ufficio stampa - Ministero della Salute

Comunicato n. 179
20 dicembre 2006
Ministero della Salute
UFFICIO STAMPA
Dichiarazione del presidente del
Consiglio Superiore di Sanità, Franco Cuccurullo
Voglio ringraziare tutti colleghi del Consiglio superiore di sanità per la professionalità e la
dedizione personale che hanno riservato alla stesura di questo parere. Sia nelle fasi
istruttorie condotte dal Comitato di presidenza che nella seduta plenaria odierna.
La discussione è stata ampia e ha coinvolto tutti i membri presenti a testimonianza della
sensibilità al tema sul quale siamo stati chiamati a esprimere un parere.
Voglio tuttavia sottolineare che la valutazione sulla sussistenza o meno di forme di
accanimento terapeutico nei trattamenti sanitari cui è sottoposto il signor Piergiorgio Welby
ha assunto una dimensione più vasta che trascende dal caso in sé per toccare ambiti e
considerazioni di valenza generale su temi di estrema attualità, come quello del diritto del
cittadino a rifiutare cure e trattamenti sanitari in determinate situazioni della vita.
Tra i punti salienti del parere mi sembra utile sottolinearne alcuni.
In primo luogo il fatto che l’accanimento terapeutico non è ancora definito compiutamente
dal punto di vista scientifico nelle sue diverse accezioni e circostanze.
Se infatti non esistono dubbi sulla sussistenza di accanimento terapeutico nei suoi confini
estremi, come nel caso di trattamenti oggettivamente sproporzionati, inutili , se non
addirittura peggiorativi della qualità della vita in pazienti ormai prossimi alla morte, ben più
complesso è esprimersi in quei casi di rifiuto della terapia laddove il paziente presenta
condizioni tali da non far desumere la prossimità del decesso. Ma ugualmente complesso è
anche affrontare una serie di situazioni intermedie laddove la percezione soggettiva del
paziente sul trattamento cui è sottoposto potrebbe condurre a definire accanimento
terapeutico un trattamento di per sé risolutivo per la salute del paziente.
Parimenti significativa è la valutazione sul fatto che il concetto di accanimento terapeutico
non deve essere totalmente omologato a un altro principio fondamentale che è quello del
diritto all’autodeterminazione del paziente e cioè al come, entro quali ambiti e principi,
possa essere esercitato il suo diritto al rifiuto delle cure.
In ultimo, proprio a partire da tale constatazione di incertezza sui confini e i principi entro i
quali condurre scelte così importanti per la difesa del diritto all’autodeterminazione e del
dovere del medico alla tutela della salute del paziente abbiamo indicato al Ministro la
necessità di promuovere nuovi e più cogenti indirizzi e linee guida in materia.