SANT’AGOSTINO Crede ut intelligas, intellige ut credas Il materiale informativo è tratto dal testo: Abbagnano N. - Fornero G., Protagonisti e testi della filosofia, vol. A, tomo 1, Milano, Paravia, 2000 Biografia 354 nasce a Tagaste (Africa romana) Vita disordinata. Coltiva studi classici A 19 anni legge l’Ortensio (opera perduta di Cicerone). Sorta di esortazione alla filosofia che lo indirizza alla ricerca filosofica 374 aderisce alla setta dei Manichei. Insegna retorica a Cartagine. Coltiva amori ed amicizie. Primi dubbi sulla verità del manicheismo 383 a 29 anni si reca a Roma per insegnare retorica e conseguire successo e denaro. Non ha riscontro e si sposta a Milano nel 384. La parola del vescovo Ambrogio lo convince della verità del cristianesimo La lettura di Plotino, che afferma l’incorporeità e l’incorruttibilità di Dio, lo libera dal materialismo cui era rimasto fino ad allora legato. 386 si ritira con alcuni amici nella villa di Verecondo a Cassiciaco (presso Milano) e scrive prime opere: Contro gli Accademici, Sull’ordine, Sulla beatitudine, Soliloqui 387 riceve il battesimo e pensa di tornare in patria per diffondere la sapienza cristiana 391 torna a Tagaste dove fu ordinato sacerdote 395 vescovo di Ippona Attivo per la difesa e il chiarimento dei principi della fede e contro i nemici del cristianesimo 428 il sacco di Roma. Scrive “La città di Dio” 430 muore quando le truppe di Genserico assediano Ippona Temi principali: Il problema dell’uomo …… della sua inquietudine, della sua insoddisfazione, bisogno d’amore, di felicità, della sua crisi… Dimensione soggettiva = interiorizzazione della ricerca filosofica; atteggiamento della “confessione” : chiarire a sé stesso. Tutto l’uomo è ricerca, tensione ad uscire dalla finitezza… Anima è l’uomo interiore, cioè l’io nella sua verità e nella sua semplicità Dio essere trascendente senza il quale non è possibile riconoscere la verità dell’io Ragione e fede Collaborano e si rafforzano a vicenda: crede ut intelligas; intellige ut credas La fede è come la luce che illumina il cammino Oggetto della ricerca di A non è il cosmo ma l’io nella sua singolarità irripetibile e nella sua apertura a Dio Male di vivere come segno della parzialità della finitezza che ci spinge verso Dio… Contro lo scetticismo -Contro il dubbio universale: L’esistenza è indubitabile, perché se anche dubitiamo e ci inganniamo su di essa, pure dobbiamo per forza esistere. Il dubbio inoltre presuppone un rapporto dell’uomo con la verità. Chiunque dubita se la verità esista, vede una cosa sicura della quale è certo… L’uomo che ricerca la verità è imperfetto e mutevole mentre la verità è assoluta e immutabile la verità non può essere che Dio Teoria dell’illuminazione La verità viene da Dio che “illumina” la nostra mente, permettendole di apprendere Come Platone ritiene che nell’uomo esistano verità o criteri di giudizio (la giustizia, il bene, l’eguaglianza) che non possono derivare dall’esperienza mutevole dei sensi. Ritornare in se stessi, rinchiudersi nella propria interiorità significa aprirsi alla verità e a Dio Dio verità perfetta e immutabile sede dei modelli eterni, le idee Oggettività di nozioni che ogni uomo riconosce (es. 2+2 = 4) Luce illuminante Illumina la mente nell’uomo ( reminiscenza in Platone) Fornendole i criteri immutabili di giudizio = la verità divina è misura di tutte le cose, l’intelletto umano è misurato rispetto ad essa Il processo della conoscenza La sensazione e’ la partenza di ogni conoscenza. Non però come passività di fronte al dato esterno, ma come reazione dell’anima di fronte ad esso. Interviene poi la ragione a giudicare secondo criteri assoluti: ciò spiega perché vedendo forme geometriche imperfette siamo in grado di elaborare forme ideali e perfette. Illuminazione = capacità di cogliere tali oggetti perfetti in quanto egli ne è principio. Non facoltà divinatoria ma strumento presente nella ragione naturale dell’uomo Al credente è riservata la capacità di riconoscere in Dio il fondamento di queste nozioni Ontologia Ci sono i corpi, entità fisiche posti nello spazio e nel tempo La natura che comprende non solo i corpi fisici ma anche le entità spirituali Sostanza: riferibile sia ai corpi fisici che alle entità spirituali “ospita” altre caratteristiche Dio è sostanza autosufficiente (che per esistere non ha bisogno di altro) e quindi increata a differenza delle altre sostanze Dio è l’essere sommo, nella sua pienezza, immutabilità e bontà gerarchia dell’essere = le cose possiedono l’essere in maniera diversa, in un crescendo che va dalla materia inorganica a Dio Teologia Dio è Essere in sommo grado È Verità Trascendenza e Rivelazione= si rivela come trascendenza all’uomo che lo cerca nelle profondità del proprio io E’ padre ma anche Figlio, o Lògos o Verbo che muove incontro all’uomo per trarlo a sé Spirito Santo che è Amore. Non ci può essere Amore se non per la Verità e nella Verità Amare Dio significa amare l’amore… l’uomo non può amare Dio se non ama l’altro uomo = l’amore fraterno non solo deriva da Dio ma è Dio stesso L’Amore Solo in se stessi si intravede, per la stessa impossibilità di raggiungerla, la trascendenza di Dio L’uomo non può cercare la trascendenza se essa non lo chiama a sé, non lo sorregge rivelandoglisi nella sua imperscrutabilità. Dio condiziona e rende possibile ogni amore. Non è possibile riconoscerlo come amore se non si ama; e l’uomo non può amare che l’altro uomo… L’uomo immagine di Dio Uomo è, conosce e ama proprio come Dio è Essere (il Padre), Intelligenza (il Figlio), e Amore (Spirito Santo) Tre facoltà dell’uomo: Memoria che è la presenza dell’anima a sé stessa. Intelligenza Volontà o amore = insieme costituiscono una sola vita, una sola realtà ad immagine della Trinità Il male e il peccato Fatto a immagine di Dio l’uomo può rapportarsi ad esso. Scelta: a. vivere secondo la carne, indebolendo e rompendo il proprio rapporto con l’essere, cioè Dio b. vivere secondo lo spirito rinsaldando il proprio rapporto con Dio e preparandosi a partecipare alla sua stessa eternità Peccato = rinuncia all’essere per adattarsi a ciò che è inferiore. Superbia della volontà che si allontana dall’essere. La creazione La mutevolezza del mondo ci dimostra che esso è essere (minuscolo), creato dal nulla per opera di un Essere eterno Ebr. barah della Genesi viene tradotto nei LXX con epòiesen (=fece, che non significa creò, ma ordinò, con riferimento al Demiurgo di Platone) Contro la fil eleatica per cui nulla deriva dal nulla A sostiene la creazione ex nihilo L’origine del mondo Dualismo: Dio come un artigiano opera su di un sostrato materiale originario se esistono altri enti al di fuori di Dio, ciò limita la sua portenza Quindi due origini possibili: a. o Dio trae dalla propria sostanza (ex sese) come afferma l’emanatismo conduce al panteismo (mondo identico a Dio) b. o Dio crea ex nihilo: crea attraverso la Parola cioè il Logos, cioè il Figlio di Dio, coeterno a Dio, che ha in sé le Idee, cioè le forme o ragioni immutabili delle cose = Iperuranio = mente di Dio o Lògos) Tempo - eternità La Bibbia dice: “In principio Dio creò il cielo e la terra…” Cosa faceva Dio prima di creare ? = In Dio nulla è passato o futuro perché è immutabile, cioè un eterno presente tempo implica il mutamento ed è estraneo all’immutabilità di Dio. Dunque è creato da Dio Che cos’è il tempo ? Non è realtà permanente in quanto costituito da passato, che non è più, da futuro che non è ancora e da un presente che trapassa continuamente dal futuro al passato Tempo trova nell’anima la propria realtà: nel distendersi (distensio) della vita interiore attraverso la memoria del passato, attesa del futuro, nella continuità interiore della coscienza che conserva dentro di sé il passato e si protende nel futuro. Problema del male Mani, principe persiano (III sec. d.C.), professava l’esistenza di due principi opposti in lotta eterna e necessaria fra loro se il principio negativo può nuocere a Dio, Dio non è incorruttibile, in quanto può subire una offesa Timeo = il male dipende dalla materia primordiale, ma per A essa è creata da Dio e non può quindi essere che un bene Essere = Bene il male non ha una realtà propria, ma è sempre male di qualcosa… Il male è semplice carenza o privazione del bene, cioè una sorta di parassita accidentale. Mali di natura = o derivano dalla struttura gerarchica dell’universo che ha bisogno per la sua completezza anche di esseri superiori e inferiori; come le ombre sono indispensabili, o i silenzi nell’armonia, così fungono da elementi necessari per l’armonia cosmica Mali fisici = giusta pena per il peccato. Nell’economia della salvezza hanno un significato positivo Male morale risiede nel peccato = deficienza della volontà che rinuncia a Dio e si volge a ciò che è inferiore. Nessuna cosa creata è un male, ma è un male attaccarsi ad essa Contro il donatismo Movimento scismatico che prendeva nome dal vescovo Donato e che sosteneva il principio che la comunità eccl non deve sottostare alle autorità civili. Movimento scismatico dell'Africa settentrionale sorto nel IV secolo al seguito del vescovo Donato e provocato dalla questione dei lapsi, coloro cioè che avevano abiurato di fronte alle persecuzioni. Fondamentale era il principio che la validità di sacramenti quali il battesimo e l'ordinazione dipendessero dalla dignità del ministro; i donatisti credevano infatti nella Chiesa come comunità di eletti. Fu condannato in diversi concili e soprattutto in quello di Arles (431). i fedeli potevano scegliere di non rispettare l’autorità dei ministri religiosi che non si fossero attenuti a tale regola e scegliere di non reputarne validi i sacramenti Contro il donatismo, A. afferma: Validità dei sacramenti è indipendente dal ministro… Rifiuta la concezione della comunità religiosa come élite che si isola dal resto dell’umanità Contro il pelagianesimo Eresia cristiana del V secolo, predicata da Pelagio. Esaltava la potenza della volontà umana, alla quale attribuiva la capacità di opporsi al male e al peccato, per cui non riconosceva il peccato originale e il battesimo perdeva di significato, poiché la volontà era garanzia di salvezza. Fu per gli anacoreti orientali giustificazione della loro ascesi. Pelagio (360 ca. - Egitto 422 ca.). Monaco celtico. Nato in Britannia, dimorò a lungo a Roma, si recò in Africa e a Gerusalemme, predicando un insegnamento ascetico-morale contro il rilassamento del cristianesimo prodotto dal gran numero di nuovi cristiani. Fu osteggiato da san Girolamo e da sant'Agostino e fu condannato dal concilio di Cartagine del 418. Monaco irlandese Pelagio viveva a Roma nei primi anni del V secolo. Esprime critiche ad Agostino = nega che la colpa di Adamo abbia indebolita la libertà originaria dell’uomo e la sua capacità di fare il bene (Adamo è solo un cattivo esempio). L’uomo può operare virtuosamente anche senza l’ausilio della grazia rende inutile il sacrificio di Cristo. La reazione di Agostino al pelagianesimo sostiene: con Adamo aveva peccato tutta l’umanità; umanità massa di dannati nessuno può sottrarsi a questo destino se non con la grazia di Dio. volontà è libera solo quando non è asservita al vizio e al peccato l’individuo può vincere il peccato solo mediante l’aiuto della grazia divina Emerge dunque: pessimismo radicale riguardo all’uomo carattere imperscrutabile della scelta divina che sembra predestinare alcuni alla salvezza escludendone altri Trasmissione del peccato da Adamo a noi ? Traducianesimo = anima trasmessa di padre in figlio attraverso la generazione del corpo. La grazia Ambiguità di Agostino sul problema della grazia = ammette che Dio concede a tutti la grazia sufficiente per la salvezza, pur lasciando a tutti la possibilità di perdersi esalta la potenza della grazia quale dono gratuito, concesso solo ad alcune anime. La città di Dio 410 sacco di Roma / 413-426 scrive il suo capolavoro = alternativa tra vivere secondo la carne /spirito domina anche la storia dell’umanità. Città terrena del diavolo e degli empi città di Dio: la comunità dei giusti Le due città sono mescolate insieme fin dall’inizio della storia umana… Schema teologico: 6 epoche (ultima: dalla venuta di Cristo al suo ritorno alla fine del mondo) Roma = Babilonia dell’Occidente: contro tesi che sfortuna di Roma risiede nell’abbandono del culto tradizionale, mostra come i mali fisici e morali abbiano funestato Roma anche prima del cristianesimo (alla sua origine c’è un fratricidio) La concezione della storia Al tempo circolare dei greci (il mutamento storico appare a loro solo una deviazione da un paradigma) si sostituisce il tempo lineare dei cristiani (come Cristo è morto una sola volta nella croce, così l’uomo ha una sola vita) La storia non è una sequenza di avvenimenti senza senso ma una totalità dotata di significato e di scopo. Principio unificatore è la Provvidenza (forza che oltrepassa le intenzioni degli uomini) e dallo schema triadico: eden-caduta-redenzione. Storia = storia della salvezza che si conclude nell’éschaton (momento finale) Il linguaggio Ogni conoscenza è mediata dai segni: segni naturali (fumo-arrosto) segni intenzionali (le parole, che trasferiscono i concetti da chi parla a chi ascolta) Segni non solo indicano concetti ma anche si riferiscono alle cose. Es. La penna è rossa = comunico una conoscenza ma anche mi riferisco a un oggetto preciso Linguaggio e realtà Platone Cratilo = parola significa in quanto riproduce mimeticamente l’essenza della cosa (es. anthropos) Agostino = significa in quanto comunica un concetto che corrisponde a una realtà (se qualcuno pronuncia una parola alla quale non corrisponde un oggetto che conosco, non capisco) Il De Magistro è stato composto nel 389, dopo il ritorno a Tagaste, in Africa, poco dopo la conversione. E' quindi legato al momento in cui Agostino tenta di definire il rapporto tra fede e ragione, prima delle grandi opere del suo periodo più maturo. Il suo problema è individuare le condizioni che rendono possibile la comprensione razionale dei contenuti dottrinali del cristianesimo. [1] Il De Magistro è uno degli ultimi scritti di Agostino in forma di dialogo: cioè una delle ultime occasioni in cui il metodo dialettico per la formazione della persona, di derivazione platonica, viene utilizzato. Tuttavia, è possibile insegnare senza ricorrere ai segni? [4] Ha così inizio la terza parte e ultima parte del De Magistro (§ 32-46), caratterizzata dall'abbandono del metodo dialettico: adesso è Agostino che conduce da solo un lungo discorso. L'avvio è questo: sì, è possibile insegnare senza ricorrere ai segni, ma mostrando direttamente le cose stesse. Se uno non ha mai visto un uccellatore al lavoro, capirà il suo strano abbigliamento e il senso degli attrezzi che porta quando lo vedrà al lavoro mentre tende le sue trappole agli uccelli. E la cosa può essere estesa alla natura stessa: "non è forse vero che Dio e la natura pongono di fronte a chi guarda e mostrano direttamente in se stessi questo sole e la luce che diffondendosi riveste ogni cosa, la luna e le altre stelle, le terre, i mari e tutti gli innumerevoli esseri che vi nascono?" Anzi, Agostino estende la sua tesi: "nulla si impara mediante i segni con cui viene indicato". Infatti io mi accorgo che un segno è segno di qualcosa perché conosco questo qualcosa, altrimenti non me ne accorgo. La parole capo per indicare la testa di un uomo mi è comprensibile come segno soltanto perché so che il suo significato è la testa di un uomo, altrimenti è per me soltanto un suono, non un segno. Quindi "è il segno ad essere imparato in seguito alla conoscenza della cosa, anziché la cosa in seguito all'osservazione del segno". Le parole quindi "non possono mostrarci le cose per farcele conoscere", possono soltanto stimolarci alla loro ricerca: quindi o a ricordare ciò che sappiamo già o a ricercare qualcosa di nuovo. La conoscenza delle parole rimane solo conoscenza di parole, nulla più. Mi insegna invece qualcosa chi presenta ai miei sensi o alla mia mente le cose che desidero conoscere. E dunque: per le cose esteriori la fonte dovranno essere i sensi; per le cose interiori (e quindi per l'intero mondo non sensibile, per ciò che riguarda il mio intelletto) la fonte non potrà che essere nella mia interiorità: quella luce interiore, parallela alla luce esteriore che permette ai miei occhi di vedere, che abita dentro di noi: Scrive Agostino "Il Cristo, cioè l'immutabile Virtù di Dio e l'eterna Sapienza" [queste parole sono una citazione da San Paolo]. Dunque non si ha comprensione intellettuale perché qualcuno attraverso le parole ci insegna, ma perché vediamo in noi stessi la verità intellettuale. "Le parole possono soltanto aiutare a verificare se egli sia in grado di imparare nella propria interiorità". A questo servono quindi gli esercizi dialettici: avere degli stimoli per imparare come si fa a leggere nella propria interiorità, e verificare i risultati raggiunti. Il De Magistro si conclude quindi con un ammonimento contro una sapienza fatta soltanto di parole: alle parole non va attribuita "più importanza di quanta sia opportuna; in tal modo (…) cominceremo anche a capire la verità di quanto è stato scritto per insegnamento divino, e cioè che nessuno dobbiamo considerare nostro maestro in terra, perché il solo maestro di tutti è in cielo" [queste parole sono una citazione dal Vangelo di Matteo]. Ma questo maestro è anche dentro di noi. Il Maestro interiore ci mostra direttamente la verità. "Per mezzo delle parole l'uomo è soltanto spinto a imparare". La felicità è frutto della visione diretta della verità. Il percorso del De Magistro è quindi una preparazione a questa contemplazione [5]. Il nostro intelletto deve rendersi capace di sostenere la luce della verità che è in noi, luce abbagliante, bellezza pura. Pedagogia Fine dell’educazione è la conoscenza di Dio. La cultura deve servire solo al corretto intendimento delle Scritture. Al di là di tale scopo, esiste solo una vana curiosità e sterile passione per nozioni che non servono a nulla Educazione non informazione (comunicazione di nozioni) ma formazione.