaggi dei mezzi di soccorso;
- consulenza, su richiesta, agli operatori di centrali;
- intervento nelle macro emergenze per le operazioni di “triage”;
- rapporti con gli ospedali in caso di trasferimenti;
- rapporti con le strutture regionali.
La responsabilità medico-organizzativa della Centrale operativa è attribuita dalla U.S.L. nominativamente,
anche a rotazione, a un medico ospedaliero con ex qualifica non inferiore ad aiuto, in possesso di
documentata esperienza ed operante nell’area dell’emergenza.
Il responsabile di centrale esercita le seguenti funzioni:
organizzazione generale del servizio:
- definizione degli aspetti tecnici che regolano i rapporti con le altre strutture di emergenza non sanitaria
(VVFF, Carabinieri, Polizia, etc) e con gli enti convenzionati;
- attrezzature dei mezzi di soccorso;
- caratteristiche del personale (iter formativo - professionale),
- ambiti di responsabilità degli enti a convenzione (il coordinamento generale rimane di responsabilità della
U.S.L.).
definizione dei protocolli operativi:
- protocolli per la chiamata, la scelta del mezzo di soccorso e la definizione dell’ospedale di destinazione;
- protocolli di accettazione ed effettuazione dei trasporti secondari assistiti;
- definizione e caratteristiche dei mezzi e del personale di soccorso;
- protocolli di triage;
- protocolli di assistenza sul posto e in itinere;
- definizione dei programmi di revisione della qualità;
gestione del personale:
- definizione dei programmi di aggiornamento e formazione;
- caratteristiche della turnazione del personale nella Centrale operativa e dei mezzi di soccorso;
- definizione delle caratteristiche generali del personale di eventuali altri enti (iter professionale richiesto,
frequenza e programmi dei corsi di aggiornamento) .
Sistema extra ospedaliero.
Gli interventi extraospedalieri sono assicurati da Unità operative autosufficienti, coordinate dalla Centrale e
costituite da mezzi e/o personale di soccorso dislocate sul territorio in modo da ridurre al minimo i tempi
d’intervento, eventualmente anche con il concorso di enti e di associazioni pubbliche e private, in possesso
della prevista autorizzazione sanitaria, sulla base di apposite convenzioni.
Emergenze.
a) Soccorso primario:
1) - ambulanza di soccorso con equipaggio composto da autista e da infermiere o soccorritore qualificato;
2) - auto medicalizzata con equipaggio composto da autista e medico abilitato per l’emergenza.
b) Soccorso primario avanzato e secondario:
1) unità mobile di rianimazione: è necessario un mezzo ogni 100.000/150.000 abitanti, con sede in presidi
ospedalieri;
2) eliambulanza: utilizzazione mirata e razionale (trasporti per pazienti critici, neonati a rischio, per trapianti
di organi, ecc.).
- Le unità operative semplici (ambulanze di soccorso) sono distribuite sul territorio tenendo conto di
parametri generali (densità abitativa, viabilità, dati epidemiologici, ecc.) con l’obiettivo che ogni punto
periferico sia raggiungibile in un tempo, di norma, non superiore a 15-20 minuti.
Di norma le unita operative saranno localizzate seguendo le sottoelencate priorità:
1 - Ospedali (aree di Pronto Soccorso);
2 - Distretti sanitari;
3 - Altre sedi sanitarie dislocate sul territorio regionale.
- Le auto medicalizzate avranno una distribuzione sovra-zonale e localizzazione preferibilmente ospedaliera
o in alcuna delle sedi periferiche strategiche.
I notevoli vantaggi derivanti dall’uso dell’auto medicalizzata sono evidenziati dalle considerazioni che
seguono:
a) svincola l’équipe medica dal trasporto diretto di pazienti;
b) rende l’equipaggio estremamente mobile e agile sul territorio;
c) è possibile attivare l’équipe solo su richieste motivate ed eventualmente interrompere l’intervento o
dirottarlo su altri eventi;
d) offre una notevole versatilità operativa, infatti può essere attivata:
- direttamente dalla Centrale operativa eventualmente in contemporanea con 1’ambulanza di soccorso
periferica, nei casi di evidente gravità;
- su indicazione dell’ambulanza di soccorso inviata sul luogo dell’evento qualora, oltre la stabilizzazione,
siano ritenuti necessari provvedimenti più specifici; in questi casi si può effettuare la medicalizzazione in
itinere, con il trasbordo sull’ambulanza del medico e degli strumenti medicali necessari;
- se a partenza da sede ospedaliera, può sostituire il mezzo mobile di rianimazione nel soccorso primario
avanzato ed eventualmente inviare specifiche competenze mediche (pediatra, cardiologo, rianimatore, ecc.);
- riduce notevolmente i costi di acquisto; ogni ambulanza di soccorso può trasformarsi, con il trasbordo dei
materiali descritti appresso, in mezzo mobile di rianimazione.
Per auto medicalizzata si intende un veicolo leggero con identificatori di emergenza (colorazione vistosa,
sirena bitonale, lampeggiante azzurro) con a bordo un medico ed un autista che consente il diretto ed
immediato intervento sul luogo dell’evento.
Il veicolo è dotato delle seguenti attrezzature mediche alloggiate nel vano posteriore:
- cardiodefibrillatore;
- elettroaspiratore;
- valigie farmaci/strumentario;
- pallone Ambu adulti;
- pallone Ambu pediatrico;
- set intubazione completo in acciaio inox monouso;
- respiratore ed accessori per assistenza respiratoria;
- collari cervicali;
- bombola 02 da 5 litri con riduttore di flusso, flussometro;
- accessori tecnici (prese corrente 12 V e 220 V);
- sistemi di comunicazione (radiofrequenza ed eventuale 900 MHz).
- Le unita mobili di rianimazione avranno una localizzazione ospedaliera. La dotazione medicale e simile,
nell’attrezzatura di base, a quella dell’auto medicalizzata, con possibilità di assemblare anche strumenti più
sofisticati.
- Le eliambulanze avranno valenza regionale. In considerazione degli elevati costi che un servizio di
eliambulanza comporta, si può prevederne un’utilizzazione mirata e razionale eventualmente anche
stabilendo rapporti con enti di soccorso non sanitari dotati di elicottero (VV.FF, Corpo Forestale, ecc.).
In ogni caso l’eliambulanza è integrativa e non sostitutiva, né prioritaria nei tempi di realizzazione del
servizio, della rete di mezzi terrestri di soccorso.
Nonostante alcuni altri svantaggi, oltre il costo, quali la possibilità di volo solo in condizioni meteorologiche
favorevoli, impossibilità di volo notturno strumentale se non tra aree attrezzate (aeroporti), l’eliambulanza
motiva la sua competitività in:
- rapidità d’intervento;
- atraumaticità del trasporto (ogni organismo, specie in presenza di patologie traumatiche e non, può subire
danni biologici a causa vibrazioni persistenti, soprattutto se comprese fra i 4 e i 12 Hz).
Mentre le ambulanze presentano una frequenza vibratoria tra Ø e 15 Hz, insistente nello spettro della
nocività, l’eliambulanza oscilla in un range tra l8 e 28 Hz, tra l’altro solo nelle fasi di decollo ed atterraggio.
L’eliambulanza ha indicazioni particolari in:
- trasporto secondario (interospedaliero di pazienti critici);
- trasporto di neonati “a rischio” in incubatrici;
- trasporto di forniture urgenti (sangue, plasma, antidoti, farmaci rari);
- trasporti urgenti per trapianti d’organo;
- trasporti primari su litorali, imbarcazioni e navi in transito, piattaforme;
- trasporti primari nelle zone montane o altrimenti inaccessibili (con verricello di soccorso);
- trasporti primari in incidenti di traffico, sportivi, ecc.
Per quanto riguarda il personale non medico, l’impossibilita di avere disponibile un certo numero di
infermieri professionali impone il ricorso ad altre figure di operatori. Il personale medico che opera sui
mezzi di soccorso sarà costituito, di norma, da sanitari della guardia medica abilitati all’emergenza.
Per i mezzi mobili di rianimazione e le eliambulanze la medicalizzazione verrà affidata, di norma e a
seconda dei casi, a medici ospedalieri di aree critiche (Pronto Soccorso e Rianimazione). In casi particolari
può essere prevista la presenza di altre competenze specialistiche (cardiologi, ecc).
Per il trasporto del neonato a rischio verrà previsto un unico servizio a valenza regionale, facente capo alle
Unità operative di Neonatologia degli Ospedali di L’Aquila e di Pescara.
Urgenze.
Guardia medica prefestiva, festiva e notturna.
In considerazione della maggiore funzionalità del servizio assicurata dal coordinamento da parte della
Centrale operativa collegata con i medici a mezzo di radiofrequenze o 900 MHz, dalla possibilità di
assegnazione di nuovi incarichi “in itinere” senza necessità di ritorno in sede, dal minor carico di lavoro
derivante dall’istituzione delle U.O. per le emergenze, dalla caduta dei rigidi schemi geografici di
riferimento, le postazioni di guardia medica sono ridistribuite secondo parametri più rispondenti alla reali
necessità del territorio.
Di norma la postazione di guardia medica ha sede in ospedale o nei distretti sanitari.
Dotazione: auto attrezzata di materiale medicale di soccorso e apparati di comunicazioni.
Funzioni: la guardia medica assicura interventi domiciliari e territoriali sulle urgenze individuate dalla
Centrale operativa su un bacino di riferimento, salvo indicazioni diverse della Centrale operativa.
Le unità operative per l’emergenza e l’urgenza possono essere incrementate nel numero e/o nella dotazione
organica, in occasione di incrementi stagionali o estemporanei di popolazione o per altre esigenze sanitarie,
ricorrendo anche ad incarichi a tempo determinato.
Sistema intraospedaliero
Fermo restando quanto previsto dalla vigente normativa in materia di accettazione sanitaria, il sistema di
emergenza sanitaria assicura:
a) il servizio di pronto soccorso;
b) il dipartimento di emergenza.
Le funzioni di pronto soccorso
Premesso che il pronto intervento di base viene comunque erogato da tutte le strutture ospedaliere del
territorio, si individuano quali sedi di pronto soccorso attivo partecipanti al sistema di accettazione e di
emergenza sanitaria gli ospedali dotati di un servizio autonomo di pronto soccorso, in grado di assicurare gli
interventi necessari alla stabilizzazione del paziente, il trasporto protetto e almeno le seguenti competenze:
- mediche;
- chirurgiche;
- di anestesia e rianimazione;
- cardiologiche;
- ortopediche;
- pediatriche;
- ostetriche;
- di laboratorio di analisi chimico-cliniche;
- radiologiche;
- trasfusionali (banca sangue in attività).
La responsabilità delle attività del pronto soccorso e il collegamento con le specialità di cui è dotato
l’ospedale sono attribuiti nominativamente, anche a rotazione non inferiore a sei mesi, ad un medico con ex
qualifica non inferiore ad aiuto, con documentata esperienza nel settore.
Il dipartimento di emergenza.
Quali sedi di dipartimento di emergenza vengono individuati gli ospedali principali dei quattro capoluoghi di
provincia che, per la presenza di alte specializzazioni, costituiscono poli di riferimento infraregionale per
l’emergenza.
La responsabilità delle attività del dipartimento e il coordinamento con le unità operative specialistiche di cui
è dotato l’ospedale sono attribuiti nominativamente, anche a rotazione non inferiore a sei mesi, ad un
secondo livello dirigenziale medico, chirurgo o rianimatore, con documentata esperienza nel settore.
La realtà regionale.
La Regione Abruzzo ha già realizzato, attraverso la SIP, le Centrali operative per la ricezione di chiamate
con il numero 118 e la rete telefonica, per mezzo di linee dedicate, necessaria al collegamento fra le Centrali
medesime e i reparti ospedalieri d’urgenza.
Le Centrali sono già ubicate in ogni capoluogo di provincia e saranno organizzate di norma su base
provinciale, previa intesa tra la U.S.L. e le Aziende ospedaliere con attività di supporto di Centrali minori
ubicate in Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto, sedi di distretto telefonico. Le funzioni di coordinamento
regionale, nei casi in cui l’evento interessi più ambiti territoriali o non ne sia possibile la risoluzione con la
sola organizzazione dell’ambito di riferimento, saranno espletate dalle Centrali operative di Pescara e
Teramo.
Il sistema deve essere completato con una rete di radiocollegamenti, indispensabile per assicurare i contatti
fra la Centrale e gli operatori e i mezzi presenti sul territorio, e di un sistema informativo in grado di fornire
in tempo reale tutti i dati indispensabili per le operazioni di emergenza (disponibilità posti letto,
informazioni sull’organizzazione, dislocazione mezzi, ecc.) ed eventuali altri dati (es. statistiche).
Gli impianti di comunicazione telefonica sono già collaudati. Potrà pertanto valutarsi l’opportunità di
attivare il 118, in ambito provinciale, dove siano presenti condizioni di organizzazione utili per una prima
fase di attività e sia possibile sfruttare l’esistenza di frequenze locali per i radiocollegamenti, con l’obiettivo,
della realizzazione del sistema nell’arco del triennio 1994/1996.
A tal fine, per la rapidità degli interventi, potranno essere assunte dalla Giunta regionale, se del caso, le
opportune determinazioni.
L’auspicabile presenza di nuclei territoriali già funzionanti faciliterà senz’altro la realizzazione totale dei
servizi integrati per l’emergenza.
Maxi - emergenze.
Di concerto fra il Servizio Protezione Civile e il Settore Sanità della Regione saranno individuati gli
adeguamenti da apportare all’organizzazione dei servizi urgenze-emergenze sanitarie e i piani di intervento
intra-ospedaliero ed extra-ospedaliero, da adottare al verificarsi di eventi calamitosi causa di maxiemergenze, per fronteggiare le emergenze di carattere sanitario da tali eventi originate.
Codifica degli interventi.
Gli interventi di emergenza saranno classificati sulla base dei criteri di codificazione previsti dal decreto del
Ministro della sanità 15 maggio 1992 e sue eventuali successive modificazioni e integrazioni, anche ai fini
delle registrazioni necessarie per documentare le attività svolte e i soggetti interessati .
Il trasporto di infermi e feriti.
L’autorizzazione all’esercizio delle attività di trasporto di infermi e feriti è concessa, nei limiti delle esigenze
del sistema sanitario, con decreto Presidente Giunta regionale previo accertamento dei requisiti tecnici
effettuato dalla U.S.L. ad enti, istituti, organizzazioni ed associazioni di volontariato.
Sono esclusi da detta autorizzazione i servizi di autoambulanza gestiti dalla Croce Rossa Italiana e da enti e
corpi dello Stato quali Forze Armate e Vigili del Fuoco.
Sono fatte salve le autorizzazioni attualmente in vigore rilasciate da organismi regionali.
Le tariffe relative al trasporto di infermi e feriti sono stabilite dalla Giunta regionale, su proposta
dell’Assessorato regionale alla sanità-igiene-sicurezza sociale sentita la Conferenza permanente per i
rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali.
I titolari delle autorizzazioni devono provvedere, almeno una volta ogni sei mesi e ogni qualvolta sia
necessario a proprie spese, alla generale pulizia e alla disinfezione degli ambienti, degli arredi, dei veicoli,
nonché alla loro manutenzione; tali operazioni devono essere registrate su un apposito registro e
controfirmate dal responsabile sanitario e sono soggette a periodiche verifiche da parte della U.S.L.,
competente per territorio.
In caso di violazione delle disposizioni di cui al presente Piano sanitario regionale la U.S.L. competente per
territorio può ordinare, previa diffida, la sospensione dell’attività fino a quando le cause che hanno
determinato il provvedimento non siano state rimosse: in caso di ripetute o gravi violazioni la U.S.L. può
richiedere la revoca dell’autorizzazione (13) .
3.2 - La medicina generica di base.
Premessa.
La programmazione regionale, nel contesto del riordinamento della rete ospedaliera, la limitazione delle
lungodegenze e l’obbligo di attivare ovunque i day hospital al fine di favorire la deospitalizzazione, deve
necessariamente prevedere il potenziamento dei servizi territoriali.
Con una tale impostazione si ha l’attuazione di un duplice fine:
1) notevole attenzione ai bisogni dei cittadini che comporta l’impegno a risolvere i problemi sanitari
“prevalentemente nel luogo di abituale insediamento”, senza sradicamenti o disagi sociali ed economici;
2) assicurare la “continuità assistenziale” con il potenziamento dei Servizi territoriali ed il trattamento in
sede locale di tutta la casistica che non richieda il ricovero ospedaliero, agevolando l’integrazione tra i
servizi territoriali: Medicina Generale, Pediatrica di base, Specialistica, Attività consultoriale, Servizi
semiresidenziali, Residenze sanitarie assistenziali.
Convenzione unica per le diverse attività mediche.
(13) Si veda anche art. 2 della L.R. n. 24 del 1996.
Per la “disciplina dei rapporti per l’erogazione delle prestazioni assistenziali” si fa riferimento a quanto verrà
stabilito in sede nazionale con la prevista convenzione unica.
Accesso alla nuova convenzione.
Saranno predisposti in base ai quali sarà disciplinato l’accesso alle attività che devono essere espletate
nell’ambito del nuovo accordo.
Creare, cioè, le premesse funzionali che rendano possibile il raccordo tra gli obiettivi del Piano sanitario
regionale e l’art. 8/502 che disciplina normativamente l’attività dei medici necessari per il raggiungimento
degli obiettivi stessi.
A tal fine si rende necessario prevedere:
a) trasferimento a richiesta dei medici già iscritti negli albi della generica e non incompatibili ai sensi della
legge n. 412 del 30 dicembre 1991 nelle zone che si renderanno prossimamente carenti;
b) concessione del tempo pieno in un’unica convenzione ai medici di guardia medica e di medicina dei
servizi che ne facciano richiesta permettendo, comunque, ai restanti titolari la priorità, a domanda, di operare
su opzione nel rispetto del tetto consentito in più ambiti convenzionali;
c) aprire la possibilità di inserire altri medici in convenzione solo dopo aver soddisfatto i precedenti punti;
d) prevedere un rapporto ottimale adeguato alla possibilità di libera scelta da parte dei cittadini e di corretta
organizzazione e manuntenzione degli ambulatori
e) istituire e far rispettare un massimale di cittadini in carico a ciascun medico, tenuto conto che tale
massimale deve prevedere la possibilità per l’operatore di avere un’ampia statistica clinica e la possibilità di
fare eventuale e ricerca;
f) incentivare a tal fine l’esercizio della Medicina di gruppo;
g) incentivare l’uso della moderna tecnologia negli ambulatori degli operatori;
h) istituire corsi di formazione permanente a frequenza obbligatoria ed a partecipazione intercategoriale
(medici di medicina generale, specialisti ed ospedalieri).
Obiettivo assistenza sanitaria di base e correlativa attività.
L’obiettivo dell’Assistenza sanitaria di base è quello di promuovere la salute, mediante attività di
Educazione sanitaria e Medicina preventiva individuale, Diagnosi, Cura e Riabilitazione di primo livello.
Le attività e le prestazioni di medicina generale e pediatrica si svolgono presso le strutture sanitarie già
esistenti, o presso i distretti ed i poliambulatori.
Il livello di Medicina Generale, Pediatria di libera scelta è costituito dal complesso delle attività e prestazioni
di seguito elencate:
- visita medica ambulatoriale;
- visita medica domiciliare, in caso di impossibilità dell’assistito ad accedere all’ambulatorio del medico
curante;
- visita occasionale in caso di necessità in località diversa da quella di residenza del cittadino;
- consulto con il medico specialista, in sede ambulatoriale o domiciliare, anche mediante l’accesso presso
istituti di ricovero in fase di accettazione, degenza o dimissione del paziente;
- rilascio della certificazione medica obbligatoria ai sensi della vigente legislazione;
- prescrizione di farmaci e di prestazioni di assistenza integrativa;
- richiesta di visite specialistiche, prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio ed altre prestazioni
specialistiche in regime ambulatoriale;
- proposta di ricovero in strutture di degenza anche a ciclo diurno;
- proposta di invio a cure termali;
- definizione e gestione del piano di trattamento individuale domiciliare di pazienti non deambulabili ed
anziani;
- rispetto dei programmi di V.R.Q.
Si rende necessario quindi:
a) istituzionalizzare un corretto rapporto informativo tra specialista ospedaliero e medico di medicina
generale;
b) deburocratizzare al massimo le prestazioni del medico di base;
c) incentivare i ricoveri domiciliari, l’assistenza programmata ed integrata domiciliare al fine di
razionalizzare la spesa ospedaliera e aumentare la fiducia e la collaborazione dei cittadini, fornendo ai
medici di medicina generale i necessari supporti socio-sanitari domiciliari;
d) attuare la verifica della qualità dell’organizzazione e delle prestazioni (V.R.Q.).
Guardia medica - Emergenza territoriale.
La guardia medica in forma attiva conta attualmente in Abruzzo circa 100 sedi in cui operano sanitari che
garantiscono la copertura di turni prefestivi-festivi-notturni.
Essendo ancora in fase di allestimento il Dipartimento di emergenza territoriale (D.A.E.U.), la guardia
medica garantisce attualmente sia l’urgenza che l’emergenza.
In osservanza dell’art. 22, del D.P.R. n. 41 del 1991 la Regione Abruzzo ha già terminato un primo corso per
la selezione di personale riqualificato per l’emergenza; detto personale sarà impiegato sul territorio e per i
compiti identificati nel D.P.R. di riferimento.
A tal fine saranno privilegiate modalità di impiego a tempo pieno di detto personale nel programma per
l’emergenza.
L’obiettivo è la razionalizzazione del servizio di guardia medica creando le premesse funzionali per la sua
integrazione nel D.A.E.U.
Poiché la Regione Abruzzo sta predisponendo un D.A.E.U. nel quale il servizio di guardia medica è
integrato funzionalmente, si ritiene indispensabile che detto servizio continui ad essere prestato in ambito
territoriale.
È prioritario identificare sia il numero delle sedi di guardia medica collocate in ambito distrettuale e che
saranno collegate alle Centrali operative sia il contingente medico necessario per la copertura dei servizi.
Dovranno essere prioritariamente i medici di guardia medica riqualificati con il corso per l’emergenza ed in
servizio a tempo indeterminato al 30 dicembre 1993, a garantire l’emergenza sul territorio, nel rispetto di
quanto disposto dall’art. 8, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 517 del 1993.
Si ritiene utile che ove possibile a detti operatori sia affidata anche la prima risposta sanitaria telefonica nella
Centrale operativa, fermo restando il rapporto gerarchico con il responsabile sanitario (aiuto ospedaliero)
della centrale stessa.
Detta soluzione renderebbe possibile l’eventuale “surroga” degli infermieri ai quali è demandata, nella
norma, detta funzione nel D.P.R. 27 marzo 1992 per l’emergenza.
La possibilità che dal punto di vista organizzativo-gestionale le Centrali operative possono ispirarsi a criteri
attuativi diversi, purché compatibili con gli standard di organizzazione, professionalità ed operatività...”
rende attuabile la soluzione prospettata .
Medicina dei servizi.
Il contratto di medicina dei servizi è stato sostanzialmente strumento normativo ed economico per
l’acquisizione di personale medico non specialistico.
In Abruzzo gli ambiti operativi sono stati ribaditi con delibera della Giunta regionale n. 2923 del 7 maggio
1992 e sostanzialmente sono quelli della Medicina Preventiva di Comunità.
Infatti vari servizi delle U.L.S.S. hanno acquisito personale medico tramite il contratto della medicina dei
servizi per coprire le carenze degli organici massimamente nel settore più scoperto, quello della prevenzione.
I compiti affidati sono di istituto e tutti previsti dalla legge n. 833 del 1978 e dalla legge n. 10 del 1980
regionale.
I medici dei servizi garantiscono in buona parte delle U.L.S.S. abruzzesi le attività di cui alla circolare
regionale n. 10205/4 del 19 maggio 1992 ed operano già a tempo pieno nelle U.L.S.S. di Vasto, di Pescara,
di S. Omero, di Ortona, di Teramo e di Avezzano.
I medici dei servizi a tempo indeterminato al 30 dicembre 1993 sono da considerarsi ad esaurimento ai sensi
del coordinato disposto D.Lgs. n. 502 del 1992 e D.Lgs. n. 517 del 1993 e come tali da inquadrare nei servizi
della U.S.L. ed ospedalieri (art. 8).
L’obiettivo è quello di ottimizzare i servizi attualmente garantiti e razionalizzare, nel contempo, l’impiego
del personale favorendo l’impegno a tempo pieno dello stesso; evitando di ricorrere a forme di incarico
precario.
Attualmente ogni U.L.S.S. ha un proprio protocollo operativo e anche il numero dei sanitari impiegati nei
servizi è disomogeneo.
È necessario creare protocolli operativi regionali che garantiscano le attività di medicina di comunità
(medicina scolastica preventiva, educazione sanitaria e campagna AIDS, vaccinazione di massa obbligatoria,
come per l’epatite B, e facoltative, medicina di base consultoriale) e che rispondano a parametri uniformi
riguardo al rapporto operatore-numero utenti.
anche per soddisfare le necessità della U.S.L. che garantisce con medici dei servizi la medicina fiscale e che
impiega detti sanitari nei servizi di medicina del lavoro, nella medicina iniettiva e dei prelievi e nei presidi di
diagnosi e cura occorre, quindi, assorbire detti sanitari nei servizi di appartenenza, con pari dignità operativa
rispetto ai medici dipendenti.
I compiti attualmente garantiti con la medicina dei servizi saranno quindi rimessi ai servizi della U.S.L. che
provvederà a garantirli utilizzando il personale della nuova pianta organica.
La riconduzione di detti sanitari ai servizi nei quali, di fatto, sono già inquadrati costituisce un’operazione di
“consolidamento dell’esistente” a costo consente il più ampio utilizzo dei medici dei servizi.
È necessario, inoltre:
1) attuare in ciascuna U.S.L. i parametri regionali più volte identificati riguardo il rapporto operatoripopolazione ed i compiti di istituto;
2) assegnare sollecitamente le ore carenti ai medici dei servizi a tempo indeterminato incentivando l’opzione
per il tempo pieno e l’impiego del personale in aree omogenee di attività, al fine di favorirne l’arricchimento
professionale ed una più semplice gestione.
[3.3 Il riordino dell’assistenza specialistica ambulatoriale.
L’erogazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale viene affidata a diverse strutture
tipologiche:
- il poliambulatorio ospedaliero;
- il Distretto sanitario di base;
- l’ambulatorio specialistico convenzionato esterno, nelle more della nuova tipologia di accreditamento
prevista dall’art. 8, 5° comma del testo aggiornato del decreto legislativo n. 502 del 1992.
In riferimento all’obiettivo generale - affermato anche a livello nazionale - di assicurare livelli uniformi di
assistenza sanitaria, vengono di seguito determinate alcune indicazioni riguardanti gli standard di
organizzazione e di attività dell’assistenza specialistica ambulatoriale che tengano conto della particolare
flessibilità organizzativa che le norme legislative e contrattuali consentono nel settore.
Per quanto attiene alle strutture, siano esse pubbliche che private, occorre garantire l’osservanza dei requisiti
strutturali, tecnologici e organizzativi che saranno emanati in applicazione del punto 4 - art. 8 D.Lgs. n. 502
del 1992 nonché delle norme nazionali in materia di protezione antisismica, protezione antincendio,
protezione acustica, sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza antinfortunistica, igiene dei luoghi di
lavoro, protezione dalle radiazioni ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche, smaltimento dei
rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas, materiali esplodenti, anche al fine di
assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti del servizio.
I principi in base ai quali questa Regione deve definire le modalità del soddisfacimento del livello uniforme
di assistenza sanitaria specialistica riguardano:
a) la valorizzazione delle strutture pubbliche, elevandone il potenziale tecnologico qualitativo e
accrescendone la funzione di servizio attraverso forme di prenotazione unificata, nonché attraverso un
allungamento dei tempi di apertura degli ambulatori specialistici pubblici e con un uso più intenso e
produttivo delle strumentazioni di alta tecnologia, secondo corretti ed economici rapporti di ammortamento
degli investimenti ad alto costo.
b) il rispetto del pluralismo delle istituzioni e la conseguente apertura di spazi di collaborazione a favore di
professionisti privati e di istituzioni private, come arricchimento della gamma delle risposte del Servizio
sanitario ai bisogni dei cittadini e come introduzione di un fattore concorrenziale e di stimolo, sia per il
pubblico che per il privato, per il miglioramento dell’assistenza erogata; nelle more del superamento delle
convenzioni entro il 1995, in conformità dei principi del D.Lgs. n. 502 del 1992 modificato con D.Lgs. n.
517 del 1993, i D.S.B. assicurano il coordinamento del sistema dei presidi e delle istituzioni sanitarie
pubbliche con quelle private, che normalmente integrano detto sistema e talvolta lo suppliscono in attività in
cui il pubblico al livello locale o regionale non sia presente (litotripsia, chiroterapia, RMN, ecc.);
c) l’ampliamento della sfera di libertà del cittadino, ricercando il giusto equilibrio tra il minimo
indispensabile di salvaguardia delle esigenze del sistema dell’offerta e il massimo possibile del rispetto delle
esigenze della domanda, entro il limite oggettivo delle disponibilità finanziarie per lo specifico livello
assistenziale.
Occorrerà inoltre definire, in base ad una preliminare ricognizione dell’esistente, standard e parametri
indicativi, che consentano di stabilire il fabbisogno quantitativo e qualitativo, generale e specifico, di
assistenza specialistica sul territorio, la tipologia delle prestazioni e la conseguente dotazione strumentale per
ciascuna attività specialistica e per ciascuna struttura poliambulatoriale assicurando l’adeguamento delle
strutture e delle attrezzature al progresso scientifico e tecnologico.
Questo potrà permettere la misurazione della produttività delle singole branche specialistiche, commisurata
ed adattata alla particolare situazione orografica e di viabilità del territorio, e confrontata con i dati
demografici, economici e sociali riguardanti la popolazione e il suo stato di salute. La sistematicità e
l’organicità della lettura e della valutazione del fabbisogno di assistenza specialistica verrà facilitata
dall’introduzione dei Centri unici di prenotazione (C.U.P.).
Per le prestazioni specialistiche a carico del Servizio sanitario regionale, anche ai fini dell’acquisizione di
elementi informativi su cui fondare le verifiche di cui al punto precedente, vanno gradualmente nel tempo
previsti l’obbligo della prescrizione su ricetta a lettura automatica, l’adozione del codice fiscale come
numero distintivo del cittadino, l’adozione dei codici nazionali delle prescrizioni ai fini delle rilevazioni, del
sistema informativo sanitario, la lettura automatica delle ricette con conseguente gestione informatizzata
delle informazioni su di esse presenti per fini amministrativi, di controllo e di informazione sistematica ai
singoli prescrittori ed esecutori delle prescrizioni, l’attivazione delle commissioni professionali di verifica e
revisione della qualità e lo svolgimento dei programma di valutazione previsti dal contratto di lavoro e dalle
convenzioni con riferimento all’assistenza specialistica.
Nel quadro del sistema integrato di controllo sui meccanismi di spesa vanno trasmessi al Settore Sanità della
Regione sistematicamente gli indicatori di risultato relativi a ciascuna struttura, pubblica o privata
convenzionata, operante nel settore dell’assistenza specialistica, ai fini delle comparazioni di produttività.
Obiettivo prefissato è quello di ridurre a livelli “fisiologici” i tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni di
assistenza specialistica secondo le seguenti linee di tendenza previste dall’atto di intesa tra Stato e Regioni
per la definizione del Piano sanitario nazionale relativo al triennio 1994-1996:
- per le indagini di laboratorio: esecuzione entro quarantotto ore, fatti salvi esami che per ragioni tecniche
vengono eseguiti con periodicità programmata e le situazioni di urgenza;
- per la diagnostica per immagini: salvo urgenze, esecuzione entro cinque giorni;
- per le visite specialistiche e la diagnostica strumentale: salvo urgenze, esecuzione entro sette giorni.
Anche l’apertura al pubblico deve essere prevista da 5 a 6 giorni alla settimana, in conformità agli orari di
apertura delle strutture pubbliche in generale, possibilmente con due turni giornalieri di lavoro in rapporto al
carico lavorativo e al tipo di organizzazione complessiva adottata, e con prioritario riguardo alle esigenze
della popolazione da assistere.
Poiché attualmente non risulta attivato in alcuna Regione un sistema informativo delle prestazioni
ambulatoriali su base individuale, altro obiettivo prefisso è, pertanto, quello di organizzare il sistema
informativo su base individuale.
Per ogni prestazione vanno rilevate le caratteristiche di identificazione del paziente e della prestazione
erogata introducendo una scheda ambulatoriale individuale.
Per quanto attiene alle tariffe si deve distinguere tra una specialistica “normale” ed una “ad alto costo”. La
prima è quella per cui esiste l’elenco nel tariffario nazionale prodotto dal Ministero a cui si fa riferimento per
i costi. Per le prestazioni ad alto costo non comprese in tale tariffario valgono le tariffe stabilite nelle
convenzioni regionali.
D’altra parte, a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 15 aprile 1994 con il quale sono stati stabiliti i nuovi
criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, la Giunta regionale
determinerà le nuove tariffe da applicare nel proprio ambito territoriale. Ciò presuppone l’instaurazione dei
nuovi rapporti previsti dall’art. 8 del citato D.Lgs. n. 502 del 1992 fondati sul criterio dell’accreditamento
delle strutture, sulla base di criteri di integrazione pubblico-privato, sulle modalità di pagamento a
prestazioni e sulla facoltà di libera scelta delle suddette strutture o dei professionisti da parte dell’assistito .
Nel frattempo valgono comunque le seguenti indicazioni:
- le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio erogate direttamente devono essere rese entro
quattro giorni dalla richiesta;
- in caso d’impossibilità a rendere direttamente le prestazioni nel termine sopra indicato, il cittadino ha
diritto di essere autorizzato, a richiesta, a rivolgersi ad una struttura convenzionata, che deve essere in
condizioni di soddisfare la richiesta entro il termine stabilito di quattro giorni;
- le prestazioni specialistiche, ovunque rese, devono corrispondere agli standard di qualità formalizzati da
apposite normative o come tali riconosciuti dalla letteratura scientifica di settore e devono essere sottoposte
ai controlli di qualità definiti dal Servizio sanitario nazionale.
Salvo diverse disposizioni statali, si stabilisce che per quanto riguarda le seguenti apparecchiature ad alta
tecnologia occorre apposita autorizzazione della Giunta regionale per l’installazione ed uso:
- tomografia assiale computerizzata (T.A.C.)
- risonanza magnetica nucleare (R.M.N.)
- tomografia ad emissione di positroni (P.S.F.T.).] (14)
(14) L'art. 13, comma 1, terzo alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di
autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie
pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:…
- quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28
speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento
3.4 La nuova disciplina dell’attività degli stabilimenti di fisiokinesiterapia e terapia fisici, dei laboratori di
analisi, dei laboratori di diagnostica, di medicina nucleare e dei poliambulatori.
Stabilimenti di fisiokinesiterapia e di terapia fisica.
Al fine di assicurare livelli uniformi di assistenza sanitaria, vengono di seguito determinate alcune
indicazioni riguardanti gli standard d’organizzazione e di attività degli stabilimenti di fisiokinesiterapia e
terapia fisica.
Sono considerati stabilimenti privati di fisiokinesiterapia o terapia fisica le strutture non pubbliche che
forniscono prestazioni per la prevenzione e cura di malattie e stati invalidanti.
Gli stabilimenti privati di fisiokinesiterapia o terapia fisica erogano di norma prestazioni previste
dall’accordo collettivo nazionale di cui al D.P.R. n. 120 del 23 marzo 1988.
Chiunque intende aprire, trasformare, ampliare struttura o relativa attività o trasferire in altra sede uno
stabilimento privato di fisiokinesiterapia o terapia fisica deve inoltrare domanda al Presidente della Giunta
regionale per il tramite della U.S.L. competente all’istruttoria.
La U.S.L. provvede:
- ad accertare la regolarità della documentazione presentata;
- ad acquisire il parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti fra la Regione e le U.S.L.;
- alla verifica della compatibilità della struttura per quanto attiene alle carenze degli stabilimenti di
fisiokinesiterapia o terapia fisica nell’ambito del territorio comunale, tenendo conto anche della distanza ove
è ubicato un altro stabilimento.
In ogni caso la necessità della zona va intesa nel senso che non possono essere rilasciate autorizzazioni di
stabilimenti di fisiokinesiterapia o terapia fisica nelle località il cui fabbisogno di prestazioni risulti già
soddisfatto da altri presidi pubblici e privati operanti nell’ambito territoriale comunale, nei rapporti di uno
stabilimento ogni 20.000 abitanti, ovvero di un unico stabilimento nel caso di Comuni con una popolazione
inferiore a 20.000 abitanti (15).
Ai fini delle autorizzazioni già richieste ed in corso di esame o delle denuncie di inizio di attività di cui
all’art. 2, comma 10, della legge n. 537 del 1993 presentate al componente la Giunta preposto al Settore
Sanità alla data di entrata in vigore della presente legge, i vincoli posti dal presente PSR al numero degli
stabilimenti di fisiokinesiterapia e terapia fisica non assumono rilevanza.
Il rilascio dell’autorizzazione è di competenza del Presidente della Giunta regionale su proposta del Settore
Sanità .
Laboratorio analisi.
L’attività diagnostica di laboratorio ricomprende la chimica-clinica, l’ematologia, la microbiologia,
l’immunoematologia con attività trasfusionali, l’anatomia e la citoistologia patologica.
L’indagine diagnostica di laboratorio si rende necessaria al supporto dell’assistenza sanitaria di base della
specialistica ambulatoriale ed ospedaliera nonché per indagini di controllo di gruppi di popolazione.
L’obiettivo primario da raggiungere nell’arco di validità del P.S.R. è la realizzazione tra le strutture
pubbliche e private di un’organizzazione funzionalmente integrata.
Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare struttura o prestazioni o trasferire in altra sede il laboratorio
di analisi deve inoltrare al Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale per il tramite della U.S.L., competente
per l’istruttoria, apposita domanda corredata da idonea documentazione.
L’U.S.L. competente per territorio provvede all’istruttoria della domanda e all’accertamento dei requisiti
previsti ed acquisisce all’occorrenza, in caso di esito positivo, il parere della Conferenza permanente per i
rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali.
Il Presidente della Giunta regionale rilascia il provvedimento finale di autorizzazione con proprio decreto.
Qualora siano state presentate più domande, in eccedenza alle necessità di una determinata zona, la Giunta
regionale con le modalità innanzi fissate autorizza preferenziando i richiedenti in base ai seguenti elementi:
a) ubicazione del laboratorio e degli eventuali centri di prelievo in relazione agli altri presidi dia gnostici
pubblici e/o privati esistenti nella zona;
delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4
al capitolo “Poliambulatori”.».
(15) Per l’interpretazione autentica di tale comma si veda art. 1 della L.R. n. 55 del 1996 che recita:
“Interpretazione autentica - La disposizione del capitolo 3, punto 3.4, capo 1°, comma 6°, deve essere intesa
nel senso che i vincoli posti sono riferiti al rapporto intercorrente tra popolazione e strutture di
fisiokinesiterapia o terapia fisica convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, mentre restano non
contingentate le richieste di autorizzazione di libera iniziativa privata ed autonoma gestione degli
stabilimenti”.
b) qualità del laboratorio in relazione alle attività, agli spazi, alle attrezzature;
c) tipo di laboratorio (generale di base con o senza settori specializzati, laboratori specializzati) in relazione a
quanto previsto dalla Regione per la zona carente;
d) mancanza di partecipazione in qualità di socio o di titolare unico alla gestione di altre strutture
diagnostiche;
e) data di presentazione della domanda.
La necessità della zona va intesa nel senso che non possono essere rilasciate autorizzazioni per laboratori e/o
centri di prelievo nelle località il cui fabbisogno di prestazioni risulti già soddisfatto da altri presidi pubblici
o privati operanti nell’ambito territoriale nel rapporto recuperabile di un laboratorio generale di base e/o un
punto di prelievo ogni 20.000 abitanti.
Il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione, d’intesa con la U.S.L. competente per territorio,
promuove il controllo di qualità degli esami diagnostici delle strutture pubbliche e private.
Il controllo di qualità intralaboratorio ha lo scopo di garantire costantemente l’affidabilità del dato analitico.
Il controllo di qualità interlaboratorio ha lo scopo di garantire l’uniformità dei risultati analitici nei laboratori
della Regione.
A tal fine la Giunta regionale individua, fra le strutture pubbliche della Regione, apposito centro di
riferimento che provvede:
a) all’acquisizione, conservazione e distribuzione degli standard e dei campioni di controllo per i programmi
interlaboratorio, tenuto conto anche delle indicazioni degli organismi sanitari internazionali;
b) alla valutazione statistica dei risultati dei programmi interlaboratori;
c) alle ispezioni periodiche della documentazione dei programmi interlaboratorio;
d) alle attività di consulenza per le questioni emergenti dai controlli.
Il centro di riferimento comunica i risultati dei singoli controlli al laboratorio interessato ed alla U.S.L.,
nonché semestralmente un riepilogo riassuntivo al Settore Sanità della Regione.
Il centro di riferimento, inoltre, in relazione al controllo di qualità interlaboratorio, provvede alle ispezioni
periodiche delle carte di controllo ed all’attività di consulenza.
Nel caso in cui i risultati delle analisi superino le deviazioni definite come massime tollerabili per ciascun
parametro e metodica, il centro di riferimento in collaborazione con il laboratorio ne analizza i possibili
motivi e propone le opportune modifiche alle attrezzature e alle metodiche utilizzate.
Continuando a verificarsi tali irregolarità il centro di riferimento invia apposita relazione al Presidente della
Giunta regionale che diffida il laboratorio a sospendere il ricorso alla metodica contestata e a eliminare le
cause entro il più breve tempo possibile.
Qualora il laboratorio non ottemperi a quanto prescritto con la diffida, il Presidente della Giunta regionale
provvede a revocare l’autorizzazione.
In relazione ai controlli di qualità intralaboratorio e interlaboratorio la Conferenza permanente per rapporti
fra la Regione e le U.S.L., sentita dalla Giunta regionale anche al fine dell’emanazione degli indirizzi e delle
direttive di natura tecnico-scientifica, propone l’aggiornamento delle modalità di espletamento dei controlli
di qualità e ne verifica i risultati.
Con apposito provvedimento della Giunta regionale da emanarsi entro trenta giorni dall’approvazione della
presente legge, d’intesa con la V° Commissione consiliare, saranno fissati i requisiti strutturali e di personale
dei laboratori in parola, nel rispetto della normativa nazionale in vigore.
Sono abrogate le norme di cui alla L.R. n. 53 del 1978.
Laboratori di diagnostica per immagini.
Sono laboratori di radiologia quelli che detengono ed impiegano, sia a scopo terapeutico che a scopo
diagnostico, apparecchi contenenti sostanze radioattivo in forma sigillata o apparecchi generatori di
radiazioni ionizzanti.
Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare, struttura o prestazioni ovvero trasferire in altra sede un
laboratorio radiologico deve inoltrare al Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Regione Abruzzo per
il tramite della U.S.L. competente per territorio apposita domanda corredata da idonea documentazione.
L’istruttoria della domanda è svolta dalle U.S.L. che provvede ad acquisire anche il parere della conferenza
permanente per i rapporti tra la Regione e le U.S.L.
Compete alle stesse U.S.L. acquisire il parere della Commissione per la protezione della popolazione contro
i rischi da radiazioni ionizzanti.
Non sono soggetti all’autorizzazione gli apparecchi radiologici di diagnostica impiegati a scopo
complementare della professione medica o veterinaria.
I possessori di tali apparecchi devono darne comunicazione, ai sensi dell’art. 92 del D.P.R. 13 febbraio 1964,
n. 185, alla Unità sanitaria locale nel cui territorio è installato l’apparecchio.
Il rilascio dell’autorizzazione è di competenza del Presidente della Giunta regionale su proposta del Settore
Sanità.
Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno di prestazioni di laboratori di
diagnostica per immagini risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito
territoriale nel rispetto comunque di un rapporto non superabile di un laboratorio ogni 20.000 abitanti che ne
costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland) .
Laboratori di medicina nucleare.
Sono laboratori di medicina nucleare quelli nei quali sono utilizzati a scopo diagnostico e/o terapeutico i
radionuclidi non sigillati in forma libera e/o composta.
I laboratori di medicina nucleare si classificano in:
a) laboratori di medicina nucleare generali che eseguono prestazioni diagnostiche sia in “vivo” che in vitro;
b) laboratori di medicina nucleare in “vivo” eseguono prestazioni diagnostiche che prevedono la
somministrazione di sostanze radioattive e misure esterne su pazienti;
c) laboratori di medicina nucleare in vitro che eseguono prestazioni che prevedono misure di radioattività su
campioni biologici dopo somministrazione “in vivo” o aggiunta “in vitro” di traccianti radioattivi.
L’attività terapeutica può essere effettuata solo nei laboratori di cui alla lett. c).
Per l’autorizzazione all’apertura, all’ampliamento, alla trasformazione o al trasferimento di laboratori di
medicina nucleare, la cui competenza è del Presidente della Giunta regionale, occorre inoltrare domanda al
Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Giunta regionale per il tramite della U.S.L. competente
all’istruttoria, corredata da idonea documentazione.
Compete alla U.S.L. acquisire il parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra la Regione e
le U.S.L.
L’U.S.L., competente per territorio dopo l’istruttoria, trasmette la domanda e relativa documentazione al
Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Giunta regionale unitamente al parere espresso dalla
Commissione per la protezione contro i rischi di radiazioni ionizzanti appositamente dalla stessa richiesto.
In caso di utilizzo di metodiche non radioattive l’U.S.L. deve esprimere il proprio parere in merito alla
funzionalità ed alla qualità delle metodiche adottate dalla struttura.
Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno di prestazioni di laboratori di
medicina nucleare risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale
nel rispetto comunque di un rapporto non superabile di un laboratorio ogni 20.000 abitanti, che ne
costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland).
[Poliambulatori.
Per poliambulatori si intendono tutti i servizi e presidi privati aperti al pubblico ove si dia luogo da parte di
più sanitari all’erogazione ambulatoriale di molteplici prestazioni rientranti nell’ambito di diverse specialità.
L’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei poliambulatori è concessa con delibera della Giunta regionale
su proposta del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale previo accertamento dei requisiti tecnici effettuato
dalla U.S.L. competente e del parere della Conferenza permanente per i rapporti con la Regione e le Unità
sanitarie locali.
Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare struttura o prestazioni o trasferire in altra sede un
Poliambulatorio deve inoltrare domanda per il tramite della U.S.L. competente per territorio al Settore
Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione.
In caso di richiesta di apertura, nell’ambito del poliambulatorio, di un laboratorio di analisi o di un
laboratorio radiologico, devono essere osservate tutte le norme previste per il rilascio delle autorizzazioni in
materia.
L’istruttoria della domanda è svolta dalla U.S.L. a cui compete acquisire il parere da parte della Conferenza
permanente per i rapporti tra la Regione e le U.S.L.
Non possono essere rilasciate autorizzazioni nella località il cui fabbisogno di prestazioni di poliambulatori
risulti già soddisfatto dagli altri presidi pubblici o privati operanti dell’ambito territoriale nel rispetto
comunque di un rapporto non superabile di un poliambulatorio ogni 20.000 abitanti, che ne costituiscono il
teorico bacino di utenza (hinterland).
Ai fini delle autorizzazioni già richieste ed in corso d’esame o delle denuncie di inizio di attività presentate
al Settore Sanità alla data di entrata in vigore del presente piano, i vincoli posti, nel rapporto di un
poliambulatorio ogni 20.000 abitanti, non assume rilevanza.] (16)
(16) L'art. 13, comma 1, terzo alinea, L.R. 31 luglio 2007, n. 32 (Norme regionali in materia di
autorizzazione, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitarie e sociosanitarie
pubbliche e private), così recita: «1. Con il presente atto si dispone l’abrogazione:…
- quanto disposto in materia di autorizzazione dalla L.R. 25 ottobre 1994, n. 72 pubblicata sul BURA n. 28
speciale del 4.11.1994 che, nell’Allegato “A”, nel punto 3 “Indirizzi di organizzazione e di funzionamento
3.5 - L’assistenza farmaceutica.
Premessa.
In materia farmaceutica, il presente piano si propone di realizzare una corretta politica del farmaco attraverso
la realizzazione di un progetto che assicuri, da un lato, il miglioramento delle prestazioni e, dall’altro, il
contenimento della spesa farmaceutica.
Tale obiettivo può essere raggiunto mediante la ridefinizione del servizio farmaceutico sull’intero territorio
regionale con l’attribuzione alle varie strutture di specifiche funzioni che consentano:
- un efficace controllo sulla gestione del farmaco all’interno della struttura pubblica;
- l’adozione di misure finalizzate alla razionalizzazione del consumo dei farmaci e al contenimento della
spesa farmaceutica;
- la realizzazione di programmi organici di intervento nel campo dell’informazione e dell’educazione
sanitaria;
- lo snellimento delle procedure di acquisto dei farmaci e del restante materiale sanitario secondo principi di
economicità e trasparenza;
- l’effettuazione di indagini di tipo epidemiologico e statistico, ivi comprese quelle di farmacovigilanza
clinica, nell’ambito dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale;
- una capillare azione di vigilanza sul corretto svolgimento dell’attività farmaceutica da parte delle farmacie
convenzionate.
A tal fine la struttura istituita presso il Settore Sanità Igiene Sicurezza Sociale nell’ambito dell’area tecnicosanitaria dovrà provvedere, oltre alle funzioni di coordinamento e di indirizzo ed ai compiti attualmente
svolti in materia di concorsi, piante organiche, dispensari farmaceutici, autorizzazioni e decadenze:
- alla raccolta ed all’elaborazione dei dati relativi all’attività farmaceutica, allo scopo di predisporre specifici
progetti-obiettivi finalizzati alla razionalizzazione del consumo del farmaco e al contenimento della spesa
farmaceutica;
- alla stipula di protocolli di intesa con gli Ordini dei Farmacisti e con le associazioni di categoria per la
realizzazione di programmi di emergenza, di farmacovigilanza, di informazione e di educazione sanitaria e
con l’Istituto Mario Negri.
Adempimenti della U.S.L. in materia di assistenza farmaceutica.
In merito alla specifica materia farmaceutica l’U.S.L.:
- predispone, su indicazione dei direttori delle farmacie interne ospedaliere e dei responsabili delle strutture
extra-ospedaliere, i protocolli e i capitolati di appalto per l’acquisto di medicinali e del restante materiale
sanitario di consumo, secondo principi di efficacia qualità ed economicità;
- provvede agli adempimenti amministrativi relativi all’acquisto diretto di quanto indicato al punto
precedente, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 25 e seguenti della L.R. 14.agosto.1981, n. 32;
- vigila sulla corretta gestione del farmaco presso le strutture interne;
- provvede alla verifica dei consumi dei farmaci, dei diagnostici e del restante materiale sanitario nelle
strutture ospedaliere ed extra-ospedaliere della U.S.L.;
- pone in atto tutte le iniziative idonee ad omogeneizzare l’uso del farmaco e dei diagnostici presso i presidi
ospedalieri della U.S.L.;
- interviene sul territorio per quanto previsto da leggi nazionali e regionali;
- provvede, inoltre:
1) alla raccolta ed all’elaborazione dei dati relativi all’attività farmaceutica ai fini della pianificazione dei
consumi e del contenimento della spesa, oltre che per indagini epidemiologiche e statistiche;
2) alla ricezione, al controllo ed all’elaborazione contabile delle ricette, ai fini della loro liquidazione;
3) alla raccolta ed all’elaborazione, attraverso la lettura ottica delle ricette, dei dati quali-quantitativi sul
consumo dei farmaci e sulla spesa farmaceutica convenzionata, che consentono indagini di tipo
epidemiologico e statistico riferite almeno ai seguenti indici:
a) prescrizioni farmaceutiche per distretto, per medico, per farmacia e per assistito;
b) indici di consumo e di spesa per gruppi di farmaci e per classe terapeutica;
4) alla vigilanza sulla corretta applicazione della convenzione nazionale;
5) alla formulazione e all’attuazione di programmi di farmacovigilanza, da svolgersi in collaborazione con le
farmacie ed i medici convenzionati;
6) alla predisposizione ed all’attuazione di piani di vigilanza sull’uso e sul consumo dei farmaci ad uso
veterinario.
delle attività”, capoverso 3.3 al capitolo “riordino dell'assistenza specialistica ambulatoriale” e capoverso 3.4
al capitolo “Poliambulatori”.».
L’ U.S.L. svolge attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e su quelle di
cui sono titolari i privati.
Per la suddetta attività si avvale di una Commissione costituita:
- dal responsabile del Servizio Farmaceutico dell’ U.S.L. o da un farmacista suo delegato;
- da un farmacista designato dall’Ordine dei Farmacisti della Provincia.
Assiste in qualità di segretario un funzionario dell’ U.S.L.
La predetta Commissione può anche compiere ispezioni straordinarie.
Copia del verbale dell’ispezione è inviata alla Giunta regionale per l’adozione di eventuali provvedimenti di
competenza.
L’U.S.L. inoltre svolge attività di controllo a domicilio dell’assistito, in relazione a quanto previsto dal
comma 4 dell’art. 4 della legge 31 dicembre 1991, n. 412 e in tutti gli altri casi in cui si riscontri un anomalo
consumo di farmaci (17).
È abrogato l’art. 1 della L.R. 11 luglio 1991, n. 33.
Ogni Presidio ospedaliero deve disporre di farmacia interna adeguatamente organizzata in relazione alle
dimensioni ed all’attività svolta dalla stessa struttura.
La farmacia interna dei Presidi ospedalieri della U.S.L. svolge i seguenti compiti:
a) preparazioni galeniche e farmaceutiche secondo le norme previste dalle leggi sanitarie e, ove richiesto,
preparazione dei reattivi coloranti e soluzioni titolate;
b) distribuzione delle specialità medicinali e dei diagnostici;
c) distribuzione dei materiali sterili e non sterili di medicazioni, delle siringhe, dei presidi sanitari e simili;
d) controllo analitico, secondo le norme della farmacopea ufficiale delle sostanze medicamentose usate e del
materiale di medicazione:
e) controllo bromatologico e merceologico inerente al servizio ospedaliero;
f) informazione al corpo sanitario delle caratteristiche dei materiali usati nel trattamento dei malati e nell’uso
dei disinfettanti
g) alla fornitura di medicinali, diagnostici e presidi medico-chirurgici a reparti e servizi;
h) all’analisi dei consumi di quanto al comma precedente, al fine di verificare la congruità delle richieste di
approvvigionamento pervenute dai vari reparti;
i) all’inoltro, al settore farmaceutico ospedaliero, dei dati di competenza, al fine degli adempimenti relativi
all’acquisto dei medicinali e del restante materiale sanitario di consumo;
1) all’attivazione di indagini contabili per centri di costo;
m) svolge, inoltre, nell’ambito del presidio ospedaliero di appartenenza, attività di farmacovigilanza .
3.6 - Istituzione del Servizio infermieristico e di coordinamento ostetrico regionale. L’assistente sanitario, il
dietista e l’assistente sociale (18).
Generalità.
L’elaborazione del primo Piano sanitario regionale rende possibile un positivo salto qualitativo nella
produzione dei servizi sanitari nella nostra Regione che va messo in relazione ad una corretta allocazione e a
un adeguato utilizzo delle risorse disponibili.
Se consideriamo i diversi costituenti, la realtà complessa dell’assistenza sanitaria, possiamo senz’altro
individuare nel sottosistema infermieristico un elemento importante in grado di incidere, sia per le sue
dimensioni che per la qualità e quantità dei processi che ad esso fanno riferimento, sul risultato stesso della
produzione di servizi.
L’assistenza infermieristica infatti costituisce sia un aspetto basilare della qualità delle cure e dei servizi
offerti, al punto da condizionare anche sensibilmente il giudizio degli utenti; sia uno dei determinati non
secondari della spesa sanitaria e perciò non meno importante è il suo contributo sulla definizione di un
adeguato rapporto costi/benefici nella produzione di servizi.
Sia nell’una che nell’altra veste è evidente che per assumere un ruolo positivo l’assistenza infermieristica
deve determinare e perseguire autonomamente le proprie scelte. Infatti:
(17) Le parole “L’U.S.L. svolge attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie... si riscontri un anomalo
consumo di farmaci” sono state introdotte dall’art. unico della L.R. n. 81 del 1995 in sostituzione delle
precedenti: “L’U.S.L. svolge inoltre attività ispettiva e di vigilanza sulle farmacie di cui sono titolari enti
pubblici e su quelle di cui sono titolari i privati, nel rispetto delle norme di cui agli artt. 25 e seguenti della
L.R. 14 agosto 1981, n. 32, nonché di controllo a domicilio dell’assistito, in relazione a quanto previsto dal
4° comma dell’art. 4 della legge 31 dicembre 1991, n. 412 ed in tutti gli altri casi in cui si riscontri un
anomalo consumo dei farmaci.”
(18) Le parole “, il dietista e l’assistente sociale” sono state aggiunte dall’art. 1 della L.R. n. 133 del 1996.
- le procedure di verifica e revisione e revisione qualitativa per definizione non possono essere imposte né
per via gerarchica, né da alcuna altra logica, ma assunte autonomamente e consapevolmente dagli stessi
professionisti interessati;
- il sottosistema infermieristico costituisce un ordinatore di costi, sia diretto che indiretto, il cui orientamento
può essere determinato solo dalle esigenze specifiche della stessa assistenza infermieristica e quindi dalle
competenze proprie della professione infermieristica.
La molteplicità di modelli organizzativi, per altro il più delle volte contemporaneamente presenti all’interno
del sistema di produzione dei servizi sanitari, può facilmente determinare una disarticolazione degli obiettivi
stessi che ciascuna delle sottoarticolazioni del sistema fa propri, per cui in mancanza di interventi di
integrazione organizzativa, si possono vedere disperse energie e risorse che vengono investite e, insieme,
possono essere mancati gli scopi e gli obiettivi stessi che sono alla base dell’esistenza del Servizio Sanitario.
Da questo punto di vista il Servizio infermieristico assume le caratteristiche di una “stazione” intermedia per
l’integrazione di estremo interesse agendo contemporaneamente sia verso e con le diverse équipe
infermieristiche, nell’intento di definirne gli obiettivi, le condizioni di miglior funzionamento, di garantire
un razionale utilizzo delle risorse, sia verso gli altri sottosistemi (medico, amministrativo, tecnico, ecc.) i
quali costituiscono i referenti essenziali perché il lavoro infermieristico possa procedere e dare il prodotto
auspicato, inteso cioè sotto forma di servizi sanitari e, volendo essere ancora più precisi, di salute per la
popolazione a cui il sistema si riferisce.
L’istituzione del Servizio infermieristico e teso pertanto a creare una coerente connessione tra domanda di
servizi e offerta in relazione alle competenze infermieristiche, in considerazione anche del fatto che questa
dinamica tra domanda e offerta è viva in tutti gli ambiti territoriali ed è importante oltre che in relazione alla
cura ed alla riabilitazione, anche ed in egual misura rispetto a prevenzione e promozione della salute. Per cui
il Servizio infermieristico interviene con una visione globale sia all’interno dei Presidi ospedalieri che sul
territorio con:
- l’analisi rigorosa dei bisogni di assistenza infermieristica e delle risorse disponibili per una loro adeguata
soddisfazione;
- la definizione degli obiettivi e la programmazione ed organizzazione degli interventi infermieristici;
- il coordinamento delle diverse équipe e dei diversi interventi;
- il controllo e la promozione della qualità assistenziale.
È evidente che l’istituzione del Servizio infermieristico costituisce una forte novità all’interno della nostra
realtà che dovrà vedere una fase di sperimentazione e successivi momenti di aggiustamento ed
approssimazione ai livelli ottimali di operatività. Ciò nonostante il Servizio deve, sin dalla nascita vedere
garantita la sua articolazione in aree di lavoro in modo da permettere la sua effettiva funzionalità operativa.
In particolare le aree di lavoro sono:
- ricerca;
- formazione;
- assistenza ospedaliera;
- assistenza extraospedaliera.
Per le Aziende ospedaliere le aree di lavoro sono ovviamente solo tre, essendo da escludere l’area
dell’assistenza extraospedaliera.
Sono da considerarsi come competenze del Servizio infermieristico:
a) la programmazione e la gestione delle risorse infermieristiche ed ausiliarie allocate nei servizi, presidi e
strutture dell’U.S.L. o dell’azienda ospedaliera;
b) l’organizzazione delle attività del personale infermieristico ed ausiliario operante all’interno dei servizi o
presidi dell’U.L.S., dell’azienda ospedaliera e in tutti gli altri luoghi di erogazione delle prestazioni del
Servizio sanitario nazionale;
c) la promozione della verifica e valutazione della qualità dell’assistenza all’interno dei gruppi di lavoro di
presidio;
d) la formazione del personale infermieristico e di supporto tramite le strutture scolastiche dell’U.S.L.,
dell’azienda ospedaliera o universitaria;
e) la promozione ed il coordinamento dell’aggiornamento e della formazione permanente del personale in
servizio in collaborazione con gli organismi previsti dalle vigenti disposizioni normative. Per quanto
concerne le ostetriche il loro ruolo nel S.S.R. è individuato in tre moduli.
Ostetrica.
L’ostetrica è una figura professionale che ha subito un’evoluzione storica tanto da avere raggiunto un alto
grado di professionalità e preparazione culturale e tecnologico.
Il ruolo e la presenza dell’ostetrica sono individuati in tre moduli essenziali in funzione di un’organizzazione
dipartimentale:
a) assistenza ostetrica domiciliare o di primo livello.
Il lavoro sul territorio, si prefigge l’obiettivo di raggiungere quelle fasce di popolazione, che per
disinformazione o diffidenza, non si giovano dei servizi consultoriali e ambulatoriali e che interessi di varia
natura (privatistica o ideologica) convogliano in strutture diverse e non sempre rispondenti alle reali
esigenze dei cittadini.
Sembra opportuno quindi impiegare le attuali ostetriche di territorio per:
l) assistenza domiciliare in gravidanza e puerperio, con compiti di educazione sanitaria e ricerca dei fattori di
rischio nella gestante;
2) vigilanza e prevenzione della mortalità materna ed infantile, con la richiesta di accertamenti e l’invio della
donna negli appositi centri per le visite specialistiche, quando se ne ravvisi l’opportunità e per la
preparazione al parto (psico-profilassi);
3) prelievi citologici o di altro materiale a domicilio per le donne anziane o che non siano in condizione di
potersi allontanare dal proprio domicilio, svolgendo nello stesso momento opera educativa ed informativa
per la prevenzione cancro dell’utero o della mammella;
4) informazione per la regolamentazione delle nascite e la corretta applicazione della legge n. 194, per la
pianificazione familiare;
5) educazione sessuale, igiene ed educazione sanitaria per la prevenzione della sterilità e la corretta accurata
anamnesi della coppia.
Con la capillarizzazione della prevenzione e dell’assistenza extramuraria di primo livello si limiterebbe
l’afflusso ai presidi ospedalieri che certamente risulterebbero agevolati in tutte le loro funzioni.
Per l’ostetrica di primo livello o zonale deve essere definito un’organizzazione del lavoro e di servizio così
detto flessibile.
b) Assistenza ostetrica ambulatoriale o consultoriale.
L’ostetrica consultoriale, in collaborazione con l’ostetrica-ginecologo, continuerà il lavoro iniziato dalla
collega di primo livello.
Il suo lavoro consisterà:
1) partecipare ai gruppi e incontri per la contraccezione istruendo tutte le donne in età feconda sull’uso del
diaframma;
2) organizzare e partecipare alle riunioni di gruppo di gestanti e assistere l’ostetrico-ginecologo
nell’esecuzione delle visite specialistiche e di interventi ambulatoriali;
3) preparare le gestanti al parto (che patrociniamo vada fatto al di fuori delle strutture ospedaliere);
4) eseguire prelievi per i pap-test in tutte le donne (screening di massa), per la prevenzione dei tumori;
5) insegnare alla donna l’autopalpazione del seno per la prevenzione del tumore alla mammella.
c) Assistenza ostetrica ospedaliera.
L’ostetrica ospedaliera conserva il diritto-dovere di assistere al parto fisiologico, secondo quanto prevede il
D.P.R. n. 163 del 1975 e il D.M. 15 settembre 1975.
Essa collabora con il medico ostetrico-ginecologo ed il pediatra.
Essa conclude il lavoro iniziato dall’ostetrica di primo livello e continuato dall’ostetrica ambulatoriale e
consultoriale.
La donna dimessa dalla struttura ospedaliera torna al proprio domicilio, dove sarà seguita per tutto il periodo
puerperale ed oltre, dall’ostetrica di primo livello.
Questa controllerà l’andamento del puerperio e dell’allattamento indirizzando la donna nei presidi
specialistici in caso di necessità e successivamente nei Consultori per l’esecuzione di esami al neonato e per
l’eventuale contraccezione nel piano della regolamentazione delle nascite. In questo modo il cerchio
assistenziale alla donna si chiude completandosi .
Formazione e informazione.
Relativamente all’area della formazione, le funzioni svolte dal servizio dovranno evidentemente prevedere
uno stretto coordinamento operativo con le strutture preposte alla formazione.
Infine, per poter svolgere le proprie funzioni, il servizio dovrà avvalersi dell’apporto di un nucleo operativo
di direzione, la cui qualificazione e conoscenza dello “specifico infermieristico” e delle dinamiche di
gestione nelle organizzazioni complesse, costituiscono la garanzia di capacità operativa del Servizio stesso.
Pertanto è di fondamentale importanza il ruolo svolto dalle figure infermieristiche ed in particolare:
- il responsabile del Servizio deve essere una figura infermieristica in possesso di titolo di D.A.I. (o a
seconda delle denominazioni D.D.S.I. - I.I.D.);
- lo stesso requisito deve essere richiesto ai responsabili delle diverse aree di intervento;
- il personale che coadiuva con il responsabile di Servizio e delle diverse aree di intervento deve essere
personale infermieristico particolarmente motivato e preparato rispetto ai compiti del servizio stesso;
- il personale amministrativo e tecnico eventualmente assegnato al servizio ha le sole funzioni di ausilio per
il funzionamento del servizio stesso.
A livello regionale va previsto un coordinamento dei Servizi infermieristici e delle attività ostetriche, che
costituisce il momento di raccordo e di indirizzo per i servizi delle U.S.L. e delle Aziende ospedaliere e
rappresenta lo strumento di analisi e di elaborazione dell’Assessorato alla sanità relativamente alle
problematiche di interesse infermieristico ed ostetrico.
Al fine di permettere l’immediata attivazione dei Servizi infermieristici ai livelli regionali e territoriali e in
considerazione delle limitazioni imposte dalla vigente normativa in materia di assunzione di personale, la
Regione, l’U.S.L. e le Aziende ospedaliere attivano tutte le procedure rese disponibili in modo da garantire a
detti Servizi un organico sufficiente alle diverse funzioni (mobilità, comando ecc.).
In particolare il Servizio infermieristico presso l’Assessorato regionale alla sanità viene istituito attraverso il
distacco di due operatori infermieristici in possesso del titolo di D.A.I. (Dirigente dell’assistenza
infermieristica) e di un’ostetrica.
L’assistente sanitario.
L’assistente sanitario è l’operatore sanitario specializzato che svolge la sua attività anche attraverso
l’elaborazione di dati statistici, per le sue conoscenze specifiche sanitarie, sociali, educative, legislative,
interessanti i Settori della Prevenzione, della Cura e della Riabilitazione (D.P.R. n. 225 del 1974). Le
specifiche competenze sono espletate nei seguenti ambiti: ospedali, distretti sanitari di base, Servizi di
medicina sociale, Igiene e sanità pubblica.
In ospedale, si occupa fondamentalmente di svolgere le proprie funzioni presso:
1) la direzione sanitaria:
a) attività di medicina preventiva sociale
b) igiene e sanità pubblica
c) educazione sanitaria;
2) il centro trasfusionale;
3) la riabilitazione;
4) il servizio oncologico;
5) il servizio dialisi.
Nell’ottica della deospedalizzazione del paziente cronico, si occupa di organizzare la dialisi domiciliare ed
educa i familiari alla corretta gestione della stessa coordinando l’attività di pronto intervento infermieristico.
Il dietista (19).
a - Livello ospedaliero.
Il dietista organizza e coordina le attività relative all’alimentazione generale ed alla dietistica in particolare:
- offre la sua consulenza per la corretta impostazione dell’alimentazione normale e del dietetico presso la
cucina centrale;
- organizza e dirige la cucina dietetica;
- collabora con gli organi preposti alla tutela dell’aspetto igienico-sanitario dell’alimentazione.
Nel settore di degenza, il dietista ha un ruolo attivo nella terapia dietetica e di nutrizione clinica:
- collabora con il medico nella stesura di schemi dietoterapici, nella loro realizzazione ed utilizzazione;
- coadiuva in modo attivo all’attuazione della nutrizione artificiale.
Può eseguire per delega del Direttore del Servizio, la semeiotica nutrizionale sui pazienti degenti in
ospedale.
b - Livello ambulatoriale.
Collabora con il medico nella conduzione dell’ambulatorio, nella stesura della cartella clinico-dietetica e,
consultato il direttore del servizio, si occupa della stesura di diete e/o supporti nutrizionali per
l’alimentazione artificiale.
Negli ambulatori specialistici, collabora con il medico specialista per quanto concerne l’aspetto nutrizionale
sotto la guida di protocolli convenzionati.
c - Livello di laboratorio.
Collabora negli studi inerenti la chimica e la tossicologia alimentare, la bromatologia e la tecnica alimentare
in generale.
L’assistente sociale (20).
1) Collabora nello svolgimento di attività di rapporto con l’utenza dei servizi socio-assistenziali al fine di
studiare, valutare e trattare situazioni di bisogno individuali, familiari e di gruppo attraverso la formulazione
e l’attuazione di piani di intervento atti a valorizzare le risorse personali dell’utente e ad attivare le
(19) La figura del dietista è stata aggiunta con l’art. 1, L.R. n. 133 del 1996.
(20) La figura dell’assistente sociale è stata aggiunta con l’art. 1, L.R. n. 133 del 1996.
prestazioni assistenziali, i servizi, gli interventi specifici di altri operatori esterni all’ente, per giungere alla
soluzione dei problemi rilevati.
A tal fine, sotto la supervisione del personale di servizio sociale di livello superiore:
- attua colloqui, interviste e riunioni per accogliere e fornire informazioni, trattare i problemi prospettati,
formulare con i diretti interessati piani e progetti di intervento;
- collabora alla predisposizione, nell’ambito dell’ente, dei relativi atti amministrativi assumendosi la
responsabilità dei giudizi e delle proposte formulate ed attua, nell’ambito delle direttive ricevute le decisioni
prese dagli organi competenti;
- collabora all’istruttoria ed all’applicazione di istituti giuridici disposti da organi giudiziari.
2) Collabora ad attività di progettazione, organizzazione e gestione di interventi, servizi e strutture,
nell’ambito di programmi di servizio sociale definiti da personale di livello superiore della stessa
professione.
3) Collabora ad attività di indagine e di studio sui problemi sociali e di servizi presenti nell’area operativa
per la definizione di conseguenti piani di intervento volti alla riorganizzazione ed alla promozione di
strutture e servizi.
Home-Care.
Si occupa prevalentemente di coordinare l’assistenza per i pazienti deospedalizzati quale raccordo con
l’assistenza domiciliare integrata (A.D.I.). Nel territorio l’assistente sanitario curerà il collegamento
funzionale con tutti i servizi socio-sanitari occupandosi prevalentemente di svolgere:
a) attività di medicina preventiva e sociale;
b) igiene e sanità pubblica;
c) educazione sanitaria.
3.7 - Riabilitazione.
Nel contesto di una programmazione sanitaria la materia inerente la riabilitazione riveste, senza dubbio,
elemento di grande rilievo se si tiene conto che in essa si racchiude il complesso di attività finalizzate a
consentire il massimo recupero possibile delle funzioni lese in seguito ad eventi patogeni e l’inserimento
psico-sociale della persona.
L’esercizio dell’attività riabilitativa viene affidata dalla normativa statale e regionale ai Presidi ospedalieri
pubblici o privati ed ai Centri di riabilitazione pubblici o privati.
Al fine di fare chiarezza sui trattamenti di competenza dei Presidi ospedalieri, riconducibili alle norme di cui
all’art. 8, punto 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e quelli resi dai Centri di riabilitazione, di cui
all’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si rende necessario procedere alla formulazione di apposite
direttive in materia.
Si premette che la dislocazione dei posti letto di Medicina riabilitativa e stata prevista nel contesto della
rideterminazione della rete ospedaliera, mentre relativamente ai Centri di riabilitazione si ritiene necessario
fare chiarezza anche sulle procedure da seguire per il rilascio delle relative autorizzazioni.
In particolare si stabiliscono i seguenti principi ai quali occorre ricondurre l’attività riabilitativa.
Le attività riabilitative si classificano e vengono definite nei seguenti ambiti generali:
- Medicina riabilitativa;
- prestazioni di riabilitazione;
- prestazioni protesiche.
La Medicina riabilitativa è il complesso delle attività riabilitative erogate nella prima fase della malattia a
rischio di disabilità, quando maggiore è il potenziale di recupero.
Tali attività sono caratterizzate dal ricorso a tecniche, mezzi e operatori finalizzati alla soluzione di problemi
medico-riabilitativi complessi, al fine di ridurre le conseguenze delle minorazioni che l’individuo ha
riportato in seguito ad evento patologico per malattia o trauma.
Le prestazioni di riabilitazione, di cui all’art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono quelle tendenti
a:
- prevenire e contenere le conseguenze invalidanti di eventi morbosi;
- curare i sintomi di deficit funzionali;
- adattare il soggetto invalido alla minorazione permanente, mediante rieducazione funzionale;
- rallentare l’evoluzione della malattia invalidante;
- recuperare o rallentare l’evoluzione dei deficit funzionali, psichici o sensoriali dipendenti da qualsiasi
causa.
Le prestazioni sono erogate a soggetti non autosufficienti, parzialmente autosufficienti o a rischio della
perdita dell’autosufficienza ovvero bisognosi di intervento plurimo e globale, coinvolgendo, oltre
all’assistito, la famiglia, la scuola e l’intera comunità, attraverso le istituzioni ed i servizi di assistenza
sociale.
Le prestazioni protesiche consistono nell’erogazione di presidi concedibili ai sensi della normativa nazionale
vigente.
La Regione intende sviluppare nel corso del triennio 1994-1996 una rete integrata di servizi nell’area della
riabilitazione articolata in:
1) interventi di medicina riabilitativa, attivati o riorganizzati in strutture ospedaliere pubbliche o private;
2) prestazioni di riabilitazione, da realizzarsi in strutture specializzate, pubbliche o private adeguate alla
vigente normativa, ovvero per i pazienti non deambulabili, a domicilio degli stessi nell’ambito
dell’assistenza domiciliare integrata, in collaborazione con i distretti sanitari e con i medici di base;
3) prestazioni protesiche, a livello di Distretto sanitario di base.
La funzione di Medicina riabilitativa può essere esercitata, nell’ambito dei Presidi ospedalieri pubblici,
presso le singole unità operative cui afferisce la patologia principale ovvero in appositi Servizi di
rieducazione funzionale e riabilitazione autonomi dotati di posti letto. Può essere altresì assicurata mediante
stipula di apposite convenzioni con centri, istituti o strutture private autorizzate ed autorizzabili all’esercizio
di posti letto di Medicina riabilitativa e di riabilitazione, compatibilmente con le esigenze di riequilibrio nel
territorio delle strutture se adeguate alle prescrizioni di cui alla L.R. 14 settembre 1989, n. 85, previo
controllo del possesso dei prescritti requisiti ed a seguito di accertamento della qualità delle prestazioni, ai
sensi dell’art. 8 - comma 4° - del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed
integrazioni.
L’ammissione alle prestazioni di Medicina riabilitativa avviene su richiesta del reparto ospedaliero che ha
trattato l’individuo nella fase acuta al Servizio di rieducazione funzionale e riabilitazione qualora istituito,
ovvero su prescrizione del medico o pediatra di base convalidata dallo specialista competente o del medico
responsabile del distretto di base.
L’attivazione dei posti letto di Medicina riabilitativa può avvenire anche mediante la riconversione di posti
letto pubblici o privati autorizzati alla data di entrata in vigore del presente Piano nel rispetto degli indici
nazionali.
La dislocazione dei posti letto di medicina riabilitativa deve tener conto di un riequilibrio nell’ambito del
territorio regionale.
La Giunta regionale, d’intesa con la Commissione consiliare competente, adotta il provvedimento di
programmazione in ordine alla dislocazione dei posti letto nel rispetto dei vigenti indici nazionali posti
letto/popolazione. A tal fine, provvede ad integrare l’attuale dotazione di posti letto pubblici e privati
autorizzati con nuove strutture secondo i criteri sopra indicati. Al finanziamento del Presidio ospedaliero per
la riabilitazione di S. Valentino e del Centro iperbarico polivalente di S. Atto di Teramo, istituito e
disciplinato con L.R. n. 84 del 1992, si provvede con fondi finalizzati individuati, secondo la normativa
vigente, nell’ambito dei provvedimenti di assegnazione delle quote del F.S.R. alle U.S.L. Vengono
confermati in via definitiva l’assegnazione di personale di cui alla deliberazione della Giunta regionale n.
7210 del 1985 per il Servizio socio-psico-pedagogico di Chieti ed i corrispondenti posti in organico (21).
Il Centro iperbarico è struttura della U.S.L. di Teramo ed eroga:
- prestazioni di emergenza in cui è previsto l’uso dell’ossigeno iperbarico;
- prestazioni anche di riabilitazione di tipo specialistico in ambiente iperbarico, umido ed umido iperbarico.
La U.S.L. è collegata per la ricerca con le Università abruzzesi, con le quali può stipulare convenzioni. È
consentita la sperimentazione gestionale pubblico-privato .
Le prestazioni di riabilitazione comprendono le attività finalizzate a mantenere il paziente al più alto grado
di autosufficienza possibile, nella fase subacuta e/o cronica della malattia congenita o acquisita. Esse
vengono erogate a norma del D.M. 9 luglio 1985 e sue modificazioni:
a) nelle strutture socio-sanitarie, con trattamenti previsti dagli artt. 26 e 43 della legge 23 dicembre 1978, n.
833 - a seconda del tipo di danno e del livello di autosufficienza residua del paziente - in forma domiciliare,
ambulatoriale, extramurale, semiresidenziale e residenziale ovvero con altre prestazioni attivabili mediante
progetti-obiettivo e/o azioni programmate e finanziati con appositi stanziamenti del F.S.N., parte corrente, a
destinazione vincolata. Tale attività può essere svolta dal Presidio ospedaliero di S. Valentino, per il quale è
consentita la sperimentazione gestionale pubblico-privato;
b) mediante prestazioni protesiche.
(21) Con la delibera della Giunta regionale n. 7210 del 1985 veniva individuato il personale da assegnare
alle Unità locali socio sanitarie ai sensi dell’art. 3 della L.R. n. 83 del 1980.
Le prestazioni indicate alla lettera a) di cui sopra sono fornite presso i Centri di riabilitazione di cui all’art.
26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, quali strutture con organizzazione e con competenze
multidisciplinari, idonee ad assicurare un complesso di interventi tecnicamente qualificati per il recupero
funzionale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualsiasi causa.
Uno stesso Centro può realizzare contemporaneamente molteplici tipi di trattamenti purché i locali, il
personale e le attrezzature siano idonee all’espletamento delle diverse tecniche di intervento. I locali di
diagnosi e terapia possono essere opportunamente accorpati in relazione al numero globale degli assistiti.
Qualora per la natura del quadro clinico il soggetto assistito a degenza piena abbia bisogno di un breve
soggiorno climatico, le strutture nelle quali avvengono i temporanei trasferimenti devono possedere i
requisiti ambientali ed igienico-sanitari ascrivibili alle strutture comunitarie o strutture di soggiorno, da
accertarsi ed autorizzarsi, sia pure in via provvisoria o limitata nel tempo, dall’autorità preposta. I
trasferimenti degli assistiti devono essere autorizzati preventivamente dalla U.S.L. competente per territorio .
I Centri di riabilitazione si distinguono a seconda del tipo di assistenza erogata:
a) ad altra intensità assistenziali;
b) a normale intensità assistenziali.
I Centri ad alta intensità assistenziali sono quelli che effettuano trattamenti di esiti di plurimenomazioni
gravi, di carattere cardiologico, pneumologico con particolare riguardo alle insufficienze respiratorie
croniche, neuromotorie, lesioni midollari ed affezioni similari e devono essere forniti di moderne ed idonee
attrezzature atte a consentire un’efficiente assistenza ai soggetti sottoposti alle terapie richieste dalla
patologia specifica. A tale scopo devono prevedere anche la scelta della patologia da trattare e l’elencazione
del personale medico specializzato in materia, sia esso alle dirette dipendenze della struttura che in
convenzione.
I Centri a normale intensità assistenziali sono quelli che effettuano trattamenti sanitari e sociali integrati tra
loro, di cui all’art. 26 della legge n. 833 del 1978, regolamentati con L.R. 19 luglio 1984, n. 46 e relative
modificazioni, nonché per trattamenti previsti dalla legge 9 febbraio 1992, n. 104.
I soggetti ammessi a trattamenti presso i Centri di riabilitazione a normale intensità assistenziali sono quelli
che, affetti da minorazione fisica, psichica o sensoriale dipendente da qualunque causa, sono ritenuti, a
giudizio degli organi competenti della U.S.L. bisognosi di intervento terapeutico plurimo e globale, che
richiede un’organizzazione complessa con competenze multidisciplinari. Tale intervento deve esser ritenuto
idoneo al recupero fisico funzionale e psicologico dei soggetti.
I soggetti assistibili si distinguono in mediogravi e gravissimi a seconda della menomazione di cui sono
portatori.
Sono ritenuti soggetti gravi-gravissimi quelli che hanno un riconoscimento di invalidità tra l’81% ed il 100%
di cui alle tabelle indicative approvate con D.M. 25 luglio 1980, pubblicato sulla G.U. n. 282 del 14 ottobre
1980, e successive modificazioni ed integrazioni.
Tra i soggetti assistibili sono compresi i disabili psichici portatori di una minorazione peculiare che sta al
confine tra l’area dell’handicap psichico e quello della malattia psichiatrica e per la quale si richiedono
forme di assistenza, fra l’attività territoriale dei Centri di salute mentale e l’ospedalizzazione obbligatoria o
volontaria di sindromi psichiatriche ed acute o comunque da disarmonia dello sviluppo psichico affettivo e
turbe comportamentali dipendenti da qualunque causa .
L’Unità sanitaria locale, al fine d consentire agli utenti prestazioni riabilitative uniformi ed efficaci
nell’ambito territoriale di residenza, predispone un piano di ridistribuzione dei Centri di competenza,
secondo i parametri seguenti:
a) i Centri riabilitativi residenziali con degenza tempo pieno vanno rapportati in ambito regionale ad un
numero di 1 posto letto per ogni l.000 abitanti.
La Giunta regionale, d’intesa con la competente Commissione consiliare, esaminate le proposte formulate
dalla U.S.L. competente, predispone un piano di riequilibrio delle strutture nell’ambito territoriale;
b) i Centri riabilitativi a degenza diurna e quelli per trattamenti ambulatoriali, domiciliari ed extramurali
devono essere dislocati in maniera da assicurare la migliore assistenza ai cittadini privilegiando le zone
territoriali marginali, montagnose comunque carenti di servizi riabilitativi, in collaborazione con i distretti.
Non possono essere rilasciate autorizzazioni nelle località il cui fabbisogno delle prestazioni dei Centri
risulti già assicurato dagli altri presidi pubblici o privati operanti nell’ambito territoriale e almeno in un
rapporto di un Centro ogni ventimila abitanti che ne costituiscono il teorico bacino di utenza (hinterland).
Sono fatte salve le autorizzazioni già rilasciate, nonché l’esercizio dei Centri comunque funzionanti alla data
di adozione da parte del Consiglio regionale della presente legge purché in possesso dei requisiti previsti
dalla vigente normativa in materia.
In ordine ai Centri a degenza diurna, la Giunta regionale, d’intesa con la competente Commissione
consiliare, provvede alla determinazione o alla riorganizzazione territoriale degli stessi, anche mediante una
diversa dislocazione ai quelli esistenti, privilegiando le zone carenti.
I finanziamenti relativi agli interventi di alta e normale intensità assistenziale vengono individuati
annualmente dalla Giunta regionale ed assegnati con vincolo della loro destinazione.
La Giunta regionale nel piano di riorganizzazione dei Centri di cui alle lettere a) e b) di cui sopra deve tener
conto delle strutture autorizzate ed adeguate alla vigente normativa regionale in materia, anche in relazione
alla loro reale capacità operativa, ovvero di quelle che sono state finanziate in parte dallo Stato per la
specifica attività riabilitativa.
I Centri di riabilitazione possono essere:
a) pubblici
b) privati
c) a gestione mista pubblico-privato.
Le norme di cui alle LL.RR. n. 46 del 1984, n. 29 del 1991 e n. 13 del 1992 rimangono in vigore fino alla
data di emanazione dei provvedimenti necessari per l’instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal decreto
legislativo n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993 fondati sul criterio dell’accreditamento delle istituzioni, sulle
modalità di pagamento a prestazione e sull’adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle
attività svolte e delle prestazioni erogate.
I Centri di riabilitazione a degenza diurna devono avere gli stessi requisiti previsti per quelli residenziali, con
esclusione dei dormitori.
I Centri ambulatoriali accolgono i minorati soltanto per il tempo necessario alle visite mediche ed alle sedute
per il trattamento.
Ai Centri privati di riabilitazione convenzionati con le U.S.L. vengono corrisposte rette annualmente
determinate sulla base del numero degli assistiti, della dotazione organica e dei relativi rapporti di lavoro, in
conformità agli accordi stipulati a livello nazionale ai sensi degli artt. 14, lettera m), 26 e 44 della legge 23
dicembre 1978, n. 833.
I Centri di riabilitazione pubblici devono avere un numero di personale addetto pari a quello previsto per i
centri privati.
La vigilanza sui Centri di riabilitazione è esercitata dalla U.S.L. competente per territorio ovvero dal
Servizio ispettivo regionale alla sanità, i quali sono tenuti ad operarla periodicamente.
In caso di inadempienza alle prescrizioni di cui al presente Piano vengono adottati gli stessi provvedimenti
previsti per le Case di cura private dall’art. 45, della L.R. 14 settembre 1989, n. 85.
I Centri di riabilitazione autorizzati sono tenuti ad adeguarsi alle prescrizioni di cui al presente Piano entro i
termini di validità dello stesso.
3.8 L’intervento per i nefropatici cronici.
Generalità.
La prevenzione e la diagnosi precoce di tali affezioni e gli interventi terapeutici atti ad impedire e/o
rallentare l’evoluzione delle nefropatie verso la fase dell’uremia devono costituire un obiettivo preminente
dell’impegno medico nell’ambito della programmazione sanitaria. Ancora oggi, infatti, una considerevole
percentuale di nefropatie evolve in insufficienza renale cronica irreversibile. Queste attività possono essere
completamente svolte presso le Divisioni e i Servizi di nefrologia e dialisi della Regione ed è indispensabile
la presenza nell’ambito regionale di un numero sufficiente di strutture nefrologiche e di nefrologi che si
occupino di questi problemi di grande impegno sociale ed economico.
Il numero di pazienti con nefropatie croniche in fase terminale (uremia), che richiedono il trattamento
sostitutivo della funzione renale, sia artificiale (dialisi), sia naturale (trapianto renale), ha raggiunto
dimensioni di notevole rilevanza sul piano sociale.
La dialisi ed il trapianto renale non sono in contrapposizione o in alternativa; devono piuttosto essere
considerati come elementi integrativi di un unico programma terapeutico che l’obiettivo di mantenere in vita
e di riabilitare il paziente uremico. Non tutti i pazienti in uremia terminale possono essere sottoposti a
trapianto renale a causa dell’età avanzata, delle condizioni cliniche, ecc. (si calcola che circa la metà dei
pazienti in trattamento dialitico, possa essere sottoposta a trapianto); d’altra parte, nella maggior parte dei
casi, un trapianto non assicura la guarigione per tutta la vita, per cui possono rendersi necessari la ripresa
della dialisi ed un nuovo trapianto.
Le azioni programmate della Regione Abruzzo volte alla tutela dei nefropatici debbono porsi nel triennio
1994/1996 i seguenti obiettivi:
1) prevenzione e diagnosi delle nefropatie;
2) adeguamento, riorganizzazione e potenziamento delle strutture di dialisi;
3) programma di trapianto renale.
Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Epidemiologia delle nefropatie.
In questo quadro gli spazi di intervento che si possono individuare attengono principalmente all’attivazione
sul territorio regionale di idonei strumenti di rilevazione per individuare le cause e definire l’epidemiologia
delle nefropatie. Alle informazioni derivanti dallo studio epidemiologico è connessa la possibilità di attivare
programmi mirati di prevenzione primaria che comportino il riconoscimento del rischio, la diagnosi precoce,
la terapia tempestiva. La prevenzione secondaria rivolta a pazienti con nefropatie in fase iniziale è diretta a
rallentare lo sviluppo e l’evoluzione della malattia stessa.
Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Adeguamento, riorganizzazione e potenziamento delle
strutture di neurologia e dialisi.
Le strutture di nefrologia e dialisi comprendono gli ambulatori di nefrologia e i Presidi ospedalieri di
nefrologia e dialisi. Gli ambulatori di nefrologia sono collocati presso le strutture ospedaliere e presso i
Presidi ospedalieri di nefrologia e dialisi.
Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Degenza nefrologica.
La degenza nefrologica deve essere collocata nei Presidi ospedalieri di nefrologia e dialisi.
Riguarda non solo pazienti che necessitano di accertamenti diagnostici e di provvedimenti terapeutici per
nefropatie in atto in varie fasi di evoluzione, ma anche pazienti in trattamento sostitutivo della funzione
renale (dialisi e trapianto renale) che hanno bisogno di ricoveri ospedalieri per controlli clinici o
complicanze intercorse.
Prevenzione e diagnosi precoce delle nefropatie - Programma di trapianto renale.
Un programma realistico di trapianto renale deve prendere in considerazione competenze già esistenti nella
Regione ed i momenti successivi in cui si articola l’intervento terapeutico di trapianto. Questo intervento
rappresenta indubbiamente un’attività multidisciplinare che risulta dalla stretta cooperazione di più centri:
1) Centro di trapianto renale
2) Centro di immunoematologia e tipizzazione tissutale
3) tutti i Centri di rianimazione della Regione (per il programma di prelievo dei reni)
4) tutti i Centri dialisi della Regione.
Per il completamento di questo programma e stata già istituita dalla Regione la commissione medica per
l’accertamento della morte clinica su base regionale, di supporto per tutti i Centri di rianimazione.
Con provvedimenti successivi e modulati nel tempo saranno istituite le strutture sopra menzionate.
Le esigenze amministrative.
Nella Regione Abruzzo ogni anno 40 cittadini iniziano un trattamento dialitico cronico. Alla data del 31
dicembre 1993 risultano in trattamento 680 pazienti, di cui 51 in trattamento dialitico domiciliare e 79 in
dialisi peritoneale. In questo novero non sono stati inclusi i pazienti con trapianto renale funzionante. La
dotazione di posti di dialisi al 31 dicembre 1993 risulta pari a 230 di cui 6 in struttura privata e 224 in
strutture pubbliche. Il tasso medio di utilizzazione nelle strutture pubbliche è di 2.70 pazienti per posto
dialisi.
Fra le esigenze organizzative si deve prevedere:
a) un servizio di autoambulanze che assicuri il trasporto di pazienti non autosufficienti dal domicilio al
Centro dialisi e viceversa;
b) strutture di dialisi ad assistenza limitata, finalizzata al trattamento di pazienti addestrati all’autogestione,
che non richiedano la presenza costante di personale medico, preferibilmente inserite nell’ambito
dell’assistenza domiciliare integrata.
Con successivi provvedimenti verrà data attuazione a quanto previsto nel presente Piano.
3.9. - Le strutture trasfusionali e il Piano sangue.
Premessa.
La legge 4 maggio 1990, n. 107 avente come oggetto “Disciplina per le attività trasfusionali relative al
sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati” ed i successivi decreti
ministeriali di attuazione hanno introdotto profonde innovazioni rispetto alla legislazione precedente.
Con tale legge lo Stato prefigura un intervento programmatorio che ha come obiettivo fondamentale il
raggiungimento su tutto il territorio nazionale dell’autosufficienza di sangue intero e di plasmaderivati, una
maggiore tutela della salute e del ruolo sociale dei donatori e maggiori garanzie assistenziali per i pazienti.
Tale obiettivo si realizza attraverso una riorganizzazione o razionalizzazione delle strutture trasfusionali e la
promozione della donazione del sangue volontaria, periodica e gratuita.
In tale contesto normativo le Regioni predispongono i Piani sangue regionali, che costituiscono parte
integrante dei Piani sanitari regionali.
Situazione attuale.
Attualmente in Abruzzo vengono raccolte circa 30.000 unità di sangue annue, mentre il fabbisogno stimato è
di 50.000. Molto più precaria è la situazione del plasma, infatti a fronte di un fabbisogno ottimale annuo di
circa 13.000 litri/anno, se ne raccolgono meno di 3.000.
A questa situazione si aggiunge una sensibile dilatazione della spesa farmaceutica per gli emoderivati dovuta
ad un iperconsumo di tali specialità farmaceutiche che non trova nessun riscontro nelle corrette indicazioni
della moderna Medicina trasfusionale.
I donatori di sangue periodici sono circa 12.000 e per il raggiungimento degli obiettivi dell’autosufficienza
regionale ne servirebbero circa 27.000.
Da questo quadro sintetico emergono alcune fondamentali considerazioni:
1) Gli obiettivi per il raggiungimento dell’autosufficienza in Abruzzo prevedono approssimativamente il
raddoppio degli attuali carichi di lavoro.
2) È quanto mai opportuna una rapida riorganizzazione e razionalizzazione del Servizio trasfusionale
abruzzese che attualmente risulta sottodimensionato rispetto alle esigenze assistenziali ed agli obiettivi di
autosufficienza.
3) Sul territorio regionale sono presenti numerosi presidi ospedalieri pubblici e privati, i quali, pur nell’ottica
di una razionalizzazione conseguente all’attuazione del PSN, del D.L. n. 502 del 1992 e delle vigenti
disposizioni in materia finanziaria, costituiscono delle realtà operative che dovranno continuare a fornire
assistenza anche in campo immunoematologico e trasfusionale.
4) Dovrà essere data attuazione alla legge sul 118 per l’emergenza che prevede l’impegno di strutture
trasfusionali adeguatamente organizzate.
Obiettivi.
Una razionale organizzazione dei servizi trasfusionali e delle associazioni di volontariato del sangue
consentirà di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali:
1) l’autosufficienza regionale di sangue e di emoderivati;
2) la sicurezza per le malattie trasmissibili con riduzione dei relativi costi sociali;
3) notevoli risparmi sulla spesa farmaceutica per l’acquisto di emoderivati dalle industrie attraverso
l’attuazione del Piano plasma regionale;
4) migliori garanzie assistenziali nei confronti dei pazienti emopatici ed immunopatici;
5) l’attuazione dei programmi di medicina trasfusionale e di autotrasfusione così come previsti dalla legge n.
107 del 1990 e dal Piano sangue nazionale.
Organizzazione attuale del servizio trasfusionale regionale.
Attualmente nella nostra Regione sono previste e/o operanti le seguenti strutture trasfusionali:
Provincia di Pescara
Pres. Osped. di Pescara: n. 1 SIT
Pres. Osped. di Popoli: n. 1 CT con D.H. ematologico
Pres. Osped. di Penne: n. 1 Sezione trasfusionale
Centro di Raccolta AVIS - Pescara (fisso e mobile)
Provincia dell’Aquila
Pres. Osped. di l’Aquila: n. 1 CT (Croce Rossa)
Pres. Osped. di Avezzano: n. l SIT
Pres. Osped. di Sulmona: n. l CT con D.H. ematologico
Provincia di Teramo
Pres. Osped. di Teramo
Pres. Osped. di Atri: n. 1 SIT con D.H. allergologico
Pres. Osped. di Giulianova: n. 1 Sezione trasfusionale
Provincia di Chieti
Pres. Osped. di Chieti: n. 1 CT
Pres. Osped. di Ortona: n. 1 CT
Pres. Osped. di Lanciano: n. 1 CT
Pres. Osped. di Vasto: n. 1 SIT con D.H. ematologico ed allergologico
Ospedale di Gissi: n. 1 CT
Ospedale di Guardiagrele: n. 1 Sezione trasfusionale
Gli ospedali di Atessa, Casoli, Guardiagrele, S. Omero, Pescina, Tagliacozzo e Castel di Sangro, sono dotati
di Servizio di Emoteca e centro di raccolta che funzionano in modo discontinuo con personale proveniente
dai Servizi Trasfusionali collegati.
Totale:
n. 4 Servizi di immunoematologia e trasfusione
n. 8 Centri trasfusionali
n. 3 Sezioni trasfusionali
n. 8 Centri di raccolta
n. 7 Emoteche.
Classificazione delle strutture trasfusionali: gli standard della legge n. 107 del 1990.
Le attività trasfusionali su base regionale sono organizzate nelle seguenti strutture (legge n. 107 del 1990
artt. 4, 5, 6, 7, 8):
- Servizi di Immunoematologia e trasfusione (SIT)
Operano in bacini di utenza aventi una popolazione di almeno 400.000 abitanti, con un minimo di uno per
provincia.
- Centri trasfusionali (CT)
Essi possono essere istituiti ad integrazione del SIT laddove il bacino di utenza di quest’ultimo superi i
400.000 abitanti. Ove costituiti i CT operano in bacini di utenza con una popolazione di almeno 150.000
abitanti.
- Unità di raccolta (UR)
Le unità di raccolta sono strutture fisse o mobili finalizzate alla raccolta di sangue intero e di plasma
mediante emaferesi. Esse dipendono, sotto il profilo tecnico ed organizzativo dal SIT o dal CT
territorialmente competente. Vengono individuate in base agli obiettivi dei Piani sangue regionali.
- Frigoemoteche
I Presidi ospedalieri che non dispongono di SIT o CT sono forniti di frigoemoteca collegata funzionalmente
con il SIT o CT territorialmente competente.
- Centro regionale di coordinamento e compensazione (CRCC).
La Giunta regionale individua tra i SIT il servizio che esercita le funzioni di CRCC.
Modello organizzativo teorico in base alla legge n. 107 del 1990: Problemi di attuazione.
Il modello previsto dalla legge n. 107 del 1990 che definisce l’individuazione dei servizi trasfusionali
esclusivamente in base al parametro della popolazione per bacino d’utenza (un SIT ogni 400.000 abitanti
oppure uno per provincia - un CT ogni 150.000 abitanti oltre i 400.000 ab. previsti per il SIT), applicato alla
realtà della Regione Abruzzo ed agli indirizzi con i quali si sta realizzando il nuovo Piano sanitario
regionale, darebbe origine al seguente assetto organizzativo:
Le strutture trasfusionali situate nelle U.S.L. vengono trasformate in SIT, mentre tutti gli altri CT esistenti
sul territorio vengono declassati a semplici unità di raccolta con emoteca. Questo assetto organizzativo,
calato nella nostra realtà assistenziale, difficilmente potrebbe garantire una razionale assistenza
immunoematologica e trasfusionale ed il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge n. 107 del 1990.
Bisogna infatti distinguere tre aspetti ben precisi delle attività trasfusionali ognuno dei quali prevede assetti
organizzativi distinti e collocazioni diverse:
a) I controlli di idoneità alla donazione, la raccolta del sangue intero e del plasma mediante plasmaferesi
possono essere effettuati in tutte le strutture trasfusionali comprese le unità di raccolta.
b) La tipizzazione, il frazionamento, 1a conservazione e la distribuzione del sangue e degli emoderivati di
primo impiego, può essere effettuata solo dai SIT e dai CT.
c) Le attività di medicina trasfusionale che si esprimono non soltanto come consulenza clinico-terapeutica,
ma anche con interventi diretti sul paziente (autotrasfusione, emaferesi terapeutiche, assistenza ai pazienti
emopatici, sia mediante ricovero day-hospital che in regime ambulatoriale).
La prima conseguenza è che tutti i presidi ospedalieri d’Abruzzo, esclusi quelli siti nei capoluoghi di
provincia, per le prestazioni immunoematologiche e trasfusionali di base e di media assistenza (di cui ai
punti b) e c) dovrebbero rivolgersi esclusivamente al SIT di riferimento, venendo meno quella rete di
strutture intermedie che dovrebbero erogare prestazioni di base e di media assistenza.
Questa situazione, considerando la particolare conformazione geografica dell’Abruzzo e le distanze che
separano i vari presidi ospedalieri, creerebbe un’organizzazione assistenziale caotica e troppo sbilanciata a
favore dei Presidi ospedalieri sede di SIT, penalizzando fortemente gli altri ospedali provinciali, ad
esclusione dell’aspetto della raccolta che invece risulterebbe omogeneamente distribuita e dell’alta specialità
che sarebbe giustamente collocata in quelle strutture che sono destinate a diventare Aziende ospedaliere.
Questa situazione comporterebbe alcune importanti disfunzioni:
- Negli ospedali provinciali e zonali si determinerebbe un sicuro peggioramento delle condizioni assistenziali
trasfusionali, condizionando negativamente anche quei reparti e servizi collocati nella fascia di assistenza di
base e media assistenza le cui attività sono particolarmente legate all’efficienza dei servizi trasfusionali (ad.
es. i reparti chirurgici).
- Si determinerebbe una pesante discriminazione tra i cittadini. Mentre infatti sembra logico spostare i
pazienti per l’erogazione di prestazioni trasfusionali di alta assistenza, è del tutto irrazionale doverli spostare
per fornire prestazioni di media e bassa assistenza che invece dovrebbero essere omogeneamente distribuite
su tutto il territorio regionale.
- La penalizzazione di organizzazioni trasfusionali già molto efficienti e di professionalità consolidate, a
fronte di strutture che dovranno essere totalmente riorganizzate o addirittura create ex-novo (vedi Chieti e
L’Aquila).
- Riduzione della qualità e sicurezza della terapia trasfusionale; è infatti esperienza ormai tristemente
consolidata che tanto più i posti letto sono lontani dalla struttura trasfusionale, maggiori sono i rischi per il
paziente.
- Penalizzazione del volontariato del sangue; e infatti esperienza di tutti che le associazioni di volontariato
crescono e si sviluppano soprattutto intorno a strutture trasfusionali efficienti e con personale motivato.
- Difficile gestione delle urgenze immunoematologiche e trasfusionali; infatti le distanze non
consentirebbero interventi sempre tempestivi e favorirebbero il rifiorire di soluzioni organizzative “locali”
spesso affidate a personale non competente e non sufficientemente motivato.
- Difficile realizzazione dell’organizzazione trasfusionale all’interno degli istituendi Dipartimenti di
emergenza (118).
Modello organizzativo delle attività trasfusionali nella Regione Abruzzo.
In considerazione degli standard organizzativi e degli obiettivi posti dalla legge n. 107 del 1990 e dal D.Lgs.
n. 502 del 1992 e dell’organizzazione trasfusionale attualmente esistente, si ritiene che, sia da un punto di
vista operativo che dal punto di vista del rapporto costi-beneficio, la strutturazione della rete regionale dei
servizi trasfusionali debba realizzarsi sulla base di un’organizzazione di tipo dipartimentale che possa
garantire il miglior utilizzo delle risorse umane e tecnologiche in relazione all’attuale collocazione dei
presidi ospedalieri e dei gruppi di volontariato del sangue.
Inoltre, nella considerazione che in base agli standard dettati dalla L. n. 107 del 1990 ed a quanto previsto
dal Piano sangue nazionale, il modello organizzativo verso cui si deve tendere è quello di quattro Servizi
trasfusionali provinciali a carattere multizonale con sede decentrate situate presso i vari Presidi ospedalieri e
funzionalmente collegate da un’organizzazione dipartimentale, si ritiene comunque che un intervento di
razionalizzazione delle strutture trasfusionali debba avvenire con gradualità, in maniera armonica con i
tempi di attuazione del Piano sanitario regionale e del raggiungimento dell’autosufficienza di sangue e
plasma.
Pertanto, limitatamente al triennio 1994-1996, valutando realisticamente i tempi necessari per la
riorganizzazione dei SIT di Chieti, L’Aquila e Teramo, non può venire meno il determinante apporto
organizzativo dei Centri trasfusionali che attualmente costituiscono realtà rilevanti ed indispensabili per
gestire la fase di passaggio dall’attuale modello organizzativo a quello definitivo previsto dalla L. n. 107 del
1990. Conseguentemente le strutture per il triennio in esame, risultano adattate alle sei U.S.L. previste anche
nell’organizzazione dipartimentale multizonale.
Dipartimento n. l:
Strutture della Provincia di L’Aquila:
- SIT l’Aquila: presso il Presidio ospedaliero di L’Aquila (transitoriamente funge da SIT la struttura operante
presso il Presidio ospedaliero di Avezzano, fino a quando non diventerà pienamente operativa quella di
L’Aquila, secondo i requisiti di legge). Ambulatorio e D.H. immunoematologico.
- CT Avezzano: presso il Presidio ospedaliero di Avezzano (salvo norma transitoria di cui sopra).
Ambulatorio e D.H. immunoematologico.
- Sulmona: sede distaccata del SIT di L’Aquila, presso il Presidio ospedaliero di Sulmona. D.H.,
ambulatorio, laboratorio ad indirizzo ematologico.
- UR Castel di Sangro (con Emoteca): funzionalmente collegata a quella di Sulmona.
- UR Pescina (con Emoteca): funzionalmente collegata al CT di Avezzano.
- UR C.R.I. L’Aquila funzionalmente collegata con il SIT di L’Aquila.
Dipartimento n. 2:
Strutture della Provincia di Chieti:
- SIT Chieti: presso il Presidio ospedaliero di Chieti. Ambulatorio e D.H. immunoematologico.
- CT Vasto: presso il Presidio ospedaliero di Vasto, Ambulatorio, Laboratorio e D.H. ad indirizzo
oncoematologico ed immunoallergologico.
- Lanciano: sede distaccata del SIT di Chieti presso il Presidio ospedaliero di Lanciano. Ambulatorio e D.H.
immunoematologico.
- UR Casoli (con Emoteca): collegata a quella di Lanciano.
- UR Atessa (con Emoteca): collegata a quella di Lanciano.
- UR Ortona (con Emoteca): collegata a quella di Chieti.
- UR Guardiagrele (con Emoteca): collegata a quella di Chieti.
- UR Gissi (con Emoteca): collegata al CIT di Vasto.
Dipartimento n. 3:
Strutture della Provincia di Teramo:
- SIT Teramo: presso il Presidio ospedaliero di Teramo. Ambulatorio e D.H. immunoematologico.
- CT Atri: presso il Presidio ospedaliero di Atri. Ambulatorio, laboratorio e D.H. ad indirizzo
immunoallergologico.
- UR Giulianova (con Emoteca):collegata al SIT di Teramo.
- UR S. Omero (con Emoteca): collegata al SIT di Teramo.
Dipartimento n. 4:
Strutture della provincia di Pescara:
- SIT Pescara con funzione di Centro di coordinamento e compensazione regionale. Ambulatorio e D.H.
immunoematologico. Laboratori di ematologia, microbiologia clinica e virologia, immunologia e
tipizzazione tissutale, differenziazione cellulare, criobiologia e manipolazione cellulare.
- Popoli: sede distaccata del SIT di Pescara
- UR Penne: (con Emoteca): collegata al SIT di Pescara
-UR A.V.I.S. Pescara: collegata al SIT di Pescara.
3.10 Termalismo e climatoterapia.
Per stabilimento termale si intende ogni struttura aperta al pubblico che, a scopo preventivo, curativo e
riabilitativo utilizza acque minerali peloidi quali fanghi, limi, muffe e simili nonché stufe naturali ed
artificiali ai sensi dell’art. 14, lett. a), del R.D. 28 settembre 1919, n. 1924.
L’autorizzazione all’apertura, all’ampliamento, alla trasformazione degli stabilimenti termali e concessa con
delibera della Giunta regionale su proposta del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale, previo accertamento
dei requisiti effettuato dalla U.S.L. competente per territorio e previo parere della Conferenza permanente
per i rapporti fra la Regione e le Unità sanitarie locali.
Per l’autorizzazione di cui sopra, l’interessato deve inoltrare apposita domanda alla U.S.L. competente
corredata da idonea documentazione fissata con delibera della Giunta regionale.
Tali stabilimenti devono garantire la pronta assistenza medica per tutto l’orario giornaliero di apertura.
La direzione tecnica dello stabilimento termale deve essere affidata ad un laureato in medicina e chirurgia
con specifiche conoscenze in idrologia, idroterapia, terapia fisica o di igiene, iscritto nell’albo professionale.
Il direttore tecnico risponde della regolarità del servizio e dell’organizzazione dello stabilimento termale
fermo restando la responsabilità personale dei singoli operatori.
L’impiego di personale sanitario, tecnico e paramedico deve essere in rapporto alla quantità ed alla qualità di
prestazioni fornite dallo stabilimento termale.
Le verifiche dell’adeguamento degli stabilimenti termali vengono effettuate dalla U.S.L. competente per
territorio ovvero dal Servizio ispettivo del Settore Sanità-Igiene-Sicurezza Sociale della Regione Abruzzo.
3.11 L’intervento di medicina legale e delle assicurazioni.
Premessa.
Il costante uso per anni della dizione di Servizi di medicina legale e del lavoro ha spinto i più a non
riconoscere in quelle menzionate due differenti discipline che presentano una certa affinità ma che sono ben
distinti per gli indirizzi e le finalità che perseguono.
È necessario pertanto indicare le attività di esclusiva competenza medico-legale:
- accertamenti preventivi d’idoneità e non idoneità generica e/o specifica previsti quali obbligatori da leggi e
regolamenti;
- accertamenti medico-legali per idoneità lavorativa temporanea ai sensi dell’art. 5 e 30 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204, nonché l’art. 2 del D.L. n. 663 del 1979 convertito nella legge n. 33 del 1980;
- accertamenti medico-legali per l’incapacità temporanea per infermità, puerperio, malattia professionale ed
infortuni per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
- attività anche collegiale per l’accertamento dell’invalidità permanente per gli infortuni sul lavoro e per
malattia professionale, per causa di servizio, per riduzione della capacità di guadagno, per riduzione della
capacità di lavoro generica e specifica, per cecità, sordomutismo o altre malformazioni;
- coordinamento ed organizzazione del Servizio necroscopico con possibilità di offrire agli organi giudiziari
strutture idonee all’esecuzione di attività autoptica e di laboratorio per problematiche forensi;
- attività medico-collegiale per l’accertamento dell’invalidità civile;
- assistenza tecnica medico-legale nelle controversie civili e nei procedimenti penali a tutela degli interessati
del Servizio sanitario gestito dalla U.S.L.;
- attività collegiale per il prelievo di organi per trapianti terapeutici;
- attività di accertamento, anche collegiale, dell’idoneità alla guida di veicoli e natanti;
- attività di accertamento dell’idoneità al porto d’armi;
- attività didattiche .
Medicina legale e Presidi ospedalieri.
L’attività medico-legale delle strutture pubbliche, che non va inquadrata solo sul territorio, va rapportata
anche alle strutture ospedaliere.
Oltre al personale medico costituito da specialisti in medicina legale, dovranno essere previsti operatori
addetti alle attività amministrative in misura diretta al carico di lavoro esistente, così da rendere realmente
operative le strutture illustrate.
3.12 L’organizzazione della Veterinaria pubblica e il ruolo dell’istituto zooprofilattico di Teramo.
Organizzazione nazionale dei Servizi veterinari: generalità.
I Servizi veterinari (SV) sono organizzati nel Paese su tre livelli:
- il livello centrale è rappresentato dalla direzione generale dei SV del Ministero della sanità che mantiene i
compiti di raccordo internazionale, di controllo sull’importazione di animali e prodotti ai confini della
Comunità, di indirizzo operativo e di controllo sulle Regioni e, per quanto attiene impianti e stabilimenti
autorizzati nell’ambito della Comunità, anche al rilascio delle relative autorizzazioni;
- il livello intermedio è rappresentato dall’apposita struttura delle Regioni che hanno compiti di
pianificazione, indirizzo, coordinamento e verifica sui corrispondenti organismi territoriali;
- il livello periferico è rappresentato dalle strutture veterinarie delle U.S.L. che hanno compiti operativi.
Organizzazione regionale dei Servizi veterinari: generalità.
Accanto ai livelli operativi dello Stato, delle Regioni e delle U.S.L. si pongono gli Istituti zooprofilattici con
le competenze e l’ordinamento previsto dall’apposita normativa (D.Lgs. n. 270 del 1993 e decreti
applicativi).
La struttura regionale svolge funzioni programmatorie e propositive in materia di:
- definizione delle strategie globali
- allocazione delle risorse
- progettazione e definizione del sistema informativo
- definizione degli obiettivi e analisi dei risultati
- offerta di servizi di supporto.
La struttura veterinaria regionale è dotata di uno staff amministrativo diretto da un dirigente veterinario e si
avvale della collaborazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale e all’occorrenza, di personale
dipendente dalle U.S.L.
L’azienda U.S.L. è un’entità autonoma e tale autonomia si riflette anche nella struttura veterinaria che va
vista come un sistema integrato con un unico e coerente insieme di obiettivi di tipo operativo che si prestano
a valutazioni quali-quantitative.
Tale struttura veterinaria e articolata nelle tre aree funzionali di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e succ. mod.,
dotate ognuna di autonomia tecnica e funzionale.
Ciascuna area è diretta da un dirigente veterinario del 2° livello.
Il coordinamento tra le aree funzionali viene esercitato collegialmente da un comitato composto dai tre
dirigenti, e diretto da uno di loro che presiede e convoca le sedute, designato al proprio interno.
Le funzioni sono esercitate mediante équipe operative costituite sulla base di specifici programmi anche
pluriennali - indirizzati alla realizzazione degli obiettivi individuati dall’autorità centrale, regionale e/o dalla
stessa U.S.L. Le équipe, composte da personale di diverso profilo professionale e, se necessario, di diversa
area funzionale, sono coordinate da un veterinario responsabile del progetto.
Nel distretto sono erogate le prestazioni di ispezione, vigilanza, profilassi e polizia veterinaria dal personale
veterinario specialistico, coadiuvato dalle altre figure professionali tecniche e sanitarie di supporto, mediante
le équipe operative sopra menzionate.
Nel distretto, ferme restando le competenze specifiche dei rispettivi servizi, si formano inoltre, secondo
precisi protocolli operativi implementati nei progetti-obiettivo, le équipe interdisciplinari necessarie ad
assicurare le attività proprie del dipartimento di prevenzione.
La U.S.L. deve poter assicurare le prestazioni relative all’esecuzione delle profilassi obbligatorie pianificate
stabilite dallo Stato e dalla Regione e l’organizzazione dell’assistenza zooiatrica anche mediante veterinari
libero-professionisti incaricati secondo la vigente normativa.
La U.S.L. potrà prevedere l’erogazione con proprio personale di forme di assistenza veterinaria a carico di
enti o privati al fine di incrementare le risorse finanziarie da reimpiegare nell’ambito dei Servizi veterinari.
In analogia con quanto stabilito per il Comitato per la veterinaria e la zootecnia istituito presso il Ministero
per le politiche agricole, va previsto a livello regionale un organo tecnico-politico composto dagli assessori
alla sanità ed all’agricoltura e da funzionari dei suddetti settori regionali, oltre che da una rappresentanza dei
servizi veterinari delle U.S.L. e dell’Istituto zooprofilattico, tenuto ad esprimere pareri obbligatori su tutti i
provvedimenti regionali di interesse veterinario .
L’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”.
Anche per l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale” si deve procedere
a riordinare le norme che ne disciplinano il funzionamento e che sono contenute nella L.R. 28 dicembre
1978, n. 84 “Regionalizzazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale - G. Caporale - per l’Abruzzo e
Molise” e dell’accordo tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per l’organizzazione e la gestione
dell’Istituto zooprofilattico sperimentale.
Nel procedere a tale riordino si tratta di tenere in considerazione non solo quanto è contenuto nel D.Lgs. 30
giugno 1993, n. 270: Riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali a norma dell’art. 1, comma 1°, lett. h)
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ma anche quanto è riportato nel D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502:
Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della stessa legge n. 42l del 1992.
Il riordine dell’Istituto “G. Caporale”.
Il punto 5 dell’art. 2 del D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270: Riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali a
norma dell’art. 1, comma l°, lett h) della L. 23 ottobre 1992, n. 421, recita:
“Le Regioni, entro il 31 dicembre 1993, disciplinano le modalità gestionali, organizzative e di
funzionamento degli istituti, nel rispetto dei principi previsti dal presente D.Lgs. e dal D.Lgs. 30 dicembre
1992, n. 502, nonché l’esercizio delle funzioni di vigilanza, di indirizzo e verifica sugli istituti. Nel caso di
istituti interregionali, le Regioni provvedono di concerto. Le Regioni, inoltre, nell’esercizio delle proprie
competenze sugli Istituti zooprofilattici sperimentali, adottano criteri di valutazione dei costi, dei rendimenti
di verifica dell’utilizzazione delle risorse”.
Alla luce di quanto sopra appare opportuno, piuttosto che emanare nuovi provvedimenti legislativi,
modificare la L.R. 28 dicembre 1978, n. 84, il cui impianto si è dimostrato sostanzialmente valido
permettendo, soprattutto nell’ultimo quinquennio, non solo un notevole sviluppo dell’Istituto e la sua
affermazione sia a livello nazionale che internazionale, ma anche l’utilizzo dell’Istituto stesso nell’assolvere
vari e numerosi compiti nell’interesse della Regione, soprattutto nel settore zootecnico e della tutela
ambientale, con livelli di efficacia e di efficienza delle prestazioni esemplari.
Il D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 270, ha confermato sostanzialmente il contenuto delle leggi n. 503 del 1970 e n.
101 del 1974 che definivano istituzionalmente gli Istituti zooprofilattici sperimentali e ne individuavano
funzioni e compiti. Ha confermato anche la validità della legge n. 745 del 1975, che trasferiva gli istituti alle
Regioni.
È stato confermato inoltre il ruolo dell’Istituto zooprofilattico zperimentale come “strumento tecnicoscientifico dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome” ed è stata confermata la sua funzione di
ente di ricerca in grado di sviluppare tecnologie avanzate e di assicurare il trasferimento al territorio
attraverso servizi di molteplice natura, indirizzati a soddisfare la domanda di vari soggetti istituzionali, delle
imprese produttive e dei privati.
Agli istituti viene affidata la responsabilità di soddisfare alcuni bisogni che sono venuti emergendo nel corso
degli anni che sono intercorsi dall’emanazione dell’ultima legge sugli istituti nel 1975. Appare estremamente
significativo che alcuni dei compiti individuati sono, peraltro, già da tempo stati affidati all’Istituto “G.
Caporale” con varie leggi della Regione Abruzzo come ad esempio nel caso della formazione dei veterinari
del Servizio sanitario nazionale e della sorveglianza epidemiologica come strumento di verifica e controllo
delle azioni di sanità pubblica veterinaria.
Lo stesso decreto legislativo ha abolito alcune delle norme relative alla modalità di gestione degli istituti
provvedendo a sostituirle con norme più in assonanza con i nuovi indirizzi emersi nel corso dell’ultimo
biennio in materia di Governo e gestione dell’apparato pubblico del Paese.
Il decreto, infine, chiarisce quali siano le fonti di finanziamento dell’istituto statuendo, per la prima volta,
che il Fondo sanitario nazionale contribuisce al finanziamento degli istituti cosi come vi contribuiscono sia il
Ministero della sanità che le Regioni. L’istituto, inoltre, può continuare ad autofinanziarsi e ciò non più solo
attraverso la vendita di prodotti biologici da esso prodotti, ma anche attraverso la vendita di servizi.
È sulla base di questi principi generali che va modificata la L.R. 28 dicembre 1978, n. 84,
“Regionalizzazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, ai
sensi della L. 23 dicembre 1975, n. 745” e dell’“Accordo tra la Regione Abruzzo e la Regione Molise per
l’organizzazione e la gestione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale” che è parte integrante della stessa
legge regionale.
I rapporti tra 1a Regione e l’Istituto zooprofilattico sperimentale.
Il D.Lgs. n. 270 del 1993 ha confermato l’autonomia amministrativa, gestionale e tecnica dell’Istituto ed ha
sancito a livello nazionale quanto la Regione Abruzzo era stato già statuito sin dal 1978 e cioè che l’istituto è
strumento operativo di cui la Regione si avvale per esercitare funzioni che le sono proprie.
Inoltre la Regione utilizza l’Istituto zooprofilattico “G. Caporale” per quanto disciplinato dall’art. 7 dei
decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993.
La natura dell’Istituto quale strumento della Regione viene vieppiù rafforzata considerando, da un lato, la
modifica degli organi di gestione e, dall’altro, le innovazioni apportate alla disciplina di vigilanza e del
controllo. Quest’ultima in particolare consente alla Regione un efficace controllo della gestione attraverso la
verifica dei risultati raggiunti, ma la responsabilizza in modo tutto nuovo rispetto alla necessità di assicurare
all’istituto le risorse finanziarie necessarie al suo finanziamento.
Al riguardo appare indispensabile, per evitare gravami impropri sul bilancio della Regione, avere un
chiarimento definitivo con lo Stato su quali siano le prestazioni che l’Istituto deve assicurare e quali siano le
risorse che per tali prestazioni vengono assegnate allo stesso Istituto direttamente o attraverso il F.S.N.
Se il D.Lgs. n. 270 del 1993, infatti, sancisce che sono le Regioni che devono assicurare il finanziamento
degli Istituti per i compiti che esse affidano agli stessi è anche vero che lo stesso decreto sancisce per la
prima volta che è lo Stato che garantisce il finanziamento all’Istituto attraverso il F.S.N. tenendo conto dei
requisiti strutturali, tecnologici e dei livelli di funzionamento in relazione alle esigenze del territorio e alle
attività da svolgere.
Oltre ai compiti di cui alle leggi 23 giugno 1970, n. 503, e 11 marzo 1974, n. 101 e dal D.Lgs. 30 giugno
1993, n. 270, la Regione intende continuare ad affidare all’Istituto i compiti che essa gli ha attribuito con le
proprie leggi n. 84 del 1978, n. 33 del 1981, n. 59 del 1982, n. 48 del 1990 e n. 78 del 1991.
I rapporti tra i Dipartimenti di prevenzione e l’Istituto zooprofilattico sperimentale.
Le strutture veterinarie dei Dipartimenti di prevenzione, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.
502, si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione tecnico-scientifica dell’Istituto zooprofilattico
sperimentale.
L’Istituto, pertanto, deve assicurare ai Dipartimenti di prevenzione tutte le prestazioni di laboratorio
necessarie alle attività di sanità animale, di controllo dell’igiene della produzione, trasformazione,
commercializzazione, conservazione e trasporto alimenti di origine animale e dell’igiene degli allevamenti e
delle produzioni zootecniche.
Peraltro, anche gli altri servizi dei Dipartimenti possono avvalersi, ove necessario, delle sue prestazioni.
Oltre alle prestazioni di laboratorio, l’istituto, in particolare, assicura ai Dipartimenti il supporto tecnicoscientifico per l’espletamento delle prestazioni di sanità pubblica veterinaria; il supporto della gestione del
sistema informativo veterinario regionale; il servizio di documentazione legislativa e bibliografica; la
formazione e l’aggiornamento del personale.
In linea generale le prestazioni richieste all’Istituto vengono definite in sede di programmazione delle attività
dei Dipartimenti sulla scorta di precisi piani tecnico-finanziari che rispondano a criteri di efficacia, efficienza
e qualità delle prestazioni.
Nella redazione di tali piani, oltre a quanto sancito dalle normative nazionali e regionali, si dovrà tener conto
di quanto verrà generato dal sistema di sorveglianza epidemiologica in sanità pubblica veterinaria regionale.
Al fine di garantire un collegamento funzionale tra l’Istituto, la Regione e le strutture dei Dipartimenti viene
istituita una Commissione costituita dal responsabile della struttura veterinaria della Regione, dai
coordinatori delle aree funzionali veterinarie dei Dipartimenti e dal Direttore generale dell’Istituto.
Le priorità.
Prioritario appare nel triennio:
- l’attivazione del sistema di gestione delle emergenze veterinarie e la sua integrazione anche con il sistema
della protezione civile;
- l’attivazione della rete regionale di sorveglianza epidemiologica finalizzata alla programmazione ed alla
verifica delle azioni di sanità pubblica veterinaria;
- il completamento del sistema informativo veterinario di gestione e di Governo basato su una rete telematica
che consenta, dal punto di vista dell’informazione, l’integrazione funzionale dei Servizi dei dipartimenti, del
Servizio veterinario regionale e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale in tutte le sue articolazioni
territoriali;
- l’attivazione del sistema telematico di documentazione legislativa e scientifica nell’ambito del sistema
informativo veterinario;
- l’attivazione di un sistema efficiente di acquisizione e trasporto dei materiali necessari all’erogazione delle
prestazioni;
- l’inizio della realizzazione della nuova sede centrale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale.
3.13 L’attività sociologica e psicologica.
Premessa.
A partire dalla storica definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, che risale agli anni 50, la salute
non è da intendersi solo come assenza di malattia ma come uno stato di benessere fisico, psichico ed
ambientale. Secondo questo nuovo modello interpretativo il passaggio dal bisogno alla domanda sanitaria
non si realizza esclusivamente nel momento dell’effettiva insorgenza delle malattie, ma può esplicarsi in una
gamma di comportamenti promozionali della salute.
A fronte di una nuova e diffusa sensibilità rispetto al concetto di salute e del riconoscimento dell’importanza
di fattori metaindividuali, sociali e socioculturali nella promozione del benessere psicofisico, emerge oggi la
necessità di un approccio marcatamente sociologico alla “questione salute”.
La sociologia, con il proprio specifico campo di indagine, con le proprie metodologie e peculiarità
professionali, può meglio precisare i termini della “questione salute” e gli interventi da realizzare in modo da
razionalizzare le risorse, mirando gli obiettivi e valutando gli interventi.
La funzione della Regione risulta determinante in quanto, a norma dell’articolo 2 del decreto delegato di
riforma interviene per definire le linee dell’organizzazione dei servizi e delle attività destinate alla tutela
della salute, i criteri di finanziamento alla U.S.L. e alle Aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico,
promozione e supporto nei confronti della predetta U.S.L. e aziende, anche in relazione al controllo di
gestione e valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie. Il provvedimento legislativo assegna
sostanzialmente alle Regioni un ruolo di programmazione coerente con i principi definiti dal Piano sanitario
nazionale. Tra questi, l’art. 1 del decreto ribadisce, a proposito dei progetti-obiettivo, l’integrazione
funzionale ed operativa tra i servizi sanitari ed i servizi socio-assistenziali. Così come, all’art. 14 vengono
dettati principi volti a garantire i diritti dei cittadini nella gestione della sanità pubblica.
Riferimenti legislativi e ambiti di intervento.
Con la promulgazione del D.P.R. n. 761 del 1979 la figura professionale del sociologo è stata formalmente
inserita nel comparto della Sanità pubblica con un profilo articolato su tre posizioni funzionali.
Il successivo D.P.R. n. 821 del 7 settembre 1984 precisava le attribuzioni per il personale non medico
addetto a presidi, servizi e uffici delle Unità sanitarie locali.
Agli articoli 46, 47 e 48 del citato decreto vengono definite le attribuzioni delle tre posizioni funzionali
citate.
A partire da tali articoli possiamo sintetizzare i compiti dei sociologi operanti nel Servizio sanitario
nazionale come segue .
Didattica - Ricerca.
Si intende l’acquisizione di conoscenze - sapere fenomenologico interdisciplinare tramite l’analisi
(strutturale, funzionale e fattoriale) con il trasferimento delle conoscenze acquisite anche attraverso la
ricerca.
Programmazione.
Si intende indicare la pianificazione e la programmazione in un rapporto fine - mezzi in cui il piano indica
gli obiettivi e i valori sociali da realizzare, il programma indica i mezzi ed i costi, le modalità e i tempi.
Organizzazione - Direzione.
È l’insieme di fattori - strumenti (organi) coordinati in vista del conseguimento di determinate finalità obiettivi.
Valutazione.
Valutare è quella attività che permette di misurare e giudicare il raggiungimento di determinati obiettivi.
Attualmente i sociologi del comparto della sanità pubblica, anche sulla scorta di leggi nazionali e regionali,
sono inseriti esclusivamente nei servizi socio-assistenziali (consultori, servizi per le tossicodipendenze, ecc.).
Più in particolare il Dipartimento di “sicurezza sociale” si dovrà tendere a:
- svolgere un’attività di documentazione, diffusione delle informazioni, ricerca, consulenza tecnica,
promozione di programmi di formazione e dell’attività di volontariato;
- coordinamento di eventuali progetti-obiettivo in materia socio-assistenziale;
- gestione del sistema informativo socio-assistenziale (SISA);
- promozione di servizi socio-assistenziali alternativi;
- attivazione della rete di interventi di settore qualificandone l’integrazione socio-sanitaria.
La sede operativa del Distretto dovrà configurarsi soprattutto quale ambito ottimale per l’integrazione e la
ricomposizione unitaria delle competenze e delle attività sanitarie con gli interventi socio-assistenziali, la
gestione del sistema informativo di base, l’informazione sui servizi esistenti, segretariato sociale, consulenza
psico-sociale, attività conoscitiva rispetto all’andamento dei bisogni, oltre alle prestazioni specialistiche ed
ambulatoriali di tipo sanitario.
Quale asse portante del decentramento dell’assistenza sanitaria di base, il distretto rappresenta il luogo
specifico entro cui può maturare una vera cultura preventiva.
In tale ambito la presenza di un sociologo ha lo scopo di costruire un “Osservatorio” socio-sanitario di base
ed “epidemiologico”, capace di trarre utili indicazioni sulla reale incidenza del Distretto in termini di
prestazioni sanitarie e domiciliari capaci di ridurre il ricorso all’ospedale.
Il citato decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992 sul riordino del Servizio sanitario nazionale,
prevede, all’art. 14, che il Ministero della sanità definisce con proprio decreto, a proposito dei “diritti dei
cittadini” utenti del Servizio sanitario nazionale, un sistema di indicatori di qualità dei servizi e delle
prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell’assistenza, al diritto
all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché all’andamento delle prestazioni delle malattie.
L’ambito della “prevenzione” taglia trasversalmente più servizi e più figure professionali. In questa sede
vogliamo sottolineare una scelta che deve essere compiuta all’interno del Piano sanitario regionale e cioè
quella della razionalizzazione del personale impiegato in tale ambito.
L’attività psicologica.
Il Servizio sanitario ha ribadito, quale centro di azione su cui far convergere ogni risorsa specialistica,
intellettuale, economica, la persona umana nella sua interezza: in tal senso la persona nutre sempre più
aspettative di benessere e di una migliore qualità della vita e accetta sempre meno di essere considerata solo
portatrice di un disagio psichico o fisico e riabilitato unicamente per la patologia che manifesta.
La psicologia vanta una lunga tradizione di ricerca, studio, analisi, intervento, volta ad attribuire alla
persona, globalmente considerata, valori relativi alla sua sanità da intendersi come crescita biopsichica,
emozionale, esistenziale e come promozione dell’individuo per l’acquisizione di migliori livelli di qualità
della vita.
La psicologia ha avvertito nel tempo la necessità di una maggiore specializzazione, adattandola
nell’intervento pratico che essa svolge negli ambiti sanitari, sia ospedalieri che territoriali, ove oggi è
prevista, manifestando la necessità di una struttura tecnico-organizzativa autonoma, anche in considerazione
che la psicologia ha assunto, sempre più, caratteristiche scientifico-cliniche proprie.
In considerazione del riordino territoriale delle U.S.L. in ambito più ampio di quelli attuali si ritiene
necessaria una razionalizzazione delle risorse esistenti ed una previsione organica adeguata alla
programmazione triennale dell’organizzazione sanitaria regionale.
La dotazione organica regionale degli psicologi, descrittivamente riassunta per province, è la seguente:
Provincia di l’Aquila: 35 psicologi
Provincia di Teramo: 34 psicologi
Provincia di Pescara: 29 psicologi
Provincia di Chieti: 20 psicologi
Tale dotazione subirà un incremento nell’ambito della prossima istituzione del Dipartimento di salute
mentale.
Si evidenzia, dunque, la necessità di una razionalizzazione delle prestazioni psicologiche, di una loro
migliore qualificazione e di una maggiore omogeneità con possibilità di evidenziarne il rapporto costibenefici.
A tal fine è prevista l’istituzione di un’apposita struttura articolata nei vari livelli di assistenza della U.S.L. e
nelle realtà ospedaliere, attraverso moduli organizzativi specialistici da individuare negli ambiti distrettuali e
nei Presidi ospedalieri.
Tali moduli dovranno essere istituiti laddove già esiste un’operatività psicologica e ove se ne ravvisi la
necessità (es. oncologia, cardiologia, ematologia, chirurgia, pediatria, ostetricia e ginecologia, ecc.). In fase
di prima applicazione, il personale sarà riorganizzato per la strutturazione, secondo le disponibilità a seguito
degli artt. 8 e 78 del D.P.R. n. 384 del 1990.
La struttura in parola ha il compito di assicurare:
1) le modalità di coordinamento tecnico-scientifico delle attività svolte dagli psicologi;
2) la verifica dell’efficienza e dell’efficacia del lavoro svolto;
3) la programmazione delle attività in collaborazione con gli altri servizi;
4) una funzionale distribuzione del personale psicologi sul territorio;
5) la programmazione della formazione e dell’aggiornamento degli psicologi, individuando anche gli
opportuni momenti di interscambio delle esperienze professionali maturate in ambiti operativi diversi;
6) la gestione del personale - psicologi, di concerto con il Consiglio dei sanitari;
7) la documentazione dell’attività svolta.
Nella struttura di psicologia, attraverso la programmazione e pianificazione delle attività, la formazione e
aggiornamento, la ricerca e la documentazione, la gestione operativa dei tirocini post-lauream, si svolgono le
seguenti attività:
- consulenza;
- questionari, test;
- colloquio di valutazione psico-clinica;
- psicoterapia individuale di coppie e di gruppo;
- formazione psicologica del personale;
- educazione sanitaria in ambito psicologico;
- assistenza psicologica alla famiglia e alla coppia;
- assistenza psicologica alla donna in stato di gravidanza;
- psico-profilassi al parto;
- assistenza psicologica alla donna in menopausa;
- assistenza psicologica per la contraccezione;
- colloqui per le richieste di interruzione volontaria della gravidanza (I.V.G.);
- interventi di educazione alla sessualità in ambito psicologico e relazionale;
- consulenza alle problematiche adolescenziali;
- consulenza psicologica per l’adozione e per l’affido familiare;
- interventi in favore di soggetti portatori di handicap;
- consulenza alle scuole e partecipazione a dinamiche di gruppo;
- assistenza psicologica ai malati cronici e terminali (AIDS, ecc.);
- attività di ricerca epidemiologica in ambito psicologico;
- attività presso i SERT, di carattere individuale e familiare;
- attività psicologica in ambito psichiatrico;
- diagnosi psicologica, psicoterapia individuale e di gruppo;
- attività di riabilitazione psicologica nelle strutture semiresidenziali, residenziali e di accoglienza
psichiatrica;
- attività psicologica nei servizi riabilitativi per gli handicap.
Quanto sopra previsto trova puntuale accoglimento nei parametri contemplati dal D.Lgs. n. 502 del 1992,
tenendo conto che la professionalità psicologica all’interno del S.S.N. è già prevista nella sua forma di
disciplina autonoma e specifica ribadita dalla legge n. 56 del 1989.
3.14 L’intervento per la prevenzione e la cura del diabete mellito.
La Regione Abruzzo istituisce un sistema organico di intervento per perseguire i seguenti obiettivi:
- prevenzione e diagnosi precoce della malattia diabetica;
- miglioramento delle modalità di cura dei cittadini diabetici;
- promozione dell’educazione sanitaria del cittadino diabetico e della sua famiglia;
- preparazione ed aggiornamento professionale del personale sanitario addetto ai servizi.
Il sistema di intervento, istituito nel triennio 1994-1996, consente di assolvere le seguenti funzioni:
- prevenzione primaria e secondaria del diabete mellito;
- prevenzione delle sue complicanze;
- terapia in situazioni di particolare necessità clinica;
- consulenza diabetologica con il medico di base;
- consulenza con divisioni ospedaliere in occasione dei ricoveri di cittadini diabetici;
- addestramento, istruzione ed educazione del cittadino diabetico.
In relazione alla densità della popolazione, alle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche delle
zone di utenza e all’incidenza della malattia diabetica nell’ambito regionale, nel triennio 1994/1996 il
sistema è articolato in tre livelli operativi di intervento costituiti da:
1) Livello regionale
a) Comitato regionale diabetologico
b) Servizio regionale di diabetologia pediatrica
2) Livello di area
Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia
3) Livello di base
a) Medici di base e pediatri di libera scelta
b) Associazioni di volontariato diabetici.
Ai fini dell’ottimale coordinamento delle azioni rivolte alla prevenzione ed alla cura del diabete, tutte le
unità della rete dei servizi diabetologici partecipano ad attività inerenti alla standardizzazione dei criteri
diagnostici, terapeutici ed assistenziali, curando i collegamenti tra i diversi livelli elencati.
L’accesso ai servizi specialistici in precedenza elencati avviene, nel rispetto del diritto di libera scelta da
parte dell’assistito, su richiesta del medico di base, che può anche prescrivere, se necessario, il “passaggio in
cura”.
Livello regionale.
a) Comitato regionale diabetologico.
Presso il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Giunta regionale è istituito il Comitato regionale
diabetologico.
Il Comitato formula proposte ed esprime pareri in ordine agli interventi di cui all’art. 1 della legge 16 marzo
1987, n. 115.
Promuove altresì iniziative per il potenziamento della ricerca finalizzata e collabora con gli organi regionali
per l’emanazione di direttive rivolte a fornire indirizzi uniformi e coordinati per l’attuazione della stessa
legge.
Ai fini poi dell’omogeneità e dell’integrazione delle attività di tutte le strutture coinvolte nelle problematiche
poste in essere dalla malattia diabetica assolve le seguenti funzioni:
- gestione di un registro regionale del diabete insulino-dipendente e non insulino-dipendente; studio della
prevalenza ed incidenza del diabete nella popolazione, nell’ambito dell’osservatorio epidemiologico
regionale.
- coordinamento della prevenzione primaria: da svolgersi attraverso l’individuazione nella popolazione sana
di soggetti a rischio della malattia, proponendo e/o esaminando protocolli diagnostici e terapeutici da attuarsi
in tali soggetti;
- definizione e conduzione, in stretta collaborazione con i servizi diabetologici dei diversi livelli di attività
coordinate miranti alla standardizzazione ed all’omogeneità dei criteri diagnostici, terapeutici ed
assistenziali.
Dovrà inoltre essere in grado di favorire:
- l’applicazione e lo sviluppo di tecnologie avanzate riguardanti sia le tecniche terapeutiche e diagnostiche
tendenti al miglioramento della malattia, sia la cura ed il controllo delle complicanze ad essa connesse.
b) Il Servizio regionale di diabetologia pediatrica.
La divisione di pediatria del Presidio ospedaliero “SS. Annunziata” di Chieti, convenzionata con la facoltà di
Medicina della stessa città (Clinica pediatrica), svolge il servizio per lo studio la prevenzione ed il
trattamento del diabete infantile.
Il Servizio di diabetologia pediatrica ha il compito di svolgere le seguenti funzioni relative al diabete mellito
nell’età evolutiva:
- diagnosi precoce;
- ottimizzazione del controllo metabolico;
- educazione sanitaria dei ragazzi con diabete mellito e delle loro famiglie;
- coordinamento dell’accesso alle strutture specialistiche per la diagnosi precoce e la terapia delle
complicanze del diabete;
- consulenza diabetologica pediatrica in ambito ospedaliero e nel territorio;
- attività educativa nelle scuole.
Livello di area.
Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia.
I Servizi specialistici ambulatoriali di diabetologia, istituiti in ambito ospedaliero, sono aggregati ai
Dipartimenti di medicina interna e partecipano all’organizzazione dipartimentale con particolare riguardo
all’assistenza infermieristica.
Svolgono consulenza a tutti i Dipartimenti ospedalieri in occasione di ricoveri di cittadini diabetici e
ricevono prestazioni dagli stessi nei confronti dei propri pazienti in assistenza ambulatoriale.
Le prestazioni vengono erogate normalmente in regime ambulatoriale e in day-hospital.
Nell’ambito della struttura dipartimentale deve prevedersi una destinazione di posti letto per pazienti
diabetici abbisognevoli di ricovero.
Nei Presidi ospedalieri in cui il Servizio specialistico diabetologico ospedaliero è istituito ed è operante esso
resta confermato.
Le prestazioni minime erogate, in proprio o attraverso le strutture del presidio ospedaliero, sono:
- accesso alla visita diabetologica per almeno 5 mattine ed un pomeriggio alla settimana;
- agevole operatività per gli esami di base e specialistici;
- accesso all’assistenza oftalmologica, neurologica;
- espletamento di programmi di educazione collettiva ai pazienti diabetici e loro familiari;
- compilazione di diete personalizzate;
- collegamento con altre strutture per accertamenti e terapie più complessi.
Livello di base.
a) Medici di Medicina generale
Questo intervento costituito dalla Medicina generale di base e dalla Medicina specialistica pediatrica, sarà
assunto come riferimento naturale e privilegiato dalla rete dei Servizi di diabetologia.
La funzione del medico di base è da ritenersi, difatti, essenziale per una corretta ed ottimale gestione della
malattia diabetica.
Tale funzione si esplica a livello preventivo, diagnostico e terapeutico.
Sarà cura del medico di base indirizzare i pazienti neodiagnosticati alle strutture diabetologiche per dotare
gli stessi del “diario clinico”, e per gestire i regimi terapeutici proposti dal servizio, sulla base di una
valutazione specialistica del paziente.
Tra medico di base e Servizio di diabetologia dovrà sussistere un reciproco rapporto continuativo di
collaborazione per la gestione del paziente diabetico.
Per iniziativa dei servizi degli altri livelli organizzativi, il medico ed il pediatra di base opereranno in modo
coordinato sulla base di comuni predefiniti e concordati protocolli terapeutici (e di schede predisposte di
comunicazione che costituiranno pertanto anche il principale input del sistema informativo sul diabete).
La funzione del medico di base sarà predominante nella gestione del soggetto con diabete di tipo II,
soprattutto se non complicato, consentendo una decongestione ed un’utilizzazione ottimale delle strutture
specialistiche le quali effettueranno controlli routinari annuali, intensificando il controllo solo se richiesto
dalle condizioni cliniche del paziente.
Il medico di base infine esplica un ruolo di primaria importanza nelle indagini epidemiologiche sul territorio
e sui programmi di educazione della popolazione sia diabetica che generale secondo le linee stabilite a
livello regionale.
b) Associazioni di volontariato di diabetici.
Per il raggiungimento degli scopi predeterminati nel presente Piano, le U.S.L. si avvalgono della
collaborazione e dell’aiuto delle associazioni di volontariato di diabetici, nelle forme e nei limiti previsti
dalle rispettive leggi nazionale e regionale.
Tali associazioni opereranno principalmente nelle forme di assistenza domiciliare nei confronti di diabetici
disabili, nell’informazione e predisposizione di corsi per l’educazione sanitaria, nella collaborazione per la
rilevazione dei dati, interessando le strutture scolastiche, sportive e socio-sanitarie.
4 - Gli elementi comuni e di razionalizzazione del nuovo sistema sanitario regionale.
[4.1 La regolamentazione del rapporto università-Regione e aggiornamento professionale.
Protocollo di intesa Regione-Università.
Ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, così come modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993,
n. 517, la Regione provvederà a stipulare tre specifici protocolli di intesa con le Università della Regione
relativi rispettivamente agli ambiti di cui ai commi 1, 2 e 3 dello stesso art. 6.
Ai sensi del 1° comma la Regione stipulerà protocolli d’intesa con l’Università "G. D’Annunzio" di Chieti e
con l’Università di L’Aquila al fine di regolamentare l’apporto delle facoltà di Medicina di dette Università
alle attività assistenziali del Servizio sanitario nel rispetto delle loro finalità istituzionali, didattiche e
scientifiche, con l’obiettivo dell’integrazione delle attività assistenziali con le esigenze didattiche e
scientifiche, con l’obiettivo dell’integrazione delle attività assistenziali con le esigenze di didattica e ricerca.
In sintesi, detti protocollo si prefiggeranno i seguenti scopi:
1) le Università suddette contribuiscono, per quanto di competenza, all’elaborazione dei Piani sanitari
regionali;
2) le attività di didattica e di ricerca, svolte dalla facoltà di Medicina, saranno inscindibilmente connesse con
l’attività assistenziale delle stesse;
3) sulla base del Piano sanitario regionale uniformato alle indicazioni del Piano sanitario nazionale, che
stabilisce gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione e con cui vengono ridefiniti i
modelli riorganizzativi dei servizi, in funzione delle specifiche esigenze del territorio e delle risorse
effettivamente a disposizione, i protocolli d’intesa non potranno in alcun modo costituire pregiudizio per
l’ulteriore sviluppo delle Aziende ospedaliere e/o della U.S.L. oggetto d’intesa e delle Università “G.
D’Annunzio” di Chieti e di L’Aquila, in relazione a specifiche potenzialità assistenziali specialistiche che le
stesse saranno in grado di esprimere. Pertanto nella determinazione di eventuali posti aggiuntivi, ai sensi del
5° comma dell’art. 2 del D.P.R. 10 marzo 1982, l’Università dovrà tener conto delle indicazioni della
Regione.
L’inserimento del personale universitario nelle divisioni e servizi, avviene secondo la corrispondenza delle
posizioni funzionali dei dipendenti delle Aziende ospedaliere e/o della U.S.L. con quelle universitarie. Tale
inserimento avverrà gradualmente tenendo conto delle reali esigenze di sviluppo dell’assistenza, sia delle
strutture ospedaliere che delle facoltà di Medicina e contestualmente alla riorganizzazione delle strutture
ospedaliere attualmente convenzionate, in modo da costituire un’organica e completa struttura assistenziale e
ospedaliera. Tale organizzazione, nella prospettiva di costituire policlinici autonomi, deve tendere ad una
completa separazione degli organici universitari ed ospedalieri in modo tale che non si verifichino
interferenze nei compiti istituzionali delle due strutture e si realizzino per entrambi gli organici le più ampie
possibilità di sviluppo e di carriera. Ciò permetterà di realizzare successivamente, una progressiva
integrazione, tramite la costituzione di strutture dipartimentali miste, sia per quanto riguarda la didattica e la
ricerca, sia per quanto riguarda l’assistenza, dando da parte delle facoltà di Medicina, puntuale ed ampia
applicazione delle norme inerenti l’attività didattica integrativa;
4) i diritti e i doveri che, per la parte assistenziale, il personale medico universitario assumerà, saranno quelli
previsti per il personale medico di corrispondente qualifica del ruolo nominativo regionale. Il personale
universitario per la parte assistenziale presterà servizio per un numero non inferiore a venti ore settimanali
per il tempo pieno e a quindici ore settimanali per il tempo definito ed avrà diritto a tutti i compensi previsti
per il personale ospedaliero di pari qualifica, nel rispetto della normativa prevista in materia;
5) i medici ospedalieri delle sedi oggetto d’intesa parteciperanno alle attività didattiche.
I protocolli d’intesa saranno stipulati tra la Regione e le Università di Chieti e di L’Aquila, sulla base di
principi, indicazioni e direttive, da emanarsi con atto della Giunta regionale, previo parere espresso da una
commissione di esperti.
Detta commissione, presieduta dal componente la Giunta preposto al Settore Sanità, sarà costituita da due
membri nominati dall’Università “G. D’Annunzio” di Chieti da due menbri nominati dall’Università di
L’Aquila e da otto membri nominati dalla Giunta regionale (22).
La stessa commissione, inoltre, esprimerà il parere in merito ai singoli formali protocolli d’intesa da
stipulare tra la Regione e le Università “G. D’Annunzio” di Chieti e di L’Aquila.
Un risorsa cardine del rinnovamento dei servizi è data da una nuova organizzazione del lavoro che vede in
qualità di protagonisti gli operatori con le loro azioni quotidianamente compiute nei vari presidi della U.S.L.
Puntare alla formazione professionale ed all’aggiornamento del personale significa perseguire l’obiettivo del
rinnovamento della Sanità e “della salute per tutti nel 2000” come indica l’O.M.S.
Le modificazioni epocali che stanno vivendo i sistemi sanitari in tutto il mondo devono essere sostenute da
operatori in possesso di nuove conoscenze, nuove competenze e abilità, rinnovata disponibilità alla relazione
interpersonale d’aiuto, una nuova forma mentis sistematicamente “in progress”.
La legge n. 833 del 1978 ha gettato gli elementi di fondo per la crescita di una nuova cultura della salute pur
se le funzioni in materia di formazione sono state trasferite alle Regioni fin dal D.P.R. n. 10 del 1972,
riconfermate con nuovo spirito dal D.P.R. n. 616 del 1977 e dal D.P.R. n. 761 del 1979 e dai contratti
nazionali del comparto sanità.
Sulla base di tali disposizioni statali, la Regione Abruzzo ha approvato la L.R. 23 dicembre 1982, n. 97.
Il ruolo dell’Assessorato regionale alla sanità e della Giunta regionale è quello specifico di promozioneprogrammazione e coordinamento di tutte le attività formative.
Il D.Lgs. n. 502 del 1992 e sue modificazioni ed integrazioni, all’art. 6 prevede una correlazione sempre più
accentuata tra sistemi formativi del Servizio sanitario regionale con quelli dell’Università e degli istituti
privati accreditati nell’ambito regionale fino a determinare una “rete formativa”.
(22) Capoverso così modificato dall’art. 212-quinquies, L.R. 8 febbraio 2005, n. 6, aggiunto dall’art. 18,
L.R. 3 marzo 2005, n. 23.
Il recepimento inoltre di due importanti direttive comunitarie relative una ai neo-laureati in Medicina
indirizzati alla pratica della “Medicina generale” e l’altra alle specializzazioni post-laurea in Medicina
sottolinea la centralità della Regione in materia, che insieme all’Università individua il fabbisogno
formativo.
Finalità essenziale della dimensione formativa è il far acquisire competenze ed ottenere prestazioni ottimali,
sviluppando la preparazione, la sicurezza, l’identità di appartenenza e l’autonomia dei singoli operatori,
promuovendone la migliore utilizzazione integrata nell’équipe e nel servizio evitando l’uniformità
standardizzata delle risposte ai bisogni per l’emersione di performance professionali che rispondono in
maniera sempre più efficace alle necessità di salute della collettività.
Per raggiungere questi obiettivi sostanziali, è necessario che la metodologia didattica formativa si basi
sull’attuazione dell’insegnamento/apprendimento idoneo a raggiungerli e sulla verifica del loro effettivo
raggiungimento in base a criteri valutativi pianificati. L’educazione formativa deve prediligere
l’apprendimento attivo (imparare facendo) attraverso l’uso di metodologie didattiche nuove quali, il role
playing e il lavoro di gruppo, lezioni magistrali, case/study, con la conduzione di tutor qualificati. Giornate
di studio, corsi-seminari workshop, convegni, conferenze, atelier, congressi, calibrati su comprovati bisogni
della popolazione supportati da sussidi didattici audiovisivi quali: filmati - diapositive - lucidi e da
documentazione aggiornata anche presente nelle biblioteche universitarie e delle U.S.L.
Saranno promosse iniziative per la realizzazione di studi e ricerche nel campo educativo e formativo
sociosanitario, per la valutazione, revisione, qualità dell’assistenza dei vari profili professionali mediciinfermieristici-tecnico-sanitari e amministrativi.
La formazione permanente del personale operante nell’ambito del SSN comprende tutte le attività formative,
che successive alla formazione iniziale e di base, sono finalizzate alla ridefinizione professionale, al
completamento e all’adeguamento continuo delle conoscenze, delle capacità operative e delle abilità
professionali, in rapporto al progredire delle conoscenze scientifiche e tecnologiche ed in relazione alle
esigenze di funzionalità del complesso dei servizi rispetto alla tutela della salute dei cittadini.
Rispetto alle finalità vanno distribuiti gli interventi di:
a) formazione, orientamento e inserimento lavorativo destinati ai neo-assunti;
b) perfezionamento delle conoscenze tecnico scientifiche e delle abilità specifiche per profili professionali;
c) formazione rivolta agli aspetti di metodologie del lavoro e di organizzazione dei servizi per aree di
intervento, per l’impiego ottimale delle risorse umane e materiali e per lo sviluppo delle capacità di rapporto
con gli utenti per un’organizzazione dei servizi di “gradimento della collettività”.
I programmi di aggiornamento possono essere realizzati dalla Regione e dalle U.S.L.
La Giunta regionale e le U.S.L. realizzano gli itinerari formativi direttamente o convenzionandosi con le
Università o con altri soggetti pubblici o privati accreditati.
La Giunta regionale e le U.S.L. svolgono tali iniziative anche con la partecipazione degli ordini
professionali, collegi professionali, associazioni professionali, provinciali o regionali.
Le attività di formazione permanente sono precipuamente destinate:
1) al personale del ruolo nominativo regionale nelle forme obbligatorie e facoltative previste dagli Istituti
normativi del comparto;
2) al personale convenzionato ai sensi dell’art. 48 delle legge n. 833 del 1978 nella forma obbligatoria
prevista dall’accordo nazionale della categoria.
La formazione permanente dei medici di medicina generale è regolamentata dall’art. 32 del D.P.R. n. 314 del
1990 e quella dei medici specialisti e pediatri di libera scelta, dall’art. 31 del D.P.R. n. 315 del 1990.
La Regione annualmente d’intesa con gli ordini dei medici e i sindacati medici di categoria maggiormente
rappresentativi avvalendosi, ove è possibile, anche delle società professionali di medicina generale emanano
norme sui temi prioritari dell’assistenza anche in relazione all’attuazione dei progetti obiettivo.
La Regione Abruzzo considera prioritario l’approfondimento pratico/scientifico delle “tecniche del
counseling” per i rapporti con i tossicodipendenti, i malati di Aids - i sieropositivi asintomatici, gli anziani, i
giovani, le famiglie, i fanciulli.
Per le finalità di formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione nonché per
le esigenze connesse alla formazione degli specializzandi e all’accesso ai ruoli dirigenziali, la Regione e le
Università abruzzesi stipuleranno ulteriori specifici protocolli d’intesa con le modalità e gli obiettivi sopra
indicati.
Sarà provveduto all’accreditamento, secondo la disciplina dettata con il prescritto decreto interministeriale,
di strutture private, con le quali saranno stipulati appositi accordi ai sensi del richiamato art. 6, comma 3, del
D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni.
Fino all’approvazione dei protocolli d’intesa e degli accordi citati, gli attuali rapporti con l’Università e gli
Istituti privati conservano la loro efficacia.
Sarà provveduto altresì all’accreditamento, secondo la disciplina dettata dal prescritto decreto i termini di
strutture private, con le quali saranno stipulati appositi accordi ai sensi del richiamato art. 6, comma 3, del
D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni .] (23)
4.2 L’integrazione dei servizi sanitari e sociali.
Il volontariato.
Generalità.
Il perseguimento, da parte dell’intero sistema di servizi, dei compiti di promozione e tutela del benessere
sociale, individuati dalle norme ma ancor più oggi da un profondamente mutato orizzonte di bisogni dei
cittadini, richiama l’attenzione sulle modalità di rapporto e di azione tra i soggetti che agiscono in questo
ampio contesto, organizzativamente e istituzionalmente diversificato.
La rilevanza che va attribuita a questo problema trova spiegazione da un lato nella situazione di
frammentazione organizzativa che discende dal processo di specializzazione delle attività e delle
competenze professionali, dall’altro nell’affermarsi di una domanda sociale che rimanda a risposte da parte
dei servizi sempre più qualitative e integrate.
A tali problematiche fa riferimento il D.P.C.M. 8 agosto 1985 che classifica gli interventi in due grandi
gruppi:
a) le attività direttamente ed esclusivamente socio assistenziali;
b) le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali.
Tralasciando le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali che, come previsto dal
predetto decreto, sono a carico del F.S.N., bisognerà programmare un’integrazione funzionale ed operativa
delle attività socio-assistenziali di cui alla lettera a) sia con quelle della lettera b), sia con altre attività svolte
nell’ambito delle U.S.L. della nostra Regione, tenendo ben distinti gli aspetti finanziari e solo dopo
l’effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie di cui all’art. 3, punto 3, ultimo comma della
legge di riforma sanitaria.
Appare chiaro da quanto sopra esposto, che allo stato attuale si possono proporre le sole basi
dell’integrazione al fine di costruire tra di esse un’operatività funzionale di prevenzione, cura e riabilitazione
che soddisfi in modo completo le esigenze del cittadino utente nel quadro di una razionalizzazione generale
che consenta una riduzione delle spese e di un loro reinvestimento per il miglioramento dei servizi.
A livello regionale la considerazione dell’esistenza di un complesso insieme di attività e di soggetti operanti
sul territorio anche con elevati gradi di autonomia gestionale e operativa e con norme generali e regole di
comportamento fortemente differenziate, deve essere valutata con aspetti innovativi di carattere istituzionale.
Stabilito che sanità e assistenza dipendono da centri di riferimento istituzionale diversi, occorre prevedere
l’individuazione di uno strumento generale di concertazione e di indirizzo politico-istituzionale, entro il
quale si possano sviluppare tutte le ipotesi tecniche di integrazione operativa tra i vari servizi pubblici, enti e
associazioni operanti sul territorio.
Tale strumento può essere individuato nel protocollo d’intesa, che va visto come accordo generale tra gli enti
gestori delle varie funzioni (Regione, Provincia, Comuni, I.P.A.B., etc.), per indirizzare alla soluzione delle
problematiche di coordinamento e d’integrazione che si pongono a vari livelli tra sanità e assistenza. Per
specifici problemi o tematiche, possono essere previste eventuali altre modalità di integrazione tra i due
comparti.
Nell’ambito dei protocolli d’intesa dovrà essere assicurato l’accordo politico che definisca la possibilità di
mettere in atto forme e modalità di programmazione comune tra più soggetti, che riguardano l’analisi e la
lettura dei bisogni emergenti, l’indicazione degli obiettivi generali e degli interventi da realizzare, nonché le
modalità di valutazione e di verifica, anche attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione
dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione sociale.
Attraverso i protocolli d’intesa, verranno quindi individuati i soggetti e gli spazi tecnici per esercitare forme
di collaborazione, di integrazione e di utilizzo sia del personale che delle strutture sanitarie e socioassistenziali. A seconda dello specifico obiettivo comune prefissato, verranno stabiliti a livello tecnico i
criteri e le modalità di attuazione degli interventi integrati.
Strumenti utili alla sperimentazione ed alla realizzazione di interventi ed iniziative d’integrazione e
coordinamento tra sanità e assistenza sono i progetti obiettivo contenuti nel presente Piano (salute degli
anziani, tutela materno-infantile, tutela della salute mentale, handicap, etc.), nonché alcuni servizi ed
interventi trasversali ai progetti stessi (es. l’assistenza domiciliare) .
Conclusioni.
(23) Paragrafo abrogato dall'art. 2, comma 1, L.R. 21 dicembre 2012, n. 67 (vedi, anche i commi 2 e 3 del
medesimo articolo).
Allo stato attuale le norme legislative non consentono di stabilire nei dettagli una qualsiasi disciplina di
integrazione dei servizi socio-assistenziali delle autonomie locali con i servizi delle UU.LL.SS.SS. della
nostra Regione. Per tale motivo l’unica soluzione possibile che sia nello stesso tempo rispettosa delle legge,
equa ed ugualitaria per tutti i cittadini, protesa ad un buon funzionamento del servizi sociosanitari e quella
che stabiliva già da adesso la fase iniziale del processo di integrazione con un protocollo di intesa assunto
integralmente nelle sue linee fondamentali del presente Piano sanitario regionale.
Il volontariato.
Il benessere fisico-psichico di una persona è l’elemento fondamentale perché una società moderna si evolva
e sviluppi in tutti i suoi rapporti sociali, civili, di progresso nei vari settori e di ricchezza economica.
Bisogna quindi tutelare l’uomo in tutte le fasi della sua vita affinché lo stesso possa essere perfettamente
inserito in una società efficiente ed avanzata. Attualmente si osservano alcune forme molto diffuse sul
territorio, di disagio sociale. Tra questi, per grandi linee, sono da collocare la vecchiaia emarginata, i poveri,
i barboni, i nomadi, gli extracomunitari, gli immigrati clandestini, i disadattati sociali per varie cause ed
infine le famiglie disaggregate.
La situazione è tale da richiedere interventi che vadano ad integrare le iniziative poste in essere dalle
istituzioni.
In merito la via percorribile, anzi auspicabile, è quella di ricorrere all’opera del volontariato che, per fortuna,
è in notevole crescita un po’ dappertutto.
Nasce quindi l’esigenza, da parte della Regione Abruzzo, di eliminare gli impedimenti e di realizzare un
sistema che, oltre a definire la partecipazione del volontariato, ne fissi i compiti, ne delinei i contorni e tenga
conto della sede e dell’integrazione delle prestazioni.
È in questa ottica che la Regione intende muoversi realizzando il Piano distrettuale del volontariato.
Ad esso concorrono gli enti morali le organizzazioni del volontariato, le cooperative sociali, gli enti con
finalità religiosa, le libere associazioni e le famiglie in forma autonoma o in forma collaborativa nella logica
di una comunità solidale che produce le condizioni per lo sviluppo.
In questo quadro un ruolo particolare viene esercitato dalla famiglia intesa con sede primaria di solidarietà,
di cura e di promozione umana.
Queste nuove attività finalizzate a promuovere la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali
intermedie nella vita della Pubblica Amministrazione, possono trovare concreta espressione
responsabilizzando a tutti i livelli quanti operano per esse.
Di conseguenza i modelli organizzativi devono essere pensati e realizzati in funzione del cittadino e quindi
su base distrettuale facendo propria la logica della prassi collaborativa fra Pubblica Amministrazione e
persone a diverso titolo impegnate nei loro doveri di solidarietà sociale.
La Giunta regionale emanerà direttive a concretizzare il Piano distrettuale del volontariato con le seguenti
azioni prioritarie:
- informazione di incontro per i soggetti e le classi che si intendono tutelare sia a livello di sede fissa che di
invio nelle sedi nelle quali il fenomeno singolo o plurimo è presente;
- rilevazione statistica e gestionale dei fenomeni presenti sul territorio;
- indirizzo professionale dei metodi e delle attività da svolgere;
- collegamenti funzionali con tutte le altre istituzioni statali e regionali che in parte od in toto hanno
attinenza con l’emarginazione;
- scelta non vincolante delle azioni da svolgere da parte dei movimenti di volontariato, che potranno subire
variazioni ed adattamenti a seconda delle richieste dei cittadini e dell’evoluzione dei vari fenomeni da
affrontare;
- operatività funzionale su base distrettuale con istituzione, per ogni distretto, di un Centro movimento
volontari (C.M.V.) con compiti di direzione delle azioni da svolgere e di intesa con i Servizi sanitari e socioassistenziali dei Distretti sanitari di base;
- centro di coordinamento provinciale in stretto collegamento con l’Amministrazione regionale, provinciale,
comunale e con la U.S.L.;
- estensione del rapporto con le Prefetture ed il Commissario di Governo per i necessari collegamenti alle
direttive statali ed alla richiesta dei relativi interventi;
- istituzione di un distintivo di riconoscimento per gli operatori ed invio periodico dei nominativi degli stessi
alle Prefetture ed agli enti di collegamento;
- confluenza dei fondi occorrenti in uno speciale capitolo di bilancio regionale o della U.S.L.;
- autorizzazione ai richiedenti, per l’espletamento della funzione, mediante scheda di adesione, variabile con
il variare delle attività richieste o necessari, da approvare con delibera della Giunta regionale sentita la
Commissione consiliare competente;
- possibilità ai revoca motivata da parte della Giunta regionale dell’autorizzazione concessa.
4.3 L’informatizzazione delle U.S.L.
Premessa.
L’attuale fase di riorganizzazione globale delle U.L.S.S., delle loro strutture e funzioni rende indispensabile
avviare un serio e concreto programma di informatizzazione della U.S.L. in modo organico, funzionale ed
efficiente.
Il decentramento territoriale - amministrativo e la conseguente istituzione dei Distretti sanitari di base,
nell’ambito della U.S.L., costituiscono l’occasione propizia per rendere effettivamente migliore l’offerta
sanitaria al cittadino, mediante un intervento, in campo informatico-telematico, a carattere generale,
omogeneo e, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, economico.
La Regione, in coerenza con le finalità programmatiche contenute nel presente piano, intende migliorare e
ottimizzare il sistema informativo del Settore Sanità e della U.S.L. operando un rinnovamento sia
tecnologico che procedurale attraverso l’utilizzo di metodologie appropriate, di tecnologie innovative
mediante la progettazione di sistemi informatici autonomi ma nel contempo integrati.
La situazione attuale.
Le procedure e gli strumenti informatici utilizzati, in ambito regionale, dalle U.L.S.S. e dai presidi
ospedalieri presentano una realtà estremamente variegata. Queste amministrazioni si sono dotate, nel tempo,
in via del tutto autonoma di programmi ed elaboratori ritenuti idonei alla piena operatività e funzionalità
delle medesime. Non esiste né è mai esistito, al riguardo, alcun coordinamento o collegamento tra le
U.L.S.S. o tra le U.L.S.S. e la Regione.
L’unico collegamento informatico esistente tra le U.L.S.S. e il Settore Sanità è quello dei flussi informativi
attivato dal Ministero della sanità nel 1991 ai sensi della legge 28 febbraio 1986, n. 41.
Questa situazione ha portato, di fatto, ad un buon livello operativo solo alcuni Presidi ospedalieri e U.L.S.S.
(risultano dotati di strumenti informatici vari reparti ospedalieri, uffici amministrativi, contabilità, gestione
magazzino, ecc.) mentre altri si trovano ancora in condizioni precarie in quanto sprovvisti della minima
dotazione informatica (programmi e strumentazione) ovvero in possesso di apparecchiature ormai obsolete.
È necessario, pertanto e pur mantenendo l’autonomia gestionale delle amministrazioni interessate,
armonizzare e razionalizzare le varie procedure e strumenti informatici al fine di ottenere la piena
funzionalità delle strutture e, nel contempo, un contenimento dei costi.
Per le motivazioni sopra riportate, due sono le caratteristiche principali dei progetti informatici proposti nel
presente piano:
- l’efficienza che consente il raggiungimento degli obiettivi prefissati con un sensibile contenimento dei
costi;
- la flessibilità che consente di adattare tutto il sistema non solo alle variabili esterne (territorio, popolazione,
ecc.) e alla mutata normativa statale e regionale (es. convenzioni) ma, soprattutto, alle continue innovazioni
in campo tecnologico.
Gli obiettivi.
Gli obiettivi che si intende raggiungere a breve termine, anche se con gradualità, sono:
- monitoraggio delle attività svolte nell’ambito del sistema sanitario con particolare riferimento ai progetti,
strutture e risorse
- controllo della programmazione
- migliorare il rapporto tra l’organizzazione sanitaria, il cittadino e gli operatori del SSN, attraverso appositi
strumenti informatici di gestione (C.U.P., scelta e revoca del medico, pagamento competenze ai medici in
convenzione: generici, guardia medica, pediatri, specialisti, ecc.)
- controllo ed analisi sullo stato di salute della popolazione (Osservatorio epidemiologico regionale da
attivare).
Sono, peraltro, di competenza regionale le altre procedure informatiche già attivate o in corso di attivazione
quali quelle concernenti la scheda di dimissione ospedaliera, il Piano sangue, la cartella diabetologica e
psichiatrica ecc. che sono da includere, nella loro specificità, tra gli obiettivi programmatici del PSR.
Nell’ottica globale del miglioramento dei servizi occorre tener conto del notevole contributo che può offrire
la telemedicina. Essa consiste essenzialmente nel connubio telematica/medicina ossia le potenzialità della
telematica applicata alla medicina. Con la telemedicina è possibile trasmettere a distanza ed in tempo reale
una serie di informazioni di carattere diagnostico-terapeutico (messaggi, dati, immagini, ecc.) utilizzando
apparecchiature sofisticate (sia trasmittenti che riceventi) e la rete telefonica.
Le principali applicazioni della telemedicina oggi sono il cardiotelefono, cardiobip, teleelettroencefalografia,
autorefrattometro, teleanalisi, teleconsulto, telesoccorso.
Appaiono evidenti i vantaggi dall’utilizzo della telemedicina che possono essere così sintetizzati:
- disponibilità di diagnosi e terapie d’urgenza anche per i servizi di pronto soccorso periferici
- disponibilità di competenze specialistiche di alto livello anche per gli ospedali di piccole dimensioni
- disponibilità di normali prestazioni sanitarie agli utenti residenti in zone disagiate o lontane dai centri di
cura
- riduzione dei tempi di ricovero e del trasferimento degli utenti tra ospedali
- elevazione del livello qualitativo dell’assistenza sanitaria e sociale, con particolare riferimento
all’assistenza domiciliare tramite la teleassistenza/telesoccorso.
Priorità.
Le linee di intervento prioritarie, estrapolate dagli obiettivi sopra evidenziati, concernono i seguenti progetti
per i quali è indispensabile il collegamento telematico in rete Regione - U.S.L.:
- Centro unificato di prenotazione (C.U.P.)
- Automazione della scelta e revoca del medico di base.
Della telemedicina viene attivato prioritariamente il telesoccorso.
Centro unificato di prenotazione (C.U.P.).
È il sistema per la prenotazione di esami di laboratorio, di diagnostica strumentale, visite e prestazioni
specialistiche erogate da tutte le strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, operanti nell’ambito di
un’area predefinita (comunale, provinciale, ecc.). I punti di prenotazione del C.U.P. saranno dislocati, nella
fase iniziale, presso i Presidi ospedalieri ed ambulatoriali esistenti per estenderlo successivamente, presso
tutti gli sportelli degli istituendi Distretti sanitari di base. Sarà proprio la diffusione capillare del C.U.P. a
portare i migliori benefici al cittadino; è, peraltro, auspicabile che l’utente possa accedere al C.U.P.
direttamente dal medico di base, se in possesso di un personal computer e opportunamente collegato
all’elaboratore centrale.
Il C.U.P. consente il controllo diretto da parte dell’utente delle risorse a disposizione in tempo reale,
l’autorizzazione immediata all’effettuazione delle prestazioni in convenzionata esterna in mancanza di
disponibilità presso la struttura pubblica entro i primi 4 giorni, l’importo del ticket da pagare, le informazioni
relative all’appuntamento (data, luogo, ora) e le indicazioni relative alla prestazione da effettuare
(avvertenze, preparazione, ecc.).
I vantaggi del C.U.P. si possono, pertanto, sintetizzare nella trasparenza, uguaglianza, efficacia, economicità
globale del servizio che lo rendono uno strumento di gestione ed integrazione dei servizi sanitari in favore
del cittadino.
Il software del C.U.P. è stato realizzato dalla soc. Italsiel per conto del Ministero della sanità che lo ha messo
gratuitamente a disposizione delle amministrazioni che ne fanno richiesta, unitamente ai periodici
aggiornamenti e corsi preparatori del personale. Potranno, comunque, essere utilizzati anche altri software
compatibilmente con gli ambienti operativi a disposizione (es. UNIX, IBM, ecc.)
All’hardware devono provvedere la U.S.L., ma per alcune di esse il problema non si pone se non in termini
minimali in quanto già dotate di adeguati sistemi di elaborazione; sarà necessario dotarsi di terminali o
personal computer utilizzati come tali con apposita scheda di emulazione per i posti di lavoro dove sono
previsti due video, uno per l’operatore ed uno per l’utente che può cosi controllare tutta l’operazione.
Per offrire un servizio migliore è necessario armonizzare i C.U.P. già attivati presso alcune U.L.S.S. e ciò
per consentire l’estensione delle prenotazioni almeno a livello provinciale.
Il sistema C.U.P. può essere velocizzato con la CUP-CARD (Carta del cittadino) che è un tesserino
(magnetico, a microprocessore, a lettura ottica) contenente i dati anagrafico-sanitari del cittadino e consente,
d’accordo con i Comuni, di ottenere in via automatica, oltre l’acceso al C.U.P., una serie di certificati
anagrafici su apposite macchine dislocate in vari punti del territorio. A tal fine occorre prendere opportuni
contatti con le amministrazioni comunali per l’accesso all’anagrafe degli assistibili che, nella fase iniziale,
può essere fornita tramite supporto magnetico e, successivamente, mediante collegamento diretto. Ciò
consentirà l’aggiornamento continuo dell’archivio degli assistibili e potrà essere utilizzata anche per la
procedura della scelta e revoca del medico eliminando così il fenomeno delle persone non più aventi diritto
ma ancora in carico al medico di base quali: defunti, trasferiti ad altri comuni, ecc.; è evidente che ciò
comporta anche un’economia di spesa non indifferente per la U.S.L.
Sono previste, inoltre, nel sistema C.U.P. delle funzioni di supporto all’attività di sportello quali la gestione
delle risorse, dei dati consuntivi, delle statistiche, ecc.
Automazione della scelta e revoca del medico.
L’attuale gestione delle procedure per il pagamento delle competenze spettanti ai medici per le convenzioni
di Medicina convenzionata esterna è affidata al Servizio informatica per le funzioni della Regione. I dati
relativi ai medici e agli assistiti pervengono a tale servizio mediante supporto cartaceo e, pertanto, le scelte e
revoche del medico da parte dell’assistito devono essere inserite manualmente nell’elaboratore con grande
aggravio di lavoro e notevole perdita di tempo comportando spesso ritardi nella liquidazione delle
competenze e altri adempimenti inerenti alle varie convenzioni mediche.
Per ovviare agli inconvenienti sopra lamentati la Giunta regionale ha approvato recentemente apposito atto
deliberativo concernente le attività informatiche regionali per il Settore Sanità e procedure di calcolo per il
pagamento dei medici di medicina convenzionata. È questa una procedura che consente una gestione tecnica
e amministrativa snella, moderna ed efficiente. Essa consiste essenzialmente in un sistema informaticotelematico collegato in rete (Regione - U.S.L. - Distretti) che con l’ausilio dei terminali consente
l’immissione diretta delle scelte e revoche in tempo reale presso l’elaboratore centrale il quale provvede
automaticamente al calcolo delle competenze spettanti al medico.
Quindi, grazie alla velocità dello strumento informatico, è evidente il vantaggio per l’assistito che in pochi
minuti ha effettuato l’operazione di scelta o revoca con relativa stampa, per la U.S.L. che non deve più
utilizzare alcun supporto cartaceo e può richiedere direttamente al sistema qualsiasi dato inerente alla
procedura in parola (compreso, ovviamente, tutto quanto concerne la liquidazione delle competenze ai
medici), per la Regione che gestisce il sistema in forma del tutto automatica e per il medico che è sicuro
delle competenze spettantegli non solo per quanto concerne i calcoli ma anche per il numero effettivo degli
assistiti in carico e per l’esatta applicazione della convenzione vigente. È, inoltre, possibile ottenere altre
prestazioni quali statistiche, certificati del sostituto d’imposta (mod. 101) per la dichiarazione dei redditi,
ecc.
Uno degli elaboratori in rete (IBM AS/400) per la gestione dell’automazione delle scelte e revoche del
medico è stato già installato presso il Settore Sanità e sono in corso le procedure d’asta per la realizzazione
dello specifico software.
Una volta installato il software è necessario, per l’attivazione del sistema, provvedere all’addestramento del
personale che dovrà operare presso i centri della U.S.L. di scelta e revoca del medico. Il sistema proposto
avrà una diffusione capillare presso i presidi amministrativi della U.S.L. e i Distretti sanitari di base. È,
naturalmente, necessaria l’interconnessione con il sistema C.U.P. per avere a disposizione il data base
relativo all’archivio degli assistibili aggiornato e altre eventuali informazioni che si ritiene utile acquisire.
Nell’ambito dei sistemi proposti è necessario anche studiare le modalità per la predisposizione di un nuovo
tesserino che può essere, come sopra evidenziato, di diverso tipo ma che dovrebbe assegnare come codice
sanitario individuale il codice fiscale come già avvenuto presso altre regioni. I vantaggi di tale tesserino sono
evidenti in tutte le procedure esaminate: velocità, praticità, sicurezza.
Telesoccorso e teleassistenza.
È un servizio che si sta diffondendo in modo capillare in quanto consente il controllo e l’assistenza continua
degli anziani e dei disabili nonché, spesso, una precoce deospedalizzazione del paziente che comporta
conseguentemente una riduzione della spesa sanitaria.
La Regione Abruzzo possiede un alto indice di invecchiamento (circa il 16%): infatti la popolazione anziana
oltre i 65 anni supera le 201.000 unità.
Il servizio in parola viene anche in soccorso alle complesse problematiche degli anziani e dei disabili di
carattere psicologico, riabilitativo e di disabilità attraverso, appunto, l’assistenza al proprio domicilio con un
sistema organico di controlli.
Per le finalità sueposte la Regione istituisce il servizio di telecontrollo-telesoccorso domiciliare attraverso
l’attivazione sperimentale di Centri operativi (che ammette al servizio 300/400 utenti). Con successivo atto
verranno stabilite l’indizione della gara, a mezzo appalto concorso, per l’affidamento del servizio, le
modalità operative e i criteri generali per l’attivazione del medesimo.
Per le caratteristiche specifiche dei sistemi in parola, le tecnologie, i collegamenti telematici,
l’organizzazione dei servizi informatici nell’ambito delle U.S.L., l’integrazione e la compatibilità degli
strumenti informatici esistenti verrà costituita apposita commissione composta da dipendenti della Regione e
delle U.S.L. esperti in materia informatica.
La Regione Abruzzo utilizza, per quanto compatibile, per il completamento del sistema informatico sanitario
regionale il Centro di informatica e telematica della Val Vibrata (Tortoreto) di proprietà regionale.
4.4 La verifica della qualità delle prestazioni (VRQ).
Affinché la VRQ possa diventare un “metodo ordinario di lavoro” che consenta agli operatori sanitari di
divenire parte attiva del processo di miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, tenendo conto che
le motivazioni alla base dell’adozione di tale metodologia sono di natura etica (Statuto OMS: ogni individuo
ha diritto ad un’assistenza che sia di livello qualitativo il più elevato possibile), professionale (da tempo gli
ordini e collegi professionali sostengono che sulla VRQ si gioca la credibilità della professione) ed
economica (con la VRQ si tende ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse), alla luce di quanto già previsto dal
legislatore (D.P.R. n. 270 del 1987, D.M. 13 settembre 1988, D.P.R. n. 384 del 1990, D.M. 5 dicembre 1991,
D.P.R. n. 119 del 1988, D.P.R. n. 314 del 1990, D.P.R. n. 315 del 1990, D.P.R. n. 316 del 1990, D.P.R. n. 41
del 1991, D.P.R. n. 218 del 1992, L. n. 421 del 1992, D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modifiche) si
rende necessario quanto segue per l’attivazione di un efficace sistema regionale per la VRQ:
1. un organigramma regionale per la VRQ che preveda realtà istituzionali che siano punti di riferimento
organizzativo per le attività di VRQ locali svolte dagli operatori sanitari. Tali realtà istituzionali sono:
- un Comitato promotore regionale di VRQ con compiti di promozione, organizzazione e controllo delle
attività di VRQ svolte in ambito regionale (previsto dal D.P.R. n. 384 del 1990).
- le Commissioni professionali regionali che, nell’ambito di settori omogenei di intervento (Es. medicina di
base, specialistica, ospedali, medicina dei Servizi territoriali), siano in grado di fornire un supporto tecnicoscientifico per la realizzazione di progetti di VRQ (previste nei D.P.R. n. 119 del 1988; D.P.R. n. 314 del
1990, D.P.R. n. 315 del 1990, D.P.R. n. 316 del 1990, D.P.R. n. 41 del 1991, D.P.R. n. 218 del 1992)
- le Commissioni per la VRQ della U.S.L. che promuovano e coordinino attività di VRQ nell’ambito dei
servizi territoriali ed abbiano una loro proiezione stabilite all’interno della direzione sanitaria del Presidio
ospedaliero di maggiore rilevanza nella U.S.L. la quale operi come nucleo operativo ospedaliero per la
promozione e la valutazione della qualità tecnico-scientifica ed umana dei servizi e delle prestazioni
ospedaliere (previste dal D.P.R. n. 384 del 1990)
2. l’istituzione di Centri regionali a valenza provinciale di formazione in VRQ per consentire agli operatori
sanitari di conoscere e saper utilizzare gli strumenti metodologici più appropriati per divenire soggetti attivi
del processo di VRQ nel proprio ambito lavorativo e per individuare tra essi coloro che, in veste di “esperti”,
assumano il ruolo di referenti per la VRQ e di conduttori dei gruppi di lavoro.
3. l’attivazione di un flusso informativo regionale per la verifica del grado di attuazione della VRQ che
preveda:
a) strumenti informativi che consistono essenzialmente in programmi e rapporti semestrali (previsti dal
D.P.R. n. 384 del 1990) predisposti secondo i criteri riportati negli allegati 1 e 2
b) indicatori di attuazione della VRQ la cui elencazione è riportata nell’allegato 3.
Affinché la VRQ diventi “componente fondamentale dell’organizzazione sanitaria” gli organi di gestione
delle U.S.L. devono:
- assicurare la presenza nei vari settori sanitari degli “esperti” in VRQ;
- assicurare il collegamento alla VRQ dell’Istituto di incentivazione alla produttività;
- favorire la costituzione di gruppi appositi ospedalieri o delle U.S.L. per il coordinamento di attività di VRQ
in relazione ai seguenti temi: infezioni ospedaliere, buon uso del sangue, qualità della documentazione
clinica, corretto uso dei farmaci, inchieste confidenziali sui decessi, tempi di risposta diagnostica,
soddisfazione dei pazienti, grado di copertura vaccinale dei soggetti recettivi;
- favorire, nell’ambito delle Aziende ospedaliere, la costituzione di “Servizi per la gestione della cartella
clinica” che siano integrati funzionalmente ed operativamente in modo da consentire il “médical audit” e la
uniforme registrazione nelle varie realtà operative;
- favorire l’attivazione di flussi informativi utili non solo per scopi gestionali/amministrativi ma anche per la
VRQ (all. 4) .
4.5 Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini.
Nel contesto attuativo delle disposizioni contenute nell’art. 14 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive
modificazioni ed integrazioni, con provvedimento della Giunta regionale, alla luce anche dell’emanando
decreto ministeriale, sono fissate le procedure di verifica dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini
nonché le forme di consultazione con i cittadini e le loro organizzazioni tese alle informazioni
sull’organizzazione dei servizi, anche attraverso la previsione di appositi organismi di consultazione presso
la U.S.L. e le aziende ospedaliere.
A livello regionale e di U.S.L. sono attivati corsi di aggiornamento per il personale addetto al contatto con il
pubblico in ordine alla tutela dei diritti dei cittadini.
5 - I progetti obiettivo.
5.1 Tutela della salute degli anziani.
Premessa.
Un consistente e progressivo aumento della popolazione anziana caratterizza l’attuale trend demografico
dell’Italia e di tutti i Paesi Occidentali.
Qualunque progetto sanitario a tutela della salute pubblica e del benessere sociale deve dunque tener conto
dei due fattori principali che domineranno lo scenario sociale del prossimo futuro: l’aumento della domanda
di assistenza, che cresce parallelamente all’invecchiamento progressivo della popolazione e, di conseguenza,
una maggiore fruizione dei servizi sociosanitari ed una lievitazione degli oneri sociali ed economici.
Una razionale programmazione sanitaria non può quindi prescindere da un’attenta analisi della situazione
demografica che caratterizza l’Italia e le sue diverse realtà territoriali.
Nel nostro Paese, il progressivo invecchiamento della popolazione generale è dimostrato dal fatto che
all’inizio del secolo gli ultrasessantenni erano in Italia 3.265.000, pari al 9,6% della popolazione totale.
Negli ultimi decenni tale cifra si è quasi triplicata, passando nel 1991 a 8.596.878 ultrasessantacinquenni,
che equivale al 14,89% della popolazione totale (dati Istat).
Nella nostra Regione, al 20 ottobre 1991 (censimento Istat), su un totale di 1.249.054 residenti, gli
ultrasessantacinquenni sono 201.201, pari al 16,1% della popolazione totale.
La Regione Abruzzo si colloca al di sopra della media nazionale per quanto riguarda la percentuale degli
anziani (16,1% contro il 14,89%), confermando l’esistenza di un diverso pattern di invecchiamento tra le
Regioni del Centro-Nord (più “longeve”) e quelle meridionali (più “giovani”).
La percentuale maggiore di anziani si osserva nelle aree geografiche montane o submontane (19% a Castel
di Sangro, Popoli e Sulmona), mentre più “giovani” risultano le popolazioni delle aree costiere di Pescara
(14,1% di ultrasessantacinquenni), Atri e Giulianova (14,5%), Chieti e Vasto (15%).
La conoscenza di queste differenti realtà territoriali è estremamente importante ai fini della programmazione
socio-sanitaria perché gli interventi dovranno essere diversificati a seconda della diversa tipologia di
insediamento sul territorio.
Bisogni assistenziali e domanda di servizi.
Un bisogno di assistenza emerge quando l’anziano diventa incapace di svolgere autonomamente le comuni
attività della vita quotidiana.
Sebbene l’appartenenza all’età senile non configuri necessariamente una situazione di bisogno assistenziale,
esiste una correlazione positiva tra numero totale di ultrasessantacinquenni e persone in situazioni di bisogno
di cui la società ed il servizio pubblico devono farsi carico.
In Italia sono attualmente disponibili solo alcuni dati preliminari sulla prevalenza di disabilità nella
popolazione anziana, che confermano la rilevanza del fenomeno, documentando una disabilità grave, tale da
determinare incapacità di spostarsi autonomamente, nel 16% degli ultrasessantacinquenni e nel 23% degli
ultrasettanacinquenni.
Esistono pertanto almeno 1.413.000 cittadini anziani affetti da disabilità grave, il cui bisogno di assistenza
deve essere soddisfatto da parte della famiglia e/o della società.
Proiettando tali stime sulla situazione demografica della nostra Regione, si ricava che attualmente vi siano in
Abruzzo 33.283 anziani affetti da disabilità grave, che saliranno a 36.526 nel 1997 fino a raggiungere le
39.649 unità nel 2007.
La rete dei servizi.
In ottemperanza a quanto previsto dal Progetto obiettivo anziani ‘91/’95, per dare omogenea esecuzione alle
“linee di indirizzo alle Regioni e dalla U.S.L.” contenute nel protocollo d’intesa Ministero-Sindacati
(risoluzioni Camera e Senato n. 1 e 2 /1992) si propone una riorganizzazione dell’assistenza geriatrica nella
Regione Abruzzo articolata nel modo seguente:
a) Servizi socio-sanitari di base
- non residenziali
ambulatorio del medico di base servizi per la prevenzione della non-autosufficienza segretariato e servizio
sociale
assistenza domiciliare integrata (ADI)
- semiresidenziali
centri socio-assistenziali
- residenziali
strutture residenziali per anziani autosufficienti (residenze assistenziali, case albergo, comunità alloggio,
ecc.). strutture residenziali per anziani non autosufficienti (residenze sanitarie assistenziali)
b) Servizi socio-sanitari di tipo specialistico
- non residenziali
poliambulatorio per consulenze specialistiche e fisioterapia riabilitativa ospedalizzazione domiciliare
- semiresidenziali
day-hospital
strutture territoriali di riabilitazione
- residenziali
Divisione di geriatria per acuti
modulo di riabilitazione e lungodegenza
Tra i servizi elencati sono specifici della geriatria, in quanto finalizzati alla tutela della salute dell’anziano,
attraverso specifiche modalità di approccio e ben definite metodologie operative, i servizi che verranno di
seguito descritti.
Tra i servizi non residenziali:
1) Assistenza domiciliare integrata (ADI), che, attraverso un complesso di prestazioni di carattere sanitario e
sociale, erogate in forma integrata da parte di figure professionali specifiche, è finalizzata alla permanenza
dell’anziano al proprio domicilio;
2) Ospedalizzazione a domicilio, che consiste nell’erogazione, nel luogo di residenza del paziente, di piccoli
interventi diagnostici e terapeutici che, normalmente praticati solo in ambiente ospedaliero, possono essere
invece effettuati al domicilio, consentendo un notevole risparmio di costi assistenziali.
Tra i servizi residenziali:
3) Residenze sanitarie assistenziali (R.S.A.), destinate ad anziani non autosufficienti od a grave rischio di
invalidità, che richiedono un trattamento continuativo e non possono essere assistiti con altre modalità;
4) Residenze assistenziali (RA), destinate ad ospitare anziani autosufficienti ma con gravi problematiche
sociali non risolvibili in altro modo, abbisognevoli di assistenza alberghiera e ricreativa con una vigilanza
infermieristica assai modesta;
5) Lungodegenza, funzione ospedaliera destinata alla degenza di pazienti in fase di convalescenza, per un
primo trattamento di rieducazione funzionale, dopo ospedalizzazione per patologie acute o croniche
riacutizzate;
6) Divisione di geriatria, per anziani con patologie acute o croniche riacutizzate e con livello di disabilità e
dipendenza ancora reversibili. Il modello organizzativo deve essere quello dell’Unità operativa geriatrica
U.O.G.) la cui metodologia di lavoro si ispira al principio della multidisciplinarietà dell’approccio e
dell’integrazione funzionale tra figure professionali diverse.
Tra i servizi semi-residenziali:
7) Day-hospital geriatrico, che fornisce un’alternativa all’ospedalizzazione a tempo pieno dell’anziano
quando non siano presenti emergenze mediche ma occorrano semplici interventi diagnostici o terapeutici
programmabili.
Unità valutativa geriatrica.
Cardine principe dell’assistenza agli anziani è la Unità valutativa geriatrica, modulo funzionale che utilizza
la strategia della multidisciplinarietà della équipe e lo strumento della valutazione multidimensionale dei
bisogni al fine dell’individuazione dei fattori di rischio e di non autosufficienza e della loro correzione
mediante interventi personalizzati.
Compiti della U.V.G.
L’Unità valutativa geriatrica è un mezzo per realizzare l’integrazione tra i Servizi sociali e quelli sanitari e
provvede alla gestione del paziente anziano nei servizi geriatrici intra ed extra ospedalieri.
Le principali attività di coordinamento (in riferimento anche al decreto sugli standard ospedalieri del 13
settembre 1988) sono:
1) individuazione dei bisogni degli anziani attraverso la valutazione multidimensionale con strumenti
specifici per ogni settore dell’assistenza geriatrica che abbiano già dimostrato di possedere notevole
attendibilità, riproducibilità ed efficacia (scheda V.A.O.R.: Valutazione dell’anziano ospite di residenza scheda S.V.A.: Scala di valutazione dell’anziano a domicilio);
2) programmazione e controllo di qualità dell’assistenza geriatrica nella rete integrata dei servizi.
Organizzazione.
La funzione di Unità valutativa geriatrica è compito essenziale della Unità operativa geriatrica (Divisione di
geriatria).
Il nucleo fondamentale operativo è costituito da un medico geriatra, un infermiere professionale, un
assistente sociale e un terapista della riabilitazione. Nelle sedi in cui non sia presente una divisione di
geriatria, ovvero dove non sia sufficiente la sola Unità valutativa ospedaliera a soddisfare le esigenze
assistenziali, possono essere attivate delle Unità valutative geriatriche territoriali, il cui organico è analogo a
quello previsto per le U.V.G. ospedaliere e la cui coordinazione spetta comunque allo specialista in geriatria.
Qualora in uno stesso territorio siano attivate, oltre alla U.V.G. ospedaliera, delle Unità valutative di
distretto, i rispettivi compiti vengono così suddivisi:
- alla U.V.G. ospedaliera compete l’individuazione dei bisogni e la programmazione degli interventi sugli
anziani ricoverati in ospedale; la coordinazione delle U.V.G. territoriali; l’ospedalizzazione domiciliare; la
gestione sanitaria degli interventi nelle R.S.A. in collaborazione con i servizi territoriali;
- alla U.V.G. di distretto compete invece la gestione dell’assistenza domiciliare integrata, in collaborazione
con il medico di base, e degli interventi nelle strutture residenziali per anziani autosufficienti.
La divisione di geriatria.
Fermo restando che l’assistenza ospedaliera debba avvenire, a prescindere dall’età dei pazienti, nei normali
reparti medici e chirurgici, a seconda della patologia acuta che ne determina il ricovero, la divisione di
geriatria rappresenta la sede più appropriata per il trattamento intensivo, in fase di acuzie, degli anziani non
autosufficienti affetti da polipatologie o degli anziani affetti da patologie ad alto rischio invalidante.
Essa si differenzia dai normali reparti di medicina non solo per la tipologia dei pazienti, ma per la specifica
preparazione gerontologico-geriatrica del personale, per una diversa tipologia edilizia, per la necessaria
presenza di strutture riabilitative, per il coordinamento ordinario nell’ambito dell’Unità valutativa geriatrica
con la rete dei servizi territoriali (R.S.A., ADI, ospedalizzazione domiciliare, day-hospital).
Obiettivi assistenziali.
Obiettivi assistenziali prioritari nella divisione di geriatria sono:
1) la prevenzione di tutti i fattori in grado di influenzare l’autonomia della persona;
2) la cura delle malattie acute che possono determinare un peggioramento delle condizioni di
autosufficienza;
3) la riabilitazione precoce e globale per evitare il deterioramento e facilitare il recupero funzionale;
4) l’ottimizzazione dell’intervento globale (preventivo, curativo e riabilitativo) attraverso la valutazione
multidimensionale dei bisogni.
Modalità assistenziali.
È opportuno prevedere, accanto a quelle tradizionali (che comprendono anche l’attività di day-hospital nella
misura del 10% del p.l.), modalità assistenziali che consentano flessibilità di trattamento ed una risposta più
adeguata alle esigenze dei pazienti anziani, quali:
1) degenze settimanali parziali (5 giorni), con dimissioni temporanee il sabato e rientro il lunedì, riservate a
pazienti in fase post-acuta orientata alla riabilitazione, per favorire il reinserimento dell’anziano nel nucleo
familiare;
2) degenze giornaliere, nell’ambito dei Presidi dell’ospedalizzazione diurna;
3) degenze brevi e periodiche (2-3 giorni di degenza ogni 2-3 settimane) per determinare patologie di tipo
evolutivo, per la rivalutazione del progetto terapeutico globale;
4) sperimentazione di forme di ospedalizzazione domiciliare, da attuarsi in stretta-collaborazione con la
Unità valutativa geriatrica ospedaliera e territoriale, il medico di base, la famiglia e gli operatori sul
territorio;
5) attività di consulenza nell’ambito della Unità valutativa geriatrica, che permette di individuare tra gli
anziani ricoverati nelle altre Unità operative ospedaliere quelli a rischio e di proporre per loro interventi più
opportuni.
La lungodegenza.
Si definisce come lungodegenza quella funzione ospedaliera cui afferiscono unicamente degenti in fase di
convalescenza per un primo trattamento di rieducazione funzionale o pazienti in fase terminale.
Nel suo significato attuale il termine lungodegenza, perde la connotazione di parcheggio per cronici, come
avvenuto in un superato momento storico, per acquisire un ruolo dinamico nella funzione di recupero
impostato in tempi medio-lunghi.
Obiettivi assistenziali della lungodegenza.
Data la tipologia dei pazienti afferenti alla lungodegenza, gli obiettivi assistenziali principali sono costituiti
da:
1) continuità terapeutica, in pazienti che necessitano di trattamenti protratti post-acuzie;
2) programmi di riabilitazione a termine, che tendono ad una soluzione completa o comunque soddisfacente
del problema;
3) programmi di riabilitazione globale a lungo termine, eventualmente da proseguire in strutture
extraospedaliere, finalizzati al raggiungimento dal maggior grado di autosufficienza possibile;
4) trattamenti di prevenzione della sindrome da immobilizzazione in disabili stabilizzati.
Caratteristiche organizzative e strutturali.
La funzione di lungodegenza può essere svolta:
1) in spazi funzionalmente aggregati a quelli per acuti cui afferisce la patologia principale stabilizzata;
2) concentrata in un’apposita Unità operativa polifunzionale.
Nel primo caso i posti letto della funzione di lungodegenza fanno capo al primario della divisione per acuti e
dispongono di un organico distinto secondo gli standard sottospecificati; nel secondo caso fanno capo ad un
responsabile espressamente destinato.
La prima di queste soluzioni è quella considerata ottimale.
Tenuto conto dell’elevato numero di soggetti in età geriatrica che prevedibilmente potranno necessitare del
ricovero in moduli di e/o riabilitazione, si ritiene opportuno che:
1) venga riservato alla funzione di lungodegenza geriatrica il 45% dei posti letto della funzione di
riabilitazione e lungodegenza previsti, pari a complessivi 562 posti letto;
2) i moduli di lungodegenza, sia quelli strutturalmente aggregati alla divisione per acuti che quelli
concentrati in distinte Unità operative, debbano essere funzionalmente collegati alla divisione di geriatria
dell’area territoriale di appartenenza.
Le residenze assistenziali.
Si tratta di strutture adibite ad ospitare anziani che non presentino deficit marcati della motilità, della cura
della persona e del controllo delle funzioni fisiologiche, ma con gravi problematiche sociali non risolvibili in
altro modo.
Necessitano di assistenza alberghiera e ricreative con una vigilanza infermieristica assai modesta per
prevenire il più possibile l’insorgere della non autosufficienza.
Nell’ambito delle residenze assistenziali possono essere individuate varie tipologie abitative (comunità
alloggio, casa-albergo, casa di riposo) che si differenziano essenzialmente per le dimensioni ed il numero
degli anziani ospitati, ma che devono essere in ogni caso rispondenti ad una serie di caratteristiche
fondamentali:
1) abolizione delle barriere architettoniche;
2) collocazione in ambito urbano o comunque ben collegate con mezzi pubblici a centri abitati;
3) ripartizione delle comunità più ampie in moduli autonomi il più possibile riproducenti le condizioni di
vita familiari;
4) assistenza alberghiera e ricreativa (animatori). Non esiste attualmente un decreto ministeriale che
stabilisca i requisiti delle strutture residenziali di questo tipo ed i relativi standard di personale. Tale compito
è pertanto demandato alle singole Regioni.
Assistenza domiciliare integrata.
L’assistenza domiciliare integrata (ADI) è un complesso coordinato di prestazioni di carattere sanitario e
socio-assistenziale, rese al domicilio del malato in forma integrata e con la partecipazione di figure
professionali specifiche.
Lo scopo è quello di favorire il più a lungo possibile la permanenza al proprio domicilio degli anziani o dei
soggetti disabili in cui risulti compromessa, in via temporanea o permanente, la capacità di provvedere
autonomamente alle esigenze della vita quotidiana, evitando il ricovero improprio ed assicurando una
migliore qualità della vita.
L’organizzazione funzionale dell’ADI deve basarsi su:
1) interdisciplinarietà delle figure professionali coinvolte, che costituiscono una équipe che assicura la
globalità e specificità degli interventi;
2) effettiva integrazione tra le prestazioni sociali e quelle sanitarie mediante protocolli d’intesa tra le U.S.L.
ed enti locali (Comune). Tale integrazione si realizza di fatto attraverso momenti di coordinamento
collegiale tra tutti gli operatori coinvolti, per l’identificazione dei bisogni assistenziali, la programmazione
degli interventi necessari e la verifica dei risultati.
Il modello organizzativo.
All’Unità valutativa geriatrica ospedaliera o territoriale, qualora questa sia presente, costituita da una équipe
multidisciplinare articolata come descritto nel paragrafo relativo, spetta il compito di realizzare l’effettiva
integrazione tra gli interventi sanitari e socio-assistenziali.
Alla U.V.G. perverranno le segnalazioni da parte degli anziani stessi, dai familiari, dei medici di base o di
altri servizi; si procederà quindi alla valutazione dei bisogni assistenziali, alla formulazione di un piano
personalizzato di interventi, all’erogazione coordinata delle prestazioni ed al controllo periodico dei risultati
con la stretta collaborazione del medico di base. Lo strumento fondamentale della U.V.G. e la valutazione
multidimensionale; essa consente l’integrazione operativa attraverso modalità specifiche, esplorando tutti i
settori in cui può verificarsi la perdita dell’autosufficienza ed emergere un fabbisogno assistenziale.
Tale valutazione dello stato funzionale dell’anziano, indispensabile per stabilirne l’eleggibilità al servizio,
verrà effettuata, direttamente al domicilio del potenziale utente, mediante apposita scheda di raccolta dati,
validata specificamente per il servizio di ADI e definita a livello regionale.
Sono inoltre fondamentali verifiche periodiche di efficacia mediante riunioni collettive della U.V.G. con i
medici di famiglia e gli operatori sul territorio, somministrazione di scale di valutazione appropriate,
compilazione di cartelle cliniche al domicilio del paziente.
Utente dell’A.D.I.
Il servizio è destinato ad anziani con parziale o totale compromissione dell’autosufficienza, in maniera
temporanea o permanente, che vivono da soli od in nuclei familiari che non sono in grado di fornire
un’assistenza completa ed efficace.
L’ADI, intesa come insieme di prestazioni sanitarie sociali fornite al domicilio del paziente per soddisfare
specifici bisogni assistenziali, vuole rappresentare per questi soggetti un’opportunità di prevenzione, cura e
riabilitazione, finalizzata ad elevare la qualità di vita degli assistiti, ad evitare il loro isolamento ed
emarginazione sociale, nonché ricoveri ospedalieri incongrui od impropri.
Dotazione di personale e prestazioni.
Gli standard assistenziali minimi per assistito, il personale necessario, le prestazioni mediche,
infermieristiche, riabilitative e sociali di competenza del servizio di ADI sono indicati nel Progetto obiettivo
anziani 1991/1995, a cui si fa riferimento.
L’ospedalizzazione domiciliare.
Per Servizio di ospedalizzazione domiciliare si intende l’effettuazione al domicilio del malato dei principali
interventi diagnostici e terapeutici normalmente possibili in ospedale, eventualmente integrati da una breve
presenza in ospedale con accesso e trasporto facilitati.
Le prestazioni di ospedalizzazione domiciliare sono quindi prettamente ospedaliere (alimentazione
parenterale totale, trattamenti del dolore, cicli di chemioterapia antiblastica, ecc.) e sono funzione integrante
della Unità operativa geriatrica (divisione di geriatria).
La loro praticabilità è comunque subordinata alla presenza di familiari al domicilio del paziente ed
all’esistenza di sufficienti garanzie per il mantenimento nell’ambito domestico dei livelli di cura ospedalieri.
L’ospedalizzazione domiciliare risulta particolarmente utile nelle seguenti condizioni:
1) anziani con riacutizzazioni di patologie croniche, dimessi precocemente dopo il primo trattamento per
evitare gli effetti negativi di una prolungata degenza ospedaliera;
2) anziani con grave compromissione generale per patologie a carattere evolutivo, che richiederebbero
ricoveri ospedalieri periodici per controlli e trattamenti speciali;
3) anziani che in seguito ad interventi mutilanti richiedono l’assistenza medica, rieducativa, psicologica, per
il reinserimento socio-familiare;
4) anziani in fase terminale, che si trovano in grave disagio psico-fisico in ambiente ospedaliero.
Tipo di prestazioni.
L’ospedalizzazione domiciliare assicura di regola le seguenti prestazioni:
1) due ore di presenza infermieristica giornaliera;
2) un passaggio giornaliero del medico curante, che può essere o un medico ospedaliero o un medico di
medicina generale dei servizi territoriali operante in collegamento con la divisione ospedaliera geriatrica;
3) il collegamento permanente 24 ore su 24 con l’équipe ospedaliera preposta all’ospedalizzazione
domiciliare per situazioni di emergenza (almeno un medico ed un infermiere reperibili, collegamento
telefonico diretto con la sede équipe);
4) la possibilità di consulenze specialistiche specifiche:
5) l’educazione sanitaria dei familiari.
La formazione del personale.
L’attuazione di un’assistenza geriatrica articolata su una rete integrata di servizi ha come presupposto
fondamentale l’utilizzo di personale specificamente preparato.
I programmi di formazione, attuati secondo linee di indirizzo omogenee, dovranno essere sviluppati
adattandoli e differenziandoli a seconda delle diverse categorie di personale cui sono rivolti.
Devono essere individuati differenti livelli di formazione:
1) Formazione di base: rivolta a medici, geriatri e laureati di altre facoltà (psicologi, sociologi, ecc.), a
diplomati delle scuole dirette a fini speciali, a terapisti della riabilitazione, ad assistenti sociali, ad infermieri
professionali, ecc., prevede l’integrazione dei programmi formativi con un insegnamento più incisivo della
geriatria, organizzato anche con un congruo numero di ore di tirocinio pratico da svolgere nelle sedi dove si
attua l’assistenza geriatrica.
2) Primo livello di inserimento lavorativo: riguarda la verifica dell’attitudine e della preparazione del futuro
operatore sia esso neo-diplomato che laureato, mediante corsi-concorsi, corsi di orientamento, ecc.
3) Formazione permanente: rivolta a tutti gli operatori che già si occupano di assistenza all’anziano. La
U.V.G., individuata come fulcro dell’assistenza geriatrica e caratterizzata dal lavoro di un’équipe
multidisciplinare, si configura come il centro della formazione professionale per tutti gli operatori. Il ciclo di
formazione dovrebbe comunque essere integrato da attività da svolgersi nei vari servizi geriatrici ospedalieri
e territoriali.
Controlli sulla qualità dei servizi.
L’attività di vigilanza e controllo dell’andamento generale delle strutture e dei servizi preposti all’assistenza
geriatrica è finalizzata alla verifica del rispetto della normativa statale e regionale (standard organizzativi e
gestionali) e della qualità delle prestazioni erogate.
Lo strumento operativo a livello regionale, indicato nell’ambito del Progetto obiettivo anziani dal documento
Ministro della sanità-sindacati, del 27 gennaio 1992, è rappresentata dall’istituzione di un Gruppo tecnico
regionale di vigilanza e controllo.
Oltre a svolgere attività di verifica e revisione della qualità, tale gruppo dovrà stabilire gli strumenti da
utilizzare per effettuare tale verifica (questionari, visite, ecc.) e per il monitoraggio e la valutazione delle
strutture e delle attività, individuando una serie di indicatori di riferimento specifici.
Tali indicatori, derivanti dagli obiettivi propri del servizio e “riproducibili”, tali cioè da fornire gli stessi
risultati anche ad osservatori diversi, dovranno riguardare le seguenti dimensioni da analizzare:
1) condizioni della struttura (spazi, attrezzature, arredi, personale, organizzazione, ecc.);
2) accessibilità (rapporto tra dimensione del bisogno e risposta/offerta della struttura);
3) volume delle attività (tipologia/quantità degli ospiti e delle prestazioni fornite);
4) procedure (modalità di espletamento delle attività);
5) esiti (indicatori di autonomia, socializzazione, malattia, mortalità, ecc.).
Attività di coordinamento.
Allo scopo di collegare funzionalmente le varie strutture geriatriche presenti nelle aree territorialmente
omogenee, appare necessaria, sul piano operativo, un’attività di coordinamento che integri i vari servizi per
dare modo alla U.V.G. di indirizzare nel modo più opportuno l’intervento nei riguardi del paziente
geriatrico.
Ai fini della migliore allocazione del paziente, appare infatti utile conoscere in tempo reale la disponibilità
dei posti letto nei reparti acuti e nelle lungodegenze, il movimento dei residenti nelle R.A.S., la disponibilità
di accesso all’A.D.I., ecc.
Si può pertanto prevedere l’istituzione presso l’Unità centrale, identificato con il reparto di geriatria per
acuti, di un servizio di coordinamento, da organizzare attraverso una segreteria che, mediante una rete
informatica, sia collegata da un lato ai servizi della propria area, dall’altro che possa dialogare con tutte le
strutture geriatriche operanti nella Regione. Tale rete informatica permetterà all’Unità centrale di ricevere
continuamente le informazioni sulla situazione operativa di ciascuna struttura e permetterà di organizzare
con più rapidità ed efficienza eventuali ricoveri o trasferimento da una struttura all’altra.
Servizio di teleassistenza e telesoccorso.
Si rinvia al capitolo 4.2.
Conclusioni.
Alla luce di quanto sopra esposto, considerando che:
- l’assistenza geriatrica si basa su una rete integrata di servizi, articolata in attività territoriali ed ospedaliere
(A.D.I., R.S.A., day-hospital, reparto per acuti, lungodegenza, ospedalizzazione a domicilio) che hanno il
loro punto di riferimento nelle Unità valutative geriatriche ospedaliere, le quali rivestono funzioni di
coordinamento e di controllo;
- la soluzione ideale per la realizzazione di questo obiettivo è da individuarsi nel dipartimento geriatrico, in
cui si integrino il reparto per acuti, la lungodegenza, le strutture riabilitative e specialistiche;
- l’O.M.S. indica come ottimale un quoziente di posti letto per malati geriatrici acuti pari al 2,5/1000
ultrasessantacinquenni, corrispondenti allo 0,4/1000 sulla popolazione generale;
- le Regioni in cui l’assistenza geriatrica (e sanitaria in generale) è più sviluppata (Veneto, Emilia, Marche,
Liguria) hanno individuato per i reparti di geriatria per acuti un indice di posti letto pari in media allo
0,3/1000;
- in accordo con la legge finanziaria del 1994 deve essere riservata alla funzione di lungodegenza/
riabilitazione una riserva tendenziale di 1 p.l./1000 abitanti;
- a fronte di un’assoluta mancanza nella nostra Regione di strutture protette rispondenti ai requisiti strutturali
ed organizzativi stabiliti per legge, è invece calcolabile, sulla base di una domanda complessiva di strutture
residenziali per anziani del 4/5% degli ultrasessantacinquenni, un fabbisogno di posti letto in R.S.A. pari a
8.046-/10.060;
- l’assistenza domiciliare integrata rappresenta l’elemento fondamentale e qualificante dell’assistenza
geriatrica, garantendo una riduzione dei costi assistenziali (riduzione dei ricoveri impropri, precoce
deospedalizzazione) a fronte di un miglioramento della qualità di vita degli anziani (continuità terapeutica,
permanenza al proprio domicilio, deistituzionalizzazione);
- la Regione Abruzzo ha già approvato con delibera del Consiglio regionale n. 88/8 del 23 dicemebre1993
l’attivazione in via sperimentale di due moduli di R.S.A. e di quattro progetti di A.D.I. ed ha inoltre
proposto, con l’attivazione dell’art. 20 della L. n. 67 del 1988, l’istituzione di altre.
Si provvederà ad una graduale rideterminazione organizzatoria dell’intervento per anziani, compatibilmente
con le risorse finanziarie ed in armonia con le esigenze locali, sviluppando anche collaborazioni con
istituzioni qualificate ed, in particolare con l’I.N.R.C.A.
5.2 - Tutela della salute materno-infantile.
Quadro di riferimento.
I1 complesso delle attività sanitarie, sociali e psicologiche che sono rivolte alla tutela di situazioni e
condizioni particolari e decisive della vita individuale e collettiva quali la maternità, la salute della donna, la
nascita, l’infanzia, l’età evolutiva, l’adolescenza.
Per molti di queste situazioni e condizioni esiste una legislazione nazionale e regionale orientata alla
prevenzione, all’integrazione tra le attività ospedaliere e territoriali, all’integrazione sociosanitaria.
Aspetti di cui tenere conto al fine di introdurre modalità organizzative a carattere dipartimentale, meccanismi
di integrazione operativa con forte connessione interdisciplinare, soprattutto a livello di Distretto sanitario.
Gli interventi generali e specifici dell’area materno-infantile sono spesso interventi di natura diversa e tra
loro differenziati che, solo per comodità di lettura, vengono così ordinati.
A - Gravidanza e nascita.
Il compito di intervenire per gli aspetti attinenti la tutela della salute della donna, la gravidanza, il parto
ricade, in maniera prevalente, sull’attività ostetrico-ginecologica territoriale, sugli specialisti ambulatoriali e
sull’attività ospedaliera.
Per quanto riguarda gli aspetti più strettamente attinenti l’organizzazione e la pianificazione dei servizi
ospedalieri - in particolare la riduzione dei punti nascita - si rinvia al documento del presente Piano sanitario
relativo alla rete ospedaliera regionale. Con le seguenti attenzioni di specificità:
1) Le strutture ostetriche devono essere dotate di guardia specialistica attiva che svolga anche funzioni di
accettazione e di pronto soccorso, poiché in ostetricia l’emergenza è una regola;
2) È opportuno che le attività ostetriche e ginecologiche (a maggior ragione se vi è un’intensa attività
oncologica) siano svolte in sezioni separate;
3) Nei reparti e nelle divisioni di Ginecologia e Ostetricia deve essere assicurata la disponibilità di:
- attrezzatura ecografica con adeguamento tecnologico almeno ogni 5 anni;
- attrezzature cardiotomografiche in numero sufficiente per le necessità in sala parto e per il controllo in
pronto soccorso o ambulatoriale;
- attrezzature endoscopiche per laparoscopia e isteroscopia;
- colposcopio, in ambulatorio, per la prevenzione delle neoplasie;
4) I reparti e le divisioni di ginecologia e ostetricia dei Presidi ospedalieri devono, mediante l’istituzione di
apposite unità operative o moduli organizzativi dotati di personale non obiettore stabile e di un numero di
posti letto in day-hospital rapportato al numero di IVG espletato nell’anno - assicurare la piena applicazione
della legge n. 194 del 1978 per l’interruzione volontaria della gravidanza.
Con attenzione al rispetto della dignità della donna, alla qualità del servizio, alle “convenienze” di accesso,
alla riduzione di tutti i condizionamenti imputabili al controllo sociale;
5) L’attività di day-hospital, degli ambulatori e delle altre strutture specialistiche deve funzionare per
appuntamento - a partire dal collegamento funzionale con la rete territoriale dei consultori familiari - e
pertanto, nel caso che per le pazienti esterne si abbiano almeno 75 prestazioni la settimana, si devono
prevedere figure professionali per i compiti di segreteria, registrazione e conservazione delle cartelle cliniche
ambulatoriali;
6) Allo scopo di supportare tutte le esigenze organizzative e sanitarie e per impostare un valido sistema di
verifica e revisione della qualità e della quantità delle prestazioni - VRQ - si ritiene utile avviare un sistema
informativo all’interno della stessa struttura organizzativa per la gestione del paziente (identificazione,
prenotazioni, accettazione, dimissioni, trasferimento); per la gestione dei reparti di degenza (attività mediche
ed infermieristiche, emergenze, day-hospital, IVG, servizio sociale); per i servizi diagnostici (laboratori,
dipartimenti immagini, farmacia, sale operatorie); per servizi ausiliari; per la gestione ed il controllo (analisi,
costi, pianificazione delle risorse);
7) Adozione della cartella clinica unificata.
Per quanto riguarda gli interventi sul territorio occorre:
a. Individuare i centri di 1° e 2° livello per l’assistenza ostetrico-ginecologica ed i centri super specialistici.
a.1. I centri di l° livello sono rappresentati dalla rete dei Consultori familiari, inseriti nei distretti sanitari di
base.
L’attività consultoriale, per quanto attiene l’assistenza ostetrico-ginecologica, deve essere coordinata
mediante:
- L’adozione di protocolli comuni per il controllo della gravidanza nell’arco dei tre trimestri. Sono previsti
controllo con obbligatorietà di rilevamento standardizzato nella 7/12 settimana; 20/28 settimana; 32/38
settimana; controllo a 60 giorni dopo il parto;
- L’adozione della cartella clinica ambulatoriale unica;
- La predisposizione e l’uso di un terminale intelligente e colloquiante in rete.
Collegamento con i centri di 1° e 2° livello; con centri super specialistici e la rete ospedaliera, al fine di
privilegiare e velocizzare le prenotazioni delle pazienti e per una più puntuale applicazione della legge n.
194 del 1978 ed eliminare definitivamente quella serie di disservizi che penalizzano il ricorso
all’interruzione volontaria della gravidanza, a partire dalla drastica riduzione delle liste di attesa che si
ripercuotono negativamente sulle settimane di gestazione al momento dell’intervento di IVG.
a.2. Sono inoltre definiti centri di 1° livello le strutture diagnostico-preventive in grado di effettuare almeno
2000 controllo annui.
Nell’ambito dei suddetti centri devono essere previsti servizi di diagnostica ecografica per il monitoraggio
della gravidanza, con un minimo di 3 ecografie (una per trimestre) per ogni gestante.
Sono previsti interventi per la prevenzione della flogosi dell’apparato genitale femminile, con particolare
attenzione alla trasmissione del virus HIV e delle malattie sessualmente trasmesse.
Ed ancora interventi per la prevenzione delle neoplasie dell’apparato genitale femminile attraverso l’esame
obiettivo, il pap-test, la colposcopia, l’ecografia pelvica, lo screening per la patologia mammaria, lo studio
della coppia infertile.
I centri di 1° livello collaborano, in stretto collegamento con i centri di 2° livello per la consulenza e/o
l’affidamento di gravidanze complicate da patologie.
In particolari situazioni geografiche è prevedibile che l’assistenza ostetrico-ginecologica consultoriale e
quella di 1° livello coesistano nella stessa struttura.
a.3. Il centro di 2° livello, che funge da centro di riferimento, deve essere necessariamente ubicato
nell’ambito di un’ampia struttura assistenziale e dotato, sia di un team di specialisti - anche attraverso la
utilizzazione degli operatori e degli spazi resi disponibili dal rispetto funzionale della rete ospedaliera -, che
di posti letto per i casi da sottoporre a complicate procedure diagnostiche e/o terapeutiche.
Le finalità operative ostetriche dei centri di 2° livello riguardano:
- la prevenzione secondaria delle anomalie congenite;
- lo studio della patologia malformativa;
- la gestione di gravidanze complicate da patologia fetale malformativa;
- il monitoraggio delle gravidanze ad alto rischio per patologie materne (diabete, isoimmunizzazione Rh,
ipertensione, malattie infettive, empatie, cardiopatie, ecc.);
- la centralizzazione dei dati epidemiologici.
Le finalità operative ginecologiche riguardano:
- la prevenzione e le azioni diagnostiche complesse per lo studio dei tumori dell’apparato genitale femminile
(ovaia, vulva, utero e mammella);
- la terapia, gestione e follow up della paziente ginecologica;
- la terapia, gestione e follow up delle coppie infertili.
b. valutare e dotare ciascun centro delle attrezzature minime per il corretto espletamento delle attività sopra
individuate.
b.1. Per i Consultori è prevista l’attrezzatura standard dell’ambulatorio specialistico.
b.2. Nei centri di 1° livello dovrebbero essere disponibili un microscopio a contrasto di fase, il colposcopio,
l’ecografo, uno sterilizzatore a secco, un diatermocoagulatore e lo strumentario di piccola chirurgia.
b.3. Al centro di 2° livello invece: cardiografi computerizzati, colposcopi con videoregistratore. Inoltre un
isteroscopio diagnostico, e possibilmente il laser ed il laparoscopio.
b.4. Per l’ottimizzazione dell’assistenza ostetricoginecologica nella Regione devono essere impegnati, con
costanza di risorse finanziarie per la continuità delle sorse finanziarie per la continuità delle prestazioni, i
due laboratori di citogenetica delle Cattedre di Genetica umana e Genetica medica delle Università degli
Studi di Chieti e di L’Aquila per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale di cui alla L.R. 9 settembre
1987, n. 54 “Prevenzione degli handicap: preconcezionale, prenatale e neonatale”.
Gli interventi da attivare e potenziare riguardano:
- l’integrazione con i consultori familiari - certificazione, prenotazione degli interventi, visite di controllo,
prevenzione contraccettiva post IVG - per quanto riguarda la corretta applicazione della legge n. 194 del
1978;
- e, sempre in ambito consultoriale, i corsi di preparazione psico-fisica al parto, la prevenzione dei tumori
femminili, la prevenzione dei distrurbi della menopausa;
- l’introduzione delle condizioni di assistenza alle gestanti, che richiedano di espletare il parto al proprio
domicilio, ai sensi della L.R. 11 aprile 1990, n. 35 “Norme per la tutela della salute e del benessere psicofisico della donna partoriente e del neonato” e la sperimentazione di nuove modalità organizzative come la
rotazione delle ostetriche tra ospedale e territorio.
La possibilità del parto domiciliare è da valutare attentamente in quanto la Commissione OstetricoGinecologica regionale la giudica, nella situazione attuale, improponibile anche per le alte percentuali nella
Regione Abruzzo di parti distocici.
Comunque tali attività devono essere ricondotte nell’ambito dei programmi di assistenza domiciliare
integrata;
- infine l’adozione di una scheda epidemiologica ostetrico-neonatale riguardante lo stato di salute alla
nascita.
B - Infanzia ed età evolutiva.
I servizi impegnati in questo ambito - servizi di pediatria ospedalieri e territoriali - sono descritti
analiticamente nei capitoli di Piano concernente la riorganizzazione della rete ospedaliera, il Dipartimento di
prevenzione, la medicina di base.
Ad integrazione di quanto trattato nei suddetti capitoli e per il miglioramento dell’assistenza pediatrica si
ritiene debbano essere potenziati le seguenti prestazioni e/o servizi:
- il Servizio regionale per lo screening delle malattie endocrino-metaboliche congenite della Cattedra di
Endocrinologia dell’Università degli Studi di Chieti, ai sensi della sopra richiamata L.R. 9 settembre 1987,
n. 54 “Prevenzione degli handicap: preconcezionale, prenatale e neonatale”;
- il Centro regionale di riferimento per la cura della mucoviscidosi e della fibrosi cistica - legge 23 dicembre
1993, n. 548 - del presidio ospedaliero di Teramo;
- i servizi di Neuropsichiatria infantile e di riabilitazione, con particolare attenzione al livello territoriale di
distretto;
- le Unità vaccinali per le vaccinazioni obbligatorie e per l’offerta attiva delle vaccinazioni consigliate contro
il morbillo, rosolia e parotite.
In tale ambito occorre consolidare la raccolta dei dati epidemiologici per le verifiche di qualità;
- la medicina scolastica, con particolare attenzione agli interventi programmati di educazione sanitaria, in
collaborazione con la scuola e la famiglia, per quanto riguarda l’alimentazione, la prevenzione della carie, le
intossicazioni (da fumo, alcool, farmaci), la prevenzione degli incidenti domestici, i comportamenti e le
norme di sicurezza per gli incidenti extradomestici, gli stili di vita;
- il trasporto del neonato a rischio nelle strutture di neonatologia, che rientra a pieno titolo nel sistema delle
emergenze.
Gli interventi da attivare o potenziare riguardano:
- lo sviluppo di una sistematica collaborazione con le istituzioni scolastiche e di servizio sociale, le
associazioni di genitori;
- il sostegno ed il coordinamento dei centri diurni di terapia e riabilitazione per i bambini affetti da gravi
problemi psichici e/o fisici attuati dalle associazioni di volontariato (come ad es. l’Associazione famiglie
bambini Dawn e UILDM di Pescara, l’Associazione APTDH e XXIV luglio di L’Aquila, l’AIAS di
Sulmona, ecc.);
- il coordinamento della rete dei servizi pubblici e del privato sociale operanti a favore dei minori e delle loro
famiglie.
Per questa particolare funzione di Servizio sociale, l’organizzazione dei Consultori rappresenta il luogo
privilegiato, in quanto si realizza all’interno di una struttura che garantisce il necessario approccio
multidisciplinare di analisi e di intervento;
- l’attività di terapia familiare .
C - Periodo preconcezionale.
In questo ambito di intervento sono presenti i problemi che riguardano l’adolescenza, la sessualità, la
procreazione responsabile, nonché la prevenzione di malattie genetiche e malformazioni.
I Servizi impegnati sono soprattutto i Consultori Familiari.
Gli interventi da attivare o potenziare riguardano:
- gli spazi consultoriali per l’educazione sanitaria e l’educazione sessuale riservati agli adolescenti, da
istituire in rapporto all’effettiva necessità misurata in base alla prevalenza sul territorio della popolazione
giovanile;
- l’informazione capillare della tutela della gravidanza mediante la divulgazione di opuscoli informativi
contenenti tutte le indicazioni sulle metodiche di tutela e di prevenzione delle gravidanze a rischio contenenti
i recapiti delle strutture di riferimento (indirizzo, numero telefonico, orario di apertura).
Inoltre, per garantire l’obiettivo di efficacia rispetto alla distribuzione dell’opuscolo in relazione al target
individuato, oltre alla tradizionale rete dei Consultori familiari si suggerisce di coinvolgere le associazioni
femminili organizzate nel Progetto Donna, di cui alla L.R. 5 aprile 1992, n. 42 e le associazioni di
volontariato operanti nel settore della prevenzione e della riabilitazione dell’handicap.
C.1 - Consultori familiari.
Compiti
Protezione sanitaria materno-infantile, assistenza pediatrica e tutela del diritto alla procreazione cosciente e
responsabile.
Aree di intervento
1) Relazionale di coppia e di famiglia
- informazione, consulenza individuale di coppia e di famiglia per i problemi relazionali e per difficoltà
genitoriali;
- consulenza per problemi collegati a separazione e divorzio;
- consulenza sul diritto di famiglia;
- pareri relativi al matrimonio fra minori;
- eventuali interventi di terapia familiare a bacino di utenza interdistrettuale o provinciale;
- istruttoria per valutazione di coppie richiedenti adozioni e/o disponibili per affidi familiari;
- educazione sanitaria.
2) Procreazione e sessualità
- informazione, controllo sanitario di gravidanza, diagnosi precoce di gravidanze a rischio;
- educazione sanitaria mirata, corsi di preparazione al parto, assistenza domiciliare al puerperio;
- informazione, consulenza e/o somministrazione dei mezzi necessari per il conseguimento delle scelte
inerenti la procreazione responsabile;
- consulenza psico-sessuale per l’accettazione di sé e del proprio corpo nelle varie fasi dei cicli vitali;
- controlli sanitari ed interventi psico-sociali per problematiche inerenti la contraccezione;
- informazione, consulenza, certificazione IVG, ex art. 5 della legge n. 194 del 1978;
- interventi di prevenzione del ricorso alla IVG per fasce di popolazione femminile a rischio.
3) Salute della donna
- informazione ai fini della diagnosi precoce dei tumori femminili; informazione guidata alle opportunità ed
agli accessi;
- interventi di sostegno psicologico individuale e/o di gruppo a donne mastectomizzate ed isterectomizzate;
- diagnosi e cura delle patologie ginecologiche che non richiedano strumentazione complessa e che
impediscano o sconsiglino la somministrazione e/o l’applicazione dei mezzi contraccettivi prescelti;
- educazione sanitaria;
- informazione e assistenza nel climaterio e nell’età post fertile; informazione sulla prevenzione delle
patologie ad essa collegate.
4) AIDS
- la diffusione di informazioni sulle modalità di trasmissione delle infezioni in genere ed in particolare quelle
da HIV;
- l’informazione alle donne sieropositive gestanti circa il rischio di trasmissione delle infezioni al prodotto
del concepimento;
- l’effettuazione del counseling ed eventualmente del prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi;
- l’avvio delle donne sieropositive ai centri di secondo e terzo livello e dei nati da madre sieropositiva ai
centri designati per il follow up di neonati e minori sieropositivi;
- l’informazione alle coppie in cui uno dei partner sia sieropositivo sulle modalità per evitare la trasmissione
dell’infezione al partner ancora sieronegativo;
- l’attivazione in collaborazione con altri servizi sanitari e sociali, delle misure per sostenere le gestanti
sieropositive nelle loro esigenze cliniche, psicologiche e sociali.
Riferimenti legislativi
- L. n. 405 del 1975 “Istituzione dei Consultori familiari”;
- L.R. n. 21 del 1978 “Istituzione del servizio per l’assistenza alla famiglia, all’infanzia, alla maternità e
paternità responsabili”;
- L. n. 833 del 1978, art. 4, lett d);
- L. n. 194 del 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della
gravidanza”;
- L.R. n. 35 del 1990. “Norme per la tutela della salute e del benessere psicofisico della donna partoriente e
del neonato”;
- “Atto di intesa tra Stato e Regioni per la definizione di indirizzi ai fini di un’organica distribuzione dei
compiti tra le strutture ospedaliere ed i servizi territoriali nelle attività di prevenzione e di assistenza delle
infezioni da HIV” del 7 novembre 1991.
Ambito
Assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale. (v. livelli uniformi di assistenza sanitaria).
Collocazione
Distretto (intendendo il distretto come spazio organizzato per la gestione programmata dei servizi); per cui, a
seconda della dimensione demografica, la collocazione è distrettuale o interdistrettuale.
Parametri:
pop. 10/15.000 ab. nelle zone interne;
pop. 30/40.000 ab. nelle zone costiere e/o urbane.
Deve essere comunque garantita una sede unitaria per la copertura dei bisogni socio-sanitari della
popolazione, pena la dequalificazione del servizio.
Il frazionamento delle prestazioni in ministrutture periferiche rispetto al Consultorio di distretto comporta il
progressivo impoverimento del livello qualitativo delle prestazioni, anche perché viene a mancare il nesso
metodologico e multidisciplinare.
Personale
(a tempo pieno) assistente sociale, ostetrica e assistente sanitaria, psicologo;
(a convenzione, ex ACN per la medicina specialistica ambulatoriale) ginecologo, pediatra.
Interventi di piano
1) Riduzione delle sedi consultoriali laddove non sono rispettati i parametri di incidenza demografica e
potenziamento delle prestazioni e delle risposte a livello centralizzato.
2) Riproposizione degli orari e della presenza contemporanea degli operatori non solo per favorire, ma per
indurre la pratica del lavoro in équipe.
3) Studio di fattibilità per quanto riguarda i collegamenti preferenziali tra i consultori e le strutture di
assistenza ostetrico-ginecologica di l° e 2° livello per la diagnosi precoce delle patologie dell’apparato
genitale femminile (v. documento elaborato dalla Commissione di ostetricia e ginecologia “Interventi sul
territorio”).
4) Attivazione di adeguate politiche informative e di offerta attiva di prevenzione rispetto alla
contraccezione, l’informazione sulle metodiche contraccettive e relativo grado di sicurezza di ciascuna di
essa, ai fini di ridurre il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza.
5) Collegamento diretto con gli ospedali per guanto riguarda la prenotazione degli interventi di IVG e
relativi accertamenti diagnostici.
Ricerca e sperimentazione di soluzioni che, all’interno dei presidi sanitari, possano garantire il diritto alla
riservatezza della donna ed un approccio di tipo relazionale.
6) Predisposizione di una scheda epidemiologica per la rilevazione dei dati sull’utenza e sulle prestazioni.
Dotazione di un P.C. in ogni consultorio per la raccolta e la prima elaborazione dei dati da trasmettere
all’O.E.R.
D - Partecipazione e volontariato.
Sia la legge n. 833 del 1978 che il D.Lgs. n. 502 del 1992, al Titolo IV “Partecipazione e tutela dei diritti dei
cittadini”, dedicano ampio spazio a tutte le possibili modalità di relazione in grado di garantire un diverso
rapporto tra il SSN ed il cittadino-utente.
Questo particolare aspetto organizzativo dei servizi che sottolinea la centralità della persona, del
cittadino/utente, in una dimensione etica delle reciproche responsabilità, trova la giusta collocazione
all’interno del Progetto obiettivo della tutela sanitaria materno-infantile.
Infatti tra le priorità di Piano in questa direzione si intende privilegiare il sostegno alla famiglia
nell’esercizio delle sue funzioni educative e di socializzazione.
Questo è uno dei compiti istituzionali dei consultori che l’hanno svolto con la collaborazione dei Comitati di
gestione sociale.
I Comitati, formati dai rappresentanti delle utenti, delle associazioni femminili, delle forze sociali - là dove
sono stati istituiti -, hanno svolto un’utile funzione di raccordo con il territorio e con la domanda sociale.
Un’esperienza che ha prodotto capacità di ascolto e disponibilità a collaborare con l’associazionismo e con il
volontariato.
Un’esperienza da proseguire e migliorare, creando le condizioni favorenti il coinvolgimento solidale. Un
processo ed un percorso che deve essere programmato, promosso e guidato, garantendo:
a) l’informazione, che grazie all’impiego delle moderne tecnologie ed all’istituzione dell’Osservatorio
epidemiologico regionale (OER), deve essere costante;
b) la consultazione, ossia il luogo e le modalità dell’informazione (convocazione di incontri in sequenza,
consultazione diretta e coinvolgimento dei tecnici, tempi di riflessione);
c) la negoziazione, ossia le scelte di fattibilità valutate dall’utente attraverso la conoscenza del budget in
rapporto ai bisogni da soddisfare;
d) il controllo.
Di conseguenza, il risultato atteso nel triennio dalla partecipazione dei cittadini e delle associazioni di
volontariato nell’area materno-infantile, è di:
- ridurre l’asimmetria informativa su cui si fonda la relazione utenti e servizi;
- promuovere l’umanizzazione dei servizi attraverso l’integrazione del sociale con il sanitario;
- migliorare la qualità degli interventi mediante la connessione in rete delle risorse pubbliche e del privato
sociale.
5.3 - Tutela della salute mentale.
Per il raggiungimento delle finalità di cui al Progetto obiettivo nazionale sulla tutela della salute mentale, la
Regione Abruzzo, in considerazione anche della particolare situazione attuale inerente l’assistenza
psichiatrica che fa rilevare un alto numero di posti letto neuropsichiatrici nel settore privato, per il triennio
1994/1996 formula i seguenti indirizzi organizzativi dei Dipartimenti di salute mentale e ne disciplina il
funzionamento.
La Regione Abruzzo, nell’ambito degli obiettivi indicati dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e di quelli
indicati dal Progetto obiettivo nazionale sulla tutela della salute mentale, detta norme per l’organizzazione
dei servizi per la tutela della salute mentale, fatto salvo l’adeguamento al nuovo ordinamento di cui all’art. 1,
del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni e nel rispetto delle
disposizioni di cui agli articoli n. 26 e n. 31 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni
nonché alle disposizioni di cui all’art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 allo scopo di perseguire le
seguenti finalità:
a) decentramento territoriale dei servizi attraverso la realizzazione di una rete regionale di strutture
dipartimentali funzionalmente omogenee miranti ad attuare la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei
disturbi psichici anche mediante la riorganizzazione dei presidi di assistenza psichiatrica esistenti nel
territorio regionale;
b) favorire le misure necessarie a contrastare processi di istituzionalizzazione attraverso il superamento
definitivo di presidi ospedalieri psichiatrici e la loro conversione in strutture assistenziali riabilitative come
previsto di seguito alla lettera g). I posti letto neuropsichiatrici vengono considerati nel computo numerico
dei posti letto regionali e rimangono nell’area sanitaria per l’assistenza a pazienti con handicap
neuropsichiatrici gravi o gravissimi, per trattamenti terapeutici in condizione di degenza anche di carattere
riabilitativo per situazioni psichiatriche cronicizzate, in considerazione dell’applicazione di quanto previsto
dal presente piano per la creazione dei Dipartimenti di salute mentale e per l’allocazione dei pazienti cronici
e nuovi cronici nelle strutture alternative;
c) riqualificazione, formazione, aggiornamento del personale operante nel settore.
Nell’ambito della U.S.L. sono istituiti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 34 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, Dipartimenti di salute mentale, di norma in ragione di 1 ogni 100/150 mila abitanti, fatti salvi i
Dipartimenti con annessi servizi esistenti istituiti ai sensi della L.R. 27 agosto 1982, n. 71, comprendenti:
a) i Centri di salute mentale (C.S.M.) per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali e domiciliari e per attività
preventiva e riabilitativa con annesso Centro Crisi dotato di adeguato personale di assistenza sociale;
b) il Servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura dotato di 1 posto letto per ogni 10.000 abitanti
previsto dalla legge 13 maggio 1978, n. 180 e dall’art. 34 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, istituito
presso uno o più Presidi ospedalieri nel territorio di competenza con annesso il Servizio di Emergenza in
collegamento con il Centro di salute mentale;
c) un servizio territoriale di neuropsichiatria infantile in ogni U.S.L. (24)
d) la Divisione di Neuropsichiatria Infantile clinicizzata presso il Presidio ospedaliero di L’Aquila;
e) le strutture degli ex ospedali psichiatrici pubblici di L’Aquila e di Teramo da riconvertire gradualmente in
comunità alloggio e comunità protette;
f) le cliniche psichiatriche universitarie che svolgono in regime convenzionale attività diagnosticoterapeutica-riabilitativa e di ricerca;
g) le strutture riabilitative residenziali protette e le strutture riabilitative residenziali semiprotette (case
famiglia), le comunità protette e le comunità alloggio, i centri diurni e i day-hospital;
h) il servizio di psicologia quale nucleo organizzativo di tutte le operatività di psicologia all’interno del
Dipartimento di salute mentale;
Concorrono con gli obiettivi e le finalità del Dipartimento di salute mentale, le Case di cura private ad
indirizzo specifico convenzionate, ai sensi dell’art. 8 commi 5 e 7 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni.
Il Dipartimento di salute mentale svolge le seguenti attività:
a) interventi di prevenzione;
b) attività di diagnosi e cura in regime di ricovero volontario o obbligatorio a tempo pieno o parziale;
c) attività di consulenza specialistica;
d) attività di riabilitazione e risocializzazione;
e) interventi di emergenza e di pronta disponibilità;
f) studi epidemiologici di settore ed attività di ricerca;
g) didattica per la formazione e l’aggiornamento degli operatori addetti ai servizi e presidi dipartimentali di
salute mentale;
h) attività di didattica e ricerca anche secondo il regime convenzionale;
i) erogazione delle prestazioni di psicologia diagnostica, terapeutica e riabilitativa ai sensi degli artt. 1 e 3
della legge 18 febbraio 1989, n. 56;
l) attività di servizio di assistenza sociale, nell’ambito della riabilitazione psichiatrica.
Le funzioni di cui sopra sono esercitate in base a schemi di lavoro programmati ed articolati dal Comitato
tecnico.
Al fine di garantire un’univocità ed un reale coordinamento degli interventi, presso ciascuna U.S.L. è
istituito un Comitato tecnico, composto da:
- i coordinatori dei dipartimenti;
- i dirigenti sanitari dei servizi territoriali di neuropsichiatria infantile;
- un rappresentante pubblico del servizio di psicologia, designato dal Direttore generale;
- un rappresentante medico delle strutture pubbliche eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i medici
dei dipartimenti stessi;
- un rappresentante delle categorie professionali delle strutture pubbliche operanti nei dipartimenti, eletto a
maggioranza in apposita assemblea;
- un rappresentante dei dirigenti dei raggruppamenti eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i
dirigenti delle strutture private operanti nei singoli Dipartimenti;
- un rappresentante medico eletto a maggioranza in apposita assemblea tra i medici delle strutture private
operanti nei singoli Dipartimenti;
- un rappresentante delle Organizzazioni della tutela dei diritti dei soggetti affetti da malattia psichiatrica;
- un funzionario amministrativo della U.S.L. con funzioni di segretario.
Il Comitato tecnico è convocato e presieduto da uno dei coordinatori di dipartimento nominato dal Direttore
generale della U.S.L.
Il Comitato tecnico viene rinnovato ogni tre anni.
Il Direttore generale della U.S.L. competente per territorio nomina un coordinatore per ogni Dipartimento di
salute mentale scegliendolo tra i medici psichiatri apicali operanti presso strutture pubbliche nell’ambito del
dipartimento stesso.
Il coordinatore del Dipartimento di salute mentale emana indirizzi operativi al fine di assicurare l’unitarietà
degli interventi delle strutture del Dipartimento.
Il ruolo dell’Università, nell’ambito dell’assistenza psichiatrica, è determinato sulla scorta dei protocolli
d’intesa previsti dall’art. 6, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.
Le Case di cura private operanti in regime convenzionale per i fini di cui sopra si attengono agli indirizzi del
Comitato tecnico.
(24) Lettera così modificata dall’art. 1 della L.R. n. 16 del 1996.
Le Case di cura private organizzano le strutture e la loro attività psichiatrica con esclusione di quella relativa
ai Centri di salute mentale ed ai Servizi di neuropsichiatria infantile, che sono riservati alla competenza
pubblica, nel rispetto dei criteri di cui al presente progetto.
Il Centro di salute mentale svolge attività ambulatoriale, domiciliare, territoriale, di consulenza specialistica
e funge da filtro dei ricoveri. Fornisce prestazioni farmacologiche, psicoterapeutiche e socioterapeutiche, di
prima assistenza attraverso il Centro Crisi e svolge attività preventiva e riabilitativa.
Le strutture di diagnosi e cura in regime di ricovero devono essere istituite nell’ambito dei Presidi
ospedalieri delle U.S.L.
Il Servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura è parte integrante del Dipartimento di salute mentale
anche quando l’Ospedale in cui è ubicato sia amministrativamente autonomo dalla U.S.L. o appartenente ad
altra Azienda ospedaliera.
Il numero di posti letto di cui ciascun servizio deve essere dotato è fissato preferibilmente in 16 posti letto
con un minimo di 12 ed un massimo di 20 posti letto in relazione alla popolazione assistita secondo un
fabbisogno tendenziale commisurato ad un posto ogni l0.000 abitanti.
L’attività del servizio è prestata dall’équipe medico-professionale dipartimentale allo scopo di garantire la
continuità dell’intervento sanitario a tutela della salute mentale, anche utilizzando la competenza
professionale del servizio di psicologia.
Tali strutture svolgono attività inerenti i trattamenti psichiatrici e psico-sociali in condizione di degenza a
tempo pieno finalizzata alla diagnosi e terapia del paziente psichiatrico nella fase acuta e subacuta della
malattia ed alla riabilitazione dello stesso a breve e medio termine. Le strutture di diagnosi e cura devono
provvedere, inoltre, a soddisfare tutte le esigenze derivanti da prestazioni inerenti al Trattamento sanitario
obbligatorio previsto dalla legge 13 maggio 1978, n. 180. Nell’ambito di ciascuna struttura di diagnosi e cura
in regime di ricovero deve essere altresì prevista una rete di collegamento con il Servizio di emergenza
istituito a livello regionale nonché i Distretti sanitari di base ed un’interazione con il Centro di salute mentale
al fine di garantire la continuità terapeutica.
Il Servizio territoriale di neuropsichiatria infantile eroga assistenza ambulatoriale e domiciliare e interventi
di consulenza nella famiglia, nella scuola ex legge 5 febbraio 1992, n. 104 e nei luoghi di lavoro, fornendo
prestazioni farmacologiche, psicosocioterapeutiche e neuroriabilitative.
Il Centro diurno di risocializzazione e riabilitazione svolge attività tesa al raggiungimento di un
miglioramento delle abilità e delle condizioni sociali e socio-relazionali del paziente.
Le U.S.L. devono prevedere adeguati locali ed attrezzature per l’attività dei centri, distinti per soggetti adulti
e di età evolutiva.
Il day-hospital gestisce tutte le situazioni di accertato miglioramento della patologia ovvero le condizioni di
diagnosi precoce e di prevenzione di aggravamento della malattia, utilizzando attività diagnostiche e
terapeutico-riabilitative. Per le attività inerenti ai day-hospital devono essere previste attrezzature e personale
adeguato, nonché locali di riposo a rotazione.
Per le attività dei Centri diurni e quelle in day-hospital alle strutture private viene corrisposta, per ciascun
paziente trattato, una diaria giornaliera ridotta rispetto a quella prevista dalla normativa nazionale vigente per
una giornata di ricovero presso le strutture riabilitative residenziali protette, che sarà fissata con delibera
attuativa. Relativamente al personale operante presso i day-hospital privati la dotazione organica deve essere
rapportata a quanto previsto dagli accordi nazionali sulla determinazione delle diarie giornaliere da
corrispondere alle strutture ad indirizzo specifico, decurtato del personale necessario per il turno notturno.
Devono essere previsti, inoltre, sale di ristoro e spazi ricreativi.
Per le attività sanitarie di cui sopra possono essere stipulate convenzioni con Cooperative finalizzate alla
riabilitazione psichica, costituite ai sensi della legge 8 novembre 1991, n. 381, con priorità per le
Cooperative che già operano nel settore .
Le Strutture riabilitative residenziali protette svolgono attività sanitaria assistenziale finalizzate alla
riabilitazione e risocializzazione del paziente affetto da patologia psichiatrica cronica, che necessita di
interventi terapeutici a lungo termine mediante attività medico-psico-riabilitativa ed ergoterapeutica.
Le Strutture riabilitative residenziali semiprotette - Case famiglia - sono strutture sanitarie assistenziali
destinate alla riabilitazione e risocializzazione di pazienti affetti da patologie psichiatriche ad evoluzione
cronica che necessitano di organizzazione ambientale e di interventi terapeutici finalizzati principalmente ad
un assetto risocializzante della vita del soggetto trattato anche mediante attività medico-psico-riabilitativa ed
ergoterapeutica.
Le Comunità protette sono strutture destinate a pazienti degli ex ospedali psichiatrici che necessitano di
trattamenti terapeutico-riabilitativi e di assistenza continua, condotti anche in accordo con il Centro di salute
mentale.
Le Comunità alloggio sono strutture residenziali destinate ai pazienti degli ex ospedali psichiatrici con un
buon livello di assistenza e che quindi richiedono interventi assistenziali non continuativi, condotti anche in
accordo con il Centro di salute mentale.
L’attività di diagnosi e cura si esplica, altresì, presso le Cliniche universitarie convenzionate in aderenza con
quanto stabilito dal protocollo di intesa tra Università e Regione.
Il servizio di psicologia svolge le sue funzioni in base agli artt. 1, 3 e 35 della legge 18 febbraio 1989, n. 56
organizzando le proprie attività nelle Unità operative.
I Centri di salute mentale sono istituiti, esclusivamente nell’ambito dei Presidi pubblici, di norma in ragione
di un centro per ogni 100.000 abitanti.
Le Strutture riabilitative residenziali protette sono istituite per ogni Dipartimento con un posto letto ogni
10.000 abitanti.
Le Strutture riabilitative residenziali semiprotette - Case famiglia - sono istituite secondo i medesimi criteri e
parametri di quelle protette.
Le Comunità protette devono essere organizzate in moduli da venti posti letto ciascuna.
Le Comunità alloggio devono essere organizzate in moduli da otto/dodici posti letto ciascuna.
Le U.S.L. devono porre in essere tutte le procedure atte a favorire l’attuazione definitiva della
deistituzionalizzazione dei pazienti ricoverati negli ex ospedali psichiatrici con l’inserimento dei pazienti
stessi in Comunità protette o Comunità alloggio.
Le Case di cura private che ospitano pazienti cronici, sono tenute, entro novanta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, a presentare alla Giunta regionale - Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale
e alla U.S.L. competente per territorio un piano attuativo inerente l’inserimento di detti pazienti in Strutture
riabilitative residenziali protette o semiprotette, appositamente strutturate dalle stesse, a seconda della
necessità di intervento che ciascun paziente richiede.
L’attuazione del piano di cui al precedente punto 1 deve essere definita entro 24 mesi dalla sua approvazione
da parte della Giunta regionale.
È istituito presso i1 Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale della Regione la Consulta per 1a tutela della
salute mentale con compiti di consulenza e di proposta nei confronti delle U.S.L. e della Regione.
A tal fine la Consulta si avvale, tra l’altro, dell’Osservatorio epidemiologico regionale per la salute mentale.
La Consulta per la tutela della salute mentale è presieduta dall’assessore regionale alla sanità, igiene e
sicurezza sociale o da un suo delegato ed è composta da:
- il coordinatore del Comitato tecnico delle U.S.L.;
- quattro esperti designati dalla Giunta regionale;
- un rappresentante del servizio di psicologia designato dalla Giunta regionale;
- un rappresentante del tribunale del malato;
- un rappresentante dell’Associazione dei familiari dei pazienti psichiatrici;
- un rappresentante dell’Associazione italiana ospedalità privata;
- un funzionario regionale con compiti di segretario.
La dotazione organica dei dipartimenti è definita sulla scorta dei seguenti standard tendenziali:
équipe del dipartimento
Medici 1:10.000 abitanti
Psicologi 1:15.000 abitanti
Assistenti Sociali 1:15.000 abitanti
Infermieri Professionali 1:2.000/5.000 abitanti
Terapisti e/o educatori professionali ovvero tecnici di profilo professionale equipollente riconosciuto dalla
normativa statale 1:30.000 abitanti
Ausiliari specializzati in numero adeguato
un Capo sala
un Assistente Sanitario
un Tecnico di neurofisiopatologia (EEG)
un operatore C.E.
due assistenti amministrativi
Il predetto personale viene così distribuito:
a) Servizio Psichiatrico di diagnosi e cura:
- cinque medici
- un capo sala
- 18 infermieri professionali
- ausiliari specializzati in numero adeguato
b) day-hospital e Centri diurni:
- un medico
- uno psicologo
- due infermieri professionali
- due terapisti e/o educatori professionali ovvero tecnici di profilo professionale equipollente riconosciuto
dalla normativa statale
- un assistente sanitario
c) Struttura riabilitativa residenziale semiprotetta: per ogni tre posti letto:
- un infermiere professionale
- un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto
dalla normativa statale
d) Struttura riabilitativa residenziale protetta: per ogni posto letto fino a sei posti letto e per ogni due p.l.
oltre i sei p.l.:
- un infermiere professionale
- un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto
dalla normativa statale.
Il restante personale operante nell’ambito del dipartimento viene utilizzato dal Centro di salute mentale e da
altre strutture.
Le Cliniche universitarie convenzionate sono escluse dal computo del personale di cui alla presente.
Le Case di cura private convenzionate sono tenute al rispetto della specifica normativa in vigore anche in
relazione al numero del personale addetto, considerando ogni Struttura riabilitativa residenziale, sia essa
protetta che semiprotette quale Unità funzionale nell’ambito di un raggruppamento, con esclusione solo dei
Centri diurni e dei day-hospital per i quali il personale deve essere commisurato come stabilito in
precedenza.
Gli ex ospedali psichiatrici devono disporre del seguente personale:
- un medico ogni 50 pazienti
- uno psicologo ogni 75 pazienti
- un assistente sociale ogni 75 pazienti
- un capo sala ogni 50 ricoverati
- un infermiere professionale ogni 2,5 ricoverati
- un ausiliario ogni 5 ricoverati
- un terapista e/o educatore professionale ovvero tecnico di profilo professionale equipollente riconosciuto
dalla normativa statale ogni 50 ricoverati
Il personale in servizio presso tali Presidi ospedalieri sarà gradualmente assorbito nelle strutture di
riconversione previste nel dipartimento di salute mentale.
Presso l’Assessorato regionale alla sanità, igiene e sicurezza sociale è istituita una commissione di verifica
con compiti di vigilanza sull’effettiva applicazione delle prescrizioni di cui alla presente legge, presieduta
dall’Assessore competente o da un suo delegato e composta da:
- due psichiatri ed uno psicologo designati dalla Giunta regionale su proposta della Consulta regionale;
- da un dirigente regionale del Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale;
- da un funzionario regionale con compiti di segretario.
La Commissione di cui sopra riferisce annualmente alla Giunta regionale sullo stato di attuazione della
presente legge.
La Giunta regionale, per il tramite della Commissione consiliare competente, riferisce al Consiglio regionale
sulla situazione psichiatrica territoriale.
Le Unità sanitarie locali inoltrano alla Giunta regionale - Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale -, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i piani attuativi delle prescrizioni di cui
sopra, quantificandone la spesa e programmandone i tempi.
La Giunta regionale, esaminati i piani presentati dalle Unità sanitarie locali, sulla scorta delle disponibilità
finanziarie predispone, d’intesa con la Commissione consiliare competente, la finalizzazione dei fondi per
garantire l’esercizio delle attività psichiatriche. Alle spese necessarie per il funzionamento dei Dipartimenti
di Salute Mentale, ivi comprese quelle riferite alle strutture private o alle cooperative sociali per le attività di
carattere sanitario, si fa fronte mediante imputazione sul Fondo sanitario nazionale annualmente assegnato
alle Unità sanitarie locali.
Il ricavato di eventuali alienazioni di beni immobili e delle aree degli ex ospedali psichiatrici deve essere
utilizzato prioritariamente per l’attivazione delle strutture alternative ed il potenziamento complessivo del
Dipartimento.
Entro 18 mesi dall’approvazione del piano, sarà attivata almeno una Struttura riabilitativa residenziale
protetta in ciascuna U.S.L. e almeno una struttura semi-residenziale (day hospital e Centro diurno) in ciascun
dipartimento.
5.4 - Prevenzione, cura e recupero delle tossicodipedenze e interventi in materia di alcooldipendenza.
Premessa.
I Ser.T., servizi per le tossicodipendenze, sono dotati di caratteristiche di intervento multidisciplinari i quali
debbono assicurare la disponibilità dei principali trattamenti di carattere medicofarmacologico, psicologico,
socio-riabilitativo e degli interventi di prevenzione, in relazione con le attività di altre istituzioni in modo
coinvolgente, aprendo spazi e obblighi di interazione.
Il fenomeno delle tossicodipendenze evidenzia oggi la necessita di un approccio più idoneo in termini di
prevenzione. Un approccio che tenga conto della complessità del fenomeno e delle sue connessioni con
forme di disagio nelle varie sfere del vissuto sociale. L’individuo con i suoi bisogni e le sue attese, la perdita
di identità sociale, i sistemi di relazioni, i modelli ed i significati culturali, i meccanismi della
comunicazione, i ruoli e le strutture di socializzazione, le tensioni e i conflitti sociali.
L’intervento di prevenzione diventa allora sempre più azione di “promozione”, intesa come un processo da
innescare, un’esperienza di ricerca e di verifica. Un approccio “costruttivo”, positivo, complesso e integrato
in tutte le dimensioni del vivere sociale. Non ha più senso parlare di “prevenzione” in termini di cause da
rimuovere, ma più propriamente di “promozione” di un rinnovamento sociale e culturale, di promozione di
valori credibili a cui far riferimento. Un progetto complessivo per un territorio, per una comunità.
In Italia, a differenza delle altre Nazioni, sette malati di AIDS su dieci hanno contratto l’infezione a causa
del proprio stato di eroinodipendenza ed in Abruzzo circa un tossicodipendente su dieci che afferiscono ai
servizi pubblici sono sieropositivi.
In Abruzzo, oltre il 60% di questa popolazione, è infetta dai virus epatite B e C, infezioni queste che nei
tossicodipendenti hanno una maggiore tendenza alla cronicizzazione.
In Italia, ogni anno, vi sono più di mille decessi per overdose da eroina.
In una situazione di questo genere, uno dei principali obiettivi dell’intervento dei Ser.T. deve essere quello di
fare in modo che non aumentino queste percentuali, che nel caso dell’infezione da HIV e dell’overdose
rappresentano gli eventi di massima gravità che possano manifestarsi in una popolazione di
tossicodipendenti.
Pertanto questo Piano sanitario regionale intende recepire formalmente le seguenti indicazioni dei vari
Organismi internazionali.
a) - il punto 34 del programma di Azione globale adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 23
febbraio 1990, nel corso della 17a Sessione speciale, dedicata al problema della cooperazione internazionale
contro la produzione, l’offerta e la domanda, il traffico e la distribuzione illecita di sostanze stupefacenti e
psicotrope, il quale incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a lavorare con i Governi in modo da
facilitare l’accesso ai programmi di cura delle tossicodipendenze.
b) - il punto 35 della Risoluzione di cui al punto a) incoraggia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a
lavorare con i Governi al fine di sviluppare “politiche per la riduzione del rischio e del danno provocato
dall’abuso di droga, con mezzi di prevenzione della trasmissione da parte dei tosicodipendenti del virus
HIV”.
c) - la Dichiarazione politica del vertice mondiale sulla riduzione della domanda di sostanze stupefacenti,
tenutosi a Londra nell’aprile 1990.
In tale dichiarazione si ravvisa:
- la necessità di sviluppare opzioni globali che dovrebbero comprendere programmi per entrare in contatto
con gruppi di tossicodipendenti difficilmente raggiungibili;
- la necessità di accettare, constatato che non sempre è possibile conseguire in tempi brevi il distacco dalla
droga, anche degli obiettivi parziali per evitare l’aggravamento della salute del tossicodipendente;
- al paragrafo 16 si dichiara: “Crediamo che il pericolo di una diffusione dell’HIV e dell’AIDS sia tale da
rendere la prevenzione dell’abuso di sostanze stupefacenti ancora più importante di prima. Di fronte a questa
minaccia dobbiamo impegnarci in maniera più attiva per portare in contatto con i servizi di assistenza un
numero ancora maggiore di tossicodipendenti, in particolare quelli per via endovenosa. Tali programmi
debbono offrire sia trattamenti senza farmaci che con metadone protratto”;
d) - la dichiarazione politica della Conferenza straordinaria dei Ministri del Gruppo Pompidou in seno al
Consiglio d’Europa tenutasi a Londra nel maggio del 1989.
In tale occasione i Ministri hanno tra l’altro:
- riconosciuta la massima priorità alle misure volte a far affluire un numero sempre maggiore di
tossicodipendenti ai servizi socio sanitari;
- riconosciuta la necessità di introdurre misure volte ad aiutare i tossicodipendenti a rischio che non sono
immediatamente disposti (o non possono) astenersi dall’uso per via endovenosa di droghe e ciò per ridurre il
rischio dell’acquisizione dell’infezione dell’HIV.
Gli obiettivi della cura dei tossicodipendenti nei Ser.T. sono tra l’altro:
1) - l’abolizione dell’uso di droghe.
Ove questo obiettivo non fosse immediatamente perseguibile si può considerare come obiettivo intermedio
quello della riduzione dell’uso di droghe al fine di ridurre il rischio di overdose, AIDS, epatite e di operare
per rendere infine disponibile il paziente a perseguire l’obiettivo primario.
2) - Il migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria per le patologie correlate.
3) - Il migliorare la qualità della vita del tossicodipendente.
Tali obiettivi si perseguono con un trattamento multimodale e, ove possibile, integrato.
I programmi terapeutici - La formazione degli operatori dei SER.T.
La necessità di strutturare forme di intervento diversificate per una diversa tipologia di pazienti è il principio
cardine del trattamento multimodale, che permette di adattare il programma terapeutico alle esigenze del
singolo paziente. È possibile raggruppare in maniera indicativa i tre filoni principali che lo compongono e
che si integrano fra di loro in varie combinazioni nel trattamento del singolo paziente, come segue:
a) - indirizzo farmacologico, con la possibilità di usare farmaci antiastinenziali, antigraving, sostitutivi ed
antagonisti;
b) - indirizzo psicoterapeutico;
c) - indirizzo socio riabilitativo, con trattamenti di tipo residenziale o meno.
Nel riconoscimento del ruolo primario dei Ser.T. nell’ambito della prevenzione, cura e recupero dei
tossicodipendenti e delle peculiarità proprie degli enti ausiliari si auspica una sempre maggiore integrazione
tra il settore pubblico e il settore privato.
I presupposti di tale integrazione sono il rispetto dei reciproci ruoli, la chiarezza e la correttezza dei rapporti,
la comune aspirazione ed un miglioramento delle prestazioni terapeutico/riabilitative che, scevro da
condizionamenti ideologici, può essere perseguito anche attraverso lo scambio di conoscenze e di
esperienze.
Il maggior spazio dato nei gruppi di lavoro multidisciplinari all’interno dei Ser.T., agli Psicologi, agli
Assistenti sociale e agli Educatori permette un collegamento tra i Ser.T. e le strutture del privato sociale tale
da costruire una rete di opportunità e di metodologie di intervento.
Le esigenze formative degli operatori dei Ser.T. fanno riferimento a due premesse fondamentali.
La prima riguarda l’aspetto innovativo dell’organizzazione del servizio che si è reso necessario di fronte alla
complessità e poliedricità del fenomeno. La seconda attiene alla necessità del consolidamento della propria
identità professionale anche attraverso un confronto interdisciplinare. Non vi è dubbio che una più solida
identità professionale ed una capacità maggiore di confronto tra varie culture e discipline possono portare ad
una migliore organizzazione del servizio.
Per le suddette finalità viene prevista l’istituzione di corsi di formazione per operatori delle comunità
terapeutiche.
Sulla scorta di tale premesse occorre far maturare una cultura organizzativa che sia in grado di rispondere sia
agli stimoli esterni che alle sollecitazioni interne.
Su questi obiettivi occorre mettere in piedi alcuni moduli formativi centrati soprattutto sui seguenti aspetti:
1) - programmazione, ovvero individuazione degli obiettivi di un servizio;
2) - sistema informativo, inteso come maturazione di una cultura che faccia comprendere l’importanza degli
strumenti adottabili per raggiungere l’obiettivo prescelto;
3) - valutazione degli interventi intrapresi;
4) - capacità di interazione interprofessionale.
Tali obiettivi presuppongono un cambiamento radicale anche nello stile di lavoro che dovrà orientarsi verso
una logica progettuale e non basata essenzialmente sulle prestazioni.
La valutazione rappresenta un aspetto fondamentale per la vita di tutte le organizzazioni. Nel caso specifico
del Ser.T. ciò assume un’importanza maggiore in quanto si tratta di servizi che hanno bisogno di essere
rimodellati continuamente in quanto fanno riferimento ad un fenomeno in continua evoluzione.
L’esigenza è quindi quella di dotare i servizi di un sistema permanente di monitoraggio del fenomeno e
valutazione dell’organizzazione e della qualità.
Questi tre aspetti che vanno comunemente inglobati sotto il termine “verifica” rispondono effettivamente a
tre ordini di esigenze:
- il servizio di un sistema permanente di monitoraggio del fenomeno e del servizio che viene definito
“osservatorio”;
- valutare, con appositi standard, il grado di efficienza interna dell’organizzazione;
- valutare la qualità delle prestazioni sui singoli o su altri settori di intervento della struttura.
La discussione in atto su tali temi ha posto l’accento sulla stretta interdipendenza tra processo valutativo e
processo decisionale. Ciò significa che chi verifica deve anche avere la possibilità di riformulare gli obiettivi
dell’intervento e migliorare la qualità dell’assistenza e dell’organizzazione stessa.
Anche per l’aspetto valutativo bisognerà pensare a moduli organizzativi presso i Ser.T. che siano in grado di
mettere in piedi tutti gli strumenti che rendano possibile la valutazione degli interventi ed il Governo
dell’organizzazione tramite decisioni vincolate al processo valutativo.
È del tutto evidente che l’aspetto della verifica mostra l’interdipendenza di tutti e tre gli aspetti e che lo
strumento del sistema informativo deve tener conto di tale interdipendenza. Qualsiasi altro modello
valutativo risulterebbe parziale e non adatto a fare valutazioni di qualsiasi natura.
Riorganizzazione dei SER.T.
Tra le novità più importanti introdotte dal Piano sanitario vi è quella dell’istituzione dei Distretti sanitari che
assumono un’importanza fondamentale nella riorganizzazione dei servizi esistenti.
La riorganizzazione dei Ser.T. deve avere come presupposti i seguenti elementi:
a) I Ser.T. dovranno essere strutture agili, localizzate nell’ambito della U.S.L. rideterminate con la
proiezione in strutture sovradistrettuali a seconda delle esigenze dell’utenza, capaci di impegnare le proprie
risorse in ogni singola zona del territorio di competenza in rapporto alle esigenze emergenti e che possono
mutare nel corso del tempo;
b) i Ser.T. dovranno assicurare il servizio all’utente nell’arco completo della giornata;
c) i Ser.T. non possono strutturare il loro intervento in termini esclusivamente psicodinamici. Debbono
assicurare la disponibilità del trattamento farmacologico con farmaci sostitutivi nell’ambito delle varie forme
di assistenza di carattere medico, psicologico, sociale e riabilitativo per garantire la disponibilità di un
trattamento multimodale;
d) i Ser.T. sono una struttura territoriale complessa che opera nel campo della terapia, della prevenzione e
della riabilitazione con interventi professionali di alta specializzazione;
e) il Ser.T. costituisce un servizio specifico all’interno della U.S.L. e viene dotato di una propria struttura
amministrativa in grado di gestire anche le risorse disponibili per le convenzioni con le Comunità
terapeutiche.
Con atto deliberativo della Giunta regionale è stato costituito un gruppo di lavoro per l’elaborazione del
“Progetto obiettivo regionale di prevenzione cura e riabilitazione della tossicodipendenza”. Il gruppo di
lavoro ha l’incarico di:
1) redigere il progetto regionale di riduzione del danno da droga;
2) elaborare e predisporre protocolli riguardanti:
a) gli interventi psicoterapeutici, di counselling farmacologici;
b) i percorsi preferenziali, all’interno della U.S.L., per quanto riguarda la prevenzione primaria e secondaria,
le infezioni correlate alla tossicodipendenza, la VRQ e i relativi indicatori di efficacia;
c) i rapporti con i provveditorati agli studi in ordine alla collaborazione con i CIC, ex art. 106 del D.P.R. n.
309 del 1990, nell’ambito del protocollo d’intesa tra Assessorato regionale alla sanità e sovrintendenza
scolastica regionale per l’Abruzzo;
d) i rapporti con le istituzioni carcerarie e con il servizio sociale adulti del Ministero di giustizia;
3) attivare necessari collegamenti con il centro di riferimento regionale per la lotta all’AIDS, istituito ai sensi
dell’art. 9 della legge n. 135 del 1990;
4) espletare i compiti di cui agli artt. 8 e 9 della L.R. 21 luglio 1993, n. 28 “Disciplina delle attività di
prevenzione e di recupero dei soggetti in stato di tossicodipendenza, in attuazione del D.P.R. n. 309 del 1990
- Istituzione dell’Albo regionale degli enti Ausiliari;
5) studiare la possibilità di installare una “linea verde” telefonica che possa assolvere alle seguenti funzioni:
- raccordo tra SER.T., U.S.L. e Mondo Scuola;
- coordinamento informativo dei CIC e docenti referenti;
- riferimento informativo dei discenti con problematiche di tossicodipendenze o AIDS;
- coordinamento informativo dei progetti finanziati ex D.P.R. n. 309 del 1990;
- prosecuzione logica-operativa del protocollo d’intesa tra la Sovrintendenza scolastica regionale e
l’Assessorato regionale alla sanità;
- collaborazione ed informazione su tutte le comunità terapeutiche e centri di accoglienza presenti sul
territorio.
6) programma di interventi urgenti nella prevenzione e nella lotta contro l’A.I.D.S.:
1 - unità mobile,
2 - macchine distributrici di siringhe sterili e preservativi,
3 - assistenza domiciliare e assistenza residenziale.
Interventi in materia di alcooldipendenza.
Le linee di intervento della Regione Abruzzo, in attuazione di quanto disposto dal Ministero della Sanità con
D.M. 3 agosto 1993 (pubblicato sulla G.U. n. 197 del 23 agosto 1993), volte ad una proficua realizzazione
degli ra e reinserimento sociale degli alcooldipendenti, si articolano, come già previsti con deliberazione
della Giunta regionale n. 1828 del 27 aprile 1994, nel modo seguente:
a) Direttori generali delle U.S.L. devono dare graduale attuazione al D.M. 3 agosto 1993 attraverso
l’istituzione delle previste équipe per le alcooldipendenze. Ciascuna équipe attiva interventi integrati nel
quadro di strategie complesse che affrontino la globalità del problema dell’alcooldipendenza nelle
dimensioni sanitaria, psicologica e sociale stabilendo raccordi e collaborazioni con le istituzioni territoriali e
le strutture delle U.S.L. aventi compiti di prevenzione e di educazione sanitaria, con i reparti ospedalieri, con
i medici di base, con il Ser.T., con i servizi sociali comunali, nonché con le associazioni di volontariato ed il
privato sociale.
L’operatività dell’équipe, informata nella parte gestionale ai criteri afferenti i Ser.T. di media utenza, dovrà
sostanzialmente uniformarsi alle seguenti linee guida:
- globalità dell’intervento;
- integrazione tra le diverse professionalità;
- collaborazione con i vari servizi e con i soggetti non istituzionali;
- pluralità dei percorsi diagnostici e terapeutici;
- definizione di obiettivi e verifica;
- informazione e sensibilizzazione.
b) il Settore Sanità, Igiene e Sicurezza Sociale ha il compito di:
- programmare e coordinare la promozione della salute, la prevenzione, la cura, la riabilitazione ed il
reinserimento dei soggetti con problemi e patologie alcoolcorrelati;
- incentivare la ricerca, la formazione e l’aggiornamento degli operatori;
- definire un sistema informativo di raccolta dati sull’andamento del fenomeno regionale, assicurando i flussi
nazionali previsti dalla normativa vigente.
c) le U.S.L. hanno l’obbligo di relazionare, almeno semestralmente, all’Assessorato regionale alla sanità,
sugli interventi mirati a favore delle alcooldipendenze, attraverso le previste équipe, che devono trovare
allocazione, di massima, nell’ambito degli istituendi distretti sanitari di base.
Interventi in materia di dipendenza dal tabagismo.
La Regione Abruzzo intende procedere, nell'ambito del danno alla salute provocato dal tabagismo,
introducendo concetti e principi e riferimenti che tendono a contrastare o prevenire le conseguenze.
1) Ai fini di cui sopra, la Regione, su proposta dell'Assessore alla Sanità istituisce con delibera della Giunta
regionale, un gruppo di lavoro che ha sede presso l'assessorato alla Sanità, del quale fanno parte un medico
rappresentante di ogni AUSL della regione, su nomina del Direttore Generale, con competenze specifiche in
materia di pneumologia e/o malattie dal tabagismo.
Il gruppo di lavoro, al quale può partecipare anche l'assessore alla Sanità o un suo delegato, sarà coordinato
dal primario della divisione di pneumologia dell'ospedale S.Camillo di Chieti.
Al gruppo di lavoro, sarà assegnato un dipendente regionale, da parte dell'assessorato alla sanità, con
funzioni di segreteria.
Il gruppo di lavoro redige le linee guida per la prevenzione e la lotta al tabagismo nella Regione Abruzzo,
riunendo si con cadenza regolare presso l'Assessorato alla Sanità entro sei mesi dalla costituzione.
2) Le linee guida, oltre all'analisi delle situazioni sociali, economiche, comportamentali, psicologiche etc.,
che sono alla base della dipendenza al fumo nella Regione, dovranno prevedere per l'approccio terapeutico e
della prevenzione anche l'istituzione di almeno una unità di riferimento, per la prevenzione e la
disassuefazione dal tabagismo, per ogni AUSL regionale. Tali unità di riferimento dovranno sorgere
all'interno dei reparti di pneumologia o, in mancanza, di oncologia e potranno prevedere anche delle subunità nell'ambito dei Distretti Sanitari di Base.
Le unità di riferimento regionali, che saranno coordinate da quella istituita presso la Divisione di
pneumologia dell'Ospedale S.Camillo di Chieti, opereranno raccordandosi con i Dipartimenti di prevenzione
delle AUSL e concordando con i responsabili dei medesimi la programmazione delle attività dettate dalle
linee guida.
L'articolazione delle unità di riferimento dovrà prevedere un coordinatore da individuare, a cura del Direttore
Generale, tra le figure di dirigente medico di 20 livello della divisione di pneumologia, oppure del Reparto di
oncologia, ovvero nella persona del responsabile del Dipartimento di prevenzione dell'AUSL.
Della predetta unità faranno parte altresì: un dirigente medico di 1° e 20 livello per ogni Divisione o Servizio
di pneumologia ospedaliera e/o territoriale dell'AUSL ed un medico di medicina generale indicato dalla
S.I.M.G..
Per ciò che concerne la strutturazione dell'unità di riferimento dell'AUSL di Chieti con funzioni di
coordinamento regionale, essa dovrà comprendere, oltre alle figure suddette, anche il Direttore della cattedra
di oncologia medica dell'Università od un suo delegato, il Direttore sanitario della AUSL o un suo delegato,
che la dirigerà sotto il profilo amministrativo-gestionale, mentre, sotto l'aspetto organizzativo, sarà
coordinato dal dirigente medico di 2° livello della Divisione di pneumologia dell'Ospedale S.Camillo di
Chieti. Dell'unità fara parte altresì, il responsabile del dipartimento di prevenzione dell'AUSL.
Le eventuali sub-unità territoriali delle unità di riferimento saranno costituite: dal responsabile del distretto
dell'AUSL, dall'oncologo specialista ambulatoriale, dallo pneumologo specialista ambulatoriale e dal
responsabile della medicina di comunità dell'AUSL.
Il coordinamento verrà assunto dal responsabile del DSB con maggior numero di abitanti. In tali casi il
coordinatore farà parte anche dell'unità di riferimento dell'AUSL.
Le linee guida dovranno prevedere l'attuazione di campagne di informazione nei riguardi dei danni provocati
dal fumo, da attuare nelle diverse realtà della Regione (scuole, ospedali, luoghi di lavoro ecc.) e l'istituzione
di un centro antifumo per ogni AUSL della regione, attraverso la quale le unità di riferimento potranno
attuare la fase di disassuefazione dal fumo.
Nella fase iniziale si realizzerà un centro antifumo pilota presso la divisione di pneumologia dell'Ospedale
S.Camillo di Chieti, sul quale si svilupperà successivamente la realizzazione degli altri centri antifumo nella
Regione. Al centro pilota verrà assegnato un Dirigente medico di 1° livello in posseso della specializzazione
in pneumologia, ed una unità amministrativa con esperienza dei sistemi informatici.
Le Unità suddette saranno reperite dal Direttore Generale della USL di Chieti all'interno degli organici
dell'Azienda.
I centri antifumo dovranno essere costituiti da figure professionali e tecniche, quali medici, infermieri
professionali, psicologi, sociologi, ecc. e potranno dotarsi di attrezzature necessarie per la diagnosi e la
terapia dei soggetti dipendenti. Nella fase iniziale potrà essere utile realizzare un centro pilota da lo-calizzare
presso la Divisione di pneumologia dell'Ospedale 5. Camillo di Chieti, sul quale sviluppare successivamente
la istituzione de-gli altri centri antifumo.
3) Il gruppo di lavoro previsto dal punto 2 potrà essere integrato da altre figure tecniche, che siano
particolarmente impegnate nella prevenzione del tabagismo, e provenienti da strutture pubbliche ovvero dal
privato sociale.
4) Le linee guida di cui al punto i sono approvate dalla Giunta regionale e costituiscono direttiva per le
AUSL, le quali le recepiranno con atto deliberativo.
5) Le linee guida per la prevenzione e la lotta al tabagismo devono inoltre indicare l'entità del finanziamento,
in termini percentuali, rispetto allo stanziamento previsto per l'attività di prevenzione ed educazione sanitana dalla Regione Abruzzo, oltre ad eventuali fondi appositamente riservati per la lotta al tabagismo (25).
5.5 Prevenzione degli handicap.
Epidemiologia.
Non esistono rilevazioni generali sul numero, le cause e la distribuzione territoriale degli handicap, tuttavia
si ritiene in via approssimativa e deduttiva che il dato quantitativo del bisogno nazionale da fronteggiare in
questo delicato settore sia almeno di 2.000.000 portatori di handicap, di cui non meno di 200.000 gravi e
gravissimi.
Nello specifico si rileva che nell’anno 1992 i cittadini abruzzesi portatori di handicap che hanno beneficiato
degli interventi socio assistenziali delle U.S.L. previsti dalla L.R. n. 60 del 1980 sono stati n. 687.
L’obiettivo dell’azione regionale dovrà essere quello di creare una serie di condizioni che, a vario titolo,
aiutino ad incrementare il potenziale di offerta onde favorire l’assetto organizzativo dei servizi per
soddisfare più ampiamente le attese dei portati di handicap.
Premessa.
La situazione assistenziale del settore dell’handicap è stata sinora caratterizzata da una molteplicità di
interventi settoriali con l’aggravante che i soggetti portatori di handicap si sono segmentati nel tempo in una
molteplicità di gruppi distinti per tipo di menomazione (ciechi, sordomuti, distrofici, reumatici, ecc.) per
motivo di invalidità (guerra, lavoro, servizio, ecc.), per condizione previdenziale.
Ogni gruppo ha portato avanti specifiche rivendicazioni di tutela socio sanitaria, economica, lavorativa o ha
attuato peculiari modelli di assistenza, talché è oggi molto difficile intravedere una linea organica di risposta
al problema generale dell’handicap.
Obiettivi.
(25) Per tali interventi si veda la L.R. n. 19 del 1998.
Le iniziative, in linea generale, saranno tese al miglioramento della qualità della vita dei portatori di
handicap.
La strategia di intervento regionale a favore di cittadini portatori di handicap si prefigge di organizzare una
risposta effettiva, unitaria, globale e integrata alle problematiche dell’handicap.
L’azione regionale è basata sulla realizzazione di una serie di iniziative di portata generale che superano i
particolarismi che sinora hanno caratterizzato questo settore di assistenza. Risulta inoltre necessaria
un’azione di delegificazione e rideterminazione dei servizi erogati onde evitare la disorganicità degli
interventi.
Gli obiettivi primari della linea strategica regionale a favore dei cittadini portatori di handicap sono:
1) predisporre una rete socio sanitaria dei servizi attraverso un coordinamento operativo e metodologico
delle attività socio sanitarie delle U.S.L. con quelle sociali erogate da Comuni, Province, Comunità montane,
Provveditorati agli studi ed altre istituzioni ed enti appartenenti al privato convenzionato, privato sociale e
volontariato, favorendo anche la stipula degli accordi di programma di cui all’art. 27 della legge 8 giugno
1990, n. 142 e garantendo l’integrazione dei servizi socio assistenziali a quelli sanitari;
2) attivare la costituzione del Comitato regionale per le politiche dell’handicap per:
a) la rilevazione, analisi e verifica dei dati inerenti l’intervento nel settore, nonché della loro elaborazione al
fine di acquisire tutti gli elementi conoscitivi utili alla programmazione;
b) l’assistenza tecnica agli enti locali della regione;
c) la promozione di atti legislativi ed amministrativi;
d) l’attuazione della legge quadro n. 104 del 1992;
3) promuovere interventi alternativi al ricovero, diretti ad offrire un’autonoma vita a domicilio attraverso
un’assistenza domiciliare, presso Centri diurni, tenendo conto anche dei bisogni del contesto familiare ivi
compreso il disagio abitativo;
4) favorire intese tra gli enti competenti e altri soggetti, comunque interessati, per l’inserimento nella scuola
dell’obbligo nonché per l’accesso all’istruzione superiore e universitaria secondo le caratteristiche e i bisogni
individuali;
5) favorire alla conclusione dell’obbligo scolastico l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap gravi e
medi attraverso:
a) la determinazione dei criteri per stabilire il numero dei disabili da inserire in attività lavorative finanziate
dalla Regione;
b) l’adeguamento dei beni strumentali ed il posto di lavoro destinato all’attività lavorativa dell’handicappato;
c) la creazione di opportunità e di formazione al lavoro;
6) definire in collaborazione con l’Università i programmi e le modalità organizzative delle iniziative di
riqualificazione ed aggiornamento del personale impiegato nell’attività dei servizi socio assistenziali;
7) promuovere programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle organizzazioni
di volontariato;
8) prevedere forme di verifica e revisione di qualità delle prestazioni al fine di ottimizzare l’utilizzo delle
risorse e rendere l’assistenza di livello qualitativo il più elevato possibile;
9) incentivare le iniziative tese a favorire il trasporto e la mobilità dei portatori di handicap .
Azioni.
Il Presidio ospedaliero, le Strutture riabilitative della U.S.L. e le Commissioni di cui all’art. 4 della legge n.
104 del 1992, che constatano l’handicap sono obbligate a compilare un modulo informativo (secondo lo
schema redatto dal Comitato regionale per le politiche dell’handicap) e trasmetterlo, alla struttura
individuata dal Direttore generale per la predisposizione ed attivazione del Piano abilitativo riabilitativo
individuale, in sigla P.A.R.I.
I1 P.A.R.I. considera la situazione “complessa” che l’handicap determina ed avvia i piani d’intervento
individualizzati di tipo sanitario e con protocolli d’intesa con i soggetti istituzionali interessati, anche quelli
socio educativi, nel rispetto dell’art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992. Vengono
mantenute le funzioni socio assistenziali della U.S.L. previste dalla L.R. n. 60 del 1980 e successive
modificazioni, con i relativi finanziamenti. Le competenze socio assistenziali che vengono individuate e
finanziate dalla Regione hanno carattere integrativo rispetto alle competenze dell’ente chiamato a rispondere
in via principale.
Si individuano nel P.A.R.I. interventi individuali mirati e specifici, relativi:
a) al sostegno alla famiglia ed alla persona;
b) alla rilevazione del disagio abitativo;
c) alla riabilitazione sulle funzioni della persona;
d) all’educazione individuale;
e) alla formazione individuale;
f) alla socializzazione;
g) all’inserimento lavorativo;
h) al tempo libero.
La U.S.L.:
1.assicura flussi informativi generali e complessivi al Comitato regionale per le politiche dell’handicap;
2. predispone progetti di aggiornamento del personale;
3. coordina le attività di settore a livello distrettuale;
4. programma attraverso gli operatori il P.A.R.I.;
5. verifica l’efficacia dell’intervento;
6. identifica, qualitativamente e quantitativamente le risorse da attivare e programma la loro utilizzazione;
7. promuove e cura i rapporti interistituzionali (Provveditorato agli studi, enti locali ed altri soggetti
istituzionali interessati) ed allo scopo elabora proposte operative e predispone opportuni protocolli d’intesa;
8. promuove e cura i rapporti con le Associazioni di volontariato, con gli istituti pubblici e privati di
assistenza all’handicap e con le Associazioni dell’handicap.
La strategia d’intervento delle U.S.L. si finalizza al raggiungimento degli obiettivi previsti nel presente
progetto.
Sarà presentato apposito disegno di legge regionale per la disciplina della materia entro 60 giorni
dall’approvazione del presente piano.
5.6 Prevenzione dalle infezioni da HIV e la lotta contro l’AIDS.
Premessa.
L’AIDS (o sindrome da immunodeficienza acquisita) è sicuramente un problema che suscita emozioni forti,
da cui scaturiscono coinvolgimenti immediati per passare, attraverso l’emergenza, ad un progetto
permanente di tutela della salute e di organizzazione di servizi. Certamente la diffusione dell’infezione da
HIV (human immunodeficency virus) comporta per l’organizzazione sanitaria problemi complessi ai diversi
livelli.
Tra i paesi europei l’Italia, con 21.463 notifiche pervenute al COA (Centro Operativo AIDS) al 31 dicembre
1993, presenta unitamente alla Spagna un pattern di diffusione dell’AIDS e dell’infezione da HIV peculiare
per la via di acquisizione dell’infezione più rilevante rappresentata dall’uso di droghe per via endovenosa.
Infatti tuttora in Italia i tossicodipendenti costituiscono i due terzi dei casi di AIDS conclamati notificati al
Registro nazionale.
Circa la metà dei soggetti affetti da AIDS risultano già deceduti mentre per quanto riguarda l’analisi delle
caratteristiche epidemiologiche dell’infezione da HIV si evidenzia che in Italia il maggior numero dei casi di
AIDS si concentra in alcune Regioni (Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria). In Abruzzo, con 137
casi notificati al 31 dicembre 1993 il tasso di incidenza cumulativa risulta pari a circa 10 casi x 100.000
abitanti.
È prevedibile che il numero di casi di AIDS continui ad aumentare per l’elevato numero di sieropositivi
ormai esistenti, soprattutto nelle categorie a rischio, anche se la crescita esponenziale iniziale sembra
rallentata ma non per questo l’attenzione al problema deve attenuarsi. Le stime quantitative della prevalenza
di AIDS e gli aspetti qualitativi riguardo le modalità di diffusione dell’epidemia forniscono dati
sufficientemente affidabili ed importanti per la messa a punto di strategie di prevenzione e per la definizione
dei bisogni di assistenza e cura.
È evidente che l’assistenza sanitaria, da quella di base a quella rivolta alle patologie più insidiose, si
ottimizza se implementata all’interno di un sistema e di un’organizzazione in base a precise scelte di politica
sanitaria che forniscono gli strumenti per fronteggiare in maniera appropriata la complessità della grave
situazione.
A questo scopo la Regione Abruzzo, al momento di dare attuazione al “Programma di interventi urgenti per
la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”, di cui alla legge 5 giugno 1990, n. 135, ha individuato un Centro di
riferimento regionale per attuare un sistema di interventi di prevenzione, cura e sorveglianza epidemiologica,
che si fonda su una rete di presidi territoriali e Reparti di cura. (Delibera Consiglio regionale n. 10/41 del 30
novembre 1990 avente per oggetto: “Legge n. 135 del 1990 - Programma di interventi urgenti per la
prevenzione e la lotta contro l’AIDS - Programmi di intervento”). Inoltre è stato costituito un “Comitato
regionale di coordinamento delle attività di prevenzione e assistenza delle infezioni da HIV” di cui alla
Delib.G.R. n. 7167 del 20 dicembre 1993.
Riferimenti legislativi.
- Legge 5 giugno 1990, n. 135: “Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro
l’AIDS”;
- “Atto di intesa tra Stato e Regioni per la definizione di indirizzi ai fini di un’organica distribuzione dei
compiti tra le strutture ospedaliere e i servizi territoriali nelle attività di prevenzione e assistenza delle
infezioni da HIV” approvato nella seduta del 7 novembre 1991.
- “Atto di intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome
di Trento e Bolzano per la definizione del progetto obiettivo AIDS 1994-1996”.
Obiettivo e linee di intervento.
La strategia di intervento complessiva, tenendo conto dei mutamenti delle conoscenze intervenute e delle
nuove risultanze epidemiologiche, mira a contrastare la diffusione delle infezioni da HIV mediante attività di
prevenzione e attraverso idonei interventi di assistenza alle persone affette da tale patologia.
Allo stato attuale, in mancanza di un’efficace terapia contro l’AIDS, tutti gli sforzi devono essere concentrati
sulla prevenzione, effettuata in maniera coordinata attraverso gli strumenti dell’educazione sanitaria e
mediante una corretta e capillare informazione della popolazione. La prevenzione, infatti, è sicuramente
possibile ma occorre che la collettività conosca bene la patologia, le sue modalità di trasmissione e le norme
comportamentali per prevenire il contagio, acquisendo tutti gli strumenti conoscitivi che consentano una
crescita culturale e l’evitamento di dannosi stereotipi e ghettizzazioni.
Contestualmente occorre garantire un’organizzazione assistenziale adeguata ed efficiente al fine di
affrontare, con tutti gli opportuni interventi e collegamenti, le esigenze di assistenza e l’incremento della
domanda legata al progressivo aumento dei casi conclamati di AIDS e del numero dei sieropositivi.
La delibera del Consiglio regionale n. 10/41 del 30 novembre 1990 ha fissato le modalità attuative del
“Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l’AIDS”, di cui alla legge 5 giugno
1990, n. 135, individuando il Centro di riferimento regionale ed un sistema di interventi di prevenzione, cura
e sorveglianza epidemiologica dell’infezione da HIV su una rete di Presidi territoriali e Reparti di cura.
Le aree di intervento riguardano principalmente:
- prevenzione dell’infezione da HIV;
- informazione ed educazione sanitaria;
- formazione e aggiornamento, esteso il più possibile a tutto il personale;
- attività ambulatoriale per accertamento e diagnosi della sieropositività;
- assistenza e trattamento dei soggetti sieropositivi nei servizi territoriali e nelle strutture ospedaliere;
- assistenza domiciliare;
- volontariato.
Piano di coordinamento delle attività del Servizio sanitario della Regione Abruzzo in materia di infezioni
HIV e di AIDS.
Il coordinamento di tutte le attività del Servizio sanitario della Regione Abruzzo in materia di infezioni HIV
e di AIDS è svolto a livello regionale dal Comitato di coordinamento regionale istituito dalla Giunta
regionale con deliberazione n. 7167 del 20 dicembre 1993. Compito del Comitato è quello di assicurare
efficacia ed organicità agli interventi necessari per la prevenzione dell’infezione da HIV, per l’assistenza e il
trattamento dei soggetti ammalati di AIDS. Per le funzioni operative il Comitato di coordinamento si avvale
del Centro di riferimento regionale per la lotta all’AIDS, individuato dal Consiglio della Regione Abruzzo
con delibera del 22 novembre 1990 e costituito da due poli operativi, uno presso la Cattedra di Malattie
infettive dell’Università dell’Aquila e l’altro presso la Cattedra di Malattie infettive dell’Università di Chieti.
Le funzioni del Centro di riferimento regionale, previste dall’art. 9 della legge n. 135 del 1990, sono le
seguenti:
- coordinamento delle Unità operative di I e II livello;
- gestione, in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico regionale, dei sistemi di sorveglianza
epidemiologica, dei sistemi informativi e degli studi analitici definiti dal Comitato di coordinamento
regionale;
- definizione degli strumenti epidemiologici e gestione della raccolta ed elaborazione dei dati per la verifica
dell’efficacia, nonché la rispondenza a criteri etici, delle procedure diagnostiche e terapeutiche;
- collaborazione al disegno, alla conduzione ed al monitoraggio di studi clinici controllati per la valutazione
dell’efficacia e dell’eventuale tossicità dei farmaci;
- contribuire all’importazione e collaborare alla gestione dei programmi di ricerca policentrici per la
sperimentazione di farmaci e di metodi diagnostici;
- coordinamento e conduzione di attività di informazione e formazione, nonché gli interventi di educazione
sanitaria in materia di AIDS;
- coordinamento delle attività di trattamento a domicilio dei pazienti con AIDS.
I programmi annuali di attività del Centro di riferimento e le modalità di collaborazione ed integrazione con
le Unità operative di I e II livello vengono definiti dal Comitato di coordinamento regionale di concerto con
l’Assessore regionale alla Sanità che lo presiede o da chi ne fa le veci.
Il Centro di riferimento regionale dovrà avere una sede autonoma presso l’Assessorato regionale alla sanità e
si avvarrà del personale ad esso appositamente assegnato ed afferente all’Assessorato regionale alla sanità o
alle Cattedre di Malattie infettive della Università di L’Aquila e di Chieti.
Contestualmente alla fase organizzativa del Centro di riferimento regionale, sarà proseguita ed intensificata
l’attività di formazione.
I maggiori oneri di spesa per la strutturazione ed il funzionamento del Centro di riferimento regionale
previsto dal presente piano di coordinamento sono a carico del finanziamento specifico assegnato ai sensi
della L. n. 135 del 1990.
Rete assistenziale di primo livello.
1) Fanno parte della rete assistenziale di primo livello - costituita dal complesso dei servizi territoriali che
rappresentano in collegamento con i medici e i pediatri di base, il primo momento di contatto del cittadino
con il sistema sanitario pubblico, nonché da alcuni presidi ambulatoriali cui sono demandate attività
specifiche di prevenzione, informazione ed assistenza nell’area di cui trattasi - in particolare:
a) le strutture appartenenti ai distretti sanitari di base;
b) i poliambulatori ospedalieri;
c) i consultori familiari;
d) i servizi di igiene pubblica e di medicina preventiva (medicina scolastica);
e) i servizi per le malattie a trasmissione sessuale;
f) i servizi per l’assistenza ai tossicodipendenti;
g) i poliambulatori extraospedalieri;
h) altri servizi che siano stati costituiti in rapporto a specifiche esigenze sanitarie di gruppi di popolazione.
2) Sono collegati con presidi e servizi territoriali di primo livello, per quanto di loro competenza:
- i medici e i pediatri di base:
- le comunità terapeutiche residenziali e non residenziali;
- i centri trasfusionali nell’esecuzione delle attività di cui all’art. 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107;
- i servizi sanitari penitenziari ai fini dello svolgimento delle attività previste nelle apposite convenzioni con
la Unità sanitaria locale, sulla base dello schema tipo concordato tra il Ministero della sanità ed il Ministero
di grazia e giustizia, sentito il Consiglio sanitario nazionale.
3) I servizi e presidi territoriali di primo livello forniscono ogni utile collaborazione ai centri di informazione
e consulenza nelle scuole (CIC) previsti dall’art. 87 della legge n. 162 del 1990, ai fini dell’attuazione di
programmi di educazione alla salute, con particolare riguardo alla diffusione, attraverso opportune modalità,
delle informazioni concernenti le infezioni da HIV.
I compiti dei servizi e presidi territoriali di primo livello sono i seguenti:
- svolgere attività di educazione sanitaria promuovendo anche l’adesione volontaria all’esecuzione del test
per la ricerca degli anticorpi anti HIV;
- garantire, anche in collegamento con i servizi psicologici e psichiatrici e con altri servizi, il “counselling”
nella fase che precede l’effettuazione del test, curando l’avvio dei pazienti alle strutture di secondo livello;
- acquisire informazioni anche in merito alla sorveglianza clinica praticata dai centri di secondo e terzo
livello su sieropositivi asintomatici e per il monitoraggio dei pazienti;
- informare i soggetti con comportamenti a rischio e i sieropositivi sull’assoluta necessità di non donare
sangue e sul rispetto delle norme per la prevenzione della trasmissione dell’infezione, in modo particolare ai
partner sessuali e informare le donne in età fertile sui rischi dell’infezione da HIV e sulla trasmissione
dell’infezione al prodotto del concepimento.
Compiti specifici sono previsti in particolare:
a) per i consultori familiari: informazione alle donne sieropositive gestanti, effettuazione “counselling” ed
eventualmente prelievo per il test; sostegno alle coppie in cui uno dei partner risulti sieropositivo; alle
gestanti e ai neonati e minori sieropositivi sulle loro esigenze cliniche, psicologiche e sociali, attivando in
collaborazione con altri servizi sanitari e sociali, tutte le misure necessarie;
b) per i Ser.T.: adozione di opportune iniziative per favorire l’esecuzione del test nei confronti dei
tossicodipendenti assistiti, nel rispetto della normativa vigente, avvio di sieropositivi nei centri di secondo e
terzo livello; collegamento con le comunità terapeutiche;
c) per i servizi penitenziari: promozione e adesione volontaria al test; assistenza e sostegno ai sieropositivi
con la consulenza di specialisti ed in collegamento con i centri di secondo e terzo livello; attuazione terapie
antivirali;
d) per i servizi per le malattie a trasmissione sessuale, per i servizi di immunologia e trasfusione
(limitatamente ai donatori) informazioni concernenti le modalità di trasmissione dell’infezione da HIV,
counselling pre e post-test, prelievo, avvio centri 2° e 3° livello per i “follow-up”.
Nell’ambito dei poliambulatori ospedalieri le strutture per le effettuazioni dei prelievi del test e la consegna
dei referti devono essere dotati di attrezzature e spazi adeguati tutelando il diritto alla riservatezza del
paziente.
Un flusso informativo costante su tutta l’attività deve essere assicurato dai presidi e servizi di primo livello
nell’ambito del sistema informativo sanitario regionale e nazionale.
4) In relazione alle attività diagnostiche ambulatoriali i poliambulatori identificati - dotati di idonee strutture
per l’effettuazione dei prelievi, dei test e la consegna dei referti - effettuano previo “counselling” i prelievi
per la ricerca degli anticorpi anti HIV avviando i soggetti ai centri di secondo e terzo livello per la risposta
dell’eventuale “follow-up” .
Rete assistenziale di secondo livello.
La rete assistenziale di secondo livello è costituita dai centri ospedalieri ed universitari dotati di Divisioni di
Malattie infettive, che svolgono attività di diagnosi e cura e dagli ambulatori relativi, così come individuato
nella deliberazione del Consiglio regionale n. 10/41 del 30 novembre 1990.
In attuazione dell’art. 1 della legge n. 135 del 1990, comma b), per quanto attiene la costruzione e/o
ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive comprese le attrezzature e gli arredi, la
realizzazione di spazi per attività di ospedale diurno e l’istituzione ed il potenziamento dei laboratori di
virologia, microbiologia in relazione alle previsioni epidemiologiche e alle conseguenti esigenze
assistenziali gli interventi in itinere riguardano:
- Clinica
- Divisione
- Divisione
- Divisione
- Divisione
- Divisione
Mal. Inf.
“
“
“
“
“
P.O.
“
“
“
“
“
“SS. Annunziata”
“S. Filippo”
“S. Salvatore”
“Spirito Santo”
“Istituti Riuniti”
“Ospedale Civile”
p.l.
Chieti
Avezzano
L’Aquila
Pescara
Teramo
Vasto
19
5
24
20
20
H.D.
3
3
4
6
3
3
Per quanto attiene il personale è stato attivato, altresì, il potenziamento previsto dal Piano medesimo,
secondo le procedure dettate dalla normativa vigente. I centri di secondo livello hanno i seguenti compiti:
- “counselling” nella fase che precede e in quella che segue l’effettuazione del test;
- effettuare prelievi, test, consegna referti, sorveglianza clinica dei soggetti asintomatici;
- collaborare all’attuazione di trattamenti domiciliari;
- attuare trattamenti terapeutici, tenendo informati i centri di primo livello, fornendo loro consulenza e
collaborazione specialistica; curando i rapporti con i Ser.T., le comunità terapeutiche e le associazioni di
volontariato;
- assistere soggetti sieropositivi sintomatici attuando la stadiazione e la sorveglianza periodica sia clinica che
di laboratorio;
- organizzare interventi multidisciplinari sia diagnostici che terapeutici (ematologia, immunologia clinica,
neurologia, psichiatria, pneumologia, oculistica, dermatologia, ecc.) ed attuare, sia in regime di ricovero
ordinario che di “day hospital”, i protocolli di terapia.
Deve essere costantemente assicurato il flusso informativo secondo le indicazioni regionali e nell’ambito del
sistema informativo sanitario nazionale. Deve essere garantito inoltre il collegamento con tutta la rete
ospedaliera per quanto attiene le diverse problematiche (Ostetricia e Ginecologia, Neonatologia, Pediatria,
ecc.)
Presso i centri di secondo livello tra il personale deve essere assicurata, altresì, la presenza di psicologi.
Conclusioni.
Anche in Abruzzo, come nel resto del Paese, è prevedibile che nei prossimi anni il numero di casi di AIDS
continui ad aumentare per l’elevato numero di sieropositivi ormai esistenti, soprattutto nelle categorie a
rischio nei confronti delle quali vanno prese tutte le iniziative tendenti a modificare i comportamenti a
rischio. Risultati a breve scadenza non se ne possono pretendere in quanto una diminuzione dell’incidenza di
nuove infezioni, a causa dei lunghi tempi di incubazione della malattia, si rifletterà in un decremento dei casi
di AIDS soltanto a distanza di anni.
Ovviamente non va assolutamente abbassata la guardia ma occorre, attraverso il collegamento delle diverse
aree di intervento, delle reti assistenziali, del Comitato di coordinamento e del Centro di riferimento
regionale dare il massimo di efficienza ed organicità agli interventi necessari per la prevenzione e
l’assistenza delle infezioni da HIV.
Tutto questo sarà senza dubbio facilitato dall’esistenza di una legge quale la n. 135 del 1990 e dai necessari
atti di indirizzo e coordinamento, nonché dai relativi decreti che finanziano l’attuazione del programma per
la prevenzione e la lotta contro l’AIDS, secondo ambiti di intervento che riguardano l’adeguamento delle
strutture, il potenziamento del personale, la formazione e l’aggiornamento, il potenziamento dei Ser.T.,
l’assistenza domiciliare.
Tutte le risorse in ambito regionale devono essere mobilitate e raccordate, attraverso il Settore Sanità, con il
livello nazionale (Ministero della sanità, Centro operativo AIDS, Commissione nazionale), ribadendo che il
compito fondamentale della Regione è programmare, indirizzare e coordinare l’attività dei servizi per la
tutela della salute collettiva.
Per quanto riguarda il Progetto-Obiettivo AIDS si rinvia all’“Atto di intesa della Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la definizione del progetto
obiettivo AIDS 1994-1996” ed ai documenti del “Comitato regionale di coordinamento delle attività di
prevenzione e assistenza sulle infezioni da HIV”, istituito con il compito di coordinare le attività dei servizi e
presidi della rete assistenziale, al fine di garantire efficacia ed organicità ai necessari interventi per la
prevenzione e la lotta contro l’AIDS.
6 - La disciplina del finanziamento, della gestione patrimoniale ed economico-finanziaria del Sistema
sanitario regionale.
6.1. La disciplina del finanziamento, della gestione patrimoniale ed economico-finanziaria del Sistema
sanitario regionale.
Finanziamento.
Come è noto, il processo di riforma sanitaria in Abruzzo implica un’attenta valutazione delle effettive risorse
finanziarie disponibili sia per assicurare i livelli desiderati di assistenza, sia per realizzare obiettivi di
sviluppo in tale campo.
Nel mutato contesto istituzionale e organizzativo del sistema sanitario, anche l’aspetto finanziario subisce
profonde trasformazioni al punto che le Regioni assumono la piena responsabilità dell’equilibrio finanziario
della gestione delle U.S.L.-Azienda potendo ricorrere, qualora fosse necessario, anche all’inasprimento delle
aliquote dei tributi propri e dei contributi sociali di malattia ad esse attribuiti. Ciò significa, nel caso della
Regione Abruzzo, che occorre realizzare il cambiamento introducendo misure idonee al contenimento della
spesa sanitaria entro la quota del F.S.N. che sarà assegnata evitando, già in partenza, pericolose situazioni di
squilibrio.
Anche per questo motivo l’istituzione degli ospedali azienda merita particolare attenzione e va per ora
rinviata non solo in attesa del pieno conseguimento di quelle caratteristiche strutturali di fondo che ne
legittimano l’esistenza, ma anche in considerazione dell’esigenza di attivare, in maniera davvero difficile e
problematica, canali autonomi di finanziamento di una quota consistente dei costi complessivi (fino al 80
%), come previsto dall’art. 4 - comma 7 - lettera a), del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Si è già detto come nella stessa direzione di realizzare economie di scala si muova la proposta di istituzione
di sei U.S.L.-Azienda in luogo delle quindici esistenti.
Misure di razionalizzazione della spesa sanitaria sono necessarie al fine di evitare che si possano determinare
situazioni di squilibrio non più superabili con provvedimento di sanatoria a “piè di lista”.
Allo stesso modo, la graduale realizzazione dei distretti sanitari di base, il potenziamento delle strutture
ospedaliere e la realizzazione di altre strutture sanitarie sono rigorosamente previste nel Piano sanitario
regionale, con espresso riferimento al volume effettivo delle risorse disponibili per gli investimenti, nel
rispetto di un vincolo coerente di subordinazione sia sotto l’aspetto quantitativo sia con riferimento ai tempi
di realizzazione delle opere e di acquisizione delle risorse finanziarie ad esse destinate.
È tuttavia in corso una forte vertenza tra le Regioni e lo Stato sulla persistente sottostima del F.S.N. e
conseguentemente della minore spesa pro-capite che per il corrente anno è stata determinata in lire 1.495.000
rispetto ad un fabbisogno di lire 1.620.000.
D’altra parte, il passaggio alla ripartizione basata sulla quota capitaria compensata dai costi attinenti alla
mobilità ospedaliera richiede un’attenta considerazione di quest’ultimo fenomeno che vede per la nostra
Regione un saldo negativo di ricoveri.
Sul versante interno, le modalità di finanziamento della U.S.L., attualmente in vigore, sono basate sul
criterio della quota capitaria, con riferimento alle distinte attività della U.S.L. medesime, tenendo conto della
mobilità e delle quote di riequilibrio, ai sensi della L.R. 11 febbraio 1992, n. 7. Secondo questa legge, la
quota del FF.SS. va ripartita in quattro grandi settori di attività e per le principali funzioni di spesa, ma
sempre conservando, nella sua globalità, il carattere di quota indistinta.
Il F.S.N. per il 1994 è stato determinato in mld 81.150 di lire stimando in miliardi 47.674 circa il gettito dei
contributi sanitari; l’integrazione a carico dello Stato dovrebbe essere, di conseguenza, di lire 33.746 mld.
Considerando che i criteri di riparto suddetti stabiliti con la recente L.R n. 7 del 1992, sono già
tendenzialmente in linea con le innovazioni previste dal D.Lgs. n. 502 del 1992, così come modificato dal n.
517 del 1993, occorrerà pertanto procedere a una revisione dei criteri medesimi per meglio adeguarli alle
U.S.L.-Azienda.
Al riguardo si fa presente che il sistema di finanziamento introdotto dal decreto legislativo n. 502 innova
pressoché completamente i criteri e le modalità a tutt’oggi applicati per il finanziamento delle U.S.L.,
evidenziando, in via preliminare, una sostanziale differenziazione tra le procedure applicabili al
finanziamento delle U.S.L aziende e quelle relative al finanziamento delle Aziende ospedaliere.
L’articolo 12 del decreto legislativo citato prevede che il Fondo sanitario nazionale sia ripartito tra le
Regioni per quote capitarie di finanziamento da determinarsi, in relazione ai livelli uniformi di assistenza,
sulla base di un sistema di coefficienti parametrici che tengano conto:
a) della popolazione residente;
b) della mobilità sanitaria.
Tale impostazione nazionale non può non avere effetti diretti, in linea di massima, sulle impostazioni che
dovranno essere adottate da questa Regione per la ripartizione del fondo a livello locale. Ciò soprattutto al
fine di evitare le incongruenze ed i conseguenti riflessi negativi sui livelli assistenziali da garantirsi alla
popolazione che deriverebbero dalla utilizzazione di criteri diversificati.
Tale considerazione non sta peraltro a significare che i criteri nazionali non possano e non debbano essere
integrati con altri, qualora tale integrazione si renda necessaria in relazione a specifiche esigenze e
situazioni.
Proprio in considerazione di ciò, il presente piano prevede, in aggiunta ai parametri nazionali che appaiono
compatibili con la nostra situazione, di utilizzare, per la ripartizione del Fondo sanitario, due ulteriori
parametri ricavabili:
a) dal numero dei posti letto attivati nei presidi ospedalieri delle U.S.L.;
b) dalle risultanze dei controlli gestionali.
L’introduzione del primo parametro deriva dalla constatazione che le U.S.L. abruzzesi hanno dotazioni di
posti letto ospedalieri quantitativamente diversificate; in alcuni casi anche in misura notevole, per cui
l’applicazione sic et simpliciter alla funzione ospedaliera del parametro capitario previsto dal livello
nazionale darebbe senz’altro origine a situazioni di finanziamento discriminanti.
L’introduzione del secondo è invece diretta conseguenza della nuova contabilità analitica articolata per
centri di costo, che una volta a regime consentirà, attraverso lo strumento dei controlli di gestione, di fissare
degli standard medi di produttività e di costi da utilizzare anche per i finanziamenti.
Per quanto riguarda il finanziamento delle Aziende ospedaliere, si invia alla disciplina che sarà dettata al
momento della loro istituzione nel rispetto dell’art. 4, 7° comma, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e
successive modificazioni ed integrazioni.
Per il finanziamento di attività specifiche, e/o per fronteggiare esigenze impreviste, è previsto
l’accantonamento del 5% del F.S.R. parte corrente che verrà finalizzato con apposito atto deliberativo della
Giunta regionale sentita la conferenza Regione-U.S.L.
Patrimonio.
L’art. 5 del decreto legislativo n. 502 del 1992 disciplina esclusivamente il trasferimento alle U.S.L. ed alle
altre aziende del Servizio sanitario dei beni già appartenenti al patrimonio dei Comuni e delle Province con
vincolo di destinazione sanitaria, nonché dei beni di cui all’art. 65 della legge 833 (beni già appartenenti agli
enti mutualistici soppressi).
La legislazione nazionale ha evitato di dettare norme per la gestione del patrimonio, del sistema inventariale
e della relativa rendicontazione, demandando così alla Regione il compito di disciplinare tale regime e di
armonizzarlo con la normativa contabile che, come è noto, deve ispirarsi ai principi di contabilità
economica.
Si rende, pertanto, necessaria una nuova impostazione del regime patrimoniale dei beni delle U.S.L. avendo
presente il regime giuridico generale dei beni patrimoniali appartenenti agli enti pubblici quale risulta in
particolare dagli artt. 826-828-830 del codice civile.
Con riferimento pertanto ai decreti legislativi n. 502 del 1992 e 517 del 1993 ed ai principi del codice civile
dianzi richiamati, il presente Piano ha affrontato il tema del regime giuridico amministrativo dei beni
appartenenti al patrimonio delle U.S.L. e delle altre aziende del Servizio sanitario regionale prevedendo in
particolare:
a) la distinzione dei beni in indisponibili e disponibili, a seconda della loro diversa destinazione;
b) la disciplina dell’amministrazione e dell’utilizzazione diretta e indiretta dei beni patrimoniali e i criteri di
formazione degli inventari che diano rilievo al dato giuridico costituito dal fatto che un sistema di contabilità
economica deve necessariamente partire dalla valorizzazione di una situazione patrimoniale iniziale
attendibile ed analitica;
c) la determinazione dei criteri per l’ammortamento del costo dei beni patrimoniali ai fini della formazione
dello Stato patrimoniale;
d) la disciplina delle figure dei consegnatari dei beni;
e) le modalità per l’alienazione dei beni disponibili secondo le procedure previste per la cessione dei beni
pubblici dal momento che la costituzione in aziende delle U.S.L. non ha comportato la perdita della natura
pubblicistica delle stesse;
f) le modalità per la cancellazione dei beni dal patrimonio indisponibile prevedendo in particolare, in tal
caso, la necessità di una preventiva autorizzazione regionale.
La materia del patrimonio viene pertanto ad assumere; in conseguenza dei decreti legislativi n. 502 del 1992
e n. 517 del 1993 un’estrema rilevanza nell’ambito delle U.S.L. e delle altre aziende.
Va infatti rilevato che il previsto passaggio da una gestione finanziaria del tutto scollegata dalla gestione
patrimoniale ad una gestione di tipo economico, che prevede per sua natura un’utilizzazione dei beni in
forma dinamica ed imprenditoriale, determina come conseguenza necessaria la connessione delle scritture
contabili relative al patrimonio, rappresentate dallo stato patrimoniale, con le scritture di bilancio.
Da ciò deriva che la necessità di una contabilizzazione attendibile ed analitica dello stato patrimoniale rende
indispensabile l’armonizzazione dello stesso con la tenuta delle scritture inventariali quali documenti
rappresentativi della posizione di partenza dello stato patrimoniale.
Gestione economico-finanziaria.
Le norme a suo tempo introdotte dalla legge n. 833 del 1978 hanno previsto per le U.S.L. la tenuta della sola
contabilità finanziaria.
Il decreto legislativo n. 502 del 1992 così come modificato ed integrato dal n. 517 del 1993 ha invece
introdotto un nuovo sistema di contabilità a carattere economico-patrimoniale (definita anche contabilità
generale) integrato con un sistema di contabilità analitica.
Le differenze essenziali tra i vari tipi di contabilità possono brevemente individuarsi nelle seguenti:
1) la contabilità finanziaria e quella generale si occupano, sia pure con modalità diverse, di fatti che pongono
l’azienda a contatto con terze economie attraverso scambi o trasferimenti monetari; la contabilità analitica si
occupa invece dei fenomeni interni all’azienda ed in particolare della formazione dei costi e dei ricavi delle
varie prestazioni erogate e dei servizi che le producono;
2) per contabilità finanziaria si intende un sistema di scritture fondato:
- sull’adozione di un bilancio di previsione finanziario costituente un piano di gestione per un determinato
arco di tempo futuro, di norma annuale, e una volta approvato, un insieme di vincoli e di limiti da rispettare;
- sulla sistematica rilevazione dei fatti amministrativi che attengono la gestione del bilancio di previsione
finanziario;
- sulla dimostrazione a consuntivo delle modalità attraverso le quali si è data attuazione al bilancio di
previsione e quindi sulla dimostrazione del rispetto dei limiti e dei vincoli posti con l’approvazione del
bilancio preventivo.
Sia il bilancio di previsione che il consuntivo vengono redatti secondo il duplice criterio di competenza e di
cassa. Il criterio della competenza prevede e rileva le entrate accertate e le spese impegnate. Le entrate
accertate sono quelle per le quali è sorto il diritto alla riscossione; le spese impegnate sono quelle approvate
con deliberazione, cui farà seguito l’emissione dell’ordine o la stipula del contratto.
Il criterio di cassa prevede e rileva le riscossioni ed i pagamenti effettivi in un determinato periodo che
possono quindi riferirsi ad entrate accertate od a spese impegnate in uno o più anni precedenti (residui attivi
e passivi);
3) la contabilità generale considera invece la gestione sotto l’aspetto patrimoniale ed economico. L’aspetto
patrimoniale ingloba quello finanziario in quanto la disponibilità o i debiti finanziari costituiscono
rispettivamente componenti attivi e passivi del patrimonio.
I conti della contabilità generale sono di tipo patrimoniale (stato patrimoniale) ed economico (conto
economico).
Lo stato patrimoniale elenca le varie componenti all’attivo (immobili, cassa, crediti) ed al passivo (debiti); la
differenze determina il patrimonio netto.
Il conto economico (perdite e profitti) elenca i ricavi e le rimanenze finali all’attivo, i costi e le rimanenze
iniziali al passivo e dà per differenza l’utile o la perdita di esercizio. La contabilità generale registra le
entrate e le uscite finanziarie al momento in cui esse si verificano analogamente a quanto la contabilità
finanziaria registra secondo il criterio di cassa; tuttavia a differenza di quest’ultima che considera solo
l’aspetto finanziario, la contabilità generale rileva anche la cancellazione del relativo credito o debito,
precedentemente registrati, in corrispondenza di un ricavo o di un costo di gestione;
4) la contabilità analitica integra quella generale con l’obiettivo specifico di attribuire tra l’altro i costi ed i
ricavi di gestione a singole unità organizzative (centri di costo) individuati in un apposito elenco definito
piano dei centri di costo.
Uno strumento contabile caratteristico della contabilità generale e della contabilità analitica è il piano dei
conti nel quale sono elencati in maniera dettagliata tutti i conti dell’azienda.
La contabilità analitica assume nel contesto di un’azienda estrema rilevanza soprattutto perché consente di
analizzare i costi delle specifiche attività svolte, in maniera dettagliata, di accertare eventuali disfunzioni e
conseguentemente predisporre i necessari correttivi.
Premesse tali considerazioni di ordine generale si provvederà con apposita legge alla disciplina della
materia.
Per una più compiuta conoscenza della problematica si rinvia all’allegato schema di “Bilancio e Piano dei
Conti” analitico (Allegato 5), nella considerazione che la contabilità analitica assume nel contesto di
un’azienda rilevanza soprattutto perché consente di analizzare i costi delle specifiche attività svolte, in
maniera dettagliata, di accertare eventuali disfunzioni e conseguentemente predisporre i necessari correttivi.
6.2 Ricaduta economica della manovra.
I criteri sopra esposti dovranno essere assunti dalla Regione non solo come punti chiave per la
riorganizzazione-razionalizzazione dell’intera rete ospedaliera ma anche come fondamentali punti di
riferimento per la politica degli investimenti in conto capitale.
Infatti, in vista di un così profondo processo di revisione delle dotazioni, appare indubbiamente opportuno,
specialmente nel breve termine, considerare ed eventualmente riconsiderare le politiche di investimento da
attuare nell’ambito dei servizi ospedalieri.
La manovra di riorganizzazione-razionalizzazione della rete ospedaliera regionale da attuare sulla base dei
sopra esposti criteri guida, oltre a comportare un notevole sviluppo della qualità dei servizi ospedalieri, è
contestualmente orientata a favorire il rientro della spesa, connessa al funzionamento di tali servizi, nelle
compatibilità fissate dallo Stato con la recente legislazione in materia finanziaria.
Più specificatamente, considerato che i costi di funzionamento degli ospedali pubblici, hanno assorbito, nel
1992, circa 1.200 miliardi di lire, la manovra ipotizzata porterebbe, relativamente a tale compito, ad un taglio
di spesa quantificabile nell’ordine dei 146 miliardi di lire annui.
Tale cifra è la risultante di un calcolo teorico dei risparmi ottenibili dalla riduzione dei posti letto delle
strutture ospedaliere.
Ulteriori risparmi potrebbero ottenersi con l’attivazione di un processo di riconversione di alcuni degli
attuali stabilimenti ospedalieri in R.S.A., anche se tale conversione non può certamente essere condotta a
costi nulli, considerato che occorre sostenere spese per le operazioni di trasformazione.
Per quanto riguarda i D.S.B. da attivare, i costi relativi alla loro costituzione sono assicurati dai
finanziamenti previsti dall’art. 20 della legge n. 67 del 1988 mentre i costi di gestione e funzionamento
possono essere fronteggiati, per la massima parte, con i fondi attualmente utilizzati dalle U.L.S.S. a tali fini e
per la restante parte con le economie derivanti dalla riorganizzazione della rete ospedaliera che potrebbero
essere realizzate agendo sull’attuale configurazione della rete ospedaliera.
Ovviamente il risparmio teorico sarebbe maggiormente elevato rapportando la dotazione delle strutture
ospedaliere prefigurata dalla proposta di razionalizzazione-riorganizzazione alla dotazione prevista nel PSR.
Una quota di risparmio è poi configurabile anche con riferimento ai criteri precedentemente proposti
relativamente al comparto privato convenzionato.
In quest’ambito sono stati infatti stimati risparmi per complessivi 20 miliardi di lire dovuti a:
- riduzione di posti letto convenzionati;
- cessazione del convenzionamento con alcune strutture che non presentano caratteristiche di effettiva
integrazione all’attività dei presidi pubblici.
Infine altri risparmi potrebbero attuarsi dalla riconversione totale degli ex-ospedali psichiatrici in strutture
per il potenziamento dei servizi psichiatrici territoriali.
Riepilogando la manovra di razionalizzazione-riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, valutata
nelle sue componenti pubblica e privata convenzionata, conduce alla stima di un complessivo risparmio di
spesa valutabile intorno ai 106 miliardi di lire.
Dall’accorpamento delle U.S.L., inoltre, si avrà la possibilità di espletare gli appalti a livello centralizzato,
con ulteriore e certo risparmio attualmente non quantificabile.
Tali economie dovrebbero garantire sia l’estensione della rete dei Distretti, naturalmente graduale nel tempo,
sia l’istituzione di Centri regionali per attività sanitarie di alta qualificazione.
In via generale, è da ritenere che le quote del F.S.N. che sono assegnate alle Regioni vengono determinate
sulla base delle quote capitarie ragguagliate ai livelli uniformi di assistenza. Dette quote capitarie sono state
stabilite dal D.P.R. 1° marzo 1994 concernente l’approvazione del P.S.N. per il triennio 1994/1996 nel modo
seguente:
Anno 1994 lire 1.495.000
Anno 1995 1ire 532.400
Anno 1996 lire 563.000
Tali quote sono da ritenere valide in assenza di:
- mobilità ospedaliera
- rinnovi contrattuali e rapporti convenzionati
- eventuali oneri derivanti da ulteriori disposizioni legislative.
Le stesse quote potranno essere oggetto di revisione in conseguenza del riflesso sul F.S.N. della manovra
governativa per il riequilibrio finanziario per gli anni 1995/1996.
Le quote del F.S.N. previste per la Regione Abruzzo, relativamente al triennio 1994/1996, sono, fermo
restando le predette condizioni, le seguenti:
anno 1994 lire 1867,487 mld (lire 1.495.000 q.c. x 1.249.156 res.)
anno 1995 lire 1914,206 mld (lire 1.532.400 q.c. x 1.249.156 res.)
anno 1996 lire 1952,430 mld (lire 1.563.000 q.c. x 1.249.156 res.)
Tali quote derivano dal prodotto della quota capitaria per il numero dei residenti al lordo delle entrate
proprie delle U.L.S.S. per autofinanziamento e della quota di mobilità sanitaria interregionale per tipologia
di prestazioni da compensare a livello nazionale in più o in meno.
Si precisa, pertanto, che la quota del F.S.N. assegnata alla Regione Abruzzo, con deliberazione C.I.P.E. del 2
giugno 1994, per l’esercizio 1994, risulta pari a lire 1829,767 miliardi al netto delle entrate proprie delle
U.L.S.S. pari a lire 37.720 milioni e della quota della mobilità sanitaria pari a lire 839 milioni in meno.
Si precisa invece che alle quote di F.S.N. relative agli esercizi 1995 e 1996 vanno aggiunte o detratte le
quote della mobilità sanitaria interregionale che, allo stato non sono determinabili.
Le predette quote vanno ripartite in quattro grandi settori di attività e per le principali funzioni di
spesa così di seguito specificata, ma sempre considerate nella loro globalità come quote indistinte, secondo
le indicazioni dei livelli uniformi di assistenza determinati dal Ministero della sanità.
Livelli
Prevenzione collettiva
Assist. Sanitaria base
RIPARTIZIONE DELLE QUOTE DEL F.S.N. (26)
Anno 1994
Pro capite
Anno 1995
Pro capite
90.769.000.000
72.665
93.056.414.988
74.495
647.577.000.000
518.412
663.896.198.577
531.476
Anno 1996
Pro capite
94.914.620.639
95.983
677.153.271.376
542.089
(27)
Assistenza ospedaliera
Attività di supporto e
servizi generali
1.044.000.000.000
84.807.000.000
835.676 1.070.309.216.224
67.891
86.944.170.211
856.826 1.091.681.785.049
69.602
88.680.322.936
873.934
70.992
6.3 La ricaduta della manovra nei singoli settori di intervento .
In ordine a singoli settori di intervento previsti nel presente piano risulta facilmente desumibile del prospetto
sopra riportato l’ammontare del fondi destinati alla rideterminazione della rete ospedaliera (2.2 del piano),
alla prevenzione sanitaria (2.4), alla R.S.A. (2.5), alla medicina generale di base (3.2), al riordino
dell’assistenza specialistica ambulatoriale (3.3 e 3.4), all’assistenza farmaceutica (3.5), alla riabilitazione
(3.7), al termalismo (3.10).
Relativamente, invece, alla copertura finanziaria degli oneri conseguenti all’attivazione dei distretti (2.3) si
rileva anzitutto che il distretto opererà sulla scorta di personale attualmente già impegnato sul territorio oltre
che del prevedibile organico che risulterà in esubero a seguito del ridimensionamento del posti letto
ospedalieri.
Al tempo stesso, come è bene evidenziato a pag. 72 e ss. del presente piano, l’attivazione stessa del distretto
dovrebbe consentire una sensibile riduzione della domanda, di ricoveri ospedalieri con conseguenti minori
costi economici.
La riduzione, poi, del numero delle U.S.L. con conseguente utilizzazione del personale amministrativo
presso i distretti comporta un ulteriore limitazione di spesa per il personale da impegnare presso i distretti
stessi. Pertanto non sono prevedibili incrementi rilevanti di spesa per quanto concerne la dotazione organica.
Relativamente alle strutture edilizie, a pag. 81 del presente piano è indicata la fonte prioritaria di
finanziamento nell’art. 20 della legge 11 marzo 88, n. 67 con erogazioni pari al lire 77.790 milioni di cui
60.000 milioni per D.S.B., 8.500 milioni per poliambulatori, 9.290 milioni per strutture territoriali.
È altresì chiarito nel cap. 2.3 del piano che la rete completa dei D.S.B. ha necessariamente nella Regione
Abruzzo una realizzazione graduale, legata ai tempi tecnici di attuazione ed alle disponibilità finanziarie. Le
strutture sanitarie pubbliche già istituite o realizzate, fermo restando il numero complessivo e la sede
indicata dei distretti, diventano articolazioni decentrate dell’organizzazione distrettuale sul territorio.
Considerato altresì che il D.S.B. è caratterizzato essenzialmente da un’ottimale utilizzazione di risorse già
disponibili mediante l’integrazione delle competenze provenienti dai diversi servizi già esistenti presso le
U.S.L., un distretto tipo di medie dimensioni dovrebbe presuntivamente comportare una spesa aggiuntiva di
circa 1 miliardo annuo, per cui nella previsione di attivazione graduale le spese relative al 1994 sono
(26) Si omettono le percentuali di incidenza delle singole voci.
(27) Nella versione integrale della tabella vengono previste nell’ambito dell’assistenza sanitaria di base le
seguenti voci: medicina non convenzionata, assistenza domiciliare, farmaceutica, specialistica,
tossicodipendenti, riabilitazione, protesica, psichiatria, termale, integrativa, disabili, anziani non
autosufficienti. Per ciascuna di queste voci sono previsti importi e percentuali nell’ambito delle somme
complessive stanziate, rispettivamente, per gli anni 1994, 1995 e 1996.
prevedibili in lire 13.600 milioni. Tale spesa risulterà ulteriormente incrementata di lire 27.200 milioni per
ciascuno dei successivi esercizi 1995 e 1996.
A tale spesa si fa fronte con quota parte del F.S.R. parte corrente, destinata, così come risulta evidenziato nel
prospetto generale di riferimento del finanziamento dell’intero sistema sanitario regionale, a prevenzione
collettiva, attività di supporto, servizi generali ed assistenza sanitaria di base, in particolare le voci:
- medicina generale convenzionata
- assistenza territoriale domiciliare
- farmaceutica
- specialistica
- riabilitazione
- tossicodipendenze
- protesica
- integrativa.
Per quanto concerne le attività di urgenza e emergenza sanitaria (3.1) la spesa relativa al personale risulta
contenuta per l’apporto di parte delle forze lavorative rese utilizzabili a seguito della riduzione del sistema
ospedaliero.
Pertanto risulta fondata la previsione di un incremento di personale lei limiti di 30 unità nella fase iniziale
con conseguenti costi parti a lire 1.590 milioni circa e della pressione di una spesa pari a lire 8.500 milioni
per costi di esercizio.
Alla spesa globale per ciascun esercizio, prevista in lire 10.090 milioni si fa fronte con quota parte del F.S.R.
parte corrente, destinata all’attività di supporto e servizi generali e assistenza ospedaliera e per l’assistenza
sanitaria di base, in particolare l’assistenza farmaceutica, come risulta evidenziato nel prospetto generale di
riferimento.
La rete di posti dialisi (3.8) esistenti nella Regione Abruzzo risulta complessivamente soddisfacente per cui
costi aggiuntivi per il presente settore di intervento non sono prevedibili nell’immediato. Chiaramente
laddove si creeranno maggiori disponibilità finanziarie complessive e in particolare per l’assistenza
ospedaliera si tenderà ad un miglioramento della qualità e quantità di servizi.
Sono comunque già disponibili fondi regionali lire 1.500 milioni per rimborso spese trasporto dializzati.
Per quanto attiene il funzionamento necessario per la riorganizzazione delle strutture trasfusionali ed il piano
sangue (3.9) si evidenzia che i progetti presentati dalla Regione sono stati approvati dal Ministero per
l’ammontare di lire 3.500 milioni dei quali 1.500 già finanziati.
All’uopo si fa, comunque presente che per la gestione della nuova organizzazione prevista dal P.S.R. non è
presumibile una spesa aggiuntiva in quanto la rete strutturale ed organica attualmente esistente appare
sufficiente ed abbisognevole soltanto di una ridistribuzione sul territorio.
Non sono prevedibili nell’immediato spese aggiuntive per la Medicina legale e delle Assicurazioni (3.11)
trattandosi di un’attività già in corso con strutture proprie.
Nel capitolo relativo all’attività sociologica e psicologica (3.13) è rimarcata la rilevanza dell’attività in
parola, focalizzandone il portato, e pertanto non sono previste spese aggiuntive specifiche.
Per quanto riguarda la prevenzione e cura del diabete mellito (3.14), è prevista una spesa di lire 200 milioni
annui per la gestione di un sistema che appare già stabilizzato sul territorio. A detta spesa si farà fronte con
quota parte dei fondi relativi all’assistenza ospedaliera, all’attività di supporto e servizi generali ed
all’assistenza sanitaria di base con particolare riguardo alla Medicina generale convenzionata, all’assistenza
territoriale domiciliare, farmaceutica, specialistica, ripartita nel più volte citato quadro generale.
Per quanto concerne l’informatizzazione del sistema (4.3), secondo la priorità indicate nel settore di
intervento in parola, prioritaria ed essenziale è l’istituzione di Centri unificati di prenotazione (C.U.P.), il cui
software è stato già realizzato dal Ministero della sanità e messo gratuitamente a disposizione unitamente ai
periodici aggiornamenti del personale.
Le spese concernono essenzialmente pertanto l’acquisizione della strumentazione di base in quanto il
personale potrà essere acquisito preminentemente attraverso una riconversione professionale di organici già
esistenti. Le spese previste per il settore di intervento sono ricomprese in quelle più generali del distretto
sanitario di base.
Relativamente ai singoli progetti obiettivi prefigurati nel piano, si possono fare le seguenti precisazioni di
ordine finanziario.
Progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani”
La spesa relativa alla realizzazione del progetto obiettivo sopra esposto è fronteggiato con:
1) la disponibilità di cui alla delibera C.I.P.E. del 31 gennaio 1992 relativa, quale progetto sperimentale,
all’assistenza domiciliare integrata e all’attivazione sperimentale delle R.S.A. pari a lire 5.152.000.000;
2) la disponibilità del Fondo sanitario regionale - parte corrente - destinata all’assistenza sanitaria agli
anziani non autosufficienti come evidenziato nel prospetto generale di finanziamento dell’assistenza
sanitaria regionale pari a lire 54.713 milioni per il 1994, lire 56.091 milioni per il 1995 e lire 57.211 milioni
per il 1996.
Tutela della salute materno-infantile.
L’onere finanziario degli interventi di razionalizzazione dell’esistente e di conseguimento degli obiettivi fa
capo a:
1) le risorse rese disponibili dal S.S.N. per il raggiungimento dei livelli uniformi di assistenza individuati dal
Piano sanitario nazionale, in particolare per quanto attiene a:
- l’assistenza ospedaliera (investimenti tecnologici, p.l. in day hospital, unità di personale aggiuntivo);
- l’assistenza specialistica territoriale (centri di 1° e 2° livello: strutture attrezzature, organici, consultori);
- l’assistenza sanitaria collettiva (profilassi vaccinale, medicina scolastica, educazione sanitaria);
- le attività di riabilitazione;
2) i fondi regionali per la prevenzione degli handicap preconcezionali, prenatali e neonatali - L.R. 9
settembre 1987, n. 54 e successive leggi di rifinanziamento: lire 500 milioni;
3) la disponibilità di cui alla delibera C.I.P.E. 31 gennaio 1992 per il programma di tutela della salute
materno-infantile che, nella prima fase di attivazione del piano sono da destinarsi all’identificazione e
potenziamento delle strutture di prevenzione, diagnosi e trattamento delle disabilità infantili: lire 529 milioni
parte corrente, lire 278 milioni conto capitale;
4) i fondi regionali per i consultori familiari - L.R. 26 aprile 1978, n. 21: lire 2.000 milioni.
La spesa complessiva è di lire 3.307 milioni tutta finanziata con leggi regionali e con erogazioni da parte del
C.I.P.E.
Tutela della salute mentale.
Il progetto consente, per quanto attiene le due strutture pubbliche ex manicomiali di L’Aquila e Teramo, un
recupero sulle spese inerenti ai ricoveri giornalieri, che attualmente si aggira sulle lire 40.000 pro capite, e
quindi una riduzione delle somme previste nel bilancio che vanno a coprire il fabbisogno delle spese
necessarie per gli adeguamenti previsti per i C.S.M.
Relativamente poi alla copertura delle spese necessarie al ricovero di pazienti psichici-cronici o nuovi
cronici presso le Strutture sanitarie protette e semiprotette, si fa presente che la dismissione di detti soggetti
dalle due strutture neuropsichiatriche di Villa Serena e Villa Pini, comporta una diminuzione delle spese,
tenuto conto che la diaria giornaliera da corrispondere per il soggiorno in dette strutture è inferiore a quelle
attualmente corrisposte per ricoveri presso strutture neuropsichiatriche.
Alla spesa necessaria, quindi per l’attivazione del processo di trasformazione globale previsto dal progetto
obiettivo, tenendo conto anche dei ricoveri presso le diagnosi e cura, dei trattamenti in day-hospital e della
creazione dei dipartimenti di salute mentale, si fa fronte con la quota del F.S.R., parte corrente, destinata
all’assistenza psichiatrica, come risulta evidenziato nel prospetto generale di riferimento del finanziamento
dell’assistenza sanitaria regionale pari a lire 59.889 milioni per il 1994, lire 61.388 milioni per il 1995 e lire
62.624 milioni per l’anno 1996.
Prevenzione, cura e recupero delle tossicodipendenze.
L’onere finanziario per il conseguimento degli obiettivi del progetto fa capo a:
1) le risorse rese disponibili dal S.S.N. per il raggiungimento dei livelli uniformi di assistenza individuata dal
P.S.N., in particolare per quanto attiene a:
- l’assistenza specialistica semiresidenziale e territoriale (sedi attrezzature Ser.T., organici, interventi di
recupero in regime semiresidenziale per le comunità terapeutiche);
- l’assistenza sanitaria residenziale (interventi di recupero in regime residenziale delle comunità
terapeutiche);
- l’assistenza sanitaria collettiva (medicina scolastica, educazione sanitaria).
La disponibilità della quota del F.S.R. - parte corrente - destinato all’assistenza dei tossicodipendenti come
risulta evidenziato nel prospetto generale di finanziamento regionale è pari a lire 20.497 milioni per il 1994,
lire 21.013 milioni per il 1995 e lire 21.433 milioni per il 1996;
2) la disponibilità di cui alla delibera del C.I.P.E. 30 maggio 1991, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 162 del
1990 per il triennio 1990/1992, pari a lire 4.918 milioni;
3) lo stanziamento della Regione di cui alla L.R. 21 luglio 1993, n. 28 a favore degli enti ausiliari per la
ricerca e l’innovazione in materia di prevenzione e recupero: lire 700 milioni.
Prevenzione handicap.
Per quanto riguarda la prevenzione degli handicap e l’assistenza ai disabili, l’onere finanziario graverà per la
parte sociale sul bilancio regionale con fondi propri della Regione mentre per la parte sanitaria sulla quota
del F.S.R. parte corrente nel modo seguente:
- parte sociale lire 2.700 milioni per il 1994
lire 2.700 milioni per il 1995
lire 2.700 milioni per il 1996
- parte sanitaria lire 9.660 milioni per il 1994
lire 9.903 milioni per il 1995
lire 10.101 milioni per il 1996 come risulta evidenziato, rispettivamente, nel bilancio regionale 1994 al cap.
71571 e nel prospetto generale di finanziamento regionale relativo all’assistenza ai disabili.
Prevenzione delle infezioni da HIV e la lotta contro l’AIDS.
Le risorse finanziarie relative al progetto in parola sono essenzialmente derivate dalla legge n. 135 del 1990
con fondi attribuiti alla Regione nella misura di lire 30.441.603.082, per spese in conto capitale e per lire
7.692.000.000, per parte corrente.