Nome scientifico: Aythya nyroca L

Re di quaglie
Crex crex Linnaeus, 1758
Codice lista italiana: 110.469.0.001.0
Priorità: 14
RARITÀ GENERALE: valore = 3: Secondo la nuova “Lista Rossa” italiana appartiene alla
categoria delle specie “minacciate” (Endangered) a causa del continuo declino osservato
nella popolazione che è anche marcatamente frammentaria. E’ inserito nell’allegato I della
direttiva “Uccelli” (CEE/79/409), che comprende le specie per le quali si prevedono misure
speciali di conservazione sugli habitat, al fine di garantire la sopravvivenza e la
riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione. A livello globale ed europeo il
Re di quaglie viene considerato “Vulnerabile”. In Italia la stima della popolazione
nidificante allo stato attuale indica in 350-400 il numero di coppie presenti.
COROLOGIA: valore = 3: Il Re di quaglie ha corologia euroasiatica, con un areale che
dall’Europa centro-occidentale prosegue fino Siberia occidentale. Manca dalle regioni più
settentrionali, da gran parte della penisola Iberica, dal sud della Gran Bretagna, e da quasi
tutto il bacino Mediterraneo. In Italia è presente in modo molto localizzato solo nelle Alpi e
Prealpi orientali.
FRAGILITÀ [dimensioni della popolazione]: valore = 3: Soggetto ad un marcato decremento
per motivi ambientali e per la diffusione di moderne pratiche agricole ad alto impatto. La
popolazione europea è attualmente stimata in circa 91.000 coppie nidificanti. Le
popolazioni italiane si trovano al margine dell’areale riproduttivo e sono particolarmente
frammentate.
CONSISTENZA DEL POPOLAMENTO REGIONALE: valore = 3: Non esistono segnalazioni di
accertata nidificazione per la Lombardia, ma recentemente sono stati registrati maschi in
canto durante il periodo riproduttivo in alcune aree delle Alpi Orobie, il che fa ritenere
come probabile la nidificazione di questa specie anche nella nostra regione.
SELETTIVITÀ AMBIENTALE: valore = 3: Nidifica in prati e pascoli, preferibilmente con
vegetazione alta e fitta e non necessariamente nei pressi di zone umide; importante è che la
vegetazione sia già sufficientemente alta al momento dell’arrivo dalla migrazione e che
non venga sfalciata completamente per almeno un paio di mesi, tempo necessario al
completamento della riproduzione. Frequenta a volte anche campi coltivati, ma più spesso
nel periodo post riproduttivo. Sebbene nidifichi dalla pianura fino ai 1400 m di quota sulle
Alpi e in Russia fino a 3000 m, in Italia lo si trova prevalentemente in prati montani, posti
a quote generalmente superiori ai 400 m, mentre lo si può praticamente considerare estinto
in tutta la Pianura Padana.
CRITICITÀ: valore = 3: Non è possibile quantificare il contingente Lombardo nidificante a
causa degli scarsi dati raccolti fino ad ora, ma su una popolazione nazionale stimata in
circa 400 coppie la presenza di anche pochi individui di una specie così rara è da ritenersi
decisamente importante.
STRATEGIE DI CONSERVAZIONE: Il Re di quaglie è considerato in pericolo di estinzione
soprattutto a causa di variazioni ambientali e del disturbo durante la riproduzione,
andrebbero quindi applicate strategie di conservazione relative all’habitat [B], attività di
monitoraggio sulla popolazione esistente [C] e azioni che coinvolgano la componente
sociale nell’intento della salvaguardia della specie [D].
TIPOLOGIE DI INTERVENTO: Sono molteplici gli interventi che favorirebbero la presenza e la
nidificazione del Re di quaglie, soprattutto legati alle pratiche agricole adottate nella
gestione di prati permanenti e pascoli. Importante è che all’arrivo dai quartieri di
svernamento siano disponibili aree con prati di una certa altezza e che questi non vengano
sfalciati prima che sia terminato il periodo riproduttivo [Bc6, Bd1]; il set aside contribuisce
sicuramente a questo scopo [Bc7].
In Lombardia la specie sembra presente soprattutto in ambito montano e, in questo caso, è
importante che il pascolamento dei prati in queste aree non avvenga troppo presto e con un
carico di animali eccessivo [Bc12]. Alla fine dell’estate, prima di iniziare la migrazione
autunnale, il Re di quaglie effettua una muta completa ed è quindi impossibilitato a volare.
In questo periodo è molto vulnerabile ed è importante che siano presenti sul territorio aree
con vegetazione erbacea abbastanza fitta e alta, anche di piccole dimensioni e marginali,
dove possa trovare rifugio in attesa della completa sostituzione del piumaggio [Bc1]. Data
la scarsa conoscenza della sua distribuzione è indispensabile avviare un programma di
monitoraggio su scala regionale [C2] e sui parametri demografici e ambientali dei singoli
popolamenti [C1], anche attraverso studi particolareggiati finalizzati a individuare
potenziali interventi futuri [C11], tra cui la pianificazione di interventi di protezione dei
siti riproduttivi [Bd4]. E’ importante promuovere presso i coltivatori tecniche di sfalcio
compatibili [D2] ed eventualmente predisporre risarcimenti per eventuali maggiori oneri
che queste comportano e per far lasciare porzioni di territorio non sfalciate [D1, D8].
COSA NON FARE: Evitare che, a causa dell’abbandono delle attività agricole di media
montagna, i prati stabili si evolvano in associazioni vegetali di tipo arbustivo e
successivamente vengano ricolonizzate dal bosco. Occorre inoltre evitare sfalci precoci dei
prati ed eseguiti con macchine troppo veloci e lungo percorsi che non danno tempo ai
giovani di trovare rifugio in porzioni di vegetazione circostanti.
FATTORI CRITICI: Il principale fattore di minaccia per il Re di quaglie in Italia è costituito
dalla continua riduzione e frammentazione dell’ambiente favorevole alla nidificazione.
Anche i cambiamenti avvenuti nelle pratiche agricole, in particolare nell’ammodernamento
delle tecniche di sfalcio, hanno un’incidenza negativa, soprattutto in pianura.
Gruiforme appartenente alla famiglia dei Rallidi, in Italia è considerato migratore regolare,
nidificante e svernante irregolare. Dimensioni medie, lunghezza circa 27-30 cm e 46-53 cm
di apertura alare, si distingue dal Porciglione oltre che per la colorazione, anche per le
maggiori dimensioni e per il becco più corto, alto e di color bruno pallido. Il piumaggio è
di colore fulvo-giallastro macchiato di nero superiormente, parti inferiori bruno-castane
con barrature biancastre bordate di nero. Stria oculare, mento e gola di color grigio-blu,
restanti parti del capo e del petto bruno-fulve sfumate di grigio-blu. Ali di colore rosso
cannella particolarmente evidenti in volo. Zampe e piedi carnicini pallidi. Il dimorfismo
sessuale è appena evidente, la femmina, leggermente più piccola, ha la colorazione grigia
della faccia e del collo meno estesa e le parti superiori di un castano più intenso.
Frequenta praterie con densa copertura vegetale, anche coltivate (cereali, erba medica,
trifoglio) non necessariamente umide, alte generalmente meno di 50 cm. Sulle Alpi lo si
può trovare fino a oltre i 1400 m di quota, mentre sul Caucaso arriva anche fino a 3000 m.
Difficilmente osservabile in natura, si mantiene sempre a terra nel folto della vegetazione.
Prende raramente il volo, ma quando lo fa è facilmente riconoscibile a causa della
colorazione castana delle ali e dal fatto che tiene le zampe a penzoloni. E’ molto più facile
accertare la presenza della specie dall’inconfondibile richiamo del maschio emesso durante
il periodo riproduttivo principalmente di notte. E’ un secco “crex-crex” o “errp-errp”
ripetuto continuamente, anche ogni secondo in alcune notti d’estate. Ricorda il rumore
provocato dai denti di un pettine strofinati contro l’unghia; per questo fatto, in Trentino, si
è meritato il soprannome dialettale di “grata-peten”
E’ un migratore a lunga distanza, i principali quartieri di svernamento delle popolazioni
europee e asiatiche si trovano nell’Africa a sud del Sahara, soprattutto nella porzione
orientale. La migrazione autunnale vede il suo massimo intorno alla fine di settembre e
prosegue fino a metà novembre, mentre quella primaverile inizia intorno alla metà di
marzo con i primi arrivi, e prosegue fino a metà maggio, con un picco nel mese di aprile. In
Egitto, dove le rotte migratorie convergono, ogni anno vengono uccisi parecchie migliaia di
individui (14.000 nel 1994 secondo una stima della RSPB).
Nel mese di maggio ha inizio la stagione riproduttiva, con la formazione del nido ad opera
della femmina, che è semplicemente formato da una coppa di materiale vegetale tra le alte
erbe. Vengono deposte 8-12 uova (6-14) incubate poi dalla femmina a partire dalla fine
della deposizione. La schiusa avviene in modo sincrono dopo 16-19 giorni ed i pulcini,
dopo circa due giorni, abbandonano velocemente il nido. Già a tre-quattro giorni di vita i
piccoli iniziano ad alimentarsi da soli, dopo di che si disperdono, mentre la femmina
potrebbe prepararsi per una seconda covata. L’involo avviene a circa 34-38 giorni.
Ha una dieta piuttosto varia, si nutre principalmente di piccoli invertebrati, soprattutto
insetti, molluschi, aracnidi, piccoli anfibi. Mangia anche vegetali come germogli, piccole
foglie e semi.
L’impiego di moderne tecniche agricole, la diffusione monocolture intensive e lo
sfruttamento precoce delle aree a foraggio hanno costretto questa specie ad abbandonare la
Pianura Padana, dove ormai si osserva solo raramente durante il periodo migratorio.
Esistono probabilmente piccole popolazioni in aree montane, dove l’agricoltura non ha
subito un ammodernamento così evidente e la morfologia del terreno non permette uno
sfruttamento di tipo intensivo. Recentemente sono stati segnalati cinque maschi in canto,
durante la stagione riproduttiva, in un’area di alcuni chilometri quadrati in ambiente di
prato-pascolo stabile a quote variabili tra i 1000 ed i 1600 m, nei pressi del confine sudoccidentale del Parco Regionale delle Orobie Bergamasche. Altre due segnalazioni
riguardano maschi isolati in canto durante il periodo riproduttivo in due zone umide
montane, una all’interno della Riserva Regionale Pian Gembro e l’altra in Valsassina.
Felice Farina
Bibliografia
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Conservation Series n° 3. BirdLife International, Cambridge.