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Come costruire
un
BUSINESS PLAN
INDICE
Introduzione
Il business plan…………………………………………………………………...
1. Il sistema competitivo………………………………………………………….
1.1 Il sistema competitivo allargato………………………………………………
1.1.1 I potenziali entranti…………………………………………………………
1.1.2 I concorrenti………………………………………………………………...
1.1.3 I fornitori di prodotti sostitutivi…………………………………………….
1.1.4 Il potere contrattuale di clienti e fornitori…………………………………..
1.2 Dall’analisi del sistema competitivo alla definizione
della strategia competitiva……………………………………………………
2. La formula imprenditoriale…………………………………………………….
2.1 Il mercato obiettivo…………………………………………………………...
2.2 Il sistema prodotto……………………………………………………………
2.3 La politica di comunicazione…………………………………………………
2.4 La struttura aziendale…………………………………………………………
Introduzione esercizi
Esercizio 1
Esercizio 2
Esercizio 3
Esercizio 4
2
Pag. 3
Pag. 4
Pag. 4
Pag. 4
Pag. 6
Pag. 8
Pag. 9
Pag. 10
Pag. 11
Pag. 11
Pag. 13
Pag. 15
Pag. 15
Pag. 18
Pag. 19
Pag. 23
Pag. 25
Pag. 27
Introduzione - IL BUSINESS PLAN
Il business plan è un documento volto a descrivere un progetto imprenditoriale sia nei suoi
aspetti qualitativi (a quale mercato ci si rivolge, con quale prodotto o servizio, con quali
concorrenti ci si confronta, come si intende predisporre la struttura produttiva e commerciale,
ecc.), sia nei suoi aspetti quantitativi (il bilancio previsionale).
E’ uno strumento che può essere utilizzato per descrivere un progetto che comporta la
costituzione di una nuova impresa, per analizzare progetti di diversificazione nell’ambito di
imprese già esistenti o per definire l’attività e le prospettive di sviluppo di progetti
imprenditoriali già avviati.
L’ipotesi di fondo è che un buon business plan può scaturire solo da un buon progetto
imprenditoriale.
I motivi di redazione del business plan possono ricondursi essenzialmente ai seguenti:
- business plan come strumento di presentazione: in questo caso la formalizzazione del
progetto imprenditoriale attraverso la redazione del business plan è legata alla necessità di
sottoporre l’iniziativa agli azionisti di controllo o a terzi per una valutazione. E’ la situazione
che si presenta quando si vuole coinvolgere nell’iniziativa un nuovo socio o partner
finanziario o quando si vuole accedere a particolari finanziamenti. Il motivo per cui il
business plan viene elaborato è essenzialmente esterno: è necessario convincere qualcuno a
finanziare il progetto o a diventare nostro socio tramite la documentazione presentata.
- business plan come strumento di analisi e di apprendimento: la stesura del business plan può
rappresentare per l’imprenditore e i suoi collaboratori una grande opportunità di
apprendimento, consentendo di mettere a punto il progetto imprenditoriale sulla carta prima
di fare le prime mosse sul mercato. Per questo motivo anche nel caso in cui si decidesse di
rivolgersi a un consulente per un supporto tecnico è importante che tale consulente lavori a
stretto contatto con chi deve prendere le decisioni strategiche.
Premesso che ogni progetto è diverso dall’altro e richiede quindi una descrizione e una struttura
personalizzate di business plan, esso per essere esaustivo deve in ogni caso descrivere
approfonditamente:
- gli elementi che compongono la formula imprenditoriale, ossia:
- che cosa si intende vendere (SISTEMA DI PRODOTTO)
- a chi si vuole offrire il prodotto o servizio (MERCATO OBIETTIVO)
- come si intende produrre e commercializzare il prodotto o servizio (STRUTTURA
AZIENDALE)
- la politica di comunicazione che collega il sistema prodotto al mercato obiettivo
- il sistema competitivo nel quale ci si intende inserire
- le proiezioni economico-finanziarie che illustrino le conseguenze della formula
imprenditoriale in termini di costi, ricavi, profitti, fabbisogno finanziario.
Analizzeremo di seguito esclusivamente gli elementi che caratterizzano la struttura qualitativa
del business plan; il capitolo che segue riguarda il sistema competitivo, mentre il successivo è
relativo alla formula imprenditoriale nei suoi diversi elementi costitutivi e ricomprende anche
l’analisi della politica di comunicazione aziendale.
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1. IL SISTEMA COMPETITIVO
Il sistema competitivo è dato dall’insieme delle forze esterne che definiscono l’ambiente nel
quale un’impresa compete o intende competere. L’analisi del sistema competitivo è presupposto
essenziale per la definizione della strategia competitiva che si intende adottare e per
l’individuazione delle scelte fondamentali che definiscono il profilo dell’azienda.
1.1 Il sistema competitivo allargato
L’analisi del sistema competitivo non è rivolta solo i possibili concorrenti con i quali ci si troverà
a competere sul mercato prescelto, ma riguarda tutte le forze competitive che contribuiscono a
determinare il livello medio di profitto nel settore prescelto.
Il sistema competitivo allargato comprende i potenziali entranti nel settore, i concorrenti, i
fornitori di prodotti o servizi sostitutivi, i fornitori e i clienti.
Svolgere l’analisi del sistema competitivo significa studiare le caratteristiche strutturali di
ciascuna di queste forze, valutandone l’impatto sulla redditività potenziale del business che si
intende avviare e quindi l’attrattività del settore nel quale si intende entrare.
1.1.1 I potenziali entranti
La possibilità di entrare in un settore dipende dalle barriere all’entrata, ovvero dagli ostacoli che
occorre superare per competere in quel determinato business.
I principali ostacoli sono legati al configurarsi dei seguenti elementi:
1) Economie di scala
2) Grado di differenziazione dell’offerta
3) Costi di riconversione della clientela
4) Accesso ai canali distributivi
5) Fabbisogno di capitale
6) Economie di apprendimento
Approfondiamo ora ogni singolo elemento sopraindicato.
Economie di scala: si verificano quando il costo di un’unità del prodotto o servizio offerti
diminuisce all’aumentare della capacità produttiva, in ipotesi di saturazione della stessa.
La relazione tra costi unitari e volumi di capacità produttiva è illustrata nella figura che segue:
COSTO MEDIO UNITARIO
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CAPACITA’ PRODUTTIVA
Dimensione ottima minima
Figura 1 – Le economie di scala
Le fonti di economie di scala sono le seguenti:
- minori costi di acquisto: con l’aumentare della capacità produttiva aumenta il fabbisogno di
materie prime e materiali di consumo. E’ probabile che, all’aumentare dei volumi acquistati,
si possano acquistare i materiali in formato più conveniente e si riesca ad ottenere uno sconto
sul prezzo di acquisto riducendo così i costi variabili unitari;
- indivisibilità di alcuni fattori produttivi e di alcune attività: indivisibilità significa che alcuni
fattori o attività non possono essere ridotti al di sotto di una scala minima che, in alcuni casi,
può anche essere molto consistente;
- possibilità di specializzazione: all’aumento della capacità produttiva si accompagna una
maggiore possibilità di specializzazione, che in genere consente di aumentare l’efficacia e
l’efficienza di svolgimento delle singole attività;
- proprietà geometriche dei contenitori: la capacità produttiva dei contenitori è proporzionale
al loro volume, mentre il loro costo è proporzionale alla loro superficie;
- maggiore efficienza degli impianti di maggiori dimensioni: molti impianti diventano più
efficienti con l’aumentare delle loro dimensioni.
Grado di differenziazione dell’offerta: un prodotto (o un servizio) differenziato è un prodotto
che risulta unico agli occhi del consumatore. Questo comporta che l’acquirente non si farà
guidare nella scelta solo dal prezzo e che sarà disposto a pagare un premium price (ossia un
prezzo superiore rispetto al prezzo di prodotti alternativi) più o meno alto pur di avere
esattamente quel prodotto. L’opposto di bene differenziato è bene commodity. Le commodities
sono beni per i quali è molto facile confrontare l’offerta dei diversi possibili fornitori e per i
quali, quindi, la scelta dell’acquirente avviene soprattutto sulla base del prezzo.
La presenza di offerte molto differenziate aumenta, a parità di ogni altra condizione, la
redditività media delle imprese nel settore, ma costituisce per coloro che vogliono entrare nel
settore una potente barriera all’entrata, in quanto implica la necessità di creare e comunicare
un’immagine per il nuovo prodotto.
Costi di riconversione: sono i costi che un acquirente deve sostenere per passare da un fornitore
all’altro. Se i costi di riconversione sono inesistenti, gli acquirenti possono cambiare fornitore
anche per piccole differenze nell’offerta, mentre se sono molto alti, può avvenire che un
acquirente insoddisfatto non accetti l’offerta molto conveniente di un nuovo fornitore solo per
evitare di sostenere i costi di riconversione.
Accesso ai canali distributivi: un altro tipo di barriera all’entrata è rappresentata dalla difficoltà
di accedere ai canali distributivi che già sono occupati dai concorrenti esistenti.
Fabbisogno di capitale: è l’ammontare che occorre investire per cominciare ad operare nel
settore; se l’ammontare minimo è molto elevato, questo rappresenterà una forte barriera nei
confronti dei potenziali entranti.
Economie di apprendimento: analisi statistiche effettuate in molti settori hanno consentito di
verificare che al crescere del volume di produzione cumulato è possibile riscontrare
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riduzioni regolari e relativamente prevedibili nei costi medi unitari dei beni prodotti e che
questa riduzione è più elevata quando il bene prodotto è più complesso. I principali motivi
per cui esistono le economie di esperienza sono legati al fatto che all’aumentare del volume
cumulato prodotto cresce l’abilità nello svolgere le attività, si riesce a selezionare meglio le
risorse produttive, si diventa più bravi nel coordinare le diverse attività e le diverse risorse
produttive che devono essere svolte, aumentano le capacità di programmazione dell’attività e si
trovano nuovi modi per semplificare prodotti e processi.
La figura che segue illustra la relazione fra costo medio unitario e volume cumulato in un
ipotetico settore:
COSTO MEDIO UNITARIO
VOLUME CUMULATO
Figura 2 – Le economie di apprendimento
La curva di esperienza è molto più ripida quando il volume cumulato è basso, in quanto all’inizio
gli aspetti da imparare e migliorare sono molti mentre, aumentando l’esperienza, diventa sempre
più difficile trovare nuove aree di miglioramento.
Politiche pubbliche: la necessità di chiedere licenze e autorizzazioni ad autorità pubbliche
costituisce una barriera considerevole all’ingresso in un settore.
Comportamento e reazioni dei concorrenti: il comportamento, la reazione delle imprese già
esistenti, può rappresentare una seria minaccia all’ingresso dei nuovi concorrenti.
1.1.2 I concorrenti
Le dinamiche competitive in un settore dipendono da numerosi elementi:
1) Il tasso di crescita della domanda
2) Il grado di differenziazione dell’offerta
3) La struttura dei costi tipica del settore
4) Le modalità di crescita della capacità produttiva
5) La consistenza delle barriere all’uscita
Analizziamoli ora singolarmente.
Il tasso di crescita della domanda: può incidere sul livello del confronto competitivo in quanto in
un mercato in forte crescita tutti i concorrenti possono aumentare il proprio fatturato senza
necessariamente sottrarre clienti agli altri competitori. Nei mercati in rapida crescita, quindi, è
relativamente facile acquisire quote di mercato senza destare reazioni significative. Per quota di
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mercato si intende il rapporto tra fatturato dell’azienda e fatturato complessivo del
mercato di riferimento.
In relazione al tasso di crescita della domanda può essere interessante analizzare il “ciclo di vita
del settore”, illustrato nella figura che segue:
DOMANDA
INTRODUZIONE
SVILUPPO
MATURITA’
DECLINO
TEMPO
Figura 3 – Il ciclo di vita di un settore generico
Le fasi individuate dal modello sono:
- introduzione: le vendite stentano a decollare perché il bene offerto è ancora poco conosciuto
dai potenziali clienti, molto costoso (ancora non sono state conseguite economie di scala e di
esperienza) e spesso con prestazioni poco brillanti. La tecnologia non è ancora
completamente sviluppata e questo comporta processi inefficienti e prodotti con un rapporto
benefici/costi poco vantaggioso;
- sviluppo: il bene comincia ad essere conosciuto da un numero maggiore di potenziali clienti
e le sue prestazioni migliorano rapidamente, mentre i costi di produzione (e i prezzi) tendono
a scendere per effetto del progresso tecnologico, dell’accumularsi di esperienza, del
conseguimento di economie di scala. Questi fattori favoriscono un forte aumento dei tassi di
crescita della domanda. Se il settore è predisposto alla formazione di rilevanti barriere
all’entrata, man mano che ci si allontana dalla prima fase di sviluppo in molti casi diventa
sempre più difficile entrare nel settore, in quanto i concorrenti riescono ad erigere ostacoli
all’ingresso sempre più forti; in altri casi le barriere rimangono contenute ed è possibile
entrare nel settore anche in fase di avanzato sviluppo o addirittura di maturità dello stesso;
- maturità: i tassi di penetrazione del mercato sono molto alti e quindi difficili da incrementare,
di conseguenza i tassi di crescita si riducono spesso assestandosi vicino al tasso di crescita
della popolazione o del prodotto interno lordo. Questa fase può durare moltissimo e,
nonostante i ridotti tassi di crescita, può consentire a coloro che sono ben posizionati nel
settore di godere di buoni tassi di redditività e di flussi di cassa positivi. Il livello medio di
redditività in fase di maturità dipende dal configurarsi dei fattori che determinano il livello di
concorrenza in un settore;
- declino: si verifica la scomparsa del settore o la sopravvivenza di piccole nicchie di mercato.
In alcuni casi è possibile rivitalizzare un settore in declino trovando nuovi mercati di sbocco
al prodotto.
Il grado di differenziazione dell’offerta: se un settore è caratterizzato da un bene molto
differenziato questo consentirà alle imprese che vi operano di creare intorno ai propri
prodotti un’immagine di unicità, limitando il confronto sui prezzi. In un caso di questo tipo
molti concorrenti possono riuscire a convivere nel settore, ognuno con un’immagine diversa agli
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occhi del consumatore e tutti con livelli di redditività soddisfacenti. Se il bene che si vende è
differenziato, i clienti saranno fedeli e la scelta sarà basata solo in parte sul prezzo.
Il livello di differenziazione in molti casi è legato al livello di trasparenza del mercato, ovvero
alla capacità dei consumatori di giudicare veramente il prodotto per quello che è.
Quando un’impresa offre un prodotto o servizio differenziati, può vendere ad un prezzo più
elevato rispetto alla concorrenza e, nonostante questo, risultare competitiva sul mercato. Perché
questo avvenga, tuttavia, la maggiorazione di prezzo non deve superare i maggiori benefici
percepiti dal cliente e affinché da questa azione derivi un vantaggio economico, inoltre, occorre
che il costo della differenziazione non superi i maggiori ricavi connessi al prezzo più elevato.
La struttura dei costi tipica del settore: per struttura dei costi si intende l’insieme dei fattori che
determinano l’andamento dei costi, il loro livello, le relazioni fra costi e volumi prodotti. Oltre
alle economie di scala, alle economie di assorbimento della capacità produttiva, alle economie di
esperienza, un altro fattore che contribuisce a determinare la struttura dei costi è rappresentato
dall’incidenza dei costi fissi (in particolare dei costi di sviluppo) sul totale dei costi.
I costi fissi, che a differenza dei costi variabili non sono proporzionali ai volumi effettivamente
realizzati), possono essere classificati in costi fissi di struttura (proporzionali alla capacità
produttiva) e costi di sviluppo (legati all’impegno che l’azienda mette nel proprio sviluppo
futuro). Esempi di costi fissi di struttura sono i costi del personale, gli affitti, le manutenzioni, gli
ammortamenti, mentre esempi di costi di sviluppo sono i costi di ricerca e sviluppo, la
pubblicità, la formazione del personale.
Se le struttura dei costi di un settore è caratterizzata da una forte incidenza dei costi fissi le
imprese che vi competono sono, a parità di ogni altra condizione, più propense ad innescare
guerre sui prezzi. In caso di bassa saturazione della capacità produttiva, infatti, i costi fissi
vengono sostenuti comunque. Di fronte a grosse difficoltà di vendita, le imprese con forti costi
fissi potrebbero nel breve termine trovare conveniente abbassare il prezzo anche al di sotto del
costo pieno, pur di riuscire a generare dei margini (differenza tra ricavi e costi variabili) che
consentano di coprire almeno parte dei costi fissi. Il problema è che se anche gli altri concorrenti
si trovano nelle stesse condizioni e se il fattore prezzo è molto importante nelle scelte dei
consumatori, questo tipo di comportamento può generare una vera e propria guerra sui prezzi,
dalla quale tutti i concorrenti escono sconfitti.
Le modalità di crescita della capacità produttiva: vi sono settori che sono caratterizzati da
ricorrenti crisi di sovra-produzione. Quando la domanda supera l’offerta non c’è modo, nel breve
termine, di accrescere la capacità produttiva ed i prezzi tendono a salire rapidamente. Dopo un
periodo di questo tipo molte imprese, non avendo potuto far fronte alle richieste, possono essere
indotte ad investire in nuovi impianti. Dopo qualche tempo gli ampliamenti di capacità
produttiva divengono tutti contemporaneamente operativi, l’offerta all’improvviso supera la
domanda ed i prezzi cominciano rapidamente a scendere.
La consistenza delle barriere all’uscita: si hanno forti barriere all’uscita quando le imprese
occupano un numero elevato di lavoratori scarsamente qualificati e difficili da ricollocare che
potrebbero opporsi all’uscita dal settore e quando gli investimenti effettuati sono difficili da
riconvertire.
1.1.3 I fornitori di prodotti sostitutivi
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La concorrenza arriva non solo da imprese che producono beni simili, ma anche da imprese che
producono beni che, pur potendo essere tecnologicamente completamente diversi, soddisfano le
stesse esigenze. I prodotti sostitutivi ai quali bisogna prestare particolare attenzione sono quelli
che presentano forti potenziali di miglioramento nel rapporto costi benefici. Tale potenziale
dipende da due fattori tra di loro interrelati:
La curva di progresso tecnologico: le aziende che controllano la tecnologia consolidata devono
prestare molta attenzione alle tecnologie emergenti perché queste, a differenza di quelle
consolidate, presentano grandi margini di miglioramento, fenomeno rappresentato nella figura
che segue con il modello della funzione di progresso tecnologico:
COSTI/BENEFICI
TECOLOGIA B
TECNOLOGIA A
TEMPO
Figura 4 - La funzione di progresso tecnologico
Le economie di apprendimento: uno dei motivi per i quali le nuove tecnologie presentano forti
potenziali di sviluppo rispetto a quelle consolidate è dato dal fatto che le imprese che utilizzano
queste nuove tecnologie presentano volumi cumulati ancora piuttosto bassi e quindi sono scese
poco lungo la curva di esperienza (vedi figura 2).
1.1.4 Il potere contrattuale di clienti e fornitori
I fattori che determinano il potere contrattuale di clienti e fornitori sono i seguenti:
Concentrazione dell’offerta o dei mercati di sbocco: a parità di ogni altra condizione, il potere
contrattuale di un’impresa nei confronti dei propri fornitori decresce all’aumentare del grado di
concentrazione dell’offerta. Simmetricamente il potere contrattuale nei confronti dei clienti
diminuisce all’aumentare del loro grado di concentrazione.
Differenziazione dell’offerta: quando l’offerta è rappresentata da un bene poco differenziato
(commodity), il potere contrattuale relativo dei clienti nei confronti dei fornitori è elevato, in
quanto risulta molto più facile confrontare le diverse offerte, mettere i diversi fornitori in
competizione fra di loro ed ottenere un prezzo più conveniente.
Costi di riconversione: quando i costi di riconversione sono molto alti i clienti non riescono a
mettere in concorrenza fra di loro i diversi fornitori e possono dover sopportare inefficienze e
prezzi molto elevati.
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Incidenza del bene sui costi dell’acquirente: se si ha la fortuna (o l’abilità) di vendere un
prodotto che incide poco sui costi del cliente, è possibile riuscire a spuntare prezzi molto
interessanti, poiché è probabile che il cliente non faccia valere totalmente il proprio potere
contrattuale.
Possibilità di integrazione: il potere contrattuale dei fornitori e dei clienti aumenta quando
possono minacciare di integrarsi rispettivamente a valle o a monte.
Dimensioni relative dei contraenti: un fornitore di grandi dimensioni che opera con tanti piccoli
acquirenti molto probabilmente riuscirà ad imporre le proprie condizioni, così come un cliente
importante che acquista da fornitori di piccole dimensioni potrà facilmente esercitare un elevato
potere contrattuale.
1.2 Dall’analisi del sistema competitivo alla definizione della strategia competitiva
Sulla base delle caratteristiche del sistema competitivo da un lato e delle risorse e competenze
delle quali si dispone dall’altro, occorre cercare di definire una strategia competitiva che
garantisca un buon successo competitivo e reddituale. L’atteggiamento nei confronti del sistema
competitivo può e deve essere attivo e volto a influenzare la propria situazione imprenditoriale
incidendo sulla configurazione delle forze competitive (attraverso innovazioni rilevanti di
prodotto, di processo, di marketing, di organizzazione, ecc.) o posizionandosi in modo opportuno
rispetto ad esse.
A seconda del tipo di vantaggio competitivo ricercato (di costo o di differenziazione) e
dell’ampiezza del raggio d’azione scelto (in termini di gamma di prodotti, gruppi di clienti,
tecnologie o ambito geografico), è possibile individuare le principali strategie competitive di
base, come illustrato nella figura seguente:
Ambito
competitivo
Vantaggio competitivo
Ampio
Ristretto
Costo
Differenziazione
Leadership di costo
Differenziazione
Focalizzazione sui costi
Focalizzazione sulla
differenziazione
Figura 4 – Le strategie competitive di base.
Leadership di costo: è la strategia con la quale l’impresa si propone di diventare il produttore che
nel proprio settore riesce a produrre al costo più basso. E’ perseguibile facendo leva sulle
economie di scala o utilizzando tecnologie esclusive o fonti di approvvigionamento privilegiate.
Differenziazione: le imprese che perseguono questa strategia puntano ad essere uniche nel
proprio settore in rapporto ad alcune variabili ritenute importanti dai clienti, come ad esempio la
qualità intrinseca del prodotto, i tempi e le modalità di consegna, il livello tecnologico del bene
offerto, l’immagine, l’assistenza e così via.
Focalizzazione sui costi: è la strategia che mira a perseguire un vantaggio di costo limitatamente
a uno o pochi segmenti del mercato.
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Focalizzazione sulla differenziazione: è la strategia che consiste nell’identificare un segmento di
mercato e nel cercare di rispondere ai bisogni di tale segmento (nicchia) meglio di chiunque
altro.
Il rischio principale delle strategie di focalizzazione (sia sui costi sia sulla differenziazione), è
legato alla possibilità che la nicchia prescelta non sia sufficientemente ampia da consentire di
operare con efficienza o che le imprese che operano con un ampio raggio d’azione riescano, con
modifiche marginali ai loro prodotti, a soddisfare anche le esigenze di tale nicchia.
La strategia competitiva prescelta orienta le scelte che definiscono la formula imprenditoriale
dell’impresa.
2. LA FORMULA IMPRENDITORIALE
Non importa se il processo di sviluppo di un progetto imprenditoriale parte dalla possibilità di
offrire un prodotto o un servizio innovativi, dall’identificazione di un segmento di mercato i cui
bisogni non sono soddisfatti o dalla presenza di risorse che si desidera sfruttare meglio. Quello
che conta è riuscire a passare da una visione a una formula imprenditoriale completa e coerente.
Analizziamone ora i singoli elementi costitutivi.
2.1 Il mercato obiettivo
Il mercato obiettivo è un gruppo di clienti esistenti o potenziali nell’ambito del più ampio
mercato al quale l’azienda decide di rivolgersi; nessuna azienda ha le abilità e le risorse per
offrire tutto a tutti: gli imprenditori devono saper identificare quali clienti e quali bisogni
intendono soddisfare e quali trascurare. In relazione al mercato obiettivo, la messa a punto di un
business plan richiede che vengano affrontati e chiariti i seguenti punti:
1. Domanda globale e quota di mercato
2. I fattori che incidono sulla domanda
3. L’analisi del processo di acquisto e di consumo
4. Le ricerche di mercato e la stima della domanda
5. La segmentazione del mercato
6. Il piano di marketing
Approfondiamo ora ogni singolo elemento sopraindicato.
Domanda globale e quota di mercato: in relazione all’analisi del mercato occorre anzitutto
distinguere fra la domanda complessiva di mercato (domanda primaria) e la domanda relativa ai
beni offerti da una specifica azienda. La quota di mercato può essere definita come il
rapporto fra il volume d’affari dell’impresa ed il volume d’affari complessivo del settore.
I fattori che incidono sulla domanda: tra i fattori che incidono sulla domanda primaria rientrano
l’evoluzione dei gusti e di bisogni dei consumatori, i prezzi medi di mercato, il livello di reddito
della popolazione, la disponibilità e il prezzo dei beni complementari e dei beni sostitutivi, il
grado di saturazione del mercato e tra i fattori che incidono sulla domanda specifica di una data
azienda rientrano le caratteristiche e i vantaggi del sistema di prodotto rispetto all’offerta della
concorrenza e il prezzo rispetto ai prezzi della concorrenza, l’intensità dello sforzo pubblicitario
e distributivo.
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L’analisi del processo di acquisto e di consumo: è possibile individuare diversi ruoli che possono
far capo a uno o più individui:
- Iniziatore (colui che per primo manifesta il bisogno)
- Influenzatore (condiziona la scelta del tipo di prodotto e la marca)
- Decisore (decide che cosa, quanto, dove e quando acquistare)
- Acquirente (compie l’atto dell’acquisto)
- Utilizzatore (utilizza il prodotto)
- Pagatore (sostiene l’esborso monetario)
E’ necessario che il prodotto soddisfi le esigenze degli utilizzatori, ma le persone da raggiungere
con la propria politica di comunicazione sono gli influenzatori e i decisori.
Le ricerche di mercato e la stima della domanda: le ricerche di mercato (sul prodotto, sul prezzo,
sulla pubblicità e sui consumatori) possono fornire utili indicazioni in relazione ai volumi che il
mercato è in grado di assorbire e alla configurazione plausibile dell’offerta aziendale. Se per
motivi di costo si decide di non rivolgersi a una società specializzata, si può ricorrere a fonti di
informazione quali i Tribunali e le Camere di Commercio, annuari, banche dati su CD rom,
pubblicazioni ISTAT, Internet oppure si può parlare con chi opera nel settore, frequentare fiere,
mostre, convegni, effettuare interviste personali a possibili clienti, realizzare interviste
telefoniche e questionari.
La segmentazione del mercato: segmentare la domanda significa identificare dei gruppi di clienti
che presentano caratteristiche e bisogni parzialmente differenziati rispetto agli altri e per i quli, di
conseguenza, può essere opportuno mettere a punto un sistema di offerta più o meno
differenziato. I criteri di segmentazione utilizzabili variano a seconda che si consideri un bene di
consumo o un bene industriale. Nel caso di bene di consumo i principali criteri di segmentazione
sono i seguenti:
 segmentazione geografica: si basa sul presupposto che in diverse aree geografiche i bisogni
espressi dal mercato e i sistemi distributivi utilizzabili sono differenti, per cui occorre
differenziare anche l’offerta;
 Segmentazione socio-demografica: consiste nell’identificare gruppi omogenei di consumatori
sulla base di variabili socio-demografiche quali ad esempio il reddito, la professione svolta, il
grado di istruzione, le caratteristiche del nucleo familiare, ecc.;
 Segmentazione psicologica e per stili di vita;
 Segmentazione basata sul comportamento del consumatore: si basa sul comportamento
d’acquisto del consumatore e prende in considerazione ad esempio la fedeltà alla marca, la
quantità domandata, ecc..
Nel caso di bene industriale i principali criteri di segmentazione sono:
 Segmentazione geografica;
 Segmentazione economica: si basa sulle dimensioni dei clienti, sul settore di appartenenza,
sui volumi acquistati, sul ruolo occupato nella catena produttiva e distributiva;
 Segmentazione organizzativa: in funzione delle caratteristiche organizzative dei clienti.
Rispetto ai segmenti individuati le imprese possono scegliere tre possibili strategie:
- marketing indifferenziato (l’azienda decide di offrire un prodotto medio, a un prezzo medio,
fornendo un bene accettabile da tutti i segmenti di mercato)
- Marketing concentrato (l’azienda decide di fornire il prodotto o il servizio ideali per un
particolare segmento della domanda)
- Marketing differenziato (l’azienda decide di rivolgersi contemporaneamente a più segmenti
della domanda con diversi sistemi di offerta in modo da rispondere alle esigenze specifiche
di ciascun segmento).
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Ogni soluzione presenta propri vantaggi e limiti. Il marketing indifferenziato consente di ottenere
maggiori economie di scala, ma rende le aziende vulnerabili nei confronti di chi riesce meglio a
rispondere alle esigenze dei singoli segmenti. Il marketing concentrato consente di creare uno
stretto legame con il segmento di mercato prescelto ma non consente di sfruttare le sinergie e le
economie di scala che derivano dall’essere presenti su più segmenti. Il marketing differenziato
infine consente di cogliere economie di scala e sinergie, ma rappresenta una strategia complessa
e può portare ad una perdita di identità dell’immagine aziendale.
Il piano di marketing: in esso devono essere descritte le scelte che determinano il sistema di
prodotto offerto sul mercato e la sua percezione da parte dei consumatori. Si compone dei
seguenti elementi:
- La politica di prodotto: riguarda la natura fisico-tecnica del prodotto offerto, la sua funzione,
l’eventuale presenza di una marca, la gamma offerta, i servizi pre e post-vendita, il design, la
confezione;
- La politica di prezzo: con essa si definisce il prezzo base, l’eventuale scala di sconti, i termini
di pagamento, le offerte speciali, le forme di discriminazione del prezzo base;
- La politica di distribuzione: include la scelta dei canali distributivi, la definizione degli
obiettivi di copertura del mercato, l’organizzazione della forza vendita, le scelte inerenti la
distribuzione fisica dei prodotti con i relativi aspetti logistici;
- La politica di comunicazione: definisce la qualità e quantità degli investimenti in pubblicità,
promozione delle vendite, direct marketing, vendita personale, mostre e fiere,
sponsorizzazioni.
La politica di prodotto e di prezzo definiscono la maggior parte degli elementi del sistema
prodotto, mentre la politica di distribuzione influenza il sistema di prodotto e la struttura
aziendale.
2.2 Il sistema prodotto
Il sistema prodotto costituisce l’offerta che l’azienda propone al mercato obiettivo prescelto e
può essere descritto considerando tutti i benefici e i costi che tale offerta comporta per i suoi
clienti. Gli elementi del sistema prodotto sono:
1. gli elementi materiali
2. gli elementi immateriali
3. i servizi
4. gli elementi economici
Elementi materiali: in questa categoria rientrano elementi quali la qualità intrinseca del prodotto
principale, il suo aspetto estetico, la disponibilità e la qualità di prodotti complementari o
accessori, la possibilità di ricevere omaggi o gadget di vario tipo.
Elementi immateriali: rientrano elementi quali il prestigio connesso all’uso del prodotto, il grado
di sicurezza attribuito al bene, il fatto che il prodotto sia firmato da un designer o da uno stilista
famoso, il marchio.
Servizi: si distinguono i servizi di base, che definiscono come il bene viene offerto all’acquirente
(ad esempio la gamma dell’offerta, le modalità di trasporto, i tempi di consegna, ecc.), i servizi
complementari, necessari per poter usufruire del bene in modo continuativo e i servizi accessori,
opzionali per poterne usufruire.
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Un’altra possibile classificazione dei servizi è rappresentata dalla distinzione tra servizi prevendita, volti a fornire informazioni e assistenza all’acquirente in modo da aiutarlo nel processo
decisionale, servizi legati alla transazione e servizi post-vendita, che avvengono successivamente
alla transazione.
Elementi economici: includono il prezzo di acquisto del bene e tutti gli altri elementi economici
quali i tempi e le modalità di pagamento del bene, l’ampiezza e la durata di eventuali garanzie, il
costo di prodotti e servizi complementari, il costo di prodotti e servizi accessori, la possibilità di
acquisire sconti o vantaggi per l’acquisto di altre unità del bene o di altri beni.
Le decisioni di prezzo sono probabilmente tra le più difficili nell’ambito delle scelte di
marketing, soprattutto se si tratta di un prodotto innovativo per il quale non esistono molti
termini di riferimento. Il prezzo deve essere fissato tenendo conto di molti elementi:
- i costi di produzione;
- gli obiettivi di profitto;
- la fase del ciclo di vita del prodotto;
- la congiuntura economica;
- l’elasticità della domanda al prezzo;
- il comportamento dei concorrenti;
- la possibilità che nuovi concorrenti entrino nel settore;
- la struttura distributiva;
- i fenomeni di stagionalità;
- la presenza di una eventuale politica pubblica di controllo dei prezzi.
Come il sistema di prodotto può essere articolato, così può essere articolato anche il sistema dei
prezzi. Se acquisto un pacchetto software, ad esempio, posso avere un prezzo per il software non
personalizzato, un prezzo per la personalizzazione, un prezzo per l’installazione, un prezzo per la
formazione iniziale di coloro che dovranno usare il software.
Le modalità di determinazione del prezzo possono essere suddivise in tre categorie:
 prezzi orientati ai costi: la metodologia di fissare i prezzi sulla base dei costi è molto
utilizzata nonostante i numerosi limiti, legati al fatto che il costo unitario può essere difficile
da determinare e che il prezzo influenza i volumi di produzione e di conseguenza i costi
stessi. Tale pratica è diffusa soprattutto nelle attività di tipo commerciale, dove il prezzo
viene fissato partendo dal costo d’acquisto e applicando a questo una percentuale di ricarico
predeterminata (mark-up);
 prezzi orientati al mercato: questa metodologia si basa sul presupposto che il prezzo di
vendita debba essere fissato in funzione del valore che i consumatori attribuiscono al bene e
non in base ai costi sostenuti per produrlo e distribuirlo. Se il prezzo che il consumatore è
disposto a pagare non è remunerativo, occorre cercare di aumentare il valore, ridurre i costi o
rinunciare a vendere il bene. I settori in cui tale pratica è particolarmente diffusa sono quelli
caratterizzati da beni difficili da valutare (ad esempio i servizi di consulenza) e da prodotti
con elevato contenuto di prestigio (alta moda, gioielli, auto fuori serie, ecc.);
 prezzi orientati alla concorrenza: la metodologia in questione consiste nel fissare i prezzi
regolandosi sui prezzi adottati dalla concorrenza ed è particolarmente diffusa nei settori
caratterizzati da prodotti facilmente confrontabili fra di loro e standardizzati. Una variante
consiste nel fissare il prezzo tenendo conto non tanto dei concorrenti attuali, quanto dei
concorrenti potenziali. Un’impresa innovativa ad esempio potrebbe decidere di proporre i
propri prodotti o servizi ad un prezzo molto contenuto, pur non avendo di fatto concorrenti
con i quali confrontarsi, al fine di scoraggiare l’ingresso di altri nel settore. Questa politica di
prezzi viene detta di “penetrazione” e si contrappone alla politica di “scrematura” che si ha
14
quando un’azienda che propone un prodotto innovativo sfrutta l’assenza di concorrenti diretti
per praticare prezzi molto elevati.
2.3 La politica di comunicazione
Comunicazione è tutto ciò che, esplicitamente o implicitamente, incide sugli atteggiamenti e sui
comportamenti delle persone.
Nel predisporre il piano di comunicazione di marketing (rivolto al pubblico degli acquirenticonsumatori) è importante avere le idee chiare sui seguenti punti:
- che cosa si vuole che accada: l’obiettivo può consistere nel far sapere ai potenziali
consumatori che il prodotto o servizio esiste ed è disponibile, nel convincere i potenziali
acquirenti a chiedere informazioni, nel convincere i potenziali acquirenti ad acquistare, nel
fare in modo che i clienti diventino clienti abituali;
- il pubblico obiettivo: se il pubblico obiettivo è composto da poche persone sarà possibile
utilizzare canali di comunicazione personali e trasmettere messaggi molto ricchi, se invece si
desidera raggiungere milioni di persone in tutta la nazione sarà necessario ricorrere a canali
ad ampio raggio d’azione, come ad esempio la pubblicità televisiva o su riviste;
- il messaggio che si intende comunicare: il messaggio deve risultare correttamente e
agevolmente interpretabile dal pubblico e deve sottolineare le caratteristiche del sistema di
prodotto che lo contraddistinguono dalle offerte della concorrenza;
- gli strumenti che si intendono adottare:
1. la comunicazione pubblicitaria
2. la promozione delle vendite
3. il direct marketing
Comunicazione pubblicitaria: può passare attraverso canali personali e impersonali. I primi sono
i canali sociali, comprendenti familiari, amici, conoscenti dell’individuo che si intende
raggiungere, i canali aziendali, che racchiudono addetti alla vendita, agenti e commessi
dell’azienda e dei suoi distributori e i canali tecnici, che utilizzano esperti e consulenti che
possono essere coinvolti dall’acquirente in sede di decisione di acquisto. Sono canali
particolarmente importanti nella vendita di prodotti costosi o complessi e di alcuni tipi di sevizi,
ma sono solo in parte controllabili dall’azienda.
I canali impersonali sono invece i canali di massa (televisione, radio, quotidiani, riviste,
affissioni, Internet, ecc.), gli eventi (convegni, presentazioni, sponsorizzazioni, concorsi, ecc.) e
l’atmosfera (ambiente, aspetto estetico del punto vendita, logo, insegna, ecc.); possono rivolgersi
a un pubblico obiettivo molto vasto e sono tutti facilmente manovrabili dall’azienda.
Promozione delle vendite: rientrano in questa categoria le azioni di marketing finalizzate al
conseguimento di precisi obiettivi di mercato attraverso l’offerta di vantaggi supplementari
temporanei (ad esempio sconti, omaggi, ecc.). Si distinguono in consumer promotion, se
indirizzate al consumatore finale e in trade promotion, se rivolte ai canali distributivi.
Direct marketing: è un insieme di tecniche volte alla costruzione in modo interattivo di un
marketing mix personalizzato. In genere si parla di direct marketing in sesno stretto quando tale
personalizzazione riguarda beni di largo consumo prodotti a livello industriale, mentre se si
15
vende un prodotto artigianale o un bene intermedio si parla di produzione e vendita su
commessa.
2.4 La struttura aziendale
Le scelte relative alla struttura aziendale si possono ricondurre alle seguenti:
1. la localizzazione
2. la struttura di approvvigionamento
3. la struttura produttiva
4. la struttura commerciale
5. altri elementi della struttura aziendale
6. la struttura organizzativa e i meccanismi operativi
7. gli accordi con altre imprese
Una decisione che investe in modo trasversale le scelte relative a tutti gli elementi della struttura
è quella in merito a quali attività svolgere internamente (make), quali beni, componenti e servizi
è meglio acquisire sul mercato (buy), e quali sia meglio esternalizzare cercando di controllarli
indirettamente (connect). Si parla a questo riguardo di scelte di make, buy or connect, che sono
influenzate dalla criticità dell’attività considerata per l’impresa, dalla localizzazione dell’azienda,
dal ciclo di vita del prodotto.
Localizzazione: le scelte di localizzazione sono particolarmente importanti per le imprese di
servizi perchè le loro potenzialità di vendita dipendono dal bacino di utenza che le circonda e la
localizzazione influenza la loro immagine. La possibile criticità della scelta di localizzazione per
le imprese di produzione è invece dovuta al fatto che da essa dipende la possibilità di reperire
personale qualificato, il costo del lavoro, lo sviluppo di know-how e i costi di
approvvigionamento e di trasporto. Rientra in tali scelte anche la decisione di acquisto o affitto
degli immobili nei quali verrà svolta l’attività.
La struttura dell’approvvigionamento: può in molti casi essere critica per il successo
dell’azienda, perché può impiegare molte risorse finanziarie e umane.
La struttura produttiva: per le imprese di produzione è costituita dall’insieme degli impianti, dei
macchinari, degli addetti alla produzione, delle procedure e dei sistemi di produzione, del knowhow e delle competenze di produzione. Nel caso di imprese di servizi con struttura produttiva si
intende la struttura predisposta per l’erogazione del servizio.
Le scelte inerenti la struttura produttiva riguardano la scelta dei macchinare e degli impianti da
utilizzare, i sistemi di produzione da adottare, il layout di impianti e macchinari, il grado di
meccanizzazione e di automazione dei macchinari, le modalità di gestione dei materiali e delle
scorte, i metodi di programmazione della produzione, la scelta se rivolgersi o meno a
subfornitori esterni e la struttura e i metodi per il controllo della qualità
Ai fini della stesura del business plan è molto importante, una volta definita una certa struttura
produttiva o di erogazione del servizio, compilare un elenco degli impianti, dei macchinari e
delle attrezzature da acquisire, stimando un costo per ciascun elemento ed evidenziando quali
possono essere eventualmente acquisiti in leasing o finanziati con forme particolari. E’ anche
opportuno evidenziare macchinari o impianti non liberamente disponibili sul mercato e quindi da
costruire internamente, specificando quali sono i tempi e di costi di messa a punto.
16
La struttura commerciale: si compone di un insieme di elementi strettamente integrati tra loro,
quali i canali distributivi, la struttura di marketing e vendita e la struttura di distribuzione.
La scelta del canale distributivo ha profonde ripercussioni sull’immagine del prodotto, sulla
possibilità di perseguire politiche di marketing push (nelle quali i prodotti vengono “spinti” dagli
intermediari) o pull (nelle quali i prodotti vengono soprattutto richiesti dai clienti finali).
I passaggi necessari per arrivare agli acquirenti finali possono essere più o meno numerosi a
seconda che si utilizzino canali diretti o canali indiretti più o meno lunghi.
La struttura di marketing è rappresentata dalle risorse impiegate nelle operazioni di marketing,
ovvero dal personale che si occupa delle ricerche di mercato, dell’impostazione delle politiche di
marketing, della definizione dei prezzi di vendita e delle campagne pubblicitarie.
La struttura di vendita invece è rappresentata dalle risorse impiegate per contattare i clienti,
acquisire gli ordini e in generale gestire il rapporto con la clientela. La struttura di vendita può
essere organizzata sia con persone dipendenti dall’azienda (rete diretta), sia con personale
esterno legato all’azienda da rapporti di collaborazione (rete indiretta). In molti casi le aziende
scelgono di operare con una rete mista che prevede la presenza sia di personale interno sia di
collaboratori esterni. Dal punto di vista organizzativo le reti di vendita possono articolarsi su
base territoriale, per prodotti o per clienti.
La struttura distributiva include tutte le risorse (personale, automezzi, depositi, magazzini)
impiegati per far giungere i beni ai clienti nei tempi e nelle modalità desiderate. La definizione
della struttura distributiva implica molte decisioni riguardanti i depositi e i magazzini centrali e
periferici, le modalità di gestione delle scorte, la scelta delle modalità di gestione dei flussi
informativi e la scelta dei mezzi di trasporto; la configurazione degli elementi della struttura
distributiva dipende dal livello di servizio che si intende offrire alla clientela.
Altri elementi della struttura aziendale:
 la struttura di ricerca e sviluppo (importante per le aziende ad alta tecnologia);
 la struttura di progettazione (importante per le aziende che offrono beni personalizzati e
complessi);
 la struttura di emissione di preventivi (importante per le aziende che vendono beni durevoli);
 la struttura amministrativa (presente in tutte le aziende);
 la struttura di assistenza (importante per le aziende che vendono beni durevoli);
 eventuali servizi di supporto gestiti all’interno dell’azienda (formazione, affari legali, ecc.).
Nel caso uno o più degli elementi strutturali sopra elencati dovesse essere rilevante per il
progetto d’impresa descritto, occorrerà dedicarvi un paragrafo nel business plan.
La struttura organizzativa e i meccanismi operativi: descrivono come si è deciso di dividere ed
assegnare i compiti e le responsabilità in azienda (struttura organizzativa) e quali sono i
meccanismi e le procedure che si intendono utilizzare per selezionare, formare, motivare,
controllare e coordinare il personale dell’azienda e più in generale tutti coloro che collaborano
con la stessa. Si distinguono gli organi di line, che si collocano in una linea gerarchica
discendente e gli organi di staff, che sono organi di supporto non inseriti in una catena
gerarchica. I principali tipi di struttura organizzativa sono:
- struttura elementare (dai vertici aziendali dipendono direttamente gli organi operativi);
- struttura funzionale (dai vertici dipendono organi specializzati per funzioni);
- struttura divisionale (dai vertici dipendono organi specializzati per mercati o per prodotti);
- struttura mista (ottenuta adottando congiuntamente due o più delle strutture precedenti).
17
Gli accordi con altre imprese: possono essere accordi informali, nell’ambito dei quali due
aziende collaborano in modo continuativo senza però sottoscrivere alcun contratto (come ad
esempio nei contratti di subfornitura) o accordi formalizzati in contratti (si pensi ad esempio a
contratti di acquisizione o cessione di brevetti e licenze di produzione, a contratti di importazione
in esclusiva o a contratti di distribuzione). In altri casi la collaborazione con altre aziende può
portare alla costituzione di società o in generale di organizzazioni condivise (è il caso ad esempio
di joint ventures e di consorzi di acquisto o di vendita).
Introduzione - ESERCIZI
Una parte fondamentale del business plan è la traduzione in termini economici e finanziari delle
scelte strategiche descritte nella parte qualitativa.
Un progetto imprenditoriale deve infatti risultare fattibile da un punto di vista sia economico che
finanziario. L’idea imprenditoriale è economicamente conveniente se consente di raggiungere in
tempi ragionevoli un equilibrio reddituale e successivamente di conseguire un risultato reddituale
positivo, è invece fattibile da un punto di vista finanziario se vengono predisposte per tempo le
opportune coperture al fabbisogno finanziario previsto.
Le proiezioni economico-finanziarie, una volta elaborate, vengono rappresentate nei bilanci
previsionali (Stato Patrimoniale e Conto Economico).
Di seguito vengono proposti quattro esercizi che dovrebbero costituire un aiuto nella redazione
del business plan e un suggerimento per la valutazione della propria attività d’impresa.
I temi trattati sono i seguenti:
- la determinazione del punto di pareggio
- la composizione del reddito netto
- la flessibilità operativa
- la collocazione di voci del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale negli schemi previsti
nel business plan
Tali esercizi sono stati tratti dagli incontri introduttivi alla formulazione del business plan,
organizzati dal Settore Economia e Relazioni Internazionali presso l’Aula Magna della
Fondazione Aldini Valeriani nel luglio 2001.
18
ESERCIZIO 1
Punto di pareggio
Supponiamo che un produttore di tavoli debba decidere se acquistare un impianto per la
verniciatura che gli consentirebbe di ridurre i costi delle lavorazioni esterne.
L’impianto automatizzato ha un costo di 120 milioni, una durata di 5 anni e richiede un impiego
di un operaio specializzato (40 milioni) e di uno generico (30 milioni).
I dati a disposizione vengono riportati nella tabella che segue:
Senza impianto automatizzato Con impianto automatizzato
Prezzo medio tavolo
3.000.000
3.000.000
Costo materie prime
500.000
500.000
Lavorazioni esterne
1.500.000
500.000
Costo del lavoro
60.000.000
130.000.000
Costi di
manutenzione/gestione
impianti
10.000.000
16.000.000
Ammortamenti
20.000.000
44.000.000
Altri costi fissi
10.000.000
10.000.000



Qual è il punto di pareggio (espresso in numero di tavoli)?
Le due alternative sono equivalenti?
Calcolare il reddito operativo ipotizzando un aumento e una riduzione del volume di
vendita del 10%
19
RISOLUZIONE:

Qual è il punto di pareggio (espresso in numero di tavoli)?
Il punto di pareggio operativo è l’ammontare di vendite che consente di coprire i costi aziendali
legati alla gestione tipica.
Può essere inteso come numero di pezzi da produrre e vendere per andare a pareggio (punto di
pareggio in volumi) o come fatturato da conseguire per andare a pareggio (punto di pareggio in
fatturato).
L’esercizio proposto riguarda il calcolo del punto di pareggio operativo in volumi.
Esso è rappresentato dal volume (Q) per il quale i ricavi sono pari ai costi totali di gestione
caratteristica, ovvero:
Ricavi totali = Costi totali
Ricavi totali = Costi variabili + Costi fissi
Ricavi unitari x Q = Costi variabili unitari x Q + Costi fissi
Ricavi unitari x Q – Costi variabili unitari x Q = Costi fissi
Q x (Ricavi unitari – Costi variabili unitari ) = Costi fissi
La formula per determinare il punto di pareggio in volumi è quindi la seguente:
Costi fissi
Q=
Ricavi unitari – Costi variabili unitari
La differenza tra ricavi unitari e costi variabili unitari è il margine di contribuzione unitario, cioè
il margine che ogni singola unità venduta lascia per la copertura dei costi fissi e la generazione di
un utile operativo. La formula del punto di pareggio può quindi anche essere espressa come
segue:
Costi fissi
Q = ___________________________
Margine di contribuzione unitario
Per la risoluzione dell’esercizio è necessario in primo luogo ripartire i costi in variabili e fissi;
nei costi variabili rientrano il costo delle materie prime e le lavorazioni esterne, nei costi fissi
20
rientrano il costo del lavoro, i costi di manutenzione/gestione impianti, gli ammortamenti e altri
costi fissi.
Prezzo
Costi variabili
Costi fissi
Senza impianto automatizzato
3.000.000
2.000.000
1.000.000
Con impianto automatizzato
3.000.000
1.000.000
2.000.000
E’ possibile ora determinare il punto di pareggio in volumi richiesto nel caso senza impianto
automatizzato:
CF
Q = ___ =
MdC
100.000.000
___________
= 100
1.000.000
e nel caso con impianto automatizzato:
CF
Q = _____ =
200.000.000
___________
MdC
2.000.000

= 100
Le due alternative sono equivalenti?
Le due alternative non sono equivalenti, perché acquistando l’impianto la struttura diventa più
rigida. La scelta dipende dalla probabilità attribuita al verificarsi di volumi di vendita sopra e
sotto il punto di equilibrio e dalla propensione al rischio del decisore. Se si ritiene di poter
facilmente superare il punto di pareggio può essere preferibile la soluzione con impianto
automatizzato, viceversa è consigliabile ridurre i rischi connessi al mancato raggiungimento del
punto di pareggio e optare per la soluzione senza impianto.

Calcolare il reddito operativo ipotizzando un aumento ed una riduzione del volume di
vendita del 10%.
-
1
Ipotesi di diminuzione del volume di vendita1:
La quantità considerata per i calcoli è il volume di pareggio.
21
Ricavi
Costi variabili
Margine di contribuzione
Costi fissi
Reddito op. gestione tipica
Senza impianto automatizzato
300.000.000
200.000.000
100.000.000
100.000.000
-
Diminuzione del 10%
270.000.000
180.000.000
90.000.000
100.000.000
-10.000.000
Ricavi
Costi variabili
Margine di contribuzione
Costi fissi
Reddito op. gestione tipica
Con impianto automatizzato
300.000.000
100.000.000
200.000.000
200.000.000
-
Diminuzione del 10%
270.000.000
90.000.000
180.000.000
200.000.000
-20.000.000
-
Ipotesi di aumento del volume di vendita:
Ricavi
Costi variabili
Margine di contribuzione
Costi fissi
Reddito op. gestione tipica
Senza impianto automatizzato
300.000.000
200.000.000
100.000.000
100.000.000
-
Aumento del 10%
330.000.000
220.000.000
110.000.000
100.000.000
10.000.000
Ricavi
Costi variabili
Margine di contribuzione
Costi fissi
Reddito op. gestione tipica
Con impianto automatizzato
300.000.000
100.000.000
200.000.000
200.000.000
-
Aumento del 10%
330.000.000
110.000.000
220.000.000
200.000.000
20.000.000
Nonostante il volume di pareggio sia uguale in entrambi le ipotesi, la struttura dei costi nel caso
con impianto risulta più rigida e di conseguenza più rischiosa (rischio di maggiori perdite ma
anche possibilità di maggiori utili).
Infatti se il volume di vendita diminuisce del 10% la perdita operativa della gestione tipica nel
caso senza impianto è inferiore rispetto a quella del caso con impianto; se il volume di vendita
aumenta del 10% il risultato positivo della gestione è superiore nel caso con impianto.
22
ESERCIZIO 2
La composizione del reddito netto
Si esprima una valutazione relativamente all’attrattività per un investitore esterno delle imprese
A,B,C e D i cui conti economici sono riportati di seguito in forma sintetica (valori in milioni di
lire).
Impresa A
5000
Impresa B
5000
Impresa C
5000
Impresa D
5000
Costo del venduto
-4500
-4200
-4950
4500
Reddito operativo
500
800
50
500
Oneri finanziari
-200
-1000
0
-750
Reddito lordo di
Competenza
Componenti
straordinari
Reddito ante-imposte
300
-200
50
-250
-250
350
800
450
50
150
850
200
Imposte
-25
-75
-425
100
Reddito netto
25
75
425
100
Fatturato
RISOLUZIONE:
Il Reddito Netto è il risultato complessivo conseguito dall’impresa nell’anno considerato. I valori
che lo determinano sono: Fatturato (componente positivo), Costo del Venduto (componente
negativo), Oneri Finanziari (componente negativo), Componenti straordinari (componente
positivo o negativo), Imposte (componente negativo). Il Reddito Netto non è il dato in base al
quale scegliere in quale impresa investire il proprio denaro.
La valutazione di attrattività espressa da un investitore esterno richiede innanzitutto di
considerare la capacità dell’attività economica d’impresa di produrre reddito. La domanda a cui
l’investitore vuole dare risposta è: in che misura il valore di quanto venduto supererà i relativi
costi di produzione?
Il dato da considerare è il Reddito Operativo, cioè la differenza tra Fatturato e Costo del
Venduto.
23
Il valore del Reddito Operativo esprime il livello di efficienza di costo e/o la capacità di
differenziare il proprio prodotto; si tratta di una misura del vantaggio competitivo conseguito
dall’impresa. Il Reddito Operativo dell’anno appena trascorso può essere assunto come
indicatore di redditività prospettica nell’ipotesi che il vantaggio competitivo dell’impresa si
mantenga stabile negli anni futuri.
Nell’esercizio proposto, le imprese A, B e D sono quelle con i più alti livelli di Reddito
Operativo, mentre l’impresa C presenta un margine operativo di molto inferiore.
Gli Oneri Finanziari rappresentano il costo del denaro preso a prestito. Essi consentono di
stimare il grado di indebitamento dell’impresa e conseguentemente di valutarne l’equilibrio
finanziario. Ad un investitore non interessa verificare l’equilibrio finanziario ex-ante, ma stimare
quale potrebbe essere la situazione finanziaria dopo il suo conferimento di mezzi propri in
impresa.
Nell’esercizio proposto, le imprese A e C presentano una struttura finanziaria equilibrata, mentre
B e D risultano piuttosto indebitate.
I Componenti Straordinari (es. ammanchi di cassa, vendita di beni) non devono essere
considerati in una valutazione di attrattività, in quanto derivano da fatti di gestione episodici che
hanno scarsa probabilità di verificarsi in futuro.
Nell’esercizio proposto, non si deve cioè prendere in considerazione il risultato piuttosto
negativo di A, né quelli estremamente positivi di B, C e D.
Le imposte sono irrilevanti per valutare l’attrattività dell’impresa, in quanto rappresentano una
percentuale fissa del reddito, da versare allo Stato.
Concludendo, si può affermare che:
- l’investitore sceglie di investire in B (impresa con il più alto Reddito Operativo) se attraverso
il proprio conferimento di mezzi propri riesce ad equilibrare la struttura finanziaria
dell’impresa;
- l’investitore sceglie di investire in A (impresa equilibrata finanziariamente e a più alto
Reddito Operativo) se attraverso il proprio conferimento di mezzi propri non riesce ad
equilibrare la struttura finanziaria di B.
24
ESERCIZIO 3
La flessibilità operativa
Consideriamo due imprese, X e Y che:
-
operano nello stesso settore;
vendono il medesimo prodotto;
hanno costi totali molto simili;
hanno una composizione dei costi diversa.
Impresa X Impresa X Impresa X Impresa Y
Impresa Y
Impresa Y
2001
2002 (a)
2002 (b)
2001
2002 (a)
2002 (b)
Ricavi
100
130
70
100
130
70
Costi Variabili
90
117
63
60
78
42
Margine di
contribuzione
Costi Fissi
10
13
7
40
52
28
5
5
5
35
35
35
Reddito
Operativo
5
8
2
5
17
-7
Si ipotizzi per il 2002 rispettivamente un aumento (a) ed una riduzione (b) del volume di vendita
del 30%. Quale delle due strutture appare più conveniente?
RISOLUZIONE:
Un aumento/diminuzione del volume di vendita del 30% modifica in aumento/diminuzione del
30% i componenti di reddito dipendenti dalle quantità prodotte.
I ricavi e i costi variabili subiscono una variazione in aumento/diminuzione del 30% come di
seguito dimostrato.
Posto che:
Ricavi = prezzo x quantità;
Costi Variabili = costo variabile unitario x quantità;
una variazione del 30% delle vendite in aumento/diminuzione determina :
Variazione Ricavi = prezzo x (+/- 30% x quantità) = +/- 30% x (prezzo x quantità)=
= +/- 30% x Ricavi
25
Variazione Costi Variabili = costo variabile unitario x (+/- 30% x quantità) =
= +/- 30% (costo variabile unitario x quantità) = +/- 30% Costi Variabili
I Costi Fissi, per definizione, non variano al variare della quantità prodotta.
Le considerazioni fin qui svolte consentono l’inserimento dei dati richiesti nella tabella
soprastante.
Quale tra le due strutture d’impresa risulta più conveniente?
La risposta è “dipende”. Non si può, infatti, formulare un giudizio indipendente dalle quantità
vendute; in ipotesi di vendite sostenute (aumento 30%) l’impresa X ha il più alto reddito
operativo, mentre per vendite ridotte (diminuzione del 30%) è l’impresa Y a presentare il più alto
livello di reddito operativo.
Entrambe le imprese possono risultare convenienti in quanto caratterizzate da una differente
sensibilità del Reddito Operativo rispetto a variazioni del volume di vendita.
In particolare, l’impresa X consente:
- il più basso incremento di Reddito Operativo nel caso di aumento delle vendite;
- la più bassa riduzione di Reddito Operativo nel caso di diminuzione delle vendite.
Mentre l’impresa Y consente:
- il più alto incremento di Reddito Operativo nel caso di aumento delle vendite;
- la più alta riduzione di Reddito Operativo nel caso di diminuzione delle vendite.
Le due imprese, quindi, presentano un differente livello di rischio: l’impresa X consentendo di
contenere i “ guadagni” e le “perdite” è meno rischiosa dell’impresa Y che permette di
“guadagnare” di più, ma anche di incorrere in “perdite” più consistenti.
Non esiste una struttura d’impresa in assoluto migliore dell’altra; si può solamente parlare di
struttura d’impresa coerente con il profilo di rischio (alto oppure basso) che l’imprenditore
intende assumersi.
Che cosa rende la struttura di X differente da quella di Y?
La maggiore o minore presenza di costi variabili e di costi fissi. L’impresa X, se confrontata con
l’impresa Y, presenta maggiori costi variabili e minori costi fissi. L’impresa Y rispetto
all’impresa X, invece, ha più costi fissi e meno costi variabili. L’impresa X è più flessibile;
l’impresa Y è più rigida.
L’impresa con più costi fissi presenta una struttura di costi meno dipendente dalle quantità
vendute di quella dell’impresa con più costi variabili; questo vuol dire che, in ipotesi di aumento
delle vendite, Y si avvantaggia su X del fatto che buona parte dei propri costi non variano al
variare della quantità. Se le vendite diminuiscono, invece, Y risulta svantaggiata dovendo
sostenere comunque buona parte dei propri costi.
Il grado di rigidità/flessibilità di un’impresa può essere calcolato attraverso il seguente rapporto:
Margine di Contribuzione
Reddito Operativo
Essendo, Margine di Contribuzione = Reddito Operativo – Costi Fissi, il rapporto di cui sopra
misura l’incidenza dei costi fissi/costi variabili rispetto alla struttura d’impresa considerata. Più il
rapporto è alto (basso), maggiore (minore) è la rigidità dell’impresa considerata. Nell’esempio
considerato, i risultati relativi al grado di rigidità/flessibilità sono i seguenti: Impresa X =2
(=10/5); Impresa Y =8 (=40/5).
26
ESERCIZIO 4
Collocazione di voci di Stato Patrimoniale e di Conto Economico negli schemi di Business
Plan
L’esercizio si propone di collocare voci generiche di Stato Patrimoniale e di Conto Economico
negli schemi previsti di Business Plan (Stato Patrimoniale previsionale e Conto Economico
previsionale a margine di contribuzione).
IMPRESA BETA
Bilancio dell’esercizio 1999
STATO PATRIMONIALE
ATTIVITA’
Spese di costituzione
Impianti e attrezzature
Rimanenze finali
Crediti v/clienti
Cassa
Titoli di Stato
Totale attività
Perdita di esercizio
Totale a pareggio
PASSIVITA’
18
2700
2780
6900
1
800
Fondo ammortamento
Debiti v/fornitori
Fondo svalutazione crediti
Fondo T.F.R.
Mutui passivi
Ratei passivi
Fondo imposte
13199 Risconti passivi
191 C/c passivo
Riserva legale
Riserva straordinaria
Capitale sociale
13390 Totale passività
27
810
6000
35
180
3258
0
0
0
1240
25
242
1600
13390
CONTO ECONOMICO
COMPONENTI NEGATIVI DI
REDDITO
Rimanenze iniziali
Costi d’acquisto
Provvigioni
Salari e stipendi
Contributi previdenziali
Accantonamento a T.F.R.
Compenso amministratori
Compenso sindaci
Ammort. spese di costituzione
Ammort. Impianti e attrezzature
Perdite presunte su crediti
Perdite su crediti
Premi assicurativi
Spese generali
Interessi su mutuo
Interessi passivi su c/c
Affitti passivi
Costi di marketing
COMPONENTI POSITIVI DI
REDDITO
Ricavi di vendita
2140 Rimanenze finali
13500 Interessi attivi su c/c
945 Interessi su titoli di Stato
1886
774 Totale
140 Perdita di esercizio
120
16
6
540
35
34
21
117
231
396
200
780
Totale
21881 Totale a pareggio
RISOLUZIONE:
28
18900
2780
2
8
21690
191
21881
5.8 STATO PATRIMONIALE PREVISIONALE
(Descrizione delle principali voci previste specificandone, natura, tipologia e finalità)
_____________________________________________________________________________________________
__
(Redigire il prospetto di stato patrimoniale previsionale
se significativo per la propria attività )
Ultimo
esercizio
approvato
x 1.000
(lire)
sintetizzando/dettagliando ulteriormente le singole voci
1° anno
x 1.000
(lire)
IMPIEGHI
Cassa e banche
Clienti
____________________(specificare)
____________________(specificare)
(fondo svalutazione crediti)
Titoli a breve
Scorte
Erario c.IVA attivo
Altri crediti a breve
2° anno
x 1.000
(lire)
3° anno
x 1.000
(lire)
1
6.900
(35)
800
2.780
10.446
Capitale circolante
Immobilizzazioni materiali
- a) fabbricati1:
- b) impianti e macchinari 2
(fondo
ammortamento
materiali)
imm.
2.700
(810)
- marchi e brevetti, licenze, altri
diritti di utilizzazione 3
-Ricerca e Sviluppo4
- realizzazione sistemi di qualità e
certificazione di qualità5
(f.do ammort.to imm. immateriali)
Spese capitalizzate6
18
Immobilizzazioni finanziarie
(f.do svalut. Imm. Finanziarie)
Immobilizzazioni immateriali
1
Tra i fabbricati si intendono anche le opere murarie e assimilate comprese nel piano degli investimenti agevolabili,
al punto 3.
2
Tra gli impianti e macchinari si intendono anche tutti quelli compresi nel piano degli investimenti agevolabili, ai
punti 4 e 5.
3
Tra i brevetti, marchi e lic. d’uso marchi, si intendono anche quelli compresi nel piano degli investimenti
agevolabili al punto 2.
4
Tra le spese di Ricerca e Sviluppo vanno inserite anche quelle indicate al punto 2 del piano degli investimenti
agevolabili.
5
In tale voce si intendono anche le realizz.ne di sistemi di qualità e la certificazione di qualità indicati al punto 2 del
piano degli investimenti agevolabili.
29
1.908
12.354
Capitale immobilizzato
TOTALE IMPIEGHI
FONTI
Banche c/c passivi
Debiti verso fornitori
Debiti verso agenti
Erario c/IVA passivo
Altri debiti a breve
1.240
6.000
7.240
3.258
180
Passività circolanti
Mutui bancari
Fondo TFR
Finanziamenti soci
Capitale Sociale
Contributi in c/capitale
Riserve
Risultato d’esercizio
1.600
267
-191
TOTALE FONTI
12.354
6
Tra le spese capitalizzate vanno inserite anche gli studi di fattibilità, progettazione esecutiva, direzione lavori ecc.
indicati nel punto 1 del piano degli investimenti agevolabili unitamente agli investimenti per sicurezza dei luoghi di
lavoro indicati nel punto 6 del medesimo piano.
30
5.7.1 CONTO ECONOMICO PREVISIONALE A MARGINE DI CONTRIBUZIONE
(Redigire il prospetto di conto economico previsionale secondo lo schema di classificazione a margine di
contribuzione sintetizzando/dettagliando ulteriormente le singole voci se significativo per la propria attività )
Ultimo
esercizio
approvato
x 1.000
(lire)
1° anno
x 1.000
(lire)
a). Fatturato per prodotto/servizio
a.1 __________________________
a.2 __________________________
a.3 __________________________
a.4 __________________________
2° anno
x 1.000
(lire)
3° anno
x 1.000
(lire)
18.900
b). Costi variabili
b.1 Rimanenze iniziali
b.2 Acquisto materie prime, semil.,
prodotti finiti 1
b.3 (-) Rimanenze finali
b.4 Consumi vari2
b.5 Lavorazioni esterne
b.6 Spese per prestazione servizi
variab 3
b.7 Provvigioni
b.8 Perdite su crediti
2.140
13.500
-2.780
945
69
5.026
c) Margine di contribuzione (a-b)
d) Costi Fissi (di struttura e di
sviluppo)
d.1 Costo del Lavoro4
d.2 Manutenzioni
d.3 Ammortam. Immob. Materiali
d.4 Ammortam. Immob. Immateriali
d.5 Spese per servizi amministrativi5
d.6 Utenze, canoni locazione
immobili, premi assicurativi6
d.7 Spese generali
2.936
540
6
221
117
1
Tale dato è comprensivo della voce 1 del piano delle spese di gestione agevolabili
Consumi vari ad es: cancelleria, materiale di consumo, …
3
In tale voce sono ricomprese le spese per prestazioni di servizi variabili agevolabili indicate al punto 3.1 del piano
delle spese di gestione agevolabili ( es. servizio di trasporto, ...)
4
In tale voce è ricompreso anche il costo per il lavoro prestato in impresa dal titolare o dai soci ed il compenso agli
amministratori. Il TFR va inserito in questa voce.
5
In tale voce sono comprese le spese fisse per servizi di consulenza ed assistenza all’attività amministrativa
dell’azienda (commercialista, servizio paghe e contributi, consulenza legale…) indicate al punto 3.2 del piano delle
spese di gestione agevolabili.
6
In tale voce sono comprese le spese per utenze e canoni di locazione di immobili (considerate solo fisse), indicate
al punto 2 del piano delle spese di gestione agevolabili, e i premi assicurativi indicati al punto 3.2 dello stesso piano
delle spese di gestione agevolabili.
2
31
d.8
Pubblicità,
Promozione,
Marketing7
d.12 Ricerca e Sviluppo8
d.13 Formazione 9
780
e) Reddito operativo di gestione
caratteristica (c-d)
426
f) Oneri e proventi patrimoniali
f.1) Affitti
f.2) Interessi attivi
f.3) Dividendi
f.4) – Oneri patrimoniali
10
g) Reddito Operativo (e+/- f)
436
h) Oneri Finanziari
627
-191
i) Reddito di competenza (g-h)
l) Componenti straordinari
l.1) Plusvalenze e sopravvenienze
l.2) Contributi in c.to gestione
l.3) Minusvalenze e insussistenze
…
-191
m) Reddito ante imposte (l+/-m)
n) Imposte e tasse
-191
o) Reddito netto (m-n)
7
In tale voce sono comprese le spese fisse per servizi di pubblicità, promozione, commercializzazione indicate al
punto 3.2 del piano delle spese di gestione agevolabili.
8
In tale voce sono comprese le spese fisse per servizi di progettazione e sviluppo che si configurano come costi di
gestione dell’esercizio e non hanno una ricaduta pluriennale sui futuri esercizi, indicate nel punto 3.2 del piano
delle spese di gestione agevolabili.
9
In tale voce sono comprese le spese per formazione indicate al punto 4 del piano delle spese agevolabili
32
Bibliografia:
-
Parolini Cinzia, “Come costruire un business plan”, Bruno Mondadori Editore, 1999.
Esercizi tratti dagli incontri introduttivi alla formulazione del business plan, organizzati dal
Settore Economia e Relazioni Internazionali presso l’Aula Magna della Fondazione Aldini
Valeriani nel luglio 2001.
33
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