Farmaci nel prontuario PHT: focus su insulina, analoghi del GNRH e gonadotropine
Programma:
14.00-15.15 (Ragazzi)
Farmacologia clinica di nuovi analoghi dell’insulina: glargina e detemir
15.30-16.45 (Ragazzi)
Focus nel trattamento farmacologico di tumori ormono-dipendenti: impiego di analoghi del GnRH
17.15-18.30 (Ragazzi)
Possibilità terapeutiche delle gonadotropine nella cura dell’infertilità
18.30-19.15 (Ragazzi/Guiotto)
Presentazione di problemi collegati alla attività professionale del farmacista con confronto e
discussione con i discenti
19.15-19.45
Test di valutazione
DOCENTI
Prof. Eugenio Ragazzi - Dipartimento di Farmacologia e Anestesiologia Università di Padova
Prof. Adriano Guiotto – Dipartimento di Scienze Farmaceutiche Università di Padova
Contenuti generali della giornata
Il corso è strettamente collegato al precedente FARMACI NEL PRONTUARIO PHT: FOCUS SU
INTERFERONI ED ERITROPOIETINE e ne rappresenta una naturale continuazione.
I farmaci del PHT (Prontuario della continuità assistenziale Ospedale-territorio) negli ultimi anni
venivano distribuiti quasi esclusivamente attraverso le strutture pubbliche: reparti ospedalieri,
farmacie ospedaliere, distretti sanitari.
Dopo un periodo di sperimentazione, è stato possibile realizzare un sistema di distribuzione per
conto che presenta vantaggi riassumibili in tre punti:
a. Risparmio per le ASL in quanto i farmaci vengono acquistati attraverso asta.
b. Rendicontazione pezzo per pezzo collegata a: paziente, medico prescrittore, farmacia che
eroga.
c. Comodità di approvvigionamento per il paziente.
Alla luce di quanto sopra appare evidente come le Farmacie si trovino a distribuire un numero
sempre crescente di tali farmaci e come, di conseguenza, sia importante per il farmacista territoriale
conoscerli sempre meglio, sia per essere di supporto alla classe medica che già istruisce il paziente
favorendo la compliance terapeutica, sia soprattutto per poter evitare che il paziente associ farmaci
di automedicazione che potrebbero avere interazione con i farmaci del PHT in uso.
Una trattazione sistematica delle singole categorie terapeutiche permetterà un aggiornamento
puntuale del farmacista territoriale, a maggior ragione utile in quanto si tratta di farmaci di nuova
generazione che, a parte i colleghi più giovani, non sono stati compresi nel suo piano di studi.
Il farmacista così formato potrà più validamente operare all’interno della rete sanitaria integrata che
è a disposizione del cittadino-paziente.
Farmacologia clinica di nuovi analoghi dell’insulina: glargina e detemir
Abstract
La secrezione insulinica nel soggetto sano è regolata in modo da mantenere uno stato euglicemico
(ossia con glicemia compresa tra 4 e 6 mmol/L, non superiore comunque a 7 mmol/L, soglia
considerata indicativa di diabete). Accanto ad uno stato basale di secrezione dell’ormone si
osservano picchi secretori in relazione all’ingestione di cibo che agisce da potente stimolatore della
secrezione insulinica.
A seguito della nuova era nella terapia insulinica, caratterizzata dalla sostituzione di insuline
animali estrattive con quelle umane ottenute da tecnologia del DNA ricombinante, negli anni più
recenti la ricerca farmacologica e l’industria farmaceutica si sono interessate dello sviluppo di
nuove formulazioni insuliniche che potessero ottimizzare la cura del diabete in modo da rendere la
farmacocinetica dell’ormone più vicina alla secrezione fisiologica. Altri aspetti rilevanti nello
sviluppo di nuove insuline sono inoltre la possibilità di ridurre la frequenza di somministrazione,
idealmente una sola dose al giorno, e nel contempo contenere i costi della spesa farmaceutica.
Nuovi interessanti analoghi dell’insulina sono apparsi nella scena terapeutica del diabete da vari
anni, come l’insulina lispro e aspart, molecole che grazie ad una modifica strutturale sono provviste
di una particolare rapidità dell’azione ipoglicemizzante, in grado di mimare perfettamente la
risposta secretoria fisiologica indotta dal cibo, molto meglio rispetto alle formulazioni
convenzionali di insulina pronta.
Per quanto riguarda la secrezione basale di insulina, le tradizionali forme di insulina come l’insulina
ultralenta e NPH, hanno numerosi svantaggi. Innanzitutto si tratta di sospensioni che richiedono
una corretta risospensione (spesso trascurata dal paziente) prima della somministrazione; esse
presentano comunque un effetto di picco che espone al rischio di episodi ipoglicemici, soprattutto
notturni, e spesso hanno, in aggiunta alla variabilità del profilo farmacodinamico, anche una durata
di azione al di sotto del valore ottimale, con esaurimento dell’effetto in genere dopo soltanto 12-14
ore. Tale fatto costringe molti pazienti ad una ulteriore somministrazione giornaliera.
Alla luce di queste esigenze, sono stati sviluppati due nuovi analoghi di insulina, l’insulina
glargina e l’insulina detemir, che sono stati immessi in commercio per ovviare ai problemi di una
terapia insulinica basale.
L’insulina glargina è ottenuta mediante la sostituzione della glicina con asparagina in posizione 21
della catena A e aggiungendo due molecole di glicina in posizione B30. Tali sostituzioni inducono
lo spostamento del punto isoelettrico che in sede sottocutanea induce la precipitazione dell’insulina,
ritardandone l’assorbimento a livello ematico.
L’insulina detemir è caratterizzata dalla ablazione dell’aminoacido treonina nella catena B in
posizione 30 e l’inserimento di una molecola di acido miristico (C14) in posizione B29, in modo da
consentire, nella sede sottocutanea di somministrazione, la fomazione di aggregati molecolari, e nel
contempo aumentarne il legame all’albumina, in modo da consentire una cinetica di rilascio ai
tessuti più prolungata.
Tali nuove molecole possiedono una maggiore durata d’azione e minori effetti di picco, se
confrontate all’insulina NPH. Le due molecole, nonostante siano spesso considerate simili, hanno in
realtà delle differenze. Glargina viene citata come una insulina a lunga azione senza picco con
ridotta variabilità che può consentire una unica somministrazione giornaliera, mentre l’insulina
detemir, pur possedendo una ridotta variabilità interindividuale, possiede ancora un debole effetto di
picco ed una durata d’azione intermedia che spesso richiede una doppia somministrazione
giornaliera.
Ulteriori aspetti rilevanti di queste nuove molecole sono il contenimento dei livelli di emoglobina
glicosilata (HbA1c, indice di controllo metabolico), e minore tendenza ad un incremento del peso
corporeo, fenomeno particolarmente evidente in caso di scarso controllo metabolico. Queste nuove
insuline costituiscono dunque un significativo miglioramento nella terapia farmacologica del
diabete insulino-dipendente.
funzionale in un altro organismo vivente in modo che possa produrre farmaci di natura proteica.
Focus nel trattamento farmacologico di tumori ormono-dipendenti:
impiego di analoghi del GnRH
Abstract
Il ruolo della soppressione degli androgeni nella terapia del tumore prostatico rimane ancora
controverso. Nonostante la terapia chirurgica rimanga il trattamento di elezione in pazienti con età
inferiore a 70 anni e con malattia localizzata, gli effetti benefici della terapia soppressiva degli
androgeni in pazienti affetti da cancro prostatico con metastasi sintomatiche sono estremamente
rapidi ed evidenti, come pure vi sono dimostrazioni cliniche di aumento della sopravvivenza in casi
di cancro prostatico localizzato trattato con radioterapia.
Inizialmente negli anni ’40 l’inibizione androgenica era ottenuta per via farmacologica mediante
somministrazione di dietilstilbestrolo, ma tale terapia si associava a un aumento significativo di
tossicità cardiovascolare. Con l’isolamento nel 1971 del decapeptide ormone ipotalamico rilasciante
le gonadotropine (GnRH) si iniziò a osservare che l’esposizione cronica a tale ormone conduceva a
soppressione del testosterone per effetto di desensibilizzazione ipofisaria a livello dei recettori per il
GnRH. L’eliminazione del sesto aminoacido nella molecola del GnRH ha permesso di ottenere il
leuprorelin (leuprolide acetato), provvisto di potenza circa 100 volte maggiore del precursore
naturale. Le successive molecole ottenute modificando il sesto aminoacido del GnRH furono
goserelin, triptorelin, buserelin e histrelin, impiegate largamente a livello clinico. Gli analoghi
del GnRH possiedono simile attività nel sopprimere gli androgeni, anche se è stato dimostrato che
la sopravvivenza complessiva è maggiore nei pazienti trattati con triptorelin in confronto a
leuprorelin (97% vs 90.5% nella sopravvivenza a 9 mesi). Ulteriori differenze tra i diversi farmaci
del gruppo comprendono la frequenza e la modalità di somministrazione, che può avvenire per
iniezione intramuscolare, sottocutanea o impianto sottocutaneo, anche utilizzando formulazioni
depot. L’impiego clinico degli agonisti GnRH nel carcinoma prostatico ha visto un rapido aumento
dal 3.7% nel 1991 al 30.9% nel 1999, in tutti gli stadi di tumore e soprattutto in pazienti con età
superiore a 80 anni.
Gli analoghi del GnRH presentano effetti indesiderati acuti e cronici. Una delle limitazioni nell’uso
di tali farmaci è il cosiddetto fenomeno di “flare”, attribuito all’aumento improvviso dei livelli di
testosterone per iniziale stimolazione massiva operata sui recettori per il GnRH, che può anche
essere fatale in pazienti affetti da metastasi di grandi dimensioni, ma controllabile con la
contemporanea somministrazione di un antiandrogeno. Effetti indesiderati acuti comprendono
vampate di calore, perdita della libido e disfunzione erettile, mentre effetti cronici si manifestano
con eventi a carico del sistema muscolo-scheletrico (soprattutto osteoporosi e fratture), ematologico
(anemia), neurologico (depressione e diminuzione della funzione cognitiva) e cardiovascolare. Gli
eventi avversi possono essere limitati ricorrendo ad una somministrazione intermittente.
Gli analoghi del GnRH sono utilizzati inoltre nella cura dell’endometriosi, patologia dipendente dai
livelli estrogenici che colpisce fino al 15% della popolazione femminile in età fertile. La patologia
consiste nella proliferazione di tessuto endometriale in aree al di fuori dell’utero, soprattutto a
livello delle ovaie e peritoneo, causando dismenorrea e dolori pelvici. Gli studi clinici condotti
hanno dimostrato una buona efficacia del trattamento con leuprorelin i.m. una volta al mese e per
sei mesi complessivi.
Uno degli usi più interessanti degli analoghi del GnRH consiste nella terapia ormonale del
carcinoma mammario. In donne con tumore che presenti recettori per estrogeni, la terapia endocrina
soppressiva con un analogo del GnRH per 2-3 anni (in associazione anche a un antiestrogeno, come
il tamoxifene) si è dimostrata altamente efficace in termini di sopravvivenza e assenza di recidive di
malattia. Gli studi clinici indicano che il trattamento adiuvante produce un beneficio simile alla
stessa chemioterapia citotossica in donne nella pre-menopausa e con malattia recettore-positiva.
L’attività terapeutica si presenta addirittura additiva tra i due trattamenti. La terapia con un agonista
GnRH in associazione a tamoxifene è oggi considerato il trattamento di prima scelta in pazienti in
premenopausa affette da carcinoma mammario.
Possibilità terapeutiche delle gonadotropine nella cura dell’infertilità
Abstract
Gli ormoni follicolo-stimolante (FSH) e luteinizzante (LH) sono globalmente denominati
gonadotropine, e sono deputati alla stimolazione della funzione gonadica per la produzione di
ormoni sessuali. Si tratta di glicoproteine secrete dalle cellule gonadotrope localizzate nell’ipofisi
anteriore; nell’uomo esse stimolano la sintesi di testosterone e di altri androgeni, mentre nella donna
regolano la produzione di estradiolo e di progesterone in modo complesso ed integrato. Una
ulteriore sostanza con attività gonadotropica (luteinizzante) è la gonadotropina corionica (hCG),
secreta dalla placenta.
Le gonadotropine possono derivare da fonti estrattive, come la menotropina, ottenuta da urine di
donne in menopausa, provvista di entrambe le azioni FSH e LH, la urofollitropina, ottenuta da
urine di donne in post-menopausa, dotata unicamente di azione di tipo FSH, ed infine la
gonadotropina corionica, ottenuta per estrazione da urine di donne in gravidanza, provvista di
azione LH.
Attualmente sono a disposizione gonadotropine ottenute con tecniche di DNA ricombinante, in
particolare la follitropina alfa e la follitropina beta, dotate di azione unicamente FSH, la
lutropina alfa, provvista di azione LH e la coriogonadotropina alfa, pure con attività
luteinizzante.
Le gonadortropine, estrattive o ricombinanti, sono impiegate nel trattamento dell’infertilità,
soprattutto nella donna, ma anche nell’uomo.
Nell’infertilità femminile dovuta a mancanza di ovulazione, le follitropine si usano in pazienti che
non abbiano risposto alla terapia con clomifene. La dose e la frequenza di somministrazione (in
genere 75-150 U per via s.c. o i.m. per 7-14 giorni) dipendono dalle esigenze di ogni singolo caso,
valutando la risposta in termini di escrezione urinaria di estrogeni e la visualizzazione ecografica
dei follicoli. Quindi il trattamento viene sospeso e si somministra per 1-2 giorni una singola dose di
gonadotropina corionica (5000-10.000 U) per indurre l’ovulazione. Le follitropine sono impiegate
anche nelle tecniche di fecondazione assistita, per ottenere la maturazione di follicoli multipli e
permettere il prelievo degli ovociti.
Le follitropine sono impiegate anche nell’uomo nella cura dell’infertilità dovuta a ipogonadismo
ipogonadotropo (da alterazione ipotalamico-ipofisaria) per indurre stimolazione della
spermatogenesi. Prima di inziare la terapia con follitropina, si impiega gonadotropina corionica
per innalzare i livelli di testosterone fino a valori normali. Si possono utilizzare in alternativa anche
la menotropina e l’urofollitropina.
La lutropina alfa (75 U per via s.c. o i.m. per 7-14 giorni) trova impiego nell’induzione
dell’ovulazione in donne con grave carenza gonadotropinica, in associazione con follitropina; anche
in questo caso il dosaggio e la frequenza di somministrazione richiedono specifica
individualizzazione, sulla base dell’escrezione urinaria di estrogeni e dell’indagine ecografica dei
follicoli.
La gonadotropina corionica estrattiva (come pure la coriogonadotropina alfa ricombinante) possiede
effetti analoghi a quelli della lutropina, e nella donna è responsabile dell’induzione dell’ovulazione
e formazione del corpo luteo; nell’uomo stimola la produzione di testosterone. Gli impieghi sono
quindi nella terapia dell’infertilità femminile dovuta a basse concentrazioni di gonadotropine, per
indurre l’ovulazione dopo terapia con follitropina o menotropina; la dose è unica (5000-10.000 U
i.m.) per mimare il picco ovulatorio a metà del ciclo, seguita eventualmente da 1-3 dosi di 5000 U
nei successivi nove giorni, per prevenire un’insufficienza del corpo luteo. La gonadotropina
corionica si impiega anche in associazione a menotropina nelle tecniche di fecondazione assistita
per indurre superovulazione e raccolta degli ovociti. Nel maschio, la gonadotropina corionica è
utilizzata anche nel trattamento del criptorchidismo prepubere (500-4000 U i.m. per 3 volte alla
settimana).
Presentazione di problemi collegati alla attività professionale del farmacista con confronto e
discussione con i discenti
Abstract
Saranno illustrati aspetti tecnici particolarmente critici della gestione delle procedure di
distribuzione per conto aprendo il dibattito per sciogliere eventuali dubbi sulla gestione della
procedura e sulle criticità ad essa legate.
Curriculum vitae Prof. Eugenio Ragazzi
Nato a Padova nel 1957, laureatosi con lode nel 1982 in Medicina e Chirurgia presso l’Università di
Padova, nella stessa sede ha ottenuto nel 1985 la specializzazione in Endocrinologia e nel 1990 la
specializzazione in Farmacologia. Dal 1983 ha iniziato la sua attività di ricerca presso il
Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Padova, dove dal 1990 al 1992 ha ricoperto il
ruolo di Ricercatore Universitario. Nel 1989 e 1990 ha inoltre condotto indagini sperimentali presso
il Laboratorio di Ricerche Cardiovascolari del prof. Luiz Belardinelli, Università della Florida,
Gainesville (U.S.A.). Dal 1992 è Professore Associato di Farmacologia Cellulare e Molecolare ed
afferisce al Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia dell’Università di Padova. Svolge la
sua attività didattica per la Facoltà di Farmacia dell’Università di Padova dove attualmente tiene il
corso di Tossicologia e Farmacovigilanza e il modulo di Farmacognosia per la laurea in Chimica e
Tecnologia Farmaceutiche. Inoltre svolge l’insegnamento di Farmacognosia II per la Laurea in
Tecniche Erboristiche e di Basi Farmacologiche della Terapia per la Scuola di Specializzazione in
Farmacia Ospedaliera. La sua attività scientifica, documentata da circa 250 pubblicazioni e tre libri
dedicati alla didattica in campo farmacognostico, si è rivolta allo studio in vitro di meccanismi
molecolari nel campo della farmacologia cardiovascolare, urologica e chemioterapica antitumorale;
attualmente si interessa dell’attività antitumorale in vitro di composti di origine naturale e di
sintesi. Si occupa dell’applicazione di nuove tecniche di analisi multivariata (data mining) rivolte
all’identificazione di markers neoplastici e di patologie dismetaboliche allo scopo di rendere
disponibili nuovi bersagli terapeutici per ottimizzare la terapia farmacologica.