Domande al convegno di Borgoricco
Qual è il modello teorico con cui è stato condotto il gruppo di auto-aiuto?
Prof. Ferruzza: Il modello teorico di riferimento è stato quello psicodinamico che fa riferimento alla
teoria psicoanalitica ed in particolare alla teoria psicoanalitica applicata ai gruppi.
La modalità di conduzione implica la possibilità di esprimere verbalmente i propri affetti e quindi la
possibilità di una espressione mentale della propria sofferenza; questo porta, secondo la nostra
ipotesi e la nostra pratica, ad un miglioramento della capacità di ‘convivere’ con la malattia e di
relazionarsi con gli altri. Quindi non è un gruppo in cui si insegnano delle cose, in cui c’è un
modalità di conduzione di tipo direttivo, non si pretende di insegnare niente ai pazienti (siamo noi,
piuttosto, che spesso impariamo dai pazienti). Il gruppo serve da ‘contenitore’ dove i pazienti
possono portare le loro sofferenze e le loro problematiche e dove possono condividerle con gli altri
ed allora la funzione del gruppo è quella di aiutarli ad esprimerle. Inoltre il gruppo offre un
sostegno nelle situazioni in cui il contesto sociale non è particolarmente accogliente.
Si è notata una intolleranza o bassa tollerabilità agli anticolinesterasici nei pazienti sieronegativi,
è una dimostrazione che il blocco non sarebbe migliorato da un eccesso di acetilcolina?
Dott. Bonifati: Attualmente abbiamo in trattamento quattro pazienti positivi per anticorpi anti-musk.
Similmente a quanto riportato in letteratura, abbiamo notato una discreta variabilità nella risposta e
nell’intensità della risposta agli anticolinesterasici. I pazienti talora non rispondono in modo
brillante ai farmaci anticolinesterasici o quando vi è risposta, questa può essere eccessiva. Tali
effetti sono probabilmente legati al meccanismo d’azione degli anticorpi che interagiscono
alterando la funzione del recettore senza causare un danno classico come quello da anticorpi antirecettore dell’acetilcolina. È evidente che in questa situazione modificare la quantità di acetilcolina
a livello della placca neuromuscolare può avere effetti non sempre prevedibili.
I pazienti che non hanno né gli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina np gli anticorpi anti-musk
soffrono, nella vostra esperienza, di disturbi colinergici legati all’uso degli anticolinesterasici?
Dott. Bonifati: I disturbi colinergici sono difficili da valutare in questi pazienti, cosidetti “doppi
negativi”, perché è probabile siano un gruppo molto eterogeneo. Alcuni sono miastenici oculari, di
solito negativi agli anti-musk, che probabilmente hanno titoli anticorpali molto bassi di anticorpi
anti-recettore dell’acetilcolina, così che l’effetto su vede solo a livello dei muscoli oculari. Oppure
potrebbero esserci, all’interno di questa categoria, pazienti che hanno anticorpi contro altre proteine
tuttora non identificate. Vi sono studi recenti del gruppo di Oxford diretto dalla professoressa
Vincent che hanno identificato anticorpi in grado di causare desensitizzazione del recettore (una
mancata risposta del recettore come se ci fosse troppa acetilcolina). E’ possibile pertanto che nei
pazienti “doppi negativi” la risposta agli anticolinesterasici possa essere molto variabile.
Come mai in questi pazienti il timo sembra non avere nessun ruolo?
Dott. Bonifati: Non vi sono molti studi in merito ma sappiamo che la produzione di anticorpi contro
alcune proteine è cellulo-mediata (richiede l’aiuto di linfociti, una particolare sottocategoria di
globuli bianchi) mentre anticorpi contro altre proteine sono prodotti in modo maggiormente
indipendente dai linfociti. D’altra parte molte malattie autoimmuni non si associano ad anomalie
timiche. Pertanto il tipo di anticorpi determina l’importanza del timo. Nel timo infatti non si
educano a riconoscere i propri tessuti, le cellule che producono direttamente gli anticorpi ma i
linfociti. Altro motivo può essere il fatto che le cellule mioidi (cellule presenti nel timo, che
assomigliano al muscolo e si ritiene siano coinvolte nella patogenesi della miastenia gravis)
esprimono il recettore per l’acetilcolina ma in misura molto minore altre proteine della membrana
neuromuscolare.
Il comportamento del muscolo causato dalla malattia è condizionabile anche con l’intervento di
tipo fisico o solo curando la malattia?
Prof. Angelini: In riferimento all’atrofia muscolare che si può sviluppare in alcuni pazienti poco si
può fare per la ptosi palpebrale, alcuni oculisti prescrivono delle protesi reggi palpebra che possono
aiutare mentre per gli altri muscoli, una volta stabilizzata la condizione, è utile l’attività fisica, il
camminare per esempio aiuta anche la respirazione, e previene l’atrofia che si stabilirebbe se un
paziente limitasse al minimo l’uso della sua muscolatura. Perciò credo che un minimo di attività
fisica sia utile anche ad un miastenico.
C’è correlazione tra insorgenza della miastenia con i portatori di anemia mediterranea o con
anemia microcitica?
Prof. Angelini: Non c’è correlazione diretta con l’anemia microcitica e non ci sono evidenze di
diversità epidemiologiche regionali della malattia. Non sono neanche stati fatti studi specifici
sull’anemia microcitica.
Può il vaccino anti influenzale scatenare la miastenia dato che mi si è manifestata dopo tre giorni
dalla vaccinazione?
Dott. Bonifati: Difficile rispondere nel singolo caso dato che potrebbe trattarsi anche di
coincidenza. Il vaccino attiva il sistema immunitario pertanto se in un organismo vi erano già
linfociti pronti a produrre anticorpi contro il muscolo, è chiaro che la vaccinazione, attivando il
sistema immunitario, può averli in qualche modo scatenati. Anche l’influenza vera e propria come
tutte le malattie infettive può attivare il sistema immunitario.
Prof. Angelini: Dato il meccanismo di mimetismo molecolare si osservano miastenie post
vacciniche, si sono visti casi di pazienti che si sono recati all’estero che poi hanno presentato ptosi o
miastenia oculare per fortuna si tratta sempre di forme molto lievi.
Qual è l’opinione medica sull’utilità della vaccinazione anti influenzale anche alla luce della
recente influenza aviaria. Dato che sia la vaccinazione che l’influenza attivano il sistema
immunitario aggravando la malattia ma che il vaccino ha un potere attivante maggiore, forse il
male minore è rischiare di prendere l’influenza?
Prof. Angelini: La mia opinione è che la situazione è complicata dal fatto che i pazienti sono quasi
sempre sotto regime di immuno-soppressione quindi c’è il rischio che la vaccinazione non abbia
effetto. Si potrebbero interrompere i farmaci immuno-soppressivi per il periodo necessario ma poi
servirebbero mesi per riportare la situazione sottocontrollo per cui non so se la sospensione
dell’immuno soppressione sia utile. Gli unici casi a cui delle volte consento alla vaccinazione sono
quando i pazienti sono in terapia con corticosteroidi a giorni alterni. Ma è meglio non farle.
Dott. Bonifati: Sono d’accordo con quanto detto dal Prof. Angelini. La concomitante presenza di
immunosoppressori rende inutile la vaccinazione perché non vi sarebbe un adeguata risposta
immunitaria mentre ci si espone ai rischi dell’attivazione immunitaria che, considerato il compito
della vaccinazione, non è detto sia più lieve dell’influenza vera e propria. Credo che si debba
seguire il principio del “primum non nocere”.
Vorrei sapere, per i maschi, che problemi potrebbero avere i loro figli, se un domani hanno dei
figli, o se vi sono problemi di fertilità?
Ricciardi: In genere non ci sono problemi se non legati alla debolezza muscolare temporanea che
può avere un individuo. Tutti i pazienti miastenici hanno figli e figli sani!
Sulla presenza concomitante di altre malattie auto immuni come per esempio l’ipo tiroidismo.
Ricciardi: Le malattie auto immuni amano molto associarsi e le malattie auto immuni che più di
frequente si associano alla miastenia sono quelle della tiroide. Sia l’iper che l’ipo tiroidismo sono le
due patologie auto immunitarie che più spesso si rilevano nel paziente miastenico. Devo dire, a
conforto di chi ha le due patologie che, stranamente, i soggetti che hanno la miastenia e anche l’
iper o l’ipo tiroidismo hanno forme di miastenia meno gravi. Collaborando con il gruppo del Prof.
Pinchera, che ha in carico un’infinità di pazienti tireopatici e anche diversi pazienti con miastenia,
abbiamo rilevato questa peculiarità e cioè che avere un disturbo della tiroide è quasi una fortuna…
forse perché quando l’autoimmunità si diversifica su più fronti è meno aggressiva nei confronti dei
recettori muscolari.
Si può avere remissione della miastenia rimanendo quella oculare?
Ricciardi: Se rimane il disturbo oculare non si può parlare di remissione totale di malattia. Se la
malattia, da una forma generalizzata poi si limita al solo disturbo oculare è comunque una vittoria
perché la forma oculare è la forma più benigna e meno grave della malattia e quindi la possiamo
considerare una “parziale remissione”.
Perciò uno si accontenta?
Riccardi: Si, uno si accontenta! :-)
Vorrei sapere qualcosa sulla statistica delle lesioni da paralisi del frenico.
Bortolotto: La paralisi del nervo frenico è contemplata tra le possibili conseguenze della
timectomia. Durante le manovre di dissezione del timo e soprattutto del grasso mediastinico, per
ottenere un’accurata radicalità resettiva si devono scollare i tessuti contigui al nervo frenico e quindi
questa struttura risulta esposta e vulnerabile. Generalmente l’inabilità alla trasmissione nervosa è
transitoria, verificandosi una specie di “stupore” del nervo che poi riprende, a distanza di tempo, la
sua fisiologica attività. Altre volte invece questa ripresa non avviene in maniera completa,
nonostante sia stata rispettata l’integrità anatomica del nervo. In tali casi si può pensare ad una
sommazione di fattori negativi dovuti da un lato alla manipolazione chirurgica del nervo e dall’altro
alla malattia miastenica, fattori che potrebbero causare rispettivamente diminuizione della capacità
nervosa a trasmettere l’impulso e difficoltà alla traduzione dell’impulso a livello della placca
neuromuscolare diaframmatica. Anche i nervi vaghi ed i nervi ricorrenti che da questi si dipartono
possono subire le medesime alterazioni della funzionalità, per motivi anatomici essenzialmente a
sinistra, con conseguente disfonia per ipomobilità dell’emilaringe corrispondente. D’altro canto la
necessità di asportare tutto il grasso mediastinico, che come abbiamo visto può essere sede di isole
ectopiche di tessuto timico, impone al chirurgo che vuole perseguire la radicalità resettiva di
eseguire una minuziosa dissezione arrivando in stretta contiguità a tali nervi: questi potenzialmente
possono venire irritati, per esempio dal calore sprigionato dall’elettrobisturi. C’è comunque da dire
che la tecnica chirurgica miniinvasiva robotica consente di eseguire, grazie alla visione
tridimensionale ed alla multiplanarietà dei movimenti degli strumenti, una precisa dissezione di tali
strutture diminuendo così il rischio di microtraumatismi dei nervi, fatto che potenzialemte
permetterebbe di ridurre la percentuale di ipomobilità frenica.