LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE ~ LE CONDIZIONI STORICHE E I MARXISTI ~ LE TRE RIVOLUZIONI ~ ~ ~ La Rivoluzione del 1905 La Rivoluzione di febbraio La Rivoluzione d’ottobre: inizio della rivoluzione internazionale ~ IL POTERE SOVIETICO ~ ~ ~ ~ L’Assemblea Costituente La guerra civile Elementi di dittatura proletaria: La Costituzione del 1918 Il ‘Comunismo di guerra’ e la Nep ~ LA RIVOLUZIONE SCISSA Le condizioni storiche e i marxisti La Russia del XIX secolo si presenta come un paese arretrato e autocratico, simbolo del conservatorismo politico e sociale europeo. L’impero russo continuò ad espandersi durante tutto l’Ottocento raggiungendo un’estensione assai notevole. Al suo interno, infatti, convivevano decine di popoli caratterizzati da lingue ed etnie diverse. Tuttavia, la cifra che determina l’impero è l’arretratezza delle campagne e una scarsissima produzione industriale concentrata in poche città. La Russia d’inizio secolo, dunque, era come impantanata in un letargo economico atavico. Circa il 90% della popolazione era costituito da contadini che solo nel 1861 erano stati formalmente liberati dai ceppi medievali della schiavitù della gleba il che descrive plasticamente l’arretratezza russa. D’altra parte, la risoluzione formale della schiavitù non risolse affatto i problemi dell’agricoltura russa, giacchè, perdurò lo stato di miseria dei contadini poveri contrapposto ai ricchi kulaki. Tra i contadini, questa situazione non poteva che generare malcontenti e vere rivolte puntualmente represse nel sangue. Soltanto alla fine dell’Ottocento cominciò un processo di industrializzazione. Tale processo fu ‘introdotto’ attraverso l’ingresso di capitali stranieri provenienti da Francia, Germania e Gran Bretagna. Lo stesso zar promosse questi finanziamenti esteri che fecero di Mosca e San Pietroburgo le città più industrializzate. In pratica, la Russia, sotto il profilo dello sviluppo industriale dipendeva del tutto dal capitale straniero. Si trattava, quindi, di un’industrializzazione le cui cause non erano tanto da ricercare nello sviluppo interno e nel fermento autoctono, quanto nelle cause esogene. L’industrializzazione - ancorché timida - e la situazione politica effervescente avevano spinto alcuni intellettuali ad avvicinarsi alle tesi marxiste: alla teoria più avanzata del movimento operaio. I militanti russi, sulla scorta della dottrina di K. Marx: valutavano positivamente lo sviluppo capitalistico in Russia che avrebbe portato il paese fuori dal torpore economico: dalla immobilità che relegava milioni di contadini alla miseria; consideravano positivamente il ruolo rivoluzionario della borghesia nelle condizioni russe; avrebbero appoggiato lo sviluppo capitalistico e un’eventuale rivoluzione democratico-borghese che rompesse gli argini della monarchia zarista e “i lacci e laccioli” feudali; erano consapevoli dell’impossibilità dei “salti” della Storia ovvero: la Russia avrebbe dovuto attraversare una fase capitalistica al termine della quale sorgeva il ‘sole dell’avvenire’:la rivoluzione socialista. Nel 1898 venne fondato il POSDR, Partito Operaio Socialdemocratico Russo che successivamente si dividerà in due correnti contrapposte: i bolscevichi (maggioranza) capeggiati da Vladimir-Uljanov, detto Lenin, volevano un partito rivoluzionario che fosse in parte segreto e in parte pubblico. Lenin agognava che il partito fosse formato unicamente da uomini disposti a dedicare la loro vita al partito: rivoluzionari di professione; i menscevichi (menscevichi) capeggiati da Jilij Caderbaum, detto Martov, volevano un partito che s’ispirasse alla socialdemocrazia europea. Il loro obiettivo era quello di realizzare riforme sociali e politiche in maniera democratica. Le tre rivoluzioni La Rivoluzione del 1905 Un periodo di crisi seguì la sconfitta militare contro il Giappone. Le condizioni di vita nelle città diventarono assai problematiche. Le condizioni del proletariato peggiorarono e si diffuse un malcontento generale. Il 9 gennaio 1905 più di 140.000 persone sfilarono per San Pietroburgo fino a raggiungere il Palazzo d’Inverno. La manifestazione pacifica degli operai che avanzavano una semplice petizione allo zar Nicola II – succeduto ad Alessandro II, - fu fermata con brutale violenza. L’intervento dell’esercito fece circa un migliaio di morti. Quel giorno passò alla storia come “la domenica di sangue”. Scioperi e rivolte a catena si estesero a tutti i lavoratori e al mondo rurale per l’intero anno. Gli eventi del 1905 fecero in modo che anche la borghesia liberale si organizzasse nel partito Costituzionale Democratico, più conosciuto come Cadetto. Il partito chiedeva un sistema costituzionale che potesse convivere con la già esistente monarchia. Lo zar Nicola II si trovò costretto a concedere l’elezione di un Parlamento, la Duma, con l’intento di sedare il malcontento. La protesta, però, continuò ad espandersi, coinvolgendo anche l’esercito e la famosa corazzata Potëmkin - ammutinata - immortalata nel film di Eisenstein. La rivolta raggiunse l’apice in ottobre. In seguito ad uno sciopero generale a San Pietroburgo venne creato il primo Soviet (consiglio), ovvero, un Consiglio dei lavoratori che agiva come un organo di governo parallelo a quello ufficiale basato su un principio di democrazia diretta. A capo del Soviet di san Pietroburgo troviamo il menscevico Lev Davidovič Bronstein, detto Trotski. La Rivoluzione di febbraio Il 23 febbraio 1917, il malcontento generale degli operai di Pietrogrado sfociò in una seconda rivoluzione. Lo zar lanciò, contro gli operai le truppe dell’esercito ma esse, disobbedienti, si schierarono dalla parte degli operai. Lo zar, con tutta evidenza, non era più capace di controllare la situazione. Il 2 marzo 1917 gli insorti, insoddisfatti del regime zarista, costrinsero Nicola II ad abdicare: crollava così la monarchia zarista e nasceva l’esperienza della repubblica borghese. La monarchia zarista non potendo più contare su un minimo consenso neanche tra gli aristocratici collassò subitamente; s’accartocciò su sé stessa in un baleno e si obliò nel nulla. Fu una rivoluzione indolore e con poche vittime. La rivoluzione di febbraio porta alla luce due centri di potere: 1) un governo provvisorio formato, perlopiù, da borghesi e aperto alle riforme; 2) il soviet di Pietrogrado formato da socialrivoluzionari (populisti) e menscevichi. Entrambi gli schieramenti intendevano continuare la guerra; il governo provvisorio per rafforzare lo stato e creare un regime parlamentare moderato: il soviet per sconfiggere Germania e Austria, potenze reazionarie e conservatrici la cui vittoria avrebbe ostacolato la nuova Russia. La Rivoluzione d’ottobre: inizio della rivoluzione internazionale La doppia tattica All’interno del movimento socialista internazionale era un dato ormai assodato, l’adozione di tattiche diverse dei partiti operai a partire dallo sviluppo economico del paese. Qualora il paese fosse a forte sviluppo economico, ampiamente industrializzato e il movimento operaio largamente radicato e forte, la tattica del partito comunista non avrebbe previsto nessuna collaborazione con la borghesia ma, al contrario, una politica che ponesse all’ordine del giorno la rivoluzione e l’instaurazione della dittatura del proletariato allo scopo di eliminare la resistenza della borghesia e concentrare le forze produttive al fine di socializzarle. Nei paesi a capitalismo avanzato, all’ordine del giorno, c’era la rivoluzione socialista e il passaggio alla socializzazione dei mezzi di produzione. Nei paesi in cui lo sviluppo delle forze produttive era ancora ad uno stadio basso e la borghesia come classe non aveva ancora vinto l’aristocrazia o forme ancora semifeudali, il proletariato, seppur esiguo, avrebbe collaborato con la borghesia al fine di accelerare lo sviluppo del paese. In questo modo si delineavano per i comunisti due tattiche a secondo delle condizioni storiche in cui il partito operava: rivoluzione socialista o collaborazione alla rivoluzione democratico-borghese. In Russia, con tutta evidenza, il movimento operaio non poteva che adottare la tattica collaborativa con la borghesia per una rivoluzione. Le Tesi di aprile Quando, il 4 aprile 1917, Lenin arrivò a Pietrogrado, i due centri di potere risultavano incapaci di risolvere gli immensi problemi della Russia. Lenin propose le sue Tesi di aprile che sviluppavano in 10 punti le sue idee sui compiti che il partito doveva svolgere nella nuova situazione e all’interno della guerra imperialistica mondiale. 1. Tutto il potere ai soviet! Tutto il potere doveva essere trasferito nelle mani dei soviet perché prodotto originale delle masse operaie e dei contadini. I soviet rappresentavano la forza creativa democratica e rivoluzionaria delle masse; 2. Terra ai contadini! L’uscita immediata della Russia dalla guerra; 3. Fabbriche agli operai! La produzione doveva passare sotto il controllo del proletariato organizzato; 4. Pace immediata! Uscita immediata della Russia dalla carneficina della Grande Guerra, il cui unico scopo era la spartizione imperialistica del mondo. Le Tesi di aprile presero alla sprovvista gli stessi dirigenti e militanti bolscevichi attardati sulla tesi che bisognava appoggiare la rivoluzione democratico-borghese. Si trattava di lanciarsi verso la presa del potere, verso la rivoluzione socialista. Imprimere alla Storia un’accelerazione tremenda. Le Tesi promettevano il fuoco e la speranza agli ultimi della terra. Ora, subito! La vecchia tattica rivoluzionaria che prevedeva l’appoggio alla borghesia in una società arretrata affinché potesse attecchire il capitalismo e le sue corrispondenti istituzioni liberali al fine di ammodernare la società e liberarla dai residui medievali, veniva totalmente superata nell’ottica leniniana. Il ragionamento di Lenin che stava alla base delle Tesi si fondava, sostanzialmente, su due perni: a) l’imperialismo e la guerra mondiale che si stava consumando avrebbero portato, probabilmente, il movimento operaio alla rivoluzione vittoriosa in Europa; b) la borghesia russa non era abbastanza ferma, pronta, salda per portare a termine la sua stessa rivoluzione; c) la Russia era l’anello debole della catena imperialista. Bisognava ora prendere il potere e aspettare la rivoluzione europea. Le Tesi di aprile ebbero un notevole riscontro tra le masse operaie e contadine che chiedevano pace e la terra, mentre allontanarono definitivamente i bolscevichi dai menscevichi e dai social-rivoluzionari che, invece, appoggiarono il governo. I bolscevichi, dunque, soli si posizionavano all’opposizione e fuori da qualsiasi collaborazione con il governo provvisorio borghese. L’Insurrezione La situazione al fronte era sempre più difficile; il 18 giugno, il governo provvisorio inviava truppe contro le forze austro-tedesche, ma i soldati rifiutarono di combattere. Intanto, spinte conservatrici si facevano sentire: in settembre il generale, Kornilov, comandante in capo dell’esercito, marciava su Pietrogrado con l’intento di abbattere il governo repubblicano e riportare l’ordine. Il colpo di Stato si rivelò un fallimento, in quanto il social rivoluzionario Kerenski, al comando del governo, riuscì a far fronte all’attacco ma solo con l’appoggio di contadini, operai e bolscevichi. La borghesia si rivelava troppo debole per la sua stessa rivoluzione borghese e nei momenti cruciali, aveva sempre bisogno della classe operaia e dei bolscevichi. Questi ultimi, in seguito a questa vicenda, ottennero la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e di Mosca. I bolscevichi iniziarono a costituire una forza militare: la Guardia rossa. Infine, rafforzati dall’appoggio del popolo, ruppero ogni indugio e organizzarono l’insurrezione armata contro il governo provvisorio. Il 24 ottobre i bolscevichi occuparono i punti strategici di Pietrogrado senza spargimento di sangue. La stessa guarnigione di Pietrogrado favorì l’azione delle truppe bolsceviche che riuscirono a conquistare, il 25 ottobre, il Palazzo d’Inverno sede del governo Kerenski, senza grandi spargimenti di sangue (quindici morti). Il Palazzo d’Inverno - come la Bastiglia per la Rivoluzione Francese - era il simbolo, insieme, della monarchia zarista e della rivoluzione democratico-borghese appena nata. La stessa notte del 25 ottobre fu dichiarato aperto il II Congresso panrusso dei soviet e la sera del 26 Lenin, dalla tribuna del Congresso, di fatto, apriva il capitolo della Rivoluzione comunista internazionale con l’inizio del potere sovietico. Il potere sovietico Il Congresso approvò due decreti: 1) Il Decreto sulla pace. Si invitavano tutti i paesi belligeranti alla pace immediata 2) Il Decreto sulla terra. Si aboliva la proprietà privata della terra e si confiscavano le grandi proprietà. In questo stesso periodo venne creato il Consiglio dei commissari del popolo, presieduto da Lenin e interamente formato da bolscevichi. In primo luogo, il Consiglio nazionalizzò le banche e consegnò nelle mani degli operai il controllo delle fabbriche, per poi essere nazionalizzate. Socialrivoluzionari e menscevichi accusarono i bolscevichi di aver affossato la democrazia e, in virtù di ciò, abbandonarono il Congresso dei soviet; soltanto i socialrivoluzionari di sinistra appoggiarono questo nuovo governo. L’Assemblea Costituente Il 12 novembre 1917 si votò per la formazione dell’Assemblea Costituente, i risultati furono sfavorevoli per i bolscevichi che ottennero il 25% dei voti, ma non per i socialrivoluzionari che ottennero il 58%. Le campagne avevano votato in maggioranza per i socialrivoluzionari, mentre, le città più grandi, dove era presente un movimento operaio organizzato, avevano massicciamente votato per i bolscevichi. In seguito alla riunione del 18 gennaio 1918, i bolscevichi decisero di chiudere l’Assemblea alla fine del primo giorno di lavoro. Il nuovo governo rivoluzionario bolscevico dovette affrontare il problema della pace con la Germania. Gran parte dell’ex-impero russo era occupato dai tedeschi, che ormai minacciavano la stessa Pietrogrado ed è per questo che la capitale divenne Mosca. Il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk, i bolscevichi dovettero trattare con il nemico, firmando la pace che da tempo avevano promesso al popolo. La pace stabiliva che la Russia dovesse: Cedere la Bielorussia, il Caucaso e le terre tra queste comprese alla Germania; Riconoscere l’indipendenza della Finlandia e dell’Ucraina; Rinunciare ai Paesi Baltici e alla Polonia. Seppur ritenuta necessaria, Lenin definì questa pace “vergognosa”. Tra le ripercussioni di Brest-Litovsk, notevole fu che i socialrivoluzionari uscirono dal governo e i bolscevichi rimasero soli alla guida del paese. La guerra civile Dalla primavera del 1918, la Repubblica dei soviet dovette fronteggiare due minacce: l’invasione dei paesi occidentali ai confini, la guerra civile interna. L’obiettivo dei governi dell’Intesa era quello di togliere il potere dalle mani dei bolscevichi affinché si potesse ricostituire una repubblica democratico-borghese che riportasse la proprietà privata come quintessenza del capitalismo. La Rivoluzione d’ottobre infiammò il movimento operaio europeo, fomentò l’opposizione operaia e socialista. Il Paese fu invaso da truppe anglo-francesi e statunitensi che occuparono il nord della Russia e da truppe giapponesi che occuparono la zona del Pacifico. Le potenze occidentali appoggiarono le forze controrivoluzionarie che si erano formate nel Paese già alla fine del 1917. L’imperialismo occidentale si schierò, senza riserve, dalla parte delle armate bianche guidate da ex generali zaristi e composte da truppe fedeli al vecchio regime che avrebbe voluto riportare indietro l’orologio della storia. Contro l’Armata Bianca si schierò l’Armata Rossa, ovvero l’esercito bolscevico costituito e guidato da Trotski che finì per diventare una figura leggendaria. La guerra civile portò alla morte di circa 3.000.000 di persone. Si trattò di una guerra civile complessa, atroce, con nefandezze da ambo le parti che si concluse solo nell’estate 1920 con la vittoria dell’Armata rossa che ebbe l’appoggio determinante dei contadini. Se la presa del Palazzo d’Inverno assomigliò ad un colpo di Stato, tre anni di guerra civile provarono le ragioni e la forza del potere bolscevico. Nell’aprile del 1920 il paese dovette difendersi anche dall’attacco della Polonia che, approfittando della guerra civile, pensò di riprendersi i territori persi con la pace di Versailles del 1919. La guerra si concluse nel 1921, con l’annessione della Bielorussia e dell’Ucraina al territorio polacco. Elementi di dittatura proletaria: La Costituzione sovietica del 1918 Nel luglio 1918 venne approvata la prima Costituzione Sovietica che affermava i diritti del popolo lavoratore sfruttato. Essa fu importantissima per due motivi principali: a) divenne un documento storico all’interno dello sviluppo proprio del paese b) non era altro che una traduzione particolare dei principi enunciati nel Manifesto del partito comunista del 1848. Secondo il Manifesto, infatti, la classe operaia al potere doveva, innanzitutto, spezzare le reni alla controrivoluzione e procedere all’accentramento dei mezzi di produzione per dirigere il passaggio ad una economia socialista. La Costituzione apre con una Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato che faceva da contraltare alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della grande Rivoluzione francese. La Costituzione, quale raccolta di principi fondamentali dello stato sovietico, presenta la dittatura socialista nelle forme che essa assunse in Russia. Vi si legge lo scopo fondamentale: “sopprimere qualsiasi forma di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, di abolire completamente la divisione della società in classi […], di instaurare l’organizzazione socialista della società e di assicurare la vittoria del socialismo in tutti i Paesi”. La forma giuridica della dittatura di classe si fa sentire, violenta e cristallina, quando si afferma che “godono del diritto di eleggere e di essere eletti coloro che vivono del proprio lavoro, mentre non eleggono e non possono eleggere ovvero sono fuori da qualsiasi rappresentanza politica”. “Le persone che ricorrono al lavoro salariato al fine di ottenere un profitto; Le persone che vivono di redditi non lavorativi come, interessi di capitale, redditi di impresa, entrate patrimoniali, ecc.”. Con un semplice articolo della Costituzione, si vietava all’aristocrazia e alla borghesia qualsiasi intervento nella vita pubblica dello stato sovietico. Particolare attenzione va poi riservato all’applicazione del voto plurimo. Si stabilisce che il voto degli operai conta più di quello dei contadini nella misura di 1 a 5. Il voto plurimo, che pure ha avuto diverse applicazioni in altri paesi, rivela, in maniera chiarissima, la difficoltà del potere bolscevico di mantenersi in un paese a stragrande maggioranza contadina. Il potere bolscevico, espressione della classe operaia rivoluzionaria, deve comprimere il voto contadino per non essere travolto e snaturato. Tra il 1920 e il 1922 si unirono alla Repubblica russa, altre provincie capeggiate dai bolscevichi, i quali erano riusciti a sconfiggere le Armate bianche. Così, nel dicembre 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Il ‘Comunismo di guerra’ e la Nep Quando i bolscevichi presero il potere, la Russia era già in una situazione economica pesantissima, disastrosa. I contadini producevano per l’autoconsumo nelle piccole aziende agricole, non rifornendo le città dei beni necessari. Il governo non si rivelò in grado di riscuotere le tasse e si vide costretto a stampare carta moneta che, però, perse qualsiasi valore, provocando un’inflazione elevatissima. Spesso si ritornò al baratto e al pagamento in natura. In questa situazione il governo bolscevico, nel 1918, attuò una politica economica autoritaria che fu definita ‘comunismo di guerra’. Lo stato iniziò a controllare tutta l’economia attraverso la nazionalizzazione delle terre e la statalizzazione delle grandi e medie imprese. Per approvvigionare le città, i bolscevichi intervenivano dispoticamente nelle campagne, strappando ai contadini tutto ciò che non fosse assolutamente necessario. La situazione economica raggiunse il culmine critico nel 1921 per l’effetto congiunto della crisi economica della guerra civile e di un anno di siccità che provocò una terribile carestia. La rivolta più grave scoppiò a Kronstadt, da sempre roccaforte bolscevica: la repressione militare fu durissima. Nel 1921 il “comunismo di guerra” lasciava il posto alla Nuova Politica Economica (NEP) approvata al X Congresso del partito comunista. La NEP si configura come una politica economica che si muove nella direzione di un maggior spazio all’iniziativa privata, al fine dell’ammodernamento capitalistico della Russia. Insomma, la Russia stava soffocando in una grave crisi economica ed era il momento di dare spazio ad una seppur limitata liberalizzazione dell’economia e degli scambi. Bisognava stimolare l’agricoltura, favorendo, nel contempo, l’approvvigionamento delle città. I contadini potevano vendere le eccedenze sul libero mercato. Tale liberalizzazione riguardava anche la piccola industria e il commercio. Lo Stato manteneva il controllo delle banche, delle grandi fabbriche che avessero più di venti dipendenti, creando così un sistema di produzione statale e privato. In generale, le misure che furono prese possono inscriversi nell’alveo borghese, nella direzione di un pesante intervento statale nel tentativo di controllare e gestire un’economia in un periodo di guerra. Dall’altro lato si inserivano in una direzione tesa ad accelerare il passaggio dal capitalismo concorrenziale a quello monopolistico. Siamo in presenza non del “passaggio al socialismo” quanto della modernizzazione dell’economia russa ovvero della “costruzione del capitalismo”, dunque, del capitalismo di Stato. La NEP, in realtà, era un invito esplicito a far rinascere, nelle campagne, il capitalismo privato per uno sviluppo del mercato agrario. Dunque: sviluppo del mercato agrario, forme di capitalismo monopolistico come il monopolio del commercio estero, forme di capitalismo di Stato come il censimento, il controllo, ecc. ma anche la statalizzazione del settore industriale; ecco la serie di attuazioni in campo economico tra il 1917 e il ’21. Si faceva un passo verso il socialismo, ma solo nel senso che si saliva la scala storica dei modi di produzione che Marx aveva tratteggiato. La Russia si avviava al capitalismo di Stato che era certamente il gradino indispensabile per poter andare verso il socialismo. La rivoluzione scissa La Rivoluzione d’ottobre, inizio della rivoluzione internazionale, si presenta come una rivoluzione scissa. Da una parte, la Rivoluzione d’ottobre è, indubitabilmente, una rivoluzione socialista per ciò che concerne la sua forma politica in quanto instaurazione della dittatura del proletariato cioè della forma all’interno della quale si realizza la rivoluzione del movimento operaio che è superamento del capitalismo. Dall’altra, l’Ottobre è una rivoluzione borghese per ciò che concerne il suo contenuto economico: la terra ai contadini, il ‘comunismo di guerra’, la Nep, ecc. si inscrivono nell’alveo di una rivoluzione borghese e rimangono ancorate saldamente al capitalismo. Dunque, rivoluzione scissa: socialista la forma politica, borghese il suo contenuto economico. L’Ottobre presenta questa particolarità che è la sua spietata condanna al fallimento qualora non avesse incrociato l’appuntamento con la rivoluzione europea. Una rivoluzione comunista vittoriosa in Europa tardava a congiungersi con quella russa. L’appuntamento non vi fu e la Rivoluzione d’ottobre non poteva che adeguare sempre più l’involucro politico al suo contenuto economico. La rivoluzione stava ormai soffocando già al 1921 come, d’altra parte, registrava la Nep. Il ciclo rivoluzionario previsto da Lenin s’infrangeva contro il blocco borghese e perdeva, rovinosamente, dappertutto, aprendo la strada alla dittatura borghese: il liberalismo indossava la maschera del fascismo. Toccò a Stalin lanciare la Russia verso quell’ossimoro che egli definì la “costruzione del socialismo in un solo paese”! BIBLIOGRAFIA Libri J. Reed, Dieci giorni che sconvolsero il mondo, 1919 B. L. Pasternak, Il dottor Živago, 1957 Film La corazzata Potëomkin, S. Eisenstein, 1925 Ottobre, S. Eisenstein, 1927