Materiale NERINA Magazzino
Noi e gli altri
Autrice: Nerina Vretenar
Materiale NERINA Magazzino
Biografia breve dell’autore
Nerina Vretenar, insegnante elementare di Treviso, si occupa, nel MCE, di formazione
linguistica e di educazione alla pace.
INDICE
Una ricerca sui libri di testo
Il nostro passato: storia di un mondo a parte
L’insostenibile dramma dell’incontro
Chi c’è nel mondo?
La voce degli altri e l’enunciato minimo
Materiale NERINA Magazzino
Una ricerca sui libri di testo
Negli anni ‘70 Umberto Eco ci aveva mostrato ne I pampini bugiardi come i libri di testo di
allora presentassero una realtà edulcorata e falsa, completamente diversa da quella, complessa e
conflittuale, di quegli anni difficili.
E oggi?
Recentemente la Direzione Generale Scambi Culturali del Ministero della Pubblica Istruzione ha
voluto analizzare la qualità dei libri di testo attuali per quanto riguarda un aspetto: l’educazione
interculturale, rilevabile attraverso l’analisi dell’attenzione prestata alle culture non occidentali.
Quanto e come ne parlano i libri di testo, cosa ne dicono e con quali obiettivi?
Il Movimento di Cooperazione Educativa ha raccolto e concretizzato il progetto conducendo una
ricerca i cui risultati sono raccolti in un volume pubblicato recentemente, intitolato
Interculturalismo e immagine del mondo non occidentale nei libri di testo della scuola dell’obbligo.
Il tema è della più grande attualità e non può non implicare una riflessione anche sul piano
pedagogico e didattico.
“L’interculturalismo è — dice Paola Falteri nella premessa al volume — ricerca di un terreno
comune attraverso il quale siano intenzionalmente promossi e resi possibili sia la comprensione che
lo scambio. E tale terreno, non dato a priori, è da costruire attraverso la reciprocità. Non siamo solo
noi a guardare all’altro, è anche l’altro che guarda a noi: il confronto dei punti di vista è il solo a
consentire la specificazione dell’identità e l’interazione”.
La cronaca ci dice tutti i giorni quanto questo sia urgente.
La richiesta del Ministero si accordava con l’interesse del Movimento di Cooperazione
Educativa per il problema del rapporto con l’alterità e della sua valenza formativa.
Questo interesse che ha portato il Movimento a introdurre (fin dagli anni ‘70) la conoscenza
delle culture extraoccidentali nella scuola dell’obbligo attraverso la costruzione di materiali
etnografici per uso didattico, e a concentrare in varie forme l’attenzione sulla valorizzazione delle
differenze e sulla costruzione dell’identità attraverso la conoscenza e la relazione, nonché sulla
necessità di ridefinire continuamente e in termini dinamici il concetto di conflitto e le pratiche di
cooperazione. Con la consapevolezza che la costruzione della personalità si fa superando
lentamente così l’egocentrismo psicologico come l’etnocentrismo culturale e che in entrambi i casi
l’atteggiamento da conquistare è la capacità di decentrarsi dal proprio punto di vista.
La ricerca è stata progettata, avviata e coordinata in tutte le sue fasi dall’antropologa Paola
Falteri dell’istituto di etnologia e antropologia culturale dell’Università di Perugia ed è stata
condotta da 45 insegnanti del Movimento di Cooperazione Educativa.
La presentazione dei risultati, comprendeva
l’analisi dettagliata di 169 volumi e costituiva
un fascicolo di 525 pagine, di cui il volume pubblicato costituisce una sintesi, depositato, dopo più
di un anno di lavoro, presso il Ministero P.I. e il MCE.
I libri di testo esaminati sono stati scelti tra quelli maggiormente adottati in otto province
campione nell’anno scolastico 1991-92. Per ciascuno è stata stesa una relazione dopo che tutte le
parti pertinenti al tema della ricerca erano state esaminate e schedate tramite uno strumento di
rilevazione piuttosto complesso.
La prima fase dell’indagine è consistita nell’individuazione del corpus di libri di testo da
sottoporre ad esame, nel loro reperimento e nella messa a punto della scheda di analisi. Nella
seconda fase si è proceduto a sperimentare lo strumento di rilevazione, a perfezionarlo fino alla sua
redazione definitiva e ad analizzare sistematicamente il corpus individuato.
Nella terza fase sono stati organizzati i risultati della rilevazione sia rispetto a ciascun testo
esaminato, sia rispetto a gruppi di testi aggregati per ‘materie’ o tipologia.
Si è scelto di analizzare i libri di testo di tutte le materie, partendo dall’assunto che l’interculturalità non è identificabile in un contenuto univoco ma in una costellazione complessa di temi,
approcci e modalità di relazione. Sono stati esaminati solo i riferimenti a culture non occidentali
posteriori all’epoca delle grandi scoperte geografiche nella convinzione che è a partire da quel
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momento fondamentale che l’immagine dell’altro assume una nuova configurazione ponendo
problemi di identità e di relazione con cui ancor oggi ci troviamo a confrontarci.
Sulla base delle indicazioni contenute nello strumento di rilevazione sono state eseguite, per
ciascuna delle parti di testo pertinenti al tema della ricerca, tre direttrici di analisi. In primo luogo è
stata rilevata l’ampiezza e la struttura dell’unità di analisi considerata, gli obiettivi didattici,
esplicitati o meno, che ne stanno alla base, la caratterizzazione che viene data alle culture
considerate e la dimensione storica in cui vengono collocate, evidenziando anche le informazioni
che emergono relativamente all’incontro tra culture e ai rapporti tra Nord e Sud del mondo.
La seconda parte dell’analisi riguardava il tipo di informazioni che vengono fornite sulle culture
altre.
La terza parte i temi trattati rispetto alle culture prese in considerazione e i valori espliciti o
impliciti che emergono.
Quali, dunque, i risultati?
Il nostro passato: storia di un mondo a parte
La nostra identità è chiaramente definita: noi siamo, per la grandissima maggioranza dei libri di
testo, gli occidentali bianchi. Il senso di appartenenza a una comune umanità fatica a prendere
piede: così come nella percezione comune, anche nella coscienza dei compilatori di manuali
scolastici. Il passato dell’umanità nei libri di testo è quasi solo fatto di avvenimenti che vedono
coinvolti direttamente ‘noi’ europei occidentali: i ‘nostri’ eventi, le ‘nostre’ scoperte, le ‘nostre’
guerre...
Fanno eccezione le ‘grandi civiltà del passato cui viene dato un certo spazio, che vengono fatte
oggetto di una trattazione autonoma. Con una selezione precisa, però: vengono privilegiate quasi
solo le ‘grandi civiltà sorte nel bacino del Mediterraneo, con cui si presume che la ‘nostra’ sia in
qualche modo in relazione.
Lontano da noi ci furono solo ‘piccole civiltà o ‘civiltà’ non degne di nota in quanto non riguardano ‘noi’ ma ‘gli altri’? Ai ragazzi e alle ragazze della scuola dell’obbligo non è dato saperlo.
Un altro problema: nonostante gli studi storici abbiano ormai consolidato l’idea della complessità e specificità dei percorsi dei diversi gruppi umani, la storia dei libri di testo sembra ancora
legata a un’impostazione evoluzionistica, a un modello unilineare dello sviluppo umano, come di un
percorso che vede ogni comunità impegnata in un cammino di ‘progresso’ a tappe obbligate, uguali
per tutti, al cui vertice ci siamo naturalmente ‘noi’ con la nostra civiltà tecnologicamente avanzata.
Non è raro, ad esempio, che i Boscimani, i Tuareg, o altre popolazioni, vengano definiti
tranquillamente “primitivi” “fermi all’età della pietra”,o qualificati da altri simili, indebiti giudizi.
Avviene soprattutto nei libri di testo per la scuola elementare e dispiace che, per questa fascia di età,
la necessità di costruire una comunicazione comprensibile e sintetica (anche i rigidi vincoli sul
numero di pagine e sul prezzo non giocano certo a favore della qualità dei prodotti) porti a
confezionare analisi semplicistiche e riduzioni banali.
È difficile, nel complesso, ritrovare, nei libri di storia e nei sussidiari, un’adesione al dettato dei
Programmi che raccomandano di evitare che l’alunno percepisca come progressione deterministica
la successione dei vari tipi di società fatti oggetto di studio e che suggeriscono un approccio che
porti alla conoscenza delle ‘società’ umane nel tempo e nello spazio nelle diverse dimensioni
“civile, culturale, economica, politica e religiosa”. Nei libri di testo c’è soprattutto la storia di un
nostro ‘mondo a parte’.
L’insostenibile dramma dell’incontro
Il libro di T. Todorov La conquista dell’America porta il sottotitolo significativo Il problema
dell’altro e delinea in modo suggestivo le passioni di quel tempo straordinario in cui, per la prima
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volta (e unica) nella storia, gli Europei incontrarono genti diverse di cui nulla si sapeva e neppure si
sospettava l’esistenza. Così diverse da scatenare dibattiti sulla loro appartenenza o meno alla specie
umana, così difficilmente riducibili a schemi consueti da costringere i conquistatori a riaprire, anche
per sé, il problema della definizione dei criteri di appartenenza all’umanità: sono essi, questi esseri
liberi, ignudi e incapaci di parlare (così si sosteneva) uomini e donne? Se sì, cosa significa essere
uomini e donne? E chi sono io? Mentre gli abitanti del Nuovo Mondo alle prese con diversi, ma
altrettanto complessi, problemi di relazione vedevano in Cortez il dio annunciato dai loro miti.
I sussidiari e i libri di storia quando parlano (poco) di questo incontro fondamentale, lo inseriscono generalmente in un capitolo intitolato ‘Le scoperte geografiche’ o ‘Le grandi scoperte
geografiche’ che tratta soprattutto della scoperta e della conquista di territori dal punto di vista degli
Europei e ne delinea le conseguenze, sul piano economico e politico, ancora una volta dal loro
punto di vista.
Poco spazio concedono (salvo lodevoli eccezioni) così al tentativo di far conoscere la vita e
l’organizzazione delle popolazioni del Nuovo Mondo, la loro storia antecedente all’incontro fatale,
come pure alla loro voce: le fonti,che ora tutti i manuali scolastici riportano con una certa
abbondanza, sono quasi sempre fonti di provenienza occidentale, anche quelle che esprimono un
punto di vista fortemente critico.
E’ facile trovare nei libri di testo stralci dei memoriali di Las Casas così come, da parte dei
curatori dei volumi, forti e decise espressioni di condanna degli aspetti crudeli della conquista, ed è
decisamente un elemento a favore dei manuali più recenti e compilati in modo più attento. Più
difficile è ritrovare la voce e il punto di vista degli altri protagonisti dell’incontro.
Gli altri grandi appuntamenti della storia che vedono l’uomo bianco occidentale incontrare altre
culture sono il periodo della colonizzazione dell’America del Nord e l’epoca delle espansioni
coloniali del nostro secolo.
Nel primo caso, pur dando spazio soprattutto alle vicende riguardanti i rapporti tra le Colonie
americane e la madre patria, si presta anche, generalmente, una certa attenzione alla situazione e
alla cultura dei nativi Americani, soprattutto nei libri per la scuola media. Lo stereotipo dell’Indiano
selvaggio e feroce dei film western pare finalmente abbandonato per un più corretto tentativo di
lettura di una cultura altra.
Le popolazioni dell’Africa e dell’Asia entrano per breve tempo sulla scena nel momento in cui
divengono oggetto dell’espansionismo occidentale. Le guerre coloniali vengono raccontate dal
punto di vista dei conquistatori: di volta in volta spiegate in riferimento ai bisogni dei conquistatori,
esecrate in quanto motivo di dolorose e inutili perdite per i conquistatori, analizzate nelle loro
conseguenze per i conquistatori.
La necessità di fornire molti contenuti in modo sintetico non permette di dedicare a popolazione
non europee più di alcune pagine dei sussidiari e uno spazio che va dal 5,6% al 14,5% in un terzo
volume di storia delle medie.
Chi c’è nel mondo?
Il terzo volume di geografia delle medie così come la sezione geografia del terzo volume del
sussidiario, avendo come oggetto ‘il mondo’non possono sottrarsi alla necessità di dare molte
informazioni su culture e paesi extraeuropei.
Si tratta di una novantina di pagine nel sussidiario e di una parte del libro di storia delle medie
che può arrivare al 40%. Rispetto ai ‘popoli della storia’, i ‘popoli della geografia’ sono oggetto di
una trattazione autonoma che a volte riesce a dare, pur nell’estrema sinteticità delle informazioni,
dei quadri di conoscenza che cercano di mettere in luce la dinamica dei rapporti uomo-ambiente e le
connessioni tra cultura e aspetti politici ed economici.
Trattandosi di realtà lontane e complesse, attraversate da problemi a volte drammatici, soggette
a inevitabili processi di acculturazione e a rapide trasformazioni dovute ai contatti continui tra
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culture cui, nel mondo d’oggi, nessun gruppo umano può sottrarsi, non mancano però carenze
rispetto ad alcuni livelli di analisi.
Si rileva, ad esempio, in alcuni casi, una scarsa contestualizzazione: singoli aspetti di una cultura
risultano poco comprensibili nel loro significato, perché non ne vengono messe in luce le
connessioni con gli altri aspetti.
Così come un insufficiente richiamo ai processi di mutamento in atto non rende ragione del fatto
che non esistono oggi, probabilmente, culture non contaminate da contatti o esenti da influssi di
altre culture, soprattutto dell’Occidente. Ignorarlo, come a volte viene fatto, falsa la correttezza del
quadro.
Si nota, infine, una scarsa abitudine a usare il metodo comparativo, nonostante la grande
rilevanza che questo strumento di analisi assume oggi nell’ambito dell’etnografia e
dell’antropologia culturale: cogliere le differenze, ma anche le somiglianze tra culture diverse
permetterebbe di sviluppare il senso di appartenenza a una comune umanità, che è il presupposto
indispensabile per correre il rischio della conoscenza e della relazione.
Altrimenti, il mettere in luce, come a volte succede, solo l’irriducibilità delle differenze,
preclude la comprensione e lo scambio e può limitare la conoscenza nell’ambito di un mero
esotismo in cui l’altro è ridotto a oggetto di curiosità e di interesse superficiale.
Questi libri si trovano ad affrontare il problema non facile della disuguaglianza che a volte si
accompagna alla diversità: sottosviluppo, mancanza o insufficiente uso delle risorse,
sovrappopolazione, fame, razzismo, violenza. Raramente questi aspetti vengono indagati nelle loro
cause, non sempre vengono chiamati in causa il Colonialismo, il Neocolonialismo e i rapporti
economici tra gli stati, anche se una sorta di rimorso storico porta a sottolineare a volte, in modo
generico, le colpe dell’Occidente.
I testi delle medie sono in qualche caso un po’ più attenti nell’indagare le cause del sottosviluppo, nel mettere in rilievo l’origine e l’evoluzione dei problemi e delle attuali difficoltà, senza
tacere sulle responsabilità passate e sui ruolo attuale dell’Occidente nel mantenere e spesso creare
situazioni drammatiche; raramente però riflettono sull’opportunità di prendere in considerazione
l’eventualità che la soluzione ai problemi degli altri possa non essere data necessariamente da ‘noi’,
o possa essere trovata per vie diverse da quella della semplice esportazione del nostro modello di
sviluppo.
Va detto poi che nella quasi totalità dei casi al di là delle analisi e dei riferimenti astratti non si
trovano in questi spazi elementi utili a una conoscenza reale di qualche specifica cultura. Nei libri di
Studi sociali e di Ed. Civica si parla quasi sempre genericamente di ‘popoli’, ‘popolazioni’, ‘paesi’,
di cui vengono rilevati soprattutto i tratti di subalternità rispetto all’Occidente.
Non si può non fare, ancora, un’ osservazione interessante per quanto riguarda i libri di
religione. Vi troviamo, sia nei testi delle elementari che in quelli delle medie, soprattutto appelli alla
necessità della solidarietà in cui appartenenti a popolazioni del cosiddetto terzo mondo vengono
assimilati ad altri ‘emarginati’ e ne vengono rilevati soprattutto i tratti di povertà, carenza, bisogno.
Al solo fine di mettere in rilievo la generosità ‘nostra’ nel fornire aiuto e assistenza.
Non è raro ritrovare, accostate nella stessa pagina, foto raffiguranti bianchi solleciti che
assistono un handicappato, un “povero”, un anziano, un nero. Di tutta la ricchezza di un’identità
culturale viene rilevato solo l’aspetto dell’indigenza e della dipendenza.
La voce degli altri e l’enunciato minimo
Libri di lettura e antologie potrebbero essere, nella scuola dell’obbligo, strumenti preziosi per
avvicinare i bambini e le bambine a temi significativi e a problemi importanti del nostro tempo e dei
tempi passati, per stimolare la riflessione e la presa di coscienza, per far sentire tante voci diverse,
anche quelle più sconosciute e più lontane, a chi si appresta a entrare con la sua propria voce sulla
scena del mondo.
Un racconto, una testimonianza, una poesia, un saggio, un qualsiasi testo potrebbero sempre
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avere in sé questa forza, di gettare ponti con altri luoghi della realtà e metterci in relazione con altri
abitanti del pianeta.
Invece l’analisi condotta dal gruppo di ricerca su 18 antologie e 31 libri di lettura scelti tra quelli
maggiormente in uso ha portato non poche delusioni, rispetto alla quantità dei materiali che
vengono offerti, rispetto alla qualità e rispetto all’uso che ne viene suggerito. La quantità: per i libri
di lettura del primo ciclo lo spazio dedicato alle tematiche interculturali è solo l’1,4% in media,
immagini comprese; si sale al 2,7% nei libri del secondo ciclo. Per le antologie si va dal 5,6% al
12,5% con percentuali molto basse (anche dello 0,6%) nel primo volume. E davvero poco, se, come
dice Visalberghi, l’educazione interculturale dovrebbe costituire “un imperativo primario di ogni
impegno pedagogico aggiornato”.
La qualità: certo i libri di lettura delle elementari non sono più quelli de I pampini bugiardi, ma
stucchevoli e banali, per quanto riguarda la tematica che ci interessa, a volte riescono a esserlo lo
stesso, soprattutto per quanto riguarda i libri per il primo ciclo. Appelli generici alla pace e alla
fratellanza, alla solidarietà e alla condivisione sono accompagnati da immagini di girotondi di
bambini colorati in abbigliamenti corrispondenti ai più triti stereotipi, neri col gonnellino e
giapponesi col chimono.
Nel secondo ciclo troviamo brani su aspetti curiosi, folcloristicì, di altri contesti geografici,
percorsi, quasi, con l’occhio del turista occidentale a caccia di emozioni, accanto a testi che
presentano un’ampia gamma di temi inerenti le dinamiche interculturali, pace e razzismo, povertà e
dipendenza economica del Sud del mondo. Ma il tutto viene trattato in modo un po’ generico e in
riferimento a contesti lontani dall’esperienza degli alunni.
C’è ben poco che possa contribuire a costruire una conoscenza che eviti il consolidarsi di
stereotipi, ben poco che favorisca, facendo sentire almeno la voce degli altri, la relazione o il
desiderio della relazione come antidoto al pregiudizio.
In un libro c’è un brano che racconta la conquista del West da parte degli Europei mettendo in
luce la difficoltà dell’impresa, nonché il coraggio e l’ostinazione dei coloni alle prese con un
ambiente impervio, “pieno di belve” e “popolato da gente bellicosa, crudele e infida, la cui civiltà
era ancora quella dell’età della pietra... Ma nonostante queste difficoltà essa era quanto mai adatta a
diventare la patria di un popolo forte e prospero”. La conquista e il genocidio in America furono
dunque imprese lodevoli in quanto faticose per i conquistatori. In un altro brano si racconta del
bianco Jack che, nel suo viaggio verso Ovest, trova una vallata amena in cui immagina di collocare
“la diga per regolare il fiume, il granaio, le stalle, il fienile, il pascolo, le coltivazioni...” e conclude
che “nella grande vallata era arrivato il tempo dell’uomo!”. Anche i testi più “impegnati”, che
cercano di rimandare un’immagine corretta e coerente dell’altro, incorrono a volte nell’errore di inserire, senza evidenziare sufficientemente la necessità di una lettura critica, brani come quelli citati.
Alle antologie per la scuola media possiamo riconoscere una minore sciatteria nella scelta dei
testi, anche se siamo ancora lontani da una proposta che tenga presente l’educazione interculturale
come ‘imperativo primario’. C’è una certa attenzione a far conoscere le letterature non occidentali,
almeno quelle che hanno raggiunto il grande pubblico e alle cui opere viene ormai riconosciuto un
valore universale. Molte antologie, organizzate per nuclei tematici attorno ai quali si raccolgono i
brani, mettono in primo piano problematiche e valori su cui, con la scelta dei pezzi, si vuole
stimolare una riflessione.
Non mancano poi testi scientifici e narrativi in cui si assiste all’incontro con culture altre, anche
se spesso si manca l’occasione di presentare pezzi che si soffermino maggiormente su concreti
momenti di incontro tra persone reali e sulle relative difficoltà, per poter ragionare di etnocentrismo
e di esotismo non sul piano di principi astratti o di valori morali, ma nel concreto dell’analisi dei
comportamenti.
Bisogna fare ancora un’osservazione importante su libri di lettura e antologie: quasi sempre la
pregnanza dei contenuti non viene sottolineata a tutto vantaggio della sottolineatura, resa evidente
anche sul piano grafico, di aspetti linguistici, formali, stilistici e relative richieste di analisi che
portano la riflessione su problematiche che niente hanno a che vedere con il tema trattato dai testi,
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che sembrano così declassati a meri... pretesti per insegnamenti ‘scolastici’: sui tempi dei verbi e
l’aggettivazione, il genere letterario e l’enunciato minimo.
Il racconto di Brown Sentinella contiene un messaggio sconvolgente sul problema dell’altro e
sulla difficoltà di andare al di là del proprio punto di vista particolare, ma le antologie che lo
riportano si limitano a segnalarlo come un classico del ‘genere fantascienza’ o a richiederne
l’analisi strutturale.
Così come in un libro di grammatica un discorso di Mussolini sulla superiorità degli Italiani e la
barbarie degli Etiopi viene presentato come esempio concreto di iperbole.
Come si può vedere non si salvano neppure i libri di lettura delle elementari: quelli messi sul
mercato negli ultimi anni, infatti, sono infarciti di notazioni e indicazioni di lavoro di tipo
linguistico.
Qui la scuola sembra mettere a nudo la sua incapacità ad affrontare problemi reali, obiettivi
educativi, senza lasciarsi sopraffare da preoccupazioni di didattica spicciola né, almeno, saper
distinguere modi e momenti diversi per i suoi obiettivi.
E i manuali scolastici sembrano mettere a nudo la loro scarsa consistenza come stimoli e veicoli
di pensiero, come momenti gratuiti di apertura sul mondo: proprio perché non sono veri ‘libri’,
forse.