Intervento

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TERAPIA ANTIBIOTICA INIETTIVA DOMICILIARE IN ITALIA E NEL
MONDO
Silvano Esposito, Tiziana Ascione
Clinica Malattie Infettive
Seconda Università degli Studi di Napoli
La scelta dell’antibiotico da utilizzare per il trattamento di una infezione in atto è
certamente più semplice allorquando l’infezione risulti microbiologicamente
accertata, e cioè quando l’agente eziologico responsabile sia stato identificato o
ancor più quando siano disponibili dati sulla sensibilità in vitro agli antibiotici. In tal
caso, la scelta terapeutica (terapia mirata) potrà essere indirizzata verso un
antibiotico a spettro antibatterico limitato tenendo conto principalmente delle sue
caratteristiche farmacocinetiche e dei costi.
Nella maggioranza dei casi, invece, nella pratica clinica, soprattutto in ambiente
comunitario diversi fattori (necessità di un trattamento precoce, non disponibilità di
una diagnostica microbiologica rapida, mancata identificazione dell’agente
eziologico ....) possono condizionare la scelta di una terapia che verrà stabilità in
base alla presunta diagnosi eziologica (terapia empirica razionale). In questo caso, la
conoscenza della epidemiologia batterica e, più di recente, della epidemiologia delle
resistenze batteriche risulta indispensabile.
Un criterio classificativo molto importante, a tal proposito, risulta essere quello che
distingue le infezioni in comunitarie e nosocomiali o meglio acquisite in comunità ed
ospedale. Tale distinzione infatti non indica esclusivamente il luogo o l’ambiente nel
quale si è contratta l’infezione, ma implica una modalità di trasmissione (patogenesi)
differente, e, nell’ambito di localizzazioni diverse (vie aeree superiori o inferiori, vie
urinarie, cute e tessuti molli ....), una epidemiologia batterica differente ed in genere
ben conosciuta.
Ma, se il dato microbiologico presunto o accertato resta essenziale ai fini di una
adeguata scelta di terapia, in molte situazioni, la scelta della via di somministrazione
può anche rappresentare un momento del processo decisionale che precede, e che
può condizionare, la scelta dell’antibiotico da utilizzare.
Prescindendo dall’uso topico degli antibiotici, diverse formulazioni farmaceutiche
sono disponibili per l’uso terapeutico che ne consentono la somministrazione orale
(compresse, sospensioni ...) o parenterale (intramuscolare o endovenosa). Soltanto
poche molecole sono disponibili per la somministrazione sia orale che parenterale ed
è soprattutto su queste che si è rivolta negli ultimi anni l’attenzione per instaurare in
pazienti selezionati una terapia sequenziale; più numerose invece gli antibiotici
somministrabili sia per via endovenosa che intramuscolare.
La scelta della via di somministrazione resta a tutt’oggi una questione piuttosto
controversa, come confermato da differenti abitudini prescrittive soprattutto
nell’ambito di diversi paesi, forse per la difficoltà di identificare dei criteri standard
che possano indicare in maniera univoca la necessità di una somministrazione orale o
parenterale.
In generale, la scelta della somministrazione di un antibiotico attraverso la via
parenterale è determinata da tre diverse condizioni:
- ridotto assorbimento gastro-intestinale
- non disponibilità di antibiotici orale
- severità della malattia
Diarrea, nausea e vomito rappresentano i disturbi gastro-intestinali. più
frequentemente osservati a seguito di somministrazione orale di un antibiotico. Tali
effetti collaterali sono molto variabili nella loro incidenza ed intensità a seconda
della classe di antibiotico considerato, ma non vanno mai sottovalutati perché, oltre
al
malessere
individuale,
possono
determinare
un
ridotto
assorbimento
gastro-intestinale che, modificando la biodisponibilità del farmaco, potrà
conseguentemente influenzare il risultato terapeutico.
La non disponibilità di formulazioni orali si verifica per alcune classi di antibiotici
ed in particolare per gli aminoglicosidi, i glicopeptidi e i carbapenemici: le necessità
di utilizzare una di queste classi rende indispensabile la somministrazione
parenterale.
Risulta facilmente comprensibile che tali due citate condizioni rappresentano delle
indicazioni “assolute” alla via di somministrazione iniettiva.
Il grado di severità dell’infezione o di eventuale malattia concomitante quale fattore
che determina la scelta della via di somministrazione , pur essendo il più importante,
resta invece una parametro mal definito. Nonostante si sia tentato di adottare dei
criteri standard per la classificazione delle infezioni in base al loro grado di severità
(vedi Tabella 1), a tutt’oggi non è possibile correlare in maniera definitiva il grado di
severità della malattia e la via di somministrazione da preferire (1).
In generale, la scelta della via di somministrazione parenterale viene riservata alle
infezioni più severe, in accordo all’idea che un antibiotico somministrato per via e.v.
(in qualche misura anche per via i.m) garantisca dei livelli ematici rapidamente
elevati che la via orale non può assicurare., ma tale scelta resta una decisione
empirica ed individuale che viene generalmente associata alla ospedalizzazione.
In altre parole si potrebbe pensare che i criteri adottati per la eleggibilità di una
paziente per l’ospedalizzazione potrebbero spesso coincidere con quelli di una scelta
di terapia parenterale.
Tali ultime considerazioni sono però fortemente in disaccordo con i dati di Halls e di
Schaberg riportati in Figura 1 e Tabella 2 che si riferiscono alle modalità di
somministrazione di antibiotici rispettivamente in ambiente ospedaliero ed ambiente
comunitario.(2, 3)
Da tali dati risulta molto evidente che, anche nei pazienti ospedalizzati per i quali si
presuppone esistano dei criteri di gravità tali da preferire, come detto, una
somministrazione parenterale, prevale in alcuni paesi Europei, in particolare U.K,
Germania e Francia la modalità di somministrazione orale e che, per contro, in Italia
per il trattamento antibiotico delle infezioni delle basse vie respiratorie comunitarie
in una elevata percentuali di casi (58%), viene prescritta una terapia parenterale.
D’altra parte anche il ricorso ad ulteriori indagini diagnostiche e il numero di
ospedalizzazioni, come riportato da Schaberg, varia in maniera considerevole in
paesi Europei diversi come riportato in Figura 2 e 3, e ciò probabilmente riflette non
solo una diverse visione dei criteri di severità dell’infezione, ma soprattutto
“abitudini e regole” sull’uso degli antibiotici parenterali (vedi tabella) che
influenzano il comportamento prescrittivo dei medici in paesi diversi (3, 4).
Dai dati riportati dalle indagini di Houchon e Schaberg, è interessante osservare
che, mentre In Italia ed, in misura minore in Francia, la via iniettiva è frequentemente
utilizzata per il trattamento domiciliare delle infezioni delle basse vie respiratorie, in
Germania e U.K., dove tale via somministrazione è usata molto raramente, si ricorre
più di frequente ad indagini diagnostiche supplementari e/o all’ospedalizzazione.
Tali trends esprimono la tendenza nel nostro paese, da parte del medico che opera sul
territorio, a prescrivere terapie antibiotiche iniettive da praticarsi al di fuori
dell’ambiente ospedaliero.
Quanto detto è ampiamente confermato dall’analisi dei dati di consumo degli
antibiotici iniettivi in quattro diversi paesi Europei riferiti al mercato non ospedaliero
per l’anno 1995, come riportato nella Figura 4. (5). .
Può tale tendenza essere considerata come una tendenza internazionale o, in altri
termini, può la terapia antibiotica iniettiva domiciliare (TAID), praticata in Italia da
molti anni, essere stata o essere di esempio anche per altri paesi?
E’ probabile che le ampie variazioni osservate in paesi diversi, relativi alla decisione
di ospedalizzare, di trattare un paziente a domicilio con terapia parenterale e/o di
condurre indagini diagnostiche supplementari, siano determinate dalle diverse
“regole ed abitudini” vigenti nei diversi paesi (vedi Tabella 3), che influenzano
profondamente il comportamento prescrittivo dei “general practitioner” (GP)
All’inizio degli anni ‘80 negli USA in accordo con le proprie “regole ed abitudini”,
che prevedevano da una parte la possibilità tecnica, legale ed amministrativa (sistemi
assicurativi privati) di praticare terapia parenterale al di fuori dell’ospedale, che
dall’altra venivano incontro alle esigenze ed alle richieste del paziente (utente), fu
identificata una serie di vantaggi, peraltro evidenti, di tale pratica terapeutica ed
furono definiti una serie di programmi di terapia.
In effetti gli specialisti infettivologi americani furono i primi a sancire i quattro
grandi vantaggi che la terapia domiciliare offre:
- riduzione dei costi
- assenza trauma da ospedalizzazione nel bambino
- assenza della “sindrome da immobilizzazione “ nell’anziano
- riduzione delle infezioni nosocomiali da microrganismi
multiresistenti
e sulla base di tali evidenze furono istituiti dei programmi terapeutici, che
incontrarono il favore ed il consenso dei pazienti.
La Outpatient Parenteral Antibiotic Therapy (OPAT) negli USA prevede un vero e
proprio team di lavoro, costituito da un medico specialista, un infermiere ed un
farmacista, cui competono, come riportato in Tabella 4. differenti compiti e
responsabilità. (6, 7). Al medico responsabile spetterà evidentemente il ruolo di porre
diagnosi e prescrivere la terapia adeguata, all’infermiere ed al farmacista quello di
istruire il paziente sulle modalità terapeutiche, di valutare il decorso della malattia, di
monitorare gli effetti collaterali.
Il medico è dunque responsabile della diagnosi ed autorizza il trattamento; in altre
parole è responsabile della selezione del paziente che rappresenta il momento
propedeutico e qualificante della terapia domiciliare parenterale. Infatti i pazienti
devranno essere identificati e selezionati in accordo a differenti criteri non solo di
carattere clinico ma anche socio-culturale, che sono stati ben identificati ed espressi
da Fine (vedi Tabella 5) per quanto riguarda la polmonite, ma che possono in linea di
massima essere applicati anche ad altre patologie (8)
La valutazione delle caratteristiche individuali del paziente e la sua elegibilità ad una
terapia antibiotica domiciliare parenterale saranno propedeutici all’inserimento in un
programma terapeutico differenziato.
Inizialmente solo poche patologie furono identificate quali idonee al trattamento
OPAT ed in particolare l’osteomielite e l’artrite settica, per la durata estremamente
lunga di terapia antibiotica di cui necessitano, e fu dunque a tali infezioni che si
rivolse l’attenzione per prolungare una terapia antibiotica parenterale a seguito di
una dimissione precoce. Ma in una fase successiva tale possibilità di trattamento è
stata estesa a numerose altre infezioni: ascessi, cellulite, endocardite, meningite,
malattie infiammatoria pelviche, pielonefrite, polmonite (9-19).
Attualmente sono sottoposti a OPAT più di 250.000 pazienti all’anno, che come
valore assoluto è ancora ben lontano dal numero di terapie effettuate in Italia, ma che
assume un certo rilievo se si pensa che l’incremento annuo di tale terapia è del 100%
e che i centri OPAT sono presenti ancora in numero limitato sul territorio USA. (20,
21).
Un altro aspetto interessante è che tale pratica terapeutica non è più riservata a quei
pazienti dimessi precocemente che necessitano di continuare terapia a domicilio, ma
anche ai pazienti selezionati nell’ambito della medicina di base.
A seguito dell’ampia esperienza clinica di OPAT acquisita in USA, altri paesi
(Canada, Olanda, Israele, Australia, UK) hanno preso in considerazione tali modalità
terapeutiche ed hanno elaborato dei propri programmi di terapia (18, 19, 22, 23)..
Ad esempio, nel 1994, in Canada fu creata una Commissione di Studio per stabilire
delle linee-guida di terapia endovenosa domiciliare e furono stabiliti tre diversi
modelli:
- visiting nurse model
- infusion center model
- self administration model
Tali modelli sono evidentemente in grado di avviare a programmi terapeutici diversi
in relazione alle caratteristiche individuali del paziente e della malattia.
In particolare come riportato nel corso della Consensus Conference di Toronto
(Canada) nel 1994: “il self-administration model è il modello di somministrazione da
preferire in quei pazienti disposti ed in grado di partecipare. Questo modello offre
considerevoli vantaggi di risparmio economico, in considerazione del riduzione dei
costi relativi al personale sanitario”. (22)
Dunque il modello della self-administration è particolarmente interessante e.
probabilmente, già ampiamente utilizzato in altri paesi, sia pure con modalità
differenti e senza dei programmi terapeutici ben codificati e definiti.
Se infatti riconsideriamo il consumo di antibiotici iniettabili nei paesi Europei, già
riportati precedentemente nella Figura 4, l’uso di antibiotici iniettabili è
sorprendentemente elevato in Italia, e sia pure in minor misura, in Francia. Tale
elevato consumo è probabilmente da correlare in parte alle norme che regolano le
competenze e le responsabilità in materia di terapia iniettiva domiciliare, ed in parte
a fattori culturali che sono alla base di un largo consenso alla Terapia Antibiotica
Iniettiva Domiciliare (TAID).
Quei vantaggi relativi al miglioramento della qualità della vita così ben identificati
negli USA,( ridotta trauma di ospedalizzazione dei bambini, ridotta sindrome di
immobilizzazione dell’anziano), e l’alternativa di una terapia parenterale a domicilio
per una patologia che altrimenti necessiterebbe
di ospedalizzazione, hanno da
sempre rappresentato in Italia il substrato culturale che ha reso in Italia proponibile e
realizzabile un modello di terapia del tutto particolare.
Gli evidenti vantaggi economici, che hanno rappresentato la motivazione principale
che hanno fatto iniziare e sviluppare
l’OPAT in USA, hanno paradossalmente
rappresentato in Italia solo una ragione secondaria, e solo ora stanno acquistando la
loro giusta considerazione.
Il modello italiano di TAID, sia pure con il limiti della mancanza di criteri
standardizzati di selezione dei pazienti e linee guida per i protocolli terapeutici, è
caratterizzato dalla terapia domiciliare di infezioni di severità moderata,
prevalentemente delle basse vie respiratorie, a mezzo di antibiotici ad ampio spettro
(prevalentemente beta-lattamine), somministrate per via intramuscolare come
sinteticamente riportato nella Tabella.6.
Nella Tabella 7 sono riportati i dati relativi alle prescrizioni di antibiotici orali ed
iniettabili in ambiente extra-ospedaliero per patologia che confermano la netta
prevalenza di infezioni delle basse vie respiratorie quali diagnosi sottoposte a
trattamento antibiotico iniettivo domiciliare. (24)
Per quanto riguarda la scelta degli antibiotici da impiegare neanche il Programmi
OPAT nazionali stabiliti da Commissioni di Studio (USA, Canada, Olanda...)
propongono linee guida. Tale scelta in ambito extraospedaliero fa parte integrante
del programma individuale di terapia.
Naturalmente la scelta sarà determinata, nel caso di infezioni microbiologicamente
non accertate, dall’agente eziologico che più probabilmente ne è responsabile, anche
se altri fattori, oltre allo spettro antibatterico, dovranno essere presi in
considerazione, quali la compliance, la tollerabilità ed il costo del farmaco.
I dati relativi alle prescrizioni di antibiotici iniettivi al di fuori dell’ospedale in Italia
nel 1996 riportati nella Figura 5, sottolineano l’uso prevalente di cefalosporine
rispetto ad altre classi di antibiotici, e di ceftriaxone in particolare (24).
Il motivo di un così ampio e prevalente uso di cefalosporine di III generazione è
probabilmente da ricercare nelle caratteristiche microbiologiche, farmacocinetiche,
farmacoeconomiche e cliniche di questa classe di antibiotici, che rispondono alle
maggiori esigenze, precedentemente espresse, quali criteri di scelta di una antibiotico
per un trattamento iniettivo domiciliare: spettro di attività, tollerabilità e sicurezza,
compliance, costo.
Lo spettro antibatterico delle cefalosporine di III generazione è rivolto infatti verso
la maggior parte dei patogeni responsabili di infezioni acquisite in comunità e la
resistenza batterica determinata dalla pressione selettiva degli antibiotici non è
emersa in maniera evidente persino in Italia, nonostante il maggiore impiego di tali
farmaci rispetto ad altri paesi (25, 26)
La sicurezza e tollerabilità di tale classe di farmaci è ampiamente dimostrata dalla
pratica clinica che ha visto negli ultimi 10 anni effettuare milioni di trattamenti sia in
ambiente ospedaliero che comunitario per una ampio numero di infezioni (27). Le
cefalosporine di III generazione inoltre non richiedono abitualmente un
monitoraggio dei parametri emato-chimici anche se molti specialisti infettivologi con
esperienza di OPAT suggeriscono un controllo settimanale della funzionalità epatica
e renale (28).
La compliance, intesa come aderenza alla prescrizione terapeutica ed il consenso che
tale prescrizione riceve da parte del paziente è in parte correlata al numero di
somministrazioni necessarie per condurre una terapia adeguata, e dipende dalle
caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dell’antibiotico (effetto
post-antibiotico, legame proteico, emivita).
L’emivita plasmatica è probabilmente il parametro di
farmacocinetica che
maggiormente influenza il numero di dosi giornaliere da somministrare. In accordo
con il valori di emivita plasmatica che caratterizzano le cefalosporine, il ceftriaxone
è probabilmente l’unica che può essere somministrata una volta al giorno; cefonicid,
cefotetan e cefodizime due volte al giorno (una volta se per via i.m.), mentre le altre
tre volte al giorno (o due se somministrate i.m.).
Risulta facilmente comprensibile che il ceftriaxone, garantendo la stessa efficacia
terapeutica di altri antibiotici della stessa classe con una singolo somministrazione
quotidiana, sarà favorito come terapia di scelta.
I vantaggi economici della terapia iniettiva domiciliare sono molto evidenti e molti
studi hanno chiaramente dimostrato tali vantaggi in termini sia di risparmio
economico diretto che indiretto (29, 30).
In particolare, una delle principali ragioni del successo del self-administration model
con somministrazioni intramuscolari, che è il più largamente impiegato in Italia, e
che viene sempre più di frequente utilizzato in USA ed in altri paesi, è probabilmente
da correlare oltre che alla facile realizzazione del trattamento, anche al risparmio sui
costi diretti di acquisto dei farmaci. Il ceftriaxone, dal confronto dei costi diretti di
acquisto con altri antibiotici, come riportato nella Tabella 8 risulta il più
vantaggioso.
In conclusione la TAID in pazienti selezionati risulta efficace, ben tollerata ed
economicamente vantaggiosa.
Le cefalosporine ed in particolare il Ceftriaxone sono gli antibiotici più largamente
utilizzati grazie alle loro caratteristiche, microbiologiche, farmacologiche e cliniche.
In molti paesi i programmi di TAID sono da tempo definiti, in altri sono in via di
realizzazione, mentre altri ancora guardano con interesse all’esperienza italiana, al
nostro modello ed alle nostre scelte di terapia.
Sarebbe vantaggioso ed auspicabile aumentare il numero di trattamenti iniettivi
domiciliari, migliorando o creando dei programmi terapeutici e definendo i criteri di
selezione dei pazienti eleggibili al trattamento al fine di ridurre il numero di
ospedalizzazioni e di limitare nel contempo un uso eccessivo di terapia iniettiva,
allorquando questa non si renda necessaria.
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Figura 1: Dati nazionali sulla via di somministrazione degli antibiotici in ambiente
ospedaliero (% di giorni di terapia)
Spagna
Italia
e.v.
i.m.
Germania
orale
Francia
UK
0%
20%
40%
60%
80%
100%
Figura 2: Ospedalizzazione per diagnosi di infezione della besse vie respiratorie
(rilevazione sui medici di base in Europa)
9%
9%
8%
7%
6%
5%
4%
3%
2%
1%
0%
UK
Francia
5,10%
Italia
2,80%
2,80%
2,50%
Germania
Spain
X
Figura 3: Indagini diagnostiche supplementari richieste dai medici di base Europei
50%
43%
40%
Germania
24%
30%
Italia
21%
18%
20%
UK
10%
0%
Figura 4: Consumo di antibiotici iniettabili in alcuni paesi Europei
in ambiente comunitario nel 1995
Unità
50
(Milioni)
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Francia
47,7
Italia
Germania
22
Francia
UK
0,71
0,25
Tabella 1: Criteri di classificazione delle infezioni per severità
- Stadio 1: SIRS (Systemic Inflammatory Response Syndrome)
- Stadio 2: Sepsi (SIRS + infezione documentata)
- Stadio 3: Sepsi severa (sepsi con iniziale insufficienza d’organo,
ipotensione, ipoperfusione)
- Stadio 4: Shock settico (sepsi severa con ipotensione resistante
alla terapia medica = rischio di motalità elevata)
Tabella 2: Somministrazione parenterale di antibiotici in ambiente comunitario in
differenti paesi Europei (% di prescrizioni)
Paese
CAP
AB
ECB
Totale
Francia
Germania
Italia
Spagna
UK
17
6
71
15
0
7
0
47
5
0
22
0
58
11
1,2
15,3
2
58,6
10,3
0,4
CAP = polmonite acquisita in comunità
AB = bronchite acuta
ECB = esacerbazione di bronchite cronica
Tabella 3: “Regole ed abitudini” sull’uso degli antibiotici iniettivi in diversi paesi
UK: - il General Practitioner (GP) può prescrivere ma non è abituato a farlo
- la somministrazione parenterale può essere effettuata solo dal GP o
dall’infermiere presso i Centri Medici, non a domicilio
- il cost del farmaco e le spese sanitarie sono rimborsabili
France: - il GP può prescrivere
- la somministrazione parenterale può essere effettuata dal GP o dall’infermiere
- tutte le spese sono rimborsabili
Germany: - il GP può prescrivere
- la somministrazione parenterale può essere effettuata solo dal GP
- il GP ha un budget limitato per le spese farmaceutiche,
non per eventuali indagini diagnostiche supplementari
Italy: - il GP può prescrivere
- la somministrazione endovena può essere effettuata solo dal GP,
anche a domicilio del paziente
- la somministrazione intramuscolare non necessita di personale specializzato
USA: - il GP può prescrivere
- gli antibiotici possono essere self-somministrati
- le spese sanitarie e farmaceutiche sono rimborsate dalle compagnie assicurative
Tabella 4: Responsabilità individuali nell’ambito del Team OPAT
Medico
Diagnosi
Autorizzazione al trattamento
Valutazione del paziente
Programma di trattamento
Istruzione del paziente alla
terapia
Coordinamento della terapia
Accesso venoso
Preparazione dell’antibiotico
Monitoraggio della tossicità
Valutazione del decorso della
malattia
Reperibilità 24 ore
#
#
#
#
#
Infermier Farmacista
e
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
#
Tabella 5: Criteri di selezione per l’OPAT
Criteri di inclusione
Criteri di esclusione
Buon aspetto clinici
Infezioni non complicate
Aspetto clinico scadente
Eziologia a rischio elevato
Malattie concomitanti (diabete,
insufficienza cardiaca, insufficienza renale)
Immunodepressione
Condizioni sociali scadenti
Scarsa affidabilità del paziente
Tabella 6: Terapia Antibiotica Iniettiva Domiciliare (TAID): il modello iataliano







diagnosi e prescrizione: medico di base
tipo di trattamento: domiciliare
via di somministrazione: intramuscolare
tipo di somministrazione:self-administration
tipo di infezione prevalemtemente trattata:- infezioni delle basse vie respiratorie
gravità: moderata
antibiotici iniettabili più utilizzati: cefalosporine di III generazione
Tabella 7: Analisi delle prescrizioni per diagnosi in Italia nel 1996
Confronto tra antibiotici orali ed iniettabili
Diagnosi
URTI
LRTI
UTI
Otiti/mastoiditi
Altrer
Antibiotici orali
(81.1%)
27%
16%
11%
5%
41%
Antibiotici iniettabili
(18.2%)
9%
48%
6%
3%
34%
Tabella 8: Costo di acquisto di alcuni antibiotici iniettabili in Italia (Lire)
Antibiotico.
Ceftriaxone (1g)
Cefotaxime (1g)
Ceftizoxime (1g)
Ceftazidime (1g)
Piperacillina (2g)
Cefazolina (1g)
Cefuroxime (1g)
Cefotetan (1g)
Cefoxitina (1g)
Dosaggio
giornaliero
1g X 1
1g X 3
1g X 3
1g X 3
2g X 3
1g X 3
1g X 3
1g X 2
1g X 3
Costo per fiala
14,050
6,500
9,550
13,900
per
vial (It Lit)
6,700
4,050
6,550
12,450
5,850
Costo die per
terapia
14,050
for therapy
19,500
for therapy
28,650
41,700
20,100
12,150
19,650
24,900
17,550
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