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Ss. Trinità
Ss Trinità
26 maggio 2002
Prima lettura
Dal libro dell'Esodo
Es 34,4-6.8-9
In quei giorni, 4Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva
comandato, con le due tavole di pietra in mano. 5Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso
di lui e proclamò il nome del Signore. 6Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il
Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà». 8Mosè si curvò in
fretta fino a terra e si prostrò. 9Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore
cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro
peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Parola di Dio.
Dal Ct. di Daniele 3,52-56
Rit. A te la lode e la gloria nei secoli!
Benedetto sei tu, Signore,
Dio dei padri nostri.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu
nel tuo tempio santo glorioso.
Benedetto sei tu
sul trono del tuo regno.
Benedetto sei tu
che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.
Seconda lettura
Dalla seconda lettera di Paolo apostolo ai corinzi
2Cor 13,11-13
Fratelli, 11state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti,
vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. 12Salutatevi a vicenda con il bacio santo.
Tutti i santi vi salutano. 13La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi.
Parola di Dio.
Alleluia, alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
cf. Ap 1,8
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a Dio che è, che era, che viene.
@ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,16-18
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: 16«Dio ha tanto amato(A) il mondo(B) da dare il suo Figlio(C)
unigenito(D), perché chiunque crede in lui(E) non muoia, ma abbia la vita eterna. 17Dio non ha
mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
18Chi crede in lui non è condannato(F); ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto
nel nome dell’unigenito Figlio di Dio(G)».
Parola del Signore.
Note del testo
La Trinità è mistero, è l’assoluto che si dà a conoscere in termini di amore e di salvezza; la Trinità è
Dio come Amore che salva il mondo. Dio è Padre, Figlio incarnato e Spirito santo: tre persone in una
sola e identica comunione di vita, partecipata a noi. Sono tre: l’Amante, l’Amato, l’Amore. La carità
divina in quanto donazione senza riserve è il Padre, in quanto accoglienza attiva è il Figlio, in quanto
perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie è lo Spirito. Tre persone, un solo Dio: una
perfetta comunione di amore. Il mistero dell’incarnazione e della pasqua - cuore della fede e della
liturgia cristiana - trae origine e consistenza dalla Trinità. Per noi la Trinità è l’origine, il sostegno, la
direzione e la meta del nostro cammino. Siamo creati a sua immagine e chiamati a partecipare alla sua
vita di amore. Siamo soggetti singoli, ma ci apparteniamo gli uni gli altri.
La prima lettura richiama l’esperienza dell’incontro di Mosè con Dio sul monte Sinai, dopo il peccato
del vitello d’oro. Mosè secondo l’ordine di Dio sale sul monte portando con sè le due tavole che egli ha
tagliato nella pietra sulle quali Dio riscriverà le clausole dell’alleanza. Sul monte il Signore si manifesta
a Mosè nel simbolo ambivalente della nube che rivela e nasconde la presenza di Dio. Ancora una volta
a Mosè è riservata la rivelazione del ‘nome’ di Dio. Il ‘nome’ indica l’identità profonda e nascosta di
Dio, i cui attributi fondamentali sono la misericordia e la pietà. Siccome è misericordioso, Dio è
sensibile davanti alle sofferenze dell’uomo; siccome è pietoso, Dio si piega sulla miseria dell’uomo e la
colma con la sua grazia. Il testo parla anche dell’ira di Dio. Ma mentre grazia e fedeltà sono
sovrabbondanti, l’ira è contenuta (lenta). Non è solo una differenza quantitativa: il fatto è che grazia e
fedeltà esprimono l’essere stesso di Dio, sono quindi atteggiamenti essenziali e permanenti; l’ira
esprime invece la reazione di Dio al peccato dell’uomo; è quindi un atteggiamento accessorio e
provvisorio.
La rivelazione del nome del Signore viene commentata dalla gestualità di Mosè che si curva fino a terra
in adorazione davanti a Dio. La sua preghiera fa leva proprio sulla bontà gratuita di Dio. Mosè chiede al
Signore di essere di nuovo presente in mezzo al popolo nel cammino verso la terra promessa senza
tener conto delle sue infedeltà e resistenze.
Il nuovo aspetto della natura di Dio che qui appare è la sua capacità di perdonare. In precedenza il nome
di Dio significava salvezza, adesso è perdono per il suo popolo. Il Dio che ora camminerà davanti e in
mezzo al suo popolo sarà ormai un Dio di perdono.
(A): Dio aveva mostrato più volte il suo amore nella storia del popolo di Israele: la vocazione gratuita
di Abramo, la liberazione dall’Egitto, la guida provvidente attraverso il deserto, la presenza continua
nel tempio di Gerusalemme, la parola viva dei profeti... Non si finirebbe più se si volesse raccontare le
grandi opere della misericordia di Dio. Ma bisognava mostrare che i doni di Dio non sono solo cose
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preziose che Dio dona all’uomo, ma sono Dio stesso che si fa dono. Per questo si dice che
l’incarnazione porta a compimento la rivelazione a Israele.
(B): Il mondo, per Giovanni, significa l’umanità bisognosa di redenzione e di salvezza, il cui peccato è
tolto da Gesù, agnello di Dio. Tale mondo è amato da Dio ed è salvato per mezzo del Figlio suo.
(C): C’è una distanza infinita tra creatore e creatura, tra il Dio santo e il mondo peccatore e ribelle.
Eppure Dio ha tanto amato il mondo con un amore gratuito, immeritato, che supera creativamente tutto
il peccato del mondo. Si può dire che alla ribellione del mondo Dio ha risposto col dono di ciò che
aveva di più caro: il suo proprio Figlio. Gesù Cristo è la mano che Dio tende all’uomo perchè l’uomo
possa venire liberato dalla sua condizione di male.
(D): Dio ha mostrato la sua carità all’umanità, chiusa nella sua impotenza radicale a salvarsi, donando
l’unico suo Figlio tanto amato. L’uso dell’articolo ‘il’ davanti a Unigenito mette in risalto il carattere
eccezionale di tale dono del Padre e quindi della prova suprema del suo amore per i peccatori: non si
tratta solo di un Figlio di Dio tra i tanti, ma di quello unico. Dio ama e ama solo come lui sa amare; la
sua carità eccezionale si estende al mondo che si è allontanato da lui. Il Padre ama i suoi figli peccatori
in un modo possibile solo a lui, donando per essi il Figlio suo Gesù.
(E): Dio è amore. Il rivelare un Dio amore è la presenza di Gesù nel mondo. Dio è amore fino ad
abbassarsi verso gli uomini per salvarli. La missione del Figlio unico come salvatore del mondo
manifesta che l’amore è da Dio, perchè Dio stesso è amore e fa partecipare all’amore il credente figlio
di Dio. Dire di lui che è l’amore significa manifester qualcosa che egli è, non soltanto qualcosa che fa:
quello che egli è in se stesso per noi.
(F): Gesù non è solo un dono di Dio, è Dio che si dona; non è solo la mano di Dio, è Dio che si fa aiuto
per l’uomo. Gesù è l’immagine perfetta del Dio invisibile; in lui il Padre è uscito dal suo mistero e ci ha
fatto intravedere il suo volto. La conseguenza è che il nostro rapporto con Dio si decide ormai nel
nostro rapporto con Gesù: ‘chi crede in lui’ e cioè chi accetta il suo amore come rivelazione dell’amore
del Padre, che si lascia amare da Dio attraverso di lui ‘non è condannato’. Non perchè non sia
peccatore, ma perchè il suo peccato è bruciato dall’amore di Dio che egli accetta con l’atto di fede.
(G): C’è un ultimo passo da fare e ce ne dà l’occasione il saluto che chiude la seconda lettera ai Corinzi.
L’amore di Dio e la grazia di Gesù ci sono comunicate attraverso il dono dello Spirito che è comunione
del Padre e del Figlio e apre i nostri cuori a questa comunione. San Paolo non ci pone solo davanti la
Trinità perchè la possiamo contemplare; ci presenta la Trinità come mistero della nostra stessa vita. La
comunione che unisce i credenti non è solo effetto della loro buona volontà ma è il prolungamento della
comunione trinitaria.
Prefazio suggerito: ‘Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito santo sei un solo Dio, un solo Signore, non
nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Quanto hai rivelato della tua gloria,
noi lo crediamo, e con la stasse fede, senza differenza, lo affermiamo del tuo figlio e dello Spirito santo.
E nel proclamare te Dio vero ed eterno, noi adoriamo la Trinità della Persone, l’unità della natura,
l’uguaglianza della maestà divina’ (prefazio proprio della Santissima Trinità)
Padri della Chiesa
Voi sapete, fratelli, che la morte ha fatto il suo ingresso nel mondo per l’invidia del diavolo. «Poiché
Dio non ha fatto la morte, -dice la Scrittura-, nè gode che periscano i vivi. Infatti ha creato ogni cosa
perché esistesse» (cf.Sap 1,13-14). Ma si aggiunge: «Ma per l’invidia del diavolo entrò nel mondo la
morte» (cf. Sap 2,24). L’uomo non sarebbe andato, costretto con la forza, alla morte propinata dal
diavolo: perché il diavolo non aveva potere di costringere, ma solo astuzia per persuadere. Tu non
aconsentire, e il diavolo non potrà farti niente; è il tuo consenso, o uomo, che ti qa condotto alla morte.
Nati mortali da un mortale, da immortali siamo diventati mortali. Da Adamo tutti nasciamo mortali; ma
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Gesù, Figlio di Dio, Verbo di Dio, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, Figlio unigenito
uguale al Padre, si è fatto mortale: il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi. (Agostino, Com. Vang.
Giovanni, 12,10)
(…) Il medico, in quanto tale, viene per guarire l’ammalato. É da se stesso che si uccide colui che
rifiuta di osservare le prescrizioni del medico. Il Salvatore è venuto nel mondo; per quale ragione è
detto Salvatore del mondo, se non perché è venuto per salvarlo, e non per giudicarlo? Se tu, poi, non
vuoi essere salvato da lui, allora ti giudicherai da te stesso. (Agostino, Com. Vang. Giovanni, 12,12)
Ecco dunque, come ho detto: Dio ci ama più che un padre il proprio figlio. Ed è evidente che il suo
affetto per noi è maggiore dell’affetto per i figli, perché per amore nostro non risparmiò il suo Figlio. E
che di più? Aggiungo: il Figlio giusto, il Figlio unigenito, il Figlio di Dio. Che si può dire ancora? Per
noi: cioè per i malvagi, per gli iniqui, per gli empi. Chi potrà dunque misurare l’amore di Dio verso di
noi? (Salviano da Marsiglia, De gubernatione, 4,10)
Orbene, affinché sia veramente grande e appaia tale l’amore di Dio Padre, bisogna pensare al Figlio e
non ad una creatura. Dico Figlio, che è ovviamente della stessa sostanza del Padre e veramente Dio.
Che se poi, secondo la tua dottrina, chiunque tu sia, non è della sostanza di Dio Padre, cesserà d’essere
Figlio naturale e Dio, e sarà allora inutile quel meraviglioso amore del Padre. Ha dato, infatti, per le
creature una creatura, non veramente Figlio. (Cirillo di Alessandria, Com. Vang. Giovanni, 2,1 sul
v.3,16)
altri autori cristiani
Questo dunque è il mistero non conosciuto di Dio nel mondo: Gesù Cristo. Che questo Gesù di
Nazaret, il falegname, fosse il Signore stesso della gloria, questo era il mistero di Dio. Mistero per il
fatto che Dio qui si fece povero, umile, limitato e debole, per amore dell’uomo, per il fatto che Dio
divenne uomo come noi, affinché noi divenissimo divini, perché egli venne a noi, affinché noi
andassimo a lui. (…) La gloria di Dio nella sua umiliazione e povertà, l’onore di Dio nel suo amore agli
uomini (…)l’amore e la vicinanza di Dio, questo è il mistero di Dio, «che egli ha preparato a quelli che
lo amano» (1Cor 2,9). Ma a questo mistero dell’amore di Dio in gesù Cristo prendono parte solo quelli
che amano Dio. Il mistero significa dunque essere amati da Dio e amare Dio. In tutto il mondo non c’è
un mistero più grande di questo, che Dio ci ama e che noi possiamo amare lui. In modo incomparabile a
qualsiasi amore umano, come il Creatore è incomparabile alla creatura. (…)ma essere amati da Dio
significa Cristo e amare Dio significa Spirito Santo. Il mistero di Dio dunque significa Cristo e Spirito
Santo, il mistero di Dio significa Santa Trinità. (D. Bonhoeffer, Festa della Trinità, pp. 401-2)
É scandaloso: ma per molta gente, pur battezzata nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
quello trinitario resta un mistero sterile, un lusso intellettuale, neutro, scarico di indicazioni operative.
Forse è arrivato il tempo in cui la fatica più grosso che dobbiamo compiere, come credenti, non è quella
di far quadrare questo mistero con il bisogno di comprensione razionale, ma quello di farlo diventare il
modulo dell’umana convivenza. Ecco il punto: la realtà delle tre persone uguali e distinte, che formano
un solo Dio, deve essere l’archetipo [modello] morale della comunione umana. Questo vuol dire, in
buona sostanza, che a tutti i viventi della terra, destinati a formare in Cristo un solo uomo, vanno
riconosciute la dignità di persona, la radicalità dell’uguaglianza, l’originalità della distinzione. É in
questo riconoscimento che si annida la matrice di ogni valore. É qui che si nasconde il segreto della
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pace. É da qui che nasce la speranza di un mondo nuovo: dalla coscienza, cioè, che tutti gli uomini
della terra sono persone uguali e distinte. Quando a uno di questi tre termini viene inferto un «ictus», si
scatenano il peccato, la guerra, la disperazione. (A. Bello, Alla finestra la speranza, pp.85-6)
In Dio il primato non è quello della giustizia che punisce ma quello dell’amore che perdona, anche se a
qualcuno questo può essere motivo di disappunto come lo fu per Giona: «So che tu sei un Dio
misericordioso e clemente longamine e di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male
minacciato» (Giona 4,2). (G.Ravasi, Breviario Familiare, A, pp.162-3)
Passi paralleli
v.16 Gn 22,1-18: Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!».
Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di
Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino, sellò
l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio
verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel
luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù,
ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio
Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt’e due insieme. Isacco si rivolse al
padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la
legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso provvederà l’agnello per
l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutt’e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva
indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra
la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore
lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non
stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato
tuo figlio, il tuo unico figlio». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in
un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò
quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». Poi l’angelo
del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del
Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con
ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la
sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno
benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
Mt 21,33-42: Ascoltate un’altra parabola: C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una
siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il
tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i
servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più
numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio
figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è
l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e
l’uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». Gli rispondono:
«Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a
suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno
scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?
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Rm 5,8: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi.
Rm 8,31-37: Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?
Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è
risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?
Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come
sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma
in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati.
1Gv 4,7-10: Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da
Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato
l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita
per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato
il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
v.17 Gv 4,40-42: quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi
rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua
parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il
salvatore del mondo».
Gv 12,47: Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono
venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
At 4,8-12: llora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi
veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la
salute, la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che
voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è
la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non
vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».
2Cor 5,19: É stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro
colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
v.18 Gv 2,23: Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che
faceva, credettero nel suo nome.
1Gv 3,23: Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci
amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.
1Gv 5,13: Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome
del Figlio di Dio.