Guittone d'Arezzo Guittone d'Arezzo (circa 1230-1294) fu il principale esponente della corrente poetica siculo-toscana. Figlio del tesoriere del comune di Arezzo ed esponente di parte guelfa, a circa vent'anni andò in volontario esilio. Ebbe moglie e tre figli, ma verso il 1265, in seguito a una profonda crisi religiosa, entrò nell'ordine dei Cavalieri della Vergine. La sua produzione poetica, raccolta nelle Rime e composta da 50 canzoni e 239 sonetti, presenta un'evidente cesura: nella prima parte dominano i temi della poesia d'amore e i contenuti politici, nella seconda, dove l'autore si presenta come Fra Guittone, prevalgono gli insegnamenti morali e spirituali. Scrisse anche un Trattato d'Amore in dodici sonetti e le Lettere (circa una trentina, in prosa, tra cui la lettera-invettiva contro gli "infatuati miseri fiorentini"), nelle quali dimostra tutta la sua arte di cultore dell'ars dictandi (l'"arte del dettare" che raccoglieva le norme retoriche e oratorie del latino). Guittone fu ritenuto maestro indiscusso di poesia nella Toscana settentrionale poco dopo la metà del secolo; esercitò un'influenza rilevante sui contemporanei sia per i contenuti sia per lo stile. Nella poesia d'amore si rifece ai moduli della scuola siciliana, insistendo più sui ragionamenti attorno all'amore che sulla sua rappresentazione. Per le canzoni politiche e morali trasse spunto dallo stile del trobar clus (il poetare difficile), proprio della poesia provenzale, che ricreò attraverso un uso estremamente denso, a volte oscuro, sempre molto ricercato, del volgare toscano. Il suo testo più celebre è la canzone politica Ahi lasso or è stagion di doler tanto, scritta dopo la sconfitta subita a Montaperti (1260) dai guelfi a opera dei ghibellini. La poesia è composta da numerose stanze caratterizzate ora dal dolore, ora dall'amaro sarcasmo; questa composizione è anche quella che segna maggiormente il distacco di Guittone dalla scuola siciliana, sia per il tema politico-morale, sia per la notevole varietà dei registri linguistici e stilistici. Altrettanto impegnative e spesso ricche di notevoli risultati poetici sono le canzoni a contenuto morale-religioso, tra le quali hanno un posto particolare le ballate-laude, un genere da lui inventato e poi ampiamente utilizzato in ambito toscano. CON PIU' M'ALLUNGO,PIU' M'E' PROSSIMANA * "Con più m'allungo, più m'è prossimana la fazzon dolce de la donna mia, che m'aucide sovente e mi risana e m'ave miso in tal forsenaria, che 'n parte ch'eo dimor' in terra strana, me par visibil ch'eo con ella sia, e un 'or credo tal speranza vana ed altra mi ritorno en la follia. Così como guidò i Magi la stella, guidame sua fazzon gendome avante, che mi par e incarnat'ella. Però vivo gioioso e benistante, chè certo senza ciò crudele e fella morte m'auciderea immantenante". Il poeta afferma che è lontano dalla sua amata , ma l'amore lo porta ad una tal follia da vederla vicino a lui in carne ed ossa. Lei per lui è come la stella che guidò i Magi e lo guida facendolo felice.S enza di lei morirebbe. PARAFRASI : Quanto più m'allontano io più sento vicino il dolce viso della mia donna, che mi fa morire e dopo mi dà gioia facendomi andare in uno stato di follia,che, mentre sto in terra straniera, mi pare che io stia con lei; e in momento credo tale speranza vana e in un altro ricado nella follia di averla vicina.Così, come la stella guida i Magi , mi guida il suo viso andandomi avanti ch'ella mi pare in carne e ossa.Però vivo gioioso e felice in quanto senza ciò una morte crudele e malvagia mi ucciderebbe subito. Livello metrico Sonetto con rime alternate (ABAB, ABAB) nelle quartine e invertite (CDC, DCD) nelle terzine. La sinalefe è presente (es: verso 3,13), come pure la sineresi (versi 3,14) Retorica: Similtudine al v.9 , Endiadi al v.13 . Stile Nel testo sono comunque presenti espressioni popolari fiorentine : prossimana , fazzon, forsenaria e gendome. Temi Nel sonetto risuonano motivi della tradizione cortese: la donna è vista come una guida .Appaiono tuttavia i richiami alla realtà terrena, alla fisicità femminile della donna protagonista del sonetto: il suo viso porta il poeta ad uno stato di euforia in modo da vedere la sua donna davanti a lui in carne e ossa.