AUSTRALIA Superficie: 7.682.300 Kmq Popolazione: 23,13 milioni Densità: 2 ab/Kmq Forma istituzionale: Monarchia costituzionale Capitale: Canberra Lingua: Inglese Religione: Protestanti (41,9%), Cattolici (27%) Membro di: ANZUS, APEC, Commonwealth, EBRD, OCDE, ONU e PC Unità Monetaria: Dollaro australiano ECONOMIA In base ai dati forniti dall'ABS (Australiana Bureau of Statistics) nel 2015 l'economia australiana ha registrato un tasso di crescita del 2,5%, trainata soprattutto dai consumi privati (+2,6%) dal buon andamento degli investimenti nel settore immobiliare e dalla spesa pubblica (+2,9%). Si è trattato del 25mo anno di crescita consecutiva per l'Australia, che rafforza così la sua posizione di 12ma economia a livello mondiale con uno dei più alti livelli di qualità della vita. La buona salute dell’economia australiana è confermata dalla tripla AAA riconosciutale dalla principali agenzie di rating, la riduzione del tasso di disoccupazione dal 6,2 al 5,8%, dall'inflazione sotto controllo (1,7 %), dal basso livello del costo del denaro (2%) e dall'elevato volume degli investimenti stranieri. L'Australia si colloca tra i migliori Paesi al mondo dove fare affari grazie ad una burocrazia efficiente e snella, un sistema giuridico ben funzionante e una forza lavoro qualificata e flessibile. Gli indubbi punti di forza dell'economia australiana sono innanzitutto rappresentati da un settore dei servizi molto competitivo (70% del PIL) e dall’abbondanza di risorse energetiche e minerarie (PIL 10,3%). Inoltre, l'Australia grazie ai suoi immensi territori dispone di un enorme potenziale di crescita nel settore agricolo. L'economia australiana trae benefici dalla sua crescente integrazione con le principali potenze asiatiche. L'Australia ha firmato trattati di libero scambio con Cina, Giappone e Corea del Sud ed è uno dei dodici firmatari del grande accordo regionale Transpacific Partnership. Nonostante i suddetti punti di forza l'economia australiana presenta alcuni fattori di debolezza quali il continuo declino del settore manifatturiero (7,3% del PIL), dovuto principalmente dell'elevato livello del costo del lavoro, e soprattutto l'eccessiva dipendenza del comparto energetico-minerario dall'andamento oscillante dei prezzi delle materie prime. Infatti, il calo del prezzo delle materie prime ed il rallentamento dell'economia cinese hanno comportato una forte riduzione degli investimenti nel settore minerario ed energetico. Nel 2015 si è inoltre interrotta la serie di surplus della bilancia commerciale, che ha registrato un disavanzo pari a circa 10 miliardi di Euro, conseguenza di una flessione delle esportazioni del 6% ed un contemporaneo aumento delle importazioni del 5,3%. Per quanto concerne le importazioni australiane i principali mercati di approvvigionamento sono la Cina (23,1%), gli Stati Uniti ed il 1 Giappone. L'Unione Europea nel suo insieme è il secondo Partner commerciale di Canberra dopo la Cina ed il principale investitore in Australia. Anche lo stato delle finanze pubbliche sta progressivamente peggiorando. In base ai dati del 2015 il deficit statale , pari al 2,1% del PIL ed il debito pubblico, salito al 34% del PIL rimangono comunque attestati su valori molto più bassi rispetto ai principali Paesi OCSE. Per quanto concerne la valuta nel corso del 2015 il dollaro australiano si è leggermente deprezzato nei confronti delle principali valute internazionali, a causa principalmente del crollo del prezzo delle materie prime. Il FMI sottolinea che la sfida per Canberra nei prossimi anni sarà quella di ridurre l'eccessiva dipendenza dell'economia dall'andamento del settore minerario rafforzando ulteriormente il settore dei servizi, del turismo, dell’educazione e del comparto agroalimentare. Inoltre , il FMI propone un aumento degli investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture e della riqualificazione urbana, in particolare dei trasporti pubblici. Le Autorità australiane sono poi invitate ad adottare misure volte a rafforzare l'innovazione, la ricerca scientifica e la produttività. Il FMI si auspica una riduzione della spesa pubblica, aumentata negli ultimi anni, e contemporaneamente una riforma fiscale al fine di diminuire l’eccessiva pressione fiscale sulle aziende. IL SETTORE AGROALIMENTARE AUSTRALIANO L’agricoltura australiana si basa fondamentalmente su attività pastorale/rurale con un intenso sviluppo, negli ultimi anni, di altri settori quali l’orticoltura e l’allevamento di bestiame. Sebbene l’agricoltura in Australia non contribuisca con larga percentuale al PIL del paese fermandosi attualmente a circa il 2% (contro l’80 % di 50 anni fa), essa utilizza la gran parte delle risorse naturali del paese: circa il 65% delle acque e quasi il 60% del territorio coltivabile. Nel 2012 l’ABS (Australian Bureau of Statistics) ha censito 135.692 aziende agricole in Australia. Il CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation) ha previsto che il cambiamento climatico provocherà una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell’Australia e che questo avrà conseguenze sulla disponibilità di acqua necessaria per un’agricoltura di qualità. Altre sfide che l’agricoltura australiana deve affrontare sono la siccità e la sicurezza idrica, la bassa fertilità del suolo, il riscaldamento globale del pianeta causato dai cambiamenti climatici, la biosicurezza (minacce biologiche da alimenti importati e bestiame), i dazi dei paesi esteri sulle esportazioni australiane, l’oscillazione della valuta australiana nei confronti di quelle dei mercati ove l’Australia esporta e la volatilità dei prezzi. Le coltivazioni, soprattutto quelle arative, sono realizzate facendo ampio ricorso a macchinari ed attrezzature, mentre per quanto riguarda l’allevamento, localizzato nelle aree più aride del Paese, il ricorso alla meccanizzazione risulta abbastanza ridotto. In termini di produzione, la voce principale è rappresentata dal grano e le maggiori estensioni di coltivazioni destinate a questa produzione si trovano nell’ovest del Paese (circa 5 milioni di ettari) e nel Nuovo Galles del Sud (3,47 milioni di ettari). Occorre inoltre sottolineare che l’Australia è uno dei più grandi produttori mondiali di frutta (soprattutto mele, arance e banane) ed ha assunto notevole importanza la coltivazione della vite, facendo diventare il paese un importante produttore di vini. Nonostante sia prevalentemente arido, il paese presenta una varietà di climi e di tipi di terra che consentono la coltivazione di un’ampia 2 gamma di prodotti alimentari. Di conseguenza, la maggior parte dei prodotti alimentari venduti in Australia è coltivata e fornita dagli agricoltori australiani. L'industria alimentare ricopre un ruolo fondamentale nell'economia australiana. L’agroalimentare è la più grande industria manifatturiera in Australia; l’alta qualità dei suoi prodotti, insieme all’utilizzo di tecnologie avanzate, fanno del paese un fornitore di lungo temine affidabile per i mercati nazionali e internazionali. Il settore, nell’anno fiscale 2013-14, ha avuto un giro d’affari pari a 114 miliardi di dollari, in aumento dello 0,9% rispetto all’anno precedente. Le imprese australiane del settore sono 27.500 ed impiegano circa 300.000 persone. L’Australia è in grado di esportare quasi i due terzi dei suoi prodotti agricoli, garantendo nel contempo che circa il 97% di frutta e verdura fresca venduta nei supermercati sia di produzione locale. L’ultimo dato ufficiale dell’Australian Food & Grocery Council riporta che per l’anno 201314 l’industria agroalimentare ha fatturato 114 Miliardi di dollari australiani posizionandosi così al secondo posto tra i settori industriali, dietro solo all’industria mineraria. L’industria alimentare rappresenta il 26% del totale delle produzioni delle industrie australiane. Nonostante gli effetti negativi del fenomeno “Italian Sounding” i prodotti agroalimentari Italiani, soprattutto di qualità, sono ancora particolarmente apprezzati e continua il momento positivo di crescita e notorietà. I consumi stanno aumentando soprattutto grazie al lavoro svolto da importatori e distributori locali, che sono gli unici, secondo la attuale regolamentazione australiana, che possono procedere allo sdoganamento per determinati tipi di prodotti. Inoltre la regolamentazione, particolarmente rigida, prevede che ogni prodotto necessiti di una specifica certificazione (ad esempio la certificazione per i formaggi non ha valore per i prosciutti e viceversa) a cui si aggiunge l’obbligo dell’etichettatura, il che rallenta molto il processo di importazione. I dati di importazione dei prodotti agroalimentari italiani in Australia sono ancora in crescita. È anche in decisa crescita tutto il settore legato al Food Processing. In Australia oltre a una grande produzione interna di prodotti alimentari (che per altro esporta in molti paesi) la voce delle importazioni ricopre una grande importanza. Le importazioni australiane di prodotti alimentari e bevande nel 2014 sono ammontate a 9,2 miliardi di euro, in aumento del 5,7% rispetto al 2013. I principali paesi fornitori sono Nuova Zelanda, Stati Uniti e Cina. I prodotti maggiormente importati sono alcolici e bevande, cereali (e suoi prodotti derivati), salse e conserve. L’Italia e’ stato nel 2014 il 6° paese fornitore con un valore totale di 439,14 milioni di euro che rappresenta il 4,8% del totale importazioni, in crescita del 10,15% rispetto all’anno precedente. I prodotti maggiormente importati dall’Italia sono vino, salse e conserve, pasta, caffe’ e prodotti lattiero-caseari. Entrando nel dettaglio delle categorie dei prodotti alimentari maggiormente importati in Australia dall’Italia, si possono notare, al primo posto, con un valore di 88,2 milioni di euro le bevande che include il vino (39,7 milioni di euro), le acque minerali (17,9 milioni di euro) e le altre bevande. Le bevande mostrano una crescita percentuale del 5,9% rispetto all’anno precedente. Al secondo posto 3 con 87,2 milioni di euro si colloca la categoria dei sughi di pomodoro, le passate, i pelati ed altri preparati vegetali. Tali prodotti mostrano una crescita percentuale del 12,4% rispetto all’anno precedente. Al terzo posto con 56,7 milioni di euro troviamo pasta, pane e dolciumi con valori pressocche’ stabili rispetto all’anno precedente. Il sistema distributivo, caratterizzato in Australia da una delle maggiori concentrazioni di mercato al mondo, vede il duopolio delle due catene della GDO – Woolworths and Coles –che rispettivamente con il 40,4% e il 30,3% dominano l’intero mercato di riferimento. Il mercato e’ ancora dominato dai prodotti di marca, ma il trend del Private Label per beni di largo consumo (pasta salse etc.) e’ positivo. I prodotti biologici rappresentano invece il 5% del mercato, ma a seguito della forte domanda dei consumatori, stanno occupando uno spazio sempre piu’ grande all’interno della gamma di prodotti offerti nei punti vendita. Il mercato biologico australiano, considerando prodotti sia di natura alimentare che non, ha raggiunto complessivamente un fatturato (commercio + export) nel 2014 pari a AUD$ 1,72 miliardi (Euro 1,15 mld ), evidenziando un tasso di crescita media annua nel periodo 2009-2014 pari al 15,4%. Tenendo conto della sensibilita’ crescente del consumatore australiano circa l’impatto delle tecniche di produzione sull’ambiente, si ritiene che la vendita di tali prodotti biologici possa continuare a crescere nel prossimo quinquennio per raggiungere nel 2020 un valore pari a 920 milioni di dollari australiani. Se si considerano le vendite dei prodotti biologici complessivi, inclusi i non alimentari, i valori relativi salgono nel 2014 a 1,38 miliardi di dollari australiani. Al loro interno i settore che pesano maggiormente riguardano le vendite di prodotti lattiero-caseari (22,3%), la carne (16,2%), seguono frutta e vegetali e prodotti alimentari confezionati entrambi all’11%. Il mercato del biologico e’ salito alla ribalta in Australia nel corso degli ultimi dieci anni, quando ancora era considerato un settore di nicchia che coinvolgeva solo una minoranza della popolazione. Ora, la forte domanda dei consumatori per la produzione biologica sta inducendo una crescita delle coltivazioni biologiche e dell’allevamento. Il fatturato del settore e’ aumentato negli ultimi 5 anni con un tasso medio annuo del 13,9% per raggiungere i 733.8 Mln di dollari nel 2015-16. Il comparto si prevede in crescita anche per il prossimo quinquennio 2016-2021 con un tasso medio annuo pari al 6,1%. L’Australia vanta la piu’ estesa superficie del mondo dedicata a coltivazioni biologiche. Dati relativi al 2014 mostrano che in Australia il terreno con piena certificazione biologica e’ pari a circa 17,15 Mln di ettari, in conversione sono 1,19 Mln di ettari e in fase pre-certificazione 4,3 Mln di ettari. 4 RELAZIONI INTERNAZIONALI L’Australia è tra i principali attori nella regione Asia Pacifico, area di maggiore crescita economica nel medio-lungo termine e di crescente peso politico e strategico. Canberra vanta una rete di alleanze nella regione con Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda, che costituisce il riferimento politico per lo sviluppo dei suoi interessi. È stato concluso un accordo con gli Stati Uniti per il dispiegamento di 2.500 marines in basi australiane nel Northern Territory. Di particolare importanza per l'Australia sono infine i rapporti con la Cina. La Cina è oggi il primo partner commerciale dell’Australia, trainandone l’economia con la sua domanda di energia e minerali. Dopo quasi deici anni di lunghi negoziati, nel giugno 2015 è stato firmato un accordo di libero scambio. L'Australia è impegnata nel rafforzamento dell’architettura regionale, ora focalizzata sullo “East Asian Summit” affermatosi - dopo l’ingresso di Stati Uniti e Russia - quale foro principale cui ricondurre con procedure multilaterali le questioni di sicurezza nella regione e sulla “Trans Pacific Partnership” per il libero scambio. Tale impegno si accompagna al consolidamento della fondamentale alleanza con gli Stati Uniti, e a un attivismo che - oltre ai tradizionali rapporti con i vicini asiatici – si rivolge ora all’India e all’altra sponda centro-meridionale del bacino del Pacifico, all’Africa, fino al Mediterraneo e al Medio Oriente. A riprova di ciò, il Ministro per il Commercio e l'investimento, Andrew Robb, ha di recente effettuato una visita negli Emirati Arabi Uniti, in Kuwait, Arabia Saudita e Qatar allo scopo, fra l'altro, di promuovere la ripresa dei negoziati per un Accordo di Libero Scambio con i Paesi del Gulf Cooperation Council. L’Australia è stata inoltre membro del CdS per il 2013-2014. Ha inoltre detenuto la presidenza di turno del G20 nel 2014 Rapporti con l’Italia Secondo i dati ISTAT nel 2015 l'interscambio bilaterale tra Italia e l'Australia ha sfiorato i 4,1 miliardi di Euro, con una leggera flessione ( -0,5 % ) rispetto all'anno precedente. Le esportazioni italiane sono ammontate a 3,6 miliardi di Euro, con un leggero calo (-0,4 %) rispetto all'anno precedente, laddove anche le importazioni, pari a 506 milioni di Euro, registrano una lieve flessione (- 0,9%). Ancora una volta il saldo, superiore ai 3 miliardi di Euro, è nettamente a favore dell'Italia. A guidare le esportazioni italiane sono sempre i macchinari, che pur rappresentando il 26,4 % del totale, registrano tuttavia una flessione notevole del 22,6 %, dovuta principalmente al rallentamento del comparto energetico-minerario australiano e alla crisi dell'industria manifatturiera locale. Le sottocategorie più importante di tale voce sono rappresentate dalle valvole di controllo, sicurezza e trasmissione, dai macchinari per la pulitura e il confezionamento, dalle pompe ad aria compressa e turbine a gas. Al secondo posto del nostro export figura il settore dei prodotti alimentari e bevande nel loro insieme con un significativo aumento del 7,9% rispetto all'anno precedente. Degne di nota la crescita delle nostre esportazioni di frutta e ortaggi preparati e conservati( +6,2 %), delle bevande (+5,5%), del vino ( +4,8%) ed anche delle conserve di pomodori pelati ( +4,1%) nonostante l'applicazione di dazi antidumping nei loro confronti. La terza voce delle nostre esportazioni sono i 5 veicoli che salgono all'8,9 % della quota di mercato ed un incremento del 44,6 %. trainate dal forte aumento della vendita di autovetture (+104%), autocarri (+33%) e motocicli( + 19,5%). Al quarto posto sono le esportazioni di apparecchiature elettriche che registrano comunque una flessione del 26,4 % seguite al quinto posto dai prodotti farmaceutici le cui esportazioni sono a loro volta calate del 13,5 %. Al sesto posto cresce del 4,2% il settore dell'ottica, che comprende sia l'occhialeria che gli strumenti medicali. Tra gli altri settori in crescita vanno segnalati l'arredamento (+11,5%), gli articoli in pelle (+33,9%) e della gioielleria (+17,4%). Le principali importazioni italiane dall'Australia sono rappresentate dalla lana, con una quota del 21,7%, seguite da petrolio e gas e dal settore dei cereali. I suddetti tre settori costituiscono oltre il 50% delle esportazioni australiane verso il nostro Paese. Vanno poi segnalate le crescite significative delle esportazioni di prodotti in ferro ed acciaio nonché del vino australiano (+91%) e dell'olio d'oliva. Per quanto attiene alle quote di mercato, i dati dell'Australian Bureau of Statistics (ABS) confermano che anche nel 2015 i primi tre esportatori verso l'Australia risultano essere la Cina ( 23,1%), gli Stati Uniti ( 11,1%) ed il Giappone ( 7,4%). L'Italia ha guadagnato un posto rispetto allo scorso anno figurando all'undicesimo posto tra i principali Paesi fornitori dell'Australia, con una quota di mercato pari al 2,17 % ( rispetto al 2,4 % del 2014). L'Italia mantiene comunque saldamente la sua terza posizione tra i Paesi esportatori dell'Unione Europea dietro la Germania (4,6%) e la Gran Bretagna ( 2,5%). L'Australia rappresenta il quinto mercato di esportazione italiano nell'area dell'Asia-Pacifico dopo Cina, Hong Kong, Giappone e Corea del Sud ed è inoltre il Paese della regione con cui l'Italia registra il più elevato saldo positivo della bilancia commerciale. BARRIERE TARIFFARIE Non esistono particolari barriere tariffarie in Australia. Negli ultimi anni le autorità australiane hanno portato avanti una decisa politica di riduzione del regime tariffario. Attualmente l'80% delle tariffe doganali è uguale o inferiore al 5% e solo il 7% risulta superiore al 20%. Se il materiale da importare in Australia ha un differente paese di provenienza detto dazio può variare, con particolare riferimento ai paesi che hanno un accordo di tipo FTA (Free Trade Agreement) con l’Australia. Ai dazi doganali vanno aggiunti i costi per le procedure doganali (IPC-Import Procedure Charge) e la locale tassa per la vendita di beni e servizi (GST) che vale il 10% del valore dichiarato e va pagata al momento della introduzione della merce in Australia (si può evitare di pagare immediatamente il GST solo se la merce da importare rimane all’interno di magazzini doganali). Il GST è rimborsabile ma solo per le aziende australiane. BARRIERE NON TARIFFARIE Le barriere non tariffarie più vistose si registrano soprattutto in materia di bio-security. - Fitosanitario Le esportazioni di prodotti ortofrutticoli sono limitate al kiwi, non ci sono al momento negoziati in corso per l’apertura del mercato australiano ad altri prodotti, in futuro potrebbero avviarsi negoziati per mele, pere e uva da tavola, ove vi fosse una manifestazione di interesse da parte degli operatori nazionali ad esportare in Australia 6 - Italian sounding Il fenomeno della contraffazione produce, in particolare per il Made in Italy, danni economici ingenti. L’Australia, così come tutti i paesi dove vi è stata una consistente immigrazione italiana, è particolarmente sensibile al fenomeno dell’Italian Sounding. Nello specifico tale fenomeno è prevalentemente caratterizzato da “prodotti che di italiano hanno solo il nome”, vale a dire cibi e bevande che, grazie a una normativa internazionale quantomeno lacunosa, vengono prodotti e venduti utilizzando in maniera impropria parole, immagini, marchi e ricette che si richiamano all’Italia ma che nulla hanno a che fare con la nostra cucina. I prodotti italiani più imitati in Australia sono tra l’altro la mozzarella, il parmigiano reggiano, la pasta, il marsala, la ricotta prodotta con il nome di “ricotta australiana” e i vini; sono sul mercato australiano, del resto, il dolcetto, il barbera, il sangiovese, l’amarone, tutti prodotti con vitigni locali. Secondo un’indagine a livello globale, condotta anche in Australia, risulta “falso” un menù italiano su tre e sono “falsi” quasi una bottiglia di vino su due e nove formaggi su dieci. In Australia, si produce salsa bolognese, mozzarella di bufala campana, burrata e burratina, ricotta, parmesan “Perfect Italiano” con bandiera tricolore in etichetta. Tra le criticità che il mercato Australiano presenta si segnala altresi’ quanto avvenuto in un recente passato quando l’Australian Olive Oil Producers Association ha esercitato una forte pressione mediatica finalizzata a variare la definizione degli standard qualitativi dell’Olio extra Vergine di oliva presente sul mercato creando degli standard autonomi e non riconosciuti dalla normativa internazionale al fine di proteggere la produzione interna. Tale campagna, pur non avendo raggiunto i risultati sperati e’ indicativa degli interessi economici attivi sul mercato australiano. Per poter immaginare delle politiche di intervento l'attenzione dovrà essere portata da una parte sulla possibilità di una sostituzione dei prodotti made in italy rispetto a quelli Italian sounding, dall'altra sulle politiche normative applicate dagli stati dove il fenomeno è più diffuso. Per quello che concerne l’Australia, la normativa sull'etichettatura prevede l’obbligatorieta’ del paese di origine per la commercializzazione dei prodotti del settore food. L'Australian Consumer Law (ACL) prevede che la rappresentazione grafica del prodotto non debba ingannare il consumatore, non importa se implicitamente o esplicitamente per il tramite di parole ed immagini. L'atto propulsivo del controllo è in larga parte rilasciata al consumatore per il tramite di un reclamo da far pervenire ad un organo giurisdizionale che avrà il compito di valutare in particolare se il reclamo sia falso o ingannevole. Le proibizioni principalmente rilevanti nell'ACL sono da rinvenirsi nella condotta ingannevole da parte del produttore che si manifesti in una pubblicita’ ingannevole nei danni del consumatore. Il reclamo potrò avere ad oggetto: - Modello, qualità, valore, grado , composizione, stile 7 - Il luogo di origine E' consentito l'utilizzo di emblemi nazionali e altri simboli iconici possono generalmente essere usati nel packaging, ma il loro uso non deve creare un’impressione fallace sull’origine del prodotto. A seconda delle azioni portate avanti, i rimedi (giuridici) possono includere il risarcimento del danno, ingiunzioni o altri tipi di ordini. Nonostante non riguardi prodotti italiani, si intende riportare, a titolo semplificativo, una decisione della corte Federale Australiana che ha protetto i consumatori rispetto ai richiami ingannevoli di luoghi d’origine avviando una procedura contro una compagnia conosciuta come king island meatworks e cellars. La società dichiarava falsamente che interamente o sostanzialmente forniva carne allevata sull’ isola KING in ragione del suo nome commerciale, King island meatworks e cellars, del suo logo king Island e del suo uso delle parole ‘’King Island’’; quando la carne che veniva messa in commercio (o comunque una significante quota di essa) non veniva dall’ isola King. La corte ha concordato con la Australian Competition and Consumer Commission e ha stabilito che la compagnia e il suo dirigente hanno contravvenuto alla Australian Consumer Law. A questo proposito evidenziamo le posizioni espresse dall’Intellectual Property Australia (IP), ente responsabile per la registrazione e la tutela dei marchi commerciali, in merito ai casi di Italian sounding per il tramite del suo Direttore Patricia Kelly, in un incontro avuto con l’Ambasciatore d’Italia in Australia, Pier Francesco Zazo. La Kelly ha evidenziato che l'Australia essendo un Paese multiculturale ritiene che gli immigrati di origine italiana abbiano il pieno diritto di preservare il loro retaggio culturale. E' pertanto loro consentito di utilizzare nomi italiani per la denominazione dei marchi e prodotti italiani, a condizione che il consumatore non venga esplicitamente ingannato sull'effettiva provenienza del prodotto. L'Australia, in linea con i principi di liberismo economico di stampo anglosassone, presenta infatti un sistema normativo volto principalmente alla tutela del consumatore anziché del produttore. Inoltre, nella visione australiana le indicazioni geografiche protette rappresentano una mera descrizione dell'origine geografica del prodotto, non meritevole di particolare tutela. In particolare l'Australia non riconosce al territorio d'origine di un prodotto alcun peculiare valore storico e geografico tale da renderlo sul piano qualitativo irriproducibile altrove. Sempre in riferimento alle Indicazioni geografiche protette la Direttrice dell'IP ha segnalato che in Australia vige una normativa in materia di packaging e di etichettatura (Food Standards Code), che disciplina le modalita' di indicazione della provenienza del prodotto. In tale normativa, che riflette la cultura australiana, l'indicazione geografica corrisponde meramente alla provenienza del territorio non rivestendo pertanto l'accezione piu' ampia intesa nel senso comunitario di denominazione di origine di un prodotto, la cui specificita' e' il legame con una terra o con una lavorazione esclusiva. Conseguentemente l'origine del prodotto nel sistema australiano non viene tutelato a meno che l'etichetta dovesse riportare una manifesta dichiarazione mendace sulla provenienza geografica. 8 L’argomento dell'Italian Sounding e’ stato affrontato anche con la Australian Competition and Consumer Commission (ACCC). L'ACCC, che e' un ente indipendente simile alla nostra Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, ha il compito di accertare eventuali pratiche commerciali scorrette e forme di pubblicita' ingannevoli e comparative illecite nonche' di raccogliere segnalazioni da consumatori che si ritengono lesi. L’ACCC ha poi preso in esame una serie di casi eclatanti di Italian sounding (vd. Appendice) raccolti dall’Ufficio ICE-Agenzia di Sydney al fine di verificare se nella fattispecie esistono effettivamente o meno le condizioni di una pubblicita' ingannevole del consumatore tale da poter eventualmente intraprendere delle misure legali nei confronti dei produttori resisi responsabili di comportamenti scorretti. In breve le conslusioni della ACCC sulle fattispecie esaminate hanno evidenziato che in alcuni dei casi segnalati si potrebberro ravvisare margini per applicare la normativa australiana, segnatamente quella in materia di tutela dei consumatori, ma le questioni dovrebbero essere affrontate caso per caso per vie legali. L'utilizzo di nomi italiani nella scelta del logo, del marchio e dei prodotti e financo la riproduzione dei colori della bandiera italiana non sono necessariamente ritenuti dall'ACCC prove sufficienti per pervenire alla conclusione che nella fattispecie il consumatore sia stato ingannato. Infatti, l'esame viene svolto dopo un'accurata valutazione d'insieme e l'ACCC deve pervenire alla conclusione incontrovertibile che il consumatore sia stato scientemente ingannato sulla provenienza del prodotto. In definitiva, il sistema normativo australiano sembra offrire al momento solo un limitato margine di strumenti a disposizione per azioni legali a tutela delle indicazioni geografiche e di repressione del fenomeno dell'Italian sounding. Lo strumento di gran lunga piu' efficace a difesa delle Indicazioni geografiche protette italiane e di lotta al fenomeno dell'Italian Sounding dovrebbe essere quindi rappresentato da una efficace e capillare azione di sensibilizzazione e campagne promozionali sui media e siti informatici australiani da parte italiana nonche’ a margine di eventi di degustazione e presentazione di prodotti enogastronomici, volte ad educare i consumatori australiani, sulle eccellenze del vero Made in Italy. Al riguardo, va osservato che i consumatori australiani, grazie al loro elevato tenore di vita, frequenti viaggi all'estero e grande ammirazione per la cultura e gastronomia italiana, dovrebbero essere influenzati positivamente da tale campagna promozionale illustrante la bonta' dei prodotti agroalimentari autenticamente italiani. COMMERCIO AGROALIMENTARE Nel corso del 2015 le esportazioni di prodotti agroalimentari sono ammontate a 466,144 meuro con un aumento del +6% rispetto al 2014. I prodotti esportati di maggiore rilevanza sono stati: prosciutti, formaggi e latticini, fragole, lamponi ecc., caffè, riso, farina di frumento, succhi estratti vegetali, olio oliva, grassi e olii vegetali, 9 preparazioni conserve di pesce, prodotti a base di zuccheri, cioccolato, paste alimentari, prodotti della panetteria e pasticceria, pomodori preparati, ortaggi e legumi preparati, salse preparate, preparazioni alimentari, aceque minerali, vini, alol etilico, aceti. Le importazioni sono ammontate a 159,061 meuro in aumento del +21% rispetto al 2014. I prodotti importati di maggiore interesse sono stati: carni bovine fresche o refrigerate, carni bovine congelate, pesci freschi o congelati, cipolle, agli ecc., frutta a guscio fresca o secca, frumento, mais, semi destinati alla semina, succhi ed estratti vegetali, olio di oliva, vini. Il saldo commerciale complessivo è ammontato a 307,082 meuro con un aumento del +0,1%. Nel corso dei primi 11 mesi del 2016 le esportazioni di prodotti agroalimentari sono ammontate a 450,900 meuro con un aumento del +5% rispetto allo stesso periodo del 2015. Le importazioni sono ammontate a 130,386 meuro in riduzione del -15% rispetto al 2015. Il saldo commerciale è ammontato a 320,514 meuro con un aumento del +16%. Si allegano le schede relative al commercio agroalimentare per i trienni 2013-2015 e 2014-2016 (gennaio-novembre). 10